Primo
amore
parte V
di
Petra
Ore otto e dieci, prima campana. Lo so,
lo so che assomiglia all'inizio di una canzone, ma a dire il vero non ho
nessuna voglia di cantare, proprio non mi sfiora nemmeno l'angolo più
remoto del cervello la possibilità di lanciare verso il cielo frizzi e
gorgheggi. A dirla in parole nude e povere, mi sento di merda, altroché.
Entro in classe trascinandomi dietro questi miei maledetti piedi dolci che
negli ultimi due giorni pare si siano avviati lungo la strada di
un'improvvisa, ma lenta paresi, e defungo sul mio banco, come un'inutile
ameba.
Ignoro ostentatamente Matteo che mi lancia occhiate preoccupate e cerco di
tenermi alla lontana da tutto il gruppazzo che stamattina, per colmo di
sventura, sembra più vivace che mai. Maledetti! non sanno pensare ad altro
che ai tre giorni di vacanza che ci spettano e a stordirmi di chiacchiere
su quello che faranno, come si vestiranno, quanto si divertiranno, quanto
romperanno... no, quello lo fanno già adesso... bla bla bla. Che palle!
Tre giorni. Li conto mentalmente, mentre mi domando che cacchio ci sia da
rallegrarsi tanto: allora, domani, è domenica e va da sé, poi lunedì e
martedì grasso, e poi è già finita e si torna a scuola, più stanchi e
depressi che mai. Il "Sabato del villaggio" docet, o almeno dovrebbe, ma a
questi semideficienti nemmeno una tonnellata di Leopardi, nella sua forma
più smagliante, riuscirebbe a mettere in testa un po' di sano, florido
pessimismo. Neanche ci pensano loro che la vita è tutta un unico, immenso
dolore, come sa ogni persona con un po' di sale nella zucca. No, macché,
la sola cosa che sanno fare è assordarmi con questo cavolo di festa di
Marilena di domani, che dovrebbe essere l'evento clou di questo
stramaledetto carnevale. Sì, lo so benissimo che sono stato uno dei
promotori del bagordo, ma a dire il vero quelli erano ancora tempi felici,
i tempi in cui ero giovane e ingenuo e credevo che la vita fosse tutta
rose e fiori, non come adesso che il mondo mi pare si sia tinto di una
brutta patina grigia. Ma sì, ma sì che ci vado lo stesso alla festa, non è
questo il punto, il punto è che... non lo so nemmeno io qual è il punto,
porca paletta. Ah, ecco qua, eccolo il punto, sta appena entrando dalla
porta. Con il suo solito passo dinoccolato, con quel suo odioso zainetto
che dondola in quel suo antipaticissimo modo, sempre con addosso quei
maledetti jeans arrapanti e quel solito, eterno sorriso stampato sulle
labbra.
Be', no, a dire il vero non sorride proprio per niente Daniele oggi. Anzi,
ha un'aria come se gli fosse morto il gatto e avesse passato la notte a
vegliarne il cadavere. Mado', ho come l'impressione di averle già viste le
occhiaie che indossa sulla faccia livida. Se non mi sbaglio (e non mi
sbaglio) sono uguali identiche a quelle che ho ammirato stamattina allo
specchio, stampate sulla mia di faccia. Giuro! è proprio la stessa
tonalità: viola-del-pensiero con nuance azzurro-cielo-di-primavera. Bleah!
Lo vedo avanzare, strascicato e dolorante, fino al suo banco, dopo aver
salutato a stento scorbutici e mitiche, e lì arenarsi, buttandosi sulla
sua sedia, come un gabbiano a cui abbiano spezzato un'ala. E come se non
bastasse, giurerei che mi cerca con gli occhi e appena mi trova mi lancia
un'occhiata così struggente che se non fosse che sono una persona educata
e perbene, mi alzerei in piedi, andrei da lui, lo afferrerei per i capelli
e lo lancerei, con un unico movimento fluido delle braccia e delle anche,
direttamente fuori dalla finestra. Olè.
Insomma, per evitare di passare alle vie di fatto, stacco gli occhi dal
fellone e li pianto con ostentazione verso la cattedra, e nonostante i
tentativi di quell'essere insensibile di Matteo di coinvolgermi in uno
straccio di conversazione, mi chiudo in un lungo silenzio comatoso.
E così rimango fino alla terza ora, poi, volente o nolente qualcosa attrae
la mia attenzione. Il prof di filosofia sta facendo lezione, blaterando
non so bene cosa su chi, quando all'improvviso tace e punta gli occhi
verso l'ultimo banco.
"Romano," dice con un tono sconsolato, "Ma è mai possibile che tu debba
passare tutta l'intera ora stravaccato in quella maniera. Mi sembri
un'anima in pena, mi sembri. Che c'è? Hai sonno, sei annoiato o cosa? Ti
ricordo che è per un atteggiamento simile che lo scorso anno sei stato
bocciato."
Visto e considerato che Romano è il cognome di Daniele per istinto le mie
orecchie si drizzano e prima che possa impedirmelo mi ritrovo già girato a
guardare verso di lui. Il sunnominato, intanto, ha alzato la testa e sta
guardando davanti a sé con aria assente e la faccia arrossata. Il prof,
che è un tipo piuttosto sensibile, a questo punto si impressiona.
"Ma ti senti male, per caso?"
"Avrà le sue cose." dice una voce odiosa nella fila di destra, e a quest'uscita
metà della classe ridacchia.
Io mi volto inviperito verso colui che ha parlato, e cioè, Maurizio detto,
non a caso, due-neuroni e prima che un barlume di ragione intervenga per
impedirmelo:
"Ma quanto sei stronzo!" esclamo a voce alta, che mi sentono anche nella
classe accanto, "In una scala da uno a dieci, almeno diecimila, direi."
A questo punto scoppia una specie di ovazione (due-neuroni non è molto
popolare) e una risata generale sommerge qualsiasi tentativo da parte del
deficiente di rispondermi per le rime. Il povero prof ci impiega cinque
minuti buoni per riportare l'ordine e quando finalmente ci riesce ha gli
occhi iniettati di sangue.
"Tu," urla, rivolto a due-neuroni, "Certe spiritosaggini le vai a dire in
quei postacci che sei abituato a frequentare e in quanto a te," e mi
inchioda con lo sguardo, "La prossima volta che ti sento usare un
linguaggio simile in classe ti faccio una nota, chiaro?"
"Scusi," mormoro, ma nello stesso tempo lancio un'occhiata di fuoco verso
Maurizio, perché non sono più io se questa gliela lascio passare liscia a
quel coglione. E no, brutta ameba bollita che non sei altro, te la
cancello io questa improvvisa vena satirica che ti è presa, a forza di
calci in culo, te la faccio passare.
