Una storia semplice semplice, senza tragedie, né particolari seghe mentali. Quindi tutti coloro che sono attirati da vicende fosche e complicate, si ritengano avvertiti . Alla larga perché rimarranno solo delusi ^____^. La verità è che sento proprio il bisogno di scrivere una storia d'amore qualsiasi, tra ragazzi normali, mettendoci un po' di tenerezza e simpatia, nient'altro. La scrivo più o meno come mi viene, senza troppe preoccupazione, curandomi solo che lo stile non risulti troppo sciatto. Non so se ci riuscirò. Se sarà un fallimento, mi scuso fin da ora con chi avrà avuto la pazienza di leggermi.


Primo amore 

parte I

di Petra


Meno male che almeno è una bella giornata. No, perché io sono leggermente metereopatico e se il tempo fosse stato grigio e piovoso neanche me lo sarei sognato di venire qui, in mezzo a tutta questa polvere, che scommetto ci mette un minuto per diventare fango e trasformare questa periferia in un luogo di uno squallore rivoltante.
Però, dopotutto , forse ci sarei venuto lo stesso, perché se non parlo con qualcuno della cosa che mi tormenta da ben un quadrimestre, sì un quadrimestre intero, lo giuro io scoppio. E l'unica persona che sono sicuro mi starà ad ascoltare senza spalancare gli occhi e fare una tragedia greca, anche se ciò che sto per confidargli non è di quelle cose che uno vorrebbe sentirsi dire da un parente, lavora qui, in questo cantiere.
Parente sì, perché "lui", sarebbe mio zio Manuel, uno dei fratelli di mia madre ed il solo nella mia famiglia che si sia rifiutato di studiare.Non dico di andare all'università, ma addirittura di prendersi uno straccio di diploma qualsiasi. E questo con immenso crepacuore di mio nonno, a quanto mi hanno raccontato, e conoscendolo non stento a crederci. Pare che vent'anni fa, in un momento d'ira il suddetto avo, abbia messo quel suo figlio svogliato e ribelle davanti ad una scelta definitiva: o studi o vai a fare il manovale, gli ha detto, sicuro di piegarlo. Ed invece no, tutto da rifare, in quanto zio Manuel non se l'è fatto ripetere due volte, ed appunto è andato proprio a fare il manovale. Il bello è (o il brutto, dipende dal punto di vista) che, con immenso stupore di tutti, la cosa gli è piaciuta, a tal punto che ha trasformato quella che doveva essere una lezione di vita nel suo lavoro. Così adesso è operaio edile specializzato, con soddisfazione sua e imbarazzo per tutto il parentume, che con un pedigree d'alta classe, tra professionisti, magistrati, intellettuali e altra creme della creme, si sono ritrovati in famiglia un proletario, placido ed appagato, per giunta.
Ben gli sta, dico io, a quella massa di spocchiosi di merda! Intanto, una cosa è da mettere subito in chiaro. Uno può anche essere un affermato avvocato (come mio padre) o una stimata docente universitaria (come mia madre) e non capire un cazzo delle persone, anche se queste sono per puro caso registrate all'anagrafe come loro figli. Ragion per cui il sottoscritto, se ha un problema, soprattutto di quelli seri, come in questo momento, è dallo zio operaio che corre a chiedere consiglio, anche a costo di farsi chilometri in scooter e arrampicarsi in cima ad altissimi palazzi in costruzione, alla faccia di qualsiasi vertigine.
Sì, proprio così, la specializzazione di mio zio è quella di costruire grattacieli. Insomma, la sua squadra non si occupa di casupole o villette o palazzine, ma di roba grossa, o, per meglio dire, alta, spaventosamente alta. Quegli enormi edifici in cui di solito sono concentrati gli uffici dello stato, o delle grandi compagnie, per intenderci. È lui che realizza quelle opere che ci lasciano stupefatti a guardarli col naso in aria. Roba monumentale che può venire in mente solo ad architetti super egocentrici, e lo fa con una naturalezza ed uno sprezzo del pericolo che a me farebbe girare la testa, mentre lui rimane sempre uguale a sé stesso, un uomo tranquillo, di poche parole, solido come una roccia. Uno di cui fidarsi, insomma.
