Note: Bla bla bla i personaggi non sono
miei
Anche questa fic è un po’ diversa dalle
altre, anche questa volta niente basket!
Un grazie alla mia fidanzata, Akira14, che
mi ha suggerito il titolo.
Rag Dolls -
bambole di pezza parte
III
di Koibito8
Togliendosi il
giubbotto, poco dopo, Hanamichi si accorse di avere ancora la sciarpa di
Kaede intorno al collo.
La mattina seguente,
dopo una notte insonne, la convinzione di aver sbagliato molto nella vita
cominciò a farsi strada in lui.
Aveva reagito in modo
esagerato alla dolce presa in giro da parte di un uomo estremamente
affascinante, che probabilmente passava la maggior parte delle sue
giornate flirtando.
L’apprensione lo
angosciava, e questo era sciocco perché non ve n’era motivo. Un incontro
casuale, alcune parole scambiate, un bacio. Era accaduto, ma adesso era
finito tutto.
Presto quell’ansia
interiore si trasformò in evidente tensione. Era nervoso mentre chiudeva
la biblioteca, il lunedì sera. Da qualche parte, tra gli scaffali, un
libro cadde rumorosamente…Hanamichi sobbalzò. Sorridendo del proprio
nervosismo, spense il riscaldamento e si assicurò che la porta principale
fosse chiusa.
Si affrettò nel
corridoio, prese il giaccone sportivo e cercò i guanti nelle tasche.
Il freddo pungente,
fuori, gli irrigidì i muscoli; mentre si guardava attorno, notò che la
macchina del Signor Anzai non c’era più!
La pallida luce di un
lampione lontano batteva sulle mura della biblioteca, e il riflesso
strappava una zona all’oscurità, come un palcoscenico poco illuminato. In
quel palcoscenico Hanamichi vide l’unica auto in quel parcheggio desolato,
e, appoggiato ad essa, un uomo con un pullover color crema. Il cuore
cominciò a battergli più forte. Si guardò intorno cercando il Signor Anzai.
“Il signor…”
“Se n’è andato quando
gli ho detto che ti avrei accompagnato a casa io.”
Cercando di far fronte
a quell’improvvisa apparizione Hanamichi respirò profondamente.
“Il Signor Anzai se n’è
andato?”
i lineamenti sensuali
di Kaede sembrarono addolcirsi. “Sei stato abbandonato ai lupi, caro.
Anzai non ha neppure esitato troppo. Ti consolerà sapere che mi conosce
fin da quando ero bambino.”
Hanamichi si sentiva la
gola secca, cercò di inghiottire ma non ci riuscì. “Tu… gli hai mentito?”
“No.” Si avvicinò.
“Sono venuto a prenderti. Perciò è meglio che ti rassegni a venire con
me.”
Lo afferrò per il
braccio e lo guidò verso l’auto.
“Parliamone un attimo…”
mormorò Hanamichi
“Prima sali in
macchina.” La voce di Kaede aveva un tono divertito. “Non voglio che ti si
geli il naso.”
Hanamichi non cercò di
opporsi, ma l’agitazione l’aveva irrigidito, gli aveva reso il respiro un
po’ ansante.
“Non puoi costringermi,
se non voglio!”
“Oh, sì che posso.
Probabilmente sono il primo di una lunga fila di persone che possono
farlo.”
Hanamichi fece una
smorfia, “Sbagli a considerarti così sicuro, volpe. Potrei sempre decidere
di atterrarti con una testata e rovinare il tuo bel visino… cosa faresti
con il lavoro poi?”
“Mi farei sostituire da
te per il tempo necessario, mia bella scimmietta. Perché mi hai chiamato
volpe?”
“Perché i tuoi occhi mi
ricordano quelli di una volpe, e perché ti ritieni furbo ed infallibile
come quello scaltro animale! Sbagli se pensi che non sia un tipo
coraggioso…”
“Ma io so che lo sei!”
Kaede accese il motore e si volse ad affrontarlo. “Mi sono imbattuto nel
tuo coraggio sabato. È stato molto impressionante.”
“È per questo che sei
qui? Vuoi vendicarti?”, gli chiese Hanamichi guardandolo.
Kaede accese le luci
anteriori dell’auto, chinò leggermente il capo per studiarlo, un lento
sorriso gli increspava gli angoli degli occhi. Allungò la mano per
sollevargli delicatamente il mento.
“È questa tutta la
resistenza che sai opporre quando pensi che ti stia per succedere qualcosa
di orribile?”
Il cuore gli batteva
forte, non sapeva come trattare quella strana cosa che gli stava
accadendo. Finse di guardare fuori dal finestrino.
Il sorriso di Kaede si
allargò. “Ti faccio paura?”
“Assolutamente no! Mi
rendi nervoso, tutto qui. Comunque dimmi, cosa ci aspetta?”
