Note: pensavo che il titolo fosse troppo lungo, ma mi piace troppo! (il motivo è scritto alla fine) ^_^


Person presenting himself as commodity allotment in a business doctrine 

di Annola



"Signore, ma questa è casa sua?"
"Cosa c'è? Hai per caso cambiato idea?" chiese l'uomo di mezza età alla ragazzina fermandosi con l'auto davanti ad un condominio.
"No, è solo che mi aspettavo mi portasse in un albergo ecco tutto..." disse la giovane creatura mentre accavallava le gambe lasciate scoperte dalla minigonna nera. Gambe che erano state divorate con gli occhi da quello che doveva essere il suo cliente.
Scesero dalla macchina, salirono sull'ascensore e l'uomo dopo aver schiacciato il pulsante con il numero dieci, si spinse verso il muro mettendo fra lui e questo quel paio di gambe e quei capelli biondi che lo stavano facendo eccitare senza non averli ancora sfiorati. 
"Ah...no…" una mano saliva dal ginocchio a pretendere quello che era stato pagato. "No... non qui." Disse quella bocca affascinante che chissà quali cose era capace di fare fermando quelle mani umidicce che la toccavano. "Potrebbe entrare qualcuno... e si discostò dall'uomo scivolando via e mettendosi nell'angolo opposto guardandolo con malizia. Poco dopo le porte dell'ascensore si aprirono, entrò una donna di circa trent'anni. Scesero al decimo piano. Si gettarono la porta alle spalle sbattendola e senza curarsi di chiuderla a chiave. L'uomo si avventò su quelle labbra, che però lo scansarono e allora scese a leccare quel collo abbronzato. 
Ma la preda nascondeva un animo da predatore e difatti disse seducente: "Non così, prendiamoci tutto il piacere possibile. Lascia fare a me" e si leccò le labbra con la lingua. Sfilò la cravatta dell'uomo e mentre lo faceva gli soffiava sulle labbra senza mai sfiorarlo. Lo fece sdraiare sul letto con molta sensualità gli legò le mani sopra alla testa e, prima che l'uomo potesse protestare, anche alla testiera del letto.
"Ehi! non mi piace questa cosa!" si lamentò il prigioniero. Ma la risposta che sentì gli piacque ancora di meno:
"Nemmeno a me piace fare sesso gli uomini. Sono un uomo anch'io. Quindi grazie per i soldi e me ne vado." disse il ragazzo biondo abbassando il collo della maglietta per mostrargli un petto piatto senza il seno.
Corse fuori dall'appartamento e si precipitò in strada.
L'aveva fatta franca anche questa volta. 
Gli servivano i soldi e questo era un buon modo di procurarseli velocemente dopotutto. 
Poteva rubare, ma non sapeva da che parte iniziare, come smerciare la refurtiva, non gli piaceva che poi qualcun altro oltre alla sua coscienza sapesse cosa stava facendo...
Poteva spacciare droga, ma il pensiero che qualcuno poteva morire a causa sua non gli andava giù.
Per cui aveva deciso di prendersi gioco di quelle persone che sfruttavano per davvero i disperati come lui. Si vestiva da donna (quante volte lo avevano scambiato per una ragazzina quando era più piccolo) e aspettava. Si avvicinava sempre qualcuno. Poi sul più bello scappava via con il pagamento anticipato in tasca, lasciando il suo cliente nello sbigottimento più totale per la sorpresa della scoperta.
Così Justin si guadagnava da vivere. O per lo meno quel qualcosa in più che suo fratello maggiore Brian non riusciva a guadagnare per coprire tutte le spese.
Girò la chiave nella toppa di casa e vi entrò. Si fece una bella doccia e rimise mini, maglietta fucsia attillata, stivali con il tacco nello scatolone in fondo all'armadio. Per un po' erano a posto. Brian pensava che facesse dei lavoretti saltuari per guadagnare quei soldi. Pensasse pure quello che voleva, l'importante era averli, no? L'importante era che in ogni caso non faceva mai sesso con quei maniaci!
Justin si addormentò sul letto con solo i boxer addosso. Suo fratello arrivò alle quattro di notte e lo coprì con una coperta. Poi andando nella sua camera vide i soldi sul suo comodino. Come avrebbe fatto senza l'aiuto di quell'angelo che era il suo fratellino? 

Justin si svegliò; Brian dormiva. Si sarebbe svegliato fra qualche ora per andare al lavoro... Poteva lavorare anche lui, ma Brian glielo impediva dicendo che doveva assolutamente tentare di essere ammesso ad un college, non voleva che lo frequentasse, ma doveva finire il liceo con un voto decoroso.
Sospirò guardando la porta chiusa della stanza del suo unico famigliare... era ancora minorenne e non voleva creare guai a lui con un comportamento assennato.
Andò a scuola. Come un qualsiasi altro studente, solo il pensiero d'avere lezione lo annoiava. "Come si fa a sopportare materie come Matematica e Chimica?" chiedeva ad un suo amico che al suo posto stava copiando velocissimamente i compiti per casa.
Ad un tratto la porta si aprì. Era strano che il professor Edased non fosse in classe ad aspettarli, ma dalla soglia entrò un ragazzo di una ventina d'anni, al massimo avrebbe potuto avere trent'anni. All'apparire di quel l'uomo alto dai capelli castani corti, gli occhi azzurri e il fisico prestante, gli ormoni delle diciassettenni della classe sembrarono impazzire. Urletti e risatine echeggiarono ovunque.
