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Pr

Parte XXI - Il capitolo dell'amore -

di Mel

 

Aveva rinunciato.
Perché non ce l’ avrebbe fatta.
A possederlo ancora una volta.
Sapendo.
A vederlo implorare gentilezza.
A vederlo soffrire.
Vederlo godere senza volerlo in alcun modo.


No.
Non ce l’ avrebbe fatta.
Aveva rinunciato.
Ed aveva preferito raggiungere il piacere con la propria solitudine.
Era stato orribile.
Così vuoto.
Una profonda tristezza si era impossessata di lui l’ attimo in cui aveva riacquistato lucidità.

Venire da soli era così inutile e privo di sensazioni……senza un viso a cui sorridere …senza una presenza calda, un corpo, una persona a cui dire ti amo…anche solo con uno sguardo appagato…………..niente calore …solo freddo e solitudine…

Ma in fin dei conti non era sempre stato così?
Aveva avuto una persona con cui fare l’ amore oppure aveva sempre e solo usato una bambola?
Non lo sapeva più.
Si sentiva soltanto un colpevole.


Ora aveva molto su cui riflettere.
Si alzò, prima del sole che ancora dormiva nella sua coltre chiamata orizzonte.
Prese il pallone, la sacca, la bicicletta.
Un campetto appena bagnato dalla luce incerta della prima alba.

Non giocò.
Semplicemente si sedé lì in terra, la schiena contro la recinzione grigia, gli alberi intorno, accanto, sopra.
Che piegavano i propri rami a proteggere quel piccolo essere umano così tormentato e lo cullavano nei pensieri limpidi che in quel momento lo stavano attraversando.


Cosa provava?
Era ora di rispondere.
Tutto quello che era successo si poteva riassumere in un breve racconto.

Aveva desiderato Sakuragi.
Appena si era presentata l’ occasione lo aveva avuto.
Fino in fondo.
Aveva giocato con lui.
Lo aveva rincorso.
Afferrato.
Piegato al suo volere.
Usato.
Umiliato.
Poi aveva iniziato a sentire verso di lui possesso, poi gelosia, poi sensazioni strane, poi di nuovo attrazione, sempre più forte.
Non era più riuscito a fare a meno di lui.
Di vederlo, di averlo vicino, di entrare in lui.
Eppure non aveva mai desiderato fargli del male.
Mai.
Aveva usato gentilezza e pazienza e dolcezza e attenzione.
Arrivando a mettersi persino da parte.
Poi aveva scoperto la verità.
Ammirazione.
Rispetto.
Legame.
Ed ora sentiva solo la propria colpa.
E la sensazione sempre più definita di un perdono da ottenere ad ogni costo.


Stese le mani, prese fra le dita lunghe la bella palla arancione, la strinse a sé, quasi a chiederle…. ‘cosa devo fare?’
Lei non rispose, ma si lasciò abbracciare da quel ragazzo che la amava.
E su di lei, con i rami che frusciavano intensamente cercando di filtrare la luce che diventava sempre più forte, che rendeva tutto limpido……….
…. Kaede guardò dentro di sè.
In fondo, in fondo…..come chi non guarda mai le cose vicine, ma lascia che il vento gli colpisca il viso mentre mira lontano, oltre l’ orizzonte, verso l’ infinito, lui guardò così dentro di sé, analizzando ogni sua azione, ogni sua parola, non si lasciò ferire né fermare dalle spine che quel cammino offriva, spine fatte di pregiudizi, abitudini e paure…………guardò avanti……continuando a camminare ripiegato in sé………….più in fondo …….dentro…nella parte più riposta…più nascosta……………………..ansimò dalla fatica…sentiva le colpe che lo macchiavano ostacolarlo ed infine lo vide…….era lì……………….

…da quel groviglio di spine dei suoi sentimenti lui vide un fiore …un fiore che lui stesso aveva lasciato nascere ………lì…..
……….in fondo……. un fiore …bellissimo….una rosa ………


….bianca……


….esattamente come la rosa che il suo Pr indossava ai loro appuntamenti ……..bianca …come la purezza, l’ innocenza, il candore e l’ ingenuità.


Una rosa che lui, quell’ alba eterna, dal sapore di risveglio da un sonno infinito, chiamò amore per la prima volta.


Gli occhi belli, ma tristi.
Lo aveva lasciato andare.
Lui dai capelli color del sangue era fuggito via da quella visione meravigliosa e distruttiva al tempo stesso.
Non si sentiva più.
Non capiva.
Aveva perso ogni certezza.
Con la rassegnazione di chi resta in piedi solo per prolungare ancora un po’ il tempo che lo divide dall’ inesorabile caduta, Hanamichi si lasciò nelle mani della sorte.
Mani come quelle di un’ indovina…..che girano e girano la sfera lucida che hanno fra i palmi……
Lui era come la sfera e girava……girava ……per volontà della cieca sorte e di quel cliente.

