Come sapete i personaggi purtroppo non sono miei da di Takehiko Inoue

 

 


Possiamo volare insieme

parte IV

di Alessia_1986

 

Sembra sorpreso del mio arrivo, certamente non si aspettava di vedermi al campetto questa mattina, all’alba per giunta. Ha il viso insonnolito, segno evidente che si è appena svegliato.
Quando mette bene a fuoco la mia figura e realizza che forse non sono solo un’immagine creata dal suo subconscio, ma bensì una persona in carne ed ossa, si irrigidisce. Non ho mai visto i suoi occhi diventare così freddi, così simili ai miei…

Senza neanche aspettare una sua risposta, che tanto già so non arriverà, mi dirigo nel canestro più lontano ed inizio a eseguire qualche tiro libero. Ovviamente entrano tutti nella retina, anche se devo ammettere che alcuni non sono usciti per pura fortuna. Non mi era mai successo di toccare il ferro così tante volte, di solito i miei tiri entrano tutti perfettamente. È questo l’effetto che mi fa avere i suoi occhi puntati contro? E si, perché non ho bisogno di girarmi per vedere se mi stia fissando o meno, sento perfettamente il suo sguardo su di me.

Che cosa vuoi do’hao? Perché non te ne vai e mi lasci concentrare?

Come se avesse sentito i miei pensieri si alza dalla panchina e si appresta a lasciare il campetto di gioco.

“Aspetta!”

EH!? Perché l’ho fermato!? Prima desidero che se ne vada e quando finalmente lo fa, io che faccio, lo blocco?

Lui sembra stupito quanto me, ma ciò non gli impedisce di fare ugualmente il gradasso:

“Che c’è Kitsune, vuoi una lezione dal Tensai?”

Mentre dice queste parole cerca di accompagnarle con la sua solita risata, ma posso chiaramente intuire quanto falsa sia questa sua commedia.

“Allora, vuoi rispondermi? Come osi ignorare il mitico genio!?”

“Do’hao”

“E non mi chiam…”

Senza dargli tempo di continuare i suoi soliti sproloqui, lo prendo per la manica della divisa e lo trascino fuori. Lui, però, non sembra molto d’accordo con questa mia decisione perché…

“Ehi, lasciami Kitsune! Che cazzo hai intenzione di fare?”

“Puzzi do’hao! Non vorrai andare a scuola conciato così?”

Lui allora si guarda i vestiti sgualciti e credo si renda conto che effettivamente non è molto presentabile. Senza però darmi la soddisfazione di ammettere che avevo ragione, ribatte:

“Ed infatti stavo andando a casa a cambiarmi!”

“Si, come no”

“Stupida volpe, osi per caso mettere in dubbio le mie parole?”

Quanto sei orgoglioso do’hao, ma io conosco il modo per farti capitolare.

“Casa mia è più vicina, andiamo!”

“EH!? Non ci penso proprio!”

“Cos’è do’hao, hai paura per caso?”

So che a muovere le sue azioni non è certo il timore di rimanere solo con me in un posto chiuso, ma bensì la voglia di tenermi il più lontano possibile da lui, ma so anche che non si tirerà mai indietro ad una sfida ed infatti…

“Io paura!? Stai parlando con il Tensai, kitsune. Andiamo, ma facciamo in fretta perché ho un appuntamento con Yohei fuori da scuola”

“Hn”

“Ah ecco, mi sembrava strano, stavi diventando troppo loquace”

E tu invece non riesci mai a stare zitto un minuto do’hao.

Senza aggiungere una parola saliamo sulla mia bici, che si è ostinato a voler guidare, e ci dirigiamo verso casa mia. Non mi stupisce più di tanto il fatto che si ricordi perfettamente la strada, in fondo abbiamo percorso migliaia di volte questo tragitto quando stavamo insieme.
Appena arriviamo lo accompagno al piano di sopra per permettergli di fare una doccia e gli presto una mia divisa pulita. Lui sembra confuso da tanta gentilezza ed in effetti un po’ lo sono anch’io, soprattutto ora che lo vedo solo con un paio di boxer. Senza indugiare troppo sulla sua figura mi dirigo in salone dove mi sdraio sul divano di pelle per schiarirmi un po’ le idee.

Che cazzo mi sta succedendo? Non mi riconosco più… Prima lo invito a casa, sospendendo i miei preziosissimi allenamenti, e poi mi perdo a contemplare il suo corpo muscoloso che tante volte ho visto nudo. Svegliarmi così presto fa male…










Mi fa uno strano effetto rientrare “nella tana” della kitsune dopo quello che è successo ieri. Sinceramente sono rimasto un po’ spiazzato da questo suo comportamento, non mi sarei mai aspettato un invito da parte sua… Oggi è diverso, non ha più quello sguardo di ghiaccio che aveva ieri appena confessatogli i miei sentimenti. Sembra più…dolce? No, evidentemente mi sbaglio, è meglio non illudermi più. Mi ha detto chiaramente che sta con Sendoh e se avesse provato ancora qualcosa nei miei confronti non sarebbe stato così duro. Neanche una parola di conforto, un mi dispiace, no, solo la cruda verità. In fondo Kaede è fatto così, dovrei saperlo, non si preoccupa mai delle conseguenze che poi avranno le sue azione o le sue parole.

