Primo amore 

parte V

di Petra


Ore otto e dieci, prima campana. Lo so, lo so che assomiglia all'inizio di una canzone, ma a dire il vero non ho nessuna voglia di cantare, proprio non mi sfiora nemmeno l'angolo più remoto del cervello la possibilità di lanciare verso il cielo frizzi e gorgheggi. A dirla in parole nude e povere, mi sento di merda, altroché.
Entro in classe trascinandomi dietro questi miei maledetti piedi dolci che negli ultimi due giorni pare si siano avviati lungo la strada di un'improvvisa, ma lenta paresi, e defungo sul mio banco, come un'inutile ameba.
Ignoro ostentatamente Matteo che mi lancia occhiate preoccupate e cerco di tenermi alla lontana da tutto il gruppazzo che stamattina, per colmo di sventura, sembra più vivace che mai. Maledetti! non sanno pensare ad altro che ai tre giorni di vacanza che ci spettano e a stordirmi di chiacchiere su quello che faranno, come si vestiranno, quanto si divertiranno, quanto romperanno... no, quello lo fanno già adesso... bla bla bla. Che palle!
Tre giorni. Li conto mentalmente, mentre mi domando che cacchio ci sia da rallegrarsi tanto: allora, domani, è domenica e va da sé, poi lunedì e martedì grasso, e poi è già finita e si torna a scuola, più stanchi e depressi che mai. Il "Sabato del villaggio" docet, o almeno dovrebbe, ma a questi semideficienti nemmeno una tonnellata di Leopardi, nella sua forma più smagliante, riuscirebbe a mettere in testa un po' di sano, florido pessimismo. Neanche ci pensano loro che la vita è tutta un unico, immenso dolore, come sa ogni persona con un po' di sale nella zucca. No, macché, la sola cosa che sanno fare è assordarmi con questo cavolo di festa di Marilena di domani, che dovrebbe essere l'evento clou di questo stramaledetto carnevale. Sì, lo so benissimo che sono stato uno dei promotori del bagordo, ma a dire il vero quelli erano ancora tempi felici, i tempi in cui ero giovane e ingenuo e credevo che la vita fosse tutta rose e fiori, non come adesso che il mondo mi pare si sia tinto di una brutta patina grigia. Ma sì, ma sì che ci vado lo stesso alla festa, non è questo il punto, il punto è che... non lo so nemmeno io qual è il punto, porca paletta. Ah, ecco qua, eccolo il punto, sta appena entrando dalla porta. Con il suo solito passo dinoccolato, con quel suo odioso zainetto che dondola in quel suo antipaticissimo modo, sempre con addosso quei maledetti jeans arrapanti e quel solito, eterno sorriso stampato sulle labbra.
Be', no, a dire il vero non sorride proprio per niente Daniele oggi. Anzi, ha un'aria come se gli fosse morto il gatto e avesse passato la notte a vegliarne il cadavere. Mado', ho come l'impressione di averle già viste le occhiaie che indossa sulla faccia livida. Se non mi sbaglio (e non mi sbaglio) sono uguali identiche a quelle che ho ammirato stamattina allo specchio, stampate sulla mia di faccia. Giuro! è proprio la stessa tonalità: viola-del-pensiero con nuance azzurro-cielo-di-primavera. Bleah!
Lo vedo avanzare, strascicato e dolorante, fino al suo banco, dopo aver salutato a stento scorbutici e mitiche, e lì arenarsi, buttandosi sulla sua sedia, come un gabbiano a cui abbiano spezzato un'ala. E come se non bastasse, giurerei che mi cerca con gli occhi e appena mi trova mi lancia un'occhiata così struggente che se non fosse che sono una persona educata e perbene, mi alzerei in piedi, andrei da lui, lo afferrerei per i capelli e lo lancerei, con un unico movimento fluido delle braccia e delle anche, direttamente fuori dalla finestra. Olè.
Insomma, per evitare di passare alle vie di fatto, stacco gli occhi dal fellone e li pianto con ostentazione verso la cattedra, e nonostante i tentativi di quell'essere insensibile di Matteo di coinvolgermi in uno straccio di conversazione, mi chiudo in un lungo silenzio comatoso.
E così rimango fino alla terza ora, poi, volente o nolente qualcosa attrae la mia attenzione. Il prof di filosofia sta facendo lezione, blaterando non so bene cosa su chi, quando all'improvviso tace e punta gli occhi verso l'ultimo banco.
"Romano," dice con un tono sconsolato, "Ma è mai possibile che tu debba passare tutta l'intera ora stravaccato in quella maniera. Mi sembri un'anima in pena, mi sembri. Che c'è? Hai sonno, sei annoiato o cosa? Ti ricordo che è per un atteggiamento simile che lo scorso anno sei stato bocciato."
Visto e considerato che Romano è il cognome di Daniele per istinto le mie orecchie si drizzano e prima che possa impedirmelo mi ritrovo già girato a guardare verso di lui. Il sunnominato, intanto, ha alzato la testa e sta guardando davanti a sé con aria assente e la faccia arrossata. Il prof, che è un tipo piuttosto sensibile, a questo punto si impressiona.
"Ma ti senti male, per caso?"
"Avrà le sue cose." dice una voce odiosa nella fila di destra, e a quest'uscita metà della classe ridacchia.
Io mi volto inviperito verso colui che ha parlato, e cioè, Maurizio detto, non a caso, due-neuroni e prima che un barlume di ragione intervenga per impedirmelo:
"Ma quanto sei stronzo!" esclamo a voce alta, che mi sentono anche nella classe accanto, "In una scala da uno a dieci, almeno diecimila, direi."
A questo punto scoppia una specie di ovazione (due-neuroni non è molto popolare) e una risata generale sommerge qualsiasi tentativo da parte del deficiente di rispondermi per le rime. Il povero prof ci impiega cinque minuti buoni per riportare l'ordine e quando finalmente ci riesce ha gli occhi iniettati di sangue.
"Tu," urla, rivolto a due-neuroni, "Certe spiritosaggini le vai a dire in quei postacci che sei abituato a frequentare e in quanto a te," e mi inchioda con lo sguardo, "La prossima volta che ti sento usare un linguaggio simile in classe ti faccio una nota, chiaro?"
"Scusi," mormoro, ma nello stesso tempo lancio un'occhiata di fuoco verso Maurizio, perché non sono più io se questa gliela lascio passare liscia a quel coglione. E no, brutta ameba bollita che non sei altro, te la cancello io questa improvvisa vena satirica che ti è presa, a forza di calci in culo, te la faccio passare.