Mani fra i capelli.
Akagi solo.
Seduto ad un tavolo.
La palestra silenziosa.
Sakuragi e Rukawa assenti.
Incredibilmente sentiva vuoto.
Rifletteva ormai da giorni e da notti.
Era un capitano.
Doveva decidere.
Ma non per sé.
Come ragazzo avrebbe già scelto da tempo, mosso da quel grande ideale che era l’ amicizia.
Ma come capitano non poteva.
Responsabilità.
Lo opprimevano senza tregua.
Incessantemente.
E ripensava.
Alle parole di Mito e al racconto di quell’ accompagnatrice.
Chiuse gli occhi.
Come aveva potuto quel semplice ed allegro ragazzo dai capelli rossi sopportare tutto ciò?
Lui non ci sarebbe riuscito.
Non con un perenne sorriso sulle labbra.
Non come lui.
Pensò al suo enorme e smisurato coraggio.
Al suo spirito di sacrificio.
Quello che nelle partite aveva regalato anche alla squadra, nei momenti più difficili.
Sakuragi aveva fatto tanto per loro.
Non meritava forse un ringraziamento?
Ma lui non poteva imporre agli altri l’ incertezza.
E se un giorno fosse arrivato un altro giocatore e avesse scoperto il lavoro di Hanamichi?
E se non si fosse limitato a dirlo a loro, ma avrebbe fatto chiudere il club?
Akagi se lo chiese, disperato.
Dove sarebbero finiti i suoi giocatori?
Dove sarebbero finiti i suoi ragazzi?

Ayako entrò, lo vide, si ritirò.
Sapeva quanto dovesse essere doloroso.
Giunse le mani e pregò un attimo.
Per la felicità di tutti.


“Yukari…….”

“Piccolo….sei tu…..vieni…siediti….devo chiederti una cosa……”

Silenzio e fumo di sigaretta.

“Posso fumare, vero?”chiese lei con la speranza nella voce
Lui sorrise, tristissimo.

“Si…..forse ancora a lungo….non so………non chiedermelo…….”

“Ho incontrato i tuoi compagni…..erano venuti a cercarti ieri……………………hai aperto loro la porta?”

“Si”

Silenzio.
Nessuno voleva la prima altra parola.


“Ti hanno chiesto una semplice conferma?”

“Si”

“Devo confessarti che ho raccontato loro la tua storia……la tua storia completa……mi vuoi rimproverare?”

Hanamichi rise, a bassa voce.

“Vi siete messi d’ accordo tu e Yohei?La stessa cosa …negli stessi momenti………….che buffi siete a proteggere uno grande e forte come me…….”tono amaro

“Ehi, piccolo……non ci provare……l’ ironia lasciala a me …che ho già la mia età……..e le mie esperienze…….”

“Yukari……Yukari…….Yukari…..”mormorò lui, prendendosi la testa fra le mani, chiamandola in una lenta litania

“Dimmi cosa c’ è piccolo………dimmi tutto………”

“Io lo odio….mi confonde…sempre più…”

“……”

“Ho deciso” disse lui alzandosi di scatto

“…..? ”

“Mi lascerò nelle mani della sorte, non voglio più soffrire per ciò che non avrò”


Lei spense la sigaretta con estrema lentezza.
Ne accese un’ altra, subito.
Non avrebbe saputo dire perché, ma sentì che doveva sbrigarsi se quel pacchetto almeno lo voleva finire.


Sera.
Luci arancione scuro su tutta la città.
Un foglietto in mano.
Yukari dagli occhi di neve di ghiacciaio bussò alla sua porta.
Hanamichi aprì.
Immaginava già.
Lei gli porse quel piccolo foglietto.
Lui lo prese e lo guardò.

Lei gli accarezzò una guancia, dolce, ma seria.


“La sorte ha giocato la sua carta…….la mano passa a te”gli disse lei ed andò


Ore 21.
Casa Rukawa.


Di nuovo.
Ancora una volta.

Ma questa sarebbe stata l’ ultima.
La più importante.

Quel cliente doveva decidere.
Avrebbe deciso.


O lo avrebbe preso un’ altra volta.
O lo avrebbe lasciato per sempre.


Nessuna via di mezzo.
Nessun patteggiamento.

Verità e decisione.

Quella sera.

La rosa fresca sul suo petto spargeva a piene mani la sua fragranza.
Il vento della sera non avrebbe mai potuto disperderla.
Lui dai capelli rossi la respirò per tutto il tempo del suo cammino sotto le stelle.
Verso quella casa.
Verso quel cliente.


