DISCLAMER: I personaggi sono di T. Inoue, miei, no di certo.

DEDICHE: A Midnight e Shiro, che hanno commissionato questa ciofeca.

Prendetevela con loro! >____<                            

 

 


Persephone & Hades

9 mesi all'inferno

di Gojyina-chan


 Kaede :  Hades  (Dio del Regno dei Morti) 

 Hanamichi:  Persephone 

 Ayako :  Athena (Dea della sapienza  Arti)    

 Kogure :  Aprhodite (Dea della Bellezza)

 Sendoh : Apollo (Dio del Sole)

 Maki :  Zeus(Sovrano dell’Olimpo)

 Fujima : Poseidone (Dio dei Mari)

 Hanagata : Asclepio (Dio-Medico)

 Fukuda : Efesto (il Fabbro degli Dei)

 

 

 

 

Hanamichi passeggiava su e giù per la camera, nel vano tentativo di addormentare Estate. Era la più restia ad assopirsi, ma sapeva bene che se fosse riuscito a metterla a letto, anche i suoi tre fratelli sarebbero crollati nel giro di pochi minuti.

 

“Do'hao, sono tre giorni che ci provi. Se non vuole dormire, rassegnati!” sbottò il Dio Corvino.

 

Le due divinità dai capelli di fuoco, si voltarono verso di lui. Era seduto sul letto matrimoniale, intento a dare il biberon ad Inverno, che non gli risparmiava qualche occhiata...glaciale.

 

“Dovremmo vivere nell'anarchia? Hanno bisogno di orari precisi! Mangiano, dormono e giocano, quando glielo diciamo noi!” sibilò il Giovane Dio, ricominciando a passeggiare.

 

Estate sospirò annoiata, sorridendo poi al suo papà  dai capelli scuri, che le fece l'occhiolino.

 

“Vi ho visti! - li ammonì Hanamichi, sedendosi definitivamente sul materasso, accanto al suo sposo e agli altri due bimbi, che giocavano con i cuscini – Viviamo nell'anarchia, allora!” sbuffò rassegnato.

 

Mentre i loro bambini incominciavano a giocare tra loro, il Dio purpureo si adagiò mollemente sul petto largo del suo sposo.

 

“Piccolo, dovresti riposare un po'...” gli fece notare Kaede, dopo il suo quinto sbadiglio.

“No, no. Sto bene!” mormorò sorridendogli stancamente. Era da settantadue ore che le piccole Divinità erano sveglie e ancora non davano segni di cedimento. Anzi, sembravano più vivaci che mai.

 

Come al solito, Estate ed Inverno iniziarono ad azzuffarsi. Il rossino, dubitava che sarebbero mai andati d'accordo.

Primavera afferrò il suo fratellino più piccolo, cercando di trascinarlo lontano dai due guerrafondai, ma non fece in tempo.

 

Il povero Autunno, fu colpito erroneamente alla testa e alla gambina dai pugni dei due fratelli.

I suoi occhioni si riempirono di lacrime, mentre la boccuccia iniziò a tremare violentemente. Passo con lo sguardo su Estate ed Inverno, che nemmeno lo avevano notato, sulla sua sorellina con i fiori in testa e sui suoi due papà.

 

Emettendo un ultrasuono che fece vibrare il persino il grande letto matrimoniale, si fiondò tra le braccia calde del suo babbo purpureo, che subito iniziò a coccolarlo.

 

“Vedi? ANARCHIA!!!” borbottò Hanamichi, cullando il povero bimbo.

“Esagerato! E poi, la dovresti smettere di viziarlo così! Appena lo sfiorano, corre subito da te! - s'aggrottò il Dio dei Morti – Di questo passo, diventerà frignone, debole e mammone!”

“Mi hai scambiato per una donna?!” tuonò il rosso, fulminandolo con lo sguardo.

“No. Per il Do'hao che sei! - sbottò indispettito – Non lo proteggere sempre! Può difendersi da solo. Cavolo! E' pur sempre mio figlio!”

 

“E' il più piccolo! Non può picchiare quei due barbari! Anzi, non dovremmo nemmeno istigarli alla violenza, se proprio lo vuoi sapere! - precisò il giovane Dio - Siamo l'incubo di ogni pedagogista!”concluse,  preoccupato.

“Hn?!” mugugnò Kaede.

“Niente!” sospirò indispettito.

 

Tra uno sbadiglio e un calcio, i due litiganti si addormentarono ai piedi del letto, russando l'uno sull'altro.

Sbattendo i grandi occhioni dorati, anche Primavera si assopì, abbarbicata sul braccio candido del suo papà con gli occhi azzurri.

 

Accarezzando distrattamente una guancia ancora umida del piccolo Autunno, saporitamente addormentato, la mente di  Hanamichi ritornò all'anno precedente.

 

Come poteva dimenticare tutto quello che era successo in quei mesi?

Chiuse gli occhi stancamente e ricordò.

 

 

***

 

 

La prima volta che si sentì male, fu il giorno del suo terzo Genetriaco come sposo di Kaede.

Durante il Simposio, un poeta prese la parola, iniziando a declamare un'ode in suo onore.

 

'Oh, Sommo e Divino Hana,

Circondato dalla folla che ti ama,

Festeggia lieto e satollo,

con vino, uva e pollo...'

 

“Sto per vomitare!” mormorò il rossino, passandosi una mano sulla fronte sudata.