Aspetto con aria ingrugnita, ma pazientemente, che suoni l'intervallo,
perché, come dice quel proverbio cinese: se hai un nemico siediti sulla
sponda di un fiume e attendi che passi il suo cadavere. Bene, Maurizio è
già uno zombie di suo, quello che mi tocca adesso è semplicemente
aspettare con calma sadica che lo stronzo passi davanti ai miei occhi. Ed
infatti, puntuale come un orologio svizzero, un secondo dopo il suono
della campanella, due-neuroni attraversa il corridoio che divide la mia
fila dalla sua, per dirigersi, con passo strascicato, verso il bagno, dove
insieme a quei bulli di merda dei suoi amici, si dedicherà al suo
passatempo preferito, che è quello di insudiciare i muri con amene
sconcezze, ammazzando, d'altronde, sia l'ortografia che la grammatica. E
così, appena il povero pollo giunge alla mia altezza non devo fare altro
che allungare un piede e lui, che ha i riflessi di Frankestein junior, ci
inciampa senz'altro e finisce lungo disteso sul pavimento.
"Oh, scusa tanto, due-neuroni," dico con un sorriso smagliante, "Non ti
sarai mica fatto male, vero?"
Come mi glorio della mia perfidia! So benissimo che il coglione detesta
quel soprannome, inoltre ha sempre sospettato, e giustamente, che sia
stato proprio io ad appiopparglielo, perciò diciamo che c'è da tempo una
piccola questione fra noi due, che lui, a dire il vero, ha spesso tentato
di risolvere nel suo tipico modo da babbuino, cercando ogni occasione per
attaccare briga. Ma figuriamoci se gli ho mai dato spago! Quelli come lui
io nemmeno li considero e certo non mi vado ad insudiciare le mani in una
rissa con gente simile. Ma un conto è che faccia lo stronzo con me, un
conto che se la prenda con Daniele, questo almeno voglio che gli entri
bene in quella zucca tarata.
Comunque sia, lo zombie si alza in piedi con velocità fulminea,
dimostrando a dire il vero una prontezza che non mi sarei aspettato, e con
gli occhi fuori dalle orbite, sta per saltarmi addosso, con l'intenzione
evidentissima di ammirare il colore delle mie budella. Io però lo sto già
aspettando in posizione d'attacco, perché lui sarà pure più allenato in
questo genere di cose, ma io non sono certo un tipo mingherlino. Cinque
anni di piscina devono pur essere serviti a qualcosa, no?
Ma prima che possa fare anche un solo gesto, mi ritrovo circondato dagli
scorbutici in gran completo, che mi afferrano per le braccia e mi
trascinano di peso fuori. L'ultima cosa che vedo, prima di lasciare, non
proprio volontariamente, l'aula sono le mitiche che, tutte attorno a
Maurizio, tentano di farlo ragionare (impresa eroica e addirittura
disperata, a dirla tutta) e di convincerlo a lasciar perdere.
In corridoio ansante e trafelato mi appoggio al muro e lancio
un'occhiataccia feroce a questi impiccioni che mi stanno sempre in mezzo
ai coglioni e mi impediscono di cacciarmi allegramente nei guai. E starei
per dirgliene un sacco ed una sporta se non fosse che i miei occhi si
incrociano in un momento con quelli di Daniele. Cavolo! non mi ero affatto
accorto, nella confusione, che anche lui si era messo in mezzo per
separarmi da due-neuroni. Ma porca paletta! Si può sapere perché adesso mi
fissa con quello sguardo preoccupato e persino contrariato? Sembra quasi
che voglia rimproverarmi per qualcosa. Guarda che non l'ho mica fatto per
te, vorrei urlargli, ma sono troppo rintronato dai rimbrotti di Matteo,
che con la sua solita grazia mi sta strillando direttamente dentro il
padiglione acustico.
"... tu sei diventato completamente scemo" riesco a mettere a fuoco in
quel torrente di parole, "Ma si può sapere che cosa ti è preso da qualche
giorno in qua, giuro che quasi non ti riconosco!"
Non è che lo faccio apposta, è che proprio mi viene naturale a questo
punto guardare fisso in faccia Daniele, che per tutta risposta, arrossisce
come un gambero e distoglie gli occhi dai miei con aria colpevole. E
mentre ancora Matteo, supportato dagli altri, mi fa il cazziatone, lo vedo
girarsi e allontanarsi verso i bagni. Sì, sì. Brutto vigliacco, scappa,
scappa pure... ma io, invece, qualcuno me lo vuole spiegare cosa devo fare
adesso?
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Be' almeno una cosa posso ancora pretenderla: uno spazio tutto mio in cui
lagnarmi di come la sorte bastarda mi abbia trattato. Io non lo so cosa
fanno, o dove vanno a rifugiarsi, tutte le persone del mondo quando hanno
il cuore spezzato. Spero davvero, dall'alto del mio animo nobile, che
tutti quanti abbiano la fortuna di avere una coperta di Linus a cui
aggrapparsi, o un posto speciale dove rintanarsi. Per quanto mi riguarda,
esiste un solo luogo dove mi posso leccare le ferite in santa pace, senza
che facce preoccupate o accigliate si mettano in mezzo ogni minuto a
chiedermi: "Che hai? Che ti prende? Ma possibile che voi giovani d'oggi
non sappiate godervi la vita?". Che strazio!
Ecco il motivo per il quale sono qui, davanti ad una fetta di torta sacher,
preparata dalle mani fatate di Jasmine, la compagnia di zio Manuel. Perché
è appunto a casa di mio zio che mi ritrovo, in questo pomeriggio di sabato
grasso, quando nemmeno lui, l'intrepido scalatore di grattaceli, nonché
stacanovista della cazzuola, si attarda a lavorare. Almeno sono sicuro che
qui nessuno mi romperà le scatole e che potrò piangermi addosso a volontà,
sotto gli occhi sornioni del suddetto zio, che in questo preciso momento
si lecca i baffi (per modo di dire perché non li porta) con aria
assolutamente beata.
Mi sono precipitato a casa sua uscendo da scuola, dopo tutto il casino che
sono riuscito a combinare. Sfuggendo sia all'imboscata di due-neuroni, che
mi aspettava per concludere un certo discorso, sia alle premure del
gruppazzo, unito per difendermi. E sono volato qui in scooter a farmi
confortare con un pranzo luculliano (Jasmine fa la cuoca, beato zio
Manuel!) ed una tonnellata di dolcetti.
Ma non posso dire che tutte queste coccole, sotto forma di manicaretti,
siano bastati a consolarmi. Anzi, mi sbatterei la testa in tutti i muri al
solo ricordo di quello che è successo oggi in classe. Ma si può essere più
deficienti di così? Tutto quel trambusto che ho combinato e per cosa poi?
