Rabbia di DanGer
Sanzo osservò le volute di fumo disperdersi lentamente fino a sparire con la sua solita aria assente. Poi, con uno dei suoi bruschi cambiamenti di idee, decise di spegnere la sigaretta schiacciandola sul davanzale e di gettare la cicca di sotto. Era troppo pigro e troppo stanco per cercare un posacenere, men che meno gli andava di chiedere alla scimmia di andare a prendergliene uno. Per una volta che stava zitta e buona in un angolo! Oltretutto, neanche per colpa sua o di qualche suo spropositato rimprovero! Stava semplicemente armeggiando con un barattolo di pesche sciroppate e, a giudicare dalla faccia assorta con cui stava squadrando l’apriscatole, ci avrebbe decisamente messo un bel po’ per aprirlo. Che stupido! Tuttavia, quel viso… aveva davvero un’adorabile espressione da mocciosetto, con quella sua aria concentrata e la punta della lingua che spuntava da un lato della bocca. L’aveva mai avuta un’espressione così, lui? E il suo adorato Maestro si era mai soffermato a guardarla, con quella sua solita aria bonaria che tanto amava? Trasse un profondo sospiro. Conosceva benissimo la risposta, ma gli pesava ammetterlo. No. Lui non si era mai comportato come un moccioso qualunque, Shuei lo aveva sempre preso in giro per questo…
Continua così, e ti ritroverai con tutti i capelli bianchi prima di aver compiuto la maggiore età!-
Già. Ma, d’altronde, come avrebbe potuto comportarsi diversamente? Era cresciuto in un monastero buddista! Quello che considerava suo padre era un bonzo di massimo rango! Lui desiderava così ardentemente essere alla sua altezza… non avrebbe mai voluto in alcun modo deluderlo. Soprattutto perché lui era soltanto un miserabile orfano…
Kouryu! Kouryu! Kouryu della corrente del fiume!-
Questa era la canzoncina con cui quei dannati novizi adoravano tormentarlo. Per non parlare dei monaci adulti, che non si facevano scrupoli di allungare le mani in maniera del tutto inappropriata pur di infangarlo…
Un moccioso così al fianco del Venerabile Komyo Sanzo! Con quello sguardo da indemoniato, poi? Giusto all’inferno staresti bene, a tormentare le anime dei dannati!-
L’arrogante Kouryu. Il demone Kouryu. O anche, a denti stretti (e stando bene attenti a non farsi sentire dal suo Maestro) Kouryu il bastardo. Questi erano solo alcuni degli innumerevoli nomignoli che sapeva essergli stati affibbiati, per non parlare delle voci che sentiva circolare sul suo conto…
Sarà sicuramente il figlio illegittimo di qualche nobile… chissà… magari è il frutto della relazione con qualche cortigiana…- Già, oppure di qualche dio che poi ha deciso di rinnegarlo… è troppo bello per essere un semplice essere umano…- Veramente è troppo bello per essere un maschietto! Chissà se è vero che ha tutte le cose al posto giusto?- E tu dici che il Venerabile Komyo Sanzo si sarebbe permesso di fare una cosa simile? Travestire una bambina da maschietto?- Per divertircisi meglio, magari! Chissà!- Io comunque dico che quel moccioso è un demone. Un giorno si trasformerà davanti ai nostri occhi, rivelandoci così la sua vera natura ed ammazzandoci tutti senza pietà- Ma va là!- Ti dico di sì, invece… vedrai se non è così. Quegli occhi… quello sguardo… non ha nulla di umano.- In effetti…- Demone. Demone di sicuro. Komyo Sanzo non dovrebbe riporre tanta fiducia in quel ragazzino.-
