Pretty Guy
parte I
di Sei-chan
Danny sospirò.
Quella sera,
andava male. Piovigginava e sul viale non passava quasi nessuno, e il fuoco
si stava quasi spegnendo, faceva freddo e lui era fradicio fino al midollo.
Aveva voglia di un bagno caldo, ma gli servivano un paio di bigliettoni,
altrimenti, quella settimana non si mangiava…
- Ehi, tu, vieni qui.
Quanto vuoi?-
Finalmente! sospirò Danny. Disse la cifra e
salì sulla macchina, che andò a parcheggiare poco lontano, sotto degli
alberi che di solito erano gremiti di macchine; quella sera non c’era quasi
nessuno.
Quando tornò al viale, non era rimasto più
nessuno. Aveva cominciato a piovere più forte, e si mise la borsa sulla
testa correndo all’autobus; comunque, quando arrivò, aveva tutti i capelli
appiccicati alla fronte. Scese alla sua fermata e si preparò a correre di
nuovo sotto la pioggia fino a casa, ma inciampò e dovette fermarsi sotto un
portone.
- Maledetto questo marciapiede…- sbottò,
prendendo la scarpa: si era rotta, e avrebbe dovuto correre nelle
pozzanghere anche scalzo, adesso. Decise di rimanere sotto quel portone per
un po’, nella speranza che smettesse di piovere, ma una voce lo fece
sussultare.
- Ehi, hai da accendere?-
Dietro di lui c’era un tizio, anche lui
bagnato come un pulcino, con un giornale zuppo in testa. Si rifugiò accanto
a lui sotto il portone e tirò fuori un pacchetto di sigarette dalla tasca, e
Danny gli porse il suo accendino.
- Grazie. Ne vuoi una?-
- Grazie-.
Danny prese la sigaretta e l’accese, con un
sorriso all’altro.
- Ehi, scusa, amico, ma non è gratis-.
-Che cosa…-
L’altro lo colpì allo stomaco, tanto forte da
farlo piegare in due, e gli strappò la borsa. Danny si riprese e lo afferrò
per una manica, ma l’altro gli diede un altro pugno sul viso, e quando cadde
gli mollò un calcio nel fianco che lo stordì per qualche minuto. La caduta
non era stata morbida; quando si rialzò sentì la parte destra del viso
pulsare, e del sangue, o forse fango, scivolargli lungo la guancia.
Oh, no! Gli aveva rubato la borsa con quei
pochi spiccioli che aveva guadagnato… Ken l’avrebbe ucciso di botte, sì,
avrebbe avuto un compito facile, visto com’era conciato!
Aprì pianissimo la porta, sperando che Ken
fosse già addormentato, e cercando di non svegliarlo. Almeno avrebbe
rimandato un po’ un’altra scarica di cazzotti… Quando entrò, però, trovò la
luce accesa. Sospirò e pregò che in quel momento fosse comprensivo.
Si infilò subito in bagno per asciugarsi e
darsi una guardata allo specchio. Santo cielo! L’occhio era tutto viola, e
dall’altra parte la guancia era tumefatta e sanguinava, in più era tutto
sporco di terra… si lavò il viso e pensò di disinfettarsi subito.
- Che fai qui? Ma… che hai fatto?- Ken era
entrato in bagno e l’aveva visto allo specchio.
- Mmm… uno… qua fuori… mi ha scippato-.
- Idiota! Sei un idiota, ti sei fatto scippare
sotto casa, sei un vero idiota!- Ken batté le mani sul lavandino, e Danny
sussultò e cercò di ritrarsi: non facile, in un bagno così piccolo. - Datti
una sistemata, adesso!-
- Mi devo disinfettare, Ken, anzi…-
- Sistemati subito, e muoviti, c’è un mio
amico che ti sta aspettando da un’ora!-
- Cosa? Ken! Cosa… l’hai fatto di
nuovo? Lo sai che non…-
Ken lo afferrò
per il collo e lo sollevò di qualche millimetro, stingendo. -Tu non che
cosa? Lo sai! Mi devi ubbidire, hai capito? O devo fartelo capire io? Eh?-
- No, no, Ken, ok,
va bene… fallo aspettare ancora qualche minuto, io… farò qualcosa, va bene?-
- Dieci minuti, e
renditi presentabile! Dio santo, guardati…- disse Ken con disprezzo, ed uscì
dal bagno.
