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Pr

Parte XV

di Mel

 

Ed il giorno dopo fu solo ghiaccio.
Ghiaccio negli occhi , negli sguardi , nelle parole.
Ghiaccio.
Freddo.
Gelo.


Come se niente fosse, come se niente fosse mai stato.
Mai.

Non sembrava esistere alcun legame fra di loro.
Niente.


Cosa ne era stato di quella dolce melodia , di quegli occhi caldi, di quelle carezze gentili, di quelle attenzioni?

Hanamichi se lo chiese.
Se lo chiese sbattendo un pugno contro il proprio armadietto.
Era solo nello spogliatoio, gli altri già lo attendevano riscaldandosi.
E lui invece era lì , a chiedersi perché.
Ancora una volta.

Maledizione doveva uscire da quella situazione.
Doveva trovare un modo, uno qualsiasi , per rifiutare e smettere di piegarsi a quelle notti infuocate ed ai desideri di quel cliente.
Erano ormai quasi due mesi.
Due mesi di gemiti e grida, di parole rassicuranti in quel letto e di sguardi gelidi fuori.
Che cos’ era che stavano facendo?

Cosa?
E perché?


In fondo lo sapeva.
Lo sapeva benissimo.
Non c’ era niente da capire.
Non erano loro a non intendersi.
La verità era che non c’ era bisogno di altro.
Rukawa aveva il suo passatempo per ogni notte.
Il suo divertimento.
Un amante per riempire le serate.
Un amante sempre disponibile , sempre obbediente , docile.
Si , docile.
Esattamente come un animale.
Non doveva essere altro.
Non doveva fare altro.
Doveva solo entrare in quella casa, stendersi su quel letto, spogliarsi e farsi sbattere.
Poi doveva andare via.
E ritornare il giorno dopo.
E poi di nuovo andare via.
E ritornare.
Ed andare via.


Quanto ancora?
Quanto a lungo?
E ancora perché?


Perché?
Perché proprio lui?


Dannazione , anche lui voleva una vita.
Perché non poteva averla?
Non solo la sua situazione era così precaria......senza certezze, sotto decisioni disinteressate ed altrui , dolorosamente in forse , a metà fra il desiderio struggente di una vita diversa, perché no, migliore e la completa rassegnazione che quei pensieri irrealizzabili portavano con loro.
Chiedeva tanto?
Chiedeva forse troppo?
Dannazione voleva solo una vita normale.
Rientrare a casa, litigare con i genitori per uscire la sera , discutere per i voti bassi , promettere di impegnarsi e sorridere, sorridere veramente.
Incontrare gli amici ,passare i pomeriggi con loro , passarli in palestra , giocare , con tutta l’ anima , con tutta la forza, e farlo sperando in domani glorioso , in una vera possibilità futura, scommettere il proprio valore in campo, sentirsi unito ai compagni , sentirsi come loro, non avere altri pensieri , non avere nessuna responsabilità.
Incontrare una ragazza, un ragazzo, qualcuno , da amare, da cui farsi amare, veramente.

Ma come poteva tornare a casa e litigare con chi non c’ era più?
Con chi non poteva nemmeno leggerli i suoi voti?
Come poteva passare un pomeriggio con gli amici se doveva lavorare?
Come poteva sentirsi come loro?
Come poteva sperare in un domani migliore, pieno di speranze?
Come poteva non sentirsi sulle spalle tutta la responsabilità di un ragazzo praticamente solo?
Come poteva trovare qualcuno, dirgli ‘ti amo’ e poi finire a passare la notte nel letto di un’ altra persona ?
Come poteva sorridere veramente?


Come poteva.......................................


Era tutto così effimero, così fragile ........sua madre , la loro vita ......
Era tutto così incredibile.....................così assurdo ........

e triste .....infinitamente triste...............


