Mi spiace per il
ritardo di questo capitolo con chi magari lo aspettava. Purtroppo la vita
porta un sacco di impegni e non sempre è facile stare dietro agli
aggiornamenti. Intanto auguro un 2011 pieno di gioia a tutti voi. Anche da
parte di Erast e Victor! Un abbraccio da Viky.
PS: Ricordarsi di vivere
parte IV
di Vickysweetgirl & Jivri'l
Aveva provato di nuovo a chiamare Haym. Niente, non gli rispondeva. Evidentemente conosceva quel numero e evitava di proposito di rispondere. Diede un calcio al muro. Merda. Doveva incontrarlo, doveva avere quella maledetta roba. Si sedette sul letto sbuffando, la testa tra le mani. L’astinenza faceva così male, era così terribile che a volte si conficcava le unghie nelle mani pur di resistervi. Sentì dei passi e si raddrizzò giusto per veder entrare Viktor come al solito senza bussare. “Sei sempre al buio tu?” gli chiese guardandolo dall’alto in basso. Erast alzò gli occhi al cielo “E tu entri sempre senza bussare?” replicò ironico. “Solo quando si tratta delle mie cose”. Disse calcando bene sulla parola ‘mie’. “Io non sono una tua cosa” ribatté stizzito. “Ah, no?” sorrise maligno, le mani dentro le tasche dei jeans. Ora che lo guardava meglio, era la prima volta che gli vedeva indossare solo un semplice paio di jeans lisi, tagliati sulle ginocchia, con un maglione bordeaux. “No” Viktor lo guardò alzando un sopracciglio; prese il ragazzo per un braccio “Che cosa vuoi?!” sbraitò cercando di divincolarsi “Vieni, andiamo in un bel posto”. “E dove cazzo sarebbe questo bel posto? Non ci voglio andare!”. “Ehi, ultimamente sei più scontroso del solito. Finiscila e seguimi” comandò con voce che non ammetteva repliche. La discussione finì lì. Il bruno si mosse per uscire di casa e Erast lo seguì scocciato. Viktor lo fece salire sulla sua limousine. Si, una vera limousine, nera, lucida, da mozzare il fiato. E quello del rossino lo mozzò; rimase con la bocca aperta a guardarla. Durante il tragitto Erast cercò di darsi una calmata, non doveva assolutamente esternare il proprio disagio altrimenti Viktor se ne sarebbe accorto e non sapeva come avrebbe reagito.
Una forte folata di vento lo investì in pieno volto facendogli sentire tutti i profumi aromatici dei fiori coloratissimi che ancora, nonostante fosse novembre, resistevano al freddo. Il ragazzo tremò leggermente, tuttavia, una volta cessato il vento, i caldi raggi del sole autunnale si rivelarono piacevoli sulla pelle e per un attimo si scordò dei propri guai. Decise di sedersi sull’erba come faceva quando era piccolo e una nostalgia cruda gli pugnalò il cuore. S’impose di non pensarci, non di fronte a Viktor. Si stese su quel prato con le mani dietro la testa, gli occhi chiusi. Una mano gli si posò gentile sulla fronte. Aprì gli occhi guardando la figura di Viktor sopra di lui, che lo esaminava attentamente. “Ti piace qui?” gli chiese quasi sottovoce. “Si. E’ davvero tutto tuo? E’ sconfinato!” esclamò con voce quasi infantile. L’uomo sorrise piano. In fondo era poco più di un bambino, eppure era stato costretto a conoscere cosi presto la parte più sgradita della vita… In qualche senso poteva affermare che gli facesse tenerezza. “Si, tutto mio” rispose sedendogli accanto. Erast aveva appoggiato la testa al ginocchio e lo osservava: quei capelli sempre ben pettinati in quel momento erano scompigliati dal vento, il maglione si attaccava al corpo possente del proprio padrone a causa del vento, il suo profumo di colonia si mescolava a quello dei fiori; il rossino abbassò lo sguardo sentendo un calore nel petto che gli era sconosciuto e lo spaventava. “Ho pensato che ti facesse bene respirare un po’ di aria pulita” Erast tornò a contemplarlo silenzioso e il più grande prese il suo mento con due dita costringendolo a guardarlo negli occhi “Hai le occhiaie e sei più pallido del solito. Cos’hai?” osservò serio. Il ragazzo scacciò seccato quella mano e volse la testa dalla parte opposta. “Non ho niente”. “Bugiardo, spesso sei così acido da sembrare quasi isterico. E’ successo qualcosa al locale? Qualcuno ti ha fatto qualcosa?” Erast sorrise malizioso. “Dopo quello che mi ha fatto la biondatuttarifatta… in ogni modo, non è accaduto nulla, in fondo chi avrebbe mai il coraggio di opporsi ai desideri di sua maestà, il grande Viktor il Terribile?” commentò velenoso. Si morse un’unghia, accidenti a lui! Doveva essere più calmo, non mostrare l’astinenza e il disagio. “Mmh…” negli occhi di Viktor mandarono scintille maliziose e infatti l’uomo lo spinse giù piano ma deciso, non lasciandogli via di fuga. “Cos…” protestò Erast tentando di rialzarsi.
