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Pr

Parte XVIII

di Mel

 

Un bussare discreto.
Passandosi una mano a ravviare le ciocche scomposte dei suoi capelli Hanamichi aprì velocemente la porta , il prolungarsi di quel suono avrebbe potuto disturbare il sonno prezioso di sua madre.
Gli occhi azzurri ed intensi di Yukari fecero capolino dallo spiraglio creatosi.
La giovane donna schiuse le labbra per spiegare il motivo della sua visita , ma Hanamichi fece cenno di tacere portandosi un dito alla bocca.
Lei annuì lievemente ed attese che quel ragazzo dai capelli rossi la seguisse nel corridoio, fino alla soglia del piccolo bar, una volta chiusosi alle spalle la porta.

“Scusami…..mia madre dorme…non voglio svegliarla…….”
Lei annuì ancora , comprensiva.
“Sai….nonostante io la rimproveri continua ad aspettarmi sveglia……..e quel che è peggio è che non sa dove…..cosa..io….. – si interruppe sospirando, lasciando languire quella frase nell’ incompiutezza ed alzò uno sguardo serio su di lei – ma….tu piuttosto… cosa eri venuta a dirmi……..?”
Yukari abbassò lo sguardo sotto quel sorriso così finto che Hanamichi, inconsciamente, le stava regalando e non disse niente.
“Allora?”
Senza volerlo la giovane donna dagli occhi chiari trovò la volontà di guardarlo e lentamente gli comunicò gli ordini del loro datore.

“Mi è stato chiesto di riferirti che questa sera sei prenotato, devi trovarti alle ore nove in punto a questo indirizzo *********** ,al locale ***** ”

Hanamichi girò lo sguardo senza tuttavia posarlo in un punto preciso.

“Ah, d’ accordo……chi mi ha prenotato?”chiese svogliatamente
Era una domanda come un’ altra….conosceva già l’ identità del proprio , unico , cliente eppure sentirselo ripetere poteva forse aiutarlo a trovare il coraggio per andarsene da lì e cominciare a prepararsi senza iniziare a piangere fra le braccia di Yukari.

Ma lei lo fissò a lungo, ottenendo nuovamente la sua attenzione.

“Conosci le regole…..non puoi sapere il nome di un cliente che prenota per la prima volta”

Hanamichi lasciò che il proprio stupore si concretizzasse in un ansito sconcertato.
Un cliente che prenotava per la prima volta?
Non era Rukawa.
Non poteva esserlo.
Oramai aveva perso il conto delle volte in cui quel ragazzo dai capelli neri lo aveva richiesto.
Un nuovo cliente.
Un’ altra persona.
Che non era Rukawa.

Una morsa dolorosa ed indistinta gli afferrò il cuore.
Senza più poter dire niente Hanamichi annuì a Yukari, la salutò con un cenno della mano e ritornò nella propria stanza, a stendersi sullo stesso piccolo divano sul quale stava riposando prima di sentire quel bussare leggero alla porta.
Andando via non aveva nemmeno ascoltato la voce di Yukari , che da lontano gli riferiva anche gli elogi che il loro datore gli mandava per il buon lavoro svolto con il suo precedente cliente.
Rimase ad occhi aperti, a fissare un soffitto che si faceva ogni istante più vicino, più bianco e più soffocante.


Locale *****
Ore nove in punto.
Alla periferia di Kanagawa.
Il vento spirava basso vicino alle gambe, sollevando i fogli pubblicitari che tappezzavano l’ ingresso del locale , quella via di periferia sembrava ad Hanamichi anche troppo frequentata.
In piedi, accanto all’ entrata, avvertiva ogni tanto su di sé lo sguardo delle persone che entravano.
Per spingere tutta quella gente ad uscire di casa così presto quel locale doveva essere famoso, ne aveva sentito parlare, ma la cosa lo interessava poco.
Da quando era uscito dalle sue stanze aveva mantenuto un’ espressione indifferente sul viso, qualcosa che non si adattava al suo solito carattere o almeno alle apparenze che era solito dare a quel carattere , ma quell’ espressione quella sera lo salvava dal manifestare qualcosa di ben più preoccupante di un’ improvvisa apatia.
Non voleva trovarsi lì.
Rise fra sé, ma era vero.
Avrebbe preferito incontrarsi con Rukawa.
Almeno avrebbe potuto prevedere lo svolgersi dei fatti.
Il solito, inutile ricevimento , la solita passeggiata veloce e silenziosa fino a casa e poi quell’ ora, quelle due ore e mezzo di amore comprato nel letto….o nel corridoio, o su un divano, o in piedi contro una finestra…….dovunque…..ma qualcosa di prevedibile almeno…..
Ed invece no.
Un cliente sconosciuto.
Un locale appartato e ricercato.
Una situazione pericolosa.
Era quello tutto il suo pensiero.
Aggiustandosi la rosa gialla che quel cliente aveva scelto come simbolo di riconoscimento, Hanamichi raccolse tutto il proprio coraggio e la propria determinazione.

Non avrebbe permesso a nessun altro di fare di lui ciò che Rukawa lo aveva reso con sé.

Quello con Rukawa era stato uno sbaglio dettato dall’ inesperienza.
Uno sbaglio che richiedeva tempo.
Lo pensava da un po’.
Bastava aspettare.
Prima o poi quel ragazzo dagli occhi gelidi si sarebbe stancato di lui e non lo avrebbe più cercato.
Avrebbero finto di non conoscersi ed una volta finita la scuola non si sarebbero più rincontrati ed ognuno avrebbe potuto mantenere i propri segreti e la propria vita.
Era facile e forse rassicurante pensare così.
Ma non era piacevole.
Ridurre ad una breve parentesi nella vita dell’ altro la propria perdita di dignità, di orgoglio , di…..verginità…... non era affatto piacevole.
Eppure non poteva esimersene.
Lo sapeva e lo aveva saputo.
Quando aveva accettato di lavorare , di fare quel lavoro , aveva messo in conto delle eventualità, forse non nei minimi dettagli, ma le aveva messe in conto.
Ora poteva solo imparare dalle precedenti esperienze e mantenere con coraggio una dignità che solo Rukawa sapeva mortalmente incrinata.
Non avrebbe approfondito nessun dialogo, si sarebbe mantenuto sul generale, avrebbe respinto qualsiasi approccio troppo confidenziale e non avrebbe, per nessun motivo, accompagnato a casa quel cliente.
Si , avrebbe fatto così.
In un momento di quiete che quei pensieri angoscianti gli lasciarono Hanamichi si chiese, con qualcosa di simile alla curiosità, chi mai l’avesse potuto richiedere.
Provò a riflettere.
A parte Rukawa nessuno della squadra poteva sapere e non credeva che qualcuno di loro l’avesse scoperto.
La sua era un’ agenzia di lusso, i depliant erano selezionati ed inviati solo a persone di un determinato ceto sociale , sarebbe stato difficile per dei semplici clienti senza troppe pretese averli fra le mani.
Senza contare che le serate con lui avevano un costo elevato.
La sua esperienza era maturata , cresciuta ad ogni ricevimento al quale Rukawa lo aveva portato, entro breve sarebbe passato da nuova entrata ad accompagnatore di ruolo ed un accompagnatore , si sa, è un bene di lusso che pochi possono permettersi.
Il suo pensare lo condusse al giovane Shimori e al ricordo della sua dichiarazione.
Arrossì lievemente , educato come sempre quel giovane dai capelli castani gli aveva offerto un futuro alternativo.
Un nuovo lavoro.
Un nuovo guadagno.
Un nuovo amore.
Ma lui non poteva.
Scosse la testa rispondendosi da sé.
Sarebbe stato troppo bello e troppo facile.
Purtroppo non poteva.
E se quella sera era stato veramente Shimori a richiederlo avrebbe dovuto trovare la forza di rifiutare nuovamente quell’allettante proposta.
Avrebbe respinto ogni avance , ogni bel sogno troppo colorato di rosa, ogni crudele illusione.
Il suo lavoro era quello , quello per il quale attendeva nel vento freddo l’ arrivo di un cliente in ritardo, non poteva sperare di uscirne, perlomeno non ora.

Si aggiustò il fiore sul petto , a dispetto della differenza di colore entrambi i suoi clienti avevano scelto come fiore una rosa.
Perché ?
Lui non era minimamente paragonabile a quel bel fiore.
Non aveva niente della sua semplice e profonda bellezza.
Rukawa avrebbe potuto competere con esso , non lui.

Rukawa.
Rukawa.
Quella sera i suoi pensieri tornavano sempre verso quel nome.
Perché ?
Perché ?


Improvvisamente una mano leggera si posò sulla sua spalla.
Senza voltarsi Hanamichi chiuse gli occhi un singolo, intenso istante.
Poi con un sorriso di pura circostanza si girò ad incontrare due sorridenti occhi azzurri.

