Prince of
Heart 2
di Naika
Tezuka rimase in silenzio per un lungo, interminabile momento, lo sguardo
puntato sul volto tranquillo e sorridente del re del popolo fatato che
l’osservava con innocentissima serenità.
Come se non gli avesse appena chiesto di...
“Sposarvi?” ripetè con un filo di voce che risultò, al suo stesso udito,
fastidiosamente incerta e incredula come, forse, non era mai stata in tutta la
sua vita.
Fuji annuì, due volte, con entusiasmo, mentre il sovrano di Ten’en Is lo fissava
spiazzato, la sua ultima speranza di aver frainteso la condizione per la loro
alleanza, vaporizzata dall’ondeggiare di quei capelli castano chiaro.
Razionalmente la richiesta dell’altro costava al suo impero un sacrificio
decisamente minore rispetto alla concessione di terre o permessi ma...
Sposarlo.
Tezuka ancora non riusciva a digerire quella parola.
“Perchè?” chiese senza sapere che altro dire ma sentendo la necessità di porre
un’obiezione.
Shusuke scosse le spalle sottili con un moto di pigra indifferenza mentre un
lieve sorriso gli incurvava dolcemente gli angoli delle labbra “E’ semplice...”
mormorò con quel suo tono di voce musicale e suadente “...il popolo fatato non
ha mai aiutato gli umani e sembrerebbe scortese da parte nostra entrare nelle
vostre beghe ora...” interloquì “...tuttavia se giustificassimo il nostro
intervento con un matrimonio..” il suo sorriso si allargò impercettibilmente “...nessuno
potrebbe sollevare domande inopportune...” ragionò “E poi...” confidò
avvicinandoglisi con fare da cospiratore, obbligandolo ad un notevole sforzo di
volontà per non fare un passo indietro quando il suo respiro profumato gli
sfiorò le guance “..mi annoio!” rivelò con un sospiro lieve, ritraendosi con
noncuranza, inconsapevole della gocciolina di sudore che stava scivolando lungo
la schiena del suo illustre ospite “Vivere a corte, con voi, in mezzo a tutti i
vostri piccoli intrighi... sarà divertente!!” esclamò con l’allegro entusiasmo
di un bambino alle prese con un giocattolo nuovo.
Tezuka aggrottò la fronte assumendo un aria vagamente cupa, il ragionamento
dell’altro sovrano non faceva una piega... era il modo in cui l’aveva esposto
che lo preoccupava.
Che cosa doveva rispondere?
Aprì e richiuse la bocca un paio di volte cercando qualcosa da dire senza
tuttavia trovarlo.
Accettare avrebbe voluto dire evitare migliaia di morti inutili.
Vincere la guerra senza rischi.
Anzi, probabilmente, il semplice venir a conoscenza della loro alleanza con le
creature magiche avrebbe spinto Rudolph a ritirare le sue truppe.
Avrebbe riportato la pace in pochissimo tempo.
Ma a conflitto concluso...?
Si sarebbe ritrovato con quella creatura enigmatica e pericolosa installata sul
trono.
Era stato allevato sin da piccolo nella più ferra disciplina e coscienza dei
suoi doveri, sapeva perfettamente che, un giorno, avrebbe contratto un
matrimonio combinato ma...
Restavano ancora dei ‘ma’.
La creatura che così sfacciatamente gli aveva chiesto di sposarlo, apparteneva
ad un altro mondo.
Ad un altro popolo.
Addirittura ad un’altra specie.
Senza nemmeno rendersene conto l’impassibile imperatore di Ten’en Is si
mordicchiò le labbra, a disagio.
Eppure.. più ci pensava... più quella sembrava, politicamente, la cosa migliore
da fare.
E allora.. perchè si sentiva così riluttante?
Perchè avvertiva una lieve, inquietante, morsa serrargli lo stomaco?
“Non mi risulta che siate fidanzato, giusto?” chiese il sovrano del popolo
fatato, riappollaiandosi a mezz’aria, le gambe pigramente a penzoloni nel nulla
che lo sosteneva “Inoltre siete in età da marito..” continuò a considerare,
blandamente.
Tezuka lo fissò freddamente, un muto rimprovero nello sguardo severo.
Come poteva trattare un simile argomento con tanta leggerezza?
Sembrava un mercante intento ad abbindolare un compratore reticente.
Sposarsi non avrebbe comportato solo un alleanza sul piano politico significava
molto, molto, di più.
Si stava parlando di un unione che li avrebbe coinvolti anche dal punto di vista
fisico ed emotivo.
Per non parlare dei problemi per la successione.
Quel pensiero gliene fece immediatamente balenare un altro.
“E’ vero sono in età per sposarmi..” gli concesse “..tuttavia mi prospettavo di
portare una sposA all’altare..” disse, tirando un mentale sospiro di sollievo
nel congratularsi con se stesso per aver trovato una scappatoia che non creasse
dissapori diplomatici.
Non poteva dire di essere del tutto immune al fascino pericoloso della creatura
che aveva dinanzi ma sapeva di avere abbastanza sangue freddo per fare in modo
che l’altro non lo notasse.