Per sfidare la sorte e tentare il destino.


I lunghi pantaloni neri di cotone, la camicia aperta e lunga, nera, i capelli d’ ebano, gli occhi profondi.
Quella mattina quel ragazzo aveva staccato per sé un pezzetto d’ alba per decidere.
Aveva pensato con leggerezza, poco.
Perché non ne aveva più bisogno.
Oramai i dadi erano stati giocati in tutte le altre volte, in tutte le notti insieme ed i giorni contro, in tutte le azioni e le parole.
Non aveva avuto bisogno di pensare.
Non più.
Sapeva già ogni cosa.
Lo aveva sempre saputo.
Aveva capito oramai che il suo provare interesse, il suo non rimanere indifferente, il suo reprimere la propria urgenza ed il proprio desiderio tutte quelle volte, magari per una lacrima, per un sussurro, un gemito dolorante o una parola, non erano altro che la dimostrazione concreta di quanto in realtà lo avesse sempre ……amato.
Lo sapeva da tanto, ridendone si disse ‘da sempre’.
Era solo arrivato il tempo di dirlo ad alta voce davanti a se stesso.
Per poi poterlo dire anche a lui.

Lui.
Era lì.

Con grazia infinita si chiuse la porta alle spalle, senza neanche un suono.
Le luci basse del salotto illuminavano piano l’ ingresso.
Seduto sul primo gradino della scala, i piedi nudi, Kaede attendeva.

Si guardarono.


E passò il tempo.
Nel mondo, certo.

Ma non per loro.

Infine Kaede aprì le proprie labbra di seta e sussurrò.

“E’ la tua anima che voglio comprare stanotte”


Hanamichi si lasciò andare contro la parete, la testa deliziosamente inclinata.

Kaede si alzò.
Passi, verso il suo Pr.
Il viso illuminato, gli occhi di tenebra.
Fierezza e forza.


“E’ la tua anima che voglio stanotte……ed il prezzo che offro sarà il mio corpo……così come io ho preso il tuo”



Hanamichi si avvicinò.
Una mano sempre appoggiata alla parete.
Per non cedere sulle ginocchia incerte.

“Mi avrai……tutte le volte che desideri…….almeno tutte le volte in cui io ti ho avuto” mormorò ancora lui dagli occhi blu notte

Un altro piccolo passo.
Più vicino a lui.
Immensa incredulità annegata insieme all’ oro di quegli occhi nocciola.


“Poi farai di me ciò che vuoi”concluse infine Kaede


Silenzio di vaga forma indefinita fra di loro.


Hanamichi lasciò quella parete.
Uno sguardo serio negli occhi.
Uno davanti all’ altro.
In quell’ ingresso, da mesi teatro di una commedia che stava per finire di fronte alla verità spettatrice.

Lui dai capelli rossi si chiese se fosse vero.
Se fosse quello il destino deciso, il numero uscito dai dadi gettati dalla sorte cieca.
Avrebbe soddisfatto subito quella domanda.


Hanamichi lo guardò negli occhi con serietà e fermezza poi parlò.

“Allora vai di sopra…………..lavati …….stenditi sul tuo letto……e aspettami”

Le stesse parole che tempo fa erano state rivolte a lui.
La notte in cui il suo cliente aveva iniziato a richiederlo a casa per averlo senza dover impiegare ai ricevimenti il proprio tempo.


Kaede capì.

Hanamichi si chiese se l’ orgoglio di quel ragazzo si sarebbe ribellato nonostante la sua promessa ed il suo invito di pochi istanti prima.
Non credeva che Rukawa si sarebbe fatto umiliare così da lui.
Sicuramente ora avrebbe ridotto quegli occhi di ghiaccio a due strette fessure infuriate, avrebbe sussurrato un ‘no’ forte come un grido, lo avrebbe afferrato, trascinato in camera o nel salotto o forse steso lì in terra e lo avrebbe violentato crudelmente, senza gentilezza, con forza e rabbia, fino a farlo piangere per supplicare un po’ di dolcezza, per cancellare l’ onta di essersi lasciato rivolgere un ordine simile dal Pr che avrebbe sempre dovuto ubbidire come uno schiavo, che lui pagava per riempire sere altrimenti poco divertenti.

Ora avrebbe misurato la sua sincerità.
Lui, da parte sua, attendeva serenamente la prossima mano della sorte.
Fosse stata quella di sanguinare su di un letto o di vedere quel cliente andarsene.


Attesa.


Kaede non si mosse.
Non abbassò gli occhi fieri.
Ma non avrebbe perso la sua ultima, più grande, scommessa.
Quel perdono da ottenere era la sfida più difficile.
No.
Lui non avrebbe perso.