Aspetto con aria ingrugnita, ma pazientemente, che suoni l'intervallo, perché, come dice quel proverbio cinese: se hai un nemico siediti sulla sponda di un fiume e attendi che passi il suo cadavere. Bene, Maurizio è già uno zombie di suo, quello che mi tocca adesso è semplicemente aspettare con calma sadica che lo stronzo passi davanti ai miei occhi. Ed infatti, puntuale come un orologio svizzero, un secondo dopo il suono della campanella, due-neuroni attraversa il corridoio che divide la mia fila dalla sua, per dirigersi, con passo strascicato, verso il bagno, dove insieme a quei bulli di merda dei suoi amici, si dedicherà al suo passatempo preferito, che è quello di insudiciare i muri con amene sconcezze, ammazzando, d'altronde, sia l'ortografia che la grammatica. E così, appena il povero pollo giunge alla mia altezza non devo fare altro che allungare un piede e lui, che ha i riflessi di Frankestein junior, ci inciampa senz'altro e finisce lungo disteso sul pavimento.
"Oh, scusa tanto, due-neuroni," dico con un sorriso smagliante, "Non ti sarai mica fatto male, vero?"
Come mi glorio della mia perfidia! So benissimo che il coglione detesta quel soprannome, inoltre ha sempre sospettato, e giustamente, che sia stato proprio io ad appiopparglielo, perciò diciamo che c'è da tempo una piccola questione fra noi due, che lui, a dire il vero, ha spesso tentato di risolvere nel suo tipico modo da babbuino, cercando ogni occasione per attaccare briga. Ma figuriamoci se gli ho mai dato spago! Quelli come lui io nemmeno li considero e certo non mi vado ad insudiciare le mani in una rissa con gente simile. Ma un conto è che faccia lo stronzo con me, un conto che se la prenda con Daniele, questo almeno voglio che gli entri bene in quella zucca tarata.
Comunque sia, lo zombie si alza in piedi con velocità fulminea, dimostrando a dire il vero una prontezza che non mi sarei aspettato, e con gli occhi fuori dalle orbite, sta per saltarmi addosso, con l'intenzione evidentissima di ammirare il colore delle mie budella. Io però lo sto già aspettando in posizione d'attacco, perché lui sarà pure più allenato in questo genere di cose, ma io non sono certo un tipo mingherlino. Cinque anni di piscina devono pur essere serviti a qualcosa, no?
Ma prima che possa fare anche un solo gesto, mi ritrovo circondato dagli scorbutici in gran completo, che mi afferrano per le braccia e mi trascinano di peso fuori. L'ultima cosa che vedo, prima di lasciare, non proprio volontariamente, l'aula sono le mitiche che, tutte attorno a Maurizio, tentano di farlo ragionare (impresa eroica e addirittura disperata, a dirla tutta) e di convincerlo a lasciar perdere.
In corridoio ansante e trafelato mi appoggio al muro e lancio un'occhiataccia feroce a questi impiccioni che mi stanno sempre in mezzo ai coglioni e mi impediscono di cacciarmi allegramente nei guai. E starei per dirgliene un sacco ed una sporta se non fosse che i miei occhi si incrociano in un momento con quelli di Daniele. Cavolo! non mi ero affatto accorto, nella confusione, che anche lui si era messo in mezzo per separarmi da due-neuroni. Ma porca paletta! Si può sapere perché adesso mi fissa con quello sguardo preoccupato e persino contrariato? Sembra quasi che voglia rimproverarmi per qualcosa. Guarda che non l'ho mica fatto per te, vorrei urlargli, ma sono troppo rintronato dai rimbrotti di Matteo, che con la sua solita grazia mi sta strillando direttamente dentro il padiglione acustico.
"... tu sei diventato completamente scemo" riesco a mettere a fuoco in quel torrente di parole, "Ma si può sapere che cosa ti è preso da qualche giorno in qua, giuro che quasi non ti riconosco!"
Non è che lo faccio apposta, è che proprio mi viene naturale a questo punto guardare fisso in faccia Daniele, che per tutta risposta, arrossisce come un gambero e distoglie gli occhi dai miei con aria colpevole. E mentre ancora Matteo, supportato dagli altri, mi fa il cazziatone, lo vedo girarsi e allontanarsi verso i bagni. Sì, sì. Brutto vigliacco, scappa, scappa pure... ma io, invece, qualcuno me lo vuole spiegare cosa devo fare adesso?

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Be' almeno una cosa posso ancora pretenderla: uno spazio tutto mio in cui lagnarmi di come la sorte bastarda mi abbia trattato. Io non lo so cosa fanno, o dove vanno a rifugiarsi, tutte le persone del mondo quando hanno il cuore spezzato. Spero davvero, dall'alto del mio animo nobile, che tutti quanti abbiano la fortuna di avere una coperta di Linus a cui aggrapparsi, o un posto speciale dove rintanarsi. Per quanto mi riguarda, esiste un solo luogo dove mi posso leccare le ferite in santa pace, senza che facce preoccupate o accigliate si mettano in mezzo ogni minuto a chiedermi: "Che hai? Che ti prende? Ma possibile che voi giovani d'oggi non sappiate godervi la vita?". Che strazio!
Ecco il motivo per il quale sono qui, davanti ad una fetta di torta sacher, preparata dalle mani fatate di Jasmine, la compagnia di zio Manuel. Perché è appunto a casa di mio zio che mi ritrovo, in questo pomeriggio di sabato grasso, quando nemmeno lui, l'intrepido scalatore di grattaceli, nonché stacanovista della cazzuola, si attarda a lavorare. Almeno sono sicuro che qui nessuno mi romperà le scatole e che potrò piangermi addosso a volontà, sotto gli occhi sornioni del suddetto zio, che in questo preciso momento si lecca i baffi (per modo di dire perché non li porta) con aria assolutamente beata.
Mi sono precipitato a casa sua uscendo da scuola, dopo tutto il casino che sono riuscito a combinare. Sfuggendo sia all'imboscata di due-neuroni, che mi aspettava per concludere un certo discorso, sia alle premure del gruppazzo, unito per difendermi. E sono volato qui in scooter a farmi confortare con un pranzo luculliano (Jasmine fa la cuoca, beato zio Manuel!) ed una tonnellata di dolcetti.
Ma non posso dire che tutte queste coccole, sotto forma di manicaretti, siano bastati a consolarmi. Anzi, mi sbatterei la testa in tutti i muri al solo ricordo di quello che è successo oggi in classe. Ma si può essere più deficienti di così? Tutto quel trambusto che ho combinato e per cosa poi? Per uno che mi ha rifilato un no grande come i grattacieli che costruisce mio zio.