Già. Komyo Sanzo non avrebbe dovuto. Anche perché lui non aveva fatto altro che deluderlo… non aveva saputo proteggerlo quando ne aveva avuto bisogno. Non era riuscito a vendicarlo. Non riusciva ad essere il suo degno successore. Soprattutto, non sapeva essere forte come gli aveva promesso. No, non ci sarebbe proprio mai riuscito… Si alzò di scatto. Doveva assolutamente riuscire a togliersi dalla testa certi pensieri inutili. La vita doveva continuare, lui aveva una missione da compiere. E un moccioso da crescere. Sì, Goku, così puro, così ingenuo, così innocente, poteva farcela. Poteva diventare l’uomo che lui non sarebbe mai riuscito ad essere. Doveva “semplicemente” sforzarsi di non fallire. Non questa volta. A qualunque costo. Attraversò con passo deciso la stanza in direzione del bagno. Gli ci voleva una bella doccia bollente. Sì, l’acqua, da sempre sua amica, lo avrebbe certamente aiutato a riprendersi da quell’innaturale ed inspiegabile momento di debolezza. Si sfilò con un elegante gesto il Sutra dalle spalle, deponendolo con cura nel cassetto del comodino, si tolse il pettorale di scaglie d’oro che lo fermava e lasciò scivolare lungo i fianchi la parte superiore della sacra veste sacerdotale. Poi, prese in mano la pistola. Per un secondo, per un’impercettibile frazione di secondo, trattenne il fiato. Lo stomaco gli si contrasse con un doloroso spasmo. Era sempre così, sempre. Ogni maledettissima volta. Possibile che nessuno se ne fosse mai accorto prima? Eppure era così evidente! Tenere tra le mani quel piccolo, gelido, efficientissimo strumento di morte gli procurava un dolore quasi fisico, nonostante fosse così facile da usare. Non doveva fare altro che premere il grilletto con un dito e la vita di chi lo importunava cessava di colpo! Fantastico, vero? E come aveva imparato a farlo bene in tutti quegli anni! Dieci anni. Dieci dannatissimi anni di sofferenza, in cui era diventato, praticamente, il bersaglio mobile preferito di tutti i demoni del Togenkyo. E non solo di quelli. Alzò ancora una volta lo sguardo su Goku… stava finalmente gustando le sue pesche. Sorrise di quel suo impercettibile ghigno beffardo. Quel moccioso ignorava tutto ciò che gli stava passando per la testa, come pure ciò di cui si era macchiato in passato. Oh, certo, neanche lui era un santo, altrimenti non si spiegherebbe perché un dio avrebbe dovuto desiderare di vederlo rinchiuso in una grotta per cinquecento anni… tuttavia non doveva poi essere un dio tanto malvagio, se gli aveva almeno concesso il sollievo dell’oblio… Dimenticare tutto. La colpa, il rimorso, il rimpianto, davanti a sé soltanto il vuoto di un eterno presente… quanto avrebbe dato lui per un regalo simile? Tutto. Avrebbe dato tutto. Il sutra, il titolo, persino la vita stessa
Vi prego, ammazzatemi e fatemi ricominciare tutto da capo
Quante volte aveva desiderato formulare questa richiesta ai Sanbutsushin durante le loro udienze? Eppure non ne aveva mai avuto il coraggio. Nonostante tutto, lui era ancora lì. Vivo. Con una missione da compiere. E un moccioso innocente da crescere. Questa volta fu Goku ad alzare gli occhi. Si sentiva stranamente osservato. Stranamente osservato da Sanzo, oltretutto. Che gli era successo? Ah, no, lui stavolta non aveva combinato proprio niente, che non si azzardasse a farsi passare strane idee per la mente…
Sanzo, che hai? Perché mi stai fissando in quel modo? C’è qualcosa che non va?-
Beccato. E adesso chi se lo levava più di dosso? Il bonzo sbuffò mentalmente maledicendosi per la sua stupidità.
Niente, scimmia. Stavo solo pensando che avevo voglia di fare una doccia. Vedi di non combinare guai.-
La scimmia era allibita più che mai.