Fuji lo fissò interdetto imbronciando le labbra in una smorfia che, con una
punta di preoccupazione, Tezuka si accorse di trovare deliziosa, mentre
socchiudeva gli occhi verde mare per fissarli in quelli blu dell’altro sovrano.
“Dunque è questo il problema..” mormorò pensieroso atterrando con grazia dallo
suo scranno aereo.
Nel momento stesso in cui la punta delle sue scarpe toccò il pavimento di marmo
chiaro esse si sgretolarono in mille scintillii che si librarono intorno al re
del popolo fatato come minuscole farfalle di luce.
Con il panico che gli scorreva nelle vene l’imperatore di Ten’en Is si accorse
che lo stesso, strano, destino stava toccando ai pantaloni di velluto verde,
alla giacca e poi alla camicia del ragazzo di fronte a lui, finchè i suoi abiti
non si disfecero completamente in luce. Nell’eterno trascorrere di quei pochi
secondi Tezuka rimase immobile, il respiro incastrato in gola e il cuore che
martellava nel petto come un tamburo da guerra.
L’esitazione gli fu fatale.
La luce si schiuse sfavillando in mille piccole ali permettendogli di vedere ciò
che la sua luminosità aveva celato.
Due smeraldi verdi tra le cui sfaccettature la luce guizzava in sfuggenti giochi
d’azzurro.
Capelli biondo miele che ondeggiavano lievi, sottile seta lucente che
volteggiava attorno ad un viso di fine porcellana, sfiorando con baci leggeri il
collo.
Senza riuscire a fermarsi Tezuka fece scorrere lo sguardo dalle sue spalle al
petto tornito, lungo la linea dello sterno fino agli addominali, appena segnati,
accarezzando i fianchi dalla curva elegante, per poi precipitare lungo le gambe
fino alla punta dei piedi, sospesi a pochi centimetri da terra.
Kunikitsu deglutì a vuoto risollevando il viso, incapace d’impedirsi di far
nuovamente scivolare lo sguardo su quella pelle nuda che si offriva ai suoi
occhi con il languido abbandono di un giunco che si lascia avvolgere dal vento.
“Credevo...” sussurrò Fuji coprendo i pochi passi che li separavano per poggiare
con delicatezza una mano sul suo petto, laddove, sotto il tessuto spesso della
giacca di broccato, poteva avvertire il battito impazzito del cuore dell’altro
“...credevo di non esservi indifferente..” mormorò con quella sua voce
sensualmente melodiosa piantando lo sguardo lucente in quello sgranato
dell’imperatore.
“Ma se mi dite che non vi piacciono gli uomini...” sussurrò Shusuke allungando
il viso verso il suo, facendo scivolare lo sguardo sulla sua bocca mentre
socchiudeva la sua per inumidirsela con la punta della lingua.
Fu davvero troppo.
Con un gesto repentino, quasi violento, Tezuka calò su quelle labbra troppo
invitanti, trovandole arrendevoli e calde, si schiusero per lui senza opporre
resistenza, mentre la sua lingua scivolava a cercare la compagna nella bocca
dell’altro.
Fuji emise un lieve suono soffocato, un piccolo ansimo sorpreso, che si confuse
tra i loro respiri, quando il sovrano di Ten’en Is lo cinse possessivamente con
un braccio, facendo scivolare la mano, a palmo aperto, dalle sue scapole fino
alla base della sua spina dorsale, spingendo la punta delle dita tre le sue
natiche, arrivando quasi a toccare la sua apertura. E Shusuke si ritrovò a dover
sollevare le braccia, allacciandogliele al collo, improvvisamente incapace di
reggersi da solo, persino il suo semplice incantesimo di levitazione era
scomparso, costringendolo ad appoggiare i piedi a terra e il corpo a quello
dell’imperatore, per non cadere.
Non l’aveva calcolato.
Gli piaceva osservare gli esseri umani, lo aveva sempre fatto.
E si era già invaghito di qualcuno di loro.
Sedurli era fin troppo facile.
Aveva pensato che con ‘lui’ sarebbe stato lo stesso.
E in effetti tutto si era svolto come prevedeva.
Aveva detto la verità a Tezuka: si annoiava.
Vivere migliaia di anni poteva rivelarsi terribilmente monotono.
E aveva pensato che quel nuovo gioco lo avrebbe distratto per un po’.
Non aveva mai vissuto alla corte umana... sarebbe stato divertente.
E poi Kunimistu Tezuka era un uomo potente, affascinante, severo e serio ma nei
cui occhi bruciava una fiamma incandescente.
Gli era piaciuto dal primo momento che l’aveva visto ma, mai, nemmeno per un
istante, aveva pensato che non sarebbe stato in grado di dirigere il gioco.
Eppure era esattamente ciò che stava succedendo.
Fino a pochi istanti prima andava tutto esattamente come aveva calcolato.
Aveva visto la luce che gli era brillata nello sguardo quando gli si era
avvicinato, sapeva di non essergli indifferente e quando l’altro aveva infine
ceduto e l’aveva baciato, aveva esultato interiormente: aveva vinto.
Ma non aveva fatto in tempo a pensarlo che era successo qualcosa di
sconvolgente.
La lingua di Tezuka aveva toccato la sua, le sue braccia l’avevano stretto e
lui... lui non aveva capito più niente.