Seduti ad un tavolo appartato Hanamichi osservava, oltre il vetro di un elegante portacandele, il viso di Sendoh.
Gli occhi azzurrissimi sorridevano sotto quell’ esame curioso e i denti candidi risaltavano anche sotto la luce tenue delle candele profumate.
Molti altri piccoli tavolini circondavano alte colonnine in legno di ciliegio.
Intrecci floreali,veri ed intarsiati, si confondevano distribuendosi come rampicanti stile liberty sul fusto di ogni singola colonna.
Dal soffitto di caldo legno d’ abete, stuccato di porpora marrone, pendevano piccoli lumi ad olio di fattura ottocentesca.
Il profumo di candele all’ ambra si mescolava sinuoso con l’ aroma dell’ alcol.

“E così saresti tu il mio cliente…..”mormorò malizioso Hanamichi

Non lo avrebbe creduto.
Fra tutti un altro ragazzo come lui.
Amaramente quella circostanza gli ricordò il primo incontro con Rukawa.
Hanamichi si ripeté nuovamente di non commettere altri errori.

Sendoh sorrise ancora senza dire niente.

“A cosa devo la tua prenotazione?”chiese sinuosamente il ragazzo dai capelli rossi

Akira lo ignorò, regalandogli un altro piccolo sorriso, poi allungò una mano sino a sfiorare con le punte delle dita i petali gialli della rosa che Hanamichi teneva sul petto.

“E’ un bel colore, no? Si intona con i riflessi dei tuoi occhi e sta bene con il colore dei tuoi capelli…………ti dona”sussurrò Sendoh
Hanamichi non si ritrasse, lasciò che toccasse il fiore e che posasse due dita sul suo petto, solo sospirò impercettibilmente.

“Grazie……. – disse morbidamente – …….mh…giallo…..si…è un bel colore ……….una rosa gialla………………mi sfugge il significato di questo fiore…tempo fa lo ricordavo..”

“Gelosia”disse subito Sendoh

“Si, giusto……ora ricordo…..gelosia”
Le labbra di Hanamichi si richiusero, le sentiva leggermente secche, avervi sopra lo sguardo di quegli occhi azzurri non lo aiutava.
Doveva distrarlo da sé, non poteva farsi guardare così, non doveva creargli alcuna possibilità.

“Perché hai scelto questo fiore per questa occasione?”

Akira rise lievemente poi, senza preavviso, sfiorò di nuovo i petali delicati della rosa fino a risalire lungo la cravatta di grigio perla e perdersi nella morbida striscia di pelle che divideva il collo dal mento, in una carezza fintamente innocente.

“Gelosia….è esattamente quello che vorrei ottenere questa sera…….”

Hanamichi sorrise senza capire.
Non poteva sapere a chi si stava riferendo eppure lesse in quegli occhi qualcosa di simile ad una velata malinconia , quasi che quella parola rappresentasse un’ ancora di salvezza , quasi fosse l’ unica soluzione trovata ad un problema di elevata importanza.
Distolse lo sguardo ed i pensieri da una considerazione che non lo doveva riguardare.
Poi, con un curato movimento dall’ aria casuale, si allontanò per bere dal proprio bicchiere il liquido scuro e aromatizzato.
Il tempo scivolava via insieme alle note di un blues nero come la notte fuori.
L’ atmosfera del locale era rilassate e familiare.
Un posto tranquillo senza sfarzi , senza visi ipocriti o ostentazioni di ricchezza , l’ aria non era pesante, il loro angolo caldo e accogliente.
Il ragazzo dai capelli rossi posò il proprio bicchiere, due sorsi era tutto quello che intendeva concedersi quella sera.
Sentiva su di sé lo sguardo fisso di Sendoh e vedeva troppo vicina alla sua la mano di quel ragazzo.
Non poteva permettersi di perdere lucidità , l’ attenzione di quegli occhi nei suoi riguardi era un segnale d’ allarme.
Per quella sera il suo bicchiere sarebbe rimasto mezzo pieno.


Nel completo silenzio dell’ oscurità Rukawa si sedé sul suo divanetto , a lasciarsi deridere da lontano dalle luci vivaci e colorate della città.
Rilucendo come stelle iridate sembravano chiedergli, con scherno, che fine avesse fatto quella creatura così bella e calda con la quale solo la sera prima lui si era vantato di aver condiviso amore.
Già……dov’ era quella creatura bella e calda?
Non lo sapeva.
Dannazione non lo sapeva.
Aveva telefonato , quella sera, nonostante non fosse previsto alcun ricevimento né alcuna occasione particolare, avrebbe voluto sentire per sé il calore di quella creatura , avrebbe voluto riscaldare con lui il proprio letto per poter affrontare più dolcemente un’ altra notte di solitudine.
Ed invece si era sentito negare quella possibilità.
Il suo accompagnatore era già stato richiesto.
Non da lui.
Un altro cliente.
Con una rabbia improvvisa e malcelata quei pensieri lo fecero alzare di scatto da quel divano.
Come poteva rimanere lì seduto a pensare che la stessa persona che si era lasciata amare solo la notte prima, proprio su quel divano, ora fosse in compagnia di un altro uomo, di un’ altra donna , di un’ altra persona.
E se anche quel cliente avesse preteso attenzioni simili?
E se anche quel cliente avesse usato la costrizione per far rispettare il proprio volere?
E se……
Basta.
BASTA!
Qual’ era il suo problema ?
Non poterlo avere per sé quella notte o….?
Non se lo voleva chiedere.
Non ora.
Non ora decise.

Si stese, solo, fra le lenzuola.
Rabbrividì intensamente al solo contatto.
Non avrebbe avuto nessuno con il quale far cessare quel silenzio enorme.
Non avrebbe avuto nessuno con il quale scaldare il proprio corpo e cacciare in strada la solitudine che , come una ladra esperta, aveva scardinato la serratura della sua stanza e si era seduta accanto a lui, sul letto, a rubare la sua mente e ad avvolgere di pesanti drappi il suo mondo.
Quella sera era solo e lo sarebbe rimasto.
Si alzò, scese le scale.
Se non poteva fare niente per quella sera si sarebbe limitato a convivere con la sua compagna di sempre, ma la sera dopo avrebbe avuto una compagnia ben diversa.
Ad ogni costo.


La serata passava, i rintocchi di un orologio lontano non riuscivano ad impensierire nessuno dei clienti di quel locale.
Richiamato da un gesto veloce della mano un giovane cameriere si avvicinò a loro.
Sendoh si alzò in piedi.

“Potrebbe mostrarci i separé, per favore? Desideriamo discutere privatamente”

Il giovane annuì, inchinandosi lievemente, preparandosi a fare strada.
Hanamichi alzò lo sguardo nocciola fino ad incontrare il bel viso di Akira.
Il ragazzo dai capelli neri sorrise.

“Desideri accompagnarmi?”chiese Sendoh al suo Pr

Hanamichi si alzò seguendo il suo cliente ed il cameriere.
Il ragazzo li condusse oltre una porta di mogano rivestita di morbido panno fino ad una sala stretta e lunga, divisa da numerosi pannelli di vetro opaco decorati da dipinti astratti , in ogni singolo scomparto un tavolo rettangolare ed una panca rivestita.
Su di essa cuscini di raso dal colore rosa antico.
Insieme si accomodarono congedando il cameriere.

“Perfetto – mormorò il ragazzo dai capelli neri – i luoghi troppo affollati mi stancano”

Hanamichi non disse niente.
Si guardò intorno con circospezione.
La sala era quasi vuota e l’ odore delle candele era stato miscelato ad un’ essenza floreale che vagava libera e fumosa da un braciere d’ incenso poco distante.
Ogni singolo scomparto era isolato dagli altri, senza alzarsi era impossibile osservare gli altri clienti.
Il ragazzo dai capelli rossi sospirò.
Avrebbe preferito rimanere nella sala grande, il rumore , il fumo e gli aromi intensi lo infastidivano, era vero, ma nella sala grande la mano di Sendoh non si sarebbe permessa di posarsi sulla sua gamba.
Con un gesto lento e gentile lui la scostò.
Akira sembrò non curarsi di questo rifiuto e sorrise come sempre.

“Così è questo il tuo lavoro……”sussurrò Akira quasi rivolto a sé

Hanamichi annuì senza interesse.
“E’ un lavoro come un altro, niente di particolare”

Attimi di pausa.

“Come ne sei venuto a conoscenza ?”chiese con palese indifferenza da attore il ragazzo dai capelli rossi

Sendoh sorrise.

“Mi piace passeggiare per il centro la sera……..si vedono molte luci, molti posti, molte persone che camminano elegantemente vestite…….uscite da ricevimenti e luoghi sfarzosi…..”
Il tono volutamente morbido senza accenti particolari.