Si vuole fare una doccia e fissa me? Ma si sente bene?
No che non stava bene! Gli aveva appena accarezzato la testa!
Sanzo, aspetta! Ma che ti prende! Sanzo! Uffa! Più va avanti e più diventa strano… chi lo capisce è bravo!-
Con un rapido gesto, il bonzo si chiuse la porta del bagno alle spalle, impedendo a Goku qualsiasi tipo di reazione al suo gesto. Un nuovo ghigno beffardo gli incurvò le labbra. Non gli piaceva fare regali, ma godeva nel vedere le persone disorientate da qualche suo gesto inconsueto, positivo o negativo che fosse. Era così anche ai tempi del Kinzan-Ji. In questo caso, però, trovò più divertente stuzzicare la scimmia con un inaspettato gesto d’affetto… dopotutto, se lo meritava. In cuor suo, non avrebbe augurato neanche al suo peggior nemico, che diceva, neanche agli assassini del suo Maestro e padre di dover passare l’intera esistenza in sua compagnia! Era fin troppo consapevole di essere una persona odiosa. Ma, d’altronde, non era soltanto colpa sua. L’acqua prese a scivolare piano sulla sua pelle, piano come le mani viscide di certi monaci della sua infanzia… sempre alla ricerca di qualcosa. Un semplice tocco, una carezza rubata, solo raramente di qualcosa di più. E non si trattava soltanto di umiliare chi occupava una posizione di prestigio, no, c’era dell’altro. Era bramosia, pura e semplice lussuria. Bassi istinti che un bonzo dovrebbe ignorare. Kouryu era disgustato: come poteva quella gente essere tanto attaccata al proprio corpo e alle sue esigenze? L’anima, quella contava. La serenità dello spirito. Non era meglio, a quel punto, sorseggiare un buon sakè sotto le stelle come faceva il suo Maestro? Il corpo non si sporcava e lo spirito ne usciva rinfrancato, tonificato dal riposo di un’intima meditazione. Il sesso invece… rabbrividiva al solo pensiero. Sudore, sperma, sangue, dolore, grida… come si poteva desiderare tutto quello? E con una persona dello stesso sesso, per giunta? Inconcepibile. Come potevano gli dei permettere che la vita fosse generata in questo modo così dannatamente schifoso? Più ancora: come si poteva cercare in quei gesti così animaleschi il piacere? Non capiva. Non gliene importava. Per lui il piacere era una cosa molto più semplice: un odore di tabacco, sakè e incenso, un sorriso dolcissimo come la luce della luna, una schiena con una lunga treccia ondeggiante da seguire sempre, dovunque, comunque. Niente di più dell’affetto incondizionato di un uomo che considerava suo padre. E l’amicizia franca e aperta di Shuei. La vita era tutta lì, sul palmo di una mano. Immutabile e serena come i viali del Kinzan-Ji. Poi, però, il palmo si era stretto di scatto serrando nella sua morsa quanto aveva di più prezioso… e così il suo Maestro era morto, Shuei aveva perso la sua anima, i viali del suo amato tempio, della sua casa, erano stati distrutti e la sua infanzia era bruscamente finita. La sua vita stessa era finita. Perché ciò che aveva conosciuto in seguito era solo rabbia, dolore e morte. E violenza. Cruda ed efferata.