“Hn. Non è un granché... - ammise il Dio corvino – Ma Socrate e Platone, sono irreperibili, così...” si giustificò, aggrottandosi. Immaginava bene dove fossero quei due, insieme!

“No, no! Cioè... Quel tizio fa schifo, ma... Sto male...” gemette il giovane, facendo appena in tempo ad uscire in giardino, per potersi piegare in avanti e rimettere il cibo che aveva mangiato.

 

Kaede, che lo aveva seguito preoccupato, gli sostenne la fronte calda con una mano, ordinando ad un servitore di correre a chiamare Hanagata.

“Va meglio, adesso?” gli chiese Kaede, aiutandolo a rimanere in piedi.

“Mi gira la testa...” sussurrò il rossino, appoggiando la guancia sulla sua spalla.

 

 

 

 

“Hai la pressione un po' bassa. Vedi di rimanere a letto per qualche giorno. Ti prescrivo solo assoluto riposo e cibi leggeri ma nutrienti.” sentenziò il Dio-Medico, pulendosi gli occhiali.

“Ma... Devo organizzare la festa per i bambini dei Campi Elisi!”replicò il rosso, cercando si alzarsi dal letto.

“Do'hao! - tuonò Kaede, al suo fianco -  La rimandi di un paio di giorni!...Non muore nessuno, sai?”

“Il tuo umorismo mi fa rabbrividire!” borbottò Hanamichi, riadagiandosi sui cuscini.

“Hn”

 

“Allora? Come va con Fujima?” volle sapere il recalcitrante paziente, notando lo stato un po' trasandato del medico.

“Bene... Mi ha portato nella sua casa al mare e... CHE! COME?! CHI TI HA..?!” balbettò Hanagata, arrossendo fino alle punte dei piedi.

“A parte il fatto che  le voci corrono... Mi sembri un po'... tra le nuvole, non so se mi spiego...” gli disse il rossino, squadrandolo attentamente.

“Sciocchezze!” borbottò il Dio-Medico, imbronciandosi.

 

“Al posto dello stetoscopio, hai usato un laccio emostatico.” gli fece notare il giovane Dio, indicandogli l'oggetto incriminato.

“Ah! Beh! Ma stai bene lo stesso, no?” si schernì l'occhialuto, rimettendo a posto le sue cose.

“Hn!” mugugnò il corvino, guardandolo torvo. Purtroppo, lui era l'unico medico esistente al mondo, maledizione!

 

 

 

 

“Kae?”

“...”

“KAE?!”

“Hn...”

“Sei sveglio?”

“NO”

“Ma io... Ho voglia!” mormorò il rosso, leccando piano quella porzione di pelle tra il collo e la spalla.

“HN?!”

“Kae... Lo facciamo?”

 

Miracolosamente lucido, il Dio dei Morti gli fu subito sopra avventandosi sulle sue belle labbra carnose.

Gli sfiorò distrattamente il petto, scendendo lentamente sino a giungere ad un capezzolo bronzeo. Quando iniziò a succhiarlo, Hanamichi emise una specie di ruggito e si inarcò violentemente.

“Hn?!” Kaede si ritrovò con la schiena contro il materasso e un allupato sposo seduto sul suo stomaco.

 

Senza perdere tempo in sciocchezze, il giovane Dio gli afferrò il membro, impalandosi su di esso con una foga mai sperimentata prima.

Al Dio corvino, non restò altro da fare, se non afferrargli la vita e lasciarlo libero di giocare. Era piuttosto raro che il suo sposo avesse quel genere di slanci, senza prima essere un po' stuzzicato.

 

Cavalcando il Dio corvino, Hanamichi cercò spinte sempre più violente, animato da una frenesia devastante.

Sembrava non bastargli mai.

Quando venne, con una forza inaudita, il suo seme schizzò fino al viso del suo amato, che dopo un paio di colpi ben assestati, lo riempì del suo sperma caldo.

 

Il giovane Dio, si allungò sul corpo candido del consorte, ripulendogli il volto perfetto e lo baciò lascivamente, permettendogli di assaporare il gusto particolare del proprio seme e del suo sudore mischiati eroticamente, in una fragranza dal sapore unico.

 

Kaede, rimase alcuni istanti quasi intontito dalla passionalità del loro amplesso. Stupito oltre ogni dire, dall'audacia del suo sposo.

Tsk! E lui che credeva stesse male! Scoppiava di salute!

 

 

 

“Mmm... Kae...?”

“Hn?”

“Lo facciamo di nuovo?”

“L'ottava... Do'hao?!”

“Sì!”

“HN!”

 

 

 

 

“Allora? Come sta Hana? - chiese Akira, seduto al tavolo dell'enorme salone -  Hai delle occhiaie tremende! La sera sta molto male, vero?”  sospirò il Dio del Sole, osservando attentamente il suo viso, pallido e  scavato.

“Hn...” mugugnò il padrone di casa, passandosi una mano sugli occhi stanchi. Come cavolo poteva dirgli che il suo  Koi si era trasformato in una creatura  assetata di sesso?!

 

“Ehm... Scusate se vi interrompo... - mormorò Mito, avvicinandosi con discrezione al Dio corvino – Potresti venire di là un attimo?”

“Hn?”

Scusandosi con l'amico, seguì il migliore amico del suo consorte, lungo i corridoi del palazzo. Trovò Hanamichi in lacrime, intento ad osservare un punto imprecisato del muro.

