DISCLAIMERS: La fic è riferita alla puntata della sfida tra Rukawa e Mitsui dopo che Anzai dice a Ru che non è una buona idea andare in America. Tra virgolette, se non si capisse, ci sono i pensieri di Ru.

Hana e Ru non sono miei ma di Inoue sensei, onore e gloria.

 


Porte chiuse

di ZZZ


“Guardalo là, quello stronzo. Continua a parlare della sua genialità. E se la ride, guarda come se la ride. Che cazzo vuoi, idiota? La pianti di fissarmi come se mi volessi sbranare? Ti rode, vero, che io sia considerato migliore di te. Eppure il coach parla di noi due. Capisci, pivello? Di NOI DUE. Io che mi sono spaccato ad allenarmi per anni, e tu che sei appena uscito dalla strada e giochi da tre mesi. TRE mesi. E il coach parla di me e di te con lo stesso entusiasmo. Capisci, testa vuota? Capisci che TU hai il MIO stesso talento? Che in tre miseri mesi TU sei arrivato ad essere considerato come ME? Ti rendi conto di quello che butti al vento ogni volta che ti lamenti perché ti fanno fare i fondamentali, e che dovresti tacere ed allenarti, non fare nient’altro, solo tacere e allenarti come un pazzo? Che dovresti implorarmi di aiutarti, idiota, invece di stare qui a guardarmi con quegli occhi che non li sopporto più, e mi viene voglia di venire  a gridarti in faccia quanto mi fai rabbia, quanto sei un bambino, quanto odio che mi guardi così, e dirti aiutiamoci, Do’aho, insieme noi due saremmo imbattibili, io e te insieme…

Ma che me lo sogno a fare. Quel babbeo non sa fare altro che ulularmi che mi odia.

Anche fosse solo per il basket, non tollererebbe mai che esistesse un “noi due”.”

Scatta in avanti, Kaede Rukawa. Hanamichi è quasi arrivato al canestro, lui salta e schiaffeggia il pallone con una furia che non gli si riconosce addosso, lanciandolo fuori dalla palestra. Guarda Hanamichi. Dice:

-Stammi bene a sentire.

E Hanamichi ha la furia che gli scola dagli occhi, che gli appesantisce il respiro, sembra un animale inferocito, è da mozzare il fiato, la sua forza tutta insieme lascia sempre Rukawa un istante dimentico dello scorrere del tempo. “Ma che ti devo dire”, pensa . “Tanto neanche mi stai a sentire”.

-Io ho ben altro da fare che stare a perdere tempo con te.

Volta le spalle, e va a prendere il pallone. Intanto vede Haruko che lo osserva quasi con le lacrime agli occhi. Pensa: “Guarda quell’oca della Akagi. Come mi scruta. Sembra sul punto di piangere. Per quanto me ne frega. Non sa niente di me, come fa a dire di amarmi? Anche se so che non ha senso prendermela con lei, se non fosse lei sarebbe stata un’altra, certo lui non sarebbe stato comunque mio, lui non sarà mai mio, però…”E stringeva i pugni.“Anzi”, continuò a pensare, “se non fosse per lei io non lo avrei mai conosciuto. E nessuno lo avrebbe mai guardato giocare”.

Tornato dentro, continuò a giocare come infuriato: perché non sarebbe andato in America, non adesso; perché era un’idea immatura e degna di un invasato come quella scimmia rossa, perché aveva fatto lo stesso errore megalomane. “In fondo lui che è un principiante e vuole diventare MVP e io che sono solo una matricola, per quanto super, che voglio andare nell’NBA, che differenza c’è? Ho fatto quello per cui l’ho sempre deriso, io e tutti, mi sento un idiota…Ma l’ho capito in tempo, e c’è una cosa che ho a portata di mano, ed è il torneo nazionale, e fosse l’ultima cosa che faccio io diventerò il migliore, perché io non sono un idiota che non sa usare il suo talento, io non ho tempo da perdere facendo il coglione con una femmina, e neanche con un maschio, neanche con lui, figuriamoci, già ci penso pure troppo, quando la moglie di Anzai mi ha detto che il coach si è accorto davvero di quanto può essere bravo, e io avevo ancora in mano i pezzi del mio sogno in frantumi, eppure cazzo sono stato felice, felice, per lui. Ma chi si azzarda ad andarglielo a dire, non ci arriva con quella testa bacata che deve spaccarsi in quattro e lavorare  ancora di più, se gli dici che è bravo. Il genio! Il tensai!”