A casa , lui dagli occhi azzurri scuro , camminava lentamente , dall’ ingresso al quale si era appoggiato , nel silenzio assoluto, si spostò verso le scale , accarezzando con le dita il corrimano , saggiando la consistenza dalle pareti marmoree che correvano parallele a quei gradini , ricordava con precisione ogni passo su quelle scale, ogni passo di quell’ accompagnatore,ogni volta che lo aveva sentito salire e salì anche lui , lentamente , nel silenzio completo che la sua casa da sempre , fin da quando poteva ricordare , gli aveva offerto.........
E saliva, salì ancora , incontrando con lo sguardo ogni minuscolo centimetro di spazio in quel corridoio, fra le scale e la porta di un’ unica camera , quante volte quel tragitto, quante volte da solo , completamente solo in quel silenzio che per quanto amato ricordava sempre e solo un’ unica parola .............................................................................................................solitudine.
Ma da quasi due mesi non era più così, no, non era più solo la notte, non tornava più da solo in quella camera , in quella casa.
Quasi ogni notte un ragazzo gli faceva compagnia , sempre lo stesso ragazzo , forte , bello , dai colori caldi e vivi, un ragazzo che sembrava cacciare la solitudine solo con la propria presenza, che sicuramente sapeva allontanare il silenzio con le proprie grida............
...ed era così bello sentirlo gridare, sentirlo interrompere il circolo eterno del silenzio, riempire di vita una stanza solo con dei suoni inarticolati ..........................................era stupendo capire di essere la causa di quei suoni , di condividere qualcosa ogni notte ..........
...................................................................di non essere solo.

Appoggiato al muro , accanto alla maniglia di quella porta Kaede chiuse gli occhi poi, con un movimento veloce e sinuoso, si infilò nella propria stanza solo per stendersi contro la porta ad ascoltare.
E non era il silenzio quello che lui sentiva in quel momento.
Ogni singolo frammento di muro , di legno , di stoffa, ogni cosa inanimata sembrava ora restituire a lui i suoni che per prima aveva ascoltato in quella stanza.

Ed il silenzio fu per lui un concerto di gemiti e di ricordi.

Ora Kaede si accostò alla porta del bagno, le piastrelle pulite brillavano anche nella penombra ,anche lì quel ragazzo dai capelli rossi aveva lasciato un segno.

Come non poterlo immaginare......................
.... sotto l’ acqua , mentre la porta si apre e Kaede entra e lo vede lì , a bere gocce di calda pioggia , ad accarezzarsi il corpo con estrema lentezza, a fare da contrasto con il rosso ,ora scuro perché bagnato,dei suoi capelli contro il bianco niveo delle piastrelle?

Impossibile.

Ed infine Kaede lasciò i suoi ricordi , lasciò quel corridoio ai cui muri si era appoggiato per pensare e scese quelle scale , porte di un paradiso finora sconosciuto, che si era aperto a lui solo di notte, il giorno del suo compleanno, quasi due mesi fa.

In salotto ogni ricordo fu lasciato per un ragionamento più intenso.
Cosa stava facendo?
Si ...lui...lui stesso....cosa stava facendo?
A cosa stava arrivando?
A cosa voleva arrivare?

Aveva lasciato passare del tempo , abbastanza, del tempo sufficiente , ed ora ,per rispettare quelle parole che si era detto doveva guardare ancora una volta dentro di sé , tra quei rovi di spine dei suoi sentimenti , per vedere se quel sentiero arduo e contorto di rovi si era trasformato in un prato.

Aveva avuto quello che desiderava.
Aveva avuto , solo per sé , quell’ accompagnatore , quasi ogni notte, solo per sé ,intimamente, a lungo.
Lo aveva avuto , in ogni senso.
E che cosa aveva capito?


Niente.
Niente.
Assolutamente niente.


Aveva raggiunto la consapevolezza di cosa significasse avere il suo corpo, averlo completamente ed ora , ora si permetteva ,permetteva a sé stesso di volere qualcosa di più !

Si , lo aveva capito.
Quello che faceva ogni notte, con lui, non gli bastava più.
Non bastava !