“E' così da mezz'ora... Non capisco cosa abbia...”  sospirò Yohei, visibilmente preoccupato.

Kaede si avvicinò, con cautela,  al suo giovane sposo.

 

“Piccolo? Cosa c'è?” gli chiese, seriamente preoccupato.

“Non è bellissima? - singhiozzò il rossino, indicando un alone sul muro – Sembra un fiore!”

“Hn? - scrutando attentamente la parete, il Dio dei Morti si scoprì ancora più confuso di prima – E' una macchia di vomito. Del tuo,  Hana!” sbottò, alquanto disgustato.

“Sì, ma sembra un fiore!”  scoppiò a piangere commosso, tra le braccia del più allibito degli Dei.

“Va bene. E' molto bella... Andiamo in camera, adesso. Dovresti stenderti sul letto...” gli suggerì, accompagnandolo nelle loro stanze.

 

“Letto?” sussurrò il rossino, guardandolo con occhi vogliosi.

“Hn! No, piccolo! Letto-dormi! Niente attività extra. Non stai bene e...”

Il pianto disperato del giovane Dio, riecheggiò fin nelle Sacre Cantine Reali.

“Non mi vuoi più!!!!” lo accusò, singhiozzando disperato.

“Non è che non ti voglia, ma mi piacerebbe rimanere in vita! Cioè, sì... Siamo immortali... Ma cavolo! Mi stai distruggendo!” gemette il corvino, alzando gli occhi al cielo.

“Letto-sesso?” propose Hanamichi, sfoderando i suoi occhioni da cucciolo abbandonato.

“Letto-sesso!” sospirò il Dio, sconfitto.

 

 

 

 

Alcuni giorni dopo, i due sovrani si recarono nei Campi Elisi, per festeggiare 'Il Giorno dei Bambini' festa, voluta dal suo giovane sposo.

“Sembrano contenti, vero?” sorrise Hanamichi, osservando i piccoli giocare a nascondino.

“Già!” annuì il Dio corvino, donandogli un casto bacio sulla tempia.

“Mmm... Kae...” mormorò il rossino, guardandolo con occhi di brace.

“Non qui! Ci sono i bambini!” esclamò velocemente il Dio.

“Dopo!” annunciò il giovane, sorridendo soddisfatto.

“Dopo...” sospirò il sovrano, col spalle incassate.

 

Il pianto dirotto di un bimbo, interruppe la loro, poco casta, discussione.

Hanamichi si avvicinò alla povera creatura che, seduta per terra, piangeva sulle sue ginocchia sbucciate. Senza esitare lo prese in braccio, iniziando a coccolarlo distraendolo così dal dolore.

 

Kaede osservò attentamente il suo giovane sposo. Era... bello. Non che non se ne fosse accorto prima, ma... Nelle ultime settimane, aveva acquistato un fascino particolare. Non dipendeva dalla sua magrezza. Mangiava poco e quel niente lo rigettava quasi subito. No. Era il suo sguardo. Dolce, affettuoso...sereno.

 

Mentre teneva quel  cucciolo d'uomo stretto a sé, il Dio dei Morti provò uno strano sentimento, al quale non seppe dare un nome.

 

Di lì a poche ore, i bambini si addormentarono stanchi, all'ombra dei grandi alberi dei Campi Elisi e i due sovrani, tornarono a palazzo.

 

Giunti nella Sala del Trono, furono costretti a lavorare fino alla fine della giornata, smistando le anime dei mortali appena deceduti.

 

“Quello era l'ultimo. Andiamo a dormire?” gli propose il Dio corvino, evitando accuratamente la parola 'letto'.

 

Sbadigliando sonoramente, Hanamichi annuì, alzandosi in piedi. Un capogiro lo colse all'improvviso e Kaede riuscì appena in tempo ad afferrarlo, evitandogli una rovinosa caduta.

 

“Maledizione! - imprecò Kaede, ordinando a Yohei di chiamare Hanagata – Se quel demente non lo cura a dovere, lo mando nell'Averno. Parola mia!” sibilò, accarezzando il volto pallido del suo Koi.

 

 

 

“Allora?” sbottò il Dio dei Morti, passeggiando per la camera come una tigre in gabbia.

“Sii paziente!” lo rimproverò il rossino, da poco ripresosi.

“Hn”

 

“Potrebbe essere un effetto collaterale del veleno di Uozumi.” sentenziò il medico, con voce incolore.

 

“E lo dici così, rimbambito?!”  tuonò Kaede, ricordando il giorno in cui il suo Koi, per salvargli la vita, fu avvelenato con una lama imbevuta del sangue dell'antico Dio.

 

“Tanto, prima o poi moriremo tutti!” sospirò Hanagata, chinando mestamente il capo.

 

“Ma io ti...!!!”

“Kae? A cuccia! Sta buono lì! - lo fermò prontamente il paziente, dimostrando una notevole pazienza! - Problemi con Fujima, vero?” intuì, guardandolo con compassione.

 

“Non mi chiama da giorni!” mugolò il Dio-Medico, con tono d'accusa.

“Tra voi... Chi è che... Cioè...Hai capito, no?” balbettò il rossino, un po' imbarazzato.

“Io sono quello che lo... Cioè... Sto...sopra, insomma....” arrossì l'occhialuto.

“Allora devi essere tu a contattarlo. Lui ti ha donato tutto se stesso e adesso si aspetta che sia tu ad andargli vicino... A prendersi cura di lui... Altrimenti, si sentirà usato, capisci?”