Ed è appunto perché mi posso fidare che adesso sono qui, davanti ai cancelli di questo cantiere immenso, a mezzogiorno in punto, (ho dovuto far sega a scuola per arrivare all'ora di pausa), a chiedere di lui al sorvegliante. Appena spiego che sono suo nipote e che lo sto cercando per motivi di famiglia, mi fa subito accompagnare, ed io come al solito devo chiudere gli occhi, mentre mi raccomando l'anima, su questi assurdi trabiccoli che chiamano ascensori.
Là in mezzo alle nuvole vengo accolto dal saluto dei suoi compagni di squadra, che ricambio con lo stesso calore, perché sono proprio simpatici questi tizi, gente normale e allegra, nonostante rischino la pelle ogni giorno per guadagnarsi la pagnotta. Anche lui mi sorride e mi stringe la mano, non pretende mica di essere baciato, come gli altri miei parenti e basterebbe già una cosa come questa per farmelo adorare. Ma fortunatamente per me non è l'unico motivo. Per esempio, adesso, capisce subito che sono qui per parlargli in privato e non mi fa perdere tempo, mi conduce in un posto appartato dove possiamo stare tranquilli, lontani da orecchie indiscrete. Anche se tranquilli non è il termini giusto, non per me, almeno. Infatti, non ci sono ancora i muri esterni in questo posto, perciò mi ritrovo in una specie di torre aperta, con le strutture d'acciaio in vista e solo una misera impalcatura che mi separa dal vuoto, tanto che mi basta tenere lo sguardo diritto in avanti per avere l'illusione impressionante di essere sospeso in mezzo al cielo. No, tranquillo tranquillo proprio non sono, almeno questo è sicuro.
Meno male che mio zio mi distrae mettendomi in mano un panino col salame piccante e provoletta e mi punta addosso i suoi occhi azzurri come quel cielo contro il quale si staglia la sua figura muscolosa. Cominciamo a parlare del più e del meno, mi chiede dei miei genitori e degli altri parenti, poi della scuola (con un sorriso maligno sulle labbra, il maledetto), dei miei amici che conosce, e tra un morso e l'altro rispondo, mentre cerco il modo giusto per iniziare a parlargli del vero motivo per il quale sono qui. Ma non c'è un modo giusto, me ne rendo conto solo adesso, mentre addento il pane fragrante e cerco di non ustionarmi la lingua con il peperoncino. Devo semplicemente dirglielo, e basta. Così dopo un momento di pausa, lo guardo dritto in faccia e gli chiedo, secco secco.
"Manuel, tu credi che io sia frocio?"
Lui non fa una piega, esattamente come mi aspettavo, solo mi restituisce lo sguardo e nel suo brilla una leggera ombra di divertimento.
"Non ci ho mai pensato," mi risponde, "Perché, hai qualche sospetto?"
Ecco adesso viene la parte migliore. Do un altro morso al panino e mastico lentamente. Mi serve questa pausa, per riflettere bene su come spiegare la faccenda. Intanto lui aspetta tranquillamente, e nel frattempo si accende una sigaretta.
"Sai, c'è un ragazzo nuovo quest'anno nella mia classe. Lui è gay, lo sanno tutti e a me... come dire... mi fa un certo effetto."
"E' molto effeminato?" mi chiede, mentre il suo volto si avvolge in una voluta di fumo.
"No, non particolarmente. Cioè un po' sì, ma non è che se ne vada in giro sculettando. È uno in gamba a dire il vero, e serio, non dà fastidio a nessuno," mi viene una ridarella nervosa ad un pensiero che si affaccia nella mia testa incosciente, ma a Manuel posso confidare anche questo, "Ha un sorriso bellissimo, senza parlare degli occhi." Ecco l'ho detto e non posso fare a meno di arrossire un po', che idiota che sono. Ma perché esiste una cosa che si chiama adolescenza?
"Uhm..." dice lui, "capisco."
"Non faccio altro che domandarmi come sarebbe a... sì, insomma, a baciarlo, ecco...", altro che un po' di rossore, adesso sto letteralmente andando a fuoco. Aiutooooooo!
Lui mi porge una lattina di birra, sicuramente per superare l'imbarazzo. Quello mio, naturalmente, perché mai nella mia vita ho visto zio Manuel imbarazzato da qualcosa. A questo proposito devo dire che sembra che abbia una scorta di ghiaccio negli slip, quest'uomo. Anche adesso, per tutta reazione, si porta la sigaretta alle labbra ed aspira stringendo gli occhi, come fa sempre quando sta riflettendo.
"Baciarlo è un conto," dice poi serio, "ma hai anche pensato che ha in mezzo alle gambe qualcosa che forse non ti piacerebbe ritrovarti in mano?"
