Disclaimer: i pg di questa fic non sono miei sono di  tutte le fic writer!!! ^__^



REDFOX 1

di Niane

TITOLO: Redfox

parte 1\6

sERIE SLAMDUNK
Genere: AU(fantasy)
Pairing: kosh(*_*) e ‘st’altro, hanaru e ruhana, Mitko

rating nc17
Note: è peggio di un romanzo Harmony ^^”

Prologo

Il giovane mago abbassò il cappuccio scarlatto, permettendo alla leggera brezza del primo mattino di asciugare il sudore che gli solcava il viso pallido.
Come aveva previsto al sorgere del sole tutto era finito.
I soldati si sarebbero raccontati ancora una nuova storia quella sera, seduti attorno ai piccoli fuochi, accesi all’interno delle mura del castello a cui doveva ancora essere insegnata l’obbedienza; nuove storie sulla prodezza del giovane Milord che era riuscito a sbaragliare la difesa del maniero, sulla tattica ineccepibile del suo capitano e sui vaticini sempre esatti del mago. Nuove storie che avrebbero poi creato leggende e aumentato a dismisura i suoi poteri magici. Lo sapeva questo, era stato uno dei primi insegnamenti che aveva ricevuto: il potere di un uomo dipende da quanto I suoi nemici ritengono sia potente. Non importa se non sei in grado di evocare un drago schioccando le dita, finché loro continueranno a fuggire quando accenni ad unire il medio e il pollice, saprai evocare un drago.
Non c’era stata magia nel suo vaticinio; anzi, in realtà non c’era nemmeno stato un vaticinio, si era solo limitato ad esporre quella che riteneva fosse la possibilità più probabile. I soldati ci avevano poi creduto fermamente e le porte del castello erano cadute.
Nessuna magia.
La magia più potente.
Sorrise spostandosi una ciocca nera dagli occhi profondi puntati sul vessillo.
Ci sarebbe stata un po’ di magia vera quel giorno, giusto quella che bastava per intimorire quegli stolti che ancora opponevano resistenza.
Sentì un urlo unanime, che si alzò da più di un centinaio di gole, quando Monkey, lo stallone bianco come si diceva dovesse essere la neve, dal carattere ombroso ed infiammabile come il suo stesso cavaliere e altrettanto combattivo e leale ed Anima uno splendido animale da guerra dal pelo di un caldo color noce, entrarono nitrendo.
“Bel lavoro ragazzi!” gridò Hanamichi Sakuragi, Lord di Dummland ed ora anche Signore di Fuchsschloss , alzando il braccio in saluto, un sorriso compiaciuto stampato sul viso stanco e tirato per la battaglia.
I suoi uomini risposero con un’unica acclamazione di lode sollevando le spade al cielo.
Hanamichi annuì soddisfatto volgendo lo sguardo verso la torre centrale su cui si sarebbe dovuto librare il suo vessillo scarlatto.
“COS’E’ QUELLA COSA?” tuonò scrutando torvamente la stoffa blu notte su cui allungava un’elegante volpe d’argento.
“Lo stemma della casata Rukawa” annunciò con calma il capitano Mitsui.
“Lo so anch’io cos’è! Quello che voglio sapere è che cosa ci fa ancora lì sopra! Questo castello è mio!L’ho conquistato io!!!! HIROAKI!!!!!” gridò mentre piccole fiammelle d’ira infuocavano il nocciolo dei suoi occhi.
“Milord, ho pensato che fosse più saggio lasciarlo lì per un poco.” Rispose placido il mago, per nulla impressionato dal tono del suo signore; “siete appena entrato nella cinta di mura e non avete avuto ancora la possibilità di notare ciò che invece io ho visto.”
Hanamichi si guardò intorno: corpi di uomini feriti, di entrambe le casate, giacevano sulla terra sporca di sangue, uomini vestiti dell’azzurro pallido dei medici correvano a destra e a manca cercando di prestare cure a quanti più feriti potevano, umili servitori strigliavano I cavalli stanchi, altri rincorrevano le bestie scappate dai recinti.
“Che c’è di strano?” chiese perplesso osservando quella moltitudine di uomini giovani e più anziani muoversi e correre come avevano sempre fatto in ogni castello dopo ogni conquista.
“Le donne” disse Mitsui e Koshino annuì.
“Hanno mandato via la maggior parte delle donne e dei bambini.” concluse pensieroso Hanamichi.
Non era una trovata innovativa, a volte quando le difese del castello iniziavano a crollare donne e bambini venivano allontanati, mandati nei regni confinanti da cui sarebbero tornati solo dopo alcuni mesi, quando la piramide di potere si fosse restaurata riportando la pace e I desideri degli uomini fossero scemati. Sarebbero tornati quasi tutti. Quasi.
“Mossa inutile, non intendevo certo violentare una povera marmocchia” sentenziò lord Sakuragi.
“Non lo è invece. Lei potrà avere degli eredi I suoi figli potranno tornare qui alla tua morte. Il loro diritto di sangue prevarrà sempre su quello dei tuoi figli.”
“Una sfida al tuo diritto su questa terra Hanamichi”
Hanamichi si strinse nelle spalle con indifferenza. Figlio di un conte in disgrazia aveva ottenuto col sangue e la fatica di innumerevoli battaglie il diritto ad avere un proprio stendardo, con altre guerre e regni conquistati per altri re si era guadagnato il titolo di Lord ed infine il diritto a governare quella terra di volpi. Non gli interessava la politica degli eredi, non gli importava di quello che poteva accadere tra venti anni o più; voleva solo un luogo da poter chiamare casa.Ora.
“Va bene, va bene, ma cosa ci fa quello straccio blu lì appeso?”
Hiroaki sorrise sornione “magia” sussurrò strizzandogli l’occhio.
“Mio signore!” salutò scattando in un perfetto saluto una guardia “abbiamo trovato lord Rukawa e l’abbiamo portato qui come avete comandato”
Hanamichi sbuffò fissando Hiroaki, “Quel pezzente non è sceso ad incontrare l’invasore? Non è venuto qui a combattere per la sua terra?”
Hiroaki scosse appena la testa sollevando nuovamente il cappuccio scarlatto, facendo scendere un’ombra cupa sul suo viso “Non si è visto né lui né il suo siniscalco milord. Ho fatto mandare a cercarli temendo che si fossero dati alla fuga come vergini molestate; ma mi sbagliavo. Non hanno combattuto e non sono scappati; quello che mi chiedo è il perché”
Hanamichi annuì memorizzando ogni parola; era una situazione che non gli piaceva, troppo insolita e diversa da quella che aveva affrontato fino ad allora; o forse lo era solo perché quella terra sarebbe stata sua. Forse vedeva solo l’ombra spaventosa e gigantesca di quello che si sarebbe rivelato essere solo un minuscolo topo.
Che importava in fondo? Lui era Lord Sakuragi! Nulla lo poteva fermare!
Sorrise scendendo da cavallo e dirigendosi verso un gruppo di guardie che circondavano tre persone.
Lo leggeva negli occhi dei contadini, nel rispetto dei loro sguardi che si voltavano con devozione, nei loro sorrisi appena accennati: tra quei tre c’era l’ex signore del castello.
“Rukawa” disse mentre le sue guardie si aprivano come una corolla attorno ai prigionieri.
Kaede Rukawa alzò gli occhi di ghiaccio sull’invasore.