“Sono stato insensibile! - sospirò, adirandosi con se stesso – E' che... Con i sentimenti non ci so fare! L'amore non è una scienza esatta e non so cosa fare!”

 

“Scusate? Se avete finito il consulto matrimoniale, vorrei sapere cos'ha il mio sposo!” sibilò Kaede adirato per tutte quelle inutili perdite di tempo.

 

“Ma non lo vedi che è depresso! - lo rimproverò Hanamichi, stringendo una mano ad Hanagata – Non è nelle condizioni per curare nessuno, poverino. E' una specie di... 'Medico, cura te stesso o ammazzerai i tuoi pazienti!', ecco!”  

“Bella 'sta frase! - commentò il dottore degli Dei, annuendo compiaciuto – Magari solo il primo pezzo. Posso spacciarla per mia? Potrebbe intenerire Fujima!”

“Certo! E adesso va da lui e stagli vicino!”

 

“Idioti. Sono circondato da idioti!” mormorò tra sé Kaede, scuotendo il capo, affranto.

“Kae, vieni a letto...” lo chiamò il rossino, sbadigliando lungamente.

“Hn?!”

“Ho sonno...” sussurrò, ignaro del sospiro di sollievo del consorte.

 

 

 

“Ma...Hanagata non lo ha già visitato?!” chiese Ayako, aggrottandosi, perplessa.

“E' un deficiente! Lui, Fujima e le loro cazzate!” sibilò adirato.

“Ma... Hana sta dormendo da due settimane e non si è svegliato nemmeno una volta? Almeno si muove?” domandò Kogure, avvicinandosi al rossino, profondamente sopito.

“Sì. Non è mica morto, sai? Sta solo dormendo! - borbottò il Dio corvino, sfiorando una guancia del suo Koi – Non sta bene, lo so! Sviene spesso, rimette quel poco che mangia, si commuove davanti agli aloni di vomito...”

 

“Cos'è che fa?!” Kogure, dietro i suoi occhiali, lo guardò con gli occhi sgranati.

“Hn”

“Nausea, svenimenti, pianti ingiustificati... -  mormorò tre sé Ayako – Va bene. Kae, esci un attimo. In quanto, Dea della Sapienza, potrei benissimo sopperire alle... mancanze di Hanagata. Se non lo so io, che Divinità sapiente  sarei, ti pare? - sorrise, annuendo soddisfatta - Forza! Fuori di qui e fammi lavorare!”

“Hn” mugugnò il Dio corvino, recandosi nella Sala del Trono, ripensando al tasso d'imbecillità che lo circondava.

 

 

 

“I... Io sarei...?!” balbettò Hanamichi, guardando a bocca aperta  le due Divinità.

“Già, già!” annuirono all'unisono, sorridendo deliziati.

“Da... Da... tre mesi...?!” continuò, sgranando gli occhioni scuri.

“...E  mezzo.” precisò Ayako, indicandogli il ventre già rigonfio.

“Devo dirlo a Kaede!” sobbalzò il rossino, alzandosi dal letto.

“Sii molto cauto. Fa tanto il duro, ma è una persona sensibile!” si raccomandò Kogure, prima di vederlo correre via.

 

“Cinquanta sacchi d'orzo, che sviene!” propose la Dea, dimostrando una notevole sicurezza.

“Ma figurati! Secondo me inizierà a ridere, saltellando per la Sala!” replicò il Dio della bellezza.

“E ci vorremmo perdere la scena?” gli chiese, guardandolo di sottecchi.

“Non sia mai!” esclamò il Dio, uscendo dalla camera insieme alla sorella.

 

 

Trovò Kaede seduto sul suo Trono. Corrucciato e pensieroso. Appena lo vide, si precipitò da lui, palesemente in ansia.

 

“Ehi, ti sei svegliato! Come... Come stai? N... Non è il veleno, vero?” balbettò agitato, stringendogli le mani.

“No, no!” s'affrettò a precisare il rossino. Era un po' preoccupato. Non avevano mai parlato di...

“Allora cos'è?! Una malattia rara? Un morso d'insetto? Allergia a qualche cibo? Se sei allergico alla stupidità, non c'è  un rimedio! Siamo circondati da...”

“No, no! Kae? Calmati – sbottò, incapace di tenere a freno quell'ondata di ansia che animava il consorte – KAE! ASPETTO SOLO UN BAMBINO!” sbuffò esasperato.

 

Silenzio.

 

Kaede sbatté le palpebre un paio di volte e continuò a fissarlo con occhi vuoti, procurandogli una fitta al cuore. Non era contento...

“Mi... Mi dispiace... - sussurrò il rossino, con gli occhi lucidi – Ma se non esistono ancora i contraccettivi, mica è colpa mia!” si schernì, ricacciando indietro le lacrime.

 

Il Dio dei Morti, il più odiato dagli esseri viventi, la Divinità più insensibile e spietata dell'intero Pantheon... Sbatté  le palpebre ancora un paio di volte, prima di rovesciare gli occhi, cadendo all'indietro con un piccolo tonfo.

“KAEDE!!!!” strillò Hanamichi, inginocchiandosi accanto al suo sposo privo di sensi.

 

“Ricordati il mio orzo.” rise Ayako  soddisfatta, mentre si avvicinava alla strana coppia.