"Buongiorno ragazzi e ragazze." Disse con voce sensuale e bassa. Justin iniziò a preoccuparsi... temeva di annegare nel mare di bava che le sue compagne di corso stavano iniziando a formare. "Io sono il vostro nuovo supplente di matematica. Mi chiamo Mark White"
"Buongiorno" risposero in coro i ragazzi, Justin decise che nonostante avesse un così fastidioso successo con le ragazze appariva un tipo simpatico.
"Bene iniziamo subito la lezione di trigonometria... ma prima di una spiegazione vorrei verificare le Vostre conoscenze con un piccolo compito a sorpresa." Justin si disse mentalmente che le prime impressioni sono spesso sbagliate, quel Mark era davvero uno stronzo.
Logicamente il compito per lui fu un vero mattatoio, non amava molto la matematica (ma andava bene perché copiava), preso così alla sprovvista sapeva ancora meno del solito. Inoltre per qualche motivo che gli era oscuro si era messo a fissare il prof di nascosto, non che ci fosse qualcosa di male in questo sennonché i suoi occhi stavano incollati sul fondoschiena, anzi il bellissimo fondoschiena del prof che controllava da sopra le spalle il ragazzo seduto davanti a lui. Aggiunse confusione alla confusione. Il voto non poteva che essere un'insufficienza.
Uscì da scuola prima della fine delle lezioni, in questo modo evitava accuratamente di incrociare Mark. 
"Mark? perché dovrei chiamarlo per nome? Il prof. White. Ecco già meglio! e poi cosa mi passa per la mente? Mettersi a fissare il culo a Mar...al prof!! insomma che mi piglia!?"
Arrivò a casa prima del solito e vide suo fratello che si stava preparando per uscire. 
"Come mai a casa?" chiese con un tono che era una via di mezzo tra l'arrabbiato e il preoccupato.
"Problemi..." non poteva certo spiegargli cosa aveva fatto, ma in fondo non aveva fatto niente, no? si era solo incantato su un punto, era un caso che quel punto coincidesse con il fondoschiena da infarto di Mark... Questi pensieri non andavano bene a Justin.
"Uhm." A Brian stava bene che ogni tanto stesse a casa basta che non diventasse un'abitudine.
"Ehi boy! Grazie per i soldi." Brian elargì un sorriso a Justin che rispose con un'alzata di spalle e un "Non c'è di che!"
Brian uscì e Justin mise lo stereo ad un volume da uccidergli qualsiasi pensiero. 
Passò un po' di ore stordito dalla musica hip pop, poi recandosi in cucina per prendere qualcosa da bere vide il frigo tappezzato di mille foglietti... tutte fatture che aspettavano di essere saldate! Certo c'era tempo… con un po' di sacrifici sarebbe state saldate tutte. Però questo mese c'erano state più spese, l'affitto era aumentato e pure i costi. Un po' di soldi in più non gli avrebbero certo fatto male. Stasera avrebbe di nuovo "lavorato".

Erano le undici, abbastanza tardi per qualcuno, ma secondo lui era l'ora ideale. Camminava vicino ad un lampione, quattro passi avanti e quattro indietro. Si appoggiava un po' al palo ed aspettava. Magicamente la gente che passava accanto a lui non lo notava, o per lo meno non notava che era un uomo.
Ringraziò per questo i capelli lunghi biondi che aveva preso da sua madre e che non tagliava da anni. Ringraziò che la commessa il giorno in cui le aveva chiesto una mini e un paio di scarpe col tacco, credette alla bugia del regalo per la fidanzata. Ringraziò la felpa larga nera che poteva creare l'illusione di un piccolo seno...
Ogni tanto però quella sera gli pareva di essere osservato insistentemente. La stessa sensazione che aveva con i suoi clienti prima della fatale rivelazione. Una sensazione di disagio, che detestava. Si girò attorno. Fra la folla del marciapiede opposto vide Mark... NO! il prof White! Accidenti perché non gli entrava in testa come doveva chiamarlo?!!
Temette che lo avesse riconosciuto, ma come poteva? probabilmente Mar... il prof (cavolo!) non sapeva nemmeno chi era lui. Un leggero fastidio gli causò questo pensiero. E poi erano così distanti!!
Una macchina si accostò a Justin.
"Ehi bella!" gli chiese un ragazzo sui trentacinque anni dall'auto sportiva. Justin sorrise e con la voce in falsetto rispose:
"Ciao!"
"Quanto costi?"
"Sono un po' cara, sai?"
"Ma sei uno schianto!" Justin volle ridergli in faccia ma evitò. Avere a che fare con certi idioti del tipo "l'uomo che non deve chiedere mai", divertiva troppo Justin quando doveva rivelare la sua natura maschile... per questo salì sulla costosa macchina del bellimbusto. A mezzanotte era già a casa con un altro "aiuto economico" per il fratello. Quando s'addormentò sul suo letto privo della sua maschera femminile, sognò di desiderare di essere una donna. di poter davvero dare soddisfazione a quegli uomini che prendeva in giro. No. Non era proprio così... non ai suoi clienti, voleva soddisfare, consolare con il suo corpo un solo uomo.
Non ricordava nitidamente la sua faccia... era alto, con le spalle larghe, i capelli castani... ricordava solo questo al suo risveglio. oltre al fatto che si era svegliato preda di un'eccitazione dovuta a quello stano sogno a luci rosse.