Per uno che mi ha rifilato un no grande come i grattacieli che costruisce
mio zio.
Lo so, Matteo ha perfettamente ragione, ho dato completamente di matto.
Però ho anche le mie attenuanti, giuda ballerino! Perché sfido chiunque a
ritrovarsi la persona che più gli piace al mondo ad appena due passi,
tanto che basterebbe allungare la mano per afferrarlo e stringerselo
contro e poi baciarlo appassionatamente davanti a tutti e buona notte al
secchio e... e invece no! Non solo devo fare finta di niente, ma in più
devo anche sopportare l'aria da cane bastonato di quell'impunito, che si
comporta come se fosse lui l'umiliato e offeso, quello a cui è crollato il
mondo addosso, mentre io... io chi sono?... forse solo uno stronzo di
passaggio, che se ne va in giro col naso per aria senza l'ombra di un
problema al mondo.
"mmmmmm, stupenda," dice intanto lo zio che quanto a golosità mi batte
cento ad uno (ed è tutto dire).
"Già," rispondo con aria depressa e gli occhi bassi sulla tovaglia
assurdamente colorata. Non tanto bassi però da non accorgermi che zio
Manuel scambia un'occhiata significativa con Jasmine.
"Uh, come si è fatto tardi," dice lei che in quanto a capire i sottintesi
è veloce come un fulmine, "Mi chiudono i negozi se non mi sbrigo. Ciao,
piccolo, ti fermi anche a cena, vero?" mi deposita un bacio sui capelli e
vola via, senza darmi il tempo di rispondere, lasciando nell'aria un po'
di quel suo profumo orientale, che oramai ha contagiato tutta la casa e
che avverto persino sul suo compagno di vita.
Non passano nemmeno due minuti che sento la porta chiudersi con un allegro
tonfo. Dalla finestra vedo la sua figuretta, ammantata di incredibili
abiti svolazzanti e multicolori, avviare un vecchissimo e scassatissimo
motorino e partire strombazzando. Il suono si perde tra gli alberi di
questa periferia verde di zecca, con la primavera che fa capolino nei
campi di acetosella, già fioriti nonostante il freddo.
Zio Manuel una volta abitava in centro, in uno di quei palazzi altissimi
che probabilmente aveva costruito lui stesso, ma quando Palù, il suo
grosso gatto soriano, si è suicidato lanciandosi dalla finestra, ha deciso
che nessun povero cristo può sopravvivere in quelle gabbie. E cosi si è
trasferito baracca e burattini in questa casetta fuori dal mondo, dove
arriva, arrancando e praticamente ogni morte di papa, un unico autobus di
città e dove, se vuoi un misero espresso, devi farti almeno cinque
chilometri per raggiungere il bar più vicino. Ma contento lui...
Sospiro, leccando dalla forchetta ciò che rimane di quella delizia alla
marmellata e cacao.
Da parte del caro zio, nel frattempo, silenzio e immobilità assoluta,
perché, anche se ha fatto in modo che restassimo soli, lui non mi farà
alcuna domanda fin quando non sarò io a parlare per primo. E' fatto così e
non c'è niente da discutere in proposito, ha i suoi principi ed uno di
questi, incrollabile, dice che la gente è già fin troppo stressata per
tormentarla con interrogatori sulla sua salute psico-fisica. Anche perché,
sostiene, se qualcuno ha voglia di parlare lo fa, purtroppo, che tu glielo
chieda o meno, aggiunge, scuotendo la testa con aria tutt'altro che
felice.
Vabbe', non me ne frega niente di passare per il rompiscatole di turno.
Lui è mio zio. da quando sono nato va proclamando a destra e a manca che
sono il suo nipote preferito, e per giunta quando mio padre mi deve
insultare a sangue non trova niente di meglio che dirmi che gli somiglio,
perciò che si sopporti i miei guai e i miei lai, e senza profferir
lamento.
"Che cazzo di bel consiglio che mi hai dato!" esordisco, col tatto che mi
contraddistingue, "La prossima volta che ho un problema vado a parlarne
con una cartomante, sono sicuro che se butta all'aria un mazzo di tarocchi
e me li legge a cazzo di cane ci azzecca più di te."
Lui non fa una sola piega, solo mi osserva con una luce tranquilla negli
occhi azzurro cielo e neanche ci pensa di sbattermi fuori di casa a calci
in culo, come d'altronde meriterei.
"Ho come l'impressione che una certa persona con un bel paio d'occhi e un
bel sorriso ti abbia detto di no," riassume con serafica calma, "Cos'è, ha
già un ragazzo?"
"No," dico cupo, "Ma sta aspettando il principe azzurro sotto forma del
gay perfetto. Immagino che al prossimo tizio che gli si avvicina gli farà
un test del tipo: se vedi una donna in minigonna cosa pensi? a- ti si
drizza (scartato); b- le ragazze di oggi non hanno vergogna (ancora non ci
siamo) c- bella quella gonna (bingo! è l'uomo della mia vita)".
Zio Manuel a questo punto mi sta guardando lievemente incuriosito, il che,
nel suo linguaggio del corpo, significa che è molto, ma davvero molto,
preoccupato per la mia integrità mentale. Be', forse non sembra, ma sono
un nipote affezionato, dopotutto, e mi fa male vederlo dibattersi
nell'angoscia, perciò mi decido a raccontargli tutto quanto per filo e per
segno.
Ci metto quasi mezz'ora ed io stesso sono il primo a stupirmi. È
incredibile come quella maledetta conversazione con Daniele mi sia rimasta
in mente parola per parola, fino alla minima sfumatura, fino alla minima
espressione facciale, fino alla minima sensazione... insomma, io lo so da
un pezzo che sono fritto e strafritto, ma a volte, come ora, mentre mi
passa davanti, con l'evidenza di un film, tutta quella disgraziata
chiacchierata, ho l'impressione di non rendermi sempre bene conto del
fondo del pozzo in cui sono caduto.
"Uhm..." fa zio Manuel appena ho finito di raccontare "Sei stato un fesso.
Se gli avessi detto che eri sicuro di essere gay almeno te lo saresti
fatto."
Se fossi dentro un cartone animato giapponese a questo punto starei
annegando sotto il peso di un'enorme goccia di sudore.
"Ma porc... ma ti pare il caso di metterti a scherzare?" urlo con gli
occhi iniettati di sangue.
Ridacchia il maledetto, mentre si accende una di quelle sue
puzzolentissime sigarette. Come promotore, arrabbiato e fondamentalista,
di una delle più feroci campagne antifumo che la mia scuola e la mia
famiglia abbiano mai conosciuto dovrei fargliela saltare dalla finestra,
quella robaccia. Sennonché, come ammette lui stesso, fumare è l'unico modo
con il quale le sue cellule grigie, di solito allegramente latitanti, si
mettono in moto dentro a quell'indispensabile cervello. Infatti, dopo un
paio di boccate, mi punta addosso la fessura dei suoi occhi, dove brilla
il sole chiaro dell'intelligenza.