 

 

 

“CHE CAZZO STAI FACENDO, DO'HAO?” tuonò Kaede, gli occhi ridotti a due fessure.

“Cammino, Baka!” rispose piccato.

“Questo lo vedo da me! Intendo dire, dove te ne vai con quell'anfora così pesante!” precisò, guardandolo con totale disapprovazione.

 

Hanamichi, guardò il vasetto di lavanda che teneva tra le mani e sospirò frustrato.

“Devi avere picchiato la testa di brutto, quando sei svenuto!” borbottò, posando il microscopico e leggerissimo oggetto, sul davanzale di una finestra del corridoio.

 

“NON SONO AFFATTO SVENUTO! HO AVUTO UN...”

“Attacco di narcolessia fulminante! Lo so!”sbuffò il giovane Dio, sistemandosi il vestito nuovo.

 

Quegli abiti così larghi gli davano un po' fastidio. In effetti, anche il suo pancione, iniziava a creargli qualche problema nei movimenti.

 

“Hana, devi stare attento! Non puoi fare sforzi... soprattutto adesso che Hanagata è fuori uso!” lo rimproverò il Dio corvino.

 

Da quando si era innamorato, le diagnosi del Medico degli Dei, erano diventate totalmente inattendibili.

 

“Lo so da me, cosa credi!” tuonò, voltandosi verso di lui.

Inavvertitamente, però, gli tirò una panzata che scaraventò il Dio dei Morti, a qualche metro di distanza, costringendolo a strisciare lungo tutto il corridoio per poi andare a sbattere contro la pesante porta, fortunatamente chiusa.

“Ops. Scusa! -  mormorò Hanamichi, aiutandolo a rialzarsi – Però! E' stato divertente! Magari potrebbe essere un nuovo gioco per obesi!'Colpisci la panza'!Quelli più magri potrebbero usare un oggetto... Magari una pala da fornaio o un bastone... Potremmo provare a giocarlo alla prossima festa dei bimbi!” borbottò il rossino, meditando freneticamente.

 

“Hai finito di dire pirlate? - sospirò Kaede, prendendolo in braccio – Tu non organizzi un bel niente. Te ne vai dritto a letto. E stai attento a manovrare quest'arma, o qualcuno di farà male sul serio!” concluse, corrucciandosi.

 

“Cerchi sempre di tarparmi le ali!” lo accusò, tirando su col naso.

“Vorrei evitare che qualcuno si ammazzi! - precisò, adagiandolo cautamente sul morbido giaciglio - Anche se questo sarebbe deleterio per i miei affari...” borbottò tra sé.

 

 

 

Dopo qualche settimana dalla lieta novella, Ayako e Kogure decisero di portare alla futura coppia di genitori, alcuni doni delle Alte Divinità del Pantheon.

 

Giunti a palazzo, furono accolti da Mito che, sorridente, li fece accomodare nella maestosa Sala del Trono.

“Yohei... Stai bene?!” domandò il Dio occhialuto, notando il suo occhio nero e il braccio fasciato.

Attorno a loro, le due Furie superstiti, una claudicante e l'altra con la testa bendata, si prodigavano a sistemare la gigantesca culla e i vari giocattoli colorati.

 

“Avete subito un attacco? Hana sta bene?” pretese di sapere Ayako, iniziando a preoccuparsi seriamente.

 

“Ehm... Veramente... E' stato proprio lui... - borbottò il ragazzo, un po' imbarazzato – A proposito, adesso che arriva... Stategli ad almeno due metri di distanza.”

“Facciamo anche cinque!” suggerirono le due Furie malconce.

 

Hanamichi si guardò attorno estasiato.

“Ma... Sono bellissimi! - esclamò, osservando con maggiore attenzione i giocattoli e il piccolo mobilio – Oh! Quella cesta si muove!” notò, voltandosi verso il suo sposo, allarmato.

 

Il Dio dei Morti, fu sbalzato a venti metri di distanza, colpito in pieno dal grande pancione del giovane dai folti capelli scarlatti, finendo stampato contro una colonna di marmo, lasciandovi impressa la sua Divina Sagoma.

 

“Capito!” annuirono i due ospiti, riparandosi a distanza di sicurezza dal rossino.

 

“Hana, nella cesta c'è il dono del Sommo Maki...” gli spiegò Ayako, nascosta dietro il Trono, per paura di farsi del male.

 

“Oh! Una volpe! Che carina! - esclamò Hanamichi, prendendo la povera bestia tra le braccia – Che bel colore... Sembra quello della Luna! - mormorò, accarezzandogli il pelo argentato – La sua faccia mi è vagamente familiare...” borbottò meditabondo.

 

“Sarà lei ad allattare i nascituri...” gli sorrise Kogure, nascosto dietro sua sorella.

“I... che cosa?!” sbottò Kaede, togliendosi un po' di polvere dal mantello nero.

“I bambini. Sono quattro. Non ve lo avevo detto?” si aggrottò Ayako, cercando di ricordare.

 

Dal tonfo prodotto dal mancamento del rossino, la bella Dea dedusse la risposta.

 

“Qu...Qua... S...Sono quattro!?” balbettò il Dio dei Morti, cercando di non svenire a sua volta.

 

“Accidenti! Sapevo di aver scordato qualcosa. Sono la Dea della Sapienza!” sorrise, mentre attorno a lei, si elevarono al cielo sospiri affranti e guaiti di dolore.

 

 

 

 

“Ede?”