A scuola si dimenticò di questi suoi pensieri, in fondo un adolescente con gli ormoni impazziti impara ben presto come conviverci. Scherzava e si divertiva con i suoi compagni, anche se Justin non amava andare a lezione, era un bravo studente, con un'ottima media. Solo che detestava studiare materie che non lo interessavano.
Si ritrovò insieme con una sua compagna di corso a dover consegnare in sala insegnanti dei documenti al posto dell'insegnante di Musica. Entrarono e il loro sguardo fu catturato dalla figura del loro supplente di matematica... Mark... che stava chino a scrivere su dei fogli... Naturalmente nessuno dei due ragazzi sapeva che quei fogli erano i loro compiti in classe a sorpresa. Il loro idillio fu interrotto da un altro docente che gli ricordò il perché erano li. Justin rendendosi conto di quello che aveva fatto, arrossì. Voleva capire perché cavolo i suoi occhi erano calamitati verso quel corpo alto e prestante… 
Ancora preso da profonde riflessioni che tentava di fare, arrivò l'ora di matematica.
Logicamente chi fece lezione fu il bel supplente bruno che Justin aveva visto poco prima. Aveva sottobraccio i loro compiti corretti, che distribuì facendo un commento per ognuno dei suoi studenti. Justin era teso non solo perché il suo compito sembrava non arrivare mai, ma perché il corpo del prof continuava a passare fra i banchi, finiva sempre per avvicinarsi al suo posto e per più di una volta fece violenza su se stesso chiudendo gli occhi e serrando le mani per non fissare e non toccare quel capolavoro del corpo del prof.
"Justin Flaey. Una sufficienza scarsa… rispetto ai tuoi voti è un disastro, dove avevi la testa?"gli chiese il prof. 
Pensando alla risposta Justin non potette fare a meno di arrossire, ricordandosi che metà del compito l'aveva fatto guardando lui. Non rispose, e tutti i suoi compagni pensarono che il suo imbarazzo fu dovuto al risultato del test. Il prof invece continuava a fissarlo come se cercasse da solo una risposta negli occhi verdi abbassati sul foglio.
Iniziarono la lezione di trigonometria, Mark andò alla lavagna e con il gesso bianco iniziò a spiegare disegnando triangoli e formule su seno e coseno in maniera chiara e semplice, tanto che per la prima volta tutta la classe poté dire che la maggior parte della lezione era stata capita. Suonò la campanella, molti iniziarono ad alzarsi e ad uscire dall'aula. Justin stava per uscire insieme ai suoi amici quando sentì la voce del prof chiamarlo.
"Flaey puoi fermarti un momento?"
Justin andò nel panico. Avrebbe potuto dirgli di no, che doveva andare ad un'altra lezione e se si fosse fermato non avrebbe fatto in tempo, ma così facendo si sarebbe privato di ascoltare ancora quella voce sensuale, di guardare quel corpo stupendo con le spalle larghe e quel sedere da infarto. Annuì convinto che dalla sua gola non sarebbe uscito nessun suono. Rimasero soli nella classe.
"Ho guardato i voti sul registro del professor Edased. Flaey hai una media abbastanza alta, ora mi spieghi dove avevi la testa, quando hai fatto il mio compito?"
"ecco…" Justin si ritrovò di nuovo in imbarazzo davanti a quell'uomo. 
"Sei per caso innamorato?"
Gli occhi verdi di Justin si allargarono dalla sorpresa e si conficcarono in quelli castani dell'altro. Justin poteva dire che non si era mai innamorato, aveva avuto anche lui le sue cotte, ma cose da nulla, non erano mai state qualcosa che toglieva il fiato, che ti faceva sentire incapace di qualunque cosa e ti sentivi in imbarazzo o che diventavano un pensiero fisso.
Siccome Justin non rispondeva Mark decise di spiegare la sua ipotesi. "anche oggi mentre spiegavo avevi lo sguardo perso, di chi pensa a tutt'altro. Vediamo se riesco a spiegarmi…" si mise una mano fra i capelli castani e Justin tese le orecchie per non perdersi nulla di quelle parole che quella voce stupenda avrebbe detto.
"Non era uno sguardo stufato di chi si sta annoiando, piuttosto uno sguardo di chi si perde nei propri pensieri senza che possa fare nulla per impedirlo…"
Justin si accorse che era proprio così, aveva cercato di seguire quella dannata spiegazione, ma ogni tanto i suoi pensieri finivano in luoghi che lui non conosceva, insieme al prof che continuava sì a spiegare la trigonometria con calma, solo che lo faceva in perizoma di pelle nera o leopardato, o piuttosto in camere d'albergo mentre lui era sdraiato sul letto e lo attendeva lascivo, piuttosto che tutte e due su un ampio letto.
"è vero…" bisbigliò Justin, in fondo poteva digli che era innamorato, e la cosa sarebbe finita lì. Ma comunque lui non era innamorato di Mark… cioè del Prof! Quello che aveva immaginato era dovuto al suo 'lavoro' e a quello stupido sogno!!
"Allora, potresti farmi il favore di concentrarti un po' di più sulle mie lezioni e continuare ad avere una media alta?"
"tenterò…" il professore sorrise e il povero alunno seppe perfettamente che non avrebbe mantenuto l'impegno preso.
