I personaggi appartengono alla mitica ed immortale Kaori Yuki. questa fanfic è ambientata nella serie di God Child, quando Casian, col corpo di Cassandra, torna da Disleery.
Rating: R
Paring: Disleery/Casian
Commento: è una storia triste, anche se poi forse nenache esageratamente... però ho preferito scriverla sotto il punto di vista di due dei personaggi apparentemente negativi, perché, in fondo, nelle opere di Kaori Yuki, i personaggi non sono mai pienamente cattivi o pienamente buoni... sono semplicemente esseri umani.

 


 

 

Prigione

 

 

di Kyra_xx89

 


Una sottile lama di luce filtrava nella stanza, immersa nelle tenebre. Dall’angolo più oscuro sembrava provenire un singhiozzare intermittente, come se fosse la camera stessa a soffrire della condizione di degrado cui era costretta.
L’oscurità perdurava da intere settimane, celando all’esterno l’intenso odore di muffa, l’umidità che sferzava le pareti, sbriciolandole lentamente e le innumerevoli crepe che davano rifugio ad una quantità inverosimile di esseri viscidi che strisciavano tra gli escrementi e se ne cibavano.
Due mani scheletriche, rinsecchite e coperte di lerciume afferrarono con estrema rapidità una manciata di quegli animaletti misteriosi. Schiocchi sinistri e sommessi brontolii seguirono quel gesto e si estinsero in un risucchio raccapricciante.

Da quanto tempo non vieni, mamma? Io sono solo qui e tu sai che ho paura del buio… Perché mi hai abbandonato? Dicevi che saremmo rimasti insieme per sempre…e invece mi hai chiuso qui dentro… Ho fame e sento tanto freddo, sai? Vorrei che tu mi stringessi tra le braccia cullandomi, come facevi ogni sera, prima che mi addormentassi… Cantami qualcosa…mi piace il suono dolce della tua voce…mi rassicura, mi coccola… Mamma, dove sei? Mamma…! Mamma!

Calde lacrime scorrevano sul suo viso quando aprì gli occhi. La luce lo abbagliò e fu costretto a serrare le palpebre. Si rannicchiò in posizione fetale, tremando in preda al terrore. Dove si trovava? Come ci era arrivato?
Una mano gli toccò una spalla. Sobbalzò violentemente, scattando a sedere.
<Dottore…? Come si sente?>
<Cassandra?! Tu, qui?! Dov’è il Card-Master? Io ti avevo ucciso, me lo ricordo! Casian? Do-Dove sei? Anche tu mi hai abbandonato…come ha fatto mia madre, Casian?> Domandò disperato.
<Dottore, Dottor Disleery, sono io, Casian! Non ricorda il trapianto? Dottore, la prego, mi risponda, sono io, sono tornato!>
Le sue mani si sollevarono tremanti a sfiorare il suo volto. <Ca-Casian?> Sussurrò, come se temesse di vederlo scomparire da un momento all’altro.
L’altro annuì, sorridendogli dolcemente e prendendo fra le sue la mano del dottore che ancora tremava. La guidò fino al suo cuore e ve la poggiò sopra, poi prese delicatamente l’altra e la baciò rispettosamente, ma con affetto.
Nuove lacrime sgorgarono dagli occhi del biondo. <Sei tornato…>
<Gliel’avevo promesso… Le avevo detto che l’avrei salvato e l’ho fatto. Adesso è al sicuro… Ma la prego, mi racconti cosa le è accaduto, perché si trovava intrappolato in quel luogo orrendo?>

Rivide il viso inespressivo di suo padre mentre lo faceva portare via con l’ordine di imprigionarlo, perché col suo comportamento aveva messo in pericolo la vita di Cain, senza che nessuno gli avesse dato ordine di farlo; rivide le sue labbra, mentre con freddezza gli esposero una sola ed unica frase che lo distrusse come molto tempo prima: <Tu non sei mio figlio, solo Cain lo è. Tu non sei niente per me, per cui ti allontanerò da me e dalla Delilah. Morirai. Solo.>
Durante la pazzia che lo aveva colto in quel periodo di prigionia, aveva studiato ed immaginato innumerevoli metodi con i quali uccidere il suo fratellastro tra indicibili sofferenze.