Danny ricacciò
indietro le lacrime, avrebbero reso tutto più difficile. Prese l’astuccio
del trucco, si tolse il mascara che era colato sotto gli occhi e cercò di
rimediare al disastro che aveva in faccia. Non fu facile coprire quel
livido… e il fondotinta bruciava sui tagli della guancia… aveva paura che
avrebbero fatto infezione…
Dieci minuti dopo
Ken irruppe di nuovo in bagno.
- Sei pronto? Be’,
così sembri meglio. Insomma… ok, non importa il viso. Muoviti, mettiti la
sottoveste e vai in camera, e guai a te se combini qualcosa! Mi ha pagato
un sacco di soldi, un sacco, capito?-
Danny sospirò. Si
tolse gli abiti bagnati e mise la sottoveste di seta beige, quella che Ken
voleva mettesse sempre. La detestava, e si detestava quando era costretto a
metterla… quando si costringeva a mettersela. Nonostante tutto non riusciva
a detestare Ken, per lo meno non abbastanza… per mollarlo e smettere di
umiliarsi.
Entrò nella sua
camera, dove l’amico di Ken era già pronto, in mutande. Che schifo… pensò
Danny, una volta di più. Che razza di schifo è diventata la mia vita…
Chiuse gli occhi
e cercò di farselo piacere. Questo non aveva un brutto aspetto, ma comunque
era disgustoso… e quella sera non si sentiva nemmeno bene, dopo le botte che
aveva ricevuto… no, non ce la faceva a sopportare, gli faceva male
dappertutto. Scostò il cliente e si mise a sedere.
- Ehi, che
succede? Guarda che ho pagato!-
- Lo so, ma ti
prego di scusarmi… stasera non me la sento, davvero, non sto bene. Mi hanno
aggredito e scippato, e… credo di aver bisogno di dormire. Forse Ken può
ridarti i soldi, o magari puoi tornare un’altra volta, ok?-
L’altro capì al
volo, raccolse le sue cose e andò via. Danny sperò che fosse comprensivo.
Non lo era. Li
sentì quasi subito cominciare ad urlare a proposito dei soldi, e allora
rinunciò ad andare a letto; se Ken ce l’avesse trovato l’avrebbe fatto secco
a furia di sberle. Invece si vestì, raccolse le sue cose e nascose in tasca
un po’ di soldi che servivano per le emergenze.
Quando Ken smise
di urlare con il cliente aprì la porta della sua camera come una furia; il
trovarselo davanti vestito di tutto punto lo spiazzò, e probabilmente
risparmiò a Danny una bella scarica di botte.
- Che… dove vuoi
andare?-
Danny non
rispose, e abbassò gli occhi.
- Che scherzo mi
hai fatto, eh! Complimenti! Ora chi me li ridà quei soldi, eh? Tu? Non sei
buono nemmeno di portare a casa quello che guadagni! Che cosa vuoi fare, eh?
Andartene? Va bene, vattene, vattene immediatamente!- Ken lo afferrò per le
spalle e lo spinse per tutto il corridoio, fino alla porta, e lo gettò
fuori. Danny ruzzolò sul pianerottolo. - Ma non farti più vedere! Non farti
vedere mai più!- gli urlò dietro Ken.
Danny si rialzò e
scappò via più in fretta possibile. Poteva star certo Ken che non sarebbe
tornato mai più! Intanto però era solo al freddo, sotto la pioggia.
Si rifugiò alla
stazione degli autobus, c’era molta gente che aspettava e passava lì la
notte, si confuse con loro e riuscì anche a dormire un po’. Quando si
svegliò era già mattina, e aveva smesso di piovere. Uscì dalla stazione
senza dare nell’occhio e prese a camminare per la città. L’unico problema
era dove avrebbe dormito la prossima notte, ma quello era un problema ancora
lontano, il sole era appena sorto.
Si era struccato
e medicato il viso, e si era coperto di nuovo il livido di trucco. Girò per
il parco e dormì ancora un po’, su una panchina, prese un panino e ne diede
metà ai piccioni, e poi, verso le quattro, mentre gli uffici cominciavano a
svuotarsi, iniziò a pensare dove avrebbe dormito.
All’aperto faceva
troppo freddo. E non aveva abbastanza denaro per permettersi un motel:
doveva fare economia. Tornare per strada...
Alla fine, a
tarda sera andò al solito viale. Aveva degli amici, e forse potevano
ospitarlo per qualche notte… giusto per tornare in forma e cercare qualcosa,
qualsiasi cosa per andare avanti.
Niente: appena
diceva che Ken l’aveva sbattuto fuori, si tiravano tutti indietro. Ken aveva
un nome, in quel posto, e nessuno ci teneva a farsi spaccare le braccia e
chissà cos’altro da lui. Danny provò a mentire, a dire che avevano la casa
allagata, ma nessuno ci credette. Nessuno voleva prendere quella grana, e
facevano bene.