"Um... brutta faccenda questa storia delle persone che vogliono fare nuove
esperienze... niente in contrario a dire il vero, ma almeno prima
dovrebbero sincerarsi se anche quelli che hanno davanti desiderano la
stessa cosa. Povero Daniele, mi dispiace davvero molto per lui. È
comprensibile se ora voglia andarci con i piedi di piombo."
Sbuffo spazientito.
"Povero Daniele, povero Daniele, ed io allora? Si può sapere perché ci
devo andare di mezzo? Che cavolo ho fatto di male?"
Lui aspira un'altra boccata e mi guarda con aria da saggio illuminato.
"Scusa se mi faccio gli affaracci tuoi, Marco," dice alla fine, "Ma anche
tu vuoi stare insieme a Daniele perché sei in cerca di esperienze nuove?"
Con un unico, preciso gesto afferro tra le dita la sigaretta che gli pende
dalle labbra e con molta calma mi alzo, apro la finestra e la butto via.
Poi con la stessa tranquillità torno a sedermi.
"Troppo fumo annebbia il cervello," gli spiego mellifluo, poi alzando
all'improvviso la voce, "Ma che cazzo di domande mi fai? Se non ho neanche
cominciato a fare quelle vecchie di esperienze mi spieghi perché diavolo
dovrei avere voglia di farne di nu.. o..." mi interrompo con la voce che
si perde in un sussurro, accorgendomi di aver detto qualcosa di troppo.
"Be', insomma," cerco di riparare, imbarazzato dalla luce ironica che vedo
brillare nei suoi occhi "Non è che non ne ho fatto proprio del tutto di
quelle vecchie... solo non sono proprio andato... fino in fondo..."
"Ma dai!" dice lui con fare esageratamente meravigliato "Sul serio? Ed io
che pensavo fossi un vero dongiovanni."
Ah basta! Adesso è troppo! Se devo farmi prendere in giro da uno, solo
perché sono un adolescente imbranato e lui invece, alle soglie della
pensione, è un uomo esperto e navigato, preferisco tornare a casa e
sopportare le prediche senza capo né coda di mio padre. Faccio l'atto di
alzarmi in piedi, ma Manuel mi trattiene per un braccio e mi tira giù
sulla sedia.
"Ehi, non ti sarai mica offeso? Stavo solo scherzando? Che fine ha fatto
il tuo senso dell'umorismo?"
"Non è proprio aria, Manuel, e mi stupisce che tu non lo capisca." Gli
dico e nella voce mi risuona una nota più amara di quanto avrei voluto.
Ecco, ci manca solo che mi metta a piangere e sono al completo. Una volta
che sarò stato etichettato come il bamboccio del millennio cos'altro potrò
volere dalla vita?
"Ascolta," sta ancora sorridendo, ma adesso è diverso, è come se
improvvisamente si fosse ricordato che sono io, Marco, l'essere a cui ha
dichiarato, dalla nascita, amore eterno.
"Se non è per fare nuove esperienze, allora perché vorresti stare insieme
a lui?"
Sospiro sconsolato, pare che dovrò farci il callo, in fondo me lo avevano
detto: ognuno nasce solo e nello stesso modo muore. Non puoi sperare di
essere compreso dagli altri, nemmeno dagli zii operai, per quanto ti siano
affezionati.
"Perché quando lo vedo mi viene un coccolone," spiego disperato, "...è
come se mi si fondesse il cervello. E anche quando non c'è, cosa credi che
faccia? Praticamente penso a lui tutto il giorno. Sto lì a chiedermi:
<<Adesso Daniele cosa farà? E se fosse qui cosa penserebbe di me? Cosa
direbbe?>> Sono completamente perso per lui e a questo punto non me ne
frega niente se è un maschio... non me ne frega proprio... io non ho mai
sentito prima per nessun altro quello che sento per lui."
"Bravo! Ma allora perché non glielo hai detto?"
"Sì che gliel'ho detto," trasecolo.
"Macché, se quello che mi hai raccontato corrisponde ai fatti, tu gli hai
solo detto che ti piace. Ma ti sembra che ad uno che ha avuto una brutta
storia come la sua possa bastare? Ma che hai nel cervello?"
"Che gli dovevo dire?" urlo esasperato.
"Per esempio, bastava solo quella cosina che mi hai appena confidato...
com'è che suonava esattamente? Ah, sì! <<Io non ho mai sentito per nessun
altro quello che sento per lui>>, testuali parole".
Arrossisco come un pomodoro di Pachino, anche perché il maledetto ha
parodiato il tono sdolcinato con cui l'avrei detta io quella frase ed ha
persino sbattuto le ciglia, lo stronzo.
"Ma io..."
"Ma tu pretendevi che lo capisse da solo, vero?"
"Ma io non sapevo niente di quello che gli era successo. Mi sono
comportato come al solito. Forse ai tempi tuoi era diverso, ma guarda che
ora certe sdolcinatezze non sono poi così apprezzate, mica ho voglia di
farmi sfottere a vita da chiunque, che credi?"
"Prima di tutto vacci piano con questa storia dei miei tempi, perché non
sono mica Matusalemme" dice lui dopo aver alzato gli occhi al cielo, "E
poi se le cose non vengono dette in maniera chiara non possiamo pretendere
che gli altri non ci fraintendano. Anzi, questo è meglio che lo impari
adesso che sei ancora in tempo, perché c'è gente che arriva ad ottant'anni
e ancora non lo sa e non puoi capire in che guai si ritrovano di solito. E
per dirla tutta, quello che mi piacerebbe sapere è perché, quando lui ti
ha raccontato quello che gli era successo, tu non lo hai sbattuto sul
materasso, invece di tornartene a casa mogio mogio, come un coglione".
"Cioè, secondo te, avrei dovuto sbatterlo sul materasso?" allibisco.
"Sicuro che dovevi farlo, ma non prima di chiarire che gli vuoi troppo
bene per pensare anche lontanamente di prenderlo in giro. Ma chi lo sa?"
aggiunge grattandosi il mento, "Forse non è troppo tardi. Pensi di
riuscire a ritrascinartelo su di un letto?"