Gli occhi di Kaede si
fecero più brillanti. “Una lunga notte.”
“Cosa?”, chiese
Hanamichi con apprensione mal celata.
“Mi piacerebbe che la
passassi con me.”
Con un gemito,
Hanamichi scivolò sul sedile, tirandosi il berretto sugli occhi. Lo sentì
ridere mentre avviava l’auto. La mano di Kaede gli accarezzò le spalle.
“Non importa”, disse
gentilmente, “ci sono altri modi per ottenere lo stesso risultato. Per
esempio, potremmo darci un appuntamento, se lo trovi più rassicurante.”
“Appuntamento?”
“Appuntamento. Quell’avvenimento
molto comune che ci spinge a dedicare molto tempo a chiederci cosa
indossare e come acconciarci i capelli; ci facciamo la doccia e ci
profumiamo con tutti prodotti di cui l’industria pubblicitaria ci assicura
che non possiamo fare a meno. Ci mettiamo biancheria pulita e ci
assicuriamo di essere perfettamente in ordine… Prego?”
“Niente. Era un
gemito.”
“Ne fai spesso?”
“Solo quando mi stai
intorno.”
“È un segno
promettente. Dov’ero?”
“Alla biancheria.”
“Giusto. Poi, tornando
a noi, io ti vengo a prendere, oppure possiamo incontrarci da qualche
parte. Parliamo un po’, e tu cerchi di non contrariarmi troppo, ma nello
stesso tempo non ti mostri troppo compiacente, altrimenti potresti
annoiarmi. Mi stai ascoltando? Con quel berretto in testa, temo che tu
abbia delle difficoltà a seguirmi.”
“Scarica il mio corpo
sul bordo della strada e non lasciare impronte”, gli disse Hanamichi
ridendo mentre si tirava su il cappello. “Continua. Cercherò di non essere
né una minaccia, né una noia…”
“Tu non ti arrendi
troppo presto alle mie avances perché, anche ai nostri giorni, è una
tattica che funziona ancora. D’altro canto, non devi tirarla troppo per le
lunghe perché io potrei stancarmi di aspettare. Nel frattempo, io cerco di
capire quando sei pronto sulle basi di quelli che sono probabilmente
segnali molto confusi.” Si volse e gli sorrise. “Allora, vuoi un
appuntamento?”
Pericoloso. Oh, quell’uomo
era un pericolo! Era tanto intelligente quanto bello. Tra tutti gli uomini
che avrebbe potuto sfidare, ne aveva scelto uno tosto! Si passò lentamente
una mano sulla gola che gli pulsava, guardò fuori dal finestrino il
paesaggio di alberi scuri, sentieri freddi e prati coperti di neve.
“Sai”, disse con sfida,
“che ci sono ancora alcune persone che considerano gli appuntamenti
un’istituzione romantica?”
“Si. È per questo che
lo voglio, se ciò ti fa sentire più sicuro.”
Per il momento non
riusciva a sentirsi sicuro accanto a lui. Cercò di mettere nelle sue
parole un tono abbastanza gelido. “Questo è quello in cui tu credi,
signor…”
“Kaede Rukawa. Credo in
molte cose, sai?”
“Si?”
“Ad esempio, credo nei
tuoi capelli sparsi sul mio cuscino. Nel tuo respiro sulla mia pelle, e
nel possedere il tuo corpo…”
“Basta!”, ansimò
Hanamichi. “Falla finita!”
Puntò il gomito contro
lo sportello e affondò il capi tra le mani, ma lo rialzò di colpo quando
si accorse che il paesaggio non gli era più familiare. Si volse di scatto
verso Kaede. “Dove mi stai portando?”
“Sto solo guidando. Non
mi hai detto dove abiti.”
Hanamichi si sentì
un’idiota mentre gli dava l’indirizzo.
“D’accordo. Torniamo
indietro.”
Per un attimo Hanamichi
si soffermò a studiare quei capelli, la finezza dei lineamenti del viso,
gli occhi vivi. Quella sensazione di strano disagio persisteva. Si volse a
guardare la strada.
“Potresti trovare una
preda migliore di me.”
“Ne dubito. Tu tremi di
paura. È raro.”
“Io sono un genio, e
non tremo di paura!”
“Un genio? Questa è
davvero carina.”
Con un gesto assente,
Kaede posò la mano sullo schienale del sedile. Col pollice gli sfiorò
delicatamente il collo, quindi gli scoprì la nuca e prese ad accarezzarlo
delicatamente. Piccoli brividi scuotevano il corpo di Hanamichi che
allontanò quasi con violenza le sue dita.
“Non voglio che mi
tocchi. Se credi che una sfortunata osservazione da parte mia giustifichi
i tuoi assalti…”
La voce gli mancò,
mentre Kaede voltava a destra. Le luci anteriori illuminavano macchie di
grano bruciato mezzo sepolto dalla neve. Fermò il motore e si voltò ad
affrontarlo.
