La poesia che intervalla questa fic è “Questo amore” di Jaques Prevèrt.

“Niente è davvero perduto, se non lo si dimentica.”

Antares

 


Questo amore

di Antares


Questo amore, così violento, così fragile, così tenero, così disperato.

Questo amore, bello come il giorno e cattivo come il tempo quando il tempo è cattivo.

 

La sirena dell'ambulanza urla... ulula come anima dannata il dolore di chi trasporta.

Urla.

Grida.

Strazio, unghie che graffiano direttamente l'anima.

E' un concerto di sofferenza... tutto qui trasuda dolore, e se i muri potessero liberare il ricordo di tutti i pianti a cui hanno assistito schianterebbero le nostre menti in meno di un secondo.

Osservo l'intonaco scrostato forse dall'umidità o dalla disperazione. Non lo so di preciso, e dal mio punto di vista non fa la benchè minima differenza.

Odio questo posto e odio lui per avermici portato. Lui e la sua malattia. Cosa cazzo c'entro io?

Eh? Che cazzo c'entro?

Io non lo voglio questo calvario. Lo guardo di sbieco, sta riposando, avvolto nelle lenzuola bianche che assomigliano terribilmente ad un sudario, come se volessero già prepararlo per la bara.

Rabbrividisco.

Avessi saputo in cosa mi stavo invischiando non mi ci sarei mai messo assieme.

Figurarsi.

La tentazione di fumarmi una cicca è forte e più tento di reprimerla, più torna prepotente. Potrei uscire in terrazzo e farmene una, tanto questo qui non si sveglierà di certo.

Per uno o due minuti.

Dai.

E invece non mi muovo, continuo a restare con lo sguardo incollato al suo torace, ipnotizzato dal lievissimo ritmo del suo respiro... perchè sta respirando, vero? Panico.

Si. Respira.

Altrimenti tutte le macchine che gli hanno attaccato addosso come sanguisughe meccaniche si metterebbero a trillare, non essere scemo.

Mi avvicino lo stesso a lui e la mia mano si appoggia piano sul petto.

Si, si muove.

L'onda di sollievo che mi assale è quasi pari al fastidio che provo per me stesso... sapevo che era vivo, sono un imbecille a fare tutte ste scene.

E poi, anche se crepa?

Meglio, no? Potrei riprendere la mia vita.

Potrei ritornare a fare quel cazzo che voglio, quando voglio... invece di starmene qui.

E dire che me lo aveva anche proposto, di lasciarlo.

Ma io no, questa stupida coscienza che deve farsi sentire.

Che palle, ci siamo divertiti, ma per lui il biglietto di permanenza sulla terra è scaduto, non mi sembra il caso di farne un dramma, no?

Giusto?

Qualcuno mi spieghi se sto cercando di convincere voi o me stesso...

A me non importa niente.

biiiiiiiiiip

Ke cazzo è questo?!?

COSA SUCCEDE???

NO. NO.

FERMATE TUTTO NON SONO PRONTO.

Vengo travolto da un turbine di infermiere, farfalle bianche che mi svolazzano attorno, mi spingono fuori e gli si affollano attorno.

Non toccatelo!

Vorrei urlarlo.

Lui è mio, non toccatelo.

LASCIATEMI ENTRARE!!!

No.

Silenzio.

Le farfalle escono in gruppo, mi sorridono, annuiscono e se ne vanno.

"Era finita la flebo" mi comunica una di loro.

La flebo.

Mi accascio sul pavimento e impongo al mio cuore di tornare nel petto, e smetterla di saltarmi in gola.

Era solo una stupidissima flebo.

***

La mano di un'infermiera mi riscuote.

Scuoto la testa, per liberarmi dall'ultima scia di sonno.

Che imbecille, mi sono addormentato sul pavimento.

Il volto sorridente della donna che mi fissa benevola mi fa quasi incazzare. Cos'ha da essere così felice?

Vorrei prendere la sua vita e distruggergliela come fa il mare con i castelli di sabbia.