Per lo meno non
pioveva più. Danny si strinse nella giacca, era troppo leggera per quella
temperatura… avrebbe voluto non essere costretto a battere di nuovo. Poteva
entrare in una chiesa, o in uno di quei supermercati aperti tutta la notte…
ma voleva dormire, si sentiva stanco e anche un po’ stordito.
Sedette sul
marciapiede col viso tra le mani. Tornare da Ken? No, non se ne parlava.
Magari avrebbero anche fatto pace, ma… il pensiero di quella sottoveste che
lo aspettava in un cassetto lo faceva impazzire. No, non voleva tornare
indietro. Come se fosse facile!
- Ehi, sei solo?-
Una macchina
suonò per attirare la sua attenzione e un ragazzo si affacciò dal
finestrino. Danny alzò un po’ gli occhi. Che buffo: il giorno prima nessuno
si fermava, e quel giorno che non si era neppure messo il vestito adatto ce
n’era uno che gli strombazzava, persino! Ma Danny non aveva assolutamente
voglia, quella sera.
- No, vattene
via!-
- Dai, guardami!
Non ti va di bere qualcosa con me? Dai, vieni!-
- Stasera non è
aria, vattene… cercati qualcun altro-.
- Pagando,
s’intende! Di’, quanto vuoi? Eddai, salta su!-
Dio, quant’era
insistente! Danny alzò gli occhi e vide un bel ragazzo bruno alla guida di
una decappottabile grigio metallizzato. Molto molto ben messo, pensò
sospirando. Anche carino, una volta tanto. Danny si alzò e si spolverò i
calzoni. Poi magari l’avrebbe lasciato dormire in macchina, chissà… pensò
avvicinandosi.
- Cosa vuoi che
ti faccia?- chiese stancamente.
- Dai, sali, ci
pensiamo dopo-.
Danny alzò le
spalle e salì in macchina. Come si stava comodi! Sfrecciava lungo le strade
che era un piacere, anche se forse c’erano troppi semafori per godersi la
strada.
Danny vide che si
stava allontanando molto dal viale.
- Dove stiamo
andando?-
- Al Plaza-.
- Al Plaza? Ma
guarda che le stanze…-
- Io alloggio lì!
Non preoccuparti, non è un motel, eh!-
- Lo so cos’è il
Plaza!- ribatté Danny. Ci sarebbe voluto ancora un po’, in quel punto c’era
del traffico. La radio era accesa ma non era assordante, anzi, era molto
piacevole. Talmente tanto che la testa di Danny cominciò a ciondolare e lui
si appisolò in un batter d’occhio. L’altro, ad un semaforo si voltò per
parlargli, e lo vide così addormentato, e sorrise. Poi notò quel livido
scuro che si vedeva anche sotto il trucco.
- Ehi, siamo
arrivati- lo scosse delicatamente, nel parcheggio dell’hotel. Danny si
svegliò un po’ confuso: non conosceva né quel posto né quel tizio, poi in un
attimo si ricordò e sorrise.
- Ah! Scusami, mi
sono… mi sono addormentato…-
- Ho visto. Stai
bene?-
- Sì, sì. Certo,
non ti preoccupare-.
Non era vero che
stesse così bene: quel pisolino gli aveva fatto ritornare il sonno arretrato
che aveva perso quella notte. Aveva davvero voglia di dormire, ma quello
doveva essere pieno di soldi… poteva sistemare le cose per un po’.
Anche in
ascensore fece fatica a tenere gli occhi aperti, e l’altro se ne accorse. Lo
guardò e gli sorrise, ma non disse niente. Arrivarono in camera e lui tirò
fuori la chiave magnetica.
- A proposito, il
mio nome è Jordan- gli disse, tendendoli la mano, davanti alla porta.
- Ah. Piacere-.
Danny gli strinse la mano.
- E tu?-
- Io cosa?-
- Come ti
chiami!-
- Ah, hai
ragione! Mi chiamo Danny-.
- Piacere, Danny!-
Jordan entrò in
bagno.
- Sai, non è che
faccia spesso le presentazioni con i miei clienti…-
- Scusa, hai
detto qualcosa?-
- No, no, niente,
Jordan, niente-.