E allora cosa voleva?

Maledizione , cosa voleva ancora?

Non gli era stato sufficiente tutto quello a cui aveva costretto quel ragazzo?
I ricevimenti , l’ umiliazione, le imposizioni , gli ordini, le grida in quel letto .......................cosa voleva ancora?

No...non era colpa sua ....non era solo colpa sua .....................
........
Cosa gli stava facendo quel ragazzo dai capelli rossi?
Perché occupava continuamente i suoi pensieri , da quel giorno in cui lui aveva deciso di accettare un invito di suo padre per non pensare più da solo in casa fino al giorno prima , il pomeriggio prima, nel quale aveva avuto Hanamichi in modo così coinvolgente, così intimo.........
................................................................così dolce............


Si erano stretti., abbracciati.............involontariamente , inconsciamente ..............ma si erano stretti.
Ed in quel momento davvero lui non si era sentito più solo.


Forse sarebbe potuto importare solo quello in fin dei conti.
Eppure in questo modo troppe domande rimanevano senza risposta..............troppo comportamenti rimanevano senza alcuna spiegazione.
E capire diventava ogni giorno sempre più importante.
Sempre più importante.

Quello fu il suo ultimo pensiero.

Passarono pochissimi giorni, quella mattina, dagli sprazzi di giornata tiepida, Rukawa entrò a scuola.
Da lontano lo vide, lo guardò un istante, a lungo e sorrise fra sé.


Quel giorno aveva proprio voglia di giocare.


Con lui.


Ma non a basket.


Solo per i corridoi sgombri Rukawa si diresse verso la classe di Sakuragi , lo aveva osservato a lungo quella mattina, sorridendo di quegli atteggiamenti pudichi che gli vedeva manifestare.................i suoi occhi lo scrutavano e lo vedevano arrossire, abbassare lo sguardo, mordersi le labbra ........................‘no....non morderle.....non rovinarle ......lasciale a me ....per stanotte...............’ aveva pensato lui dai capelli neri senza distogliere da lui lo sguardo nemmeno un istante ........................
...ed ora si ritrovava a passare accanto alla sua classe ..........senza pensarci , involontariamente , era finito lì , eppure ricordava di voler andare sul tetto a saltare le ultime ore attirato dalla brezza tiepida e dal sole un po’ più caldo , che pochi minuti prima lo aveva svegliato con il proprio calore filtrando attraverso i freddi vetri della sua aula , scivolandogli addosso mentre dormiva sul banco in fondo...........
..........
Con passo estremamente lento Rukawa oltrepassò quella classe..................nessun rumore ................si girò......da quella classe non proveniva nessun rumore..............Kaede schiuse un istante le labbra ....................già ...l’ ora di educazione fisica..................con quel sole erano sicuramente usciti in cortile ......................

Incurvando deliziosamente gli angoli delle sue labbra la bella volpe si guardò intorno.
Nessuno.
E nessun rumore.
Silenziosamente Kaede si infilò in quella classe.

Hanamichi rientrò lasciandosi pesantemente ricadere sulla sedia , chiudendo gli occhi e sospirando.
Era stanco.
Ormai ogni notte rientrava sempre più tardi.
Persino Yukari aveva smesso di aspettarlo,perché lo aspettava , lui lo sapeva, la sentiva aprire la porta , aprirne solo uno spiraglio e poi richiuderla una volta sinceratasi che fossero suoi quei passi nel corridoio ed una mattina lui , in ritardo per la scuola le era passato accanto le aveva donato un bacio sulla guancia , le aveva sorriso e sussurrato.
“Le belle donne dovrebbero dormire la notte........altrimenti si rovinano la pelle .....”
E lei aveva riso, sgranando quegli occhi color del cielo in primavera .........................e lui si era stupito un attimo .........
..................kami come assomigliavano a quelli di Rukawa ................................
............così belli, così profondi.....................
......così azzurri.
Poi aveva riso anche lui e spinto scherzosamente da due mani offese per quella frase era scappato verso la scuola.