“Si” si sentì solamente


E fu un si deciso.
Di chi non pensa più perché ha già deciso.


Il ragazzo dai capelli d’ ebano iniziò a salire quelle scale, non lentamente, non velocemente, ma con decisione.

Immobile all’ ingresso Hanamichi lo guardò arrivare in cima ed iniziare a percorrere il corridoio del piano superiore, avvertì una porta che si apriva poi che si chiudeva…..
…..ed infine il suono dell’ acqua che scorre…………….come mare che sbatte le sue onde nella testa…………

Passarono minuti.
Lenti e dannatamente uguali ai precedenti.
Il Pr dai capelli rossi salì uno ad uno quei gradini.
Accompagnato dal suono dolce dell’ acqua armoniosa.

Un passo.
Un altro.

Saliva forse per andare finalmente a prendere e non più ad essere preso?

Si appoggiò alla parete, in cima a quelle scale.


Pochi attimi.
Vide uscire il suo cliente.
Senza veli né vestiti.


Ne seguì i movimenti.
Si aspettava di essere accolto di nuovo in quella stanza dal letto piccolo e bianco.
Kaede entrò nella propria stanza.

Altri attimi increduli.
Hanamichi sospirò faticosamente.

Non credeva.
Non pensava.
Non sperava.


Voleva avere la conferma.
Si separò dal muro ormai tiepido e camminò lento, ma deciso verso quella stanza che tante volte lo aveva ascoltato.
Spinse la porta lasciata socchiusa ad invito ed osservò il letto.

Steso fra le lenzuola ed i cuscini il corpo perfetto di Rukawa.
Qualche piccola goccia che brillava isolatamente ……su di una spalla, sotto il collo, su una tempia, su di un piede, sul ventre…….


Bellissimo.
E arrendevole.

Hanamichi si avvicinò, chiudendo la porta, a chiave.
Non avrebbe concesso ripensamenti.
Né a sé, né a lui.
Era troppo importante andare fino in fondo.
Per entrambi.

Si portò accanto al letto e vide con quale lentezza il viso di porcellana di Rukawa si girasse ad incontrare il suo.
Si allontanò di un passo ed iniziò a togliersi i vestiti.


Una sera non troppo lontana un ragazzo dai capelli neri aveva pensato che se vi era un cacciatore doveva esservi anche una preda.

Quella sera il cacciatore aveva cambiato colore di capelli…dal nero notte al rosso sangue….. e la preda era già nella tagliola.
Una bella volpe dai riflessi d’ argento sulla pelle.


Kaede seguiva il suo spogliarsi.
Con una luce negli occhi che Hanamichi non interpretò ….
………e che in fin dei conti era solo apprensione di un ragazzo vergine……..

Lui dagli occhi nocciola salì sul letto.
Sul corpo morbido del proprio cliente.

Kaede si inarcò, accogliendo il peso dell’ altro.
Provava qualcosa che, sinuosamente, scivolava dentro il suo corpo.
Aspettativa.
Si.
Eccitazione.
Si.

Paura.
Si.

Il lasciarsi completamente in mani che non fossero le proprie.
Ansia.


Hanamichi raggiunse il suo viso.
Si guardavano.
Ancora lui dai capelli rossi non credeva.


Kaede lo fissò un istante poi schiuse le labbra.


“Ho solo un’ ultima richiesta come cliente……….”


Hanamichi sospirò.
Ecco, c’ era sicuramente una condizione.
“Quale?” disse mentre si chiedeva cosa sarebbe successo

Kaede velò gli occhi poi li riaprì.

“Prima……di cominciare……baciami……….una volta…………….”mormorò


Hanamichi perse il respiro.


Si chinò a sfiorare con il fiato ritrovato quella bocca, la lusingò un attimo poi la baciò.

Kaede chiuse gli occhi e si perse.

Per la prima volta era quella bocca a cercare lui e non lui ad insidiarla continuamente.

Le labbra di quel ragazzo dai capelli rossi lo stavano accarezzando morbidamente, con dolcezza ed innocenza.
Alle volte erano come semplicemente appoggiate sulle sue poi spingevano un po’ e si strusciavano.


Un bacio meraviglioso.

Senza rimpianti Kaede si allontanò e si abbandonò sui cuscini.


Ora avrebbe pagato il proprio prezzo.

Avrebbe dimostrato che tutto ciò che era successo lui l' aveva voluto non per prevaricazione e per desiderio di potere, ma perché ne aveva sentito dentro di sé, negli angoli più remoti e sinceri, il desiderio, la necessita e l' amore.