Lo guardo senza un briciolo di fiato. Io l'ho sempre saputo che zio Manuel
è un tipo alquanto spregiudicato, supponevo anche, soprattutto a giudicare
dall'aria felice e soddisfatta di zia Jasmine, che fosse del tutto privo
di pregiudizi e tabù sessuali. Ma da qui a sospettare che potesse arrivare
al punto di consigliare al suo nipote preferito, lo ripeto: preferito, di
saltare addosso ad un altro ragazzo... no, non riesco a credere alle mie
orecchie. Se lo sa mia madre lo ammazza, ed io stesso non posso fare a
meno di fissarlo scioccato e scandalizzato. Insomma questa cosa di
ritrascinare Daniele su di un letto mi pare assolutamente...
assolutamente... geniale... ecco cos'è... geniale! Ma perché diavolo non
ci ho pensato da solo? Ma cosa ho nel cervello? Ehm... d'accordo questo
l'ha appena detto anche lui, però ha ragione, San Crispino, sono un
idiota!
"Che cosa devo fare?" chiedo con aria disperata.
"Ma allora sei davvero scemo," dice accendendosi un'altra sigaretta e
bloccando con aria feroce il mio tentativo di impedirglielo.
"Devi trovare il modo per parlargli di nuovo e per dirgli che sei
innamorato di lui. Perché tu sei innamorato di Daniele, vero o no?"
Ehm... mi mette un po' in imbarazzo doverlo confessare ad un parente,
anche se questo parente è lui, ma comunque arrossendo annuisco con la
testa. Sì, miseria ladra, sì... è inutile che continuo a prendermi per il
culo, se fosse solo attrazione fisica quella che provo per quel
disgraziato non mi sentirei così di merda adesso. Lo capisco benissimo da
solo, perché almeno su queste cose un po' di logica e di sano buon senso
ce l'ho persino io. Però c'è una cosa che continua a tormentarmi e oramai
che ci sono tanto vale che vuoti il sacco per intero.
"Ma se mi dice lo stesso di no che razza di figura ci faccio?"
Non è spettacolo abituale vedere zio Manuel arrabbiato, a dire il vero è
già abbastanza raro che lui si spazientisca. Anzi, il suo aplomb stile
inglese è talmente famigerato tra parenti ed affini, da essere diventato
addirittura oggetto di leggende. C'è chi giura, per esempio, di aver visto
gente mettersi a piangere di fronte a questo muro di gomma che è mio zio
in certe situazioni. Ma ora... Be', non dico che sia proprio alterato, ma
giuro che qui, davanti ai miei bulbi oculari stupefatti, lui sta
cominciando ad arrossire, gli occhi gli sono diventati sottili come due
fessure e ha cominciato persino a sbuffare. Questo spettacolo mi fa
correre i brividi lungo la schiena, mi sento come se stessi sulle pendici
del Vesuvio e quel pigro di un vulcano si mettesse all'improvviso a
brontolare. Sarà il caso di scappare a gambe levate? No, potrebbe essere
peggio, meglio farsi piccini piccini ed ascoltarlo senza fiatare.
"Ma la vuoi smettere di pensare solo a questa eventuale brutta figura?"
esordisce ad un volume appena più alto di quello che usa di solito,
"Guarda che qui c'è in ballo qualcosa di più del tuo smisurato ego. Se lui
ti piace fino al punto da starci male devi rischiare, non ci sono cazzi.
Ma cosa credi che le cose migliori ti verranno servite nel piatto calde
calde, senza che tu debba fare niente per averle? Mi dispiace ma adesso ti
ingoi la tua tonnellata e passa di orgoglio e gli dici esattamente come
stanno le cose. E se lui ti dice lo stesso di no, o è un vigliacco che non
riesce a mettersi alle spalle una brutta esperienza e rischiare per il
futuro, oppure sta usando una scusa per non doverti dire che non gli
piaci. In entrambi i casi non ti sarai perso un granché."
"Bella consolazione" riesco a mormorare, nonostante la fifa, e subito mi
rattrappisco aspettando terrorizzato che esploda. Invece lui,
fortunatamente, si calma, mi guarda con tenerezza un po' triste e poi,
pazientemente ricomincia a spiegarmi.
"Non puoi impedire a te stesso di soffrire semplicemente evitando di
affrontare le cose, Marco. Non è così che funziona, mi dispiace. Vorrei
poterti dire che andrà tutto per il meglio e che sarai fortunato in amore
solo perché sei un bravo ragazzo e te lo meriti. Ma ti mentirei, la
sofferenza non guarda in faccia nessuno in certe cose, e nemmeno la
felicità, temo. Però, davvero preferisci restare nel dubbio?"
Ci penso su per qualche secondo e poi scuoto la testa. Ho capito, ho
capito, mica sono davvero così scemo come sembro. Ho capito che ci vuole
coraggio, e che è questo che sta cercando disperatamente di dirmi. Certo
non è facile, mica basta una semplice chiacchierata, anche se fatta con
una persona fantastica come lui, per risolvere certe situazioni, ma è
appunto per questo che ci vuole coraggio.
Però questi tre giorni senza scuola mi dicono proprio male. Praticamente
le opportunità di rivedere Daniele e di poter perciò chiarire le cose una
volta per tutte non sono poi molte. È vero che c'è la festa a casa di
Marilena, ma non credo che un'occasione di questo tipo sia la più adatta.
Una festa vuol dire confusione, musica a tutto volume, gente che ti capita
tra i piedi nei momenti più impensati, intimità uguale a zero. Insomma,
sono sicuro che sarà impossibile persino avvicinarlo, altro che dirgli che
sono innamorato di lui. Perché, quanto a questo ormai sono convinto. Lo
farò, dovessi lasciarci le penne, la faccia, la reputazione e tutto quello
che ho di più caro. Daniele sarà messo di fronte a questa verità e
toccherà a lui a quel punto decidere una volta per tutte. Spero solo che
la sua decisione non mi spacchi definitivamente il cuore, ma anche se così
dovesse avvenire, vorrà dire che in cambio... spaccherò la faccia a
Maurizio due-neuroni. Perché? Be', in qualche modo dovrò pure sfogarmi,
no?
Fortuna che il costume me l'ero preparato già da un pezzo, o con il
cattivo umore di questi giorni, figuriamoci cosa sarei mai riuscito a
combinare. A dire il vero ho fatto diventare pazza la povera Maria per
almeno tre settimane, cercando di spiegarle esattamente cos'è che volevo.
Ed adesso che sono nell'ascensore che mi porta all'appartamento della
superfesta do un'occhiata allo specchio davanti a me e penso che sono
perfetto. A Matteo gli verrà un colpo quando mi vedrà. Anzi a dirla tutta
potrei vincere uno di quegli strafichissimi concorsi di cosplay, se solo
avessi il coraggio di presentarmi ad una fiera del fumetto, in mezzo a
tutta quella gente vestita in modo anonimo, conciato così. Ho addosso un
paio di pantaloni di pelle nera che mi fasciano le gambe, sopra ho una
maglietta aderente anch'essa nera (sono livido di freddo, aiuto!), e fin
qui niente di strano, ma gli accessori non sono altrettanto minimalisti. A
tracolla mi pende una cartucciera piena di pallottole. Di plastica,
fortunatamente per due-neuroni. Al cinturone che mi cinge la vita sono
attaccati due foderi, dai quali sbucano i manici di due pugnali, il mio
braccio sinistro è avvolto in un guanto nero della stessa pelle (finta)
dei pantaloni, ho un occhio coperto da una benda e... dulcis in fundo...
sulla schiena porto uno spadone talmente grande che se non fosse di
cartapesta peserebbe una tonnellata.