La tua vita non vale un cazzo

Voglio dirglielo, voglio sputargli in faccia quello che io ho capito da un sacco di tempo e che invece lei si ostina ad ignorare...

"E' sveglio, vuole vederti"

All'improvviso lei smette di esistere e io mi alzo in piedi... i primi passi sono come al rallentatore, ho le gambe addormentate, ma mi impongo di andare avanti... Cristo, sto camminando nel vischio.

Entro in camera, e mi richiudo la porta alle spalle. Fisso il letto.

Ha gli occhi chiusi... neppure la malattia che lo sta divorando è riuscita ad intaccare la sua bellezza.

Logico, è una luce che gli viene direttamente dall'anima, e quella non gliela porterà via nessuno.

NESSUNO.

Mi senti, Dio? Nessuno, nemmeno tu con la tua idea del libero arbitrio e del "lasciamo gli uomini a se stessi".

Nemmeno io con le mie pretese, assurde, di indifferenza.

"Ehy"

"Ciao" mi sorride, e socchiude appena gli occhi.

E' solo l'ombra del sorriso di un tempo, ma ha ancora il potere di farmi stare bene, come se avessi steso la mia anima al sole.

"Sei rimasto qui..."

Annuisco.

E mi chiedo se davvero sarei mai stato capace di lasciarlo... se la parte più carogna di me riuscirebbe davvero a prendere il sopravvento.

"Ti serve qualcosa?" non c'è niente di più stupido delle domande che si fanno ad un malato.

Ad uno che sta morendo.

Lui scuote la testa, poi fa uno sbuffo strano.

"A dire la verità, c'è qualcosa..."

Ok, dimmela, dimmi tutto...

"Un bacio"

Mi avvicino e lo bacio piano e le sue labbra sono aride e secche, senza sapore, se non per quello pungente delle medicine. Non lo stringo, come avrei fatto tempo fa, per non fargli male, lo so che è debole.

Per un attimo mi balenano in testa i flash delle nostre folli notti di sesso, solo che ora mi viene il sospetto che in realtà noi abbiamo sempre e solo fatto l'amore.

E adesso comincio a sentirla, la paura... mi morde il bordo del cuore, e i suoi denti sono tenaglie fredde ed implacabili; perchè se è amore, io lo sto per perdere.

E non voglio.

Mi allontano.

Lui scuote la testa, sembra divertito.

"Sai fare di meglio, campione." e mi sorride ancora.

Devo sembrargli confuso, perchè fa un cenno con la mano, come a chiedermi di avvicinarmi.

"Credimi, parlo per esperienza..."

Idiota.

Mi si muove qualcosa in fondo allo stomaco. Una cosa informe, che sta per salirmi in fondo alla gola, per farmi piangere. Ma io non piangerò. Non l'ho mai fatto. Sono forte, capite?

Ma se non voglio piangere, allora non devo aprire bocca. Devo limitarmi a far cenno di si.

Sorride.

Ancora, sempre.

I suoi occhi sorridono.

 

E il nostro amore è là, testardo come un asino, vivo come il desiderio, crudele come la memoria, sciocco come i rimpianti, tenero come il ricordo, freddo come il marmo, bello come il giorno, fragile come un bambino.

Ci guarda sorridendo, e ci parla senza dir nulla, e io tremante lo ascolto.

E grido; grido per te, grido per me ti supplico, per te, per me, per tutti coloro che si amano e che si sono amati.

Si, io gli grido per te, per me e per tutti gli altri che non conosco…

 

E ora, qui, in questa squallida stanza di questo scalcinato ospedale, mi sento amato.

Per la prima, vera volta in vita mia mi sento avvolgere dall'amore che emana da lui in ondate potenti e dolci.

Strano come non lo avessi mai capito quando eravamo assieme, sani entrambi...

Adesso, lo dovevo scoprire... ad un passo dalla morte.

Frost ha scritto che nessuno capisce cos'è la felicità, quando la stringe fra le mani... e ora che mi sta scivolando come fango fra le dita, solo ora...

Mi abbasso, piano, e lo bacio.

E lui mi accoglie, le labbra si aprono come un fiore, in un inequivocabile invito.

