Note: Bla  bla  bla  i personaggi non sono miei

Anche questa fic è un po’ diversa dalle altre, anche questa volta niente basket!

Un grazie alla mia fidanzata, Akira14, che mi ha suggerito il titolo.


Rag Dolls - bambole di pezza

parte II 

di Koibito8

 

Cara mamma,

le cose vanno molto bene in biblioteca. Il Signor Anzai, il direttore, è incantevole. Colleziona fossili e quadri naif; mi ricorda nonno Shiro. Ho già aggiunto dei criceti alla sezione dei bambini, e sto pensando a dove mettere un acquario.

Hisashi, addetto al reparto adulti, mi è stato di grande aiuto. Non vedo l’ora che tu lo conosca. Ha un fratello più piccolo, Ryota Mitsui, ne avrai sentito parlare; dipinge a Tokyo.

Ryota è venuto giovedì scorso per una settimana di vacanza  e ieri ho passato la giornata con Hisashi, Ryota, un amico di Ryota e Nobunaga, che è un aiuto bibliotecario. Nel tardo pomeriggio mi hanno portato a fare un giro e abbiamo ammirato le stupende abitazioni costruite dai milionari di Kanagawa un centinaio di anni fa, come residenze estive per le loro famiglie. Molte erano nascoste dagli alberi, compresa Lili Hill (scusate non ho trovato di meglio! N.di K8), dei Rukawa, che i libri di storia locale dicono fosse un luogo d’interesse turistico ai suoi tempi.

Sai che la posta veniva consegnata in barca? Alcune di quelle case sono rimaste alle famiglie, anche se Hisashi ha detto che neppure i ricchi possono più mantenere il tenore di vita di un tempo.

Non immagineresti mai dove mi hanno portato dopo. A vedere degli spogliarellisti. Non sto scherzando. Veramente la maggior parte delle persone in città non frequenta quel posto. La clientela e composta soprattutto di giovani, di Kanagawa e delle città vicine. Sarai curiosa di sapere come il tuo unico figlio abbia reagito alla vista di uomini nudi. Non bene. Comunque ho visto l’uomo più affascinante del mondo e vive a Kanagawa. Ricordi il busto di Alessandro il Grande che abbiamo visto al Museo di Tokyo l’estate scorsa? Era lui. Quell’uomo aveva l’aspetto di un aristocratico, eppure si spogliava per denaro. Avresti detto che era il classico uomo che guida una Corvette, indossa colori da aviatore… e ha ricevuto una rigida educazione. Pensa, avrei potuto baciarlo, ma ero troppo imbarazzato. Tu mi conosci. Comunque, nessuno ha capito quanto fossi imbarazzato. Credevano stessi scherzando.  Ti voglio bene. Hana.

 

 

Cinque giorni dopo aver imbucato quella lettera, Hanamichi era in piedi davanti alla finestra della biblioteca, coi gomiti appoggiati al davanzale. La città sembrava una cartolina di Natale. Kanagawa si stendeva piatta e gelata fino agli alberi spogli sulla bianca spiaggia lontana. Molti ragazzi passeggiavano lungo il sentiero vicino al lungomare, giovani mamme spingevano i loro bambini, avvolti in caldi abiti invernali, come orsacchiotti, sulle slitte.

Quello era uno strano modo di vivere… guardare quel che accadeva dall’altra parte di un vetro trasparente. Senza correre rischi, questo gli dava, in un certo senso, sicurezza… e tranquillità.

Il sole era basso sulle colline dietro il lago, una corona dorata, il simbolo di un altro giorno che finiva. Il pomeriggio era stato tranquillo. Alla sua destra un signore anziano dormiva dietro un giornale.

Subito dopo la scuola i bambini avrebbero riempito i tavoli di pino, e lui sarebbe stato troppo occupato per stare davanti alla finestra e pensare a quegli occhi blu e ridenti.

Si girò mentre arrivava il Signor Anzai, i capelli bianchi in disordine, le braccia piene di volantini e poster.

“Ah, eccoti qui! Sapevo che avevi un intervallo, ma pensavo fossi sul retro… hai visto cosa ci ha messo Hisashi? Sono entrato per pranzare, mi sono seduto e mi sono praticamente trovato  guancia a guancia con un uomo nudo.”

Presumendo che il Signor Anzai si stesse riferendo al calendario dello Shohoku Club, Hanamichi suggerì diplomaticamente: “Forse è arte.”

“Ohohohh Arte! Il nudo è nudo.”

Hanamichi sgranò gli occhi e cercò di frenare una risata.

Ma il Signor Anzai non si arrese. “Vorrei sapere come lo chiameresti.”

“Oh, faccio del mio meglio per evitare l’argomento. Non ho molto del…” si schiarì la gola. Bene, forza Hana, di cosa non hai molto? Dell’uomo forse? Un pensiero stranamente amaro. Eppure doveva accettarsi com’era o imparare ad aprirsi di più alla vita. Lasciò la frase in sospeso e diede uno sguardo interessato al mucchio di poster tra le braccia del Signor Anzai.

