Pretty guy

Parte IV

di Sei-chan

 

 

L’indomani volò via in un lampo. Danny non avrebbe saputo dire che cosa successe quel giorno, tanto fu insignificante e indegno di essere ricordato. Arrivò a cena con la sensazione di averlo sprecato; nemmeno uscire di nuovo con Jordan lo risollevò: Andrew si unì a loro e Danny si sentì circondato per tutta a serata di un’aura di gelo che sembrava volerlo rimettere al posto che doveva occupare. Passò il tempo a chiedersi se Andrew aveva saputo qualcosa e non si divertì per niente.

- Domani è il gran giorno, eh?- gli disse Jordan mentre si preparavano per andare a dormire. Sembrava contento. Forse pregustava la festa o forse il momento in cui sarebbe tornato a casa, padrone della sua vita e non più costretto a stare appiccicato a lui. Danny sospirò di nuovo, e le carezze di Jordan non bastarono a cancellare il malumore; tanto più che anche Jordan era pervaso dello stesso malumore, e non era nelle condizioni ideali per risollevare lo spirito di nessuno.

 

- Senti, Jordan… credi che Roger sia andato dai tuoi parenti a rivelargli il tuo scherzetto?-

- No, il nonno gliel’ha proibito esplicitamente. Non può fare parola di nulla, e credo che stia ribollendo di rabbia… no, sta’ tranquillo, non ti tireranno fango o torte, questa sera-.

- Mmm… e dici che nemmeno Andrew sa qualcosa?-

- No. Roger non contraddirebbe mai il nonno, stanne certo, e oltre a lui lo sappiamo solo io, tu e il nonno. Non preoccuparti-.

- Ieri Andrew mi è sembrato molto… sostenuto nei miei confronti, come se… mi disprezzasse-.

- Te l’ho detto, è geloso. Vorrebbe essere al tuo posto ma non è disposto a cedere al suo proposito di nascondersi a vita. Lo sa che con me ha chiuso, ma non credo che si voglia dare per vinto. Comunque tu non preoccuparti. Nessuno sa niente-. Jordan si avvicinò e lo baciò in punta di labbra. Danny sorrise e si concesse di abbracciarlo. Jordan lo strinse con trasporto, dapprima, ma poi si irrigidì e lo scostò quasi meccanicamente. Afferrò i suoi vestiti e si vestì come se niente fosse successo, e Danny finse di ignorare la sua reazione e si vestì a sua volta.

Era tardi, ma quasi nessuno dei parenti era già sceso, tranne gli immancabili Roger e signora, ma il personale della villa era già indaffarato quasi dalla sera prima a tirar su dal nulla gazebo e padiglioni e a decorare tutti gli alberi del giardino con catene di lampadine bianche. C’era anche un piccolo palco per l’orchestra sul lato di un grande spiazzo tra due fontane, e alcuni uomini stavano già montando l’attrezzatura. Altri ospiti sarebbero giunti alla villa per la festa, a cui sarebbero intervenute non meno di duecento persone, secondo le stime più basse, perché nessuno sapeva esattamente chi e quanta gente il nonno avesse invitato. La tavola della colazione era stata collocata in un angolo vicino alla scala d’ingresso per non intralciare i lavori, ma nonostante ciò sembrava di trovarsi nel mezzo dei lavori per il trasloco della regina Elisabetta.

Il nonno non scese a colazione, e non si fece vedere neanche a pranzo. Danny si preoccupò, ma Jordan gli disse che era una cosa normale, che si faceva desiderare per tutto il giorno per apparire in tutto il suo splendore la sera alla festa. Furono dissuasi da ogni tentativo di aiutare per la festa, e Jordan prese Danny per mano portandolo alla sua fontana. Lì la festa non sarebbe arrivata, anche se il chiasso dei preparativi arrivava nitido e chiaro.

Si sedettero sul bordo e restarono in silenzio. Era tutto il giorno che si dicevano solo rare banalità. Danny aveva un groppo in gola che gli impediva di dire alcunché, al pensiero di dover tornare e che gli restavano ancor meno di dodici ore di “vacanza” si sentiva vuoto, disperato. E Jordan faceva in modo di guardare sempre da un’altra parte quando Danny girava gli occhi su di lui.