La partita finisce, e con essa l’allenamento.

Rukawa si guarda intorno, cercando Hanamichi. “Dove se n’è andato?” Si chiede.”Lo capisce o no che deve farsi i fondamentali? Già negli spogliatoi?”

Entra negli spogliatoi.

-Spo…stati

“Cazzo sono impazzito? Stavo per dire spogliati..ma che mi sta prendendo? Per tutto questo tempo mi sono controllato così bene..è che ora sono veramente infuriato, per me, per lui, per tutto questa situazione che…” e intanto si toglie la maglietta e la strizza nel lavandino.

-Tsk, Volpe, stai a guardare quanto suda un genio!

“Dio, si sta spogliando veramente…come sono messo adesso se vedo un po’ di pelle nuda non rispondo di me..ma che fa? Non ci credo che sta facendo la gara di sudore con me..e s’è stracciato la maglia…se non fossi così incazzato credo che morirei dalle risate, quanto è idiota, dio mio, quanto è…adorabile…”

Rukawa non lo degna di uno sguardo, e gli dice:-Ti vuole Ayako.-

“Ecco, di nuovo, si lamenta per i fondamentali. Se ne va dondolando quella schiena..e quel culetto tondo tondo nei pantaloncini bianchi…”

Accarezzando l’idea di fargli stracciare una maglietta a sera, Rukawa decide di darsi a cose più serie e si avvicina a Mitsui. Gli chiede un one-on-one. Vanno in palestra.

Rukawa parte all’attacco, scavalca Mitsui, salta per segnare. Ma viene stoppato.

“Ecco l’idiota, che sbraita come il pazzo che è, e urla a Mitsui di darci dentro. Ma perché? PERCHE’, porca…Mi costa uno sforzo, anche avere il cuore e il corpo di ghiaccio non mi aiuta, per mascherare la furia che mi fa montare dentro quando si avventa così contro di me, ogni volta, devo respirare più forte, e guardare altrove, perché se guardo lui, chi si trattiene dallo scaraventarlo contro un  muro e urlargli adesso cazzo me lo spieghi, questo odio, se la vuoi l’oca te la puoi tenere, io non me ne faccio niente, e se vuoi diventare più bravo di me vieni e chiedimi aiuto, o chiedilo ad altri, ma allenati, idiota che non sei altro, allenati invece di sbraitare”

Mitsui attacca, anche lui viene intercettato; poi tocca di nuovo a Rukawa, che riesce a segnare due punti scavalcando il muro del suo antagonista, lasciando tutti a bocca aperta e Hanamichi furente che inveisce all’indirizzo di Mitsui; e che poi si avvicina per sfidarlo.

“Vuole giocare con me?” Si chiede Rukawa. “Allora, vediamo che potrebbe succedere: lui mi sfida, io lo straccio, lui urla sbatte la porta e se ne va, dicendo che mi odia (e adesso non sono in grado di reggere altri insulti al mio indirizzo) e non si allena più per stasera…”

-No, grazie.

“E poi una soddisfazione me la voglio togliere pure io, almeno saltano pure a lui, i nervi, almeno a friggere siamo in due.”

Mentre Hanamichi continua le sue pantomime di improperi Mitsui e Rukawa ricominciano. Mitsui in attacco, tiro da tre, canestro. -Ho vinto!! -Esulta.

Ma Rukawa interrompe le sue manifestazioni di giubilo: -Hai calpestato la linea, ai supplementari!

Mitchi nega, discutono.

Si avvicina Hanamichi: -Giudico io!!

Si mette tra loro due.