-Ma guarda un po’ che abbiamo qui… un moccioso così carino da sembrare una ragazza! Ciao, bel tesoruccio!- -Ehi, che diamine di intenzioni hai?! Guarda che non abbiamo molto tempo da perdere! Sicuramente qualcuno avrà sentito gli strilli di quel ragazzino e adesso starà venendo qui per aiutarlo!- -E di che hai paura? Di qualche checca vestita da bonzo? Oppure di qualche bifolco armato di forcone? Non dimenticare che siamo in cinque e bene armati… che si facciano pure avanti! Piuttosto, aiutatemi a tenere ferma questa graziosa principessa, prima che cambi idea e decida di tagliarle la gola!- - Che diavolo volete farmi?! Bastardi! Nnh!-
Già, che diamine volevano fargli? Perché proprio lui? Non potevano andarsi a cercare qualche bella contadina? O pagarsi una puttana col frutto di qualche rapina? Che c’entrava un moccioso come lui in tutto questo? Cosa c’era di attraente nel corpo di un ragazzino? Piccolo, informe, privo di curve. Puro. Innocente. Come si può desiderare di sporcare una cosa simile? Chi può desiderare di sporcarlo? Perché gli dei non intervengono per impedire una cosa del genere? Dove vanno a finire in simili momenti con la loro immortalità e i loro poteri? Perché lo stavano lasciando da solo? Perché tutti l’avevano lasciato da solo? Il Maestro, Shuei, l’anziano Sojyo che aveva voluto a tutti costi affidargli quel dannato rotolo, dov’erano? E quella vecchiaccia di Kanzeon Bosatsu che si vantava di essere la dea della misericordia? Perché in quel momento non aveva pietà di lui? Perché nessuno aveva pietà di lui? Perché nessuno lo uccideva liberandolo da tutto quel dolore? Forse era questa la punizione per non aver saputo proteggere l’uomo che considerava, indegnamente, suo padre? Se era così, allora avrebbe accettato. Se questo fosse servito a riportarlo in vita, allora avrebbe sopportato in silenzio. Pregando che l’inferno fosse un posto migliore. Una mano gli afferrò con forza la caviglia destra. Un’altra iniziò a frugare freneticamente fra i suoi vestiti finchè non fece altrettanto col suo sesso.
Però… sei ben dotato per essere così gracilino… mi sa proprio che ho preso un bel granchio!-
Senza troppi complimenti, il suo assalitore fece scorrere la mano dalla punta dell’asta alla sua base, tornando a serrarla con forza. Un sorriso di sadica soddisfazione gli si stampò sul suo brutto muso nel constatare che quel membro così piccolo stava reagendo alle sue carezze. Soprattutto perché non era l’unico. Quello che nominalmente era il Venerabile Genjo Sanzo Hoshi, ma che di fatto era un ragazzino di tredici anni spaventato a morte e fortemente debilitato dalla fame e dalle botte tentò di liberarsi con uno strattone.
- Che c’è, dolcezza? Non ti piacciono le mie coccole? Eppure mi era parso di capire il contrario… oppure mi stai chiedendo di passare a qualcosa di più concreto? Su, non fare complimenti, sono qui per questo! Non essere timido!- - Dannato bastardo!-
Il piccolo bonzo era nauseato. Più di se stesso che di quel criminale. Come poteva anche solo una parte del suo corpo provare piacere per una simile indecenza? Voleva vomitare. Uno sguardo di cieca rabbia si posò sul suo aggressore…
-Ti piace giocare a fare il prezioso, eh? Beh, allora vediamo chi è più testardo! Ehi, voi, venite qui e tenetegli ferme gambe e braccia…ecco, direi che così è perfetto! Ora non potrai più interrompermi…- -Lasciami stare! Lasciami! Sei solo un lurido maiale!- -E tu la mia piccola geisha… se sarai brava, ti prometto che ti lascerò in vita dopo…perché mi guardi così male? Guarda che non è poi una cosa tanto brutta… tutte le belle ragazze prima o poi perdono la verginità!-
E scoppiò in una grassa risata. Tornò a tormentare il suo sesso, carezzandolo, questa volta, con un dito solo, quasi solleticandolo. Sanzo cercava di mordersi la lingua per non mugugnare… si sarebbe fatto ammazzare piuttosto. Il bastardo lo fissava incantato dai suoi stessi gesti ipnotici. Il suo ghigno diventava sempre più nauseante. Ad un certo punto interruppe le sue carezze. Del liquido biancastro aveva cominciato a fuoriuscire dalla punta del suo membro. Vi intinse un dito e voluttuosamente se lo portò alle labbra, succhiandolo con una lentezza esasperante.