“Cos’ha lì?”

“Materiale per la campagna di propaganda!” riordinando la variopinta collezione di carte, il Signor Anzai tirò fuori un poster e lo aprì.

“Ogni anno cerchiamo di trovare uno slogan efficace. Quest’anno abbiamo scelto ‘puoi togliere tutto a un uomo ma non la libertà’ “

Hanamichi annuì soddisfatto, quindi disse: “Mi sembra una trovata intelligente.”

“Ne sono contento!”, rispose il Signor Anzai raggiante. “Ad Hisashi e Nobunaga non è piaciuto affatto.”

“Sarei ben felice di aiutarla.”

“Non so… fammi pensare…” il mucchio di carte che aveva tra le braccia minacciava di cadere mentre lui cercava il blocco degli appunti e guardava sulla prima pagina. “I miei occhiali! Non dirmi che ho perduto…”

“Li ha sul capo, Signor Anzai.”

“Oh, grazie. Sei occupato sabato dall’una alle tre?”

“No. Va bene”, assentì Hanamichi, immaginando ore piacevoli passate a dipingere poster o a far telefonate. Rimase un po’ turbato quando dieci minuti dopo Hisashi si fermò davanti alla sua scrivania e gli tese l’ultimo numero del giornale, dicendogli: “Sei occupato sabato pomeriggio? O Anzai ha cercato di coinvolgere anche te nella raccolta di fondi per la campagna di propaganda?”

“Ho già firmato per due ore. Perché no?”

“Oh, come si approfittano dei giovani e degli innocenti!”, disse Hisashi sollevando gli occhi al cielo. “Ragazzo, non ti offrire mai volontario se non sai di cosa si tratta.”

 

Il sabato pomeriggio alle due Hanamichi era fermo a un angolo di una via centrale di Kanakawa, con un berretto di lana calcato sul capo e almeno due strati di biancheria termica, sotto la tuta di lana col collo alto e la sciarpa.

Da una parte aveva una capanna di legno di cartapesta con una fessura sul tetto per le offerte. Quando qualcuno introduceva il denaro, lui doveva tirare luna cordicella per far uscire uno sbuffo di fumo dal caminetto. Dall’altra parte, su un piedistallo, c’era una vecchia campanella, su cui il Signor Anzai aveva dipinto la scritta ‘Fa suonare la libertà’. Hanamichi avrebbe dovuto suonare la campanella per attirare l’attenzione.

Improvvisamente una palla di neve gli passò sopra il capo e si frantumò contro il muro di mattoni dietro di lui. Si chinò in fretta, ma una seconda palla di neve gli portò via il berretto.

Scosse la testa, agitando i ciuffi corti, mentre si guardava intorno per vedere chi era stato.

Un gruppetto di bambini sbucò, ridendo, da dietro l’angolo di una banca, i loro occhi brillavano sopra le sciarpe e sotto i berretti di lana.

“Dannazione!” Hanamichi si chinò a raccogliere il cappello, cercò di liberarsi della neve e i piccoli visi scomparvero. Un sorriso gli curvò labbra, mentre raccoglieva una manciata di neve e formava una bella palla. Si guardò cautamente intorno finché  vide i visetti dei bimbi affacciarsi esitanti. Fece tre passi verso di loro. I bambini, spaventati, gridarono eccitati mentre lui faceva partire la palla di neve.

Non li sfiorò neppure. Colpì, invece, la manica della costosa giacca di uno dei due uomini che avevano proprio scelto quel momento per uscire dalla banca.

“Mi scusi!”, cominciò a dire costernato, ma le parole gli morirono in gola. Sotto la giacca c’erano le stupende spalle e la vita stretta dell’uomo che lui aveva conosciuto come Kai il Poliziotto. Un paio di occhi scuri lo stavano fissando. Al suo fianco, leggermente più basso, ma infinitamente più affascinante in un pullover color crema e pantaloni di lana grigi, c’era l’uomo il cui ricordo gli faceva ancora battere il cuore.

Anche lui lo aveva visto. Quegli occhi dolci e crudeli si erano riempiti di interesse, divertimento, e, con orrore di Hanamichi, l’uomo sembrò riconoscerlo. Era impossibile che tra tante persone si ricordasse di lui. Col cuore che gli batteva forte, indietreggiò fino a scontrarsi con il muro di mattoni, e li cappello gli scivolò sul naso.

Due mani forti, avvolte da guanti di cachemire, lo scostarono dal muro e, con gesti lenti, gli sistemarono il cappello. Occhi blu come l’oceano sorrisero ammiccanti. La luce del giorno lo rendeva più reale. Stordito da quella vicinanza, non si accorse dell’avvicinarsi dell’altro uomo, finché questi non parlò.