“Lord Rukawa” corresse con voce bassa ma dura “sono io”
“Con che coraggio osi farti chiamare Lord, stupida volpe? Non hai nemmeno tentato di scendere in campo ad affrontarmi” l’insultò Hanamichi. “dov’eri, lord” lo canzonò con disprezzo “mentre I tuoi uomini lottavano per la loro vita? Dov’eri mentre io entravo a prendere possesso delle tue terre? Dov’eri lord?”
Rukawa incrociò lo sguardo con il suo, sostenendolo con freddezza “non ho bisogno di combattere contro un’idiota come te; tu non avrai mai Fuchsschloss” sussurrò.
Hanamichi sorrise debolmente prima di afferrare il bavero della giacca scura di Rukawa, sollevarlo da terra di un paio di centimetri e sbatterlo con violenza contro le dure rocce squadrate del muro di cinta.
“E’ già mio!” sibilò godendo nel vedere quei profondi occhi blu spalancarsi forse per la paura, le labbra sottili e rosse aprirsi leggermente in un gemito, “Cos’hai da dire ancora moccioso?”, lo derise mentre la sua mano si appiccicava stranamente alla stoffa umida della spalla.
“Vi prego, basta così” supplicò in tono deciso una voce da dietro le sue spalle, mentre il suo proprietario osava posare una mano sul braccio teso di Lord Sakuragi.
“Per favore, Milord, lord Rukawa non può sopportare un simile sforzo, non ora”.
Hanamichi lasciò la presa girandosi verso un giovane moro, poco più basso di lui e Rukawa cadde sulle ginocchia, gli occhi stretti, I denti piantati nel labbro inferiore.
“Tu chi saresti?”
Il moro s’inginocchiò accanto a Rukawa, iniziando a togliergli la giacca scura con un’estrema delicatezza.
“Il mio nome è Kiminobu Kogure, mio signore, personale guaritore dei Signori….dei vecchi signori del castello, nonché consigliere di lord Rukawa” si presentò.
Il lavoro nel cortile si era fermato. Tutti, dai contadini ai soldati erano intenti ad osservare lo scontro di potere tra I due signori.
Koshino squadrò velocemente le loro espressioni fin troppo chiare ai suoi occhi. Lord Sakuragi aveva conquistato il castello e tutti coloro che vi abitavano così come il diritto reale prevedeva; eppure per tutti gli abitanti di Fuchsschloss l’unico vero signore continuava a rimanere il Rukawa.
Era ora. Ora di dare una dimostrazione di forza.
“Non mi pare che nessuno ti abbia ordinato di aiutare quell’uomo” sussurrò piano il mago e la sua voce rimbombò come un tuono tra le pareti.
Kogure abbassò lo sguardo inchinando piano il capo, scusandosi per il suo ardire.
“Maestro, Milord non era a conoscenza della grave ferita subita da Lord Rukawa; tuttavia il disonore sarebbe sceso su di lui se avesse infierito su un uomo ferito” spiegò spostando la giacca e la camicia del ragazzo svenuto, mostrando un ampio squarcio che gli correva dalla spalla fino al centro del petto. In alcune zone, molte sulla spalla dove Sakuragi aveva stretto, i punti di corda sottile erano saltati e la ferita aveva ricominciato a sanguinare.
Mitsui fischiò notando l’irregolarità e la profondità del taglio.
Sakuragi annuì: “Era quello che gli ha dunque impedito di scendere contro di noi”
“No, Vostra Grazia, lui voleva affrontarvi lo stesso in realtà è stato il mio pugno a fermarlo.”, annunciò il terzo prigioniero, un altissimo ragazzo dai capelli impossibilmente dritti sulla testa. “Akira Sendo, siniscalco del castello, per servirvi, Milord”, si presentò sorridendo.
Un mormorio percorse la folla a quelle parole: l’ex signore avrebbe voluto lottare contro l’invasore anche con una simile ferita. Koshino scosse perplesso il capo sotto l’ampio cappuccio.No, tanta ammirazione non andava bene. Il popolino doveva solo essere felice di poter coltivare le terre in pace, non doveva essere interessato a chi lo governava.
Sakuragi poteva essere un padrone ottimo, capace di comprendere le esigenze dei suoi sudditi, di conquistare l’amore, solo così poteva sperare che i loro sudditi accettassero il suo erede al posto di quello che avrebbe potuto partorire la femmina Rukawa. No, i contadini non dovevano provare ammirazione per i Rukawa. Era ora di dare spettacolo.
Avanzò di sue passi, portandosi accanto al suo lord. L’erba sotto i suoi piedi ondeggiava leggera, smossa dall’elettricità della magia che stava richimando.
“E’ stato un giusto agire il tuo, dottore” mormorò piano e tutti sentirono la sua voce squillare chiaramente, come se stesse provenendo proprio dalle loro spalle. Hanamichi rabbrividì: odiava quando Koshino lo faceva.
“Non vogliamo che lord Rukawa si aggravi. Lord Sakuragi ha conquistato questa terra, che ora gli appartiene per volontà dei cinque e di sua maestà; ma lord Rukawa conosce il suo popolo come nessuno.Egli dunque servirà come principe accanto a Milord, per la gloria e la prosperità del regno.” Annunciò utilizzando la formula formale. “D’ora in poi questa terra e tutti i suoi abitanti appartengono ad Hanamichi Sakuragi e sotto di lui prospereranno”.
Tutti videro la sottile striscia verde e nera scendere veloce verso il suo palmo alto verso il cielo, rincorrersi sulla sua mano in spirali vorticanti e poi partire, con la velocità del lampo ed abbattersi contro lo stendardo blu, ricoprendolo di fiamme e facendolo cadere al suolo in una nevicata di fiocchi di cenere. Al suo posto, senza che nessuno ve l’avesse mai posto, sventolava gaia la bandiera rossa di Sakuragi.
Un mormorio impressionato percorse la folla.
“Mitsui, accompagna lord Rukawa e il dottore nella loro stanza” ordinò Hanamichi al suo capitano che si strinse nelle spalle e sollevò il principe svenuto tra le braccia “Hiro?”
Il mago annuì permettendo a Sakuragi di allontanarsi per congratularsi con I suoi soldati.
“Tu”, sussurrò bloccando il siniscalco, che stava per allontanarsi dietro al dottore e al
suo signore,“Akira, fermati”
Sendo si fermò inginocchiandosi, come si conveniva davanti ad un Maestro del calibro di Koshino.
Hiroaki lo fissò da sotto la falda ampia del cappuccio.
“Stavi sorridendo, perché? Non ti è piaciuto il mio spettacolo?”, chiese
“E’ stato fatto per impressionare i contadini, non noi”, rispose continuando a sorridere.
Koshino sbuffò leggermente “Dovresti stare attento al tuo tono siniscalco, siete voi quelli che hanno perso”.
Akira sorrise di più mentre le labbra del mago si serravano strette. “Perso? Oh, senz’ombra di dubbio avete il potere di vita e di morte su noi tutti, ma Lady Ayako è lontana e Miyagi la proteggerà a costo della vita. Lord Sakuragi potrà anche tenere al suo fianco Milord, ma in ogni caso il suo regno terminerà con la sua morte e i figli di lady Ayako riporteranno questa terra sotto il dominio dei Rukawa. Si, siamo noi che abbiamo perso”, sorrise cercando con i suoi occhi nocciola quelli oscurati dal cappuccio del mago. Ma Koshino non era adirato per le sue parole insolenti;  Koshino era solo triste.