Il suo respiro si era spezzato e il cuore gli era partito al galoppo, il
desiderio gli si era riversato come lava incandescente nelle vene, rombandogli
nella testa, accaldandogli il corpo.
Le mani dell’imperatore, sulla sua pelle, bruciavano come marchi roventi, la sua
magia si era semplicemente dissolta.
Tezuka lo strinse a se, spingendogli il bacino contro il proprio, mandando il
suo corpo nudo a strofinare contro il tessuto dei suoi pantaloni mentre la sua
mano sinistra affondava tra i suoi capelli obbligandolo a reclinare il capo
all’indietro rendendo il loro bacio più intenso.
E Fuji si accorse con terrore che non riusciva a reagire, peggio ancora... che
non voleva reagire.
Gli stava lasciando il dominio di quel bacio e del suo corpo e.. provava piacere
nel farlo.
Non aveva permesso mai, a nessuno, di avere il sopravvento su di lui, anche
quando si era lasciato possedere, era sempre stato lui a condurre, a decidere
dove, come e quando.
Invece in quel momento era in totale balia dell’altro.
Gemette contro le sue labbra e strinse con forza le braccia sulle sue spalle, si
sentiva un naufrago disperatamente aggrappato ad una trave di legno, le onde
della passione gli squassavano il corpo infrangendosi sul suo animo con una
violenza che non aveva mai neanche, lontanamente, sperimentato e lui non
riusciva, non riusciva assolutamente ad opporvisi.
Avvertì il tonfo leggero con cui caddero sul grande letto matrimoniale e la
morbida consistenza delle lenzuola sotto la schiena.
Quando Tezuka l’aveva spinto verso il letto?
Quel pensiero si disintegrò nella sua mente quando sentì il peso dell’altro su
di se.
La sua idea era stata semplicemente quella di provocarlo un po’, giusto per
rivedere quella sua adorabile espressione confusa, esattamente come quando gli
aveva chiesto di sposarlo.
Ma ora...?
Avrebbero fatto l’amore?
Si accorse con sgomento che stava tremando.
Che diamine gli stava succedendo?
Kunimitsu staccò le labbra dalle sue permettendosi e permettendogli di trarre
alcuni affannosi respiri prima che i loro sguardi s’incontrassero.
Fuji aveva le guance in fiamme, lo sguardo liquido, perso, le labbra gonfie e
umide, i capelli che gli si allargavano attorno al viso come un aureola
arruffata.
Tezuka lo fissò in silenzio, incredulo: era... bellissimo.
Ma non di quella bellezza maliziosa, pericolosa, che Shusuke gli aveva mostrato
fino a quel momento.
Così, abbandonato tra le sue braccia, con quell’aria sperduta, tinta di
sorpresa, sembrava più giovane, più... fragile.
E Kunimitsu sentì il desiderio impellente di stringerlo a se e di giurarli che
ci sarebbe stato lui a proteggerlo, per il resto dei suoi giorni.
Fuji sfuggì il suo sguardo chiudendo gli occhi.
Sapeva che avrebbe dovuto dire qualcosa.
Riprendere il comando della situazione.
Ma non riusciva a pensare razionalmente ed era sicuro che, se solo avesse
provato a parlare, la sua voce sarebbe uscita roca e irriconoscibile.
Il silenzio calò su di loro denso al tal punto da invischiare anche lo scorrere
del tempo.
Shusuke teneva ancora le braccia legate al suo collo, Tezuka aveva ancora le
mani su quella sua pelle serica, nessuno dei due sembrava capace di muoversi, di
prendere quella decisione che, un qualsiasi movimento, avrebbe comportato.
“Hey Tezuka!”
La porta si spalancò facendoli sussultare entrambi.
Momoshiro non aveva mai rispettato gran che le formalità, le trovava noiose ed
inutili.
E aveva uno certo sprezzo anche delle buone maniere... non aveva mai imparato a
bussare.
Il cavaliere fissò a bocca spalancata il suo re che teneva tra le braccia quelle
del popolo fatato, nudo, riverso sul letto sotto di lui.
La loro posizione era inequivocabile.
Tezuka aveva spinto un ginocchio tra le gambe del sovrano del popolo fatato che
le aveva inconsciamente aperte per lui, per consentire ai loro sessi tesi di
toccarsi.
Anche se l’imperatore di Ten’en Is era ancora completamente vestito i pantaloni
gli tiravano in modo inequivocabile all’altezza dell’inguine.
“Ah.. io..” cominciò a balbettare Momoshiro, pallido come uno straccio.
Kunimitsu lo ignorò, con un gesto rapido afferrò un’estremità del lenzuolo e lo
avvolse attorno al corpo del compagno tirandoselo poi contro, in modo da celarlo
allo sguardo del suo gelato cavaliere, così stupito da essere incapace di
muoversi, gli occhi fissi sui due.
Fuji nascose il volto contro la spalla del moro, imbarazzato, non tanto dalla
situazione in cui era stato trovato o dalla sua nudità, quanto dello stato di
completa confusione in cui verteva.
Stretto in quell’abbraccio protettivo, respirò a fondo cercando di riacquistare
il proprio sangue freddo ottenendo soltanto di inalare il suo profumo, di
affondare nel piacevole tepore del suo corpo.