“Credo sarebbe molto
meglio se parlassimo francamente.” Gli occhi gli brillarono divertiti.
“Vieni qui. E decideremo insieme se questo è un assalto.”
Con poche parole, Kaede
aveva messo a tacere i suoi deboli rifiuti, e adesso, senza fare alcun
tentativo di toccarlo, lo osservava in silenzio, paziente. Hanamichi era
imbarazzato. Pensò per un attimo prima di parlare. “Paura non è il termine
esatto… ma provo una forte sensazione di disagio”
“Raccontami.” La voce
di Kaede, la sua pazienza svelavano una certa dolcezza.
“Voglio sapere una cosa
prima… sei venuto da me stasera per vendicarti?”
“Vendicarmi per cosa?
Ma dimmi, perché provi questo disagio?”
“Non so. Non mi
sento…”, cercò le parole giuste, “ben disposto.”
Kaede per poco non
scoppiò a ridere. “Devo ammettere che non è l’espressione che avrei
immaginato!… allora, perché Hanamichi non è ben disposto?”
La brezza agitava le
stoppie. L’oscurità impediva alle stelle di brillare. La notte dava loro
l’intimità di un confessionale.
“È un po’ difficile
dirlo. Sono cresciuto senza un padre e mia madre mi rimproverava per ogni
cosa. Ma non sono sicuro… Forse è che non ho mai voluti crescere. Quando i
miei amici cominciavano ad interessarsi ai vestiti e… ad altre cose, io
continuavo a pensare: è accaduto troppo in fretta! Sta accadendo troppo in
fretta! E la pubertà…”, una smorfia di disgusto, “la pubertà era
ripugnante. Pensavo che mi avrebbe ucciso. Quelle cose strane che accadono
al tuo corpo… per me era angoscioso.”
“Ti capisco”, disse
Kaede. “Un’infanzia felice, il caldo bozzolo che si apre lentamente e ti
ritrovi in un mondo che non ti aspettavi. E ti chiedi, cosa sto facendo
qui? Pensavo che questo fosse un posto sicuro. Vai a dormire nel Kansas e
ti risvegli a Oz. Non so se può consolarti, ma la tua pubertà e stata un
successo formidabile.”
“Grazie.” Hanamichi
arrossì “nessuno ha mai fatto una considerazione simile, prima.”
“Lo hanno fatto.
Fidati.” Fece una pausa, poi, gentilmente disse: “Hanamichi? Perché non ti
piace essere toccato?”
“Te l’ho già detto, mi
sento a disagio…”
Sentì Kaede muoversi,
poi avvertì la presenza del suo braccio che gli accarezzava lentamente la
schiena.
“Questo ti fa sentire a
disagio?”, gli chiese.
“Sì.” Quella parola
uscì a stento dalle labbra di Hanamichi. Sentì la carezza calda della sua
mano che seguiva la linea del mento e lo sollevava delicatamente.
“È questo?”, sussurrò
contro la sua bocca cercandogli le labbra.
“Sì”, sospirò, mentre
Kaede gli appoggiava la schiena contro il sedile e faceva scivolare la
mano dietro il collo, accarezzandolo sensualmente.
“Sai”, sussurrò,
“questa dolce, bella bocca mi ha ossessionato. La sentivo contro la mia
pelle quando chiudevo gli occhi…” Hanamichi aprì le labbra, e la lingua di
Kaede penetrò nell’interno, suscitando un calore che si spandeva a ondate
nel suo petto.
Il profumo dei capelli
di Kaede, fresco di pino, era come una droga potente sui suoi sensi.
Quelle labbra sapevano
di brezza notturna e dell’odore caratteristico dell’inverno. Le mani
cominciavano a bruciargli attraverso il cappotto, il respiro ardente di
kaede gli arrivava con eccitante rapidità sulla bocca. Quelle mani
suadenti gli accarezzavano il mento e gentilmente, cautamente gli aprirono
il giaccone.
“Hai freddo, Hana?”,
mormorò Kaede stringendolo a sé, mentre con la lingua gli stuzzicava il
lobo dell’orecchio. “Fatti scaldare.” Il respiro gli stuzzicava
l’orecchio. “Sei a disagio adesso?”
Gli accarezzava il
corpo, tracciando le sue forme attraverso la maglietta, gli toccava
l’ampio petto, il ventre piatto e i fianchi, con carezze calde e sensuali.
“Sì…” sospirò Hanamichi
fremente, mentre un bisogno profondo gli urgeva dentro, “sì… sì…”
Kaede rise piano.
“Hana, se sei ancora a disagio, credo che troveremo la cura.”
Fine terzo capitolo.
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