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Disclaimers: i personaggi non sono miei ma di chi voi ben sapete...
Rabbia
capitolo 4
di
Kuso Baba
- Ma
guarda un po' che abbiamo qui... un moccioso così carino da sembrare una
ragazza! Ciao, bel tesoruccio!-
-Ehi, che diamine di intenzioni hai?! Guarda che non abbiamo molto tempo da
perdere! Sicuramente qualcuno avrà sentito gli strilli di quel ragazzino e
adesso starà venendo qui per aiutarlo!-
-E di che hai paura? Di qualche checca vestita da bonzo? Oppure di qualche
bifolco armato di forcone? Non dimentichiamo che siamo in cinque e bene
armati... che si facciano pure avanti! Piuttosto, aiutatemi a tenere ferma
questa graziosa principessa, prima che cambi idea e decida di tagliarle la
gola!-
-Che diavolo volete farmi?! Bastardi! Nh!-
Già, che diamine volevano fargli? Perché proprio lui? Non potevano andarsi a
cercare qualche bella contadina? O pagarsi una puttana col frutto di qualche
rapina? Cosa c'entrava un moccioso come lui in tutto questo? Cosa c'era di
attraente nel corpo di un ragazzino? Piccolo, informe, privo di curve. Puro.
Innocente. Come si può desiderare di sporcare una cosa simile? Chi può
desiderare di sporcarlo? Perché gli dei non intervengono per impedire una
cosa del genere? Dove vanno a finire in simili momenti con la loro
immortalità e i loro poteri? Perché lo stavano lasciando da solo? Perché
tutti l'avevano lasciato da solo? Il
Maestro, Shuei, l'anziano Sojyo che aveva voluto a tutti i costi affidargli
quel rotolo, dov'erano? E quella vecchiaccia di Kanzeon Bosatsu che si
vantava di essere la dea della misericordia? Perché in quel momento non
aveva pietà di lui? Perché nessuno aveva pietà di lui? Perché nessuno lo
uccideva liberandolo da tutto quel dolore? Forse era questa la punizione per
non aver saputo proteggere l'uomo che considerava, indegnamente, suo padre?
Se era così, allora avrebbe accettato. Se questo fosse servito a riportarlo
in vita, allora avrebbe sopportato in silenzio. Pregando che l'inferno fosse
un posto migliore.
Una mano gli afferrò con forza la caviglia destra. Un'altra iniziò a frugare
freneticamente fra i suoi vestiti finché non fece altrettanto col suo sesso.
-Però... sei ben dotato per essere così gracilino... mi sa proprio che ho
preso un bel granchio!-
Senza troppi complimenti, il suo assalitore fece scorrere la mano dalla
punta dell'asta alla base, tornando a serrarla con forza. Un sorriso di
sadica soddisfazione gli si stampò sul suo brutto muso nel constatare che
quel membro così piccolo stava reagendo alle sue carezze. Soprattutto perché
non era l'unico. Quello che nominalmente era il Venerabile Genjo Sanzo Hoshi,
ma che, di fatto, era un ragazzino di tredici anni spaventato a morte e
fortemente debilitato dalla fame e dalle botte tentò di liberarsi con uno
strattone.
-Che c'è, dolcezza? Non ti piacciono le mie coccole? Eppure mi era parso di
capire il contrario... oppure mi stai chiedendo di passare a qualcosa di più
concreto? Su, non fare complimenti! Sono qui per questo! Non essere timido!-
-Dannato bastardo!-
Il piccolo bonzo era nauseato. Più di se stesso che di quel criminale. Come
poteva anche solo una parte del suo corpo provare piacere per una simile
indecenza? Voleva vomitare. Uno sguardo di cieca rabbia si posò sul suo
aggressore...
-Ti piace giocare a fare il prezioso, eh? Beh, allora vediamo chi è più
testardo! Ehi, voi, venite qui e tenetegli ferme gambe e braccia... ecco,
direi che così è perfetto! Ora non potrai più interrompermi...-
-Lasciami stare! Lasciami! Sei solo un lurido maiale!-
-E tu la mia piccola geisha! Se sarai brava, ti prometto che rimarrai in
vita dopo... perché mi guardi così male? Guarda che non è poi una cosa tanto
brutta... tutte le belle ragazze prima o poi perdono la verginità!-
E scoppiò in una grassa risata. Tornò a tormentare il suo sesso,
carezzandolo, questa volta, con un dito solo, quasi solleticandolo. Sanzo
cercò di mordersi la lingua per non mugugnare... si sarebbe fatto ammazzare
piuttosto. Il bastardo lo fissava incantato dai suoi stessi gesti ipnotici.
Il suo ghigno diventava sempre più nauseante. Ad un certo punto interruppe
le sue carezze. Del liquido biancastro aveva cominciato ad uscire dalla
punta del suo membro. Vi intinse un dito e voluttuosamente se lo portò alle
labbra, succhiandolo con una lentezza esasperante.
-Devo dire niente male! Magari dopo ne prenderò un'altra porzione... che ne
dici? Vuoi assaggiarne un pochino anche tu?-
Mentre gli infilava a forza un dito in bocca, con l'altra mano si slacciò i
pantaloni. Sempre più terrorizzato per la sua triste sorte, Sanzo cercò di
reagire mordendo il dito di quella carogna
-Fai pure... sangue o saliva sono la stessa cosa... tanto non mi sfuggi lo
stesso!-
Detto questo si calò le mutande mettendo in evidenza un membro grosso e
turgido che fece sbiancare il piccolo monaco
-E adesso vediamo se oltre che dolce sei anche tenero!-
Le risate dei compagni di quel verme a quel volgare doppio senso furono
l'ultima cosa che ricordava chiaramente. Poi spraggiunse il dolore. Un dito,
poi un atro, poi un altro ancora a profanarlo (a "prepararlo", gli disse con
fare bonario lui), e poi quel sesso ignobile a sostituirsi in quella
penetrazione... poi, ancora, mani pesanti che si insinuavano nella sua
tunica sacerdotale bramando la pelle liscia e chiara del suo petto e, più
ancora, i suoi piccoli capezzoli rosati; morsi sul collo che gli mozzavano
il respiro, gemiti animaleschi che gli ferivano le orecchie, una lingua
invadente che entrava prepotentemente nella sua gola soffocandolo, e poi le
fitte di dolore ad ogni spinta, sempre più intense, sempre più frequenti, e
il freddo metallo della canna della sua pistola che rispondeva a quel
richiamo conficcandoglisi in un fianco, e poi paura, e poi rabbia, RABBIA.
fine cap 4. continua...
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