Lo so, Matteo ha perfettamente ragione, ho dato completamente di matto. Però ho anche le mie attenuanti, giuda ballerino! Perché sfido chiunque a ritrovarsi la persona che più gli piace al mondo ad appena due passi, tanto che basterebbe allungare la mano per afferrarlo e stringerselo contro e poi baciarlo appassionatamente davanti a tutti e buona notte al secchio e... e invece no! Non solo devo fare finta di niente, ma in più devo anche sopportare l'aria da cane bastonato di quell'impunito, che si comporta come se fosse lui l'umiliato e offeso, quello a cui è crollato il mondo addosso, mentre io... io chi sono?... forse solo uno stronzo di passaggio, che se ne va in giro col naso per aria senza l'ombra di un problema al mondo.
"mmmmmm, stupenda," dice intanto lo zio che quanto a golosità mi batte cento ad uno (ed è tutto dire).
"Già," rispondo con aria depressa e gli occhi bassi sulla tovaglia assurdamente colorata. Non tanto bassi però da non accorgermi che zio Manuel scambia un'occhiata significativa con Jasmine.
"Uh, come si è fatto tardi," dice lei che in quanto a capire i sottintesi è veloce come un fulmine, "Mi chiudono i negozi se non mi sbrigo. Ciao, piccolo, ti fermi anche a cena, vero?" mi deposita un bacio sui capelli e vola via, senza darmi il tempo di rispondere, lasciando nell'aria un po' di quel suo profumo orientale, che oramai ha contagiato tutta la casa e che avverto persino sul suo compagno di vita.
Non passano nemmeno due minuti che sento la porta chiudersi con un allegro tonfo. Dalla finestra vedo la sua figuretta, ammantata di incredibili abiti svolazzanti e multicolori, avviare un vecchissimo e scassatissimo motorino e partire strombazzando. Il suono si perde tra gli alberi di questa periferia verde di zecca, con la primavera che fa capolino nei campi di acetosella, già fioriti nonostante il freddo.
Zio Manuel una volta abitava in centro, in uno di quei palazzi altissimi che probabilmente aveva costruito lui stesso, ma quando Palù, il suo grosso gatto soriano, si è suicidato lanciandosi dalla finestra, ha deciso che nessun povero cristo può sopravvivere in quelle gabbie. E cosi si è trasferito baracca e burattini in questa casetta fuori dal mondo, dove arriva, arrancando e praticamente ogni morte di papa, un unico autobus di città e dove, se vuoi un misero espresso, devi farti almeno cinque chilometri per raggiungere il bar più vicino. Ma contento lui...
Sospiro, leccando dalla forchetta ciò che rimane di quella delizia alla marmellata e cacao.
Da parte del caro zio, nel frattempo, silenzio e immobilità assoluta, perché, anche se ha fatto in modo che restassimo soli, lui non mi farà alcuna domanda fin quando non sarò io a parlare per primo. E' fatto così e non c'è niente da discutere in proposito, ha i suoi principi ed uno di questi, incrollabile, dice che la gente è già fin troppo stressata per tormentarla con interrogatori sulla sua salute psico-fisica. Anche perché, sostiene, se qualcuno ha voglia di parlare lo fa, purtroppo, che tu glielo chieda o meno, aggiunge, scuotendo la testa con aria tutt'altro che felice.
Vabbe', non me ne frega niente di passare per il rompiscatole di turno. Lui è mio zio. da quando sono nato va proclamando a destra e a manca che sono il suo nipote preferito, e per giunta quando mio padre mi deve insultare a sangue non trova niente di meglio che dirmi che gli somiglio, perciò che si sopporti i miei guai e i miei lai, e senza profferir lamento.
"Che cazzo di bel consiglio che mi hai dato!" esordisco, col tatto che mi contraddistingue, "La prossima volta che ho un problema vado a parlarne con una cartomante, sono sicuro che se butta all'aria un mazzo di tarocchi e me li legge a cazzo di cane ci azzecca più di te."
Lui non fa una sola piega, solo mi osserva con una luce tranquilla negli occhi azzurro cielo e neanche ci pensa di sbattermi fuori di casa a calci in culo, come d'altronde meriterei.
"Ho come l'impressione che una certa persona con un bel paio d'occhi e un bel sorriso ti abbia detto di no," riassume con serafica calma, "Cos'è, ha già un ragazzo?"
"No," dico cupo, "Ma sta aspettando il principe azzurro sotto forma del gay perfetto. Immagino che al prossimo tizio che gli si avvicina gli farà un test del tipo: se vedi una donna in minigonna cosa pensi? a- ti si drizza (scartato); b- le ragazze di oggi non hanno vergogna (ancora non ci siamo) c- bella quella gonna (bingo! è l'uomo della mia vita)".
Zio Manuel a questo punto mi sta guardando lievemente incuriosito, il che, nel suo linguaggio del corpo, significa che è molto, ma davvero molto, preoccupato per la mia integrità mentale. Be', forse non sembra, ma sono un nipote affezionato, dopotutto, e mi fa male vederlo dibattersi nell'angoscia, perciò mi decido a raccontargli tutto quanto per filo e per segno.
Ci metto quasi mezz'ora ed io stesso sono il primo a stupirmi. È incredibile come quella maledetta conversazione con Daniele mi sia rimasta in mente parola per parola, fino alla minima sfumatura, fino alla minima espressione facciale, fino alla minima sensazione... insomma, io lo so da un pezzo che sono fritto e strafritto, ma a volte, come ora, mentre mi passa davanti, con l'evidenza di un film, tutta quella disgraziata chiacchierata, ho l'impressione di non rendermi sempre bene conto del fondo del pozzo in cui sono caduto.
"Uhm..." fa zio Manuel appena ho finito di raccontare "Sei stato un fesso. Se gli avessi detto che eri sicuro di essere gay almeno te lo saresti fatto."
Se fossi dentro un cartone animato giapponese a questo punto starei annegando sotto il peso di un'enorme goccia di sudore.
"Ma porc... ma ti pare il caso di metterti a scherzare?" urlo con gli occhi iniettati di sangue.
Ridacchia il maledetto, mentre si accende una di quelle sue puzzolentissime sigarette. Come promotore, arrabbiato e fondamentalista, di una delle più feroci campagne antifumo che la mia scuola e la mia famiglia abbiano mai conosciuto dovrei fargliela saltare dalla finestra, quella robaccia. Sennonché, come ammette lui stesso, fumare è l'unico modo con il quale le sue cellule grigie, di solito allegramente latitanti, si mettono in moto dentro a quell'indispensabile cervello. Infatti, dopo un paio di boccate, mi punta addosso la fessura dei suoi occhi, dove brilla il sole chiaro dell'intelligenza.