Devo dire niente male! Magari dopo ne prenderò un’altra porzione… che dici? Vuoi assaggiarne un pochino anche tu?-
Mentre gli infilava a forza un dito in bocca, l’altra mano si slacciava i pantaloni. Sempre più terrorizzato per la sua triste sorte, Sanzo cercò di reagire mordendo il dito di quella carogna
-Fai pure! Sangue o saliva sono la stessa cosa… tanto non mi sfuggi lo stesso!-
Detto questo si calò le mutande mettendo in evidenza un membro grosso e turgido che fece sbiancare il piccolo monaco
E adesso vediamo se oltre che dolce sei anche tenero!-
Le risate dei compagni di quel verme a quel volgare doppio senso furono l’ultima cosa che ricordava chiaramente. Poi sopraggiunse il dolore. Un dito, poi un altro, poi un altro ancora a profanarlo (a “prepararlo”, gli disse con fare bonario lui), e poi quel sesso ignobile a sostituirsi in quella penetrazione…poi, ancora, mani pesanti che si insinuavano nella sua tunica sacerdotale bramando la pelle liscia e chiara del suo petto e, più ancora, i suoi piccoli capezzoli rosati; morsi sul collo che gli mozzavano il respiro, gemiti animaleschi che gli ferivano le orecchie, una lingua invadente che entrava prepotentemente nella sua bocca soffocandolo, e poi le fitte di dolore ad ogni spinta, sempre più intense, sempre più frequenti, e il freddo metallo della canna della sua pistola che rispondeva a quel richiamo conficcandoglisi in un fianco, e poi paura, e poi rabbia, rabbia, RABBIA. L’orgasmo del suo assalitore sopraggiunse dopo un tempo che a Sanzo sembrò essere lunghissimo. Poteva sentire il suo sperma viscido e caldo colargli tra le gambe, mescolato sicuramente al suo sangue. Si sentiva dilaniato, sicuramente c’era una lacerazione interna, una ferita che l’avrebbe marcato indelebilmente nel corpo e nello spirito. Si sentì svenire, ma decise di farsi forza. Gli avevano lasciato gli arti, forse il peggio doveva ancora arrivare.
-Sei stata brava, piccola geisha! Magari dovrei prenderti con me! Che ne dici? Mi vuoi come maritino?-
L’unica sua risposta furono due fili di lacrime che presero a solcargli le guance
-Povero tesoro! Che gli hai fatto? Non vedi che ti sta guardando storto?- -Jenki ha ragione! Guarda come s’è offeso! L’hai lasciato a metà… e proprio sul più bello!- -Già, capo! Sei proprio senza cuore!- -Sedurre così una bella fanciulla e poi abbandonarla in questa maniera! Non è proprio da te!- -Avete proprio ragione…ogni promessa è debito! Gli avevo promesso che l’avrei fatto venire in bocca e poi lo deludo! Sono davvero una creatura ignobile! E tu che soffrivi in silenzio! Non ti preoccupare, piccola geisha, ora rimedio subito! E voi non sghignazzate troppo, so che siete eccitati come maiali! E dire che neanche mi volevate dare retta… quasi quasi dovrei ammazzarlo adesso senza darvi un minimo di soddisfazione…-
Gli occhi di Sanzo si dilatarono per il terrore
-…ma oggi mi sento generoso…-
Il resto fu peggio di quanto si aspettasse. Il bastardo e i suoi compari approfittarono del suo corpo per ore, usandolo come se fosse una marionetta, o, più semplicemente, come un animale da macello… ognuno prendeva la parte di lui che più trovava di suo gradimento: chi la bocca, chi il sesso, chi i capezzoli… e poi quegli stupri, sempre più dolorosi e violenti. Sopportò tutto in silenzio, lasciandosi denudare e facendo in modo che, nel farlo, non scoprissero il Sutra e, soprattutto, la pistola. Ma la sua fedele shoreijyu era là, sotto il cumulo dei vestiti, e presto l’avrebbe aiutato a gridare vendetta…