I ricordi martellarono la sua mente contemporaneamente, gettandolo nel panico più completo. Afferrò disperatamente la giacca di Casian, nel tentativo di non venire risucchiato dal vortice delle sue stesse emozioni che assumevano tutte un intenso colore scarlatto.
Un fiotto di sangue gli uscì dalla bocca, insieme alla bile. Tossì violentemente, tuffando il viso tra le pieghe degli abiti dell’uomo che lo teneva ancora tra le braccia.
<Si stenda. Non si preoccupi e si riprenda con calma… Le vado a preparare del tè…> Lo allontanò dolcemente da sé, facendolo sdraiare nuovamente a letto, poi si avviò verso la porta della stanza.
<NO!>
Si voltò preoccupato verso il viso sconvolto di Isabel.
<Dove vai? Perché mi lasci solo di nuovo? Non andare via, ti prego… Resta con me… Casian…>
Lo avvolse in un caldo abbraccio e lo cullò, fino a quando la stanchezza non lo fece ricadere preda del sonno.

Quando si risvegliò, Casian non era al suo fianco. In preda al terrore si alzò barcollando dal letto e, a fatica, raggiunse la porta. Dalla stanza attigua, provenivano delle voci confuse. Appoggiandosi al muro e trascinandosi lungo il corridoio, riuscì ad arrivare alla sua meta.
L’uscio era socchiuso e da lì poté osservare la scena, senza essere notato: Casian stava parlando con un uomo dal volto nascosto da un borsalino nero e dal collo del mantello rialzato. Sembrava stessero discutendo a proposito di qualcosa di importante, dato che l’uomo misterioso sembrava a disagio, come se Casian lo stesse minacciando, mettendolo alle strette.
Le voci erano troppo sommesse perché potesse coglierle, ma un terribile sospetto si fece largo in lui: e se anche Casian lo avesse tradito? Che stesse discutendo una trattativa con quell’uomo per una sua futura sistemazione? O il prezzo per il commercio illegale dei suoi organi? I suoi muscoli erano deboli e fiacchi e respirava a fatica. Che lo stessero drogando?
Doveva assolutamente fuggire da quel luogo e da quell’individuo. Era sicuro di non potersi fidare di lui. Adesso ricordava il trapianto. Ma se qualcosa non avesse funzionato e l’anima del suo sottoposto non fosse in quel corpo?
Un improvviso capogiro lo fece barcollare e lo costrinse ad appoggiarsi al primo appiglio che trovò, facendolo precipitare nella stanza occupata dai due uomini.
Guardò con rabbia Casian. <Tu mi hai mentito, maledetto! Lo sapevo di non potermi fidare di te! Ma stai pur certo che mi vendicherò, Cassandra!> Gli urlò contro.
L’uomo mascherato gli si avvicinò circospetto, osservandolo dall’alto con disprezzo. <D’accordo, accetto. Ci rivedremo.> E scomparve.
Avvertì la muscolatura possente di due braccia che lo stavano sollevando di peso, separandolo dal gelido contatto del pavimento.
Un respiro caldo gli soffiava sull’orecchio, gettandolo in uno strano torpore, provocato anche dalla rassicurante solidità di quel torace ampio e dal piacevole tepore che da esso si sprigionava. Vi si abbandonò, esausto.