“Rilassati bellezza. Hai paura di me?” chiese
fissandolo negli occhi. “Dovrei?” lo provocò. Viktor non rispose e iniziò ad accarezzargli il collo facendolo sospirare un po’ troppo rumorosamente. “E allora perché sei così nervoso quando ti tocco?” fece continuare la carezza fino al torace, poi tornò indietro indagandogli i tendini del fragile collo, andò a sfiorargli l’orecchio facendogli venire mille brividi lungo la schiena. “Non… non sono ner… mmmh!”. Si tappò la bocca con la mano per non gemere. Quella innocua carezza stava diventando anche troppo erotica. L’altro rise e si abbassò per baciargli la guancia, soffermandovisi con lascivia. “Sei adorabile. Sei così sicuro quando seduci i miei clienti eppure guardati ora…” lo prese leggermente in giro con un sorriso beffardo. “Bastardo… non… non mi toccare” gli intimò cercando di allontanarsi dalla sua mano. “Davvero non vuoi?” lo prese per il polso costringendolo ad avvicinarsi. Quella loro battaglia silenziosa quasi lo eccitava. Viktor strofinò la guancia contro la sua, con estrema dolcezza e mise un ginocchio fra le sue gambe, che egli chiuse intorno a quella dell’altro. “Hai un succhiotto bello grande sul collo… vedo che ci danno dentro con te. Ti desiderano così tanto e non possono sfogarsi che con baci. Quasi quasi mi fanno pena… apri le gambe”. Erast in tutta risposta strinse di più le cosce. Ormai aveva le braccia bloccate dall’altro, il viso contro il suo, quella gamba pericolosa là in mezzo e il suo peso addosso. “… mi fai male” riuscì a sussurrare rosso in volto. Non era abituato a quel genere di cose, di solito era lui il malizioso, quello che seduceva non quello che veniva sedotto! “Cazzate. Avrai subito cose ben peggiori di un po’ di coccole suppongo”. “Tu sei…” iniziò il rossino senza concludere. “Si? Io sono…?” gli mordicchiò il lobo dell’orecchio. “Aaah…” si lasciò andare e subito dopo serrò le labbra per non gemere oltre. “Sei braccato. E non sono sicuro che la cosa ti dispiaccia” gli sussurrò mettendogli una mano sotto la maglietta. Viktor sorrise. L’espressione di Erast era rapita, piena di godimento, le guance bianche lievemente arrossate, lo sguardo corrucciato, incapace di accettare quella situazione. Lo baciò sulle labbra. L’altro, dopo un po’ di sollecitazione, accettò il bacio ed aprì la bocca, spalancandola alla lingua dell’altro, lasciandosi esplorare. Oh, quel sapore era così dolce! Il rossino, senza rendersene pienamente conto, allargò le gambe, cercando piacere. Viktor sorrise nel bacio e si scansò; voleva osservare le sue reazioni. Egli tremava leggermente, di quel tremore derivante dal piacere, fremente di voglia.
Era riuscito a farglielo ammettere… anche se non direttamente. Erast aprì gli occhi. “Stronzo” sibilò rabbuiandosi in volto. Il bruno rise di gusto. “Dillo semplicemente che mi vuoi, senza tanti giri di affettuose parole”. “Vaffanculo” disse e si alzò. L’altro lo seguì. “Fermati” gli afferrò un braccio e lo fece voltare. Il ragazzo tremava ancora, ma non di eccitazione questa volta, aveva gli occhi leggermente rossi e un leggero sudore addosso. “Stai male?” volle sapere, non era la prima volta che lo vedeva cosi. “E lasciami!” sbraitò Erast liberandosi e allontanandosi. Ma dove voleva andare? Tanto non poteva scappare. Voleva quella cazzo di droga, dannazione!