“...”

“EDEEE!!!”

“Hn”

“Ho voglia!”

“Hn...Abbiamo appena smesso...Mi vuoi uccidere, vero?”

“BRUTTO PORCO PERVERTITO! Cos'hai capito?! Ho fame!”

“Hn”

“Non ti riaddormentare, scemo! Ho voglia di polpettone!”

“Alle quattro del mattino? E poi, scusa, che cavolo è 'sto polpettone?!”

“E che ne so io! Ho fame, mica faccio il cuoco!”

 

“Dove vuoi che vada a cercare una cosa che non conosci nemmeno?!”

“Uffa! Chiedi a Fukuda! Devo sempre dirti tutto!”

“Chi?! Il Fabbro degli Dei?! Che roba vuoi ingurgitare, Do'hao?”

“Ma allora sei scemo pesante! Fukuda ha una cucina, no?”

“Ha una FUCINA, pezzo di Do'hao e pure ignorante!”

“Cucina, fucina, fa lo stesso! Ha un forno, quindi può cuocere qualunque cosa!Ho famee!” ringhiò con un tono di voce a dir poco inquietante.

“Ma...Sono le quattro!!!” tentò di protestare Kaede, atterrito da quel timbro vocale.

 

“BENE! Se poi nascono con una gigantesca voglia di polpettone sulla faccia, non te la prendere con me, chiaro?Già avranno come padre l'essere più odiato dell'Universo e tutti i gravi problemi sociali che ne conseguono! Aggiungi la voglia di polpettone sulla faccia e... Saranno delle creature orrende!”

 

“Non piangere! Va bene... Vado... Ma dovrebbero preoccuparsi più dei geni Do'hao che gli trasmetterai tu,  piuttosto che della mia nomea!”

“Sopra il polpettone, ci voglio la panna montata e i cetrioli. Ah, sì! Falla cospargere di cioccolato fuso e facci mettere intorno tante fragoline di bosco!”

“Che schifo! Anche i tuoi gusti potrebbero essere altamente nocivi per loro!”

“Zitto e sparisci!” ringhiò, usando ancora quella voce tremenda che spaventava oltre ogni dire il Dio dei Morti.

 

 

 

Giunto nel laboratorio del fabbro, Kaede gli si avvicinò, con passo felpato.

“FUKUDA!” tuonò, facendo vibrare i pesanti scudi appesi alle pareti.

“MA SEI IMPAZZITO! - sbottò il Dio, afferrandosi il petto con una mano guantata -  Meno male che sono immortale o morivo d'infarto! Cos'è? Ti stai portando il lavoro anche fuori di casa?!” borbottò, imbronciando i grossi labbroni.

 

“Mi serve un polpettone!” tagliò corto il Dio corvino, incrociando le braccia al petto.

“Che roba è? Una nuova arma fenicia? No, probabilmente egizia! Quei dannati sono incredibilmente fantasiosi nel creare oggetti di guerra!” bofonchiò Fukuda, aggrottando le grosse sopracciglia.

 

“E' un cibo! Fallo come ti pare, ma cuocilo!” sbottò guardandolo torvo.

“Ma sei impazzito?! Io sono un genio nella sacra arte della scultura! Fondo  metalli di qualsiasi tipo, creo le spade migliori dell'intero Olimpo! Nessuno è migliore di mmmmppfffhhh!!!”

 

Kaede lo aveva afferrato per la camiciola, sollevandolo da terra e avvicinando i suoi occhi sgranati, iniettati di sangue a pochi centimetri dai suoi, atterriti e sgomenti.

 

“Non dormo da centoquarantasette ore, ho fame, freddo, sono coperto di lividi e Hanamichi vuole un cazzo di polpettone con i cetrioli, la panna montata, il cioccolato fuso e le fragoline di bosco! Se torno indietro a mani vuote, TU verrai con me e gli spiegherai PERCHE' non hai impedito che i nostri figli nascessero con una gigantesca voglia di polpettone sul viso!!!” ringhiò tutto d'un fiato, digrignando i denti candidi.

 

“NO! Hanamichi NO!!! - implorò il povero Dio. In tutto l'Olimpo, giravano strane voci sul rossino. Storie terribili di gente trucidata o misteriosamente scomparsa – Lo faccio! T...Tanto lui non sa che cosa sia, giusto?”

 

Fukuda si guardò intorno, allarmato.

Aveva del pane, un paio di uova, un po' d'acqua e della vecchia carne cruda a pezzettini, che di solito appallottolava, creando dei piccoli scudi rosati che poi cuoceva nel forno.

 

“Dammi qualche ora di tempo e te lo preparo, va bene? MA NON PORTARMI DA LUI!!!” singhiozzò il Fabbro degli Dei, sgranando gli enormi occhioni da triglia.

“SBRIGATI!” sibilò Kaede, sedendosi comodamente accanto al forno acceso, mentre il padrone di casa si prodigava alla disperata ricerca degli ingredienti adatti.

 

 

 

Di ritorno con l'ambito trofeo tra le mani, posò il vassoio sulla sua gigantesca pancia, per poi stendersi nuovamente sul talamo nuziale. Un po' di sacro riposo, se lo era proprio meritato!

 

“Non mi va più!”

“HN?! - sobbalzò, vedendolo posare il cibo del tutto intonso sul suo comodino – Hai idea di quello che ho dovuto passare per far cucinare Fukuda?! Che vuol dire che non lo vuoi? E non ti mettere a piangere, sai? Non riuscirai a commuovermi!” tuonò, tentando di non andargli vicino.

