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PR

parte I

Di Mel

 

<Kami sama!

   Rukawa chiuse il depliant riguardando la copertina,lo riaprì fissandolo incredulo,imperturbabilmente incredulo, come suo solito,

   ma  incredulo.

   Mosse i suoi attenti occhi blu lasciandoli scorrere sulla pagina senza capacitarsene.

   Riguardò la scheda personale che aveva davanti.

   Scorse di nuovo tutti i dati scritti in ordine, scosse la testa e gettato il depliant sul divano decise di allontanarsi.

   Sulla soglia si fermò,si voltò verso quel fascicolo piegato e sorrise illuminando i suoi occhi “d’amusement et malice” *,lo riprese

   e lo   portò con sé in camera salendo lentamente le scale.>

 

Suo padre era appena uscito ancora una volta , il suo lavoro , sempre per il suo lavoro ,poco prima era andato da lui, gli aveva chiesto di partecipare ad un ricevimento, Kaede aveva visto la rassegnazione nei suoi occhi, sapeva che suo figlio avrebbe rifiutato ancora una volta ….come sempre d’ altronde …il ragazzo moro si era alzato dal divanetto dove era seduto cercando di leggere e l’ aveva guardato, suo padre l’ aveva fissato a sua volta un attimo poi era tornato sui suoi passi e stava quasi per uscire.

“Se non ti va, non importa” aveva detto …stava quasi per chiudere la porta..

“Quando?” aveva domandato Kaede.

 Semplicemente , con decisione.

Il signor Rukawa l’ aveva guardato riaprendo uno spiraglio di porta ..sconcertato, non dimostrava di esserlo ovviamente, ma suo figlio sapeva che lo era , poi l’ uomo fece un passo avanti di nuovo verso di lui.

“Tra due sere ,alle nove”

Kaede  aveva atteso un attimo prima di parlare , anche se sapeva di avere la sua attenzione.

“Potrei anche venire” aveva pronunciato lento e generico…..

“Bene……. –aveva  risposto quasi a disagio suo padre –……..bene”

 

Quando era uscito Kaede si chiese  perché avesse accettato…..perché avesse accettato di rivedere ancora una volta quel mondo così brillante che lo disgustava profondamente, quella società falsa , i loro giochi puerili , le loro parole contate , lui aveva sempre rifuggito quelle cose eppure si sentiva di trovare un qualsiasi modo per smettere di pensare ……………..in quella casa, in quel silenzio ……

….come poteva smettere?

 

I pensieri ritornavano a lui ..portandogli le riflessioni che oramai da tanto faceva su di sé, sulla sua vita e su quello che doveva essere o quello che sarebbe dovuto essere , sul basket e su quello che rappresentava e sul futuro che gli offriva, su quello che sarebbe dovuto essere il suo futuro……………….per lui più abituato a rimanere in silenzio che a parlare era più facile pensare ………………………………

….e spesso non sapeva perché, ma il suo pensiero si soffermava su di lui….e davvero non capiva …non avrebbe dovuto interessargli …..

…lui che non si interessava mai a nessuno……..…interessarsi?.................................Non sapeva nemmeno perché aveva usato quel verbo….interessarsi….non credeva……..piuttosto alle volte si ritrovava a pensare ai suoi comportamenti , al suo modo di fare e rivedeva la sua figura , risentiva la sua risata ed i suoi proclami ….no , non gli interessava semplicemente  si ritrovava a pensarlo spesso senza saperne il motivo………………

 

Oramai aveva accettato quell’ invito, l’ idea continuava a piacergli sempre meno, il pomeriggio seguente suo padre prima di uscire gli aveva consegnato un piccolo depliant e il ragazzo dai capelli neri l’ aveva sfogliato davanti a lui , piuttosto riluttante, era una lista di schede e foto, Kaede si soffermò sulla copertina , bordeaux scuro , sopra vi era riportato il nome di quella che sembrava essere un’ agenzia , accanto un recapito…poi più in basso a sinistra due lettere dorate emergevano  nitidamente dal fondo scuro …”P” ed “R”, il ragazzo moro alzò lo sguardo su suo padre chiedendo silenziosamente una spiegazione , l’ uomo infilandosi il soprabito rispose:

“Si tratta di un’ agenzia  emergente di accompagnatori…..ho pensato di prenderne due per domani sera , se hai tempo potresti sfogliarlo e decidere per entrambi … -suo  padre prese la borsa, aprì la porta e si voltò concludendo –comunque  non è importante” 