Si ...gli occhi di Rukawa .................quegli occhi.......aperti , che lo guardavano , lo fissavano , lo seguivano ..................anche quella mattina .....così fissi, così insistenti eppure sempre freddi.................perché lo guardava così?
Quel giorno poi non lo avevano lasciato un attimo.....................lo avevano guardato continuamente , quasi......quasi ........come se non lo avessero mai visto prima ........ogni sguardo come un esame .......................................e lui non aveva potuto fare altro che cercare di ritrarsi , di abbassare lo sguardo , di cambiare strada , di guardare altrove...............................ma quegli occhi , quegli occhi lo seguivano......ovunque.....

Quegli occhi che solo lui aveva visto mutare.............nei quali non era vero che non c’ era vita.................in quegli occhi azzurri scorreva un fiume in piena ................passavano interi dialoghi muti .........silenziosi ed indecifrabili .............perché la chiave per capirli era solo Rukawa a possederla e solo lui poteva decidere chi farne partecipe ..................................

Occhi.
Occhi .....................aperti poi chiusi , dopo le loro notti , quando lui andava via da solo lo guardava sempre , addormentato su quel letto e a vederlo così non poteva credere che fosse lo stesso ragazzo, che in lui vi fossero tutte quelle singole sfaccettature , il ragazzo freddo e distaccato , il ragazzo perfetto , l’ idolo della squadra, il ragazzo malizioso,quello passionale , quello attento , quello gentile...............
..dov’ era il vero Rukawa ?
.....rimanevano solo quegli occhi chiusi ed innocenti ......................

Occhi........socchiusi mentre.................piano...........sopra di lui .................Rukawa ........................lo faceva suo .............occhi appena appena aperti , troppo saturi di piacere per rimanere aperti di più..................troppo determinati per chiudersi e privarsi della visione di un corpo caldo che si lascia violare.


Hanamichi uscì dai propri pensieri , non erano passati che alcuni istanti, a lui erano sembrati ore , ogni velocissimo pensiero si accavallava sull’ altro in miriadi di frammenti che da giorni, da settimane, da due mesi costituivano un’ unica lunga linea di pensiero iniziata la sera in cui tutto era cominciato , la notte del primo di gennaio.

Liberatosi dalle maglie dei suoi pensieri il ragazzo dai capelli rossi fu distratto da un brusio, i suoi compagni commentavano incuriositi qualcosa , vicino alla lavagna, no, qualcosa sulla lavagna , si accalcavano lì di fronte , osservando ....una scritta.

Incuriosito Hanamichi si alzò in piedi ,per vedere.

Una sola scritta.
Pochissime parole.

<Rosa bianca.
Oggi. A casa.
6 p.m.>

Una calligrafia elegante , lievemente incurvata a sinistra, non troppo vistosa, ma attraente.


...rosa bianca...........a casa ..............6 p.m. ........................

...rosa bianca............
..rosa bianca.......


Hanamichi rimase immobile, smettendo di respirare.
Sconvolto.


Era per lui.
Era un messaggio per lui.

Era di Rukawa.
Era stato lui.


Solo lui sapeva della rosa , del colore.
Era un appuntamento.
Un altro dei loro appuntamenti.
Lo aveva richiesto ancora una volta.

Ed era venuto lì a dirglielo.
Hanamichi lasciò cadere la sedia uscendo in fretta dall’ aula.
Tra il mormorio dei compagni, Mito lo seguì con lo sguardo fino a vederlo scomparire oltre la soglia.

Hanamichi si sciacquò il viso lasciando che l’ acqua gelida lo bagnasse.
Non era possibile.
Perché?
Perché lo aveva scritto lì , dove tutti potevano leggerlo?
Non lo avrebbero capito eppure qualcuno avrebbe potuto chiedere.
Dopo la sua reazione Yohei lo aveva guardato , si , lo aveva visto.
Dannazione si sarebbe dovuto controllare ed invece..........
Perché?