"Um... brutta faccenda questa storia delle persone che vogliono fare nuove esperienze... niente in contrario a dire il vero, ma almeno prima dovrebbero sincerarsi se anche quelli che hanno davanti desiderano la stessa cosa. Povero Daniele, mi dispiace davvero molto per lui. È comprensibile se ora voglia andarci con i piedi di piombo."
Sbuffo spazientito.
"Povero Daniele, povero Daniele, ed io allora? Si può sapere perché ci devo andare di mezzo? Che cavolo ho fatto di male?"
Lui aspira un'altra boccata e mi guarda con aria da saggio illuminato.
"Scusa se mi faccio gli affaracci tuoi, Marco," dice alla fine, "Ma anche tu vuoi stare insieme a Daniele perché sei in cerca di esperienze nuove?"
Con un unico, preciso gesto afferro tra le dita la sigaretta che gli pende dalle labbra e con molta calma mi alzo, apro la finestra e la butto via. Poi con la stessa tranquillità torno a sedermi.
"Troppo fumo annebbia il cervello," gli spiego mellifluo, poi alzando all'improvviso la voce, "Ma che cazzo di domande mi fai? Se non ho neanche cominciato a fare quelle vecchie di esperienze mi spieghi perché diavolo dovrei avere voglia di farne di nu.. o..." mi interrompo con la voce che si perde in un sussurro, accorgendomi di aver detto qualcosa di troppo.
"Be', insomma," cerco di riparare, imbarazzato dalla luce ironica che vedo brillare nei suoi occhi "Non è che non ne ho fatto proprio del tutto di quelle vecchie... solo non sono proprio andato... fino in fondo..."
"Ma dai!" dice lui con fare esageratamente meravigliato "Sul serio? Ed io che pensavo fossi un vero dongiovanni."
Ah basta! Adesso è troppo! Se devo farmi prendere in giro da uno, solo perché sono un adolescente imbranato e lui invece, alle soglie della pensione, è un uomo esperto e navigato, preferisco tornare a casa e sopportare le prediche senza capo né coda di mio padre. Faccio l'atto di alzarmi in piedi, ma Manuel mi trattiene per un braccio e mi tira giù sulla sedia.
"Ehi, non ti sarai mica offeso? Stavo solo scherzando? Che fine ha fatto il tuo senso dell'umorismo?"
"Non è proprio aria, Manuel, e mi stupisce che tu non lo capisca." Gli dico e nella voce mi risuona una nota più amara di quanto avrei voluto. Ecco, ci manca solo che mi metta a piangere e sono al completo. Una volta che sarò stato etichettato come il bamboccio del millennio cos'altro potrò volere dalla vita?
"Ascolta," sta ancora sorridendo, ma adesso è diverso, è come se improvvisamente si fosse ricordato che sono io, Marco, l'essere a cui ha dichiarato, dalla nascita, amore eterno.
"Se non è per fare nuove esperienze, allora perché vorresti stare insieme a lui?"
Sospiro sconsolato, pare che dovrò farci il callo, in fondo me lo avevano detto: ognuno nasce solo e nello stesso modo muore. Non puoi sperare di essere compreso dagli altri, nemmeno dagli zii operai, per quanto ti siano affezionati.
"Perché quando lo vedo mi viene un coccolone," spiego disperato, "...è come se mi si fondesse il cervello. E anche quando non c'è, cosa credi che faccia? Praticamente penso a lui tutto il giorno. Sto lì a chiedermi: <<Adesso Daniele cosa farà? E se fosse qui cosa penserebbe di me? Cosa direbbe?>> Sono completamente perso per lui e a questo punto non me ne frega niente se è un maschio... non me ne frega proprio... io non ho mai sentito prima per nessun altro quello che sento per lui."
"Bravo! Ma allora perché non glielo hai detto?"
"Sì che gliel'ho detto," trasecolo.
"Macché, se quello che mi hai raccontato corrisponde ai fatti, tu gli hai solo detto che ti piace. Ma ti sembra che ad uno che ha avuto una brutta storia come la sua possa bastare? Ma che hai nel cervello?"
"Che gli dovevo dire?" urlo esasperato.
"Per esempio, bastava solo quella cosina che mi hai appena confidato... com'è che suonava esattamente? Ah, sì! <<Io non ho mai sentito per nessun altro quello che sento per lui>>, testuali parole".
Arrossisco come un pomodoro di Pachino, anche perché il maledetto ha parodiato il tono sdolcinato con cui l'avrei detta io quella frase ed ha persino sbattuto le ciglia, lo stronzo.
"Ma io..."
"Ma tu pretendevi che lo capisse da solo, vero?"
"Ma io non sapevo niente di quello che gli era successo. Mi sono comportato come al solito. Forse ai tempi tuoi era diverso, ma guarda che ora certe sdolcinatezze non sono poi così apprezzate, mica ho voglia di farmi sfottere a vita da chiunque, che credi?"
"Prima di tutto vacci piano con questa storia dei miei tempi, perché non sono mica Matusalemme" dice lui dopo aver alzato gli occhi al cielo, "E poi se le cose non vengono dette in maniera chiara non possiamo pretendere che gli altri non ci fraintendano. Anzi, questo è meglio che lo impari adesso che sei ancora in tempo, perché c'è gente che arriva ad ottant'anni e ancora non lo sa e non puoi capire in che guai si ritrovano di solito. E per dirla tutta, quello che mi piacerebbe sapere è perché, quando lui ti ha raccontato quello che gli era successo, tu non lo hai sbattuto sul materasso, invece di tornartene a casa mogio mogio, come un coglione".
"Cioè, secondo te, avrei dovuto sbatterlo sul materasso?" allibisco.
"Sicuro che dovevi farlo, ma non prima di chiarire che gli vuoi troppo bene per pensare anche lontanamente di prenderlo in giro. Ma chi lo sa?" aggiunge grattandosi il mento, "Forse non è troppo tardi. Pensi di riuscire a ritrascinartelo su di un letto?"