Hana: Dummland?
Niane: si potrebbe anche tradurre come terra dei do’hao…..^^
Ru Fuchsschloss?
Niane. Castello della volpe^^
Hana/Ru: fantasia zero vero??


Capitolo 1

The secret of this forest,
the ride of unicorns
are treasures of these valleys
where freedom has its throne
where love must reign eternally avoiding act of war.
( By Rhapsody *.*)


L’unicorno si bloccò al centro del verde sentiero, che serpeggiava attraverso il bosco fino al castello, il lungo corno alabastrino che rifletteva la luce del sole in piccole macchie scomposte di arcobaleno, quegli strani, liquidi, occhi argentei privi di pupilla fissi su di loro senza sospetto né paura.
Mitsui trattenne il fiato ammaliato e Sendo s’immobilizzò accanto a lui, il labbro inferiore stretto tra i denti candidi.
“Un unicorno” sussurrò pianissimo un soldato dietro di loro e l’animale piegò la testa di lato scrutandoli quasi incuriosito.
Per un istante il silenzio calò assordante: nessun frinire di grilli, nessun gracidio e nessun battito d’ali o cinguettio; anche il vento si era immobilizzato attorno a loro come se fossero stati tutti tessuti all’interno di un unico magnifico arazzo.
Troppo tardi Sendo notò sul collo candido e perfetto dell’animale la piccola macchia triangolare e scura lasciata da una freccia avvelenata; troppo tardi urlò“Imboscata”.
Piombarono su di loro dagli alberi con urla incoerenti, I pugnali arrugginiti stretti tra le labbra rese verdastre dall’erba dei sogni; le mani chiuse attorno a grossi bastoni nodosi dalle cui estremità spuntavano punte di ferro vecchio e contorto.
“Briganti”, gridò un soldato sollevando la picca ed affondandola nel ventre tondo dell’uomo davanti a lui che si accasciò con un gemito coerente.
“Feccia”, sussurrò placido Mitsui sguainando la spada .