Gli inconvenienti quel giorno non erano finiti per Justin, durante la lezione d'educazione fisica si era fatto male. Niente di che grave. Stavano giocando a calcio, Justin palla al piede si stava dirigendo verso la porta per segnare, quando un suo avversario entrò su di lui in scivolata, graffiandogli il polpaccio. Il coach Hoover gli disse di uscire e di andare in infermeria a disinfettare l'escoriazione.
Ma il destino volle che mentre lui stava venendo medicato dalla gentile signora Sullivan con una benda alla gamba entrò il professore bruno che impestava i pensieri del giovane.
I due adulti iniziarono una discussione riguardo a qualcosa che a Justin non interessò per niente, quindi non trovò niente di meglio da fare che guardare Mark. 
Poi la Signora Sullivan uscì dall'infermeria e Justin e Mark si ritrovarono di nuova da soli, il prof White si avvicinò all'altro che teneva ancora a mezz'aria la mano in cui l'infermiera gli aveva riposto il rotolo di benda. "Vuoi che finisca io la fasciatura?"
"ss.. si grazie." Se ci fosse stata presenta alla scena la signora che era appena uscita avrebbe tirato a Justin sicuramente qualcosa, visto che prima aveva dovuto lottare con i denti e con le unghie per riuscire a medicarlo. Justin riteneva inutile una fasciatura per una ferita del genera, ma la donna preferiva preservarla con una copertura. Ora adesso Justin se ne stava tranquillo, anzi imbambolato davanti mentre il ragazzo più grande gli passava attorno alla gamba il rotolo di benda. Justin fissava alternativamente la faccia di Mark e le sue mani che sfioravano la pelle nuda della sua gamba. Mark strattonò un poco la fascia per stringerla e provocò un sussulto in Justin. 
"Ti ho fatto male Flaey?" chiese preoccupato, avvicinando il suo volto a quello dell'alunno per vedere meglio la sua espressione. Justin arrossì abbassando gli occhi per non farlo vedere, bisbigliò un sì bassissimo che l'altro lo sentì a malapena. Per accettarsi della risposta avuta Mark prese il mento del biondino e lo sollevò per scrutargli gli occhi verdi. "Davvero?" mormorò basso e sicuro. I loro sguardi si incrociarono. Rimasero lì un tempo indefinito scandito dai loro cuori che nessuno dei due seppe quantificare, poi quel contemplarsi a vicenda s'interruppe, nessuno seppe dire se a causa di un battito di ciglia o del rumore della lancetta dell'orologio a muro. L'incanto che li teneva fermi era rotto.
"Grazie prof…" disse infine Justin raccogliendo la felpa e scendendo dal lettino su cui stava seduto. "Sarà meglio che io ritorni dal Coach. Arrivederci…"
"ciao" disse il giovane supplente di matematica, mentre guardava la figura di schiena del suo alunno, che da quando si era alzato non lo aveva più guardato in faccia.

Quella sera Justin lavorò ancora, non che stavolta dovesse "aiutare" il bilancio famigliare, ma semplicemente avendo visto in giro per negozi con i suoi amici un paio di scarpe bellissime, aveva deciso di comprarsele. Si mise allo stesso palo della sera prima. Lo stivale copriva quasi del tutto la fasciatura che aveva ancora sul polpaccio. Aveva pensato di levarsela, ma gli tornava in mente Mark ogni volta che la guardava e alla fine aveva deciso di tenerla addosso. Si riteneva stupido per questo, perché si sentiva come una ragazzina che va in giro sempre con il ciondolo che il proprio fidanzato gli ha regalato o con il suo giubbotto del liceo… 
Nonostante queste sue riflessioni, anche adesso mentre aspettava appoggiato al palo un cliente stava lì a guardare la benda che avvolgeva la sua gamba sparendo nello stivale. Pensava a Mark e si stupiva di come si ricordasse bene ogni particolare che lo riguardasse.
Si avvicinò un tipo. Non un cliente, o perlomeno non uno del genere di clienti che avevano a che fare generalmente con lui. Era un uomo di mezza età ubriaco, probabilmente un impiegato, gli posò la mano destra sulla spalla mentre con l'altra teneva quella che doveva essere la bottiglia di liquore avvolta in un sacchetto di carta.
Justin levò disgustato la mano sudicia dalla sua spalla, senza nascondere il fastidio che gli aveva provocato, l'ubriaco se ne accorse e non gli piacque per niente che, quella che ai suoi era una normale prostituta da una botta e via, lo avesse trattato come se fosse una donna rispettabile che viene inopportunamente disturbata da un poco di buono.
Rimise la mano da dove gli era stata tolta e avvicinandosi a Justin talmente tanto che poté sentirgli l'alito che puzzava di alcool, disse con disprezzo: "Ehi bella! non fare… hic… tanto la sost…hic sostenuta con me… hic… lo sappiamo bene che non sei altro…hic… che una cagna, no? Avanti… hic… quanto vuoi per una …hic… bella scopata, eh?"
Justin ebbe un attimo di esitazione, quello stesso attimo di cui lui tanto volte approfittava sui suoi clienti e che adesso mise nel sacco lui. L'uomo gettò a terra la bottiglia che andò in frantumi, e tenendolo per le spalle lo spinse contro il palo.
"Non devi aver paura… hic… dello zio, sai?" gli disse. 