Hanamichi sospirò.
Li aveva visti.
Lui e Rukawa.
Le sere in cui, alla ricerca di una mera apparenza, giravano insieme per poi finire inevitabilmente su di un letto.

Con un accenno d’ ironica curiosità lui dai capelli rossi chiese ancora.
“Hai avuto il nostro depliant…non è da tutti……….”

L’ altro sorrise.
“Ho le mie conoscenze”mormorò dando alla propria voce un velo di mistero

Hanamichi rise lievemente.

Il ragazzo dai capelli scuri davanti a lui riprese.
“Eppure se la tua squadra ne venisse a conoscenza potresti avere guai seri……”

Hanamichi perse un battito.
Cosa tentava di fargli capire Sendoh?
Era un velato ricatto?
Hanamichi strinse un pugno lungo il fianco, senza farsi vedere.
Non avrebbe permesso più a nessuno di ricattarlo, né di costringerlo a vendersi.
Non avrebbe permesso più a nessuno di capire quanto importante fosse quel lavoro per la sua sopravvivenza.
Non avrebbe sottostato più a nessuna minaccia.
Sollevò uno sguardo duro e gelido, incontrando gli occhi attenti di Akira.

“Se dovesse succedere lascerei immediatamente quest’ occupazione….è solo un lavoro di poco conto …..la squadra vale molto più di pochi spiccioli che uso per divertirmi con il guntai……e poi ..se anche lo sapessero tutti non avrei comunque niente di cui vergognarmi………..di sicuro non più di chi mi richiede per passare le sere con me………..”

Un sorriso falso e cordiale concluse quella frase, un sorriso smentito dalla durezza che persisteva in quelle polle di lucente fierezza.

Sendoh non rispose e non sorrise.
Ordinò altri due drink poi rimase ancora in silenzio.
Hanamichi guardava senza alcun interesse il proprio bicchiere colmo.
Il liquido ambrato sembrava invitante e fresco, ma nascondeva insidie, così come gli occhi di quel ragazzo dai capelli neri di fronte a lui.

“Vorrei ti sedessi accanto a me….”chiese Akira in un sussurro quasi stanco

Hanamichi non rispose.
Non avrebbe dovuto accettare.

“…per favore”mormorò ancora Sendoh

Il ragazzo dai capelli rossi si alzò, non avrebbe dovuto accettare , eppure non poteva rifiutare, quel tono sembrava stanco di rifiuti, sembrava urgente e dimesso allo stesso tempo.
Ed aveva domandato con gentilezza, senza ordinare.
Almeno in quello avrebbe potuto accontentarlo.
Scivolò sulla panca rivestita di cuscini e si sedé accanto a lui, senza dire niente.
Con un sorriso dagli aloni tristi Akira lo ringraziò.

Portandosi il bicchiere alle labbra il ragazzo dai capelli neri osservò il proprio Pr, forse aveva sbagliato, forse non avrebbe dovuto richiederlo, forse sarebbe dovuto rimanere a casa e non fuggire fuori in cerca di compagnia, avrebbe dovuto risolvere quei problemi, non annegarli in un buon whisky.
Ormai era tardi e con stupore sentiva che il calore e la vicinanza di quel corpo erano in fin dei conti gradevoli.
L’alcol aveva già annebbiato la sua mente, che quel corpo che aveva accanto avrebbe potuto annebbiare anche i suoi sensi?
Se lo chiese con una tristezza infinita e allungò una mano a toccare la pelle del viso di Sakuragi.

Hanamichi si girò, senza ritrarsi.

“Perché non bevi ?”chiese Sendoh senza riuscire a lasciare il calore di quella pelle

Il ragazzo dai capelli rossi guardò il proprio bicchiere pieno.

“Non mi è permesso bere troppo mentre lavoro”mentì

“Ah”sembrò capire Akira

Con lentezza quella mano ora cominciava a spostarsi verso il collo, seguendo le linee di una vena mentre, impercettibilmente, ma con costanza, il volto di quel ragazzo dai capelli neri si accostava a quello di Hanamichi.
Con le dita il Pr fermò quella mano curiosa.
Dannazione, era un accompagnatore, non un maledetto gigolò, perché tutti continuavano a fraintendere, perché tutti continuavano a richiedergli cose che andavano ben oltre i suoi compiti e la sua volontà?
Guardò negli occhi il suo cliente e schiuse le labbra per rendere chiara, anche a parole, la decisione che già all’ inizio di quella sera lo aveva accompagnato.

“Sendoh io sono un accompagnatore , non vengo pagato per fare certe cose, non confondere il mio lavoro con quello di un gigolò”

Con quelle parole ancora sulle labbra Hanamichi riaccompagnò quella mano indisponente sulla stoffa morbida della panca, separandosene per poi ritrarsi.
Gli occhi azzurri di Akira si sgranarono un solo istante per poi sorridere con mal velata tristezza.

“Lo so…..scusami…..lo so bene…”

Hanamichi lo osservò.
Ora il suo sguardo gli sfuggiva, girandosi a guardare inutilmente il fumo aromatico che lasciava il braciere per librarsi nell’ aria.

“Potresti andare ad ordinarmi qualcosa di là?”chiese Akira per dimenticare il discorso precedente

Hanamichi sospirò pianissimo.
“Non hai già bevuto abbastanza?”

Gli occhi di Sendoh si chiusero un secondo di troppo, nascondendo un velato lucore.
“Vai ad ordinarmi qualcosa Sakuragi”

Fu tutto quello che disse e servendo il proprio cliente Hanamichi si alzò tornando con un bicchiere pieno, notando sul tavolo un fazzoletto che prima non c’ era.


Il tempo passava, dopo ogni sorso gli occhi azzurri e limpidi di Sendoh diventavano sempre più vacui e torbidi, eppure quella mano riportava puntualmente ogni volta quel vetro gelido fino alle labbra ed esse si schiudevano, quasi forzatamente, per lasciar scendere nella gola quel fuoco liquido che solo portava l’ oblio.
Improvvisamente una mano di Akira si rifece strada verso la pelle calda del Pr, su di una gamba, risalendo velocemente mentre il viso del ragazzo dai capelli neri si accostava alla bocca di Hanamichi.

Sussultando lievemente Sakuragi si scostò un attimo prima che quelle labbra bagnate di dolce alcol toccassero le sue.
Si ritrasse.
Allontanandosi, facendo scivolare a terra un cuscino.

“No…Sendoh….cosa vuoi fare?”

Le braccia di Akira si chiusero sulle spalle appena raggiunte di Hanamichi, le strinsero a sé cercando nel frattempo l’ accesso al collo e alla gola.

“Sendoh…non…non costringermi ad andarmene……lasciami ..lasciami immediatamente”

I movimenti di entrambi si fermarono, lentamente Hanamichi si liberò da quell’ abbraccio.
La voce triste e bassa di Sendoh lo raggiunse.

“Resta con me stanotte………”

Senza farsi vedere Sakuragi si morse un labbro.
Perché?
Perché doveva succedere?

“Non posso…..lo sai……..”disse solo

Con un unico movimento Akira fu su di lui , distesi sul morbido tessuto Hanamichi sentì i baci della bocca di Akira percorrere la propria gola fino al mento, tentò di divincolarsi, sentiva su di sé il peso di quel corpo eppure il pensiero che in un luogo pubblico Sendoh non avrebbe potuto andare oltre certi limiti lo rassicurò.
Con estrema padronanza di sé Hanamichi gli impedì di baciarlo sulle labbra e di infilare le mani sotto i suoi vestiti poi, senza bruschi movimenti, cercò di allontanarlo.
Non poteva permettersi di colpire il proprio cliente, farlo sarebbe stato fin troppo facile, Akira era ubriaco, ma lui doveva ricordarsi di chi era e per che cosa veniva pagato.
Non poteva permettersi di far perdere un cliente alla sua agenzia.
Più clienti aveva più poteva mettere da parte quei soldi che gli avrebbero permesso di cambiare vita.
Non voleva fare per tutta la vita quel lavoro.
Un giorno o l’ altro se ne sarebbe andato.
Lo aveva promesso a sé, alla tomba di suo padre e al viso addormentato e triste di sua madre.

Sendoh si lasciò scostare, reggendosi barcollante al tavolo, avevano sentito entrambi i passi del cameriere che si avvicinava loro.
Il ragazzo portò via i bicchieri vuoti e se ne andò.
Senza dire niente Hanamichi si alzò a sua volta.