oOoOo oOoOo oOoOo

La pelle sotto la sua mano era umida, morbida e leggermente calda, ma aveva perso quel alone rossastro proprio dell’infezione.
Kogure sorrise facendola scivolare verso la spalla, palpeggiando la carne pallida e fragile che abbracciava il lungo squarcio sul petto di lord Rukawa. Finalmente, dopo sette lunghissimi giorni poteva ritenersi davvero soddisfatto: la febbre era calata quasi del tutto e una salutare crosta rossa ricopriva la ferita.
Rukawa socchiuse appena gli occhi gemendo piano quando la mano gli sfiorò un punto delicato sulla spalla.
“Kiminobu?”, sussurrò
“Milord”, gli rispose il dottore continuando a tastargli il petto con la delicatezza e la leggerezza che gli provenivano da una lunga esperienza.
“Lui è tornato?”, sussurrò il malato, leccandosi le labbra secche e screpolate.
“Non dovreste pensare a questo, Milord, simili preoccupazioni rallenteranno solo la vostra guarigione. Lord Sakuragi è ancora nella capitale; è riuscito ad avere un’udienza con il Sommo Re solo due giorni fa. Credo che per almeno un’altra settimana intera non potrà tornare al castello. Non preoccupatevi” aggiunse dolcemente accarezzando la fronte umida di sudore del suo giovane signore, “per allora vi sarete rimesso del tutto, lui non vi vedrà così; però dovete riposare”.
Rukawa chiuse gli occhi, stringendo le palpebre con forza, si sentiva così inutile bloccato a letto, incapace di fare qualsiasi cosa.
“Così ora Fuchsschloss è sua”M borbottò.
Kogure annuì debolmente chiudendo per un istante gli occhi, comprendeva la sua frustrazione; il suo giovane padrone aveva governato quel insidioso pezzo di terra da solo fin dalla prematura morte dei genitori, lui e la sua gemella, ed ora uno sconosciuto se n’era impossessato con la forza.
Quella era la legge dell’impero. Se il vecchio Re fosse morto dopo aver nominato il suo erede davanti al consiglio forse tutto ciò non si sarebbe mai verificato; invece era stato assassinato prima che potesse fare un nome e le onde innalzate dalla lotta per il potere tra I tre pretendenti al trono erano schiumate anche sui feudi minori modificandoli nella geografia o nel governo.
“Non dovete pensarci ora”, sussurrò e, posatogli un braccio sotto la nuca per sostenergli la testa, gli avvicinò una tazza di metallo finemente lavorato alle labbra, “bevete questo…...vi aiuterà a dormire e dormire è la strada per guarire. Siete stato così vicino alla morte che temevo di avervi perduto…...”
“Non me ne andrò lasciando questa terra in mano ad un do’hao”, biascicò Rukawa.
“Non ne avevo dubbi”, ridacchiò Kogure posandogli la testa sul morbido cuscino e sedendoglisi accanto. Sarebbe piaciuto anche a lui stendersi in un letto e dormire a lungo, per…...almeno una decina di giorni, calcolò mentalmente. Era stata una lunga settimana, con i feriti della guerra e la condizione precaria di Kaede. Se solo la ferita non si fosse infettata……Kogure strinse con forza gli occhi scacciando simili pensieri. Non poteva cedere al lusso della stanchezza, c’erano malati che attendevano nella cappella del castello, adibita ad ospedale provvisorio.
Con difficoltà si costrinse ad alzarsi dal letto; il respiro di Rukawa era leggero e regolare.
“Scendo un secondo solo in infermeria a vedere come se la cavano gli altri”, sussurrò al suo paziente spostandogli con due dita la frangia nera, che si era appiccicata alla fronte ed accarezzandogli piano la tempia; era così giovane, così tremendamente giovane …...
“Dottore ho un uomo rotto per lei”, si auto-annunciò Sendo entrando, senza tante cerimonie, nella camera di lord Rukawa sostenendo un Mitsui dal viso pallido e contratto.
“Sto benissimo deficiente”, gli sibilò il capitano.
Kogure sobbalzò allontanando di scatto la mano dal viso addormentato del suo signore e li osservò irritato per un lungo istante prima di indicare una sedia su cui Mitsui si accasciò con un gemito.
“Cosa……”
“La spalla, penso se la sia rotta”, l’informò il siniscalco con una luce stranamente preoccupata negli occhi.
“E’ solo una botta idiota”, borbottò Mitsui che teneva lo sguardo basso, evitando di guardare il letto su cui riposava Rukawa.
“Tu stai fermo lì lo stesso e tu vieni con me solo un istante Akira”, ordinò stancamente Kogure trascinandolo verso la piccola rientranza sulla parete nord della stanza. In origine doveva essere una nicchia in cui avrebbe dovuto dormire il servo personale del signore del castello, ma Rukawa aveva abolito da tempo quell’usanza inutile, preferendo soddisfare da solo le proprie necessità.
“Che ti è preso?”, Kogure parlava sottovoce, ma il tono basso non nascondeva una grossa irritazione. “Perché l’hai portato qui idiota? Non potevi affidarlo a qualcuno dei medici dabbasso? Sono tutti in grado di occuparsi di una spalla rotta”
“Si ma vedi lui, è ecco ….”
“Può avere un faccino carino quanto vuoi, ma questa è la camera di lord Rukawa”