Porc... stavo bevendo, cazzo!!!! Non mi può dire certe cose mentre bevo! La birra mi va di traverso, metà la sputo tutta intorno, l'altra la ingoio dalla parte sbagliata. Tossisco per liberarmi la trachea e lui mi aiuta con piccoli colpi sulla schiena.
Mi riprendo in qualche modo e lo guardo di nuovo in faccia. Sta sorridendo, per caso? Sì, proprio così. Lo conosco fin troppo bene per non sapere che se la sta spassando un mondo, maledetto.
Però a rifletterci su, devo ammettere che no, non ci avevo affatto mai pensato. Ho fantasticato un sacco ultimamente, non lo nego, da quando mi sono accorto che effetto mi fa avere gli occhi di Daniele puntati addosso, ma nelle mie fantasie è sempre stato lui a... insomma a toccarmi. Le sue mani me le sono immaginate ovunque, o quasi, ma io... Che dire? Come al solito zio Manuel ha centrato il punto.
"Non lo so," ammetto, "Non so cosa pensare. Sono davvero confuso." Confesso, ingoiandomi quintali di orgoglio.
"E lui sa qualcosa di questa tua confusione?" mi chiede.
"No, non credo. Insomma, non abbiamo avuto molte occasione per parlare a quattr'occhi. Non siamo propriamente amici, è solo un mio compagno di classe..."
Penso alla faccia serena di Daniele e al suo sorriso tranquillo. Se solo sospettasse qualcosa su quello che mi passa per la testa potrebbe comportasi con tanta indifferenza con me? In fondo è gay, lo sanno tutti. Come minimo dovrebbe esserne incuriosito, tentare qualcosa. A meno che io non gli interessi affatto. O no? Che cazzo di situazione! Sospiro inavvertitamente, sollevando gli occhi al cielo e allora Manuel mi afferra la testa nell'incavo del gomito e me la piega, dandomi qualche cazzotto sulla capoccia col suo nodoso pugno chiuso. Cavoli, devo proprio avere un aspetto penoso se si è deciso a passare alle coccole.
"Ahi," mi lamento," contento come una pasqua "E che cazzo. Mi fai male!"
Lui allora mi molla e io mi massaggio la cocuzza dolorante, mentre aspetto il responso della Pizia. Che d'altronde non si fa attendere a lungo, come già mi aspettavo.
"Mah! Da come me ne parli sembra una semplice attrazione per una persona piacevole da guardare. Non so se tu ti renda conto fino in fondo che è proprio un ragazzo quello che ti piace. L'unico modo è cercare di capire davvero cosa provi tu e cosa prova il tuo corpo, perciò, smettila di evitarlo e affrontalo."
"Chi ti dice che lo sto evitando?"
Lui mi lancia un'occhiata ironica e io posso solo imprecare tra me e me. Comincio a sospettare che mio zio abbia nascosta da qualche parte una sfera di cristallo, perché devo ammettere che ha ragione lui, anche stavolta. Appena quel vigliacco del sottoscritto vede profilarsi all'orizzonte la sagoma di Daniele, se la dà a gambe come Speedy Gonzales.
"E se dopo averlo affrontato dovessi scoprire che sei frocio," continua lui in tono tetro, "pazienza, sopporteremo anche questa. Ah, quante sciagure bisogna affrontare in questa stupida vita."
Ci guardiamo per un momento in faccia seri seri. E poi scoppiamo a ridere a crepapelle, facendo un baccano tale che uno dei suoi colleghi fa capolino da un'impalcatura, ci dà un'occhiata disgustata e se ne va, mormorando qualcosa tra i denti.
Sono io a riprendermi per primo, dato che un pensiero spaventoso ha appena attraversato la mia mente, congelandomi il sangue nelle vene. Così, sudando freddo, lo guardo incazzato, mentre ancora se la spassa beatamente.
"Sì, bravo, ridi ridi," gli dico scontroso, "però, nel caso dovessi scoprire che sono proprio frocio, glielo dici tu a mia madre e a mio padre, che credi!"
Torna di botto serio e mi guarda stupito, evidentemente nemmeno lui aveva pensato a questo piccolo particolare. Poi con uno sforzo si ricompone e mi lancia un'occhiata franca, dritta negli occhi.
"Promesso." Mi dice, porgendomi la mano ed io, mentre gliela stringo, per poco non mi commuovo. Perché uno può avere tutte i problemi di questo mondo, compresa un'adolescenza inquieta e gli ormoni che se ne vanno per strade impreviste, ma se hai vicino una persona che è capace di affrontare due cerberi incazzati e delusi, solo perché ti vuole bene, che importanza ha? Sei fortunato, ecco cosa sei, nato proprio con la camicia addosso, e se per caso continui lo stesso a lamentarti, sei solo un grande stronzo. Dico io.


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