“Un tuo amico, Kaede?” il tono era pieno di disprezzo, e, guardando quel volto affascinante, Hanamichi incontrò l’espressione che era abituato a ricevere dagli uomini molto affascinanti: indifferenza.

“Senza dubbio la stessa scimmietta”, disse Kaede togliendosi la sciarpa di lana.

Hanamcihi riconobbe l’accento. Era quello di un uomo snob, ma addolcito dalla mancanza di affettazione.

“Mi dispiace per la palla di neve”, disse, “ma vede, c’erano quattro bambini…” i suoi occhi erano attratti irresistibilmente da Kaede: gli stava sorridendo in un modo che non riusciva a capire, in un modo immensamente pericoloso.

Hanamichi non aveva idea di cosa sarebbe accaduto ora, perciò rimase stupito quando Kaede si tolse la sciarpa e cominciò ad avvolgerla con cura intorno al suo collo. La lana conservava il calore del suo corpo, e il morbido cachemire dei guanti gli sfiorò la pelle sotto il mento, resa ipersensibile dal freddo. Rimase totalmente stupito, tanto da non riuscire a trovare le parole per fermarlo.

Passandogli gentilmente il pollice sul naso, lui chiese: “Ti sei ripreso dallo spettacolo dell’altra sera? Forse dovrei dire dal mio spettacolo?”

Hanamichi non riuscì a rispondere.

“Come ti chiami?”

“Hanamichi Sakuragi.” Il suono del suo nome lo riportò bruscamente alla realtà, ma il muro dietro di lui gli impediva una ritirata dignitosa.

“Sei un bibliotecario?”

“Si.”

“Ho delle idee sui bibliotecari. Se lo avessi saputo la settimana scorsa allo spettacolo…” la sua voce era dolce, un poco ironica. “Perché non ti sei fatto baciare?”

Appoggiato al muro, con aria impaziente, l’uomo coll’abito di pelle scamosciata cominciò a sorridere.

“Pensavo non fosse una buona idea” scattò Hanamichi. “Sono allergico alla penicillina.”

Le parole non volevano essere amichevoli, ma suonarono quasi un insulto, una volta pronunciate. Kaede continuò a fissarlo senza sorridere. E quando quello col soprabito di pelle scamosciata disse: “Vuol dire che…?” Kaede completò in tono piatto:  “Temeva che potessi essere malato?”

Le parole erano più ironiche che amare, e non tradivano alcun sentimento personale. Il sorriso si fece più ampio, molto più pericoloso.

“Non preoccuparti, Hanamichi Sakuragi. Faccio un esame a settimana. Sono perfettamente sano.”

Tirò fuori un dollaro dalla  tasca della giacca e, prima che Hanamichi realizzasse quel che aveva intenzione di fare, glielo mise nella cinta.

“Un’offerta”, disse. “Io bacio per soldi… no?”

L’istinto lo avvertì ancor prima che Kaede facesse il gesto di afferrarlo; cercò di indietreggiare, ma le mani di Kaede si chiusero sulle sue spalle e lo attirarono a sé. Poteva sentire le loro cosce sfiorarsi, e i loro toraci schiacciati l’uno contro l’altro. Lo sguardo era catturato da quello di Kaede: Hanamichi era come paralizzato, impotente.

Nonostante tutto, lo voleva, voleva quel bacio.

Le mani di Kaede si mossero gentilmente intorno al suo collo, sulla nuca, affondando tra  i suoi capelli, procurandogli piccoli brividi lungo la spina dorsale. La bocca scese verso la sua, quegli occhi magnetici lo ipnotizzarono finché non si chiusero.  Anche Hanamichi chiuse gli occhi, e  mentre i loro respiri si fondevano, sentì le labbra di Kaede sfiorare appena le sue. Il battito del cuore gli rieccheggiava nella testa. Il caldo respiro di Kaede gli riscaldava le guance e il mento, mentre la lingua gli stuzzicava i contorni delle labbra prima di introdursi nella bocca con una gentile pressione.

Quando alla fine lo lasciò, lo fissò a lungo negli occhi.

“Hanamichi Sakuragi”, disse dolcemente, come se volesse imprimersi quel nome nel cervello.

L’uomo che lui conosceva come Kai il Poliziotto si avvicinò a lui tornò di nuovo alla realtà.

“Per amor del cielo, Kaede, vuoi ancora perdere tempo con quella scimmietta? Che ti è preso? È imbarazzante.”

Hanamichi non fece in tempo a replicare; l’uomo era sparito tra la folla. L’orgoglio lo fece  rimanere al suo posto.

Si chinò a raccogliere il berretto, senza guardarsi intorno, cercando di fingere che non fosse accaduto niente e che nessuno avesse visto niente.

 

Fine secondo capitolo.




Fictions Vai all'Archivio Fan Fictions Vai all'Archivio Original Fictions Original Fictions