“Esci di qui!” la voce di Tezuka era un ringhio che stilava ghiaccio e
Fuji si azzardò a sollevare il viso per fissare il malcapitato umano che aveva
scatenato la sua ira ma fece in tempo soltanto a vedere la porta che si chiudeva
con un tonfo.
Il cavaliere era sparito alla velocità della luce.
Shusuke spostò quindi il suo sguardo in quello dell’altro sovrano.
Le iridi blu erano tornate fredde e serie e Fuji si sorprese nel sentirsi ferito
da ciò.
Come poteva aver recuperato il controllo così in fretta mentre lui sentiva
ancora il cuore pulsargli in gola?
L’imperatore lo liberò dal suo abbraccio per andare alla finestra e Fuji
rabbrividì sentendosi improvvisamente gelare, scosse il capo serrando con forza
il lenzuolo tra le dita, ricacciando l’assurdo desiderio di mettersi a piangere
come un bambino, prima di richiamare i propri abiti e di scendere dal letto.
Il silenzio era nuovamente pesante ma questa volta non li inglobava, si ergeva
tra loro come un enorme muro di pietra.
“Dunque?” chiese Fuji, trovandosi inspiegabilmente a sussurrare quell’unica
parola.
Tezuka si concesse qualche altro istante per cercare di riconquistare almeno una
parvenza della sua serietà.
“Dunque... cosa?” domandò con voce gelida.
Non avrebbe voluto dirlo in modo così freddo ma se avesse allentato, anche solo
di poco, il glaciale autocontrollo in cui aveva serrato le proprie emozioni,
avrebbe attraversato di scatto la poca distanza che li separava e lo avrebbe
preso di nuovo tra le braccia. Si voltò per fronteggiarlo, ringraziando gli dei
che si fosse rivestito, imponendosi di fissarlo in quei suoi occhi verdi ancora
più insondabili di prima.
“Sì o no?” volle sapere Shusuke piantando le iridi verde mare in quelle del
sovrano.
Kunimitsu si passò una mano tra i capelli scuri, traendo un profondo respiro.
Sì o no?
Da una parte la pace per il suo popolo.
Dall’altra quella creatura misteriosa e affascinante con il suo devastante
potere sulla sua razionalità.
Avrebbe salvato la tranquillità della sua gente.
Ma avrebbe probabilmente distrutto la sua.
Avere a palazzo quel demone travestito da angelo...
Averlo sul trono, accanto a se...
Nel proprio letto...
Il suo viso arrossato, quelle iridi verde mare, liquide, le sue labbra
gonfie...
Quel ricordo vibrò incredibilmente nitido e fin troppo definito nella sua mente.
Eppure ora Fuji sembrava nuovamente padrone di se.
Quanto di quello che era appena accaduto era calcolato?
Se Momoshiro non fosse andato a cercarlo fin dove sarebbero arrivati?
Quella creatura troppo enigmatica aveva il potere di fargli perdere
completamente il suo sangue freddo e non poteva negare che la cosa lo
spaventava.
“Sì...” acconsentì “ma... alle mie condizioni.” disse deciso a non lasciare
all’altro il controllo della situazione “Vostro figlio non sarà il nostro erede
e alla mia morte voi dovrete lasciare il castello...” mormorò.
Fuji lo fissò per un momento cercando di decifrare il suo sguardo di granito ma
poi scosse le spalle con indifferenza: “Va bene..” accettò.
“Bene allora domani mattina partiremo alla volta di Ten’en Is..” disse Tezuka,
prendendo la sua decisione.
Fuji annuì e scomparve in una voluta di fumo chiedendosi, per la prima volta in
vita sua, se sapeva davvero quello che stava facendo.
....
Oishi camminava tra i corridoi incantati, pensieroso.
Era molto tardi ma aveva ormai rinunciato a dormire dopo essersi girato e
rigirato tra le coperte all’infinito.
Quello che Tezuka aveva comunicato loro aveva dell’incredibile.
Un matrimonio.
Un matrimonio con il sovrano del popolo fatato!
Certo, Oishi, al pari del suo re, era uno stratega e sapeva molto bene quali
vantaggi avrebbe portato una simile unione ma...
Momoshiro gli aveva raccontato quello che aveva visto.
Tezuka non era il tipo da comportarsi in modo tanto avventato.
E se fosse stato sotto qualche maleficio di quello strano essere?
Non riusciva a togliersi dalla mente quella scena, avvenuta solo poche ore
prima, nella piccola caverna dove avevano incontrato per la prima volta il
sovrano del popolo fatato.
La furia del fulmine, la potenza del vento, luce e tenebre che danzavano
accompagnate dal sinistro sussurrio delle fronde e dall’ipnotico canto della
pioggia.
Ed era stato lui a comandarle.
Quel ragazzo, sempre che fosse davvero un ragazzo dato che la sua età non era
certamente quella che dimostrava, aveva qualcosa... qualcosa di indefinibile e
inafferrabile che gli lampeggiava nello sguardo... qualcosa di magnificamente
spaventoso, se tale termine si poteva utilizzare.
Svoltò un angolo e riprese la sua pensierosa camminata, lanciando occhiate
distratte alla serie di grandi finestre con poggiolo, sospeso sul vuoto, che si
aprivano sul lato sinistro del corridoio che stava percorrendo.