Hanamichi scese curioso a guardare da vicino quella pelle che nelle loro notti mai aveva potuto vedere così bene, troppo teso per le continue pretese del suo cliente.
La osservò con cura, a tratti toccandola, per saggiarne la consistenza e la morbidezza, senza soffermarsi mai, scendendo.

Kaede gemé.
Pianissimo.

Una mano bronzea scese verso il basso, sfiorando, in una lunga carezza.
Il corpo bianco si tese di scatto.
Hanamichi ricordò la volta in cui gli era stato chiesto di toccarlo ed il potere che aveva sentito nel strappargli brividi e tremiti.
Lo stesso di ora.


Ma non voleva più giocare.
Si sistemò su di lui, schiudendogli le gambe, occupandole con i propri fianchi.


Kaede strinse gli occhi, pronto a soffocare le grida che gli sarebbero sicuramente salite alle labbra.

Hanamichi attese un’ eternità poi rimase immobile.

Alzò una mano a toccare la guancia di Rukawa.

Gli parlò, piano.


“Non temere……sarò abbastanza delicato……..come sei stato tu molte volte…….non avere paura”

Le stesse parole, ironicamente le stesse parole di quella notte del primo dell’ anno.
Quando Rukawa aveva avuto, allo stesso modo sotto di sé, quel ragazzo che ora parlava accarezzandolo.


“Comunque sarà solo per divertirmi………”aggiunse l’ accompagnatore abbassando ancora di più il tono della voce

Kaede sospirò.
Provava umiliazione adesso.
Si.
Umiliazione.
E capiva per la prima volta quanta ne avesse data a lui.
A quel Pr dallo sguardo sempre limpido.
Dalla voce forte e dolce.
Come era stato sciocco, lo amava e lo aveva solo umiliato.
Per tutto quel tempo.
Ma sarebbe bastato poco.
Ancora pochi attimi e con il proprio dolore avrebbe provato la stessa umiliazione ed avrebbe cancellato la propria colpa.
Ancora un attimo.
Solo una piccola spinta.

“Perché lo stai facendo?”


Kaede non capì quasi.


“Perché mi stai pagando in questo modo, con il tuo corpo?”


Kaede scosse la testa.


Ma Hanamichi doveva sapere…….il ragazzo che aveva sotto di sé conosceva la sua storia, la sua sofferenza….e lui poteva credere che fosse anche quello un semplice atto di compassione, un’ espiazione senza sentimento, solo per pietà……….doveva sapere…voleva sapere………


“So che Yohei e Yukari hanno parlato……………e tu….allora perché?”

Ansimando per il contatto prolungato che avvertiva contro la piccola apertura del proprio corpo Kaede rispose.


“Mi hanno aperto gli occhi”


“E cosa hai visto?”


Senza volerlo Hanamichi affondò di poco in lui, distrattamente, uno o due centimetri.
Kaede si tese, arcuando la schiena, sollevandosi dalle lenzuola.
Gridando ‘Hanamichi’.

Il ragazzo dai capelli rossi si fermò, ma voleva sapere.

“Avanti……cosa hai visto…….cosa?”gridò quasi

Lui dagli occhi chiari ansimò pesantemente……stava per dirlo, lo avrebbe voluto fare nel momento in cui si lasciava possedere completamente, ma non poté aspettare.
Non era un vile, non un vigliacco, si sarebbe preso ogni sua responsabilità.


“Che ti amo”gridò

Il Pr si ritrasse immediatamente, non avrebbe mai voluto quasi entrare.
Lo lasciò ricadere fra le coltri disfatte, lo vide mentre lasciava le lenzuola alle quali si era aggrappato.

Gli ansimi di entrambi.
Lenti.
Irregolari.


Un sorriso comincio a dipingersi sulle labbra rosee del ragazzo dai capelli rossi, si allargava, acquistando dolcezza, luminosità, innocenza, amore.


Un sorriso vero.
Dolcissimo.


Pienamente catturato dalle iridi intensamente azzurre di Kaede.


“Dimmelo ancora” chiese con le lacrime agli occhi Hanamichi

Kaede reclinò la testa fra i cuscini, prendendo respiro.


“……non sono un tipo che possa dirlo spesso……..”


Hanamichi si sollevò su di lui, sorridendo sempre più felicemente.


Lo accarezzò con una mano, fino al ventre poi sussurrò.

“Stanotte dovrai dirlo tutte le volte che vorrò”

Kaede alzò lo sguardo mentre sentiva il corpo sopra il suo scivolare in basso.


“Perch………………………aaaaaaaaah………..”


Un grido pieno di piacere.
Il ragazzo dai capelli d’ ebano si inarcò completamente, artigliando i fianchi torniti del suo Pr.

Lo sentiva.
Caldo.
Fremente.