Certo se avessi qualche muscolo in più e se i miei capelli fossero neri
anziché di questo castano che vira al dorato, forse la messa in scena
sarebbe davvero d'effetto, ma anche così sono... un vero pagliaccio,
sospetto, ma insomma è carnevale, quindi persino io mi posso permettere di
vestirmi da Gatsu, senza per questo far sbellicare dalle risate l'universo
intero, o no?
Prima che il tarlo del dubbio mini del tutto quel po' di fiducia che ho in
me stesso, e finisca perciò per darmela a gambe, la porta dell'ascensore
si apre e mi ritrovo faccia a faccia con le mitiche al completo che sono
venute ad accogliermi alla porta e a Matteo travestito da uomo ragno. Dire
che a vedermi ci restano secchi è un eufemismo dettato dalla mia modestia.
Le ragazze, infatti, cominciano a lanciare piccole urla di giubilo e mi si
appendono al braccio a grappoli, trascinandomi nell'appartamento in
trionfo, mentre il mio migliore amico rimane come uno stoccafisso sul
pianerottolo a rosicare come un intero girone di invidiosi danteschi.
Anche dentro devo dire che è un successone. Persino quelli che non hanno
mai posato gli occhi su un solo numero di Berserk (poveracci!) sembrano
colpiti da tutto il mio armamentario. Soprattutto la spada raccoglie un
coro di consensi e mentre al centro di un capannello spiego col mio tono
più schivo (che attore che sono!) in che modo l'ho costruita, con la coda
dell'occhio vedo passare una cosa che mi lascia di sasso. Mi libero del
mio pubblico e con un paio di passi raggiungo una figura in armatura, con
un elmo, che dovrebbe imitare la testa di un falco, posato sui lunghi
capelli bianchi.
"Non ci posso credere che ti sei vestito da Griphis!" urlo per sovrastare
la musica.
"Ti sei vestito da Gatsu!?!" Sta dicendo Daniele contemporaneamente. E poi
restiamo lì a bocca aperta a guardaci l'uno con l'altro, come due perfetti
cretini.
"Be', almeno tu mi hai riconosciuto," dice lui dopo un qualche attimo, "E'
da quando sono arrivato che mi chiedono se sono travestito da Lady Oscar!"
A questa uscita non ce la faccio a trattenermi, comincio a ridere di cuore
e ride anche lui insieme a me ed ogni cosa improvvisamente diventa facile
e leggera, come le giornate di vacanza quando ero bambino.
"Ma come cavolo hai potuto mascherarti da uno stronzo come Griphis?" dico
continuando a ridere.
"Cosa?" mi chiede, mentre la musica raggiunge i cento decibel. Allora lo
afferro per un braccio e lo trascino verso la cucina. In fondo credo sia
mio diritto cercare un posto tranquillo dove poter parlare in pace. Lo so
che una cucina non è una camera da letto, e quindi difficilmente potrò
sbattere Daniele su un materasso, come mi ha consigliato quel hentai di
mio zio, ma insomma una cosa per volta, giusto? E poi, adesso che ho visto
che è possibile per noi ridere insieme e scherzare, nonostante quello che
è successo e nonostante questi ultimi giorni d'inferno, non ho poi tutta
questa fretta di arrivare alla soluzione finale di questo pasticcio. Mi
viene il sospetto che il tempo dopotutto sia dalla mia parte e comincio a
pensare che posso sfruttare questi giorni di vacanza per conoscere meglio
il ragazzo che mi trascino dietro con la forza (anche se lui non sembra
opporre molta resistenza). In fondo un po' di sana, amichevole
conversazione non potrà che portare acqua al mio mulino malandato e magari
potrei finalmente capire se gli piaccio almeno un po', prima di espormi
del tutto.
Con questa intenzione, fraterna e innocente, entro in cucina insieme a
Daniele. E come volevasi dimostrare la stanza è già occupata. È vero che
in realtà ci sono solo due persone, Marilena insieme a Giulia che stanno
riempiendo i bicchieri di coca cola e fanta, ma si sa che in certe
situazioni in tre si è già una folla, figuriamoci in quattro. Appena
entriamo, comunque, le due ragazze alzano gli occhi e ci guardano
sorridendo.
"Voi due," esclama Marilena, "Se provate a trasformare la mia festa in
un'eclissi dovrete vedervela con mia madre. Vi avverto che quando si
incazza non è un bello spettacolo!".
"Ma quale eclissi, sto solo cercando di capire come ci si può mascherare
da uno stronzo come Griphis," dico io con aria serissima. E come mi
aspettavo, in un momento mi ritrovo sommerso dagli improperi delle due
ragazze a dallo sguardo disgustato di Daniele.
"Ecco adesso sei morto. Che la forza sia con me!" dice Giulia brandendo
quella che dovrebbe essere una spada laser.
"Andiamo, jedi dei poveri" la trascina via Marilena, "Adesso devi aiutarmi
con le bibite, ci pensiamo dopo a fare polpette di Gatsu. Ora che ci penso
potrei offrirle agli ospiti dopo i salatini." E, miracolo della
provvidenza, quelle due impiccione se ne vanno lasciandoci soli.
"Che cos'è che hai contro Grifhis?" mi dice subito Daniele con aria
corrucciata.
"Niente, che dovrei avere contro uno stronzo traditore, stupratore,
assassino, infido gallinaccio, come quello?"
"Lui un traditore??? Pensa a Gatsu piuttosto! E' stato quel pallone
gonfiato ad andarsene e a lasciarlo solo. Eppure lo aveva capito in che
stato era Griphis quando lo ha abbandonato sulla neve. Lo ha visto quanto
ci teneva a non perderlo, ma figurati se ha cambiato idea! Neanche per
sogno! Doveva dimostrare di valere quanto Griphis..."
"Per avere la sua amicizia, per essere stimato degno di questo immenso
onore, visto che sua signoria si degnava di considerarlo alla stregua di
uno dei suoi tanti lacchè."
"Ma che dici?" Daniele adesso è davvero accalorato, le guance gli si sono
colorate di rosa, è carino da impazzire ed io ci provo un gusto pazzesco a
provocarlo se serve a farlo diventare così bello. "Guarda che per Griphis
Gatsu era la persona più importante del mondo, altro che lacchè. Era
innamorato di lui e tutto quello che è successo dopo è solo perché Gatsu
lo ha lasciato solo... lui si è sentito rifiutato..."