Lo guardo senza un briciolo di fiato. Io l'ho sempre saputo che zio Manuel è un tipo alquanto spregiudicato, supponevo anche, soprattutto a giudicare dall'aria felice e soddisfatta di zia Jasmine, che fosse del tutto privo di pregiudizi e tabù sessuali. Ma da qui a sospettare che potesse arrivare al punto di consigliare al suo nipote preferito, lo ripeto: preferito, di saltare addosso ad un altro ragazzo... no, non riesco a credere alle mie orecchie. Se lo sa mia madre lo ammazza, ed io stesso non posso fare a meno di fissarlo scioccato e scandalizzato. Insomma questa cosa di ritrascinare Daniele su di un letto mi pare assolutamente... assolutamente... geniale... ecco cos'è... geniale! Ma perché diavolo non ci ho pensato da solo? Ma cosa ho nel cervello? Ehm... d'accordo questo l'ha appena detto anche lui, però ha ragione, San Crispino, sono un idiota!
"Che cosa devo fare?" chiedo con aria disperata.
"Ma allora sei davvero scemo," dice accendendosi un'altra sigaretta e bloccando con aria feroce il mio tentativo di impedirglielo.
"Devi trovare il modo per parlargli di nuovo e per dirgli che sei innamorato di lui. Perché tu sei innamorato di Daniele, vero o no?"
Ehm... mi mette un po' in imbarazzo doverlo confessare ad un parente, anche se questo parente è lui, ma comunque arrossendo annuisco con la testa. Sì, miseria ladra, sì... è inutile che continuo a prendermi per il culo, se fosse solo attrazione fisica quella che provo per quel disgraziato non mi sentirei così di merda adesso. Lo capisco benissimo da solo, perché almeno su queste cose un po' di logica e di sano buon senso ce l'ho persino io. Però c'è una cosa che continua a tormentarmi e oramai che ci sono tanto vale che vuoti il sacco per intero.
"Ma se mi dice lo stesso di no che razza di figura ci faccio?"
Non è spettacolo abituale vedere zio Manuel arrabbiato, a dire il vero è già abbastanza raro che lui si spazientisca. Anzi, il suo aplomb stile inglese è talmente famigerato tra parenti ed affini, da essere diventato addirittura oggetto di leggende. C'è chi giura, per esempio, di aver visto gente mettersi a piangere di fronte a questo muro di gomma che è mio zio in certe situazioni. Ma ora... Be', non dico che sia proprio alterato, ma giuro che qui, davanti ai miei bulbi oculari stupefatti, lui sta cominciando ad arrossire, gli occhi gli sono diventati sottili come due fessure e ha cominciato persino a sbuffare. Questo spettacolo mi fa correre i brividi lungo la schiena, mi sento come se stessi sulle pendici del Vesuvio e quel pigro di un vulcano si mettesse all'improvviso a brontolare. Sarà il caso di scappare a gambe levate? No, potrebbe essere peggio, meglio farsi piccini piccini ed ascoltarlo senza fiatare.
"Ma la vuoi smettere di pensare solo a questa eventuale brutta figura?" esordisce ad un volume appena più alto di quello che usa di solito, "Guarda che qui c'è in ballo qualcosa di più del tuo smisurato ego. Se lui ti piace fino al punto da starci male devi rischiare, non ci sono cazzi. Ma cosa credi che le cose migliori ti verranno servite nel piatto calde calde, senza che tu debba fare niente per averle? Mi dispiace ma adesso ti ingoi la tua tonnellata e passa di orgoglio e gli dici esattamente come stanno le cose. E se lui ti dice lo stesso di no, o è un vigliacco che non riesce a mettersi alle spalle una brutta esperienza e rischiare per il futuro, oppure sta usando una scusa per non doverti dire che non gli piaci. In entrambi i casi non ti sarai perso un granché."
"Bella consolazione" riesco a mormorare, nonostante la fifa, e subito mi rattrappisco aspettando terrorizzato che esploda. Invece lui, fortunatamente, si calma, mi guarda con tenerezza un po' triste e poi, pazientemente ricomincia a spiegarmi.
"Non puoi impedire a te stesso di soffrire semplicemente evitando di affrontare le cose, Marco. Non è così che funziona, mi dispiace. Vorrei poterti dire che andrà tutto per il meglio e che sarai fortunato in amore solo perché sei un bravo ragazzo e te lo meriti. Ma ti mentirei, la sofferenza non guarda in faccia nessuno in certe cose, e nemmeno la felicità, temo. Però, davvero preferisci restare nel dubbio?"
Ci penso su per qualche secondo e poi scuoto la testa. Ho capito, ho capito, mica sono davvero così scemo come sembro. Ho capito che ci vuole coraggio, e che è questo che sta cercando disperatamente di dirmi. Certo non è facile, mica basta una semplice chiacchierata, anche se fatta con una persona fantastica come lui, per risolvere certe situazioni, ma è appunto per questo che ci vuole coraggio.



Però questi tre giorni senza scuola mi dicono proprio male. Praticamente le opportunità di rivedere Daniele e di poter perciò chiarire le cose una volta per tutte non sono poi molte. È vero che c'è la festa a casa di Marilena, ma non credo che un'occasione di questo tipo sia la più adatta. Una festa vuol dire confusione, musica a tutto volume, gente che ti capita tra i piedi nei momenti più impensati, intimità uguale a zero. Insomma, sono sicuro che sarà impossibile persino avvicinarlo, altro che dirgli che sono innamorato di lui. Perché, quanto a questo ormai sono convinto. Lo farò, dovessi lasciarci le penne, la faccia, la reputazione e tutto quello che ho di più caro. Daniele sarà messo di fronte a questa verità e toccherà a lui a quel punto decidere una volta per tutte. Spero solo che la sua decisione non mi spacchi definitivamente il cuore, ma anche se così dovesse avvenire, vorrà dire che in cambio... spaccherò la faccia a Maurizio due-neuroni. Perché? Be', in qualche modo dovrò pure sfogarmi, no?
Fortuna che il costume me l'ero preparato già da un pezzo, o con il cattivo umore di questi giorni, figuriamoci cosa sarei mai riuscito a combinare. A dire il vero ho fatto diventare pazza la povera Maria per almeno tre settimane, cercando di spiegarle esattamente cos'è che volevo. Ed adesso che sono nell'ascensore che mi porta all'appartamento della superfesta do un'occhiata allo specchio davanti a me e penso che sono perfetto. A Matteo gli verrà un colpo quando mi vedrà. Anzi a dirla tutta potrei vincere uno di quegli strafichissimi concorsi di cosplay, se solo avessi il coraggio di presentarmi ad una fiera del fumetto, in mezzo a tutta quella gente vestita in modo anonimo, conciato così. Ho addosso un paio di pantaloni di pelle nera che mi fasciano le gambe, sopra ho una maglietta aderente anch'essa nera (sono livido di freddo, aiuto!), e fin qui niente di strano, ma gli accessori non sono altrettanto minimalisti. A tracolla mi pende una cartucciera piena di pallottole. Di plastica, fortunatamente per due-neuroni. Al cinturone che mi cinge la vita sono attaccati due foderi, dai quali sbucano i manici di due pugnali, il mio braccio sinistro è avvolto in un guanto nero della stessa pelle (finta) dei pantaloni, ho un occhio coperto da una benda e... dulcis in fundo... sulla schiena porto uno spadone talmente grande che se non fosse di cartapesta peserebbe una tonnellata.