- Che... regalerai a tuo nonno?- chiese piano Danny, dopo un po’, abbozzando un sorrisino.

- Nulla-.

- Non gli regali niente?-

- Non può bere vino, non può fumare sigari, dice che gli abiti sono inutili perché non farà in tempo a goderseli… gli regalo la mia presenza. E poi ha tutto quello che può volere, e abbastanza denaro per comperare il resto-.

Danny si morse le labbra e tacque. Jordan aveva parlato in tono del tutto freddo e impersonale, e si convinse che voleva rimettere fra loro quella distanza che avrebbe dovuto esserci fin dall’inizio.

- È giusto- disse a voce alta.

- Già. E poi siamo talmente tanti parenti che è praticamente impossibile fargli un regalo originale-.

Danny lo guardò interrogativamente. Non si era reso conto di aver parlato ad alta voce.

Tacquero ancora. Danny cercò di avvicinarsi a Jordan, irrazionalmente, solo per sentirlo un po’ più vicino, ma Jordan si voltò verso di lui prima che lo facesse.

- Preferisci… contanti o un assegno?- gli chiese a bruciapelo.

- Come…?-

- Per i cinquemila dollari. Li vuoi in contanti o…-

Danny trattenne il disappunto. Infatti, Jordan aveva ristabilito le distanza. L’avrebbe pagato come una qualsiasi puttana… si sforzò di sorridere e di non mostrarsi ferito.

- Come vuoi- disse con un filo di voce.

- Allora ti farò un assegno… non ho abbastanza denaro con me, e… così è più comodo per tutti, giusto?-

- Già-. Danny distolse lo sguardo e si osservò attentamente le scarpe. - Io… farò lavare gli abiti e poi te li restituisco- disse, tanto per aggiungere qualcosa.

- Ma no, tienili. Te li regalo-.

Oltre allo stipendio anche una buonuscita, pensò Danny. Doveva essere felice, ci guadagnava molto in questa storia. Avrebbe potuto indossare tutti i suoi abiti uno sopra all’altro se fosse stato costretto a dormire all’aperto. Tirò su col naso un paio di volte, abbassando il viso per nasconderlo.

- Tutto bene, Danny?- chiese Jordan chinandosi a sua volta. Non ottenne risposta, e gli toccò il viso. - Ehi, tutto a posto?-

- Certo!- rispose stizzosamente Danny, scostandogli la mano. - Va tutto bene, benissimo! Adesso scusami, ma torno in camera!- gridò, scappando via. Jordan rimase interdetto sulla fontana. Si morse un labbro. Aveva fatto male a tirar fuori la faccenda dei soldi in quel momento? Forse aveva dato l’idea di volersi sbarazzare di lui… e non era vero, maledizione se non era vero! Era stato troppo brusco… troppo distaccato, e Danny aveva del tutto frainteso.

Danny corse in camera sua, e chiuse a chiave la porta d’ingresso e la porta comunicante. Si gettò sul letto respirando affannosamente, e stringendo convulsamente il cuscino al petto. Sentiva come se dovesse mettersi ad urlare da un momento all’altro. Cercò di calmarsi, inutilmente. Prese il cuscino e lo sbatté contro la testata del letto, contro il muro, contro la porta comunicante.

- Stupido! Cretino! Stupido!- urlò con quanta voce aveva in corpo, circondato da una pioggia di piume che si posavano lentamente sopra di lui.

Al diavolo le belle parole! Gli aveva detto di non considerarsi una puttana, e alla prima occasione gliel’aveva sbattuto in faccia, quello che era! Lui e i suoi stupidi soldi!