“Figurarsi”pensa Rukawa. Guardando da un’altra parte.

Infatti Hana dichiara vincitore Mitsui.

“Lo sapevo. E non capisco: la delusione, ormai non dovrebbe lasciarmi in pace? Almeno la delusione: mi tengo la frustrazione, e l’amarezza, e tutto il dolore gratuito che questo aguzzino dagli occhi feroci da bambino si diverte a provocarmi, ma almeno riuscissi a non sperarci, ogni singola volta, che qualcosa possa cambiare….”

Hanamichi ha il pallone in mano, e gli propone una sfida.-Sei proprio sicuro che riusciresti a battermi? -Chiede.

“Lo batterei?”, pensa Rukawa. “Non ci sono dubbi. Nessuno. Davvero? In fondo..il Kainan, il Ryonan, lo Shoyo..li ha spazzati via…e adesso è una furia scatenata, gli ho fatto perdere la ragione…e mi piace, come mi guarda. Sembra volermi divorare. E mi piace poterlo guardare come se lo volessi divorare anch’io. Mi piace sentire l’odore della sua adrenalina, anche se è adrenalina di furia, e non come la mia adrenalina di voglia. Mi piace guardarmelo muovere vicino senza la maglietta, mi piace sentirmi addosso la sua pelle. E dato che lo batterò magari dopo ci scappa anche la scazzottata….” Una fame, Rukawa, a quei pensieri. Accetta.

Ma quando vede che Ryota e Mitsui stanno cacciando tutti dalla palestra e poi escono anche loro chiudendoli dentro, il languorino che sentiva, e il sangue che era tutto nei muscoli e niente nel cervello e non lo faceva ragionare, e l’odore selvatico di Hana in calzoncini a un passo da lui, e il cominciare a muoversi, a danzarsi intorno, come una danza di corteggiamento animalesca e sensuale, il sudore a far luccicare quella pelle abbronzata e tesa sopra i muscoli, lo sguardo feroce e famelico della scimmietta rossa, Rukawa sentiva piano piano la coscienza lucida abbandonarlo, si sentiva vicino ad una verità, ad un momento che lo avrebbe piantato con le spalle al muro, sentiva che non avrebbe resistito, ebbe paura, ma paura come quando stai per tuffarti dall’alto, paura che è eccitazione, voglia di consumare quello che ti spaventa, e che sia finita.

Hanamichi gli stava di fronte, palleggiando in modo lento e regolare. Aveva uno sguardo quasi feroce. Continuava a seguire un ritmo lento, un pulsare regolare di attesa, mentre fissava il suo rivale. -Bastardo. Non ti lascerò vincere. Non lascerò che tu continui a guardarmi –o forse dovrei dire a non guardarmi- come fai adesso. Che mi continui a disprezzare con la voce e con le parole. Adesso vedremo quanto effettivamente sei un dio..

Rukawa emise un sospiro di un istante. Di irrisione, e disappunto, in verità, ma ad Hanamichi sembrò ancora, inequivocabile, inesauribile, disprezzo.

-Che hai da sospirare?

-Tu sei l’ultima persona al mondo che mi può rinfacciare il mio atteggiamento.

-E perché mai? Forse che dovrei star qui a scodinzolarti davanti come tutte le ochette che svengono appena respiri? Io tratto te come tu tratti me, stupida volpe presuntuosa. Qual è la differenza?

-Qual è la differenza? – Disse Rukawa. E mosse un passo verso di lui. –Qual è la differenza.

Vedendolo avvicinare Hanamichi, credendo che gli volesse rubare la palla, si mosse per scartarlo, ma Rukawa lo anticipò, riuscendo a posizionarsi dietro le sue spalle, tra lui e il canestro, impedendogli di smarcarsi. Hanamichi gli stava davanti,  appiccicato al torace, continuando a palleggiare, cercando un varco ruotando le anche a destra e a sinistra, e quel movimento sotto di lui lo stava facendo impazzire, “non ce la faccio più”, si diceva Kaede, “non ce la faccio più”, con le braccia sollevate in difesa che sovrastavano Hanamichi, e il collo di Hanamichi tanto vicino da poter essere accarezzato dal suo fiato, e l’odore di Hanamichi nel naso, e la furia di Hanamichi, e le parole di Hanamichi, che gli rimbombavano in testa, non aveva capito niente, quel bastardo, io tratto te come tu tratti me gli aveva detto, quello stronzo, e gli aveva chiesto….