-La miglior scopata della mia vita! Grazie di cuore, dolcezza! Ti sei proprio guadagnato il privilegio di essere risparmiato… ammesso che poi, nelle tue condizioni, possa servire a qualcosa…-
Forse era vero. Sopravvivere ad un’esperienza simile era impossibile. Ma una cosa era certa: loro lo avrebbero seguiti tutti quanti all’inferno, a costo di trascinarceli per le caviglie come avevano fatto con lui. Nudo, sporco, ferito, tremante, in lacrime, il piccolo bonzo si diresse verso il cumulo dei suoi vestiti, stando bene attento a dare le spalle ai suoi aggressori. Vi frugò lentamente in cerca di qualcosa. Trovò il Sutra del Cielo Demoniaco. Un’ondata di forte rabbia lo invase
E’ per colpa di questo dannato rotolo che mi è successo tutto questo…
Lo strinse con forza digrignando i denti, e fu come assorbirne l’arcano potere. Lo ricacciò sotto il mucchio. Non aveva bisogno di quell’inutile oggetto sacro per fare ciò che doveva fare! Cercò di riprendere, per quanto possibile, il controllo sui suoi nervi scossi. Ci riuscì appena quel tanto che fu sufficiente per rivestirsi. Poi, la sua piccola mano scivolò lungo un oggetto freddo e scuro. Le sue sottili dita si strinsero intorno al suo delizioso gingillo di morte. Un ghigno satanico squarciò la sua espressione (fino a quel momento) catatonica. Si avvicinò lentamente al gruppo dei maiali. Stavano ancora ridendo tra loro, gloriandosi della loro “impresa”. Che c’era di straordinario nello stuprare un ragazzino? In cinque, oltretutto.
-Che c’è, piccola geisha? Sei venuto a chiederci il bis?- -Guarda che per noi non c’è alcun problema!-
Ancora grasse risate. Ancora lacrime sul mio viso. Ancora rabbia.
Bang!
Un tonfo secco. Una testa spappolata. Un cadavere che cade a terra come un sacco pieno di patate. Il bastardo che mi ha violentato non c’è più. Ho sangue dappertutto, ma non mi importa. Sto per svenire, ma non mi importa. Devo ancora ammazzarne quattro, di maiali, vomitare o svenire sono lussi che non mi posso permettere.
-Ehi, ma che significa?! Il moccioso ha una pistola!- -Ma come abbiamo potuto essere così idioti da non accorgercene?!-
Quando si ragiona con il cazzo al posto del cervello…e comunque non è soltanto colpa vostra. Io quel gingillo ce l’avevo dall’inizio. Ma che ci volete fare? Sono solo uno stupido moccioso, un piccolo bastardo su cui non si può fare affidamento. Dovevo essere forte ed ammazzarvi tutti come cani dall’inizio e invece… invece ho avuto paura. Paura di premere un grilletto e farvi fuori prima che finiste di rovinarmi l’esistenza. Torno a ghignare ferocemente: in fondo sono un monaco buddista, no? La compassione è il sentimento che dovrebbe guidare le mie azioni, giusto? Bene, mettiamola così. Sono stato generoso con voi: vi ho concesso di fare la migliore scopata della vostra vita prima di spedirvi all’inferno… perché, piuttosto che urlare come ossessi, non mi ringraziate? Io vi ho fatto un favore… e non mi pare di aver chiesto molto in cambio… solo le vostre luride esistenze… un prezzo equo, no?
Bang!