 

 

Ora Kaede si ritrovava seduto sul divano, i piedi infilati negli spazi tra un cuscino e l’ altro, riguardava ancora una volta quella copertina abbastanza elegante e si decise ad aprirla cominciando dalla prima pagina ………era solo un lungo elenco di persone , le loro foto accanto ai loro dati  e le loro particolarità …sembrava quasi  un menù sul quale scegliere, non piatti, bensì uomini e donne con i quali trascorrere delle ore agli incontri mondane……………………………………..e lui aveva continuato a sfogliare quelle pagine incuriosito da quelle persone che accettavano di trascorrere il loro tempo accompagnando degli sconosciuti , cercando di compiacerli…………….

…………………….non riusciva a capire come poteva essere possibile una cosa del genere …………………

…..vendere la propria immagine ……

……………la propria compagnia ….

……………il proprio tempo……

……..a lui sembrava solo un  lavoro assurdo……………assurdo come quel mondo dove sarebbe dovuto entrare quella sera e dove si doveva apparire e non essere.

 

Oramai aveva sfogliato quasi tutte le pagine senza trovare niente……..non che poi avesse cercato con attenzione…..tra le ultime pagine  intravide una sezione particolare ……

“Nuove entrate”….

Kaede girò annoiato le ultime pagine forse alla ricerca di una PR per suo padre ……………..ma in fondo credeva proprio che quella sera sarebbero stati soli…….finché il colore sgargiante di una foto non attirò la sua attenzione …………………

 

 

Non poteva crederci

 

Rilesse ancora per la terza volta in due istanti quel nome………..

Doveva esserci un errore.

Non era possibile.

 

 

“Kami sama” mormorò  muovendo solo le labbra senza un suono.

Davvero non riusciva a crederci , continuava a riguardare quella pagina eppure…..si alzò di scatto dal divano, gettando via quello stupido depliant…………………poteva esserci stato un errore….ma per quanto volesse convincersene, per quante scuse cercasse di trovare la sua ragione sapeva perfettamente che la verità era più che evidente………..

….quello era il suo nome…………………….

….quello era il suo cognome …………………………poteva esserci stato un errore di omonimia….

….quella era la sua foto…………………………………….

….Kami sama ! La sua foto!!

 

Il ragazzo moro decise di ritirarsi in camera, non voleva più interessarsene, scosse la testa allontanandosi ………sulla soglia si fermò un attimo a riflettere ancora ………………….

Così tante domande erano comparse all’ improvviso …………….lui si girò ancora verso il divano dove aveva lasciato quel depliant e non trattenne  un sorriso tornando sui suoi passi…………………………………………..

 

 

 

Il signor Rukawa varcò distrattamente la porta della stanza di suo figlio,lo vide appoggiato allo schienale seduto sulla sua poltrona, rivolta verso l’immensa finestra del balcone,si portò le mani sui fianchi e diede un’occhiata veloce alla stanza ….il pallone riposto lucido e pulito in vista su uno scaffale e le foto e i premi e tutto ciò che faceva parte di quel mondo sportivo che aveva rapito suo figlio permettendogli di dimenticare la sua introversione e l’assenza di un padre rimasto solo……………sì ……………quel mondo era importante,ma sospirando il signor Rukawa pensò di illudersi e che in realtà, invece di aiutarlo, quel mondo avrebbe portato suo figlio ancora più lontano dal loro rapporto già così fragile.

 

“Kaede –esordì  lentamente- sei pronto per stasera? Ti ho lasciato quel depliant, ma non so…………………non mi sono più informato…….non credo che sia necessario……………..comunque la scelta spettava a te perciò……………..”

Venne interrotto.

“Ho già sistemato tutto”

“Hai chiamato tu ? Anche per me ?”

“Nh” rispose lui affermativamente alzandosi con calma.

“Ah……………bene ………….allora fra venti minuti possiamo andare…………………” fece per andarsene.

“Ah Kaede……………..a proposito……… mi fa piacere che tu abbia accettato il mio invito”aggiunse velatamente imbarazzato.

Si guardarono per un attimo poi lui uscì e Rukawa si girò verso la finestra chiusa.

Sorrise osservando il suo volto riflesso sul vetro perfettamente pulito……sì…… aveva deciso,dopo numerosi inviti rifiutati di partecipare ad uno degli eventi mondani che era solito frequentare il suo importante padre.