Danny si risolse
ad abbandonare l’anticamera ed entrò nella camera. Era la Junior Suite,
l’aveva letto fuori, ed era davvero bella. C’era una vetrata con una vista
stupenda sulle luci della città e sulla baia, e anche il dentro non era da
meno. Era grande come un appartamento, c’era il salotto, i divani in pelle
bianca con il tavolino di cristallo, un paio di porte che davano su
qualcos’altro e il letto su un soppalco rotondo circondato da una ringhiera
bianca. Una specie di castello delle fiabe per lui che era abituato a farlo
su sedili stretti o al massimo su lenzuola lerce di stanze ad ore.
- Ti va di bere
qualcosa?- gli chiese Jordan uscendo dal bagno in accappatoio.
- No, grazie, io
sto bene così… così…-
Danny non riuscì
a concludere la frase, starnutì all’improvviso e Jordan rise.
- Sei
raffreddato?-
- No, no, sto
bene, è solo che qualcosa qui…-
- Ti va di fare
un bagno? Ci vuole un minuto, te lo preparo io-.
- No, Jordan, non
disturbarti, io…- ma Jordan era già ritornato in bagno, e Danny decise che
alla fin fine poteva approfittarsene un po’, e comunque aveva freddo
davvero.
Entrò in una
vasca da tre o quattro piazze, anche lei su un grazioso rialzo a tre
gradini, e si immerse nell’acqua calda piena di schiuma.
- È gelsomino-
disse Jordan. - È il mio preferito, spero che ti piaccia…-
- Grazie…- disse
Danny, e si rilassò totalmente, tanto che si addormentò di nuovo senza
pensarci su.
Jordan entrò in
bagno dopo venti minuti e lo trovò profondamente addormentato, il trucco
sciolto sul viso e quel livido così evidente ancora più visibile, insieme ad
una costellazione di escoriazioni sulla guancia. Quando l’aveva fatto salire
in macchina non gli era sembrato molto collaborativo, anzi aveva avuto
l’impressione che stesse scappando da qualcosa piuttosto che cercarla…
Lo svegliò
dolcemente, accarezzandogli il viso. Di nuovo Danny saltò su come se fosse
stato punto, e solo dopo un attimo si ricordò dov’era e che cosa stava
facendo lì.
- Scusami, io…
non so cosa mi sia preso oggi, non preoccuparti però, ora…- cercò di
giustificarsi.
- Non
preoccuparti tu, non è successo niente. È evidente che sei stanco, capitano
a tutti le brutte giornate-.
- Sì, ma ora mi è
passata…- mormorò Danny, poi si guardò allo specchio e pensò che la piega
dei suoi occhi l’aveva sbugiardato alla grande.
Quando uscì dal
bagno trovò Jordan con i calzoncini del pigiama, seduto sul letto a bere.
Gli sorrise.
- Non guardarmi
male… è una tisana, niente di alcolico… berla nel bicchier del whisky dà
un’altra sensazione, ne vuoi?-
- No, no, grazie…
la mia tariffa è ad ore, lo sai?- disse Danny slacciandosi l’accappatoio.
- Credi che
m’interessi pagarti un’ora in più o in meno? Non ho niente da fare per tutta
la notte…-
- Bene…- disse
Danny facendosi cadere di dosso l’accappatoio. Jordan gli lanciò una
maglietta.
- Tieni, metti
questa. Me la sono fatta portare su mentre tu eri in bagno. Non credo che
stanotte tu sia in vena di fare niente… mi sembri un po’ addormentato!-
Danny infilò la
maglietta senza fare storie. - Dove dormo?- chiese un po’ imbarazzato.
- C’è un altro
letto di là, se vuoi. Oppure qui con me- sorrise Jordan.
- Comunque… non
mi dovrai pagare per questa notte, ok?-
- Oh, sei onesto! Ma lascia
decidere a me come usare i miei soldi...- Danny sorrise. - Allora, rimani?-
continuò Jordan, strizzandogli l’occhio e battendo sul copriletto.
- Se insisti…
guarda che non è necessario dormire-.
- A me forse no,
ma tu stai cascando dal sonno-.
- Posso anche
restare sveglio- insistette Danny.
- Ne dubito-.
Jordan si infilò nel letto, e anche Danny entrò, nella parte opposta. Sentì
subito il calore di Jordan dietro di sé, anche se non si era avvicinato,
ancora, e il pensiero di Ken si affacciò improvviso alla sua mente. Chiuse
gli occhi e fece il gesto di scacciarlo come una mosca.
- Che c’è?
Problemi?- chiese Jordan.
- No, niente… un
ricordo. Ma è passato-.
- Così
m’incuriosisci-.
- Lascia
perdere-.
- Mmm. Ok.
Posso…?- Jordan gli passò le mani attorno alla vita, e Danny appoggiò la
schiena al suo petto.