Si accasciò per terra, tremante. Ma perché se la prendeva così? Era tutto chiaro fin dall’inizio, fra loro. Perché aveva preteso tanto da quella vacanza? Come tutto, sarebbe dovuta finire. Lo sapeva. Jordan non ne aveva colpa, anzi… era stato più gentile di quello che poteva aspettarsi da lui, l’aveva portato fuori, l’aveva fatto divertire, e stare bene… si era confidato. No, non era con lui che ce l’aveva, ma con se stesso, perché aveva buttato fuori la sua vita troppo violentemente, e ora quella stessa vita stava rientrando contro la sua volontà…

- Danny? Danny, ci sei?- Jordan bussò alla porta comunicante. Danny non ripose. Jordan uscì e bussò alla porta d’ingresso. - Stai bene? Che c’è, è colpa mia? Danny!-

Danny si strofinò la faccia, si spolverò le piume dalle spalle e aprì la porta comunicante.

- Sì, sto bene- sorrise. - Non c’è niente che non va, scusami, era solo…- fece un vago gesto con la mano, e Jordan sorrise.

- Bene- disse. - Allora vediamo di cominciare a prepararci per la festa-.

- Di già? Sono solo le quattro e mezza-.

- Il tempo non basta mai, mio caro. Dobbiamo essere impeccabili-.

- Sì, neanche fossi una donna!-

- Ma chi l’ha detto che gli uomini devono prepararsi più in fretta delle donne? Guarda che anche i miei preparativi richiedono tempo!-

- Tu sei proprio matto!-

Jordan tenne fede alla sua parola, si chiuse in bagno e uscì solo un’ora dopo. Danny lo osservò bene e credette di notare che si era anche sistemato le sopracciglia. Scosse la testa. Una nuvola di dopobarba lo raggiunse, mozzandogli il respiro.

- Hai fatto il bagno nel profumo?-

- Tra un po’ andrà via, non preoccuparti. Tu sei già pronto?-

- Da mezz’ora, sai!-

- Avresti potuto sistemarti meglio i capelli. E quelle unghie…!- disse Jordan fintamente perplesso.

- Hai ragione, mamma. Forse dovrei anche procurarmi un fazzolettino pulito!-

Jordan gli si sedette accanto e gli accarezzò la testa, cercando di dissimulare il gesto di sistemargli i capelli. Poi gli sorrise, strofinandogli la mano.

- Che c’è?- rise Danny.

- Niente. Sono felice che tu sia qui. Ho passato una bella settimana-.

- Anche io- disse Danny, e lo baciò. Jordan accettò il bacio, ma dopo un minuto si staccò.

- Ecco!- gridò. - Ora devo rimettermi il rossetto!-

- Cretino!- rispose Danny lanciandogli un cuscino.

Scesero nel salone d’ingresso alle sei; c’era già una cappa grigia di fumo verso il soffitto, e un gran via vai e un gran vociare di gente che salutava, risalutava, e salutava ancora i parenti uno dopo l’altro. I camerieri del catering giravano con vassoi di cocktail e stuzzichini; Jordan prese due bicchieri e trascinò Danny fuori dalla nebbia di sigaretta, in giardino.

- Che casino!- esclamò Danny.

- Puoi ben dirlo. Credo che diventeremmo tutti pazzi se fossimo costretti a fare la festa al chiuso. Lì dentro c’è abbastanza fumo da far venire il cancro a tutti. Hai visto? Puzziamo già di fumo dopo dieci minuti…-

Danny annuì. Tirò fuori dalla tasca un accendino. - Credi che posso scroccarne una a qualcuno? Ok, ok, sto scherzando. Sto scherzando!- ribadì Danny all’occhiataccia di Jordan.

- Non vorrai appestarmi anche tu. Non voglio che i miei abiti sappiano di fumo!-

- Va bene, comunque scherzavo. Non fumo… non spesso. Davvero-.

Jordan scosse la testa, alzando gli occhi al cielo. Sedette senza grazia sul piccolo dondolo che c’era in fondo al giardino e porse il cocktail a Danny. Bevvero in silenzio.

- Ci voleva qualche tartina- disse Jordan quando ebbe finito.

- Ci sarà abbastanza roba al buffet-.

- Sì, ma ho fame ora-.

- Vado a prenderti qualcosa?-

- Ma no. Mangerò più tardi. Spero che lascino qualcosa… spero che ci sia qualcosa di mangiabile-.