“Dove vai?”chiese Sendoh


“Il mio lavoro finisce qui stasera…tieni – gli disse posando accanto al suo bicchiere pieno un piccolo biglietto da visita dell’ agenzia – domani pomeriggio passa a questo indirizzo per pagare il foglio che mi hai firmato prima”

“Potresti accompagnarmi a casa e poi andare via….”mormorò Sendoh

Hanamichi si lasciò ad un sorriso amaro.
Nonostante tutta la fiducia che poteva avere in quel ragazzo sapeva che se l’ avesse portato a casa avrebbe rischiato di finire nel suo letto.
E non voleva.
Aveva già un letto che gli era stato imposto e al quale tornare.
Non se ne poteva permettere un altro.

Scosse la testa, indurendo lo sguardo.

“Questo non fa parte dei miei compiti”

Sendoh abbassò il viso.
Hanamichi sentiva il suo respiro pesante e triste.
Nonostante tutto però non poteva lasciarlo lì così, Akira non sembrava in grado di tornare a casa da solo, lasciarlo uscire di notte era un rischio.
Soprattutto perché il suo non era uno sguardo felice.

Con un sospiro Sakuragi gli fece cenno di alzarsi e di uscire con lui.
Un attimo dopo, in strada, Hanamichi fermò un taxi , pagò il conducente ed aprì la portiera.
In piedi di fronte a lui Akira lo guardava.

Quegli occhi erano troppo tristi.
Hanamichi lo pensò una volta di più, non gli piacevano.
Non gli piacevano affatto.
Somigliavano troppo ai suoi.


Con lentezza il ragazzo dai capelli rossi gli accarezzò una guancia.
L’ ultimo saluto.
L’ultima gentilezza.

Finalmente Sendoh sorrise un po’.
Poi si accomodò sul sedile.
Fece per chiudere lo sportello, ma Sakuragi lo fermò.
“Questo invece è un mio compito”

Akira sorrise ancora.
“Grazie”disse solo

E con il cuore più leggero per quei due ultimi sorrisi che aveva potuto vedere Hanamichi tornò all’ agenzia.
Passeggiando sotto le stelle si disse orgoglioso di sé.

Lo sguardo attento di Yukari lo attendeva.
Hanamichi la salutò avvicinandosi silenziosamente.
“Sei tornato presto…”disse lei sorridendo

Hanamichi le ricambiò il sorriso.

“Si”

Passeggiarono insieme lungo i corridoi stretti ricoperti dalla moquette morbida.

“Piccolo….”iniziò lei

Hanamichi la guardò dolcemente.

“Dimmi”

“Ricordi il nostro accordo?”

“Si”

“Proprio oggi ho finito tutti i pacchetti, pensi li debba ricomprare?”

Hanamichi sollevò i suoi occhi nocciola su di lei.
Poi rise.
Arrivarono davanti alle stanze del ragazzo dai capelli rossi.

Lui aprì la porta, entrò poi prima di richiuderla alle sue spalle abbracciò la giovane donna.

“Ricomprali , ma fumali come se fossero gli ultimi”

Lei rise e lo lasciò.


“Questa sera sei richiesto, casa del signor Rukawa, vedi di svolgere un buon lavoro”
L’ uomo si allontanò tornando nel proprio ufficio.
Hanamichi abbassò la testa, certo che nessuno l’avrebbe visto.
Aveva avuto vita breve l’ attimo di serenità che aveva provato la sera prima.
Il suo riuscire a controllare la situazione, la dignità che gli era sembrato di riconquistare rifiutandosi a Sendoh, la speranza che il giorno in cui avrebbe mantenuto il patto con Yukari si avvicinava.
Tutto quello cancellato in un attimo dalle parole del suo datore di lavoro.
Rukawa.
Quella sera lo avrebbe rivisto.
Di nuovo a casa sua.
E con lui sarebbe ritornata la costrizione, la minaccia, l’ obbedienza che gli doveva.
La paura.
No.
Perché?
Perché?


Si vestì.
Silenzioso.
Ed uscì, senza salutare nessuno.

Il silenzio e lo sguardo gelido di due occhi azzurri lo accolsero, mentre Hanamichi spingeva la porta lasciata accostata ed entrava in quella casa.
Senza parlare Rukawa si fece seguire in salotto, accomodandosi su di una poltrona.
Hanamichi si sedé sul divano.
Non si udiva alcun altro suono.

“Dov’ eri ieri sera?”chiese nel silenzio irreale la voce atona di Rukawa


Hanamichi sussultò lievemente.
Il timore che quel ragazzo dai capelli neri lo avesse richiesto la sera precedente e lo avesse trovato impegnato si fece strada in lui, affilato come un coltello dalla punta lunga e sottile.
Cosa poteva dire?
Avrebbe dovuto mentire?

Non disse niente.


“Avevo deciso di avere la tua compagnia ieri notte ed invece ho saputo che non c’ eri”


Hanamichi perse un battito ed il respiro.
Non sollevò lo sguardo.
Sapeva che avrebbe letto accusa in quegli occhi.
Intanto lo sentiva.
Dentro di sé.
Timore.


“Dov’ eri?”chiese ancora quella voce senza tono


Hanamichi trovò il coraggio di alzare i suoi occhi.

“Lavoravo”disse solo


Silenzio.
A lungo.
I secondi scivolavano via, pesantissimi.

“Voglio sapere chi ti ha richiesto”

Hanamichi sollevò di scatto il viso.
Perché?
Perché lo voleva sapere?
A cosa sarebbe servito?

Si rifiutò di guardarlo.
“Non posso parlare di certe questioni con te, il nome dei miei clienti è protetto dalla privacy della mia agenzia”

Tensione.
Altri istanti passavano, atrocemente lenti.


Con un movimento lento e curato Rukawa si alzò in piedi , avvicinandosi.

“Forse non ti è chiaro…….non mi importa niente delle tue questioni di lavoro….voglio sapere il nome di chi ti ha richiesto, adesso”

Hanamichi si irrigidì.
Non sapeva cosa fare.
Perché Rukawa voleva sapere quel nome?
Cosa voleva fare?

Il ragazzo dai capelli neri strinse i pugni lungo i fianchi.
Non voleva attendere oltre.
Il tempo che passava era per lui un supplizio atroce.
Si immaginava quelle labbra schiudersi e pronunciare nomi a lui conosciuti.
L’ incertezza e l’ ansia che fosse stato Shimori a richiederlo si trasformavano in fuoco liquido nelle sue vene, il sangue scorreva nel suo corpo quasi solido, dolorosamente veloce.
Voleva conoscere quel nome.
Lo voleva sapere per tranquillizzarsi con il nome di uno sconosciuto, di una donna magari o uscire nella notte a prendere a pugni il ragazzo che aveva dichiarato di amare il suo accompagnatore e che aveva osato richiederlo sicuramente per averlo.
Si avvicinò ancora.

“Sto aspettando”sibilò con impazienza travestita da freddezza

Il ragazzo dai capelli rossi chiuse gli occhi, senza guardarlo.

“Non posso dirti niente”sussurrò

Con un unico, rapido, movimento Rukawa fu su di lui su quel divano.
Con la presa delle proprie dita lo costrinse ad incontrare i suoi occhi di ghiaccio.
Steso su di lui strinse anche i suoi polsi fra le mani.


“Non ci siamo intesi…..guardami….ti ho detto di dirmi chi ti ha richiesto…non ho intenzione di aspettare oltre….parla….ora!”


Hanamichi tentò di liberarsi.
Sentiva i propri occhi farsi lucidi.
Cercò di divincolarsi.

“Lasciami….lasciami andare….ti ho già detto che non posso parlarti di questo”


Rukawa strinse quei polsi riducendo gli occhi a due fessure d’ azzurra e silenziosa ira.
Il suo tono freddo e basso lasciò scorrere un brivido di angoscia lungo la schiena di Hanamichi.


“Allora vorrà dire che discuteremo della questione nel mio letto”


Con un gemito simile ad un lamento il ragazzo dai capelli rossi chiuse gli occhi un istante prima di sentirli bagnati.
Perché?
Perché stava succedendo tutto quello ?
Perché?
Cos’aveva fatto?
Quello era il suo lavoro.
Perché?
Perché?
Perché non riusciva ad essere padrone della situazione anche con quel cliente?
Con Sendoh era riuscito ad imporre la propria dignità, rifiutandosi, perché con lui invece si limitava a tremare e a farsi trascinare su quel letto senza dire niente?


Rukawa si alzò, di scatto, velocemente si diresse verso le scale.
Il suo ordine fu l’ ultimo a rompere il silenzio del salotto.

“Seguimi”

Ad ogni passo su quelle scale,ormai conosciute, Hanamichi lottava per non lasciar scendere le lacrime che bruciavano nei suoi occhi.
Cosa sarebbe successo?
Che cosa ne avrebbe fatto di lui Rukawa?
I suoi passi rallentavano, inconsciamente.
Non voleva arrivare in quella stanza.
Non voleva farsi stendere su quel letto.
Non voleva violenza.
Il ragazzo dai capelli neri si girò, sentiva i movimenti del suo accompagnatore farsi sempre più lenti.
Lo prese per un polso e lo trascinò su con sé.
Entrò in camera, sbattendo la porta, premendo Hanamichi contro il muro, cercandolo in un bacio violento che sapeva di potere.