Justin si accorse che quell'uomo pur non essendo sobrio riusciva ad essere abbastanza lucido da metterlo in difficoltà. Ebbe paura perché si accorse che non si sarebbe fatto molti problemi scoparselo se fosse stata una ragazza, ma come l'avrebbe presa nel constatare che era un ragazzo? Si sarebbe infuriato sicuramente, ma poi? Se lo sarebbe sbattuto comunque o lo avrebbe picchiato a sangue dalla rabbia? In ogni caso le prospettive di Justin non erano rassicuranti.
Mentre pensava a tutto questo l'uomo disgustoso cercò di baciarlo. Le sue labbra si appoggiarono per un secondo a quelle di Justin che subito spostò il capo. Ma questo ennesimo rifiuto non piacque per niente all'uomo che sfruttando la sua superiorità fisica riuscì a tirarselo dietro e a portarlo verso un angolo più appartato della strada. 
"Mi lasci la prego!" urlava Justin. Nessuno della strada prestava attenzione ai due. Come al solito tutta la gente aspetta che sia un altro a fare il primo passo per aiutare un estraneo. "Mi lasci! per favore mi lasci!" Justin cercava di liberarsi dalla presa dell'altro dimenandosi, ma quell'uomo lo teneva saldamente. 
"Smettila!" intimò alla 'ragazza'. " Mi lasci!" disse ancora Justin che ormai stava entrando nel panico. Per tutta risposta l'uomo gli tirò un ceffone, e contemporaneamente lasciò la presa su di lui, Justin cadde indietro, ma non c'era un muro o qualcosa a sostenerlo, si ritrovò per terra sulla strada lurida di un piccolo vicolo cieco. E l'altro evidentemente l'aveva condotto lì con chiare intenzioni. Justin con le lacrime agli occhi indietreggiò per mettere più distanza possibile fra loro. L'uomo di mezza età rimase all'inizio del vicolo, era in controluce rispetto a Justin, ma vide perfettamente che era furioso e perciò più temibile e incontrollabile.
"Brutta puttanella da quattro soldi!!" raccolse qualcosa da terra e la tirò contro il ragazzino steso a terra che ancora si teneva la guancia rossa per lo schiaffo ricevuto prima. "Non ti devi permettere di dare ordini!" l'oggetto scagliato aveva colpito Justin, ma non lo aveva ferito. L'uomo avanzò di qualche passo e Justin cercò di indietreggiare ancora, ma trovò sulla sua strada un ostacolo, un bidone della spazzatura. "Perché fai la difficile, eh? Potremmo divertirci tutte e due non credi?" Justin cercò di far leva sul bidone per alzarsi, ma questo cedette e si ritrovò di nuovo a terra in mezzo ai rifiuti stavolta che rendevano il terreno scivoloso. L'uomo aveva intanto aperto i suoi pantaloni e tirato fuori il proprio pene che era già eretto.
Justin sgranò gli occhi, aveva talmente paura che riusciva a malapena a ragionare, ma sapeva bene che non voleva farlo con quell'uomo.
Come nel più spaventoso degli incubi lo vide avvicinarsi a rallentatore. Con una mano gli afferrò un ginocchio costringendolo così ad aprire le gambe, poi con l'altra parve intenzionato a togliergli qualsiasi cosa si ponesse fra lui e la sua meta, ma Justin non glielo permise e con la gamba che era rimasta libera gli diede un calcio levandoselo di dosso. Questo non fece cambiare idea al suo aggressore, lo fece solamente infuriare maggiormente. Si gettò nuovamente su di lui e gli diede un pugno nello stomaco, Justin si lamentò di dolore, poi ritrovando ancora un po' di forse dentro di sé, mise le proprie mani sul petto di quell'uomo e cercò si spingerlo nuovamente via. Justin urlava continuamente di levarsi e varie frasi di protesta. La lotta durò qualche minuto in cui l'uomo palpò violentemente un po' dappertutto il corpo del giovane, che dall'altra parte non poté non notare che quella lotta eccitava sembra più l'altro. Finalmente Justin riuscì a spostare un poco lontano da sé l'uomo. Per un attimo si guardarono, uno era spaventato con gli occhi che traboccavano di lacrime e l'altro arrabbiato ed eccitato. L'uomo si alzò si era un po' stancato della ritrosia della 'ragazza', in fondo era una puttana, perché tutte quelle scene? Era intenzionato a darle una bella lezione e a farsela, con questa intenzione si avvicinò e alzò la mano per tirarle un altro schiaffo. Justin capendo le sue intenzioni si coprì il viso istintivamente. Ma lo schiaffò non arrivò pensò che allora l'uomo doveva aver cambiato intenzioni, sicuramente non in meglio, ma le sue paure furono smentite quando senti la voce di quell'uomo dire: "Che cazzo vuoi tu?" Justin che aveva chiuso gli occhi li riaprì. Vide ancora la sagoma di quell'uomo con il braccio alzato che però era tenuto fermo da quello di un'altra persona più alta.
"Vattene sbrigati" gli disse, bastò un attimo affinché Justin riconoscesse quella figura nuova la sua voce era inconfondibile. Si trattava di Mark. L'uomo si liberò della presa al braccio di Mark. 
"Non sono fatti tuoi quello che facciamo io e questa biondina" gli disse sputando per terra nella direzione di Justin. 
Justin rimaneva a terra bloccato dalla paura, dallo stupore. Ed era ancora a terra con la felpa nera che cadeva da una spalla la mini che era salita lungo le sue gambe per via della lotta e delle mani di quell'uomo che copriva ormai poco le gambe scoperte piegate, mentre Mark prendeva le sue difese minacciando l'uomo che se provava fare qualcosa ancora alla sua fidanzata gliel'avrebbe fatta pagare cara.