O per Bacco! Un momento! Cosa stanno udendo le mie orecchie?! Ma sul serio
Daniele mi sta offrendo una simile esca? E crede che io sia così
deficiente da non approfittarne?
"Davvero credi che Griphis fosse innamorato di Gatsu?" lo interrompo serio
serio. E lui, che non sa minimamente cosa lo aspetta, arrossisce e
distoglie lo sguardo.
"Certo che ci credo," dice tranquillamente, cascando nella mia trappola
così come mi aspettavo, "E solo uno scemo come Gatsu poteva non capirlo e
abbandonarlo in quel modo."
Potrei mettermi a danzare su di una piuma, tanto mi sento pieno di sicura
baldanza. Lui, invece, che non sospetta niente, ha pronunciato quest'ultima
frase in modo così triste che il cuore mi diventerebbe di burro, se non
fossi impegnato a giubilare.
"E' vero, solo un perfetto scemo può abbandonare la persona che gli vuole
bene per uno stupido orgoglio."
Daniele mi guarda stranito, il mio improvviso voltafaccia lo ha lasciato
senza parole, e ancora non sospetta dov'è che voglio andare a parare,
poveraccio.
"Ma ancora peggio mi pare uno che è capace di spezzarti il cuore solo per
paura di soffrire. Tu come lo chiameresti uno così? A me sinceramente
sembra un gran vigliacco e pure un egoista"
Ecco, che qualcuno, da questo momento in poi, si azzardi a dirmi che non
so cogliere la palla al balzo. Anzi, da ora mi incorono da solo il re
delle occasioni acchiappate al volo. Invece, dalla faccia che fa, ho
l'impressione che Daniele vorrebbe piuttosto spaccarmela la testa, altro
che metterci una corona sopra. Credo anche che abbia una voglia matta di
darsela a gambe. Ma figurati se gli permetterò di muoversi di un solo
passo, figurati. Ed infatti lo tengo inchiodato qui con gli occhi fissi,
fermi dentro i suoi, anche se lui tenta di sottrarsi. Ma nel momento
stesso in cui apre la bocca per dire qualcosa, e cioè, proprio adesso che
viene il bello, che l'ho stretto alle corde e che deve per forza darmi
retta, tre perfetti imbecilli col volto coperto da una maschera entrano in
cucina e si mettono a ballare davanti a noi, sfidandoci, con un'assurda
pantomima, a riconoscerli. Ma porca paletta! Ma perché la terra non si
apre e non li inghiotte? Io lo so benissimo chi sono, sono tre
stramaledetti rompiscatole, ecco chi sono, e vorrei solo che l'ammazzadraghi
che porto sulle spalle fosse vera per poter fare una carneficina. Insomma,
con aria feroce afferro di nuovo Daniele per un braccio e me lo trascino
appresso in cerca di un posto in cui la nostra intimità non sia
continuamente violata da branchi d'irresponsabili segaioli.
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Non sta affatto bene, lo so. Questa cosa è talmente scorretta che se ci
fosse qui mia madre le verrebbe attacco isterico, come minimo. Ma sono
anche convinto che di fronte a questioni di vita o di morte è
indispensabile mettere da parte i migliori principi e la buona creanza e
regredire anche all'età delle caverne se necessario. Insomma, per farla
breve, ho trascinato Daniele dentro la stanza di Marilena e come se non
bastasse, appena dentro ho chiuso la porta a due mandate. Solo per essere
sicuro di non essere disturbato un'altra volta sul più bello, non perché
ho paura che il fedigrafo mi scappi, sia ben inteso.
A mia unica discolpa, oltre la necessità, c'è il fatto che in questa
stanza io ci sono già entrato innumerevoli volte, e ci ho anche bivaccato
allegramente in certe giornate in cui avevo bisogno di un rifugio, dopo
aver marinato la scuola. Certo, questa però è la prima volta che sono qui
all'insaputa e senza il permesso della legittima proprietaria, e la cosa
mi fa sentire un pochino in colpa, ma solo un pochino se devo essere del
tutto sincero.
Daniele mi ha visto chiudere la porta a chiave e mi ha guardato perplesso,
come se la cosa non fosse esattamente di suo gradimento, però non ha
protestato. Adesso continua ad osservarmi in silenzio con una luce strana
dentro gli occhi, qualcosa fra il rassegnato e il dispiaciuto, come se si
preparasse ad affrontare una situazione spiacevole, ma inevitabile.
"Noi due dobbiamo parlare," esordisco con decisione.
"Credevo che avessimo già chiarito tutto," dice lui stancamente.
"A dire il vero, penso che ci siano un paio di cose che sono rimaste in
sospeso, ti dispiace se ne discutiamo un po'?"
"Adesso?" chiede con una specie di disperazione. Be', dal suo punto di
vista non posso certo dargli torto. Immagino che sia venuto alla festa con
tutta l'intenzione di divertirsi e non pensava certo di ritrovarsi
prigioniero dentro la stanza tutta fronzoli di una ragazza ad affrontare
uno che lo aggredisce col piglio di un serial killer.
"Scommetto che ci vogliono due minuti," dico addolcendo la voce, "Da parte
mia voglio solo farti una domanda e poi puoi tornare a ballare se proprio
ti va."
Annuisce rassegnato e mi guarda in attesa.
"Daniele, se io non ti piaccio perché non me lo hai detto direttamente
invece di trovarti una scusa così cretina per dirmi di no?"
Sono o non sono il re della perfidia? Proromperei in una risata
diabolicamente folle se non fosse che il suo sguardo di fuoco mi
incenerisce sul posto, togliendomi ogni voglia di fare lo stronzo.
"Non è una scusa cretina, io ti ho detto la verità. E lo hai visto tu
stesso come vanno le cose, o credi che quello che è successo ieri mattina
con Maurizio sia solo un episodio isolato?"
Sbuffo d'impazienza.
"Ma come cavolo fai a prendere sul serio un cretino integrale come quello,
lo sanno tutti com'è fatto."
"Guarda che di gente come Maurizio è pieno il mondo."
"Il mondo è altrettanto pieno anche di gente completamente diversa..."
"Certo," mi interrompe spazientito, "E' pieno anche di bravi ragazzi come
Matteo, ma dimmi una cosa, come credi che reagirebbe il tuo migliore amico
se sapesse che noi due ci siamo messi insieme?"
Ora basta, mi sono davvero stufato, questa conversazione sta prendendo una
piega ridicola, com'è ridicolo il fatto che ogni volta che io tento di
capire cosa questo stronzo pensa di me, lui trova sempre il modo di
svincolare.