Lui dai capelli rossi lottò per liberarsi, la penombra li avvolgeva, i loro respiri erravano impazziti nel buio di quella stanza.
Con forza Rukawa lo strattonò fino alla sponda del letto.
Lo spinse fra le lenzuola, cercando di tenere ferme quelle mani che lo respingevano.
Salì su di lui e tenendo prigioniero fra le labbra il lobo del suo orecchio iniziò a spogliarsi.
Hanamichi cercò di sollevarsi, di allontanarlo.
Non voleva.
Non voleva.
Dolore, già lo sentiva.
Rukawa non aveva ancora fatto niente, ma lui già lo sentiva dentro di sé.
Aveva paura.
Paura di quella violenza.
Chiuse gli occhi poi li riaprì per lottare.
Rukawa fu costretto a fermarsi per immobilizzarlo.
I loro respiri si rincorrevano rapidi.

“Chi ti ha richiesto?”chiese ancora il ragazzo con i capelli neri

Hanamichi respirò per calmarsi.

“Perché lo vuoi sapere?”

Doveva distrarlo.

Rukawa gli strinse i polsi rubandogli un lieve gemito di dolore.


“E’ stato Shimori, vero?”mormorò gelido


L’ attesa si prolungava.
Dopo essersi spalancati un istante gli occhi di Hanamichi si richiusero veloci.
Era quello il motivo allora.
Solo quello.
Si sentì morire.
Non riuscì più a trattenere una lacrima che, furtiva, fece mostra di sé scendendo sulla sua guancia.

A Rukawa bastò per fraintendere.
Allora era come pensava.
I suoi timori erano fondati, terribilmente fondati.
Shimori aveva richiesto il suo accompagnatore.
Probabilmente gli aveva parlato per convincerlo ad accettare quell’offerta che li avrebbe separati per sempre e poi forse aveva portato a termine quel bacio che lui quella sera era riuscito ad impedire.
E forse non solo quello.
Probabilmente aveva approfittato di lui o lo aveva ingannato o lo aveva costretto ed il silenzio che Hanamichi usava come unica risposta sembrava sempre di più una conferma per quei pensieri.
Rabbia e dolore si mescolarono nel suo animo.


“Cosa ti ha fatto?”gridò quasi Rukawa


Hanamichi pianse un'altra singola lacrima, senza capire.

“Cosa…cosa vuoi dire?”chiese con un filo di voce

Strusciandosi su di lui il ragazzo dai capelli neri risalì furiosamente con le mani sul suo petto , gli strappò di dosso la giacca e la camicia, gettandole a terra insieme alla cravatta poi iniziò a slacciarsi i pantaloni.

“Parlerai”fu la sua minaccia

Ad Hanamichi apparve chiaro quello che sarebbe successo.
Tremò.
Senza riuscire a fermarsi.
La paura cresceva vertiginosamente nei suoi occhi e nel suo cuore.
Non voleva.
Dannazione non voleva.
NO.


Nell’ istante in cui il ragazzo dai capelli neri si sollevò per rubargli un bacio Hanamichi lo colpì con uno schiaffo.
Il suono secco di quel colpo risuonò nel silenzio e nell’ oscurità.
Solo un istante, prima che la voce spaventata di Sakuragi riuscisse a farsi udire fra i singhiozzi ed i brividi di timore.

“LASCIAMI………NON SAI NIENTE ……NON HAI IL DIRITTO DI TRATTARMI COSI’…………….LASCIAMI ANDARE”


Immobile Rukawa si lasciò spostare.
Con uno scatto Hanamichi si alzò allontanandosi velocemente da quel letto, rifugiandosi vicino alle lunghe tende della finestra.
Le braccia strette intorno al corpo, i respiri spezzati.
Seduto sul letto, una guancia lievemente arrossata, Kaede non si mosse.

Soffocando un singhiozzo Hanamichi si strinse di più alle tende.
La sua voce era così flebile.

“N..non…..era…Shimori”disse

Rukawa alzò il viso per leggergli negli occhi la verità.
Sakuragi si rifiutò.
Abbassò lo sguardo.
Avrebbe dovuto fidarsi delle sue parole, non voleva guardarlo, aveva ancora timore.
Ancora più piano sussurrò.

“Era ………….S..Sendoh” chiuse gli occhi, ancora impaurito, temeva una reazione violenta a quel nome

Rukawa sgranò un singolo istante le sue iridi azzurre.

“Cosa voleva da te Sendoh?”chiese alzandosi, muovendo un passo verso di lui

Hanamichi indietreggiò.
La paura che aveva ormai il sopravvento, iniziò a gridare per allontanarlo da sé, non voleva che si avvicinasse, non voleva.

“NON HAI NESSUN DIRITTO DI CHIEDERMI TUTTO QUESTO……..hai saputo quello che volevi ADESSO SMETTILA !!Sai che non era Shimori, sei tranquillo, vero?SEI CONTENTO, NO?
Vuoi sentirti dire che nessuno mi ha fatto niente, vero?Perché è questo quello che ti interessa, sapere che sei solo tu a potermi costringere, ti vedresti portare via il tuo maledetto orgoglio ed il potere che hai su di me e questo ti dispiace, VERO?Ed il mio di orgoglio? Cosa volevi farmi ?Cosa pensavi di ottenere?TE L’ HO GIA’ DETTO NON HAI NESSUN DIRITTO DI TRATTARMI COSI’…….
……….. COSA SONO IO PER TE? COSA? AVANTI RISPONDI !!!!!!!!!!”

Rukawa si fermò.
Incredulo.

Tutte quelle domande ……
Quante volte se le era poste…..quante….?
Ed ora….sentirsele gridare contro…da lui……………


Nel silenzio Hanamichi tentava di riprendere fiato.
Rukawa si sedé.
Cosa stava per fare….cosa?
Se Hanamichi non lo avesse colpito, lui ……l’ avrebbe violentato.
Si.
Maledizione, si.
Era quello che stava per fare.

Sospirò.
Perché?
Perché ogni volta che Shimori si avvicinava a loro, al suo accompagnatore, lui perdeva freddezza e controllo?
Perché?

Alzò il viso.
Incontrò nella penombra il timore che scuoteva di brividi leggeri il corpo di Hanamichi.
Osservò con dolore quanto forte fosse la stretta della mano chiusa di quel suo accompagnatore che si aggrappava alla tenda.
Aveva sbagliato.
Di nuovo.
Ancora.
Ma ringraziò Kami di essersi fermato prima.

Nel silenzio immenso disse solo.

“Mi dispiace….”


Hanamichi si passò il dorso di una mano sul viso, fermando i pochi singhiozzi che ancora salivano alla sua gola.

Passarono pochi minuti.
Di quiete finalmente ritrovata.


“Vieni qui…..”chiese Kaede allungando una mano verso di lui

Il ragazzo dai capelli rossi fissò quelle dita candide e gli occhi del suo cliente.
Non vi lesse più rabbia né follia, ma la paura ancora si rifiutava di abbandonarlo, troppo era stato il timore che aveva provato poco prima, troppo poco il tempo che era trascorso tra l’ ira e quelle scuse.
Non poteva fidarsi.
Non ci riusciva.
Mordendosi le labbra continuò a fissare quella mano poi scosse la testa, ritraendosi.

Kaede lasciò che le sue dita cadessero fra le lenzuola sgualcite, pesanti, colpevoli.
Cosa credeva…che il suo accompagnatore, dopo quel tentativo di violenza, corresse fra le sue braccia?
Si insultò.
Maledizione.
Perché era tutto così difficile?
Perché continuava a sbagliare, a soffrire e a far soffrire?

Si alzò.
Lo voleva accanto a sé, si sentiva ancora solo.
Spinto dalla rabbia si era dimenticato del perché lo aveva richiesto.
Lo voleva accanto per mandare via la solitudine, per passare una notte calda, avvolgente.
Per potersi riposare con lui ed invece….
Lo aveva aggredito, spaventato, quasi…quasi ...preso con la violenza.
Ma forse, era ancora in tempo.

Con movimenti lentissimi si accostò ad Hanamichi.
Le mani aperte in segno di resa, i gesti lenti e calmi.


“Posso avvicinarmi?”chiese con voce bassa

Hanamichi lo guardò in silenzio, si strinse ancora di più alla stoffa delle tende poi annuì.

Rukawa arrivò a pochissimi centimetri da lui, alzò una mano ma si fermò, notando un lampo acceso di preoccupazione illuminarsi in quegli occhi.