Justin era ancora in mezzo ai rifiuti con i capelli scarmigliati, un labbro tagliato e un paio di graffi qua e là mentre vedeva che quello che era stato il suo aggressore si faceva piccolo piccolo davanti alle parole di Mark. 
Quell'uomo se ne andò finalmente e lui poté lasciare un sospiro di sollievo, tuttavia non si sentiva per niente meno teso. Adesso doveva affrontare Mark. Se avesse capito chi era? No, questo non doveva assolutamente accadere.
Mark gli tese una mano per aiutarlo a rimettersi in piedi facendo mostra di uno splendido sorriso per rassicurarlo. Justin era finalmente in piedi e cercò un po' di sistemare il suo aspetto, in fondo era una ragazza, no?

Senza ben sapere come Justin si ritrovò in macchina con il suo professore di matematica. Era ancora molto scosso da quello che era successo e da quello che sarebbe potuto succedergli se non fosse stato per il provvidenziale intervento di Mark.
Anche ora comunque si sentiva molto a disagio, certo un po' più tranquillo rispetto a prima, e aveva acquistato una certa sicurezza nel fingere di essere una femmina, ma si sentiva come se un'inquietante minaccia aleggiasse intorno a loro, su di lui.
Mark continuava a guidare tranquillo, non domandava nulla e seguiva la strada… fu in quel momento che Justin si accorse di non sapere dove l'altro lo stesse conducendo, e come se Mark potesse leggergli nel pensiero affermò:
"Dopo aver svoltato l'angolo, c'è casa mia."
Justin sussultò. Non fece niente, non disse niente, non pensò niente, congelato dalle mille prospettive che in un secondo erano balenate nella sua mente.
Scesero dall'auto, Justin faceva tutto come un automa, troppo scosso, certo poteva sempre ringraziare e fuggire, e decise infine che era proprio quello che intendeva fare. Si fermò, Mark stava già per passare il portone d'ingresso del condominio, quando Justin si fermò.
"Io la ringrazio molto… davvero" teneva gli occhi bassi i capelli gli coprivano parte del viso esattamente come voleva lui, "ma ora io me ne vado…" si girò dandogli le spalle, ma qualcuno gli afferrò saldamente i fianchi. Non era difficile capire intuire chi fosse quel qualcuno. Un momento di silenzio. Poi una mano lasciò il suo fianco e spostò una ciocca dei suoi capelli dietro all'orecchio su cui due labbra mormorarono sensuali: "Vuoi lasciarmi qui così? Merito qualcosa di più come ringraziamento…" 
Ancora una volta in quella sera fu trascinato contro la sua volontà da braccia forti in un altro posto. Anche con Mark fece resistenza, minore rispetto a prima, anche perché non aveva più le stesse energie e anche perché la situazione era ben diversa. 
Mark "la" condusse in casa sua, più che altro davanti alla porta di casa la trascinò dietro di sé per un braccio e una volta dentro, chiuse la porta a chiave, lasciando fra sé e la porta Justin.
Mark era più alto di Justin, e lo sovrastava completamente. Justin sentì la mano del bruno lasciare il suo braccio e cercare di infilarsi sotto la maglietta fucsia che indossa oltre alla felpa. Immediatamente afferrò il polso di quella mano e sempre con lo sguardo rivolto vero il basso e arrossendo dichiarò:
"Tu sei stato molto gentile, ma io… io…. non sono …" fu baciato con ardore, Mark lo sollevava con un braccio attorno alla via e si era chinato un po'.
Si era scoperto innamorato di un ragazzo lo stesso giorno e proprio costui alla sera lo stava non solo iniziando a spogliare togliendogli la felpa, ma anche sollevando in braccio e lasciarlo sul letto. Justin non voleva che accadesse tutto così in fretta, e poi perché Mark non ascoltava quello che gli voleva dire?
"Fermati!" disse respingendo Mark. "Fermati. Io non voglio."
Mark non sembrava intenzionato a fermarsi solo per questo, lo schiacciò contro il materasso grazie al suo peso. "No!" urlò Justin mentre Mark gli infilava una mano sotto l'orlo della mini. "IO SONO UN RAGAZZO!!!" urlò ancora più forte e disperato Justin.
Sentì le labbra di Mark contro il suo collo distendersi in un sorriso, poi Mark mise il suo viso davanti a quello di Justin e con un tono ironico disse:
"Questo lo sapevo già, Flaey."
Justin rimase interdetto, lo sapeva e voleva comunque andare fino in fondo con lui? Ma Justin era di tutt'altro parere…
"Mi lasci prof… non voglio."
"E allora spiegami perché l'altro giorno non hai fatto che mangiarmi con gli occhi…" Disse perentorio mentre le sue mani avevano sollevato del tutto la mini lasciando scoperti gli slip neri che celava. "…e non solo l'altro giorno." Aggiunse con tono più malizioso, mentre passava una mano sull'inguine ancora coperto di Justin.
"Non c'entra…"
"Ascoltami… non è giusto che facciamo soffrire i nostri corpi, no? Sentiamoci liberi di fare quello che essi vogliono…" (qui devo pagare il copyright per Gravitation… NdA)
"Prof la prego mi lasci andare…." Si lamentava Justin ma il massaggio attraverso gli slip stava iniziando a dare i primi risultati e Mark seppe allora con certezza che presto avrebbe potuto ottenere quello cui ambiva.