Akira spalancò gli occhi e sorrise sornione, “Senti senti il dottore….Tu che hai rifiutato le avances di mezzo castello, comprese le mie e quelle di Kaede, ritieni che il generale abbia un bel viso? Che c’è ti sei svegliato di colpo?”, ridacchiò avvicinando il proprio viso al suo leggermente arrossato dall’imbarazzo.
“Non intendevo dire….mi mettevo solo nei tuoi panni ecco”
“Oh si certo capisco, dimenticavo che tu in inverno il freddo non lo senti vero?”, insinuò maliziosamente accarezzandogli con un dito lo zigomo. “Comunque io vorrei che fossi tu a dargli un’occhiata, quella spalla se l’è ferita…”, tacque un attimo osservando i pesanti tendaggi di broccato che ricoprivano le pareti , “Ecco eravamo fuori per il computo dei raccolti e siamo stati assaliti da dei briganti…merda, avevano tutti dei bastoni! Ti rendi conto? Lottavano con dei bastoni e io…e io sono un cretino incapace e prenderò altre lezioni dal maestro di spada nei prossimi giorni.”,annunciò frustrato scotendo piano la testa. “comunque Mitsui si è frapposto tra un brigante e me e si è preso il colpo al posto mio. Se mi avesse preso probabilmente, ora avrei la testa fracassata. Tu sei il dottore migliore e a lui la spalla serve per usare la spada…Kogure….per favore…”
“Ah merda….”, gemette Mitsui accasciandosi sulle ginocchia ai piedi della sedia e facendo accorrere immediatamente Kogure e Sendo.
“Che pensi di fare idiota?”, chiese Sendo aiutandolo a rialzarsi.
“Sto benissimo scemo, ho solo bisogno di dormire; io non mi faccio abbattere da una scemenza del genere”
“Se stai bene o meno è compito mio stabilirlo, ora per favore siediti di nuovo su questa sedia e lascia che ti visiti”, ordinò Kogure posandogli una mano sulla spalla sana e spingendolo delicatamente contro lo schienale di legno.
Mitsui chiuse gli occhi perso nelle dolorose pulsazioni che gli trafiggevano il collo e la schiena fin quasi al fianco.
Con delicatezza Kogure iniziò a sganciare i piccoli chiodini che bloccavano la cotta di maglia, in modo da potergliela sfilare senza costringerlo ad alzare le braccia.
“Bhè capitano ti lascio nelle migliori mani che sia possibile trovare in questo castello, io sarà meglio che vada dal Maestro Koshino prima che s’irriti troppo per il mio ritardo e mi trasformi in una ranocchia.”
“Cangoretto”, lo corresse con una risata gemente Mitsui, “Hiroaki preferisce i cangoretti”
Akira annuì chiudendosi la porta alle spalle e chiedendosi che cosa mai fossero i cangoretti.
“Questa te la dovrò tagliare”, l’informò Kogure, strattonando piano la maglia di pesante tessuto che il capitano indossava sotto l’armatura leggera.
“Devi proprio? E’ l’unica che ho che non pruda quando la metto”,si lamentò, ma Kogure aveva già afferrato un grosso coltello.
Mitsui trattenne il fiato mentre la lama gelida scivolava lungo la stoffa, sfiorandogli con la punta la pelle del petto.
“Non ho nessuna intenzione di tagliuzzarti sai?”, disse divertito Kogure.
“Lo spero”, ammise con un sorriso Mitsui, rilassandosi solo quando Kogure, appoggiata l’arma sul tavolino, si apprestò a sfilargli I brandelli di camicia dal corpo.
“Akira ha detto che ti sei beccato una bastonata al posto suo.”
“Si; non sarei riuscito a parare il colpo con la spada, ero troppo fuori traiettoria”
“Perché l’hai fatto?”, gli chiese inginocchiandosi davanti a lui,sistemandosi tra le sue gambe in modo da aver il viso all’altezza della sua spalla.
“Eravamo fuori per fargli da scorta; era mia responsabilità riportarlo come minimo a casa intatto. Non potevo certo lasciare che lo uccidessero no?”
Kogure sorrise sfiorandogli piano il petto all’altezza del cuore.
“Fa male qui?”, chiese premendo piano accanto al capezzolo rosato.
“No”
“ E qui?”, domandò facendo scivolare la mano poco più in alto e premendo nuovamente.
“No”
“Qui?”, chiese salendo un altro po’.
Mitsui strinse con forza i denti, facendoli scricchiolare tra loro, prima di rispondere un‘no’
mangiucchiato.
Kogure, sorridendo leggermente, gli batté con tre dita contro la coscia rivestita dai pantaloni in spessa pelle di daino.
“Suppongo che nemmeno qui ti faccia male vero?”, chiese divertito, sfiorando la scapola con una carezza.
Mitsui mugugnò e scosse la testa.
“Guarda che non c’è nulla di male se ti sei ferito sai?”, gli sussurrò appoggiando entrambi le mani sulle cosce del capitano per rimanere in equilibrio sui talloni davanti a lui. “Tanto più che l’hai fatto per salvare un’altra persona. E’ solo una cosa onorevole”
“Non mi sono fatto male, ho solo bisogno di riposo”, borbottò fissando con ostinazione la porta lontana davanti a lui.
“Senz’ombra di dubbio; ma prima lasciami mettere un unguento sulla botta, eviterà spiacevoli gonfiori e ti permetterà di mettere l’armatura più in fretta”, aggiunse eliminando sul nascere la lamentela del ragazzo.
“ Fa come vuoi; anche perché temo che non mi lascerai uscire da qui prima di avermi unto come un maiale pronto per lo spiedo, vero?”, grugnì leggermente irritato; era un guerriero da quando aveva 7 anni, non aveva bisogno di oli da donna per riprendersi da una simile sciocchezza.