Attorno a sé.
Non dentro.

Mentre, con un leggero movimento appena, il suo amante dai capelli rossi si era lasciato a lui.
Ancora una volta.

Spostandosi sul membro eretto del suo cliente lo aveva accolto in sé, aprendosi delicatamente per farlo scivolare in un unico movimento fino in profondità.


In estasi per quel piacere improvviso e totale Kaede spinse per approfondire il contatto fra le loro pelli.
Hanamichi mugolò appena, stringendo fra le sue le mani che lo tenevano fermo sui fianchi.

Il ragazzo dagli occhi chiari si fermò, rilassandosi sul cotone caldo ed umido del letto.

Il suo piccolo Pr sentiva un po’ di fastidio.
Se ne era accorto.


Kaede sollevò entrambe le mani, le passò con gentilezza sul ventre del suo amante, in una carezza dolce e rassicurante, salendo lungo il costato per racchiudergli il viso fra le dita e tenerlo stretto.

Capì che quello che non avrebbero potuto fare le sue azioni lo avrebbero fatto le parole.
Si era imposto di prendersi delle responsabilità verso di lui.
E Kaede Rukawa non era un vigliacco.

Lo fissò negli occhi e gli ripeté dolcemente.


“Ti amo”


Disse…e mai responsabilità sembrò al suo animo più bella di quella, mentre un altro dolce sorriso illuminò completamente il volto che ancora Kaede stringeva teneramente fra le mani.
Hanamichi si tese, portando le mani del suo amante di nuovo sui propri fianchi e spinse, una volta, gettando indietro la testa e gemendo profondamente.

Kaede fece eco a quel suono con uno di piacere.
Poi fermò il proprio Pr.


Gli passò una mano fra i capelli e lo guardò con sentimento.


“Piano………..fai piano…..ti farai male………………..lascia fare a me…………..”disse

Con delicatezza Kaede uscì da lui, lo abbracciò, lo stese sotto di sé baciandolo ovunque.
Rubandogli piccoli ansimi, arrossando la sua pelle.
Cercando di soffocare il proprio desiderio.
Voleva solo piacere per lui.
Lo strinse, ancora incredulo per quel perdono, per quel gesto.
Unì intimamente i loro corpi, ma non lo penetrò ancora.

Attese.
Passò le mani sul viso, gli occhi attenti di miele lo fissavano e lui spostò uno ad uno, con le dita, i fili rossi che erano scesi a coprire il viso arrossato di Hanamichi nel momento in cui lui lo aveva disteso sotto di sé.
Una ad una quelle ciocche sottili ed arruffate trovarono indietro il loro posto, spinte dai polpastrelli gentili di quell’ amante dai capelli d’ ebano.
Poi un bacio casto sulla fronte ed uno sensuale sulle labbra.

“Ora devi solo chiamarmi con il mio nome….non chiedo altro…….”

Hanamichi lo fissò intensamente.
Poi sulle proprie labbra formulò, sussurrando, il suo nome.

“Kaede”

Lui dagli occhi chiari gioì.
Conosceva il suo nome.
Sapeva come si chiamava.

Lo baciò ancora, molte e molte volte.

“Si……..Kaede…….Kaede, Hanamichi”

Si guardarono.
Un altro ‘ti amo’, ripetuto nuovamente e Kaede si perse nei suoi occhi ed in quel momento.
L’ attimo nel quale rientrando in quel corpo morbido, lo ebbe con lentezza, senza fermarsi.

Hanamichi gridò.

Piacere ed una punta di lieve bruciore.

Kaede attese, mordendosi le labbra avide di quelle del compagno.


“Ti amo”disse ancora


Poi spinse.


Hanamichi gridò ancora, per la forza di quel movimento e le sensazioni che provava.


Un altro ‘ti amo’ lo raggiunse poco dopo.


Poi un altro.
Ed una spinta.
Poi un altro.

Poi un altro.
Ed una spinta.
Poi un altro.


Ad ogni singola spinta due dichiarazioni.
Una prima.
Una dopo.
A siglare ogni movimento d’ amore.


Per rimediare a tutte le notti in cui aveva spinto senza dirglielo.
Per cancellare tutte le lacrime che gli aveva fatto versare.
Per ricostruire insieme tutta la dignità e la fierezza e l’ orgoglio andati persi.



In fin dei conti semplicemente per dirgli quanto più possibile che lo amava veramente.

Hanamichi strinse le braccia intorno alle sue spalle.
Le gambe intorno al suo corpo.
Gridando ed agitandosi.