 E proprio lui il giorno prima gli aveva chiesto se era il caso o no di chiamare un’agenzia per avere un accompagnatore, un Public Relations, un PR.

Aveva lasciato nelle mani del figlio un depliant di un’agenzia emergente pregandolo di scegliere per entrambi ,ma senza troppa convinzione.

Alla fine si era deciso e aveva chiamato l’agenzia, ripensò velocemente alla telefonata …….

 

 

*********

“Pronto agenzia ******* !”

“Sono Rukawa, chiamo per poter avere a disposizione due accompagnatori domani sera”

“Certo,aspettavamo la sua telefonata, prego signor Rukawa indichi i numeri”

“Il numero 23……….”

“Ah ottima scelta,è disponibile per domani”

“…………….e il numero N17”

Silenzio all’altro capo del filo.

“Ma………….non so se sia il caso, è una nuova entrata …………..non credo potrà soddisfare le esigenze di……………”

Rukawa interruppe quelle scuse snervanti:

“Si devono presentare al ******** Palace alle 21.00 in punto con in mano due rose ……….bianche,per distinguerli, tutto chiaro?”

“Sì”

“Bene arrivederci”

**********

Ancora davanti al vetro lui osservò il sole tramontare e tingersi di rosso………………………rosso…………..non poté fare a meno  di sorridere divertito ancora una volta prima di uscire.

 

Sul tavolino della sua stanza ,vicino ad una tazza di caffè mezza vuota, era aperto quel depliant,nella pagina una scheda personale in fondo alla quale spiccava la foto di un giovane ragazzo dai capelli rossi e gli occhi nocciola.

 

 

Era in macchina ora, guardava senza alcuna emozione il paesaggio che mutava costantemente davanti al suo finestrino ………

…non era vero ……..si stava mentendo ……… allentando leggermente la cintura sul suo sterno sentì qualcosa ,senza farsi notare da suo padre, seduto accanto a lui, portò una mano dentro la giacca , sulla stoffa morbida della camicia , sotto il suo cuore, lo sentiva battere veloce……..troppo veloce…………

…….non era vero  che non provava alcuna emozione ………

La realtà era che non riusciva a convincersene ……era così assurdo, così impensabilmente strano …..eppure era vero….tutte le volte che aveva pensato a lui  era stato per come l’ aveva visto a scuola , agli allenamenti , un’ apparenza normale…era per questo che non riusciva ancora a capacitarsene ………………

La verità era che gli si era presentato in quella foto in un modo talmente diverso da confonderlo e lui per la prima volta non sapeva come agire …..non sarebbe bastato andare lì, guardarlo, tendergli una mano e dirgli “Buonasera do’ hao” ….semplicemente poteva solo andare lì a mostrare l’ indifferenza che non provava.

 

Il ragazzo si trovava sotto al colonnato accanto all’ accompagnatrice scelta con lui , attendevano insieme l’ arrivo dei loro clienti, mancava  del tempo alle nove e lui, lui si sentiva inquieto e teso , continuava a muoversi  faceva un passo  indietro , si appoggiava ad una colonna per poi scostarsene di scatto con lo sguardo indugiò un  attimo sulla donna al suo fianco, bella al di là di ogni soggettività , rimaneva ferma e distaccata ,  sembrava non provare nulla guardando forse verso l’ orizzonte bruno mentre il suo ,di sguardo, rimaneva fisso  su quella scala  dove avrebbe visto salire il suo cliente….con quel suo atteggiamento lei gli portava velatamente il ricordo di  un ragazzo  freddo e indecifrabile come quello sguardo.

Preso di nuovo dai suoi  pensieri ora lui stringeva le mani a pugno ,rigirandole una nell’ altra, torturandosi  le dita e i palmi  senza riuscire in alcun modo  a calmarsi , si spostò ancora .

Lei al suo fianco  si voltò lentamente  rivolgendo al ragazzo uno sguardo serio , poi sorrise  e a voce bassa  gli rivolse una parola:

“Rilassati…..”

Il ragazzo la guardò poi abbassò gli occhi…..come poteva…era successo tutto così in fretta..quella mattina era stato chiamato e informato che la sera stessa avrebbe svolto il suo primo lavoro e incontrato il suo primo cliente , ne era stato avvisato così in fretta, quasi con noncuranza, come se fosse stato normale , come se non fosse così importante e lui non aveva quasi capito , il suo datore aveva ripetuto il punto sottolineandolo con uno sguardo seccato poi aveva aggiunto in tono brusco di non deludere  né lui né il suo cliente.