Ignorandolo Kogure afferrò un grosso mattone verdastro e ne tagliò con un unico colpo preciso una lunga striscia perfetta che scaldò per qualche istante davanti al camino prima di risistemarsi di nuovo davanti alla sedia e spiaccicargli la poltiglia morbida, calda e puzzolente sopra il capezzolo sinistro.
Con gesti lenti ed esperti cominciò ad aprirgli il composto sul petto salendo con piccoli cerchi concentrici verso l’alto, massaggiando delicatamente la pelle.
Mitsui sospirò e chiuse gli occhi abbandonandosi al piacevole tepore dell’unguento sospirando leggermente.
“Faccio male?”, sussurrò piano il medico continuando a scivolare con delicatezza dalla spalla al petto soffermandosi appena sopra il capezzolo leggermente eretto.
“No”, rispose sorridendo Mitsui ,“non ho mi trovato un medico dal tocco delicato come il tuo. Di solito le cure fanno così male che preferisco aspettare che le ferite si rimargino da sé.”
”Una ferita trascurata può infettarsi e portare alla cancrena;ogni buon dottore dovrebbe ….”
Un suono aspro e duro,una risata che fece accapponare la pelle delle braccia di Kogure, scappò dalla gola di Mitsui. “Un dottore non segue un do’aho come Lord Hanamichi”, sibilò, “I do’hao per definizione non hanno terre e non hanno perciò denari con cui pagare i medici. E’ già tanto se avevamo qualche curatore capace di raffazzonare i tagli”
Kogure chiuse gli occhi per un istante, spiacevolmente colpito dal tono duro, ma rassegnato del giovane generale.
Do’hao; che fosse il figlio illegittimo di un nobile o l’erede riconosciuto un nobile caduto in rovina un do’hao non aveva altra possedimento che il suo stesso corpo. Molti di loro finivano a lavorare nelle città dell’industria e, se avevano fortuna, avviavano commerci in proprio, altri prendevano la via militare lavorando come mercenari, altri, pochissimi, si ponevano al servizio diretto del Sommo Re conquistando terre per lui nella attesa di avere l’impossibile fortuna di venire incaricati da Sua Maestà di governare un reame occupato al posto della vecchia casa regnante. Sakuragi aveva fatto quella scelta coraggiosa schierandosi accanto al principe In’Oue nella lotta per la successione; il premio per la vittoria era stato Fuchschloss la cui unica colpa era stata l’aver appoggiato il principe sbagliato.
Con un sospiro Kogure riprese a far scorrere le mani sul torace scolpito del capitano del suo nuovo Lord salendo fino a premere i muscoli alla base del collo;Mitsui gemette e Kogure lo guardò sorpreso.
“Com’è che ti fa male anche il collo?”, chiese iniziando a premerlo con entrambe le mani.
“Ahiiii”, guaì Mitsui cercando di soffocare l’urlo mordendosi il labbro inferiore.
“Sei teso come una corda d’arco tirata, per forza che ti fa male la spalla. Sta buono che ci penso io”
decretò portandosi alle sue spalle ed incominciando a sciogliere i muscoli tesi del collo con un massaggio sapiente.
Mitsui si contorse sulla seggiola, cercando di sfuggire a quelle dita che premevano sui muscoli facendolo sobbalzare di dolore, ma smise quando li sentì iniziare a sciogliersi sotto il massaggio.
Le mani di Kogure impastavano al sua carne stringendola piano tra le dita, spostandosi dalla nuca verso le scapole tracciando linee di brividi lungo la sua pelle.
Mitsui sospirò abbandonando in avanti la testa.
Kogure risalì con lentezza dalla base del collo alla nuca, affondando le dita tra i capelli corti e soffici, accarezzando con i palmi la pelle tiepida ed abbronzata del collo.
Mitsui sentiva, ad ogni carezza, un’orda di piccoli brividi serpeggiargli subdola lungo la spina dorsale, fermarsi in una polla bruciante e frizzante sull’osso sacro e poi aprirsi a percorrergli i fianchi incendiandoli. Chiuse gli occhi ed aprì leggermente le labbra, espirando con forza, quasi un sospiro.
Kogure si morse le labbra cercando, senza successo, di convincere le proprie mani a limitarsi a massaggiare la nuca del capitano, ignorando la piega morbida del collo che le invitava a scivolare davanti, a riassaporare i muscoli scolpiti del petto a stringere tra due dita il capezzolo rosato che si ergeva impudico.
Un gemito roco li riportò alla realtà con inaspettata violenza: Kogure, stringendo a pugno la mano colpevole di averlo accarezzato così intimamente, si allontanò di scatto dal capitano precipitandosi al letto di Rukawa.
Lentamente Mitsui sollevò il viso, sentiva la pelle bruciare ancora, una sensazione più forte del dolore ormai dimenticato alla spalla. Perplesso osservò le mani candide del dottore scivolare con dolcezza sul viso pallidissimo di Kaede, sfiorargli la fronte al di sotto della frangia sudata, palpargli il collo.
“Come sta?”, chiese in un sussurro.
“Ha solo bisogno che lo lasciamo riposare in pace. Ho malati in condizioni peggiori che mi attendono dabbasso”, sospirò stanco.
C’erano ombre scure sotto i suoi occhi gonfi e le spalle erano basse, afflosciate su se stesse come steli d’erba troppo bagnati.
“Anche tu dovresti dormire un po’, dottore”, sussurrò seguendolo fuori dalla stanza.
“Dopo”, lo rassicurò salutandolo senza guardarlo in faccia.