“Posso accarezzarti?”chiese ancora, la mano sospesa , interrotta, pronta a toccare quella pelle o ad abbassarsi rifiutata

Lui dai capelli rossi si prese un attimo per pensare poi sussurrò un piccolo ‘si’.
Il palmo caldo e morbido di quella mano si posò sulla sua guancia umida.
Hanamichi rabbrividì di piacere, involontariamente.
Quel calore lo attraeva.
Lesse rispetto in quei permessi chiesti a voce.
Lesse rinnovata gentilezza in quel tocco.
Accettò anche l’ ultima richiesta.

“Posso abbracciarti?”


Inesorabilmente attirato dalla tranquillità che quelle braccia sembravano potergli di nuovo donare Hanamichi lasciò la presa sulla tenda e si lasciò stringere.
Pian piano si lasciò andare contro di lui , sentendosi accarezzare lungo la schiena, in movimenti rilassanti e gentili.
Il tempo scorreva, finalmente calmo.
L’ ansia ed il timore iniziavano a sparire, portati via da un bacio delicato appena rubato.

Velocissimo Kaede si sollevò da quelle labbra.
Guardò quegli occhi, così vicini sembravano enormi.

“Ah….scusami…questo non lo avevo chiesto…..”disse in un mormorio bassissimo

Senza poter resistere Hanamichi sorrise un po’.
Sentiva veramente la paura scivolare via, allontanarsi…finalmente.
Chiuse gli occhi, aspettando un’ altra volta quelle labbra.
Le sentì fondersi in un calore morbido sulle proprie.
Non avevano più niente di violento, più niente di folle o doloroso.
Erano solo labbra calde e rassicuranti.
Vi si lasciò tranquillamente.
Indietreggiarono insieme, senza accorgersene poi arrivato alla sponda di quel letto Kaede cadde trascinando con sé il suo accompagnatore.

Di nuovo lì.
Hanamichi si liberò di quelle braccia, sedendosi, guardandosi intorno, non si era accorto di essersi lasciato cadere di nuovo fra quelle lenzuola.
Impaurito tentò di alzarsi, ma le mani di Kaede lo raggiunsero, trascinandolo verso il suo torace.
Lottò un po’ poi si sentì stringere forte, avvertì una punta di timore.

“No…..aspetta…….lasciami un attimo…..no”provò a chiedere

Rukawa gli passò una mano fra i capelli , scendendo poi su quella bocca poco silenziosa e la coprì con le dita, per poter parlare.
Mugolando Hanamichi fu costretto a guardarlo negli occhi.

“Calmati…….non ti farò male, lo sai ora…puoi esserne certo..…voglio poterti accarezzare su questo letto…….sentire il tuo corpo che riscalda le mie lenzuola …….abbracciarti……..chiederò permesso……..lasciami fare…….non temermi …………lasciami fare…..”

Quella voce perversamente dolce e bassa.
Sembrava dire la verità.
Diviso.
Ecco cos’ era.
Aveva gettato via l’ opportunità di andarsene ….
Sarebbe bastato fuggire via dopo quel tentativo di violenza, fuggire via dicendo che non se la sentiva più di rimanere, di guardarlo, di restare lì quella notte.
Così avrebbe lasciato a quel cliente la casa vuota e tutto il rimorso.
Invece aveva voluto provare quell’ abbraccio, il calore e la tranquillità che sembravano poter far provare.
Aveva voluto rassicurazione, farsi dire che non sarebbe più successo, né ora né le volte future.
Si era consegnato nelle sue mani ed ora ne avrebbe dovuto accettare le conseguenze.
Cosa si aspettava ?
Che Rukawa lo baciasse e lo mandasse via senza chiedere altro?
Che lo accarezzasse con gentilezza e poi gli dicesse che……che…lo……..lo am…………………………………………………………………..no, no.
Non era possibile!
Lo sapeva e non era possibile.
Non riusciva nemmeno a pensarlo, non sarebbe mai successo, mai.

Ora sentiva il suo cliente liberargli la bocca , solo per poterla riempire dolcemente con la propria lingua.
Erano carezze, anche quelle.
Carezze.
Insomma cosa voleva?
Cosa?

Non lo sapeva.
Decise di perdersi nell’ oblio che il corpo sapiente stretto al suo sembrava potergli offrire.
In quei momenti, su quel maledetto letto, come poteva pensare con chiarezza, come poteva decidere ed indagare fra i propri voleri e desideri?
La lingua di quel ragazzo dai capelli neri e la sua mano bruciante sul suo fianco provvidero a racchiudere in una bolla ovattata i sensi che gli restavano, sottraendoli alle domande della ragione.

I minuti si succedevano cadenzati dagli affondi regolari di quella bocca e di quella mano nella pelle.
Il rumore di quei fruscii e dei brividi che gli scuotevano il corpo avvinse Hanamichi.
Senza quasi avvertirlo ebbe Kaede su di sé.
Che lo spogliava.
Che avanzava i suoi diritti di ogni notte insieme.
Che incontrava la sua pelle, ormai nuda, con la propria.

Si preparò ad un'altra intima violazione.
Girò il viso, attendendo solo quelle dita dentro di sé, se Rukawa si fosse deciso a concedergli anche per quella sera la solita ‘gentilezza’ di prepararlo.
In quegli istanti sospesi pensò ai suoi cuscini, li guardò con gli occhi appena appena aperti poi li strusciò con la guancia.
Erano morbidi e profumati.
Vi si lasciò andare.
Avvertiva piccoli ansimi sopra di sé, le mani di quel ragazzo dai capelli neri in ogni suo lembo di pelle.
Forse Rukawa non lo avrebbe nemmeno preparato, sembrava così eccitato, forse avrebbe pensato unicamente al proprio piacere.
Rabbrividì al pensiero.
Ma si sforzò di rimanere immobile.
Si morse le labbra.


Girandolo fra le braccia come un bimbo piccolo Rukawa si stese su di un fianco accanto a lui.
Cercò i suoi occhi, attese di vederli schiudersi.
Come petali di un fiore che cresceva dentro e non fuori.
Attese a lungo poi li guardò attentamente, nel momento in cui fiorivano, aprendosi.
Ne osservò ogni sfumatura, dalle più chiare alle più scure alle estremità dell’ iride.
Sorrise senza poter fare niente.
Vedeva le guance tingersi di rosso e quelle labbra socchiuse quasi chiedersi il perché di quell’ esame così attento.

Nel silenzio Kaede chiese a quegli occhi.

“Hai qualche richiesta particolare stasera?”


Hanamichi lo fissò senza capire poi sussultò, cercando di nascondere a Rukawa il proprio imbarazzo.
Kaede si avvicinò, ancora di più, fino a non lasciare che pochi millimetri fra di loro.
Attendeva una risposta.

Il ragazzo dai capelli rossi scosse velocemente la testa poi sembrò ripensarci, guardò un istante gli occhi scuri di Rukawa e affondò il viso arrossato fra i cuscini.
Mormorò poche parole.

“….iano….ego….ni…..è..tita…”


Kaede schiuse le labbra sorpreso.
Non aveva capito nulla di quella frase.
Sorrise senza farsi vedere e strappò la bocca di Hanamichi da quei cuscini che ne ovattavano i suoni.

“Non ho capito le tue parole…….. – sussurrò abbracciandolo, portandolo vicino al proprio viso – ………..ripetimele nell’orecchio………..così le sentirò solo io”

Hanamichi si nascose contro quel collo morbido e profumato.
Kaede attendeva, rilassato, tenendolo fra le braccia.

Con gli occhi chiusi ed il viso in fiamme lui dai capelli rossi sfiorò con il respiro l’orecchio del suo cliente.
Rukawa rabbrividì intensamente.


“F..fai..piano ti prego…… domani c’ è partita” ripeté

Un attimo e Kaede sospirò.
Era vero.
C’ era partita il giorno dopo.
Ma ce ne erano state tantissime altre ognuno dei giorni dopo le loro notti.
Ed Hanamichi non aveva fatto quella richiesta nessuna di quelle volte.
Quella del suo accompagnatore sembrava proprio una scusa.
Dolorosamente il ragazzo dai capelli neri si rese conto di quanto l’ avesse spaventato prima.
Tanto da fargli chiedere, pregare, giustificarsi.
Lo strinse più forte.

“Certo…..tutto quello che vuoi….basta chiedere…..”


Un’ ultima stretta e Kaede si alzò dal letto.
Per prendere un vasetto piccolo e bianco.
Ritornò silenzioso, a piedi nudi sulla moquette scura e ruvida.
Si ridistese dolcemente, attirando accanto a sé il tepore del corpo del suo Pr.
Lo fece girare con attenzione e lentezza.
Cercò la sua schiena con il proprio petto e la trovò facendoli aderire.
Accarezzò i suoi fianchi, scese sui glutei, stringendoli a tratti, poi lo abbandonò.
Era tanto che non la usava più con lui, pensava che ormai non ce ne fosse più bisogno, ma se questo serviva a tranquillizzarlo a lui stava più che bene utilizzarla nuovamente.