Rukawa afferrò con la mano da davanti quel tanto di capelli rasati che riusciva ad afferrare, portandogli la testa indietro fino ad appoggiarla contro la sua spalla, gli sibilò nell’orecchio –La differenza, eh?  Qual è la differenza?- E agguantandogli un polso con la mano per tenerlo fermo, gli sparò un bacio violento, improvviso, infuriato, sulla bocca.

Un bacio di un istante, che lasciò Hanamichi privo di forze, facendolo accasciare fino a restare seduto sul pavimento, mentre lui di spalle si allontanava. Si fermò un attimo, si voltò, e gli disse

-Adesso l’hai capita, la differenza?

E continuava a camminare.

Hanamichi rimase un istante sospeso, fissando la sua figura che si allontanava, mentre in testa gli roteava un solo pensiero: Perché mi ha baciato? Mi odia da sempre. Adesso mi ha baciato. Perché?

-RUKAWA! ASPETTA UN ATTIMO!

Rukawa si fermò. Hanamichi si fiondò contro di lui, lo afferrò per le spalle, lo girò verso di lui, lo prese per la maglietta fino a portarselo a un millimetro dalla faccia, e gli sibilava contro con una voce bassa, cupa, arrochita da una rabbia intensa e addolorata che Rukawa non aveva mai sentito e che lo atterriva, e lo eccitava ancora di più :

-Stammi bene a sentire tu, adesso, brutto stronzo maniaco, che cazzo ti salta in testa di fare, eh, ma quale differenza e differenza, tanto lo so perché l’hai fatto, dopo che non mi hai mai guardato, dopo che per quanto urlassi neanche ti voltavi, non ti sei mai degnato di darmi una risposta, qualunque cosa dicessi tu guardavi altrove, io non sono mai esistito per te, e adesso te ne esci con un bacio, ma chi ti credi di essere, tanto lo so che è stato solo perché l’hai saputo, chi è stato a dirtelo, eh? O l’hai capito da solo? So che è solo un modo per rimarcare la tua vittoria, che l’hai fatto solo per umiliarmi, allora umiliami, bastardo, vuoi sentirmelo dire? Lo vuoi sentire dalla mia voce, non è vero? Sono pazzo di te, va bene, stronzo, pazzo di te, come hai fatto a scoprirlo, eh? Mi hai  beccato a sbirciarti sotto la doccia? Oppure hai visto il male che mi facevi a non parlarmi neanche, ogni volta, ogni volta, dovermi scontrare con la tua indifferenza, con questa cazzo di eleganza superiore che ti rende così insostenibilmente affascinante, mi fai impazzire, Kitsune, ecco adesso te l’ho detto, adesso disprezzami, deridimi, fai quello che vuoi, tanto anche se fossi ancora più bastardo con me di quanto lo sei stato finora so che non c’è niente da fare, so che non riesco a scacciarti, che ormai ci abiti, nel mio sangue, e non c’è rimedio, stupido arrogante congelato presuntuoso..

Rimase a fissarlo con gli occhi infilzando gli occhi blu di un Rukawa che non sapeva se essere più stordito o felice, che non riusciva a connettere quelle parole sparate fuori ad una velocità che era troppo elevata perché lui capisse, non sarebbe riuscito a connettere neanche se fosse stato un bisbiglio, e adesso lui glielo stava quasi urlando in faccia, con quella rabbia così caratteristica, così da ragazzino, che provava qualcosa per lui, che avrebbe voluto che lo guardasse, che era uno stupido, che era lui a non avere capito niente, e in quello stato, stordito, incapace di pensare, lo guardava, meravigliato, mormorando come tra sè–Anche tu, allora..anche tu…- Senza riuscire a credere al significato delle sue stesse parole.