Certo se avessi qualche muscolo in più e se i miei capelli fossero neri anziché di questo castano che vira al dorato, forse la messa in scena sarebbe davvero d'effetto, ma anche così sono... un vero pagliaccio, sospetto, ma insomma è carnevale, quindi persino io mi posso permettere di vestirmi da Gatsu, senza per questo far sbellicare dalle risate l'universo intero, o no?
Prima che il tarlo del dubbio mini del tutto quel po' di fiducia che ho in me stesso, e finisca perciò per darmela a gambe, la porta dell'ascensore si apre e mi ritrovo faccia a faccia con le mitiche al completo che sono venute ad accogliermi alla porta e a Matteo travestito da uomo ragno. Dire che a vedermi ci restano secchi è un eufemismo dettato dalla mia modestia. Le ragazze, infatti, cominciano a lanciare piccole urla di giubilo e mi si appendono al braccio a grappoli, trascinandomi nell'appartamento in trionfo, mentre il mio migliore amico rimane come uno stoccafisso sul pianerottolo a rosicare come un intero girone di invidiosi danteschi.
Anche dentro devo dire che è un successone. Persino quelli che non hanno mai posato gli occhi su un solo numero di Berserk (poveracci!) sembrano colpiti da tutto il mio armamentario. Soprattutto la spada raccoglie un coro di consensi e mentre al centro di un capannello spiego col mio tono più schivo (che attore che sono!) in che modo l'ho costruita, con la coda dell'occhio vedo passare una cosa che mi lascia di sasso. Mi libero del mio pubblico e con un paio di passi raggiungo una figura in armatura, con un elmo, che dovrebbe imitare la testa di un falco, posato sui lunghi capelli bianchi.
"Non ci posso credere che ti sei vestito da Griphis!" urlo per sovrastare la musica.
"Ti sei vestito da Gatsu!?!" Sta dicendo Daniele contemporaneamente. E poi restiamo lì a bocca aperta a guardaci l'uno con l'altro, come due perfetti cretini.
"Be', almeno tu mi hai riconosciuto," dice lui dopo un qualche attimo, "E' da quando sono arrivato che mi chiedono se sono travestito da Lady Oscar!"
A questa uscita non ce la faccio a trattenermi, comincio a ridere di cuore e ride anche lui insieme a me ed ogni cosa improvvisamente diventa facile e leggera, come le giornate di vacanza quando ero bambino.
"Ma come cavolo hai potuto mascherarti da uno stronzo come Griphis?" dico continuando a ridere.
"Cosa?" mi chiede, mentre la musica raggiunge i cento decibel. Allora lo afferro per un braccio e lo trascino verso la cucina. In fondo credo sia mio diritto cercare un posto tranquillo dove poter parlare in pace. Lo so che una cucina non è una camera da letto, e quindi difficilmente potrò sbattere Daniele su un materasso, come mi ha consigliato quel hentai di mio zio, ma insomma una cosa per volta, giusto? E poi, adesso che ho visto che è possibile per noi ridere insieme e scherzare, nonostante quello che è successo e nonostante questi ultimi giorni d'inferno, non ho poi tutta questa fretta di arrivare alla soluzione finale di questo pasticcio. Mi viene il sospetto che il tempo dopotutto sia dalla mia parte e comincio a pensare che posso sfruttare questi giorni di vacanza per conoscere meglio il ragazzo che mi trascino dietro con la forza (anche se lui non sembra opporre molta resistenza). In fondo un po' di sana, amichevole conversazione non potrà che portare acqua al mio mulino malandato e magari potrei finalmente capire se gli piaccio almeno un po', prima di espormi del tutto.
Con questa intenzione, fraterna e innocente, entro in cucina insieme a Daniele. E come volevasi dimostrare la stanza è già occupata. È vero che in realtà ci sono solo due persone, Marilena insieme a Giulia che stanno riempiendo i bicchieri di coca cola e fanta, ma si sa che in certe situazioni in tre si è già una folla, figuriamoci in quattro. Appena entriamo, comunque, le due ragazze alzano gli occhi e ci guardano sorridendo.
"Voi due," esclama Marilena, "Se provate a trasformare la mia festa in un'eclissi dovrete vedervela con mia madre. Vi avverto che quando si incazza non è un bello spettacolo!".
"Ma quale eclissi, sto solo cercando di capire come ci si può mascherare da uno stronzo come Griphis," dico io con aria serissima. E come mi aspettavo, in un momento mi ritrovo sommerso dagli improperi delle due ragazze a dallo sguardo disgustato di Daniele.
"Ecco adesso sei morto. Che la forza sia con me!" dice Giulia brandendo quella che dovrebbe essere una spada laser.
"Andiamo, jedi dei poveri" la trascina via Marilena, "Adesso devi aiutarmi con le bibite, ci pensiamo dopo a fare polpette di Gatsu. Ora che ci penso potrei offrirle agli ospiti dopo i salatini." E, miracolo della provvidenza, quelle due impiccione se ne vanno lasciandoci soli.
"Che cos'è che hai contro Grifhis?" mi dice subito Daniele con aria corrucciata.
"Niente, che dovrei avere contro uno stronzo traditore, stupratore, assassino, infido gallinaccio, come quello?"
"Lui un traditore??? Pensa a Gatsu piuttosto! E' stato quel pallone gonfiato ad andarsene e a lasciarlo solo. Eppure lo aveva capito in che stato era Griphis quando lo ha abbandonato sulla neve. Lo ha visto quanto ci teneva a non perderlo, ma figurati se ha cambiato idea! Neanche per sogno! Doveva dimostrare di valere quanto Griphis..."
"Per avere la sua amicizia, per essere stimato degno di questo immenso onore, visto che sua signoria si degnava di considerarlo alla stregua di uno dei suoi tanti lacchè."
"Ma che dici?" Daniele adesso è davvero accalorato, le guance gli si sono colorate di rosa, è carino da impazzire ed io ci provo un gusto pazzesco a provocarlo se serve a farlo diventare così bello. "Guarda che per Griphis Gatsu era la persona più importante del mondo, altro che lacchè. Era innamorato di lui e tutto quello che è successo dopo è solo perché Gatsu lo ha lasciato solo... lui si è sentito rifiutato..."