La sera i clienti del club ebbero richieste sempre più eccentriche. Uno di loro aveva insistito affinché potesse mettere il rossetto ad Erast. Il ragazzo stava fermo, mentre l’uomo, con mani attente, spalmava il cosmetico cremisi sulle sue labbra. “Hai delle labbra deliziose lo sai?” lo informò l’uomo con gli occhi che gli brillavano. Erast allungò le labbra in un sorriso sensuale. “Felice che le piacciano, signor Muller”. “Fermo! Sennò si sbava tutto il colore”. Gli umani possono avere manie davvero strane, non c’era di che dire. L’uomo pulì dove aveva sporcato il ragazzo e continuò la sua opera.
Una volta tornato a casa, il giovane vide Viktor con indosso solo i pantaloni, seduto sul grande divano nero, fissarlo come se lo stesse aspettando. “Divertito stasera?” domandò con un sorrisino sarcastico. “Oh si, moltissimo!” rispose il ragazzo ironico “mi hanno scambiato per una ragazza, immagino”. “Si, ho visto “ osservò l’altro divertito “hai ancora del rossetto sulle labbra…”. Erast stizzito si pulì la bocca con il dorso della mano e guardò in basso per non incrociare lo sguardo di Viktor che si era alzato e gli si stava avvicinando lento.
“Non ho parole, quanto possono essere stupidi
gli uomini!Hanno questi desideri perversi, queste strane voglie… e poi sono
incoerenti. Ma dico: se ti piace il rossetto cercati una donna no?!” esclamò
Erast esasperato. “Mmmmh, non fai che dirmi che sono bello eppure non mi prendi mai” sbottò. “Vorresti che ti prendessi?” chiese il bruno inarcando le sopracciglia, fintamente sorpreso. Il rossino alzò la testa, orgoglioso. “No. Era soltanto una constatazione”. Viktor ritirò la mano come se fosse stato scosso. “Non me la faccio coi ragazzini”. “Ah, giusto, è vero: tu sei vecchio ormai, eppure prima mi pare che non ti è dispiaciuto baciarmi” ribatté sorridendo sornione.
“Mi stai provocando?” “Ne vuoi un po’?”. “Perché no”. I due sedettero a tavola, bevendo. Erast sedeva scompostamente e teneva la tazzina con due mani, Viktor, composto, con la schiena diritta, le gambe accavallate, bevendo piano la bevanda. “E’ un po’ tardi per il caffé… non dormiremo stanotte” commentò Viktor tra un sorso e un altro. “A me non fa nulla. Sono abituato a questi orari, il caffé mi da l’illusione che la stanchezza passi e tutto vada bene. Poi dormo una meraviglia” spiegò Erast a bassa voce. “Sei proprio strano tu”. “Anche tu stai bevendo però” gli fece notare con tono ironico. “E’ piacevole in compagnia”. Il rosso sorrise.