- Come vuoi. Ah…
non mi faccio baciare sulla bocca, scusami-.
- Peccato… hai
delle belle labbra- mormorò Jordan accarezzandogliele col dito. - Ora dormi,
avanti-.
- Se vuoi fare
altro…-
- Sogni d’oro-.
Danny alzò le
spalle, e si mise comodo sul cuscino, chiudendo gli occhi.
Dapprima credette
di sognare quel tocco delicato che gli sollevava la maglietta sulla pancia.
Poi spalancò gli occhi al calore del fiato di Jordan sul suo collo, e alla
sensazione della sua lingua.
- Ah… che fai…?-
mormorò, improvvisamente sveglio.
- Ssst. Dormi-.
- E come faccio…
ah… che… fai?- disse di nuovo, mentre il suo corpo rispondeva prontamente.
Le mani di Jordan non avevano incontrato neanche l’ostacolo della
biancheria, ed il suo sesso aveva accettato allegramente quella carezza.
Danny cercò di voltarsi per guardare Jordan, ma questi lo tenne stretto, e
continuò ad accarezzarlo lentamente, leccandogli il collo e coprendolo di
baci.
Danny non riuscì
a trattenersi, e venne nella sua mano. Avrebbe voluto fare qualcosa…
voltarsi e ricambiare, ma… stava talmente bene, ed il sonno era tornato ad
assalirlo… si addormentò con un bel sorriso sulle labbra.
Jordan sorrise;
aspettò che fosse addormentato, andò in bagno e poi tornò a letto. Nel
sonno, Danny si voltò e affondò il viso nel suo petto. Jordan vide di nuovo
le ferite sul suo viso, e ne vide altre sulle braccia. Si morse le labbra e
lo abbracciò.
Danny si svegliò
con calma. Gli sembrava di aver dormito una vita. In quel momento, mentre
strizzava gli occhi per abituarli alla luce, non gli mancava proprio niente.
Si alzò a sedere.
Jordan non c’era; sembrava essersene andato da un pezzo. Non lo vide in
giro, andò a dare un’occhiata in bagno ma non lo trovò neppure lì. Quell’appartamento
era immenso…
Aprì un paio di
porte a caso, e finalmente sentì la sua voce; stava parlando con qualcuno.
Seguì la voce ed entrò in una stanza che pareva un ufficio. Jordan era
seduto con i piedi sul tavolo, e stava parlando al telefono.
- Ehm, scusa,
volevo dirti che…- cominciò Danny, ma Jordan gli fece cenno di aspettare,
continuando la telefonata; Danny lo osservò vestito di tutto punto, e gli
venne da ridere paragonandolo a se stesso, con niente più che una maglietta
addosso e i capelli in disordine che sparavano da tutte le parti.
Finalmente Jordan
attaccò il telefono.
- Allora, che mi
volevi dire?- chiese.
- Per questa
notte… insomma, io… grazie. Ma non dovevi-.
- Perché no?-
disse Jordan incrociando le mani sotto il mento.
- Perché… l’avrei
dovuto fare io-.
- Oh. Questa
legge mi era sfuggita. Non credevo… be’, di essere obbligato a rispettare
certe procedure-.
- Oh, no, non
volevo dire questo… ecco, solo che…-
- Quando porto
qualcuno in camera mia, mi piace fare quello che voglio io. O no?-
- Sì, ma… ecco, è
che… il cliente sei tu-.
- Ah-ah, aspetta…
non avevi detto che questa notte non la pagavo? Così non sono più il
cliente, tu non sei più a pagamento, mi sbaglio?-
- Ma…- Danny
rimase a corto di parole. Non sapeva che cosa dire, aveva l’impressione che
Jordan avrebbe trovato argomenti per ribattere su tutto.
- Cambiando
discorso, io non ho fatto colazione. Tu hai fame?-
Danny sorrise ed
annuì. Mentre Jordan chiamava il servizio in camera, andò ad aspettarlo di
là. Jordan lo vide camminare in quella maglietta tutto sommato corta e fu
sfiorato da un’idea.
- … sì, per due,
al numero 1562. Senta… può mandarmi su tutto fra, diciamo, una mezz’ora, tre
quarti d’ora? La ringrazio. Buona giornata a lei-.
Jordan tornò in
camera da letto; Danny era seduto su un divano, un po’ imbarazzato, senza
sapere che cosa fare. Jordan si avvicinò slacciandosi la cintura. Si sedette
ripiegando una gamba sotto di sé, accanto a Danny.
- Allora, ti sei
riposato?- disse.