Danny non disse niente, e si guardò le mani.

- Cos’hai? Sei silenzioso… sei giù di corda?-

- No… va tutto bene-.

- Senti, per prima… non volevo offenderti per la storia del denaro, non voglio che tu pensi… che sei solo questo, per me-.

- Ah, no? E allora che cosa sono?-

Jordan abbassò gli occhi. - Be’… mi sono divertito molto con te. Non mi divertivo tanto da anni, qui in Italia, sul serio. Tu… mi sento molto vicino a te- concluse sorridendo, e rialzando lo sguardo nel suo.

Danny si sentì arrossire. - Wow. È… non me l’aspettavo. Io credevo… oh, è una cosa molto bella quella che hai detto…- sorrise, e Jordan gli afferrò una mano, stringendola nella sua. Si avvicinò al suo viso e lo baciò. Danny sentì il suo cuore accelerare dentro il suo petto, e il respiro mozzarglisi in gola. Si staccò improvvisamente da Jordan.

- Che c’è? Ho fatto male?- chiese Jordan.  Danny scosse la testa.

- No. Non hai fatto nulla di male, scusa, è solo colpa mia. Non… non mi aspettavo questo. Davvero, tu non c’entri-.

Jordan annuì. - È vero. Ne avevamo già parlato, ok. Non preoccuparti- disse, circondandogli le spalle con il braccio. Danny per un istante si chiese che cosa aveva capito Jordan, ma poi si lasciò andare al contatto caldo con il suo corpo, un contatto che cominciava ad essere un po’ troppo piacevole.

Dopo qualche decina di minuti si alzarono e tornarono alla festa. Erano rimasti in silenzio per tutto il tempo, e tacquero anche per il resto della serata. Si scambiarono solo sguardi furtivi e qualche raro sorriso, e frasi di circostanza.

La festa era piena di gente, la musica non taceva mai e i tavoli dei buffet venivano continuamente riempiti. Il cibo non era male, per fortuna, ma Danny non vedeva nessun altro a parte Jordan, e non vedeva niente altro a parte il fatto che lui lo ignorava. Forse era vero che era stato bene con lui, che l’aveva sentito vicino, ma a quanto pareva stava bene anche senza di lui. Per Jordan Danny era solo un piacevole diversivo, qualcosa con cui divertirsi durante una settimana altrimenti noiosa. Per Danny invece Jordan era una fugace visione di qualcosa che desiderava da morire e che non avrebbe mai più avuto. Per lui era dura pensare di tornare in città senza nemmeno la certezza di avere un tetto sulla testa, e senza nemmeno la certezza che Ken lo lasciasse in pace.

Ken… era da un pezzo che non pensava più a lui… e doveva tornare a pensarci, se non altro perché era a causa sua se ora si trovava in mezzo ad una strada. Si toccò il viso, il punto dove il livido ormai era stato riassorbito quasi completamente.

Rimase seduto per ore sulla stessa sedia, completamente solo, con l’unica compagnia del cameriere che ogni tanto gli offriva un bicchiere pieno. Jordan era a pochi metri da lui, anche lui immobile, impalato, insieme ad un uomo anziano che parlava a raffica, che non si staccò da lui per ore e a cui Jordan rispondeva con un sorriso ebete e qualche cenno con la testa.

Danny sbadigliò. La musica era diventata monotona, il cielo era diventato scuro, ma il tempo non passava mai. Tutti lo ignoravano. Non aveva visto il nonno, probabilmente era nel gazebo o in qualche altro punto del giardino circondato da invitati. Probabilmente aveva anche fatto un piccolo discorso di cui lui non si era reso conto. Girò per l’ennesima volta lo sguardo attorno a sé, e si trovò d’improvviso Jordan davanti agli occhi.

- Ehi- gli disse.