E' la mia morte, è la mia vita.

Rinasco come la fenice dalle mie ceneri.

Intrecciamo le nostre lingue... io e lui... i nostri respiri...

Quando alla fine mi stacco da lui il mio cuore batte accelerato, le sue guance sono leggermente arrossate.

E' così bello.

Non gliel'ho mai detto, forse non ci ho mai badato, ma nonostante tutti questi aghi che gli tormentano le vene del braccio, l'aria pallida e sofferente io non ho mai visto nessuna cosa splendere come lui.

"Fa l'amore con me" me lo chiede piano, trattenendo con una mano la mia testa a pochi centimetri dalle sue labbra "Tienimi stretto. Per l'ultima volta..."

Da qualche parte dentro di me ribolle il desiderio di tuffare il viso nel suo petto e piangere.

Ma io sono forte.

Annuisco.

Mi allontano un istante, chiudo a chiave la porta e torno da lui.

 

E' lento, morbido e dolce... sacro come un rito, di cui noi siamo gli officianti.

Reverenza e rispetto, nel mio modo di toccarlo, di amarlo.

Abbandono e fiducia, nel suo modo di accogliermi.

La mia forza... è il mio regalo per lui.

Lui stesso... è il suo regalo per me.

Avvertiamo entrambi che il tempo sta per scadere, ma nessuno ne parla.

E' un segreto da tenere nel cuore, custodendolo in un roseto di dolore.

Ora lui è qui.

Io sono qui.

Solo questo importa.

Non c'è urgenza, non c'è nulla.

Singhiozza piano il mio nome mentre la marea ci sommerge, mi accarezza il viso... mi guarda , non smette mai di guardarmi... è il suo modo per salutarmi.

Lo so che mi sta dicendo addio, lo so.

Mi rannicchio contro di lui, nascondendo la testa sul suo grembo, e per la prima volta in vita mia faccio una cosa che non avrei mai pensato di riuscire a fare… chiudo gli occhi e piango.

Mi mancherai uomo, uomo, mi mancherai da morire.

Mi addormento con la sua mano che mi accarezza i capelli, come fa una madre amorevole per impedire agli incubi di entrare nel sonno del figlioletto.

Proteggimi.

Salvami.

Da me stesso e dalla solitudine.

***

 

“Fermati là, là dove sei, là dove sei stato altre volte.

Fermati, non muoverti, non andartene. Noi che siamo amati, noi ti abbiamo dimenticato, tu non dimenticarci.

Non avevamo che te sulla terra, non lasciarci diventare gelidi.

Anche se molto lontano sempre, e non importa dove, dacci un segno di vita.

Molto più tardi, ai margini di un bosco, nella foresta della memoria, alzati subito, tendici la mano, e salvaci”

 

Osservo le nubi ammassarsi lungo la linea dell’orizzonte… tutto il cielo cammina come un fiume, trascinando grandi blocchi di fiamma ed ombra…

Tempesta.

Alle volte, durante i temporali, mi sembra di sentire la sua voce nel vento, che mi dice di tener duro, di non mollare.

Lui viene con la pioggia, che canta il suo nome, le mie lacrime sulle gote.

Lui.

Lui.

Ovunque e sempre.

Nelle foglie, nel cielo e nei ricordi.

Un pezzo del creato che qualcuno ha messo sul mio cammino.

Non sono un santo, non sono buono.

Sono solo quello che sono, il troll che si nasconde sotto i ponti… che ha smesso di mangiare i bambini, si limita solo a spaventarli.

Che cazzo, uno non può cambiare così, d’un tratto, no?

Ma se ora posso permettermi di sperare, se posso credere che alla fine non ci sia solo buio… tutto questo lo devo a lui.

Niente è davvero impossibile, se si ha fede, nulla è davvero perduto se ci si rifiuta di lasciarlo andare.

E io non ti lascerò andare, mai.

In questo pomeriggio di tarda estate, le ombre avanzano precoci, avanguardia del temporale; ma tutto quello che io vedo, è solo luce.

 

OWARI

 



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