O per Bacco! Un momento! Cosa stanno udendo le mie orecchie?! Ma sul serio Daniele mi sta offrendo una simile esca? E crede che io sia così deficiente da non approfittarne?
"Davvero credi che Griphis fosse innamorato di Gatsu?" lo interrompo serio serio. E lui, che non sa minimamente cosa lo aspetta, arrossisce e distoglie lo sguardo.
"Certo che ci credo," dice tranquillamente, cascando nella mia trappola così come mi aspettavo, "E solo uno scemo come Gatsu poteva non capirlo e abbandonarlo in quel modo."
Potrei mettermi a danzare su di una piuma, tanto mi sento pieno di sicura baldanza. Lui, invece, che non sospetta niente, ha pronunciato quest'ultima frase in modo così triste che il cuore mi diventerebbe di burro, se non fossi impegnato a giubilare.
"E' vero, solo un perfetto scemo può abbandonare la persona che gli vuole bene per uno stupido orgoglio."
Daniele mi guarda stranito, il mio improvviso voltafaccia lo ha lasciato senza parole, e ancora non sospetta dov'è che voglio andare a parare, poveraccio.
"Ma ancora peggio mi pare uno che è capace di spezzarti il cuore solo per paura di soffrire. Tu come lo chiameresti uno così? A me sinceramente sembra un gran vigliacco e pure un egoista"
Ecco, che qualcuno, da questo momento in poi, si azzardi a dirmi che non so cogliere la palla al balzo. Anzi, da ora mi incorono da solo il re delle occasioni acchiappate al volo. Invece, dalla faccia che fa, ho l'impressione che Daniele vorrebbe piuttosto spaccarmela la testa, altro che metterci una corona sopra. Credo anche che abbia una voglia matta di darsela a gambe. Ma figurati se gli permetterò di muoversi di un solo passo, figurati. Ed infatti lo tengo inchiodato qui con gli occhi fissi, fermi dentro i suoi, anche se lui tenta di sottrarsi. Ma nel momento stesso in cui apre la bocca per dire qualcosa, e cioè, proprio adesso che viene il bello, che l'ho stretto alle corde e che deve per forza darmi retta, tre perfetti imbecilli col volto coperto da una maschera entrano in cucina e si mettono a ballare davanti a noi, sfidandoci, con un'assurda pantomima, a riconoscerli. Ma porca paletta! Ma perché la terra non si apre e non li inghiotte? Io lo so benissimo chi sono, sono tre stramaledetti rompiscatole, ecco chi sono, e vorrei solo che l'ammazzadraghi che porto sulle spalle fosse vera per poter fare una carneficina. Insomma, con aria feroce afferro di nuovo Daniele per un braccio e me lo trascino appresso in cerca di un posto in cui la nostra intimità non sia continuamente violata da branchi d'irresponsabili segaioli.

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Non sta affatto bene, lo so. Questa cosa è talmente scorretta che se ci fosse qui mia madre le verrebbe attacco isterico, come minimo. Ma sono anche convinto che di fronte a questioni di vita o di morte è indispensabile mettere da parte i migliori principi e la buona creanza e regredire anche all'età delle caverne se necessario. Insomma, per farla breve, ho trascinato Daniele dentro la stanza di Marilena e come se non bastasse, appena dentro ho chiuso la porta a due mandate. Solo per essere sicuro di non essere disturbato un'altra volta sul più bello, non perché ho paura che il fedigrafo mi scappi, sia ben inteso.
A mia unica discolpa, oltre la necessità, c'è il fatto che in questa stanza io ci sono già entrato innumerevoli volte, e ci ho anche bivaccato allegramente in certe giornate in cui avevo bisogno di un rifugio, dopo aver marinato la scuola. Certo, questa però è la prima volta che sono qui all'insaputa e senza il permesso della legittima proprietaria, e la cosa mi fa sentire un pochino in colpa, ma solo un pochino se devo essere del tutto sincero.
Daniele mi ha visto chiudere la porta a chiave e mi ha guardato perplesso, come se la cosa non fosse esattamente di suo gradimento, però non ha protestato. Adesso continua ad osservarmi in silenzio con una luce strana dentro gli occhi, qualcosa fra il rassegnato e il dispiaciuto, come se si preparasse ad affrontare una situazione spiacevole, ma inevitabile.
"Noi due dobbiamo parlare," esordisco con decisione.
"Credevo che avessimo già chiarito tutto," dice lui stancamente.
"A dire il vero, penso che ci siano un paio di cose che sono rimaste in sospeso, ti dispiace se ne discutiamo un po'?"
"Adesso?" chiede con una specie di disperazione. Be', dal suo punto di vista non posso certo dargli torto. Immagino che sia venuto alla festa con tutta l'intenzione di divertirsi e non pensava certo di ritrovarsi prigioniero dentro la stanza tutta fronzoli di una ragazza ad affrontare uno che lo aggredisce col piglio di un serial killer.
"Scommetto che ci vogliono due minuti," dico addolcendo la voce, "Da parte mia voglio solo farti una domanda e poi puoi tornare a ballare se proprio ti va."
Annuisce rassegnato e mi guarda in attesa.
"Daniele, se io non ti piaccio perché non me lo hai detto direttamente invece di trovarti una scusa così cretina per dirmi di no?"
Sono o non sono il re della perfidia? Proromperei in una risata diabolicamente folle se non fosse che il suo sguardo di fuoco mi incenerisce sul posto, togliendomi ogni voglia di fare lo stronzo.
"Non è una scusa cretina, io ti ho detto la verità. E lo hai visto tu stesso come vanno le cose, o credi che quello che è successo ieri mattina con Maurizio sia solo un episodio isolato?"
Sbuffo d'impazienza.
"Ma come cavolo fai a prendere sul serio un cretino integrale come quello, lo sanno tutti com'è fatto."
"Guarda che di gente come Maurizio è pieno il mondo."
"Il mondo è altrettanto pieno anche di gente completamente diversa..."
"Certo," mi interrompe spazientito, "E' pieno anche di bravi ragazzi come Matteo, ma dimmi una cosa, come credi che reagirebbe il tuo migliore amico se sapesse che noi due ci siamo messi insieme?"
Ora basta, mi sono davvero stufato, questa conversazione sta prendendo una piega ridicola, com'è ridicolo il fatto che ogni volta che io tento di capire cosa questo stronzo pensa di me, lui trova sempre il modo di svincolare.