- Ciao, Danny… scusa, sai…- disse abbassando gli occhi e sventolando il suo bicchiere. - Sono cinque ore che quello non prende fiato, devo aver bevuto per lo meno cinquanta di questi, e… ad un certo punto si è messo a parlare di piscine e costumi da bagno… insomma, ho un’erezione tremenda, e… se vuoi unirti a me vivacizziamo un po’ questa festa… non sei obbligato, posso anche fare da solo…- concluse con un sorriso mettendo una mano su quella di Danny.

Danny finì il suo champagne e strinse la sua mano. - Ok, andiamo- si alzò sorridendo.

Jordan gli diede un bacio sulle labbra dolcemente. - Muoviamoci- sussurrò poi. - Non ce la faccio più!-

Risero, e Jordan trascinò Danny fino alla camera da letto.

- Pensavo volessi farlo in giardino!- ansimò Danny, riprendendo fiato dopo aver fatto di corsa le scale.

- Più tardi!- rispose Jordan togliendogli la cravatta e la cintura. Danny si inginocchiò sul letto e infilò un ginocchio fra le sue gambe, baciandolo profondamente. Poi Jordan lo staccò da sé e lo spinse a sdraiarsi, e finì di spogliarlo. Si inginocchiò sul suo torace togliendosi la camicia, poi si spostò per togliersi i pantaloni.

Danny si voltò e si stese sulla pancia, sorridendogli con il viso girato verso di lui. Jordan si fermò.

- No- disse con voce roca. - Non mi piace così-.

- No? Non ti piace? Guarda che posso anche piegarmi, sai, è…-

- No, non mi piace questa posizione. Voltati, voglio guardarti in faccia-.

Jordan lo fece girare, e lo guardò in faccia, ma Danny non riuscì a sostenere il suo sguardo, e voltò il viso. Si morse un labbro e poi lo guadò di nuovo, con occhi languidi.

- Ma tu… non avevi fretta, prima?- mormorò.

- Ce l’ho ancora…- rispose Jordan, respirando a fatica. Danny finì di togliergli i pantaloni e le mutande.

- Oh, sei in forma stasera…- disse guardandolo ancora. Al tocco delle sue mani Jordan prese il controllo. Gli afferrò i polsi e glieli riunì sopra la testa con una mano, e con l’altra gli sollevò il bacino. Danny piegò le gambe.

Jordan lo penetrò con un sospiro rauco, e Danny aprì la bocca, senza alcun suono. La lingua di Jordan la invase e il suo corpo cominciò a spingere con movimenti sempre più rapidi.

Danny chiuse gli occhi, cercando di concentrarsi, ma Jordan l’aveva preso troppo presto. Non era eccitato… non abbastanza. Cercò di non darlo a vedere a Jordan, cercò di rimediare e di darsi da fare, ma i movimenti secchi dell’altro in lui non lo aiutavano. Si sentiva solo un po’ squallido, non sentiva nemmeno il piacere che Jordan era stato capace di dargli. Emise un lamento e mosse di scatto la testa, involontariamente.

Sentì Jordan che pian piano smise di spingere e uscì da lui. Lo guardò interrogativamente e sorrise.

- Che c’è?- disse dolcemente. - Non ti piace?- Guardò giù, fra le gambe di Jordan: era ancora eccitato, l’erezione sembrava ancor più vibrante di prima.

- No, è a te che non piace- sussurrò Jordan, con il fiato mozzo, in un tentativo pressoché vano di fingere autocontrollo.

- Jordan…-

- Vuoi che smetta? Non sei costretto, lo sai-.

- No! No, mi va, ma… perché dici così?-

Jordan sospirò per soffocare dentro di sé il desiderio. - Non cerco una scopata a buon mercato, Danny. Pensavo l’avessi capito. Non ho bisogno di un buco da sbattere, voglio te. Voglio una persona, e voglio fare l’amore. Se non vuoi, dimmelo. Credimi, sarebbe molto meglio-.

Danny distolse lo sguardo. Era ancora steso sul letto, con le gambe aperte, e con Jordan sopra di lui. Non disse niente.

- Ok, ho capito- disse Jordan spostandosi, facendo per rialzarsi. Danny lo afferrò per un polso.