Ora mi sto facendo la doccia, in questo bagno che ci ha visti protagonisti di mille battibecchi, scherzi e gesti d’amore. Quante volte lo abbiamo fatto qua dentro, in questo abitacolo da dove ora scende acqua calda, nella vasca, sul pavimento…
Cazzo, è difficile da ammettere, ma mi manca terribilmente, mi mancano tutte le nostre pseudo litigate, i suoi sorrisi che da quando ci siamo lasciati non ho più visto sul suo volto, tutti i più piccoli gesti quotidiani, dallo svegliarci abbracciati al tornare a casa insieme. E poi mi manca fare l’amore con lui, tutte quelle sensazioni che provavo ogni volta che entravo nel suo corpo, vedere la sua espressione stravolta dal piacere era qualcosa di incredibile.
Kaede, anche a Sendoh permetti di farti quel che ti facevo io? Anche lui sa cosa vuol dire essere in te?
Sono domande stupide, lo riconosco, ma quando uno è innamorato fa cose stupide…

Esco dalla doccia e indosso il primo accappatoio che trovo. Anche attraverso l’odore forte del bagnoschiuma posso sentire il suo profumo. Dopo essermi asciugato mi infilo un paio di boxer e la divisa che mi ha prestato e scendo in salone, dove sono sicuro trovarlo.
Ed infatti, eccolo li, addormentato sul divano.
Mio Dio quant’è bello! Il suo volto così rilassato lo fa assomigliare ad un bambino.. Avrei così tanta voglia di assaggiare per l’ultima volta quelle labbra, ma so che non posso farlo. Senza però dare ascolto alla mia testa, seguo l’istinto come sempre e lo bacio. Invece di staccarmi immediatamente, con la lingua accarezzo quella bocca che così tante volte ho violato. Il sogno, però, finisce presto perché lui apre gli occhi e con uno spintone mi allontana. Il suo sguardo è diventato nuovamente di ghiaccio e dal suo volto non compaiono emozioni, a parte un’immensa rabbia.

“CHE CAZZO CREDEVI DI FARE!!?”

Urla, alzandosi e avanzando minacciosamente verso di me. Non ho mai sentito Kaede con questo tono di voce così alto, segno evidente che si è incazzato di brutto. Ora è ad un passo da me, posso sentire benissimo il suo respiro accelerato. Senza neanche darmi il tempo di indietreggiare ulteriormente, mi sbatte addosso al muro, prendendomi per il colletto della camicia.
Adesso, in una situazione normale, lo avrei tenuto facilmente a bada, in fondo sono molto più forte di lui fisicamente, ma sono rimasto completamente spiazzato da questa sua reazione così violenta. Certo, immaginavo che se la sarebbe presa, ma non pensavo si sarebbe trasformato in una “furia omicida” .

“ALLORA!? CHE CAZZO VOLEVI FARE!!?”

“Quello che ho fatto!”

A questa mia risposta, se possibile, si arrabbia ancora di più e fa partire un pugno verso il mio viso che non riesco ad evitare per via della così poca distanza. L’impatto è molto violento, ma sono abituato a fare a botte e quindi, dopo un attimo di sorpresa iniziale, glielo restituisco. Continuiamo a darcele di santa ragione per un tempo infinito, finchè io non riesco a bloccarlo sotto di me. Kaede non cerca di divincolarsi, e questo mi stupisce non poco, ma rimane immobile a riprendere fiato. I suoi occhi sono sempre di ghiaccio, ma la sua espressione è cambiata, non è più devastata dalla rabbia, ma ha un luccichio strano, che non riesco a decifrare, quasi mi volesse sfidare a fare la prossima mossa. Io non mi faccio attendere e, con una luce divertita sul volto, catturo le sue labbra con le mie. Kaede inaspettatamente risponde al mio bacio, ma non c’è ombra di dolcezza nei suoi gesti. Rimaniamo così a lungo, in un duello di lingue che non vedrà vincitori, finchè io non mi stacco per riprendere fiato. Noto le sue labbra gonfie e mi viene da sorridere, ma rimango di sasso nel vedere quella sua espressione impassibile sul volto, senza una minima emozione per quello che è appena successo. Quello che dice, però, mi fa ancora più male:

“Era questo quello che volevi, no? Bene, ora puoi anche andartene!”

Come puoi parlare così? Credi davvero alle tue parole?

Senza neanche accorgermene una lacrima scende solitaria dai miei occhi, ma non fa in tempo a cadere sul pavimento perché le labbra di Kaede la raccolgono. Lo guardo stupito e noto sul suo viso un’improvvisa dolcezza e un sorriso appena accennato. Mi bacia nuovamente, questa volta senza l’impeto di prima, ma solo con infinita dolcezza. Quando si allontana da me mi accarezza il viso, li dove era scesa poco prima una lacrima, e mi dice:

“Ora è meglio che tu vada”

Sono un po’ sorpreso e allo stesso tempo felice per quel tono di voce così insolito da parte sua.
Sta cambiando davvero qualcosa o sono io che ancora una volta mi sto illudendo?
Senza aggiungere altro gli do un ultimo bacio per poi fare come gentilmente mi ha chiesto.




NOTE:
1. Lo so che la reazione di Kaede all’inizio sembra un tantino esagerata, ma la sua “furia” non è dovuta tanto al gesto di per se (in fondo che vuoi che sia un bacio ), quanto a quello che porterà quel bacio, soprattutto nel suo cuore. Perchè, si, Kaede è confuso, si ritrova a provare certe emozioni per Hana che ormai credeva di aver superato e sa che quel bacio può rimettere in discussione tutto.
2. Per quanto riguarda il suo improvviso cambiamento, cioè prima è arrabbiato nero e un secondo dopo diventa tutto zuccheroso (sempre nei limiti naturalmente, stiamo pur sempre parlando di Rukawa  ), c’è un motivo: Kaede, come ho detto nella nota precedente è confuso perché ha scoperto di provare ancore qualcosa per Hana (poi se sia solo semplice affetto è ancora da vedere  ) e quindi vederlo piangere ha risvegliato in lui tutta quella dolcezza che pensava di non possedere più.