Gli sfilò la maglietta, nonostante Justin continuasse a lamentarsi la sua resistenza era davvero debole e Mark non si fece molti problemi nell'abbassargli anche la biancheria. Lui non si spogliò, e prese Justin preparandolo ben poco. Ogni volta che affondava in lui, Justin emetteva un gemito di dolore e si lamentava di fare più piano. Alla fine entrambi ebbero un orgasmo, perché in ogni modo Mark non trascurò del tutto il piacere dell'altro, e quando era sul punto di venire iniziò a masturbarlo.
Erano stesi uno accanto all'altro sul letto. Mark con i pantaloni un po' abbassati e la camicia leggermente sbottonata. (Il seme non si spoglia mai NdA)
Justin non indossava nulla ad eccezione della mini che restava accartocciata alla vita. Mark si mise sdraiato su un lato, in modo d'avere il petto contro la schiena di Justin e iniziò ad accarezzargli i capelli. 
"Sono belli sai?" ma Justin non lo guardava, volgeva la testa dall'altra parte arrabbiato con lui per quello che gli aveva fatto. "Sono la prima cosa che mi ha colpito di te…" poi lo costrinse a guardarlo. Stava piangendo e il suo sguardo era arrabbiato, il taglietto al labbro che l'aggressore di prima gli aveva fatto, aveva ripreso a sanguinare perché prima come adesso Justin si mordeva le labbra.
"Lo so… devo chiederti scusa." Lo baciò, stavolta dolcemente senza tutta quella foga di prima e attese paziente che l'altro iniziò a rispondergli.
Justin aveva tanto desiderato un bacio come quello. Ma lo avrebbe voluto prima di quello che era appena successo. Voleva che la sua prima volta fosse indimenticabile… bhe, in effetti, lo era, ma avrebbe dato qualsiasi cosa ora per scordarsela.
Mark lasciò le labbra di Justin libere, si fissarono negli occhi, e lui poté vedere in quelli dell'altro ancora del risentimento e del rimpianto. Continuò ad accarezzare i capelli di Justin e rimasero lì abbracciati senza fare null'altro per un tempo indefinito, poi Justin decise di parlare. Si girò verso Mark e gli chiese: "M'ami?"
Una domanda che contrastava con il viso imbronciato con cui la esprimeva, una domanda che però nascondeva una speranza e una paura. Si era sempre detto che la sua prima volta sarebbe stata con la persona che amava, ed in effetti era così, ma voleva che anche questa persona l'amasse.
Mark stava zitto, lasciò l'abbraccio in cui stringeva Justin, e si mise seduto. Justin fissava la sua schiena, con occhi spaventati mentre attendeva che lui dicesse qualcosa.
"Mi credi davvero una persona così spregevole?" Chiese Mark al ragazzo più giovane senza voltarsi a guardarlo. "Pensi che ti avrei fatto una cosa simile se non fossi completamente pazzo di te?"
Solo allora girò un po' la testa per guardarlo, e quello che vide fu il volto di Justin che sprizzava felicità. Non solo ma era anche un Justin che mentre lo fissava con un sorriso stupendo si stava togliendo quella fastidiosa minigonna attorcigliata alla sua vita. Mark si girò di più per vederlo meglio. Il suo corpo era splendido, prima di allora non aveva mai avuto occasione di osservarlo meglio. Justin si avvicinò a lui con ancora quel sorriso che lo illuminava tutto e disse semplicemente. "Sono contento" prima di iniziare a baciare Mark.
Mark fece di nuovo sdraiare Justin sotto di sé, gli accarezzava le gambe, mentre bustine esplorava per la prima volta il suo corpo, scorrendo le mani sulla sua schiena. Le mani di Mark giocavano a lasciare tocchi lievi sull'interno coscia senza mai arrivare però alla parte più intima di Justin, ma la bocca di Mark trovò presto un piacevole passatempo sui capezzoli del biondo, che furono assaggiati e morsi senza risparmiarsi, mentre Justin gemeva di piacere.
Con gli occhi socchiusi dal piacere Justin vide la testa di Mark spostarsi verso il basso, mentre le su mani salire ad afferrare le sue morbide rotondità, e intrufolarsi fra queste per cercare la loro apertura nascosta. Justin inarcò la schiena emise le sue mani fra i capelli si Mark, senza fare pressione alcuna. Mark alzò lo sguardo e incontrò quello bramoso di Justin di qualcosa che era scritto in fondo ai suo occhi ma che le labbra non pronunciavano. Ma Mark desiderava che lo facessero, per cui interruppe il suo cammino verso il ventre di Justin per andare a parlare ad un respiro dalle labbra di Justin. "Dillo…" chiese mentre un dito entrava a preparare Justin all'intrusione più grande che sarebbe venuta poi.
"Dillo cosa vuoi da me, e io lo farò…" chiese malizioso, mentre il dito iniziava a muoversi all'interno dell'altro. Non attese risposta e divorò quelle labbra di baci, mordendogli anche il labbro inferiore che riprese a sanguinare e il gusto del sangue si mischiò a quello del bacio, dandogli un sapore nuovo, ma anche qualcosa di più intimo.
Quando il bacio fu interrotto perché i due dovettero respirare, Justin prese il viso si Mark fra le mani e gli disse solamente: "Fammi tuo."