- No, non andare via! Stavo per dirti di continuare... mi dispiace per averti smosciato, adesso…-

- Non ci vuole niente per tornare su…- sorrise Jordan, sdraiandosi accanto a lui. Gli accarezzò timidamente il fianco. - Era ancora a metà strada, non preoccuparti. Quindi…-

Jordan cominciò ad accarezzare Danny senza fretta, dominandosi. Danny rabbrividì al tocco leggero delle sue mani, ben più eccitante di una carezza rude. Le dita di Jordan evitavano qualsiasi zona erogena convenzionale, ma ne trovarono di più sensibili in punti sconosciuti. Danny si sentiva come un adolescente alla sua prima volta: stava sentendo il suo corpo con una forza che non aveva mai provato prima.

Jordan si avvicinò e lo accarezzò con tutto il suo corpo. Ora la sua erezione era ancora più urgente e dolorosa di prima, e si strofinò contro Danny trattenendo un gemito.

- Dai- disse Danny annuendo. Aprì le gambe per lui. Jordan vi si sistemò in mezzo ed entrò piano, trattenendosi, con lentezza, ma Danny spinse dentro di lui prendendolo dentro interamente.

Jordan rimase dentro di lui per un po’, dopo essere venuto. Lo strinse a sé e solo quando Danny cominciò a muoversi per il fastidio uscì.

Danny lo guardò sorridendo, accoccolandosi contro di lui. Jordan tirò su le coperte e vi si rannicchiò per combattere l’aria fredda che soffiava sulla sua pelle sudata.

- Hai freddo?- chiese Jordan dopo un po’.

- No, perché?-

- Stai tremando, come mai?-

- Niente… sono un po’ ubriaco, ho bevuto un sacco di champagne-.

- Ah, ok- rispose Jordan senza convinzione, e lo strinse.

In realtà Danny si stava trattenendo, e tremava per questo. Avrebbe voluto sfogare il nervosismo che sentiva dentro, che lo attraversava come una scarica elettrica, ma non gli andava di dare spiegazioni. Non gli andava soprattutto di confessare ciò che provava, e specialmente a Jordan…

L’idea di dover partire il giorno dopo lo faceva diventare matto. Non voleva, no… voleva restare il più a lungo possibile, voleva stare ancora in quel posto lontano dal suo mondo e come sospeso nel tempo, in cui i suoi problemi erano lontani e non lo angosciavano. Invece era tutto finito, e si sentiva come uno straccio disperso nel vento, non aveva idea di che cosa avrebbe fatto d’ora in poi…

- Jordan, dormi?- sussurrò, sentendo il respiro regolare dell’altro sulla nuca. Non ricevette risposta, e si allontanò un po’ da lui, sgusciando via dal suo abbraccio, si strinse contro il cuscino e scoppiò a piangere. Trattenne i singhiozzi per non svegliare Jordan, e alla fine si addormentò con il viso umido.

Jordan si mosse piano per assicurarsi che stesse dormendo. Lo guardò alla luce dell’abat-jour che spense subito dopo essersi assicurato che non fosse sveglio, e aver visto il riflesso delle lacrime sul suo volto.

Sospirò e si morse le labbra. Si alzò, indossò il pigiama e cercò a tentoni la giacca di Danny, frugò nelle tasche e prese le sigarette e l’accendino. Danny le teneva sempre a portata di mano ma non l’aveva mai visto fumare. Andò alla finestra dell’altra stanza e ne accese una.

Da quanto non fumava più! Credeva di aver smesso! Era successo quando James era morto… no, non aveva smesso… le sigarette una volta gli servivano per scaricare a tensione, il nervosismo e le emozioni troppo forti… no, non aveva smesso, era solo che dalla morte di James aveva smesso di farsi toccare dai sentimenti.

Ma adesso… non capiva neanche lui che cosa gli era preso. Era tutto cominciato quando aveva caricato Danny sulla sua macchina… era torturato dall’idea di lasciarlo andare di nuovo chissà dove. Finì la sigaretta, cercò nelle sue valigie dei vestiti, si cambiò ed uscì dalla stanza.

Continua...


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