“E’ vero”. Osservò che la stanza era illuminata solo dalla abatjour. Era la seconda volta che vi metteva piede. La camera era sobria ma elegante, e profumava di incenso. Sì, gli piaceva. Viktor, seduto sul letto, gli fece cenno con la mano di avvicinarsi; il ragazzo lo fece e si trovò in piedi davanti all’altro che gli posò le mani sulla vita, carezzando il bordo dell’asciugamano. L’uomo lo liberò dal telo, che cadde e si adagiò sul pavimento come se fosse stato una piuma. Erast trattenne il respiro quando rimase nudo davanti allo sguardo dell’altro e si passò la lingua sulle labbra, tra l’eccitato e il turbato. Viktor accarezzò quei fianchi, le natiche, stringendole dolcemente nelle mani, però non smetteva neanche un attimo di guardarlo negli occhi; posò una mano sul suo collo e lo fece abbassare per poterlo baciare. Le loro lingue si intrecciarono, si scontrarono, combattendo con passione. Erast salì a cavalcioni su Viktor, facendolo stendere giù, prendendogli il viso tra le mani e continuando a baciarlo come non aveva mai fatto con nessuno. Viktor interruppe il bacio e lo guardò negli occhi. “Sei stanco”. Lo strinse, mettendo entrambi sotto le coperte. Erast era stretto al suo petto e arrossì. Nessuno si era mai comportato così con lui. “E poi sarei io quello strano” notò fra l’ironico e il divertito. “Potresti evitare commenti una volta ogni tanto?” Il ragazzo gli mostrò la lingua “Hanno ragione tutti, sei un impertinente! Il tuo sguardo non è mai stato sottomesso nemmeno per un istante”. “E’ per questo che mi hai preso quella sera con Haym” la voce di Erast si incrinò lievemente, ma questo particolare non sfuggì di certo a Viktor, da quando lo aveva preso non ne avevano più parlato. “Si, probabile” rispose con voce bassa, roca; gli accarezzò i capelli, mettendoglieli dietro l’orecchio “per queste tue rare pietre violette” gli posò un bacio sulle labbra “adesso dormi”. Erast non se lo fece ripetere. Era stanchissimo e quasi subito si addormentò. Tra le braccia dell’altro.
“Erast!” una voce lo chiamò. “Rosalie” le sorrise “dunque domani sera non lavori”. “No, vado a teatro. C’è la rappresentazione dell’Amleto, vuoi che me lo perda?” gli chiese quasi scandalizzata. “Non sapevo ti interessassero queste cose” commentò lui sorridendo. “Beh, non sai tutto di me” fece l’occhiolino “potresti venire con me! Ho due biglietti, praticamente una mia amica mi ha dato buca. Se ti interessa te lo do volentieri.” Erast distolse lo sguardo pensieroso. “Non so… non credo che Viktor mi darà il permesso… crede che fugga”. “E lo faresti?”. Il rossino ci pensò su. Sarebbe fuggito? Non lo sapeva più. “Non lo so”. “Oh, questo vuol dire che non si sta poi così male con lui, vero? All’inizio sembrava che non ne potessi più” gli fece una carezza materna sulla guancia. “E’ vero però…” scosse la testa “ah, non lo so!” “Sei una contraddizione!” affermò scoppiando a ridere. Il rosso sorrise di fronte a quella voce cristallina. “Non sei la prima a dirmelo”. “Allora tu chiediglielo eh! Fammi sapere appena puoi”. “Certo”.
Doveva prepararsi per l’ennesima nottata al
locale. Stava allacciando la cravatta; Viktor non c’era. Le sue mani
iniziarono a tremare. Sentiva il cuore rimbombargli nel petto, come impazzito,
malato; il suo respiro si fece pesante. Cadde in ginocchio, non riusciva più a
vedere la sua immagine riflessa nello specchio; tutto divenne sfocato. “Pronto?” gracidò la voce mezza fatta di Haym. Non poteva crederci. “Ha… Haym…” “Erast… cosa vuoi? Non dovresti chiamarmi lo sai?! Vuoi metterci nei guai tutti e due?!” ora la sua voce divenne allarmata, quasi spaventata. “Brutto bastardo, figlio di puttana, come hai potuto vendermi così?! Se ti prendo io ti…” s’interruppe, colto da un improvviso capogiro, molto più forte degli altri; non riusciva nemmeno a respirare “Haym… ho bisogno… ho bisogno…potamela! Io…” “Sei in astinenza?”.
“Secondo te?”. “Lo sai che mi dispiace. Per tutto. Ma dovevo farlo, mi serviva la droga...” cercò di giustificarsi. “E allora cazzo, portamene un po’, io non ce la faccio più!”. Silenzio dall’altra parte. “Va bene. Però… voglio qualcosa in cambio” domandò con libidine che gli fece venire il voltastomaco. “Lo sai che non ho niente! Maledizione Haym!”. “Voglio te, ancora una volta… mi manchi, sai fratellino?” nel pronunciare questa frase la sua voce si abbassò, lussuriosa. Erast non riusciva a ragionare, avrebbe solo voluto picchiarlo. “Tutto quello che vuoi ma portala con te, chiaro?! Sono disposto a tutto, ma salvami da questa agonia!” e con la poca forza che gli rimase riattaccò e si prese la testa fra le mani.
|