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Sendo sbatté il pugno contro il legno scuro della porta dello studio che si aprì immediatamente.
“Sei in ritardo”, lo rimproverò da dietro un grosso tavolo completamente ricoperto da ordinate pile di carte, Koshino.
Akira fece volare il proprio sguardo da destra a sinistra, osservando la stanza completamene vuota, a parte il mago, il proprio pugno e la porta che si era aperta da sola davanti a lui.
“Sei in ritardo”, ripetè Koshino con calma.
Akira si strinse nelle spalle richiudendosi accuratamente la porta alle spalle, “Lo so”, rispose con un mezzo sorriso sedendosi davanti al piccolo mago “abbiamo trovato dei briganti” annunciò teatralmente.
“Lo so”, rispose Hiroaki aprendo un grosso libro ingiallito.
“Lo sapete? Come lo sapete?”, chiese piegando il busto verso il tavolo e fissando perplesso il ragazzo avvolto in un pesante mantello davanti a lui, “oh…”,aggiunse con espressione strafottente “dimenticavo che siete un Maestro… se potete aprire le porte col pensiero probabilmente sapete anche vedere il presente, il passato ed il futuro”.
“La porta era già aperta, bastava solo una leggera spinta e i soldati che erano di scorta con voi mi hanno già fatto un rapporto dettagliato; tu dove eri?”, chiese gelidamente incrociando le dita ed appoggiandovi sopra il mento.
Akira sorrise stravaccandosi placidamente sulla sedia, “Ho accompagnato Mitsui dal dottore”, l’informò con calma.
Koshino annuì indifferente aprendo una boccetta d’inchiostro denso e scuro; “Vediamo di finire questo rapporto eh? Com’è la situazione della raccolta?”
”‘Somma,” rispose porgendogli un pezzo di carta pergamena grossa ed unta, “tra la guerra centrale che ha aumentato i prezzi delle semenze, tra la vostra invasione che ha distrutto parte dei raccolti e tra la pioggia che questa estate non è caduta le provviste per l’inverno sono risicate,ma stringendo la cinghia ce la dovremmo cavare.”
Koshino annuì iniziando a ricopiare con precisione i dati sul libro mastro, un lavoro che odiava, ma che tuttavia non poteva tralasciare. Capiva poco di rendite, provviste e suddivisioni; non si era mai fermato in un posto così a lungo da doversi preoccupare della gestione del castello ed ora si trovava a dover impiegare giorni per svolgere un lavoro che Sendo avrebbe potuto fare in ore. Ma non potevano fidarsi di lui, un anno di fame, un anno di penuria e di morte e Hanamichi avrebbe perso Fuchschloss prima ancora di averlo davvero ottenuto.
Con uno sguardo astioso fissò le innumerevoli colonne del registro segnando con un tratto indeciso una cifra su quella più esterna.
Sendo, le mani incrociate sotto il mento, sorrise mettendo in mostra i denti candidi, “Avete sbagliato”, sghignazzò divertito, ignorando la rossa scintilla omicida che brillò per un istante nel nocciola degli occhi del mago. “Dovevate segnarla qui”, spiegò indicando con la punta del naso la colonna di destra.
“Dirlo prima?”, sibilò Hiroaki.
“Non avete chiesto”, rispose candidamente stringendosi nelle spalle.
Koshino si morse la lingua riprendendo a trascrivere le cifre con estrema lentezza.
“Vi trema la mano, come mai? Non fareste prima ad ordinare alle cifre di saltellare fuori dalla pagina e a trascriversi da sole?”, chiese cinguettando.
Koshino morse la coda della penna, sentendo le piccole piumette colorate solleticargli la lingua.
Odiava quel lavoro insensato e monotono. Odiava mostrasi incapace di fare qualcosa. E soprattutto odiava dove lavorare col siniscalco, con quella sua faccia strafottente dal perenne sorriso.
Perché non si comportava da persona normale e lo temeva per la sua magia rendendogli il lavoro più semplice? Tutti nel castello si affrettavano a spiegargli le cose prima ancora che lui avesse bisogno di chiedere, scusandosi poi per il loro ardire, scuse che Koshino, grato, bloccava sul nascere con parole gentili e sentite. Sendo no. Lui sembrava nato per irritarlo. Si sedeva davanti a lui in placida attesa rispondendo con frasi essenziali alle sue domande e ciarlando per ore ed ore di futilità varie mettendo a dura prova il suo notevole autocontrollo. Perché Sendo non era il medico e quel Kogure il siniscalco?
Inspirò profondamente cercando di ignorarlo e copiando sulla colonna centrale i dati relativi alle derrate di carne secca.
Akira lo osservò in un silenzio così perfetto che Koshino fu costretto a fermarsi per guardarlo, “Cosa c’è?” chiese esasperato.
Akira sorrise, “Mi stavo solo chiedendo perché mai segniate la carne nella colonna di centro invece che nella terza da sinistra come abbiamo sempre fatto”.
Hiroaki socchiuse la labbra e strinse gli occhi, “Mi hai detto che la carne andava segnata nella colonna di centro” sibilò
“Certo; in quella di centro della parte sinistra però, la terza appunto”, annunciò serafico trattenendo un sorriso.
Koshino posò la penna sul tavolo, lasciando che l’inchiostro scappasse dal pennino e si raccogliesse in una minuscola pozza scura sul legno già macchiato.
Inspirare.
Akira sorrise.
Espirare.
Akira tossicchiò cercando di trattenere la risata.
Inspirare…
“Avrete un incantesimo per sistemare tutto no?”, chiese.
Koshino espirò lentamente e sorrise, “Si”, rispose alzando le mani.