Secondo tonfo. Secondo cadavere. Gli altri tre vorrebbero scappare, ma tra la spossatezza dovuta al sesso, l’incredulità e la paura rimangono lì a fissarmi come dei beoti. Noto con piacere che uno dei tre se l’è appena fatta addosso. Allora non usi il cazzo solo per scopare…
Bang! Bang! Bang!
Tanti cari saluti, bastardi. Spero che all’inferno vi facciano passare in eterno quello che voi avete fatto passare a me in queste ore. Il braccio teso in avanti lentamente si distende. Lo sguardo torna ad essere assente. Le lacrime solcano nuovamente il piccolo viso di porcellana, segnato dalle macchie violacee dei lividi e dal sangue rappreso. Sanzo ha le gambe pesanti e le orecchie che ronzano. Nonostante questo, però, trova la forza di fare un passo in avanti. Due. Tre. E’ circondato di cadaveri, ha appena messo il piede in una pozza di sangue. Il piccolo sandalo di rafia lo sta assorbendo come una spugna per portarlo dritto alla sua anima. Questa volta è libero di vomitare. Non mangia da cinque giorni, quindi ciò che butta fuori è soltanto lo sperma di uno dei suoi stupratori. No, non quello che ha lì di fronte, quello è il bastardo che l’ha umiliato per primo. Ma umiliato di cosa? Che fosse un buono a nulla glielo avevano sempre detto, e lui, a volte, ci aveva quasi creduto. Poi, però, il suo Maestro arrivava sempre a convincerlo del contrario, disarmandolo con uno dei suoi splendidi sorrisi. Perché? Perché lo aveva illuso in quella maniera? Perché lo aveva convinto di essere una persona forte? Il suo successore… bell’acquisto! Buono al massimo da far prostituire in qualche bordello… se solo potesse vederlo così com’è adesso! Altro che conferirgli il titolo di Genjo Sanzo! Lo avrebbe certamente schiaffeggiato e cacciato… neanche Shuei lo avrebbe voluto più al suo fianco… Shuei… perché non vieni a prendermi Shuei? Voglio tornare a Kinzan-Ji! Voglio vedere ancora una volta il mio Maestro… Sai che non ho potuto assistere al suo funerale? Volevo tanto fare in tempo a tornare con il Sutra che gli avevano rubato! Così la sua anima sarebbe potuta ascendere al cielo in pace! Perché lui non si reincarnerà più, vero? Lui è un Bodhisattva. Gli dei lo prenderanno con loro. Vivrà in un immenso palazzo dorato, e potrà bere tutto il sakè che vuole… e non invecchierà come tanto si rammaricava. No, lui rimarrà eternamente bello così com’era, con i suoi lunghi capelli biondi e quel dolcissimo sorriso… e nessuno potrà più fargli del male. No, lì lo proteggeranno. Non ci sono mocciosi frignanti ed incapaci nel Regno Celeste. Quelli restano sulla terra a farsi violentare dai primi banditi che incontrano, non assistono ai funerali delle persone che amano, fanno finta di essere adulti e forti… ma loro non lo sono!
Io non sono forte!
Lo aveva detto al suo Venerabile Maestro! Ma lui non gli aveva creduto! Aveva sorriso. Si era fidato. Ed era morto. E lui era rimasto solo, a combattere contro il peggiore dei demoni: l’essere umano. Come aveva ragione l’anziano Sojyo… per questo gli aveva chiesto di scegliere un’arma, e lui aveva scelto la shoreijyu. Ma non l’aveva usata! Aveva avuto paura!
Un bonzo non può uccidere
Oh, ma può farsi stuprare! E deridere! E sporcare!
Io sono sporco
Prese nuovamente in mano il Sutra: non poteva più tenerlo con sé. Non ne era più degno. Anzi, a voler essere sinceri, non ne era mai stato degno. Lui non era degno di nulla… per questo era stato abbandonato in un fiume… sì, il suo destino era morire. Perché Komyo Sanzo si era messo in mezzo?