Stava passando oltre l’ennesima quando uno spiffero freddo gli accarezzò la
nuca.
Si volse sorpreso e notò che, a differenza delle altre, quella era socchiusa e
che, sul relativo poggiolo, era ferma una figura familiare.
“Eiji?” chiamò sommessamente, avvicinandosi al ragazzo-volpe con fare titubante.
L’interpellato sussultò violentemente prima di voltarsi verso il nuovo venuto e
porgergli un piccolo sorriso “Mi hai spaventato..” mormorò.
“Mi dispiace.” si scusò il cavaliere appoggiandosi alla raffinata ringhiera,
lavorata a motivi floreali, lanciando uno sguardo allo spettacolare paesaggio
che si poteva godere da quella posizione.
Il cielo del regno fatato era un tripudio di stelle lucenti, ora che le nuvole
si erano quietamente ritirate, e una brezza leggera, che conservava ancora il
profumo della pioggia, sussurrava parole arcane scivolando tra le piccole
campanelle bianche sbocciate nei giardini del castello, facendole tintinnare
come sonagli argentini.
“E’ davvero un mondo incredibile..” mormorò Oishi soprapensiero.
“Già..” sussurrò Kikumaro con un nota di dolore nella voce.
Il cavaliere lo fissò perplesso e il ragazzo scosse il capo “Non offenderti ma
non mi attira l’idea di venire a vivere nel vostro castello..” spiegò.
“Bhe... a nessuno piace lasciare la propria casa...” lo giustificò dolcemente il
moretto.
Ma Kikumaru sospirò “Non è solo questo...” mormorò stringendo le mani sulla
ringhiera “...io ho paura...” ammise in un soffio.
“Paura?” domandò il cavaliere colpito, quasi fisicamente, dallo sguardo
spaventato del ragazzo.
L’altro annuì facendo ondeggiare i capelli rossi “Io sono un animorf...” mormorò
“...come mio padre...” spiegò “..ma mia madre era un essere umano.”
“Era?” non potè fare a meno di chiedere Shuichirou anche se intuiva che stava
ponendo una domanda dolorosa.
“L’avevano sempre additata come strega ma, a differenza del vostro mago, in lei
non scorreva nessun potere magico, era semplicemente un esperta nell’uso di erbe
medicinali e simili...” cominciò a raccontare Eiji “...andava nella foresta a
raccoglierle e per questo la gente del villaggio diceva che era in combutta con
il popolo fatato. La disprezzavano ma poi se si ammalavano bussavano alla sua
porta, di notte, per avere le pozioni...” mormorò con disgusto. “Fu un
pomeriggio, mentre tornava a casa dal suo solito giro nella foresta che trovò
una volpe ferita. Fu colpita dal suo sguardo e la portò a casa per curarla...”
“Era tuo padre..” ipotizzò Oishi.
Il ragazzo annuì “Mia madre lo accudì così amorevolmente che mio padre
s’innamorò di lei. Io nacqui un anno più tardi...”
Il cavaliere lo fissò spingere lo sguardo lontano verso le stelle, perso nei
suoi ricordi.
“Per un po’ andò tutto bene però... io, a differenza di mio padre, non sapevo
controllare il mio potere...” sussurrò mentre Oishi tratteneva il respiro
“..finii per farmi vedere dal figlio del borgomastro mentre mi trasformavo..”
mormorò “Fu la nostra fine...” disse con voce fievole “...bruciarono la nostra
casa, ci diedero la caccia... mio padre fu il primo a morire.” scosse il capo
mestamente “Gli animorf non sono molto potenti... non possiamo fare altro che
trasformarci in qualche animale ma una volpe non può difendersi da una decina di
contadini armati così come non può farlo un uomo solo...” spiegò con voce piatta
“Io avevo solo tre anni... scappai con mia madre verso la foresta ma ci
raggiunsero, lei mi ordinò di fuggire mentre tentava di fermali..” gli sfuggì
un singulto.
“Io... mi dispiace..” sussurrò Oishi senza sapere che altro dire, maledicendosi
mentalmente per averlo costretto a ricordare.
“Alcuni di loro continuarono ad inseguirmi...” proseguì Eiji come se non
l’avesse sentito “...un bambino non può distanziare degli adulti... ce li avevo
praticamente addosso quando andai a sbattere contro di lui...”
“Lui?” chiese Oishi perplesso.
“Fuji” spiegò il ragazzo mentre un lieve sorriso affettuoso gli incurvava le
labbra “Sai, qui, ognuno di noi appartiene a una ‘razza’, e ognuno di noi
eredita i poteri da questa sua razza. Io, per esempio, dal caln volpe degli
animorf, Kaido dagli incantatori, ma Fuji... lui è diverso. Non appartiene a
nessuna razza magica e sembra possedere le capacità di tutte. Kaido ha passato
anni nel tentativo di capire da dove derivi il suo potere, senza riuscirci. Gli
abbiamo visto fare cose inimmaginabili con la semplicità con cui tu e io potremo
sbadigliare.” scosse il capo “A volte mi chiedo se non sia un illusione..”
mormorò.
Il cavaliere aggrottò la fronte perplesso “In che senso un illusione?” domandò.