"Me lo vuoi dire che cazzo c'entra Matteo adesso?" sbotto spazientito, "E che cazzo c'entra Maurizio o persino quel tipo che ti ha fatto quello scherzo infame? Possibile che ogni volta che cerco di parlare di noi due tu debba mettere in mezzo un sacco di persone estranee. Ma allora lo fai apposta!"
"Sto solo cercando di farti capire..." adesso sono io che lo interrompo e lo faccio con una voce così seria e bassa che mette i brividi persino a me.
"Daniele, tu cosa vuoi? Pretendi che ti prometta che sarai l'uomo della mia vita? Che ti giuri che non ti farò mai soffrire? Sono onesto, io non lo posso fare, hai assolutamente ragione su questo. Ma sii onesto anche tu, però! Se fossi io a chiedertelo, potresti promettermi una cosa simile?"
Lui mi guarda stupito, evidentemente l'ho lasciato senza parole.
"No, che non potresti farlo, ammettilo," vado avanti ormai a tutta birra, "Cosa ne sappiamo del futuro? E poi, scusa, anche quella storia di trovarti un ragazzo che è gay al cento per cento, ma ti rendi conto quanto è ridicola? Chi ti dice che uno così non possa prendersi gioco dei tuoi sentimenti, esattamente come chiunque altro?"
Lo vedo inghiottire e poi rivolgermi un sorriso forzato.
"Come ci siamo arrivati a parlare di queste cose? Non stavamo litigando per Griphis?" tenta di scherzare.
"L'unica cosa che tu dovresti chiedere ad una persona che ti si avvicina," continuo senza badare minimamente al suo tentativo di sdrammatizzare, "E' se è innamorata di te, e poi incrociare le dita. Perché assicurazione contro le delusioni d'amore non ne fanno in nessun posto del mondo, non ti illudere."
Ecco, gliel'ho detto. Tutto quello che in queste ultime ore, da quando ho parlato con zio Manuel, sono andato rimuginando nella mia testa bacata. Proprio tutto, senza tenermi niente sulla pancia. Ora tocca a lui. Se vorrà spezzarmi il cuore, amen, l'unico rimpianto che potrà restarmi è solo per questa cosa che poteva essere bellissima tra di noi e che invece lui non è riuscito a capire. Comunque Daniele adesso è completamente nel pallone, agitato come non lo avevo mai visto prima. Credo che questa sia la prima volta che gli cade dalla faccia quella maschera di tranquilla calma che si porta appiccicata da sempre. Certo l'ho visto triste nei giorni scorsi, subito dopo la nostra prima chiacchierata, però in questo stato mai. Persino quando mi ha raccontato della sua disavventura con lo stronzo principe dell'universo lo ha fatto in modo sereno, con appena l'accenno di un sorriso malinconico sul volto. Sembrava quasi che stesse raccontando le disgrazie di un'altra persona. Ed è da allora che mi chiedo quanto dolore bisogna sopportare per raggiungere il distacco che lui ostenta persino quando parla della sua sofferenza.
Ora però sembra che gli stia per venire un infarto, povero cucciolo, mi guarda per parecchi minuti con occhi completamente persi. Ed io che altro posso fare se non trattenere il respiro e votarmi alla misericordia degli dei?
E faccio bene, perché alla fine succede proprio un miracolo. Ad un certo punto è come se i suoi occhi cambiassero sfumatura, e a me sembra quasi di vederlo, addirittura di registrarlo, il momento preciso in cui finalmente si arrende.
"Sei innamorato di me?" mi chiede con un sorriso nervoso e il mio cuore fa una capriola, perché se non gli importasse niente del sottoscritto non mi farebbe questa domanda, vero? Nessuno al mondo può essere così stronzo da farti uno scherzo simile, vero? Vero?
Comunque sia, io lo so che devo essere deciso, perché non è più il momento di fare il ragazzino. Se uno si innamora sul serio è segno che è davvero cresciuto ed allora è arrivato il momento di smetterla una buona volta di aver paura di certe parole, di quelle soprattutto che ci lasciano nudi, senza l'ombra di una difesa al mondo. Ci vuole coraggio, per gli dei, in caso contrario a che serve vivere?
Prendo un bel respiro, lo guardo dritto negli occhi, per fargli capire fino a che punto sono sincero e poi lo dico, tutto d'un fiato, questa cosa che mi cambierà la vita. Perché vada come vada dopo non sarò più lo stesso Marco. O forse, chissà, la verità nuda e cruda è invece che a partire da questo momento sarò finalmente il VERO Marco.
"Sì che sono innamorato di te, scemo. Ed è la prima volta che mi succede. Non mi è mai capitato prima di sentire per qualcuno quello che provo per te. E tu?"
"Sei sicuro?" mi domanda di nuovo Daniele, ignorando la mia di domanda, il maledetto egoista. E mi arrabbierei sul serio se in questo momento non sembrasse un naufrago che spera gli si lanci un salvagente.
"Sono sicurissimo. Ma dimmi di te, però." Insisto.
Be', credo che Daniele, rispetto a me e anche a mio zio Manuel, abbia un altro concetto del passaggio all'età adulta. Ho come l'impressione, infatti, che per lui non sia esattamente una questione di parole. Mi pare evidente anzi, che a suo parere i fatti abbiano molto più peso di qualsiasi parola, per quanto bella ed importante possa essere. Tanto è vero che nemmeno ci pensa a rispondermi, ma semplicemente mi si avvicina, e così tanto che il calore del suo corpo mi dà immediatamente alla testa. Con un braccio mi cinge per la vita, mentre con l'altra mano mi avvolge la nuca attirandomi verso il suo viso. Finalmente le sue labbra toccano le mie ed io, per tutta risposta, indietreggio verso la parete e mi appoggio esattamente nel punto dove so che c'è l'interruttore. Sento un clic e la luce si spegne, lasciandoci avvolti nella penombra che filtra da sotto la porta e dalle persiane socchiuse. Ho come l'impressione che lui nemmeno se ne sia accorto di questa mia mossa malandrina. Oppure, se anche se n'è accorto, non si lascia affatto distrarre. La sua lingua mi sfiora le labbra ed io le socchiudo, permettendogli di entrare, mentre il cuore mi batte all'impazzata. Mmmmmmm, Daniele sa di vaniglia e menta e di altro ancora che non riesco a catalogare di preciso, ma che è altrettanto delizioso, assolutamente delizioso, dentro la mia bocca. Ed in questo momento, mentre la mia lingua s'intreccia con la sua, ho come un presentimento, fortissimo al punto da farmi saltare tutte le coronarie, che una volta assaggiato non sarò più in grado di fare a meno di questo suo sapore.



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