Le lenzuola fresche di bucato accolsero il suo corpo, provocandogli un brivido lungo la schiena. Si lasciò rimboccare le coperte, poi osservò con sguardo ferito il suo aiutante.
<Perché…?>
<Le ho fatto una promessa e la manterrò a costo della vita, Dottore. Deve fidarsi di me.> La sua voce era calda e dolce e non c’era segno di scherno sul suo bellissimo viso che esprimeva solo una viva preoccupazione.
<Casian…>
Isabel sfiorò con un dito le rughe sulla fronte dell’uomo, distendendole.
<Dormi con me, Casian, e sarò sicuro che non mi tradirai…>
L’altro annuì. <Come desidera… Mi lasci andare a prepararmi per la notte.>

Il dottore osservò incantato i movimenti fluidi di quel corpo muscoloso,mentre si infilava di fianco a lui, sotto le coperte, provocando un leggero sbuffo d’aria tiepida.
Isabel si accoccolò contro di lui in posizione fetale, facendosi avvolgere in un abbraccio dalle sue gambe e dalle sue braccia. Lo fissò intensamente negli occhi. <Sai cantare, Casian?> Gli domandò con voce insonnolita.
Lui scosse la testa in segno di diniego e un ciuffo ribelle andò a posarsi sulle sue labbra. Il biondo afferrò tra le dita la ciocca bruna, accarezzandola e sfiorando le sue labbra con i polpastrelli.
<Allora, te lo dovrò insegnare…> Mormorò sorridendo, per poi chiudere gli occhi e affondare il viso nel petto glabro dell’uomo.

I capelli biondi ricadevano disordinatamente sul cuscino, componendo una corona aurea intorno al suo viso d’angelo.
Quella mattina aveva insistito perché Casian gli facesse il bagno e l’uomo si era ritrovato ad osservarlo teneramente mentre faceva scoppiare le bolle di sapone con le dita sottili ed aggraziate. Era commosso da quei gesti tanto infantili che lo legavano indissolubilmente al dottore. Era come se cercasse di recuperare l’infanzia perduta e ciò gli scatenava un intenso senso di protezione nei confronti di quella creatura tanto delicata.
Si era destreggiato abilmente nel tamponargli i capelli lunghi con un ampio asciugamano candido e poi glieli aveva pettinati pazientemente, raccogliendoglieli in una coda.
Ora sembrava finalmente più tranquillo, abbandonato lascivamente sul letto con indosso solo una vestaglia di cotone, allacciata mollemente in vita. Il tessuto gli ricadeva sul corpo, formando pieghe maliziose che lasciavano scoperta a tratti la sua pelle lattea e vellutata. Il profumo intenso dei sali da bagno riempiva la stanza di una delicata fragranza rilassante.
Si accorse che il dottore lo scrutava di sottecchi, attento ad ogni suo minimo movimento. Imbarazzato, voltò la testa da una parte.
<Qualcosa ti turba?> Domandò con voce melliflua.
<N-no!> Riuscì a balbettare, tradendo il suo nervosismo. Aveva sempre provato una certa attrazione per il corpo di Isabel ma, dato il suo aspetto infantile, aveva catalogato quella sensazione come semplice invidia, mista ad ammirazione. In quel momento, però, si accorse che i suoi sensi si stavano risvegliando, ebbri della visione paradisiaca cui assistevano.
Con un gesto, il biondo lo invitò a distendersi vicino a lui. <Anch’io ti desidero, Casian…> Gli sussurrò sulle labbra con fare felino.

Si svegliò, avvertendo il vuoto di fianco a lui. Se n’era andato. Al suo posto solo un biglietto spiegazzato.

“Perdonami, ma sono un egoista. Ho voluto amarti una notte ed una soltanto, perché tu potessi darmi la forza di uccidere Cain e di riuscire ad occupare il suo posto nel cuore di mio padre, un posto che non è mai stato mio, ma che bramo con tutto il mio essere.
La mia fame di morte mi ucciderà, lo sento, per cui ti prego di non cercarmi: non voglio rischiare che anche tu debba soffrire quanto me… Sei l’unico essere umano di cui io mi fidi, non tradirmi, ti scongiuro…
Adesso, sento di potertelo dire con sincerità: Ti amo, Casian

Isabel”