Eiji scosse le spalle “Quando cammina nella foresta l’aria... vibra. E’ come se
il mondo intero entrasse in risonanza con lui... come se lui e la Foresta
fossero la stessa cosa.” sussurrò.
Oishi sbarrò gli occhi e Kikumaro gli porse un sorriso “Successe anche allora...
gli finii addosso perchè mi stavo guardando indietro e, nel momento stesso in
cui lui mi ha stretto a se... è stato come tornare a casa.” ricordò “Mi sentii
al sicuro, il mio cuore, più che la mia mente, lo aveva riconosciuto come il mio
Signore” disse arrossendo e Oishi sentì una fitta di gelosia violenta
attraversargli il costato.
Kikumaru era innamorato del suo sovrano?
L’idea gli era insostenibile.
Dalla prima volta che l’aveva visto, quando ancora l’aveva creduto solo una
piccola volpe, in lui era scattato qualcosa.
Forse quello stesso ‘qualcosa’ che la madre del ragazzo aveva visto negli occhi
dell’animale ferito che aveva raccolto.
“Lui mi prese in braccio e mi avvolse nel suo mantello ma non si mosse.” riprese
a parlare Eiji riportando i suoi pensieri al presente “Fu il vento ad
attorcigliarglisi attorno e a sollevarci in alto” rammentò “Vidi gli uomini che
avevano ucciso i miei genitori sollevare il volto verso il cielo e fissarci
increduli e poi... lui aprì gli occhi e li fissò” Eiji scosse il capo piano “Era
una notte serena, limpida, senza vento...” ricordò “Eppure l’aria attorno a noi
si riempì improvvisamente di elettricità e le fronde degli alberi frusciarono
tutte insieme come se si fossero improvvisamente risvegliate. Sentii la foresta
sotto di noi pulsare e poi... dal cielo cadde un fulmine, una saetta di luce
verde elettrico che trasformò il buio in luce. Si schiantò a terra con un suono
assordante, un grido furioso, terrificante...” sussurrò con un brivido “Di loro
non rimase niente, neanche la cenere...”
Oishi lo fissò incredulo ed Eiji gli porse un piccolo sorriso di scusa
rendendosi conto che nella sua voce non vibrava alcun dispiacere per la morte di
quegli umani. “Quella è stata l’ultima volta che ho visto degli esseri umani
prima che arrivaste voi...” sospirò “Non voglio tornare nel vostro mondo...
anche se Fuji sarà con me...” mormorò.
“Ci sarò anch’io!” Shuichirou parlò prima di rendersene conto “Ci sarò io con
te...” ripetè serio mentre il ragazzo volpe lo fissava con gli occhi spalancati
e le guance arrossate “Ti proteggerò io...” promise allungando istintivamente la
mani per stringere le sue.
... Ti proteggerò io... per ora... finchè non arriverà colui che sarà per te
il più importante ...
Eiji fissò le loro mani unite, ricordando improvvisamente quelle parole che
Fuji gli aveva mormorato, poco prima che la stanchezza gli facesse perdere i
sensi, tra le sue braccia, quel giorno lontano, sospesi sopra la foresta e ciò
che restava dei suoi persecutori.
“Colui che per te sarà il più importante..” sussurrò piano, tra se e se, prima
di sollevare il volto incontrando lo sguardo determinato del cavaliere.
Gli sorrise e strinse impercettibilmente le sue mani prima di fare un piccolo
passo in avanti e appoggiare la fronte sulla sua spalla “Allora mi affido a
te...” sussurrò e Oishi sentì il cuore partire al galoppo mentre faceva
delicatamente scivolare le braccia intorno alla vita della creatura fatata.
....
“Diventare invincibile non è facile....” stava dicendo Inui, camminando lungo i
corridoi del castello, all’incantatore di serpenti “Bisogna prima di tutto
conoscere le proprie abilità..” spiegò “Tu hai abilità speciali?” chiese pronto
ad annottare tutto sul suo taccuino.
“Sono un incantatore di serpenti...” spiegò la creatura magica osservandolo,
leggermente perplesso, scrivere nel suo libricino.
“E come li incanti?” chiese il mago interessato “Reciti degli incantesimi?”
Kaido annuì con il capo.
La sua era una delle poche razze magiche che necessitava di recitare delle
formule per richiamare il proprio potere e la cosa li aveva sempre emarginati
dalle altre creature fatate che tendevano a considerarli un po’ degli ‘impuri’.
Sin da piccolo Kaido era cresciuto sfidando lo sguardo degli altri esseri fatati
deciso a dimostrare loro, un giorno, che anche un incantatore di serpenti poteva
divenire un avversario temibile.
Pertanto si era impegnato sempre, con costanza e perseveranza, nello studio e
nell’allenamento, fino ad arrivare ad essere ammesso alla corte reale.
Ma ancora non aveva raggiunto il suo obbiettivo.
Ancora non era abbastanza potente.
E forse quel mago aveva la soluzione.
“Quindi devi recitare delle parole..” disse pensieroso Inui battendosi
distrattamente il taccuino sul palmo della mano “Ti alleni a pronunciarli?”
chiese.
Kaido annuì.
“E alleni anche la lingua?” domandò ancora il mago.
“La lingua?” chiese perplesso l’incantatore.