Eri così rumoroso!
Mi dispiace, Maestro, l’ho disturbata. Non volevo. Ma ora porrò rimedio, non tema… pagherò. Pagherò tutto. L’arroganza, la presunzione, la debolezza, l’omicidio…ah, sì, anche la rabbia. Pagherò anche la rabbia, sicuro. Lei non mi aspetti, non credo che potrò raggiungerla. Mi sbatteranno certamente all’inferno. Ma, in fondo, cosa pretendevo? Io sono un demone. Mi limiterò semplicemente a tornare a casa. Ma il Kinzan-Ji era la mia casa… Il cerchio di metallo che preme contro la tempia è ancora caldo e manda uno strano odore che rischia di farlo starnutire. La mano trema, ma non importa. Sbagliare il bersaglio è impossibile. Basta solo trovare il coraggio per premere il grilletto…uno…due…
- Sanzo, stai bene? Sanzo? Sanzo?-
Stupida scimmia…
In effetti ha ragione, c’è rimasto troppo sotto quella doccia. E l’acqua questa volta non gli è stata neanche amica… il Venerabile avvolse il proprio corpo in un accappatoio bianco e uscì. Trovò Goku proprio di fronte a lui, seduto per terra a gambe incrociate. Lo sguardo aveva un’espressione per metà di preoccupazione e per metà di rimprovero… chissà da quanto tempo lo stava chiamando!
-Sei strano, oggi. Mi preoccupi.- -E tu sei rumoroso.-
Si fissarono per qualche istante. Sì, lui poteva farcela. Non era un moccioso frignante, non l’avevano gettato in un fiume per disfarsene, l’avevano richiuso in una prigione perché avevano paura di lui e del suo potere… Perché Goku era forte. E nessuno gli avrebbe mai fatto del male…
-Vatti a lavare pure tu, scimmia, così poi scendiamo a cena.-
Si trattenne. Una seconda carezza sulla testa sarebbe stato davvero troppo. Si limitò a non picchiarlo col suo harisen. Goku capì al volo e gli sorrise di rimando
-Non ti ci abituare, è che sono stanco.-
Già. Stanco. Ma non di vivere. Della rabbia, piuttosto, che gli stava letteralmente divorando l’anima. Ma questo era normale, lui era un debole, e i deboli si lasciano sopraffare facilmente dalle emozioni. Le persone forti, quelle sì che riescono a resistere agli urti della vita. E Goku ne era un esempio. Una scimmia che da lezioni di vita ad un bonzo di alto rango… roba da non crederci! Eppure era così. Sorrise a ciò che avrebbe pensato il suo Maestro di quella situazione: ma forse ce l’aveva messo proprio lui dall’alto del suo palazzo d’oro… perché, in fondo, i Bodhisattva sono proprio questo: creature che scelgono di non raggiungere il Nirvana per aiutare gli altri a raggiungere la salvezza. E la salvezza, Sanzo lo aveva imparato a sue spese, non si trova racchiusa nel proiettile di una pistola.
Se speri che qualcosa cambi allora dovrai vivere
Sì, Maestro. Io vivrò. Vivrò perché l’ho promesso a voi. Vivrò perché ho ancora una missione da compiere, un Sutra da ritrovare e un moccioso da crescere. Un moccioso che vi sarebbe piaciuto parecchio. Testardo, ostinato, rumoroso. Con un sorriso identico al vostro. E la vostra stessa, identica, fissazione: vivere unicamente per se stessi, senza farsi condizionare da nessuno. Nemmeno da chi si considera il proprio sole…
Sdeng!
-Stupida scimmia! Ti vuoi dare una mossa?! Ti ho detto di andarti a lavare! Guarda che se tra cinque minuti non sei pronto ti chiudo a chiave in camera e ti lascio senza cena!- -Nooo! Senza cena nooo! IO HO FAAAMEEE!-
Sdeng!
Fine
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