Ed era quel cliente da non deludere che ora stava aspettando sforzandosi di rimanere fermo.

Guardava la gente elegantemente vestita  e impeccabilmente perfetta negli atteggiamenti scivolargli accanto, provava disagio nel sentire anche solo per un attimo il loro sguardo su di sé, poteva avvertire la sufficienza con la quale probabilmente avrebbero continuato a considerarlo e pensava che sarebbe stato uno di loro quel cliente, uno come loro, improvvisamente ne avvertiva tutto il peso, non si sentiva in grado , avrebbe voluto fare esperienza in qualche altro incontro meno formale prima di un avvenimento così  importante….

…senza riuscire a calmarsi fissava quelle persone e il loro sguardo con l’ apprensione di vedersi  riconoscere in uno di quelli, da uno di loro, una persona che non conosceva della quale non sapeva né il nome , né l’ età, né il sesso….mordendosi un labbro si chiese se anche quel cliente  l’ avrebbe guardato con superiorità, se avrebbe guardato con scherno e avversione il suo aspetto , il colore dei suoi capelli, se non avrebbe apprezzato la sua compagnia, se…..il ragazzo voltò di scatto la testa in direzione opposta  a quella scala  e a quelle persone….

….il buio del giardino che circondava il palazzo lo attrasse un istante con la sua calma………lui non poteva permettersi di deludere nessuno, anche a costo di lasciarsi deridere , offendere………disprezzare.

Lui prese tra le mani la sua rosa bianca, piccola e delicata, il suo segno di riconoscimento…la rigirò nervosamente  tra le dita appoggiandosi al muro, si girò teso ancora verso quel buio riposante del giardino….per un attimo provò l’ impulso improvviso di gettare via  quel fiore, gettarlo lontano per non farsi riconoscere e scappare via …………ma non poteva ..aveva un’ unica ragione per rimanere , contro le tante per andare via…era vero……ma quell’ unica ragione valeva più di ogni suo rifiuto ….non poteva andarsene……….non poteva……….quella ragione valeva più della sua vita.

Il ragazzo continuò  a rigirare quella rosa tra le mani cercando di allontanare l’ incertezza  e la preoccupazione, ma era così difficile ….e se davvero non fosse stato all’ altezza senza peraltro poterselo permettere……….

Strinse il pugno e si ferì con una spina.

Il suo leggero lamento fece girare la donna  al suo fianco , lei lo guardò gentilmente , prese la rosa dalle sue mani  e gliela appuntò sul petto , mentre con voce dolce e calma  gli sussurrò :

 

“Stai benissimo , non preoccuparti”

 

Lui la ringraziò in silenzio con un sorriso e girando ancora una volta lo sguardo verso quella scala  sentì i rintocchi delle nove.

 

 

Mancavano pochi secondi alle nove, l’elegante vettura  si fermò davanti ad una impressionante scalinata al centro della quale emergeva un tappeto rosso e ricercato, bordato di fili argentei.

Un giovane uomo si occupò della macchina mentre le due figure appena scese venivano avanti inondate dalla luce del salone emanata attraverso le grandi porte lignee circondate da un colonnato sopraelevato,e salivano lentamente le scale.

Erano in orario perfetto e nonostante non ce ne fosse il bisogno, solo per quelle ricorrenze mondane alle quali sembrava essere raffinato arrivare in ritardo, il signor Rukawa desiderava essere puntuale come sua abitudine.

Puntuale come era negli affari, nelle parole misurate, nella vita, impeccabilmente avvolto in un vestito grigio antracite dalla cui giacca spuntava il colletto di un’elegante, per quanto classica, camicia bianca stretta alla base da una cravatta di seta grigio azzurra tenuta ordinata da un fermacravatta in oro legato al taschino nel quale spuntava un fazzoletto di raso del colore della cravatta.

Accanto a lui, nei suoi movimenti fluidi e armoniosi, suo figlio.

Incurante del suo aspetto affascinante, le gambe evidenziate da pantaloni neri dalla piega perfetta tenuti da una cintura elegante e sottile, la giacca anch’essa nera lasciata negligentemente aperta sul torace stretto in un gilet di raso scuro, unico tocco di colore una cravatta grigio seta abbinata ad un fazzoletto da tasca scompostamente perfetto.