“E’ con essa che pronunci gli incantesimi per tanto è assolutamente necessario
che sia allenata ad ogni tipo di movimento!” gli disse serio.
Kaido lo fissò piacevolmente sorpreso: lui non ci aveva mai pensato!
Quel mago era davvero un genio!
“E come?” chiese impaziente di provare quell’allenamento speciale per diventare
invincibile.
“Apri la bocca!” ordinò il mago.
Il ragazzo fece quanto gli veniva chiesto e Inui gli osservò la lingua con
attenzione.
“Bene bene..” disse e dopo... si chinò in avanti e lo baciò.
Kaoru si tirò indietro di scatto, stupito “Che diamine stai facendo?” gridò
oltraggiato ma il mago sollevò un sopracciglio sorpreso, fissandolo come se,
davvero, non capisse perchè se l’era presa in quel modo “Tu che pensavi che
stessi facendo?” gli chiese severo, facendolo arrossire, “Stavo tentando di
allenarti!” spiegò.
“Ah ecco..” Kaido arrossì ancora di più “...non avevo capito..” mormorò
mortificato.
Il mago sbuffò e gli volse le spalle, muovendo qualche passo per allontanarsi,
ma l’incantatore lo rincorse e lo afferrò per una manica dell’ampia veste
“Aspetta, ti prego...” lo supplicò “...allenami!”
Inui sospirò “E va bene..” disse “...farò questo sacrificio.. ma non mettere più
in discussione i miei metodi di insegnamento!” lo rimproverò prima di chinarsi
nuovamente su di lui.
Kaido socchiuse le labbra e lasciò che la lingua del mago stuzzicasse la sua
prima di cominciare a lottare con lei per il predominio del bacio, impegnandosi
al massimo in quell’... allenamento.
...
Fuji stiracchiò le braccia con un sospiro, il mattino successivo, passandosi poi
una mano tra i capelli arruffati.
Aveva passato la notte a rigirarsi tra le lenzuola, fatto quanto mai inconsueto
per lui.
Alla fine si era arreso all’evidenza e aperta la finestra aveva lasciato che il
vento entrasse nella sua stanza e lo portasse fuori, sulle sue ali trasparenti.
Tuttavia nemmeno lo stormire delle fronde aveva placato la strana apprensione
che lo dominava.
Lanciò uno sguardo alla causa dei suoi problemi trovandolo freddo e impassibile
come al solito.
Constatarlo gli procurò l’ormai, quasi familiare, fitta di dolore, che tuttavia
il ragazzo si ostinò ad ignorare concentrando invece la propria attenzione su
Eiji.
C’era qualcosa di diverso in lui quel mattino, la tensione che lo aveva avvolto
quando gli aveva comunicato che sarebbero andati a vivere nella città imperiale
sembrava scomparsa.
Sorrise tra se e passò con dolcezza una mano tra i capelli rossi del ragazzo,
prima di sedersi al suo posto, a capo della tavolata.
Kikumaru lo fissò con occhi sgranati e Fuji gli regalò il migliore dei suoi
sorrisi da ‘chi sa’, facendolo diventare ancora più rosso.
Registrò distrattamente Oishi, alla destra di Tezuka che stringeva la forchetta
come se si trattasse di una picca su cui infilzare qualcuno.
La cosa lo rincuorò: i sentimenti di Eiji erano ricambiati, poteva stare
tranquillo.
Quel pensiero portò una strana malinconia con se.
I sentimenti di Eiji erano ricambiati.
Mentre i suoi...
Scosse il capo e addentò furiosamente una delle frittelle disposte sul suo
piatto: lui non provava nulla per Tezuka!
Assolutamente nulla!
Era stata solo passione.
Un impeto di passione violenta, niente di più.
Partirono poco dopo l’abbondante colazione, il portale di Seigaku si aprì per
loro mentre una folla di creature colorate e incredibili si assiepava sui
confini per salutare la partenza dei loro reali.
Alcuni lanciarono fiori profumati, le fate volarono sulle teste dei viaggiatori
lasciando cadere su di loro una pioggerellina di porporina dorata che fece
risplendere i loro abiti e starnutire Kerupin, accoccolato sulla sella
dell’erede al trono.
Momoshiro osservava il tutto con curiosità incredula.
Viaggiare fianco a fianco con delle creature fatate.
Non credeva che gli sarebbe mai capitato.
A dirla tutta... lui per molto tempo non aveva creduto nemmeno alla magia.
Lanciò uno sguardo alle bianche cavalcature dei loro neo alleati.
Sembravano cavalli...
Ma non era sicuro che lo fossero, anche perchè i loro destrieri, quando gli
altri si erano avvicinati, avevano roteato gli occhi e scosso il capo in modo
preoccupato.
Lo innervosiva terribilmente quel ‘sembrare una cosa ed esserne un’altra’ che
contraddistingueva il popolo fatato.
Come quel piccolo gatto.
‘Spirito animale’ lo aveva chiamato il giovane erede al trono.
Ma a lui sembrava un gatto... ‘sembrava’ appunto.