 

“Mi odiate tutti! Sono diventato un frignone rompiscatole. A palazzo non c'è nessuno senza un benda o una contusione e non possiamo nemmeno più farlo, perché ti sbalzo fuori dal letto!” singhiozzò il giovane Dio disperato.

 

“Sono io ad avere il sedere completamente viola, perché ti lamenti tu?” borbottò Kaede, abbracciandolo.

“Vedi? Mi odi, perché sono brutto e grasso! E piagnone e rompipalle e...”

 

“Non sei grasso! - sbottò il Dio corvino, ormai maestro nell'arte della diplomazia – Sei... Sei...rotondo, ecco!”

“Rotondo?! Rotondo vuol dire grasso! - gli fece notare Hanamichi, cercando di picchiarlo – Non posso nemmeno darti una testata, con 'sto panzone!”

 

“Aspetta, Do'hao. Intendevo dire che sei rotondo... Come una sfera! La forma perfetta!”

“Sono perfetto, Kae?” volle sapere il rossino, attirandolo a sé.

 

“Hn” annuì, augurandosi di non soffocare, stretto tra la pancia prominente e le braccia del suo Koi.

Tre mesi. Mancavano solo tre mesi. Ce la poteva fare!

 

“Tornerò come prima, vero? Smetterò di comportarmi come una donnetta e non farò più male a qualcuno?” gli chiese, tra uno sbadiglio e l'altro.

“Tornerai Do'hao come sempre!” lo rincuorò, sentendolo abbandonarsi tra le braccia di Morfeo.

 

Finalmente poteva riposare anche lui.

Se lo era ampiamente meritato, ma... Non ci riusciva.

 

Godendosi quel primo momento di quiete dopo quasi sei mesi di...Inferno, poté soffermarsi alcuni istanti a riflettere sulla situazione.

Sarebbe diventato un papà.

 

Quattro anni prima, non lo avrebbe mai creduto.

Solo e solitario, evitato da tutti. Scontroso e taciturno, viveva nella noia più totale.

 

Poi, uno specchio della Grande Sala del Tempio del Sommo Maki, gli aveva mostrato un sorriso solare e un corpo da amare.

 

Un Do'hao, attaccabrighe, pazzo come un cavallo, pieno di idee allucinanti, ma pur sempre il 'suo' Do'hao.

 

Appoggiò una mano sul suo gigantesco ventre e sentì un piccolo calcio.

Trattenendo il respiro, vi appoggiò un orecchio e rimase ad ascoltare i piccoli cuori che battevano all'unisono.

 

Erano lì dentro. I suoi figli.

I loro figli.

 

Chissà che faccia avrebbero avuto.

Sarebbero stati certamente belli, quello era scontato.

 

Era il loro carattere, a preoccuparlo.

Lui non era certo una persona facile, ma Hanamichi era fuori come un balcone.

 

Quattro esserini taciturni e maneschi, in giro per il Pianeta.

La fine del mondo.

 

In tutti i sensi.

 

 

 

 

Mancavano due settimane.

Poteva resistere.

 

Aveva sopportato feste e piagnistei.

Litigate Titaniche e minacce di morte.

 

Era stato picchiato e seviziato per mesi.

Usato come strumento di piacere o servizievole ancella.

 

Era coperto di lividi dalla testa ai piedi, non dormiva da settimane, era stanco e affamato, ma resisteva.

 

Kaede segno sul muro con una ics, il giorno appena trascorso.

Altri quattordici. Poteva farcela!

 

“EDE? HO FAME!”

 

No. Non ce l'avrebbe mai fatta!

 

 

 

 

 

“Kae? KAE!? SVEGLIATI!!!!” urlò Hanamichi, iniziando a prenderlo a gomitate.

“Hn?!” mugugnò il Dio dei Morti, rigirandosi dall'altro lato.

“KAEEEEE!!!!!”

 

“Che vuoi?!” borbottò il corvino, guardandolo corrucciato.

“Mi si sono rotte le acque!” gemette il rossino, tenendosi la pancia tra le mani.

 

“Ma bene! Mi dici dove lo trovo un idraulico di Domenica mattina?! - sbottò contrariato - Senza contare che ancora non li hanno inventati!” aggiunse sbadigliando.

 

“Pezzo di imbecille! - il giovane Dio lo afferrò per il collo, guardandolo con gli occhi iniettati di sangue - Sto per partorire, deficiente!!!! – ringhiò con quella voce tremenda che sapeva atterrirlo.

 

“Oh, me!” tuonò Kaede, alzandosi di scatto.

“Eh?!”

“Significa 'Oddio'... Sai com'è...” gli spiegò, sorridendo compiaciuto.

“SMETTILA DI DIRE CAZZATE E FA QUALCOSA!” gridò Hanamichi, disperato.

 

“Non ho già fatto abbastanza, scusa? - borbottò offeso, indicandogli il pacione – Ok, calma! CERCHIAMO DI RESTARE CALMI!!!” tuonò, incominciando a respirare troppo velocemente.

 

“Stai andando in iperventilazione. - gli fece notare il rossino, tra un lamento e l'altro – Calmati. Fai dei respiri profondi e, soprattuto, NON SVENIRE!”