- Certo. Mi sento
come se avessi dormito un anno. Erano secoli che non mi svegliavo così
riposato-.
- Bene…- sussurrò
Jordan, posandogli una mano sul ginocchio. Si morse il labbro inferiore.
Danny trattenne il respiro. - Credo che… la notte gratis sia finita, no?-
mormorò dopo un po’.
Danny non capì
che cosa voleva dire, e lo guardò interrogativo. Jordan si alzò, gli tese la
mano; Danny l’afferrò e si lasciò condurre al letto. Adesso aveva cominciato
a capire. Afferrò la maglietta da dietro, togliendosela, e si sdraiò sul
letto, con le gambe leggermente aperte, e, suo malgrado ma non poi tanto,
quasi eccitato.
Jordan nascose un
gemito e si leccò le labbra. Mise un ginocchio fra le sue gambe e iniziò a
slacciarsi la camicia. Danny osservava le sue dita che volavano sui bottoni,
desiderando aiutarlo, ma voleva attendere l’ordine di Jordan, che non
arrivò. Dopo la camicia Jordan abbassò i pantaloni quel tanto che bastava
per liberare il suo membro eretto. Si chinò su Danny, guadando a lungo le
sue labbra, e iniziò a baciarlo su tutto il viso, sul collo, a succhiargli
dolcemente il lobo dell’orecchio. Danny gli afferrò la stoffa della camicia,
tirandola smaniosamente. Le sue gambe strusciavano contro il velluto dei
pantaloni, e non gli piaceva… non gli piaceva fare sesso vestito né che il
suo amante fosse vestito e lui no. Non gli piaceva nessuna delle due cose,
ma le faceva entrambe quasi tutte le sere. Non poteva spogliarsi
completamente in un’auto, e invece Ken pretendeva che Danny si spogliasse
del tutto mentre lui si abbassava soltanto i pantaloni. Quando Danny
gliel’aveva timidamente fatto notare, all’inizio del loro rapporto - gli
aveva detto che sembrava dovesse pisciare- aveva preso talmente tante botte
che non aveva osato mai più dire niente, limitandosi a voltare la testa
disgustato, e a subire le sue camicie ruvide e i suoi jeans sulla pelle
nuda.
- Non ti piace?
Stai bene?- sussurrò Jordan al suo orecchio. Danny sussultò e lo guardò,
così vicino.
- Cosa? No, no,
sto bene… va’ avanti, continua- disse gentilmente.
- Sembravi da
un’altra parte…-
- Non ti
preoccupare, continua- insistette Danny. Era l’abitudine di pensare ad altro
quando stava con un cliente… in genere pensava a Ken e a qualcosa che
detestava nel suo comportamento, così si sentiva da schifo nel corpo e nello
spirito. Cercò di scacciare i pensieri e di concentrarsi su Jordan. Era
strano: gli stava piacendo più del solito, ma la sua mente divagava ancora
più del solito. Forse stava cercando di non farselo piacere troppo.
Sussultò: aveva
chiuso gli occhi, ma li riaprì di scatto, facendo per alzarsi
repentinamente. Sentiva il fiato caldo di Jordan sulle cosce, una sensazione
che forse non aveva mai provato.
- N… no, Jordan...
aspetta… te lo faccio io, se vuoi…-
- Sta’ zitto-
disse rudemente Jordan. Poi alzò gli occhi. - Scusa-.
Ma Danny non
aveva sentito. Aveva reclinato la testa sul cuscino e si stava mordendo le
labbra.
Jordan continuò
nel suo lavoro lentamente. Sentiva i sussulti del bacino di Danny rispondere
ai suoi stimoli, e ben presto anche i gemiti dimostrarono il suo
apprezzamento.
Danny strinse
forte le lenzuola; stava per venire... la bocca calda e umida di Jordan su
di lui… quella notte le carezze sotto la maglietta e ora questo… nessuno si
era mai occupato di lui in quel modo. Lui l’aveva fatto milioni di volte, ma
per lui nessuno… Ken piuttosto si sarebbe fatto sparare. Per lui farlo
godere quando facevano sesso non era una priorità.
Quando si
risvegliò dal pensiero di Ken si sentì ad un passo dall’orgasmo. Ora non si
faceva nessuno scrupolo a gridare, e non avrebbe potuto impedirselo neanche
se avesse voluto. Stava per venirgli in bocca.
- Jordan!-
strillò con voce assurdamente acuta. - Jordan, ti prego! Sto per… sto per…-
La bocca di
Jordan si allontanò da lui, suscitando un mugolio di protesta.