-Anch’io? Che vuoi dire? – diceva Hanamichi, interdetto da uno sguardo che non credeva potesse mai essere passato negli occhi di Rukawa, gli occhi più decisi, più fieri che lui avesse mai visto, e invece adesso, quello che ci vedeva  era incertezza, era stupore, era confusione..

Rukawa afferrò i polsi di Hanamichi, li strinse fino a fargli male, a fargli mollare la presa sulla sua maglietta, allontanando il viso di qualche centimetro. Standogli di fronte, lo fissava. Pensava:”lui sta per diventare mio”. Lo pensava cento volte in un istante, e ogni volta non ci credeva.

-Sei veramente un idiota senza speranza. Ancora non hai capito niente, vero?

E c’era una specie di dolcezza, una specie di sorriso nella sua voce, che Hanamichi non conosceva, che sembrava volergli rivelare qualcosa che era troppo, troppo da credere vero, e Hanamichi lo continuava a guardare, a bocca semiaperta,chiedendosi “Possibile? È possibile?”

-Dimmelo di nuovo-disse Rukawa

-Cosa?-chiese Hanamichi.

-La prima cosa che mi hai detto quando mi hai rovesciato addosso la cascata di parole, do’aho, cosa, secondo te?

-Non mi ricordo cos’era… “stupida volpe”?

-Non direi, credo c’entrasse col fatto che sei pazzo...

Hanamichi sorrise. Gli occhi andavano dalla bocca di Kaede fin dentro ai suoi occhi, perdendosi un istante sulla linea degli zigomi, e avevano l’aria di pensare che quel pallore era il colore più luminoso che avesse mai visto. E di chiedersi che sapore avrebbe avuto.

-Dimmelo ancora.-riprese Rukawa.

-Te l’ho già detto. Dillo tu, se ne hai voglia.

Rukawa lo guardò per un istante che sembrava non dovesse avere fine, con gli occhi affilati, un nodo in gola, e la sensazione che se tutto questo avesse finito ancora una volta per rivelarsi un sogno,  come tante altre volte gli era capitato, non avrebbe retto. Stavolta sarebbe morto davvero.

“Ma no”, si disse.”Stavolta, no. Stavolta è tutto vero, e lui è lì, e mi sorride, e i suoi polsi sono stretti tra le mie dita, e lui aspetta che io gli dica, una volta per tutte, la verità”.

-Io sono innamorato di te..

Rukawa avvicinava lentamente il suo volto a quello di Hana. Gustandosi come l’altro sorrideva e tratteneva quasi il respiro, e socchiudeva gli occhi, e inclinava lentamente la testa verso la sua, e poi si abbandonava contro la sua bocca, assaporando e lasciandosi assaporare, in un bacio che era il raccontarsi di un segreto trattenuto fino all’esplosione, da entrambi, di coraggio che spalancava strade nuove, di qualcosa di splendido che stava per cominciare.

Si staccarono. Rukawa lo agguantò per la nuca, appoggiò la fronte alla sua, lo guardò da sotto in su, gli disse:-Vado a fare la doccia. Se vuoi sbirciare affrettati perché io non sto lì ad aspettare te…

Hanamichi arrossì, guardò in basso, poi di nuovo negli occhi della sua Kitsune, con un sorriso tra l’ingenuo il curioso e il malizioso, e annuì impercettibilmente. Guardò Rukawa uscire, voltò le spalle alla porta, e cadde in ginocchio sul pavimento con le mani appoggiate a terra, respirando velocemente, strizzando gli occhi; e sentì Ryota che chiedeva a Rukawa:-Non l’hai fatto per fargli un favore, vero?

E Rukawa che rispondeva:-No, assolutamente no.-

E poi i suoi passi che si allontanavano.

E sapeva che, per quanto fosse incredibile pensarlo, in quel momento anche la sua kitsune, come lui, sorrideva.



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