Il nero degli abiti e dei capelli, il candore della pelle e del raso e solo, come un forestiero, il blu oltreoceano dei suoi occhi.

Arrivarono al colonnato,Kaede si guardò in torno,con un lampo scorse due figure in disparte vicino alle porte imponenti, una giovane donna e un ragazzo.

Lui lo riconobbe subito.

“Di qua” sussurrò al padre fermo al suo fianco.

L’uomo lo seguì tra la gente mentre si dirigeva al lato dell’ingresso.

Scorsero insieme le due figure nelle loro interezza.

La donna elegante, alta e bella, i capelli neri raccolti dietro, ma lasciati liberi sulla nuca, fino alla schiena, due occhi profondi ,decisi,blu.

Un vestito di raso dalla brillantezza seconda solo ai lunghi capelli morbidi,uno scialle elegante e trasparente sulle spalle nude e una rosa bianca in mano.

Accanto a lei un ragazzo alto dagli occhi caldi e distratti dal passare di tutta quella gente, uno sguardo curioso, l’agitazione delle mani strette lungo i fianchi, un vestito semplice di colore molto chiaro, di gusto classico e sobrio, perfettamente adattato alle forme piene di quel corpo, un gilet grigio raso si intravedeva tra la giacca e la camicia candida, una cravatta bianca di seta e una rosa anch’essa bianca nel taschino.

Impossibile ignorarli, quei capelli del colore del fuoco, del sangue, del tramonto, ribelli e particolari, come colui che li aveva, costretti indietro da acqua e gel ricadevano sediziosi in fili ramati sulla fronte,intorno alle tempie, sulle orecchie fino ad arrivare scomposti dietro alla base della nuca.

Kaede lo fissò attentamente per un lungo attimo.

“Loro” disse poi al padre avanzando a passo sicuro.

 Si incontrarono.

Lo sguardo serio del Signor. Rukawa, quello affascinante della donna , quello indecifrabilmente divertito di Kaede e gli occhi stupiti e sconvolti del giovane dai capelli rossi.

Le sue labbra socchiuse,incapaci di pronunciare il nome del ragazzo che aveva davanti e che lo fissava con una luce particolare negli occhi blu, lo stupore cacciato dal timore.

Cosa significava tutto quello?

Il signor Rukawa prese la mano della donna e la baciò lievemente.

“Piacere signor Rukawa” mormorò lei con dolcezza.

“Piacere mio…………….il suo nome?Affascinante come lei?”.

Lei rise arrossendo volutamente.

“Yukari, Yukari Hotori”.

“Perfetto” sussurrò lui lasciandole le mani.

Si voltò tendendo una mano verso il giovane rimasto immobile.

“Piacere, sei l’accompagnatore di mio figlio?”.

Il ragazzo si riscosse guardando il suo interlocutore negli occhi prima di affrettarsi a stringere quella mano già da troppo tempo tesa.

“S....Sì …….”.

“Mio figlio,Kaede” lo interruppe l’uomo indicandolo con un gesto della mano.

Lasciando la presa, l’attenzione del ragazzo si concentrò sulla ricerca di Kaede,era lì accanto che salutava cortesemente la donna prima di voltarsi ad incontrarlo in uno sguardo significativo.

Kaede si avvicinò e con le labbra incurvate in un  tenue sorriso ironico tese una mano verso quel ragazzo parlando a voce bassa:

“Piacere, Kaede Rukawa”.

Lui lo guardò, la diffidenza ora al posto dello smarrimento, strinse quella mano.

“Hanamichi , Hanamichi Sakuragi ,piacere mio”

Un primo contatto. E tutto quello che avrebbe significato

 

 

Continua……

 

 

    

* di divertimento e malizia  n.d.A.

 

 

 

 

 

 

 

M:^___^

N.d A.

In questo capitolo ho usato il termine PR in modo un po’ diverso dal solito.

Ho voluto indicare, non tanto  chi distribuisce volantini delle discoteche ( anche se l’ agenzia di cui fa parte Hana si occupa anche di quello),ma più che altro accompagnatori veri e propri.

So che il termine non dovrebbe avere questo significato, ma a me serviva così…^___________^

 

Ringrazio tutti

Saluti Mel

 

 


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