Un groppo alla gola gli impediva di parlare. <Idiota…> Sussurrò appena. <Se credi di poter morire da solo… ti sbagli…io non ti lascerò mai, CAPITO?!>

Era arrivato troppo tardi. Il palazzo era già crollato.
Disperato cominciò ad esaminare le macerie, urlando a squarciagola il suo nome. Doveva essere vivo! Non gliel’avrebbe mai perdonato se fosse morto solo!
Lo trovò privo di sensi, accasciato su un cumulo di macerie. Gli sollevò delicatamente la testa, poggiandosela in grembo e cominciò ad accarezzargli dolcemente i morbidi capelli biondi.
<C-Casian…> Mormorò debolmente. <Sei…venuto…>
Lo fissò con le lacrime agli occhi. <Certo che sono venuto, stupido! Come potevi obbligarmi a rinunciare a te?! Hai scritto il vero sul biglietto che mi hai lasciato, sei solo un egoista!> Lo abbracciò, tuffando il viso nella chioma biondo cenere, poi gli pose un delicato bacio a fior di labbra.
<Sono contento…che tu…sia qui… Avevo paura di rimanere…solo…Ma tu…cough cough…soffrirai…>
<Sssh…Non parlare, o continueresti a dire un mucchio di assurdità, lo sai? Adesso devi pensare a riposarti, così potrai guarire…> Gli sorrise dolcemente, ma si raggelò quando l’altro scosse debolmente la testa.
<No…Io non guarirò…cough cough…E’ la mia giusta punizione…per averti fatto soffrire…Ma desidero fare…un’ultima cosa…prima di andarmene…cercherò di prolungare la vita…di Cain…perché possa vivere ciò che…Alexis ci ha impedito di fare…Dopotutto, siamo fratelli, no? Cough cough…>


Era l’anniversario della morte di Isabel e, come ogni anno sarebbe andato a trovarlo e gli avrebbe raccontato ciò che gli era capitato fino a quel momento.
<Oggi ho una bella sorpresa per te, sai? Vieni avanti, Robin…> Spinse con dolcezza il bimbo, che si stringeva al suo mantello, vicino alla lapide. <Non aver paura, non ti accadrà nulla di male…> Lo guardò con un sorriso, poi sporse una mano ad accarezzare la pietra fredda e dura, così diversa dalla pelle morbida e delicata di Isabel.
<E’ un bel nome, non trovi anche tu, Isabel? E’ mio figlio e compie oggi quattro anni… Non ti ho mai parlato di lui, perché volevo che lo vedessi tu stesso… Ti assomiglia molto: adora gli animali ed i prati…Corre instancabilmente tra i fiori, per ore… Pensa che una notte, non trovandolo a letto, cominciai a cercarlo per tutta casa, svegliando i servi perché si dessero da fare anche loro… Indovina un po’ dov’era finito? Lo trovammo nella stalla, acciambellato accanto al cane e riscaldato dal fiato dei cavalli… Era così dolce che non osai svegliarlo per riportarlo in camera sua… In seguito a quest’episodio, qualche notte d’estate gli concedo il permesso di dormire nella stalla, non hai idea della sua immensa felicità quando mi abbraccia e mi schiocca un rumoroso bacio per ringraziarmi!> Si asciugò una lacrima furtiva, sfuggita al suo controllo. <Purtroppo non ha il dono della parola, ma è molto intelligente e soprattutto affettuosissimo… ci adoriamo! Ti chiedo di vegliare su di lui, nel caso io non potessi farlo e di proteggerlo…> Accarezzò affettuosamente i capelli scuri del piccolo, annegando nelle pozze verdi dei suoi dolcissimi ed innocenti occhi, poi si chinò per dare un bacio alla lapide.
Robin dispose accuratamente i fiori che aveva raccolto quella mattina sulla terra spoglia, in seguito sfiorò rispettosamente la pietra, dopodichè tornò dal padre sorridendo.


FINE