"Me lo vuoi dire che cazzo c'entra Matteo adesso?" sbotto spazientito, "E
che cazzo c'entra Maurizio o persino quel tipo che ti ha fatto quello
scherzo infame? Possibile che ogni volta che cerco di parlare di noi due
tu debba mettere in mezzo un sacco di persone estranee. Ma allora lo fai
apposta!"
"Sto solo cercando di farti capire..." adesso sono io che lo interrompo e
lo faccio con una voce così seria e bassa che mette i brividi persino a
me.
"Daniele, tu cosa vuoi? Pretendi che ti prometta che sarai l'uomo della
mia vita? Che ti giuri che non ti farò mai soffrire? Sono onesto, io non
lo posso fare, hai assolutamente ragione su questo. Ma sii onesto anche
tu, però! Se fossi io a chiedertelo, potresti promettermi una cosa
simile?"
Lui mi guarda stupito, evidentemente l'ho lasciato senza parole.
"No, che non potresti farlo, ammettilo," vado avanti ormai a tutta birra,
"Cosa ne sappiamo del futuro? E poi, scusa, anche quella storia di
trovarti un ragazzo che è gay al cento per cento, ma ti rendi conto quanto
è ridicola? Chi ti dice che uno così non possa prendersi gioco dei tuoi
sentimenti, esattamente come chiunque altro?"
Lo vedo inghiottire e poi rivolgermi un sorriso forzato.
"Come ci siamo arrivati a parlare di queste cose? Non stavamo litigando
per Griphis?" tenta di scherzare.
"L'unica cosa che tu dovresti chiedere ad una persona che ti si avvicina,"
continuo senza badare minimamente al suo tentativo di sdrammatizzare, "E'
se è innamorata di te, e poi incrociare le dita. Perché assicurazione
contro le delusioni d'amore non ne fanno in nessun posto del mondo, non ti
illudere."
Ecco, gliel'ho detto. Tutto quello che in queste ultime ore, da quando ho
parlato con zio Manuel, sono andato rimuginando nella mia testa bacata.
Proprio tutto, senza tenermi niente sulla pancia. Ora tocca a lui. Se
vorrà spezzarmi il cuore, amen, l'unico rimpianto che potrà restarmi è
solo per questa cosa che poteva essere bellissima tra di noi e che invece
lui non è riuscito a capire. Comunque Daniele adesso è completamente nel
pallone, agitato come non lo avevo mai visto prima. Credo che questa sia
la prima volta che gli cade dalla faccia quella maschera di tranquilla
calma che si porta appiccicata da sempre. Certo l'ho visto triste nei
giorni scorsi, subito dopo la nostra prima chiacchierata, però in questo
stato mai. Persino quando mi ha raccontato della sua disavventura con lo
stronzo principe dell'universo lo ha fatto in modo sereno, con appena
l'accenno di un sorriso malinconico sul volto. Sembrava quasi che stesse
raccontando le disgrazie di un'altra persona. Ed è da allora che mi chiedo
quanto dolore bisogna sopportare per raggiungere il distacco che lui
ostenta persino quando parla della sua sofferenza.
Ora però sembra che gli stia per venire un infarto, povero cucciolo, mi
guarda per parecchi minuti con occhi completamente persi. Ed io che altro
posso fare se non trattenere il respiro e votarmi alla misericordia degli
dei?
E faccio bene, perché alla fine succede proprio un miracolo. Ad un certo
punto è come se i suoi occhi cambiassero sfumatura, e a me sembra quasi di
vederlo, addirittura di registrarlo, il momento preciso in cui finalmente
si arrende.
"Sei innamorato di me?" mi chiede con un sorriso nervoso e il mio cuore fa
una capriola, perché se non gli importasse niente del sottoscritto non mi
farebbe questa domanda, vero? Nessuno al mondo può essere così stronzo da
farti uno scherzo simile, vero? Vero?
Comunque sia, io lo so che devo essere deciso, perché non è più il momento
di fare il ragazzino. Se uno si innamora sul serio è segno che è davvero
cresciuto ed allora è arrivato il momento di smetterla una buona volta di
aver paura di certe parole, di quelle soprattutto che ci lasciano nudi,
senza l'ombra di una difesa al mondo. Ci vuole coraggio, per gli dei, in
caso contrario a che serve vivere?
Prendo un bel respiro, lo guardo dritto negli occhi, per fargli capire
fino a che punto sono sincero e poi lo dico, tutto d'un fiato, questa cosa
che mi cambierà la vita. Perché vada come vada dopo non sarò più lo stesso
Marco. O forse, chissà, la verità nuda e cruda è invece che a partire da
questo momento sarò finalmente il VERO Marco.
"Sì che sono innamorato di te, scemo. Ed è la prima volta che mi succede.
Non mi è mai capitato prima di sentire per qualcuno quello che provo per
te. E tu?"
"Sei sicuro?" mi domanda di nuovo Daniele, ignorando la mia di domanda, il
maledetto egoista. E mi arrabbierei sul serio se in questo momento non
sembrasse un naufrago che spera gli si lanci un salvagente.
"Sono sicurissimo. Ma dimmi di te, però." Insisto.
Be', credo che Daniele, rispetto a me e anche a mio zio Manuel, abbia un
altro concetto del passaggio all'età adulta. Ho come l'impressione,
infatti, che per lui non sia esattamente una questione di parole. Mi pare
evidente anzi, che a suo parere i fatti abbiano molto più peso di
qualsiasi parola, per quanto bella ed importante possa essere. Tanto è
vero che nemmeno ci pensa a rispondermi, ma semplicemente mi si avvicina,
e così tanto che il calore del suo corpo mi dà immediatamente alla testa.
Con un braccio mi cinge per la vita, mentre con l'altra mano mi avvolge la
nuca attirandomi verso il suo viso. Finalmente le sue labbra toccano le
mie ed io, per tutta risposta, indietreggio verso la parete e mi appoggio
esattamente nel punto dove so che c'è l'interruttore. Sento un clic e la
luce si spegne, lasciandoci avvolti nella penombra che filtra da sotto la
porta e dalle persiane socchiuse. Ho come l'impressione che lui nemmeno se
ne sia accorto di questa mia mossa malandrina. Oppure, se anche se n'è
accorto, non si lascia affatto distrarre. La sua lingua mi sfiora le
labbra ed io le socchiudo, permettendogli di entrare, mentre il cuore mi
batte all'impazzata. Mmmmmmm, Daniele sa di vaniglia e menta e di altro
ancora che non riesco a catalogare di preciso, ma che è altrettanto
delizioso, assolutamente delizioso, dentro la mia bocca. Ed in questo
momento, mentre la mia lingua s'intreccia con la sua, ho come un
presentimento, fortissimo al punto da farmi saltare tutte le coronarie,
che una volta assaggiato non sarò più in grado di fare a meno di questo
suo sapore.
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