Rating: Rating: NC-17 X
Disclaimers: i personaggi non sono miei ma di chi voi ben sapete...

 


Rabbia

capitolo 4

di Kuso Baba

 

- Ma guarda un po' che abbiamo qui... un moccioso così carino da sembrare una ragazza! Ciao, bel tesoruccio!-
-Ehi, che diamine di intenzioni hai?! Guarda che non abbiamo molto tempo da perdere! Sicuramente qualcuno avrà sentito gli strilli di quel ragazzino e adesso starà venendo qui per aiutarlo!-
-E di che hai paura? Di qualche checca vestita da bonzo? Oppure di qualche bifolco armato di forcone? Non dimentichiamo che siamo in cinque e bene armati... che si facciano pure avanti! Piuttosto, aiutatemi a tenere ferma questa graziosa principessa, prima che cambi idea e decida di tagliarle la gola!-
-Che diavolo volete farmi?! Bastardi! Nh!-

Già, che diamine volevano fargli? Perché proprio lui? Non potevano andarsi a cercare qualche bella contadina? O pagarsi una puttana col frutto di qualche rapina? Cosa c'entrava un moccioso come lui in tutto questo? Cosa c'era di attraente nel corpo di un ragazzino? Piccolo, informe, privo di curve. Puro. Innocente. Come si può desiderare di sporcare una cosa simile? Chi può desiderare di sporcarlo? Perché gli dei non intervengono per impedire una cosa del genere? Dove vanno a finire in simili momenti con la loro immortalità e i loro poteri? Perché lo stavano lasciando da solo? Perché tutti l'avevano lasciato da solo? Il Maestro, Shuei, l'anziano Sojyo che aveva voluto a tutti i costi affidargli quel rotolo, dov'erano? E quella vecchiaccia di Kanzeon Bosatsu che si vantava di essere la dea della misericordia? Perché in quel momento non aveva pietà di lui? Perché nessuno aveva pietà di lui? Perché nessuno lo uccideva liberandolo da tutto quel dolore? Forse era questa la punizione per non aver saputo proteggere l'uomo che considerava, indegnamente, suo padre? Se era così, allora avrebbe accettato. Se questo fosse servito a riportarlo in vita, allora avrebbe sopportato in silenzio. Pregando che l'inferno fosse un posto migliore.
Una mano gli afferrò con forza la caviglia destra. Un'altra iniziò a frugare freneticamente fra i suoi vestiti finché non fece altrettanto col suo sesso.

-Però... sei ben dotato per essere così gracilino... mi sa proprio che ho preso un bel granchio!-

Senza troppi complimenti, il suo assalitore fece scorrere la mano dalla punta dell'asta alla base, tornando a serrarla con forza. Un sorriso di sadica soddisfazione gli si stampò sul suo brutto muso nel constatare che quel membro così piccolo stava reagendo alle sue carezze. Soprattutto perché non era l'unico. Quello che nominalmente era il Venerabile Genjo Sanzo Hoshi, ma che, di fatto, era un ragazzino di tredici anni spaventato a morte e fortemente debilitato dalla fame e dalle botte tentò di liberarsi con uno strattone.

-Che c'è, dolcezza? Non ti piacciono le mie coccole? Eppure mi era parso di capire il contrario... oppure mi stai chiedendo di passare a qualcosa di più concreto? Su, non fare complimenti! Sono qui per questo! Non essere timido!-
-Dannato bastardo!-

Il piccolo bonzo era nauseato. Più di se stesso che di quel criminale. Come poteva anche solo una parte del suo corpo provare piacere per una simile indecenza? Voleva vomitare. Uno sguardo di cieca rabbia si posò sul suo aggressore...

-Ti piace giocare a fare il prezioso, eh? Beh, allora vediamo chi è più testardo! Ehi, voi, venite qui e tenetegli ferme gambe e braccia... ecco, direi che così è perfetto! Ora non potrai più interrompermi...-
-Lasciami stare! Lasciami! Sei solo un lurido maiale!-
-E tu la mia piccola geisha! Se sarai brava, ti prometto che rimarrai in vita dopo... perché mi guardi così male? Guarda che non è poi una cosa tanto brutta... tutte le belle ragazze prima o poi perdono la verginità!-

E scoppiò in una grassa risata. Tornò a tormentare il suo sesso, carezzandolo, questa volta, con un dito solo, quasi solleticandolo. Sanzo cercò di mordersi la lingua per non mugugnare... si sarebbe fatto ammazzare piuttosto. Il bastardo lo fissava incantato dai suoi stessi gesti ipnotici. Il suo ghigno diventava sempre più nauseante. Ad un certo punto interruppe le sue carezze. Del liquido biancastro aveva cominciato ad uscire dalla punta del suo membro. Vi intinse un dito e voluttuosamente se lo portò alle labbra, succhiandolo con una lentezza esasperante.

-Devo dire niente male! Magari dopo ne prenderò un'altra porzione... che ne dici? Vuoi assaggiarne un pochino anche tu?-

Mentre gli infilava a forza un dito in bocca, con l'altra mano si slacciò i pantaloni. Sempre più terrorizzato per la sua triste sorte, Sanzo cercò di reagire mordendo il dito di quella carogna

-Fai pure... sangue o saliva sono la stessa cosa... tanto non mi sfuggi lo stesso!-

Detto questo si calò le mutande mettendo in evidenza un membro grosso e turgido che fece sbiancare il piccolo monaco

-E adesso vediamo se oltre che dolce sei anche tenero!-

Le risate dei compagni di quel verme a quel volgare doppio senso furono l'ultima cosa che ricordava chiaramente. Poi spraggiunse il dolore. Un dito, poi un atro, poi un altro ancora a profanarlo (a "prepararlo", gli disse con fare bonario lui), e poi quel sesso ignobile a sostituirsi in quella penetrazione... poi, ancora, mani pesanti che si insinuavano nella sua tunica sacerdotale bramando la pelle liscia e chiara del suo petto e, più ancora, i suoi piccoli capezzoli rosati; morsi sul collo che gli mozzavano il respiro, gemiti animaleschi che gli ferivano le orecchie, una lingua invadente che entrava prepotentemente nella sua gola soffocandolo, e poi le fitte di dolore ad ogni spinta, sempre più intense, sempre più frequenti, e il freddo metallo della canna della sua pistola che rispondeva a quel richiamo conficcandoglisi in un fianco, e poi paura, e poi rabbia, RABBIA.
 


fine cap 4. continua...