Perché quel cliente lo voleva far impazzire?

Senza sapere più cosa pensare Hanamichi lasciò che le ore lente del pomeriggio scorressero via.
Tra poco sarebbero iniziati gli allenamenti.
Lì lo avrebbe visto , avrebbe potuto leggere nel suo sguardo , in quello sguardo sempre attento, la conferma di quel messaggio che non recava firme.
Forse non aveva significato per gli altri, ma lui, lui come poteva ignorarlo?
Non riusciva a capire il perché.


Un passo dopo l’ altro , verso la palestra.
Lì lo avrebbe visto.
Lì avrebbe capito se faceva sul serio.


Entrato negli spogliatoi Sakuragi non guardò nessuno, cercò solo davanti a sé gli occhi azzurri di una volpe.
Li trovò.
Attenti e profondi.
Scuri.

Con lentezza Hanamichi iniziò a cambiarsi.
Voleva restare solo con lui.
Voleva un minuto per parlargli.
Per chiedergli una conferma e poi un perché.
Non ce l’ avrebbe fatta ad attendere la fine degli allenamenti.
Voleva quelle risposte.
Subito.

Rukawa lo osservò.
I suoi gesti esasperatamente lenti, la sua voluta lentezza, Sakuragi voleva parlargli, da solo.
Lui lo capì e con elegante indifferenza iniziò a sua volta ad occupare inutilmente il proprio tempo.

Con un ultimo sguardo severo Akagi si chiuse la porta alle spalle , ordinando ai due giocatori rimasti di sbrigarsi e di raggiungerli.

Appena il legno della porta velò ad ogni altro sguardo l’ interno di quello spogliatoio Hanamichi si avvicinò al suo cliente.


“Sei stato tu?” chiese senza aggiungere altro


Rukawa si voltò ad incontrarlo.


“Di cosa parli?”


“Non fare finta di non sapere ............rosa bianca...oggi a casa....6 p. m. .........”

Rukawa sorrise lievemente.

“Mmh...mi stai invitando a richiederti?”

Sakuragi si irritò.
“Smettila”


Con passi lenti Kaede si avvicinò.


“Lo hai scritto tu sulla lavagna della mia classe?”insisté il ragazzo dai capelli rossi


Kaede lo raggiunse.


“Ti farebbe piacere?”gli soffiò sul viso


“Cosa .....”


Kaede lo strinse fra sé ed il muro.
Lo cercò risalendo con una mano fino al suo viso.

Hanamichi tentò di allontanarlo.
Di allontanare il calore di quella mano.
“No.....no..”

Kaede appoggiò le labbra sulle sue.
E con una spinta iniziò quel bacio.



Hanamichi si oppose , cercando aria ed un appiglio per spingere via quel ragazzo.
Non trovò niente.
E mentre cercava , tentava di liberarsi, quella lingua e quella bocca lo avevano già violato, lo avevano già legato a sé con il piacere.


Il ragazzo dai capelli rossi lasciò allora la propria bocca a quelle labbra ed i propri polsi alle mani che li stringevano.
Continuarono a baciarsi.
Senza dire niente.
Scendendo sulla sua gola Rukawa gli sussurrò qualche parola.


“T.ti farebbe piacere ...se quel.... messaggio fosse....mio?”

Hanamichi gemé.
La lingua calda e morbida di Rukawa sul suo collo.

“Cosa....cosa significa.......?
............dimmi se sei stato tu.......”


“Rispon..dimi”mormorò incurante Rukawa prima di affondare ancora nella sua bocca, in un altro bacio umido.


Improvvisamente dei passi risuonarono nel corridoio , verso di loro.

I loro compagni li stavano aspettando, li avevano lasciati lì da soli ed ora tornavano a vedere perché non uscivano.
Miyagi si avviò lungo il corridoio.


Hanamichi avvertì distintamente quei passi.
Si scostò.
Cercò di allontanare da sé Rukawa.
Non dovevano vederli così.
Non dovevano sapere.