Hanamichi si permise un piccolo sospiro.
Aveva chiesto gentilezza, la stava ricevendo.
Si era sentito morire prima, mentre attendeva una penetrazione veloce ed improvvisa, dolorosa come le prime volte ed invece…..Rukawa aveva chiesto a lui cosa fare…..
E lui aveva risposto, quasi certo che ad una cosa chiesta in nome di quello sport che entrambi condividevano il suo cliente non si sarebbe opposto.
Aveva quasi mentito, quella del giorno dopo era solo una partita d’allenamento come tutte le altre.
Si era giustificato, ma non gli importava.
Ora si sentiva più tranquillo mentre sentiva il soffice suono delle dita di Rukawa che si immergevano nella crema


Tergendosi le punte delle dita Kaede si fermò.
Irrazionalmente il suo pensare ritornò ad un momento prima, quando aveva sentito il respiro di Hanamichi sulla pelle sensibile dell’ orecchio mentre chiedeva che facesse piano…..
……. era stato veramente piacevole……….
..e quello era solo il suo respiro…………
…… si era chiesto come dovevano essere le sue mani ……
…cosa si provava a sentirsele muovere sul corpo……….
…………lo voleva sapere……..

Lo avrebbe chiesto.


Delicatamente fece girare il suo accompagnatore, lo guardò un istante attirando il suo sguardo poi passò a lui quel vasetto.
Senza capire Hanamichi strinse fra le mani il piccolo barattolo.
Cosa significava?
Rukawa voleva che si preparasse da solo?


“Non voglio strapparti nemmeno un piccolo ansito di dolore…….vorrei che tu preparassi il mio corpo…per poter entrare nel tuo senza farti male………..”

Hanamichi rimase immobile.
Kaede lo guardò attentamente, cercando di leggere nei suoi occhi.
Poi allungò una mano ed aprì il piccolo vasetto che quel ragazzo dai capelli rossi reggeva fra le mani.


“Avanti……..prendi un po’ di crema e stendila sulla mia pelle…………..”disse


Hanamichi arrossì furiosamente.
Non poteva chiedergli una cosa del genere.
Voleva……voleva ………………che lo toccasse?
No.
Kami.


Il suo cliente attendeva.
Doveva farlo.
Se si fosse rifiutato probabilmente Rukawa non l’ avrebbe più preparato, offeso da quel diniego e lui non voleva soffrire.
Non poteva dire di no.
Doveva farlo.


Kaede scostò le braccia da lui per lasciargli libertà di movimento.
Osservò con interesse le dita tremanti del suo Pr infilarsi in quel vasetto a raccogliere una piccola dose di crema chiara.

“Prendine un po’ di più o non basterà ” mormorò maliziosamente divertito

Il ragazzo dai capelli rossi arrossì velocemente davanti a lui.

Poi Kaede avvertì un tocco leggero e incerto su di sé.
Un brivido di freddo lo percorse.
Hanamichi si fermò, guardandolo.
Aveva sbagliato?Gli aveva fatto male?

“Mhm ………….è fredda come dicevi………….”mormorò Kaede


In movimenti lenti, sentendosi il viso in fiamme, il suo accompagnatore continuò.
Il corpo di Rukawa si tendeva verso la sua mano, lo sentiva fremere ed avvertiva piccoli ansimi soffocati, lo stava toccando, realizzò di avere il potere di farlo gemere o gridare, sarebbe bastato qualche movimento più intenso, non poteva vedere il suo viso, ma sentiva che era così, ne sorrise.

Le mani di Hanamichi vagavano sulla pelle sensibile del suo membro, stendendo dolcemente la crema.
Rukawa strinse a sé quel ragazzo imbarazzato con tutta la sua forza, affondando i denti nel proprio labbro inferiore.
Quelle dita mandavano brividi elettrici in tutto il suo corpo, erano piacevolissime.
Si muovevano con lentezza, percorrendo ogni più piccolo pezzetto di pelle.
Kaede sentì l’ eccitazione crescere, con essa il desiderio.

“Va bene così…………” lo fermò, per non venire fra le lenzuola ed in quelle mani

Si separò da lui, prese fra le dita il vasetto ed un po’ di crema, lasciò che Hanamichi, vedendolo, si girasse volontariamente.
Ebbe di nuovo la sua schiena contro il proprio petto.
Passarono lunghi secondi.
Inquieto il ragazzo dai capelli rossi si chiese perché non avvertiva le dita del suo cliente farsi strada nel proprio corpo.
Passarono altri istanti.
A disagio Hanamichi si mosse, cercando di girare la testa per incontrare le iridi azzurre di Rukawa e leggervi dentro una spiegazione.
Voleva essere preparato.
Non voleva soffrire.
“Cosa c’è?”chiese piano Kaede sentendolo agitarsi


Hanamichi si morse le labbra, sospeso nell’ incertezza.

“Perché non……cominci……a……………………..?”domandò lasciando a metà anche quella frase

Rukawa intuì, sorrise.
Dolcemente rispose.


“Sto facendo riscaldare la crema nella mia mano……….è veramente fredda ……….pazienta ancora un po’ …”


Hanamichi sgranò, sorpreso, i propri occhi.
Sorrise per quella gentilezza insperata e si rilassò contro quel petto caldissimo.

Qualche minuto dopo sentì la voce bassa di Rukawa raggiungerlo vicino al collo.

“Ora dovrebbe andare bene……”

Avvertì la punta di un dito entrare, accarezzare il suo interno, lentamente.
Non oppose alcuna resistenza.
Il calore di quella mano aveva riscaldato la crema, rendendola appena appena tiepida.
Sentì le lunghe dita di Rukawa farsi spazio, penetrare fino in fondo e poi muoversi in affondi lenti e dolci.
Non facevano male.
Anzi erano……..erano piacevoli……………………………..molto piacevoli….

Sicuro di non essere guardato Hanamichi si morse le labbra per soffocare gemiti e ansimi.
Non lo voleva ammettere neanche con sé stesso, ma quei movimenti nel suo corpo gli piacevano, lo stavano accendendo di un’ irrazionale necessità, il suo corpo sembrava volere di più, quasi gridare ed il ragazzo dai capelli rossi ringraziò che solo lui potesse sentirlo.

Un attimo ancora, Kaede strinse con un braccio la vita di Hanamichi, affondò con le dita in lui, gli rubò un primo gemito poi uscì.
Velocemente lo girò, salendo su di lui.
Chiuse gli occhi mugolando e fece incontrare in una languida carezza le loro intimità.
Hanamichi si spinse contro i cuscini, socchiudendo le labbra, Kaede se ne sentì inesorabilmente attratto e si chinò a divorargli la bocca con la lingua.

Con passione Rukawa spinse fino in fondo, penetrando le labbra dolci e calde del suo amante, cercò la sua lingua, la trascinò in un vorticare leggero di carezze umide e brucianti, coprì le sue labbra più e più volte con le proprie, fino a sfinirlo per tutte quelle attenzioni, passò le mani sotto le sue spalle, sollevandole, per poter fare tutto ciò che voleva a quella bocca che in quella posizione si offriva a lui senza remore o difese, voleva che quel bacio fosse un piccolo premio per il modo stupendo in cui il suo accompagnatore aveva accarezzato il suo corpo, che fosse quasi una richiesta di perdono per la violenza che avrebbe potuto fargli, voleva per lui tutto il piacere che un semplice bacio poteva portare con sé.
Affondò ancora, accarezzando in tutta la sua profondità quel piccolo antro morbido, si strusciò contro quel corpo in un movimento sinuoso, accarezzando il sesso di Hanamichi con il proprio bagnato di crema, strappò a quelle labbra anche l’ ultima possibilità di salvezza e l’ ultima goccia d’ aria e sentì il suo Pr tremare e rabbrividire.
Un solo istante dopo Kaede avvertì sul proprio ventre il seme bianco e caldo del ragazzo dai capelli rossi.

Incredulo si sollevò a cercare i suoi occhi, per capire cos’ era successo.
Li incontrò.
Quegli occhi come miele caldo appena colato da un favo.
Dolci e socchiusi.

Si disse che di occhi così si sarebbe innamorato anche un dio dal cuore arido che già tutto aveva della perfezione.

Rimase affascinato e gemé di fastidio quando li osservò chiudersi.