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Mitsui scese le scale come una furia.
‘Dopo’ aveva detto; dopo quando maledetto lui e tutta la sua stirpe passata presente e futura! Non era venuto nemmeno a cena! ‘Dopo’; dopo quando? Quando fosse stato steso in una tomba assieme ai vermi? Non bastava quel folle del mago, no adesso anche il medico non pensava alla propria salute e saltava i pasti, saltava il riposo…. Ma che razza di dementi aveva raccattato Sakuragi? Oh ma ora ci avrebbe pensato lui a sistemare le cose, legge marziale fino al ritorno del Lord, altroché.
“E tu quando pensi di andare a dormire?” grugnì spalancando di botto la porta dello studio di Koshino che lo guardò perplesso.
“Che vuoi?” chiese con aria stanca, prima di sgranare gli occhi ed urlare ” Chiudi la porta!”.
Troppo tardi. L’animaletto alzò i suoi grandi occhioni scuri verso il capitano, sollevò una delle piccole zampette anteriori a grattarsi il naso e saltellando veloce sulle potenti zampe posteriori scappò dalla stanza.
“Fermalo!” urlò Hiroaki spingendo con forza la sedia lontano e precipitandosi fuori della stanza all’inseguimento della bestiola.
Ridendo Mitsui iniziò a correre veloce dietro la bestia che, braccata, iniziò a fare perno sulla lunga e muscolosa coda, spingendosi più verso l’alto che non in avanti.
Con un ringhio Mitsui si allungò cercando di afferrarlo per una delle lunghe orecchie cadenti e pelose, ma la spalla indolenzita gli fece mancare la preda di pochi centimetri e l’animaletto spiccò un balzo trovando un morbido rifugio tra le braccia di Kogure che si chiusero istintivamente attorno al suo corpicino peloso.
“Tienilo fermo!”, urlò Hiroaki raggiungendoli.
Kogure annuì scrutando la ‘cosa’ agitata che aveva tra le mani.
Non era un coniglio, anche se il muso e le orecchie erano quelle; però aveva due zampette anteriori molto piccole, mentre quelle posteriori erano sviluppatissime. La coda inoltre era lunga e spessa.
“Cos’è?”
“Un cangoretto”, rispose Mitsui sorridendo, “ma in simili casi la domanda giusta da fare è ‘chi è’?”
“Sendo” borbottò Koshino afferrandolo tra le braccia ed accarezzandolo piano tra le orecchie; il cangoretto si acquietò immediatamente arrotolando la punta della coda su se stessa in segno di apprezzamento.
“Ora scusate, ma ho del lavoro da finire” li salutò allontanandosi lungo il corridoio.
“Quello…quello era Akira?” gemette Kogure appoggiandosi al muro freddo.
“Non ti preoccupare, a lavoro finito lo farà tornare umano” sghignazzò Mitsui “può fare un po’ impressione, ma in fondo non si sta poi tanto male in quell’aspetto, anzi Hiroaki è più gentile con gli animali che non con le persone”
“L'ha fatto anche con te?”
Mitsui rise, “Certo e anche con Han….Lord Hanamichi; un giorno in cui voleva fare l’eroe e scendere in battaglia più morto che vivo”, improvvisamente il sorriso dolce che aveva sul viso scomparve sostituito da un’espressione furiosa “Sono stato in infermeria” disse duro.
”Sei peggiorato?”, chiese Kogure scostandosi dal muro ed appoggiandogli la mano sulla spalla lesa.
Veloce Mitsui gli bloccò il polso tra le dita, “Mi hanno detto che ti eri allontanato per un’ora per controllare Rukawa e che saresti tornato là”
“Sto andando infatti”, spiegò con calma chiedendosi dove fosse il problema.
“No. Non vai, ho detto loro che non ti aspettino. Tu ora vieni con me”, ordinò tirandolo per il polso fino alla propria camera.
“Se la spalla aveva ripreso a farti male potevi farmi chiamare”, sussurrò Kogure; improvvisamente la voce faticava ad uscirgli dalla gola e si sentiva strano, molto strano.
La stanza di Mitsui era piccola e piuttosto spoglia, ma nel camino ardeva un fuoco forte e vivace e il letto era coperto da una spessa pelliccia di orso. Una stanza intima che evocava lunghi pomeriggi invernali. Ti stai sessualmente eccitando gli riferì clinicamente la sua mente peggiorando probabilmente il suo stato generale.
“La spalla sta benissimo,sei tu quello che sta male; anche se ti riposi per una notte non morirà nessuno”
“Capitano Mitsui io ho dei doveri”sospirò e Mitsui sorrise avvicinandoglisi “Anche io” gli sussurrò “Devo tenere in vita gli uomini chiave del castello fino al ritorno di Milord” mormorò spingendolo senza tante cerimonie sul letto.“Riposa dottore” ordinò uscendo dalla stanza e chiudendola dietro di sé a tripla mandata.
Kogure si allungò sul morbido materasso di piume inspirando con forza l’odore di aria, terra e erba che era rimasto sulla biancheria da letto. L’odore di Mitsui.
Sospirò accarezzando piano il guanciale morbido “E tra non molto arriverà l’ inverno” mormorò prima di addormentarsi.



Nia uffi..capitolo finito ora sistemo il due e la settimana prossima lo mando^^
Nobu: guarda che il fare di tutto per farsi uccidere equivale ad un suicidio sai?
Nia: -___- malefico che sei….Io sono sicura che non mi accadrà nulla^^
Nobu: perché le valigie??
Nia: non te l’ho detto??? Mi sono offerta per partecipare ad una missione su Marte^^ posterò da lì





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