Mark sorrise e scese di nuovo con la testa verso l'inguine di Justin. Mark teneva il corpo di Justin leggermente alzato, appoggiato al suo, in maniera tale che l'altro potesse sentire la sua erezione sfiorargli il fondoschiena.
Le dita all'interno di Justin aumentarono e con lo loro anche la forza della presa di Justin alle lenzuola. Mark decise che ormai Justin era pronto, stimolato al abbastanza davanti non aveva sentito troppo il fastidio durante la preparazione, ma ormai anche lui stava giungendo al limite e guardando in faccia Justin cercò l'ultimo consenso. Justin annuì, ormai desidera da impazzire anche lui, l'altro e non vedeva l'ora si sentirlo dentro di sé.
Mark lo prese con una sola spinta, Justin urlò e le lacrime iniziarono a rigargli il volto, Mark non si mosse, ma riprese il lavoro di stimolazione sul membro di Justin per distrarlo almeno i parte dal dolore. Poi piano iniziò ad assestare delle piccole spinte, e quando sentì che la resistenza di Justin era minore cominciò a spingere più forte, finchè non fu lo stesso Justin a chiederglielo a gran voce.
Stavolta vennero insieme. 
Mark riposò un attimo dopo che era venuto sul petto di Justin, ma per paura di pesargli troppo, uscì da lui e si rimise sdraiato accanto a lui…
Dormirono un poco, al suo risveglio Justin trovò Mark sveglio che lo guardava. Justin rimase fermo, lasciandosi inerme davanti all'esame dello sguardo di Mark. 
"Come hai fatto a sapere che ero io?"
"La forza dell'amore può tutto…" rispose il più grande che ricevette una cucinata in faccia. "Mi hai fatto male!" si lamentò.
"Non dire cavolate…"
"Guarda che è vero… è un cuscino, ma se lo lanci forte…"
"Intendevo riguardo alla forza dell'amore" lo interruppe Justin.
"E io che pensavo ti sarebbe piaciuta come risposta…" sospirò il bruno.
"Non voglio risposte che mi piacciano, voglio la verità. Sempre."
"… uff… ok. La benda che ti ho fatto in infermeria."
Justin ricordò che mentre gli toglieva gli stivali, si era allentata che con il suo dibattersi si era tolta da sola dalla sua gamba.
"In realtà la benda mi ha confermato il sospetto che avevo."
"Allora mi avevi già visto…" esclamò Justin riferendosi a quando lo aveva intravisto dall'altra parte della strada.
"E più di una volta… tu forse non mi avevi mai notato prima che io diventassi il tuo supplente, ma la via in cui stai di solito è davanti alla casa dei miei." 
"ah si?" chiese imbarazzato Justin, facendosi un appunto mentale che non sarebbe più andato lì ad attendere i suoi clienti.
"A proposito di quello che fai sulla strada…" disse Mark con lo sguardo un po' scuro. Justin pensò proprio che gli doveva delle spiegazioni… molte spiegazioni. "… voglio che tu smetta."
"…ehm… non è come pensi tu…" iniziò a dire Justin per chiarire la sua situazione. Ma Justin non ne ebbe il tempo Mark lo baciò con foga e guardandolo negli occhi parlò chiaro e conciso:
"Tu devi essere solo mio."
Justin sorrise divertito poi con un tono allegro aggiunse alle parole del suo amante. "E così è e sarà." Mark lo baciò di nuovo, contento della risposta, ma non si aspettava che al termine del bacio Justin aggiungesse ancora: "E continuerò con il mio lavoro."
Come una qualsiasi persona normale al suo posto Mark stava per replicare nel tentativo di convincere il suo amore a smettere di svendersi, ma Justin gli mise un dito sulle labbra.
"Ora prof ascolta e prendi appunti… quello che io faccio è…"

Justin entrò a scuola in compagnia di un suo amico, poco dopo li raggiunsero due ragazzine una cheerleader della scuola e un'altra biondina molto carina. Iniziarono a parlare, e più il discorso andava avanti più si capiva che la bionda di nome Sylvia (nome a casooo… J ndA) stava provandoci spudoratamente con Justin. (l'amico era bruttino, per questo non ci prova con lui…NdA) Alla fine nella speranza di avere un appuntamento con lui e per capire se aveva delle chance con lui (seme mio non ti permetto di tradirmi!! NdA) gli chiese:
"Justin, ma hai già una ragazza?"
"No…." Il viso di lei s'illuminò "…ma appartengono di già ad un'altra persona." La ragazza era un po' confusa per quello che le era stato detto. Justin non se ne curò, lasciò lì sia le due ragazze sia il suo amico. Si diresse verso l'aula di matematica, dove sulla porta c'era il supplente che controllava, salutandoli con un cenno del capo e una parola di saluto veloce, i suoi studenti che entravano. Quando Justin incrociò lo sguardo del suo professore preferito lo sguardo di lui s'illuminò.
"Buongiorno Flaey"
"Buongiorno Prof."
"Allora vogliamo mantenere la media alta come promesso?"
"Non si preoccupi. Avrà la mia totale attenzione d'ora in poi."
"È quello che temo…" mormorò Mark, mentre Justin si sedette al suo solito posto in aula e altri alunni entravano in classe.

 


--THE END--

TRAD: "persona che si presenta come bene economico nell'ambito di una dottrina commerciale" ovvero tanti giri di parole seguendo la "correttezza politica" per indicare una prostituta




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