Ma Kaede non lo lasciò, strinse i suoi polsi , lo spinse ancora contro il muro.

“Lasciami......lasciam.i .........sta arrivando...qualcu..no .lasciami andare...”

Rukawa non lo ascoltò , lasciò quella bocca calda ed irriverente che non si faceva baciare e scese sulla gola , fino alla base del collo
infilando una delle mani sotto la maglia di cotone ,accarezzando la pelle liscia e calda del fianco e del petto di Hanamichi.

Il ragazzo dai capelli rossi lottò , si dimenò , inutilmente, quelle mani non lo lasciavano.
“Lasciami.....ci vedranno.............no...non voglio..........lasciami andare.......mmmh..”
Un altro bacio, altri tocchi.
Più intensi.
Il calore di essere toccato così , l’ angoscia di quei passi che si avvicinavano , le sensazioni crescevano ampliate, eccitazione.

Kaede sollevò il viso un attimo.


“Avanti .................abbracciami.............”ordinò

Il ragazzo dai capelli rossi chiuse disperatamente gli occhi.
Non poteva veramente ordinargli una cosa del genere........non poteva............

Perché?

Rukawa lo strinse, tirò a sé quelle braccia per farle avvolgere intorno al proprio corpo.

“No......”si sentì rispondere

Altri pochi secondi , i passi risuonavano ancora più vicini.

“E se ci lasciassimo vedere così?”chiese affondando quel volto diafano su quella pelle morbida e scoperta


Sakuragi si irrigidì , si scostò.

“No......no, no......”
Ancora non lo lasciava andare.
Perché?
Perché?
Lacrime di frustrazione iniziarono lente a salire verso quegli occhi nocciola.
Iniziò ad implorarlo.

“No.....lasciami.....no.. non voglio altri problemi.....ti prego ...ti prego lasciami”mormorò Hanamichi girando disperato la testa

Quei passi erano davanti alla porta.
La maniglia si stava abbassando.

Hanamichi strinse gli occhi.
Non voleva.
Non voleva sapere più niente.

Miyagi entrò osservando come il ragazzo moro dalla maglia con il numero undici si sistemasse la fascetta nera al braccio venendo verso di lui , accanto alla porta con gli occhi fissi davanti a sé il ragazzo con il numero dieci rimaneva appoggiato al muro.

Sembrava non essere successo nulla.
Miyagi li guardò ancora un istante, nel silenzio stranamente teso e disse scherzosamente loro di sbrigarsi , che Akagi li aspettava , che avrebbero fatto meglio a fare in fretta se volevano evitare le sue ire.

Rukawa lo guardò con sufficienza poi uscì.
Un attimo ancora ed i tre ragazzi si incamminarono lungo il corridoio.

Poco prima di posare piede sul campo loro due si guardarono, fra i pensieri di un istante.


Rukawa lo aveva lasciato andare.
Appena in tempo.
Perché aveva giocato così con lui?


Sakuragi non voleva altri problemi...........
‘altri problemi ’ ..........
perché già lui era un problema , vero?

L’ allenamento trascinò via con sé il sudore ed i pensieri.

Agli ultimi tiri il numero undici marcò il ragazzo dai capelli rossi.
Lo spinse verso il centro campo, si strusciò su di lui per allontanarlo dal canestro.
Lo fermò per poi rubargli il pallone e scivolargli accanto.


Un mormorio, tra i fischi delle scarpe sul legno lucido , le grida dalla panchina , il battere ritmico della sfera arancione.

“Il messaggio era mio”


Quella voce fredda e distaccata era ritornata.
Hanamichi chiuse gli occhi e sospirò mentre, con quell’ ultimo punto, la squadra di Rukawa vinceva la partita d’ allenamento.

Continua......................


M: Capitolo di riflessione..................
^_______________________________^
Per staccare....perché qualcosa comincia a cambiare................
(Povero Hana se no, dieci scene di lemon senza sosta…………….)



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