- No, tesoro…
sta’ calmo…- sussurrò Jordan, infilandogli un cuscino sotto i fianchi.
- Non ce la
faccio… ti prego… fa’ in fretta!- I colpi frementi del bacino di Danny
manifestavano la sua impazienza molto più delle parole. Si scostò
stizzosamente dalla mano di Jordan che sollecitava le sue natiche.
- Sbrigati!-
ordinò gridando. Non era da lui, non era il suo approccio tipico coi
clienti. Di solito li lasciava fare i loro comodi, il suo piacere era del
tutto secondario anche per lui, ma ora… era una delle poche volte che si era
lasciato eccitare così tanto. - Sbrigati!-
Jordan smise di
prepararlo e si appoggiò alla sua apertura, leccandosi di nuovo le labbra.
Gli piegò una gamba attorno ai propri fianchi ed entrò con un unico
movimento, lento ma fluido. Danny spalancò la bocca ma non venne alcun
suono, e un attimo dopo si ritrovò a spingere alle spinte uguali di Jordan
dentro di lui, alle carezze ritmiche della mano di Jordan sul suo sesso.
Venne solo un
attimo dopo gridando qualcosa di sconnesso, sentendo mentre si riprendeva i
movimenti di Jordan ancora dentro di lui. Poi anche Jordan venne e cadde
disteso su di lui con un gemito.
Danny chiuse gli
occhi cercando di mettere ordine nelle sue emozioni. Mai aveva provato tanto
piacere con un cliente; nell’ultima parte del rapporto aveva persino
dimenticato che era un cliente… aveva pensato a sé stesso e non a Jordan, al
proprio corpo, scordando per un attimo che era un oggetto di piacere. E…
anche in tutta la sua vita non aveva provato quelle sensazioni molte volte.
Con Ken… aveva urlato un paio di volte all’inizio della relazione, ed era
venuto con lui solo per le prime settimane. Poi, aveva sempre lasciato che
Ken facesse i suoi comodi con lui, non gliene era importato più niente.
Jordan uscì
delicatamente, guardandolo e accarezzandogli il viso.
- Scusa- gli
disse con un’espressione contrita.
- Per cosa?-
chiese Danny, senza voce, sussurrando.
- Mi sono
eccitato troppo presto. Non sono riuscito a spogliarmi. Ti volevo subito-
rispose.
- Non importa…-
- E poi mi sono
dimenticato i preservativi-.
- Non sono
malato-.
- Ma forse tu lo
preferivi-.
- Non importa-.
- Sei sicuro?
Puoi chiedermi di più se vuoi-.
Danny fece un
gesto con la mano, per farlo smettere. Jordan annuì. In quel momento
bussarono alla porta, era la loro colazione. Jordan fece entrare il
cameriere e poi servì la colazione a letto, in grembo a Danny.
- È stato bello
fare l’amore con te- disse finendo di mangiare, sorridendo, stringendogli
una mano. Danny sorrise a sua volta.
- Grazie- disse
prima di riuscire a trattenersi. - per non aver detto sesso, oppure…-
Jordan fissò gli
occhi nei suoi, e Danny distolse lo sguardo. Jordan passò un dito sul livido
attorno all’occhio, e Danny sussultò.
- Fa male?-
- Un po’-.
- Com’è successo?
Chi è stato?- Danny tacque. - È stato il tuo ragazzo? Tu… hai un ragazzo?-
- No… mi hanno
scippato. È stato il ladro, ma… non è niente di grave- disse Danny,
sentendosi sollevato dentro di sé perché per una volta era la verità, era
stato qualcun altro e non Ken, anche se aveva mentito e avrebbe continuato a
farlo per coprire Ken. - Il mio ragazzo… non ce l’ho, me ne sono andato-.
Jordan sospirò.
Danny non capì se era sollevato e perché. L’altro lo fissò a lungo, senza
parlare, tanto da farlo sentire in imbarazzo, e poi finalmente si alzò dal
letto, sistemandosi i vestiti.
- Se vuoi fare
una doccia…- disse Jordan indicando vagamente il bagno. - Prendi
l’accappatoio di ieri-
Quando Danny uscì
dalla doccia trovò i suoi abiti ordinatamente piegati sul letto. Si rivestì
e considerò se era il caso di sgattaiolare via così: Jordan avrebbe dovuto
pagare così come lui avrebbe dovuto pagare Jordan. Era stato bene e gli
aveva fatto bene, ma pensò che per lo meno voleva salutarlo e non scappare
via come un ladro. E poi l’aveva portato in un posto tanto diverso dal
solito, dove c’erano cuscini e non sedili, ed il bagno era un vero bagno.