“Kaee…..dee………………..Kaaah….e…………..de........aahnn...aaaaaah”

Stava quasi per impazzire dal piacere che provava, sentiva in fondo, dentro di sé, il sesso duro del ragazzo che amava, aprirlo un po’ di più ad ogni altro movimento, ne era così felice, così appagato e si stringeva a lui, sorridendo di una sorte sconfitta alla quale non restava che godersi quell’ amplesso pieno d’ amore.

Contorcendosi ed arcuando ogni tendine del proprio corpo, il Pr dai capelli rossi lottò per conquistare con sempre crescente forza i fianchi del suo compagno, in una gara antica e senza tempo, della quale l’ unica vincitrice fu l’ estasi profonda che li travolse.


Le lettere di quelle dichiarazioni che Kaede continuava a gridargli cominciavano a sfaldarsi, a spezzarsi in rochi suoni ogni istante più confusi, ma loro ormai non si ascoltavano più, si sentivano e ciò bastava.

Il tempo delle parole morì e nacque, come un fiume che sgorga, il compimento del loro piacere totale.


Il loro sudore si asciugò l’ uno sulla pelle dell’ altro.
O forse non si asciugò affatto fino all’ alba.
Era la stanza a far rivivere in continuazione suoni di piacere o due corpi giovani a crearne di nuovi?
Alla notte la risposta.
Alla sorte l’ invidia.
A loro la pace.

Di un riposo pieno e condiviso.
Di occhi che si aprono appena e sorridono insieme all’ anima nel guardare il viso arrossato dell’ amante.
Di un abbraccio indissolubile che accompagnò tutto il loro ardore.
Di carezze regalate, finalmente gradite e sincere.
Di baci dolci come nettare.
Di due parole continuamente ripetute, che per tutta la notte non lasciarono riposare la bocca di quella volpe argentata….desiderosa di leccare le ferite del suo bel cacciatore dai capelli color del sangue.
E di un letto che sapeva, dopo quel perdono, di sensi appagati e d’ amore.

L’ alba seguente, prima di quel Pr sorridente, accompagnato alla porta dal suo amante e salutato con un bacio che nessuno vide, la colpa e la solitudine, mano nella mano, lasciarono per sempre quella casa, dirette verso le tanto grandi strade del mondo.


Pochi giorni.
A scuola.
Sguardi e sorrisi.
Ogni aula vuota era la loro.
L’ uno seguiva l’ altro e poi lo amava.
Nei pochi minuti concessi nelle pause strappate alle lezioni.
In semplici e dolci baci, mai niente di più.
L’ amore vero lo lasciavano a dopo.
Al momento in cui, in notti richieste, solo quella stanza al piano superiore poteva sentirli.
E tutto era, finalmente, dolce e naturale.
Semplice.

Alle volte entrambi pensavano.
Quel perdono non era stato concesso troppo facilmente, né con leggerezza…….era stato il frutto nato da qualcosa che il corpo d’ entrambi chiedeva….un appagamento che inondasse anche l’ anima e non solo i sensi, un sentire superiore, un unirsi pieno da rinnovare ogni volta…….per regalare valore a tutto quello che c’ era stato prima …………

Ed anche per quel ragazzo dai capelli rossi pronunciare parole d’ amore divenne facile, facile e piacevole, fino a sembrare, poi, irrinunciabile.

Kaede odiava il lavoro di Hanamichi.
La continua ansia di poterlo vedere con altri.
A sorridere, anche se falsamente, ad ogni altra persona che non fosse lui.
Eppure non poteva niente.
Ore ed ore a pensare.
Ad una soluzione per entrambi.
Qualche volta era lo stesso ragazzo dai capelli rossi ad andare da lui, per dividere insieme il tramonto stesi sul divano, stretti ed abbracciati.
Era lui stesso dagli occhi nocciola a mormorare mezze frasi, mezze parole che tanto lasciavano pensare su quanto fosse, per lui prima di tutti, insopportabile quella situazione.
Eppure non aveva dimenticato la notte del loro primo amore.
Pochi giorni prima.
La notte in cui Hanamichi era rimasto sveglio, sdraiato sul suo piccolo divano ad arrossire, ricordando ogni volta che il suo amante gli aveva sussurrato o gridato ‘ti amo’, tentando di contarle, con un sorriso che sembrava voler diventare eterno su quel viso.
La notte in cui Kaede era rimasto sveglio a guardare la grande luna, con gli occhi e la serenità di chi è finalmente innamorato.

La rosa bianca del suo Pr fra le lenzuola, al centro.


Ma spesso la tristezza ritornava ed il suo appoggio ormai era Kaede.
Hanamichi lo sapeva.
E ne era felice.
Ma l’ amarezza lo tormentava.
Scusandosi per non poter sempre essere sorridente, quel pomeriggio quasi diventato sera, Hanamichi baciò il suo amante, lì, sul grande divano del salotto di quella casa.