“Che nervoso!” borbottò tra se e se attirando lo sguardo interrogativo di Ryoma
che si era trovato a cavalcare al fianco del vice capitano. Il suo felino,
svegliato dal movimento del padrone, emise un miagolio e stiracchiò le zampette
piantando le unghie nella schiena della cavalcatura bianca. L’animale tuttavia
non diede che un piccolo sbuffo, in segno di fastidio, confermando l’ipotesi che
si era fatto Momoshiro che la ‘cosa’ non fosse un cavallo.
La palla di pelo, o meglio, lo spirito animale, diede un balzo sfuggendo alle
braccia del principe, distogliendo bruscamente il cavaliere dai suoi pensieri
quando gli atterrò con grazia sulla sella.
“Kerupin!” protestò Ryoma lanciando uno sguardo torvo al micio.
“Sembra avere una simpatia per voi...” mormorò Kikumaru, che cavalcava accanto
ad Oishi, con un sorriso “Avere il favore di uno spirito animale è un buon segno
tra la nostra gente...” spiegò al capitano delle guardie che lo ascoltava con
attenzione.
Momoshiro notò distrattamente che lui era l’unico ad avere ancora qualche
difficoltà a trattare con le creature fatate.
Oishi ed Eiji sembravano diventati ottimi amici e, per un motivo che gli
sfuggiva, l’incantatore di serpenti seguiva Inui come un discepolo fedele.
Il mago era scomparso per tutta la sera, il giorno precedente, tanto che Oishi
gli aveva comunicato l’allarmante notizia del matrimonio solo quel mattino.
La reazione del mago era stata, come al solito, indecifrabile, ma, sebbene la
luce riflettesse sui suoi occhiali rendendoli due specchi che gli nascondevano
lo sguardo a Momoshiro non era sfuggito il modo in cui le sue labbra si erano
incurvate verso l’alto e la fugace occhiata che egli aveva lanciato verso
l’incantatore reale.
Si chiese che diamine stesse combinando Inui e poi rabbrividì, decidendo che non
lo voleva sapere.
“Kerupin!” la voce di Ryoma lo riscosse dai suoi pensieri.
La palla di pelo grigio fumo, seduta sulla sua sella, invece di ritornare dal
padrone, affondò le unghie nei suoi pantaloni e gli diede la scalata fino ad
appollaiarsi sulla sua spalla.
Ryoma lo fissò torvo e Momoshiro sollevò una mano per passarla, distrattamente,
sulla gola dello ‘spirito animale’ che si mise beatamente a fare le fusa.
Il principe li guardò entrambi con aria imbronciata facendo rallentare il suo
‘cavallo’ in modo da avvicinarsi di più al moro, gli occhi che andavano
continuamente all’animale, e Momoshiro si ritrovò ad accarezzarne il pelo
nuovamente, sentendosi improvvisamente felice dell’attenzione che il micio gli
riservava e che, di conseguenza, attirava quella del suo padrone su di lui.
...
Giunsero senza intoppi alla città, le sentinelle delle mura s’inchinarono
rispettosamente per farli passare lanciando solo qualche occhiata curiosa ai
loro accompagnatori, sapevano che il re era partito per stringere alleanze e non
era poi così strano vederlo tornare con gli ambasciatori di qualche altro paese.
I problemi cominciarono una volta giunti a corte.
“Ma... matrimonio?” il ciambellano sembrava incapace di capire il senso della
parola.
Tezuka annuì tranquillamente.
“Con chi?” chiese sempre più confuso.
Fuji gli sorrise e l’uomo passò lo sguardo dal ragazzo, acciambellato con
noncuranza, sulla grossa poltrona nello studio del re, al suo sovrano, in piedi
accanto alla finestra.
“E lei... sarebbe?” chiese il povero ministro.
“Shusuke Fuji..” mormorò il ragazzo.
Takashi lo fissò perplesso, era scortese replicare: “Mai sentito nominare”
perciò tacque.
“E’ il sovrano del Popolo Fatato..” lo informò Kunimitsu notando la confusione
del suo servitore.
“Oh...” sussurrò il maestro di cerimoniale rincuorandosi immediatamente
nell’apprendere che, almeno, lo sposo del suo re era di sangue nobile “Il
sovrano di COSA?!” ansimò mezzo secondo più tardi quando la sua mente elaborò le
parole del suo signore.
“Del Popolo Fattao..” gli ripetè Shusuke, candidamente.
Il ciambellano si volse verso di lui, incredulo, sperando vivamente che il suo
serissimo re si fosse improvvisamente messo a scherzare scoprendo che il loro
ospite stava lievitando sopra la poltrona con aria annoiata.
“E’ davvero necessario tutto questo...” domandò Fuji perplesso.
Tezuka sospirò e aprì un cassetto della scrivania traendone il sigillo reale
“Kawamura organizza tutto il più velocemente possibile...” mormorò
consegnandoglielo “Voglio concludere questa faccenda prima che Rudolph venga a
bussare alle nostre porte..” mormorò.
Il ciambellano prese il sigillo tra le mani, ancora titubante, ma non appena le
sue dita si strinsero sull’oggetto nei suoi occhi si accese una luce
fiammeggiante: “Entro domani sarete spostato, vostra maestà!” disse uscendo
dalla stanza come una furia.
Da dietro la porta chiusa a Fuji parve quasi di sentirlo gridare: “I’m burning!”
Continua....
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