 

“Non sono svenuto, Do'hao! E' stata la narcolessia! - precisò piccato il Dio, sedendosi accanto a lui –  Tu, piuttosto, vedi di stare fermo, non sono ancora pronto!”

 

“Stare... Fermo?!” domandò confuso.

“Ma sì! Fermati. Tappati. Rimandali indietro! Insomma, non farli ancora nascere!” sbottò Kaede.

 

“Rimandarli indietro?! Non sono un pacco postale, pezzo di cretino!” gridò Hanamichi, contorcendosi dal dolore.

“EH?!”

“Niente! Ma perché ti ho sposato?! - singhiozzò il giovane Dio – E' tutta colpa tua! E poi, che cazzo vuol dire che non sei pronto?!”

 

“Mi pare che ti sia divertito anche tu, se non ricordo male! - si schernì Kaede, imbronciandosi - E comunque, non sono pronto ad incontrare i bambini! Non so cosa dirgli! Che faccio? Come mi presento? 'Salve, sono Kaede, il Dio degli Inferi e sono il vostro papà'? E se non gli piaccio? E se iniziano a frignare e a odiarmi?” si agitò il Dio, riflettendo rapidamente.

 

“Qui, l'unico che sta per piangere, sono io!” gemette il rossino, passandosi una mano sugli occhi.

 

 “Aspetta! Faccio bollire dell'acqua, eh?” propose Kaede, stringendogli la mano.

“Ti pare il caso di pensare al cibo in un momento simile?!” ringhiò il rosso, stritolandogli le dita.

“Ma... In TV fanno sempre così!” si giustificò, cercando di riappropriarsi dell'arto illividito.

“TV?!”

“Ah, già! Non esiste ancora!” mugugnò, grattandosi il mento.

 

“KAEDE, CORRI A CHIAMARE HANAGATA O GIURO CHE PRENDERO' A CALCI IL TUO DIVINO CULETTO!” urlò, vedendo il suo ombelico dilatarsi sempre di più.

 

“Ma... Ne sei sicuro? E' fuori di testa e...”

“PORTALO QUIIII !!!!!”

 

 

E così, dopo più di ventidue ore di travaglio, nacquero le stagioni.

 

 

 

***

 

 

 

 

“A cosa stai pensando, piccolo?” gli domandò Kaede, sentendolo ridere piano.

“Al giorno in cui sono nati... Avevi una faccia!” commentò divertito.

“Hn!” arrossì il Dio corvino, imbarazzato.

 

La seconda volta in tutta la sua esistenza, in cui aveva perso il suo leggendario sangue freddo.

La prima era stata quando Hanamichi aveva rischiato di morire avvelenato.

 

Agitato e nervoso, aveva detto un sacco di stupidaggini, era stato picchiato ripetutamente dal suo sposo, preso per i fondelli da mezzo Pantheon, deriso da una volpe spelacchiata... Ma era stato uno dei momenti più belli di tutta la sua vita.

 

 

 

I bambini si mossero piano. All'interno della culla in cui erano stati da poco adagiati, iniziarono a piangere cercando con gli occhi i loro genitori, trovandoli seduti sul loro grande letto.

 

Kaede era appoggiato sui cuscini, contro la testata del letto e il rossino usava il suo petto candido a mo' di schienale.

 

Hanamichi  vide le piccole creaturine  fluttuare sino al loro letto e adagiarsi su di loro.

Primavera si appollaiò sulla spalla del suo babbo dai capelli neri, cospargendogli il crine di fiori profumati, mentre Estate ed Inverno, lottavano per il predominio dello stomaco del rossino.

 

Nello scontro, Autunno si ritrovò colpito ripetutamente dai calci dei suoi fratelli maggiori.

Gli occhi gli si riempirono nuovamente di lacrime. Cercò Hanamichi con lo sguardo il quale, si limitò a sorridergli dispiaciuto.

 

La piccola Divinità si indurì completamente, tremando di rabbia.

Voltandosi verso i due litiganti li afferrò per i capelli, tirando a ciascuno di loro una poderosa testata che li lasciò tramortiti sul materasso, con le fronti fumanti. Il tutto sotto lo sguardo sorridente di Primavera, che gli batteva le manine, felice e piuttosto divertita.

 

Ridendo soddisfatto, saltò addosso al giovane Dio, guardando il suo papà più chiaro che gli accarezzava la testolina scura, palesemente fiero di lui.

 

“Mio figlio!” sbottarono i due adulti orgogliosi.

“Come? Li ha colpiti. Te l'avevo detto io di non difenderlo sempre!” sibilò Kaede, aggrottandosi.

“Sì, ma li ha presi a testate, cosa che faccio sempre io!” gli fece notare, alquanto compiaciuto.

 

I due  ex nemici in miniatura, con le fronti rosse e doloranti, si guardarono attorno per poi stringersi la mano, in un chiaro segno di pace.

 

“Hai visto? L'anarchia ha i suoi lati positivi!” borbottò il Dio corvino, posando nella culla le piccole divinità, nuovamente sopite.

“Speriamo che duri!” sospirò il rossino, adagiandosi su di lui.

“Hn?!”

“E' da tanto che... Io e te... Non lo facciamo...” arrossì, guardandolo di sottecchi.

“Beh, loro dormono, quindi...” sorrise Kaede, chinandosi per un lungo bacio appassionato.

 

Qualche secondo dopo, i due sposi erano allacciati l'uno all'altro, profondamente addormentati.

 

 

-OWARI-