L’aveva lasciato dormire vedendolo stanco… l’aveva accarezzato e fatto
godere più di chiunque altro.
Andò a cercarlo
nello studio in cui l’aveva trovato prima.
- Sei già pronto?
Ok, dimmi quanto ti devo…- disse prendendo il portafogli dalla tasca. Danny
arrossì e aprì la bocca per rispondere, ma in quel preciso momento il
cellulare di Jordan suonò.
Jordan rispose e
poi fece cenno a Danny di aspettarlo di là.
- Come? Certo che
vengo- disse Jordan nel telefono. - Come potrei mancare? Ma certo, è
logico…- poi si interruppe e guardò la porta dello studio. - Aspetta… può
darsi che saremo in due… ora devo andare, ti confermo. Ciao-.
Trovò Danny
seduto nell’identica posizione di quella mattina. Si avvicinò sorridendo,
come chi pregusta qualcosa di molto divertente. Appena lo vide, Danny
cominciò a parlare, troppo ansioso per trattenersi.
- Senti, io non
credo che sia il caso di pagarmi, perché io…-
- Ehi, ehi,
frena, micetto… ascolta, ho una proposta da farti: il prossimo week-end la
mia famiglia dà una festa, e io… credo che se venissi con me sarebbe
splendido!-
- Che cosa?-
- Posso darti
tremila… cinquemila dollari se accetti. Ti prego, vieni con me!-
- Ma… la tua
famiglia? Voglio dire… noi ci conosciamo appena…-
- Appunto! Loro
mi conoscono da una vita, e mi detestano. E poi… ci resterebbero di sasso,
tu non te lo immagini neanche. Ho bisogno di portarmi dietro una faccia
amica!-
- Io… non so, E
poi… io sono un…-
- Tu non li
conosci!- ripeté Jordan, con gli occhi brillanti come quelli di un bambino.
- Sarebbe… la cosa più divertente che ho mai fatto, e poi… dio, dio, quanto
pagherei per questo!-
- Ma… è il caso
che… venga con te? Cioè… come mi presenterai?-
- Senti, ascolta:
è il compleanno di mio nonno, facciamo questa festa tutti gli anni, e i miei
zii e cugini fanno a gara a chi fa il leccapiedi più bravo; tutti vogliono
che il nonno schiatti e gli lasci i suoi milioni… sono tutti membri
dell’azienda di famiglia e si fanno belli col nostro nome senza muovere un
dito… mio padre ed io ci siamo staccati dall’azienda, e loro mi odiano da
morire… e poi… ce l’hanno a morte con me perché sono gay e non mi vado a
seppellire per questo! Perché non mi vergogno e non lo nascondo, dicono che
infango il nome della famiglia… se andassi lì con un compagno
schiatterebbero, altroché! Diventerebbero di sale dalla sorpresa!-
- Quindi… sarei
il tuo compagno?-
- Non sarai
obbligato a fare sesso con me, comunque!-
- Io non so… non
è che… tuo nonno… insomma, gli rovineresti la festa?-
- Se vuoi farti
degli scrupoli per questo… mio nonno è più aperto di tutti i suoi nipoti
messi insieme… loro sono un branco di avidi bigotti, mio nonno è fortissimo,
invece. È l’unico della mia famiglia che approvi le mie scelte di vita e
professionali. Si divertirebbe un mondo, e sono sicuro che ti troverebbe
adorabile!- concluse Jordan dandogli un buffetto sulla guancia.
Danny sorrise. La
prospettiva di uscire da quella stanza per andare chissà dove non gli
sorrideva. Non aveva ancora una casa, e i soldi che gli avrebbe dato Jordan
non sarebbero durati per sempre. Cinquemila dollari, invece…
- Be’, se è solo
per una festa…- cedette.
- Fantastico!
Allora dobbiamo andare!-
- E dove?-
- Per negozi, a
fare shopping. Ti servono un sacco di cose!-
- Come un sacco
di cose? Per una festa sola?-
- La festa è solo
una parte dei festeggiamenti… di solito il tutto dura una settimana, o giù
di lì-.
- Come, una
settimana?- chiese Danny, stupito. Una settimana… a fingere di essere il
ragazzo di Jordan davanti ad estranei? Ci sarebbe riuscito?
- Certo. La famiglia si
riunisce nella villa di mio nonno, e la festa è solo la grande conclusione
di tutti i salamelecchi rituali. Ma non devi preoccuparti… ci procureremo
tutti gli abiti che ti servono-.
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