“Come sta tua madre?”chiese Kaede accarezzandogli il petto sopra la camicia leggera

“Come sempre……… – attimi di sospensione –……… e pensare che lei crede che ora io sia da Yohei…………”

Silenzio.

Il ragazzo dai capelli neri lo strinse a sé, nascondendogli il volto contro il proprio collo.

“Tua madre non sa…….”mormorò

“Già………..”


“Hanamichi……non puoi lasciare questo lavoro?”

Lui dai capelli rossi si sollevò, guardandolo.

“No……..il mio datore si occupa di troppe cose ……..e poi come potrei trovare un altro impiego così remunerativo……….le cure mediche costano….costano tanto………”


“Capisco”


“Abbracciami…….ti prego”sussurrò Hanamichi avvicinandosi a lui

Ne sentiva il bisogno.
Forte.
Urgente.

Attimi di quiete.


“Ho io il lavoro perfetto per te…..”mormorò Kaede con un pizzico di divertimento nella voce


“Quale?”


Il ragazzo dai capelli neri stese il Pr sotto di sé, baciandolo appassionatamente.

“Sarai il mio unico, personale, amante e ti pagherò per ogni giorno ed ogni notte”

Hanamichi rise.

“Metterei la firma per un lavoro così”

Kaede gli aprì la camicia, leccando dolcemente la pelle appena sopra il cuore.

“Il contratto è qui ….è la tua pelle….se vuoi firmarlo potremmo andare su in camera a trattare il prezzo….io e te…….”


Hanamichi rise ancora, felice.

Poi prese fra le mani il viso del suo amante e gli parlò fissandolo negli occhi azzurri.


“Oramai tu non devi più pagarmi per avermi”


Kaede chiuse gli occhi e Hanamichi lo baciò, piano.


Si abbracciarono.

“Rimarrò comunque tuo cliente…….”

“No, non è necessario…..spenderesti un sacco di soldi…..per niente…….”

“I soldi non hanno valore se non vengono usati e non danno la felicità se non si sanno usare bene……..rispondimi …….tu prendi una percentuale dal pagamento del cliente che ti chiama, vero?”

Hanamichi sembrò riflettere un attimo.

“Si…….ricevo qualcosa in più…..”

“Allora continuerò a richiederti…potrai lavorare meno…vedrai, ti basterò io ……….”

Hanamichi sorrise stringendolo.

“Grazie”


Ma Kaede non aveva finito.
Un altro dubbio lo tormentava.
Da sempre.


“Eppure……se dovessero chiamarti altri clienti non posso chiederti di rifiutarli per me………semplicemente vorrei che tu mi avvertissi…….”

“E cosa farai dopo…li ucciderai?”

“No……li posso capire …………….sei così bello………. – sussurrò mordendogli la pelle scoperta della spalla –…..almeno impazzirò aspettandoti tutta la notte per un giusto motivo…..”


“Non adularmi…….lusingare gli altri è il mio lavoro……vuoi rubarmelo …..?”

Carezze.
Qualche altro bacio.


“Allora mi fai questa promessa?”


“Si…tutto quello che vuoi…….” sussurrò Hanamichi


“Mh……non ti conviene dire così……….”mormorò con voce roca il ragazzo dai capelli neri


“Io penso di si invece……soprattutto se devo ringraziare un cliente bello e gentile e non so come altro fare……..”

“Se vuoi ringraziarmi puoi sempre venire con me di sopra ……..a firmare quel contratto lasciato in sospeso………..abbiamo interrotto un affare di lavoro io e te, ricordi?”

“Mhm……si………va bene………ma fai piano con la firma……è tardi ….e dopo dovrò correre se non vuoi un Pr senza lavoro………”

“Si……….tutto quello che vuoi….”

Passi.
Scale.
Fruscii.
E poi la notte, gioiosa.

Continua……

Il primo capitolo della fine di Pr, il primo di tre, ho pensato di dare un sottotitolo ad ognuno, spero incontrerò il favore di voi lettori ^____^
Beh….e uno è andato……..


R&H: *__________________________________*FINALMENTE!!!!!!!

M: Ih ih ih … per la serie ‘Potevano degenerare….’

***Scena originale***


“So che Yohei e Yukari hanno parlato……………e tu….allora perché?”


“Mi hanno aperto gli occhi”

“E tu non gli hai dato un pugno come con tutti quelli che osano svegliarti?”

“Do’hao!!!!!!”

“Stupida volpe spelacchiata”

Rissa.
Altro che perdono.
Rissa.

***Fine scena originale***

M: Baci a tutte/i ^________^ Chu!

Inchino (_ _)

A presto, Mel

 


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