Si stese accanto a lui, gli scostò una ciocca dalla fronte con un gesto gentile e lo strinse a sé.
Era venuto per un bacio.
Il suo accompagnatore aveva raggiunto il piacere solo con un bacio e qualche carezza.
Non poteva crederci.
Ora lo sentiva stanco fra le braccia.
Prepotente si fece sentire il desiderio di fermarsi, di addormentarsi e di lasciare tutto così, senza chiedere altro.
Ma ancora più forte si fece sentire l’urgenza e la sua necessità.

Senza neanche fargli capire tutto ciò osservò con quale arrendevolezza Hanamichi si era portato sotto di lui , allungandosi fra le lenzuola fresche, offrendo al suo cliente la propria schiena e l’ accesso al proprio corpo.
Così perversamente invitato Kaede si arrese senza nemmeno combattere.
Chiese solo l’ultimo permesso.

“Posso entrare, piccolo, vero?”

Lo sfiorò con la punta poi si immerse in lui e nella sua carne morbida, rubandogli un gemito di apprezzamento.
Attese una quasi dolorosa eternità prima di muoversi e furono spinte lentissime e leggere.
Lo prese con attenzione e piacere, spostando con le mani i suoi fianchi a trovare punti particolari e più piacevoli.
“Mh…..mh……aahn….mhm………ah……mh……….” una lenta serie di tanti piccoli mugolii di soddisfazione strappati ad Hanamichi da lui
Per tutta la durata del loro amplesso Kaede non lo penetrò mai fino in fondo, non quella volta, non voleva rischiare niente, veramente niente.
Si limitò a dare piacere ad entrambi rincorrendo con piccole spinte continue il corpo di Hanamichi con il proprio.
Lo tenne stretto a sé, baciandogli la nuca ed i capelli, strusciando il viso sulla pelle calda della sua schiena, facendolo gemere forte, ma mai gridare.
Affondò appena un altro po’, gli baciò un orecchio e lo sentì sciogliersi fra le lenzuola, nelle sue braccia.
Un istante e lo seguì in un ultimo, lento, ansimo intenso.


Scivolando fuori dal suo corpo con estrema cautela, Rukawa gli chiese silenziosamente, con le mani sui suoi fianchi, di girarsi.
Voleva vedere i suoi occhi, accertarsi di aver esaudito la sua richiesta.
Hanamichi si lasciò guardare, sul viso arrossato si aprivano due labbra gonfie alla ricerca d’ aria.
Negli occhi una luce stanca e, questo Kaede non lo poteva sapere, appagata.

“Non hai provato dolore , vero?”chiese lui dagli occhi azzurri

Hanamichi alzò uno spiraglio di sguardo lucido e attento.
Scosse la testa.

“Sii sincero….non temere………”insisté Rukawa mordendosi poi la lingua, chiedendosi subito dopo come poteva esporsi così, solo per sapere se l’ altro stesse veramente bene
Mentre il ragazzo dai capelli rossi lo guardava appena, lui si disse che aveva domandato solo per sentirsi riconoscere i propri meriti e poterne essere fiero.
Ma non riuscì a convincersene.

“Non ho sentito nemmeno un po’ di dolore” rispose Hanamichi, soffiando fuori a fatica quelle parole, guardando con occhi stremati ed un respiro ancora difficoltoso il suo cliente
In quell’attimo Kaede capì che silenziosamente, velatamente, il suo Pr gli stava chiedendo che fosse così tutte le volte, Hanamichi si era piegato a rispondergli, ad elogiarlo, ad umiliarsi solo per poter sperare in futuro nella stessa dolcezza.
Invece lui aveva negato ogni reale intento alla propria domanda.
Si sentì sciocco, vile.


Strinse a sé quel ragazzo esausto, teneramente.


Con stanca rassegnazione Hanamichi si diede del debole.
Come poteva godere di ciò che gli veniva imposto?
Come poteva ogni volta lasciarsi andare, lasciarsi toccare, baciare, violare?
Come aveva potuto barattare l’ ultimo briciolo d’ orgoglio per assicurarsi almeno un’ altra notte di gentilezza?
Era un debole, solo quello, anche adesso che cercava riparo dall’ aria fredda della stanza fra le braccia di quel ragazzo dai capelli del colore della notte.
Non riuscì a lasciarsi alle lacrime, il calore di quel petto era troppo rassicurante.
Aveva avuto paura quella sera, per la prima volta una paura folle.
Paura vera.
Sospirando si lasciò baciare ed accarezzare ancora un po’.
Fra poco sarebbe dovuto andare via.
Si sentiva stremato, si sarebbe volentieri addormentato.
Chiuse gli occhi.


La voce di Kaede lo richiamò, strappandolo alle mani vogliose del sonno.

“Così sei uscito con Sendoh……”mormorò

Hanamichi si irrigidì un istante, ricordando l’ ira violenta che aveva attraversato quelle iridi incredibilmente azzurre ora calme e rilassate.
Rukawa se ne accorse mentre toccava ancora la sua pelle.
Lo abbracciò stretto.

“Non ti costringerò a dirmi niente che tu non voglia……………….smettila di rabbrividire……su….ehi…non ti nascondere…..lasciati guardare……………..semplicemente mi chiedevo se Sendoh ti avesse parlato del suo amante………”

Le mani di Hanamichi si serrarono sorprese sulle spalle del ragazzo dai capelli neri.

“Amante?” si lasciò scivolare dalle labbra stupite

“Si ………….– rispose la voce morbida di Rukawa sfiorandogli i capelli dietro l’orecchio nel prendere respiro –……….ne ha avuti alcuni …ora ne ha uno nella sua squadra…..”

“Non lo sapevo….”

Una lunga pausa, altri tocchi , altri baci.

“Abbiamo parlato e lui ha bevuto ...poi ho chiamato un taxi per mandarlo a casa…..”confessò Hanamichi

Kaede si rilassò, ora sapeva, si fidava di quella voce dolce e sfinita.
Lo baciò con passione, ma non chiese di nuovo il suo corpo, per quella sera aveva già scommesso troppo.

Il tempo passò via, senza fermarsi ad ammirare i due corpi stretti e caldi, immobili e adagiati sotto una coperta non troppo pesante.
Hanamichi si allontanò per andarsene, vestendosi senza alzare lo sguardo.
Alla sua camicia mancavano alcuni bottoni.


Quella notte Kaede scese le scale con lui, mormorando qualcosa sul bere un bicchiere d’ acqua.
Il ragazzo dai capelli rossi si stupì infinitamente.
Era la prima volta.
Non si sentì più solo né sperso nel buio della grande casa di quel cliente.

Rukawa lo anticipava scendendo nudo sulle scale, non voleva vestirsi, pensando scioccamente che così sembrava voler sedurre quell’ accompagnatore che non desiderava altro che andarsene.
Aveva sete, era vero, ma aveva deciso di fare un ultimo regalo a quel Pr che tanto aveva spaventato.
Senza renderlo evidente lo accompagnò fino alla porta poi si lasciò avvinghiare dalle tenebre sparendo lentamente nella cucina , osservato dalle iridi dorate del suo accompagnatore, che seguirono il movimento di quel corpo splendido e senza veli fino a che non oltrepassò gli stipiti della porta.

Ad un passo dal fargli male quel ragazzo dai capelli neri gli aveva invece regalato un piacere immenso.
Perché quel cliente lo faceva vivere di continue contraddizioni ?


Le lenzuola sulle quali Kaede si riadagiò erano quella notte calde e profumate.


Continua…………..


M:Oh Ru sai che hai rischiato il linciaggio?
R: E chi avrebbe osato farmi questo?
M:Non si fanno nomi(vero Hyme?), ma almeno ti sei fermato, rinsavendo in tempo!!!!!!!
R: Guarda che sei tu che hai rischiato, la storia è tua , non mia……
M:Oh davvero?E sentiamo…se fosse stata tua cosa avresti fatto?
R:Allora …..niente ricevimenti, niente pensieri, niente Shimori, niente Sendoh, niente Yukari, niente datore di lavoro, niente madre del rossino, niente scuola , niente agenzia, niente padre del sottoscritto, niente casa…..
M:Scusa se ti interrompo, ma pensi di far rimanere qualcosa?
R:Io, lui ed un letto. Basta!!!!!
M: Ma….ma …….ed io che mi sono impegnata per farla sembrare una fic con una storia …..ma ….ma ….così sarebbe solo un’ enorme, immensa e gigantesca PWP……
R: Embé……perché ti lamenti ……in fin dei conti non è quasi così?
M: Gnooooooooo!
H: Qui l’ unico che deve lamentarsi sono io , rischio un capitolo si ed uno no di finire stuprato ç_______________________ç
R: Vieni tesoro ci penso io a te………
M(mormorando):Ora si che rischia lo stupro!!!!!!! ^_________________=


Mel vi ringrazia perché nonostante tutto state leggendo la più lunga PWP mai creata al mondo!!!!!!!
Baci

La mia mail la sapete……..


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