Disclaimer:I personaggi, non sono miei ma di T. Inoue.

La storia, invece, è la mia leggenda Mitologica preferita…in versione S.D., ovviamente!!!

Per reclami o insulti, aspettate che il mio psichiatra sia di ritorno dal Centro di Disintossicazione…

Strano…Godeva di ottima salute, fino ad un paio d’ anni fa…

Caspita!!! Proprio quando l’ ho conosciuto io! Che coincidenza pazzesca!!!

 

 

 


Persephone & Hades

Parte I

di Gojyina-chan

 

Kaede : Hades  (Dio del Regno dei Morti)                             Hanamichi: Persephone 

Ayako : Athena (Dea della sapienza e delle Arti)                   Kogure : Aprhodite (Dea della Bellezza)

Mitsui : Ares (Dio della Guerra)                                                Sendoh : Apollo (Dio del Sole)

Miyagi : Ermes (Messaggero degli Dèi)                                     Maki : Zeus(Sovrano dell’ Olimpo)

Kyota : Eros (Dio dell’ Amore)                                                  Akagi : Demetra (Dea della terra)

Fujima : Poseidone (Dio dei Mari)                                             Hanagata : Asclepio (Dio-Medico)

Jin : Artemide (Dea della Luna)                                                  Fukuda : Efesto (il Fabbro degli Dèi)

 

                   

 

                             

 

                                                           

                                                      - PRIMA  PARTE -             

 

 

 

Figlio di Uozumi (Crono) e di Koshino (Rea), Kaede era Sovrano del Regno degli Inferi.

Quando Maki sconfisse suo padre Uosumi, spartì l’ Universo con i suoi fratelli. Lui, scelse il dominio dei Cieli e dell’ Olimpo; a Fujima, toccò il regno dei Mari; mentre a Kaede, quello Sotterraneo.

Tra le divinità, egli era il più odiato dagli esseri umani, poiché il suo nome era associato alla morte.

Ma anche tra gli Dèi, non godeva di buona popolarità, a causa del suo carattere taciturno e introverso.

Solo Ayako, era disposta a stargli vicino, incoraggiandolo, per nulla infastidita dai suoi lunghi silenzi.

“Kaede, dovresti cercare di divertirti! Non puoi sprecare l’ Eternità limitandoti a vegetare!” lo rimproverava sovente, chiamandolo con il suo vero nome, non quello affibbiatogli dagli insulsi mortali!

“Hn” si limitava a risponderle, apatico come sempre.

 

Quello che il bel Dio corvino non sapeva, era che la sua immortale esistenza, stava per mutare completamente…

 

Detestava partecipare a Banchetti e Cerimonie sull’ Olimpo, soprattutto perché finivano sempre in penosi Simposi… Non vi era nulla di più irritante, d’ essere circondato da divinità completamente ubriache, che vaneggiavano sul significato della vita e dell’ esistenza umana e immortale…

Dalla Notte dei Tempi, finiva sempre allo stesso, pietoso, modo…

Mitsui,  ciucco marcio, trascinava via il povero Kogure, rosso d’ imbarazzo, sotto gli occhi di Kyota, il quale, sconvolto da tanta depravazione, veniva prontamente… consolato dal Sommo Maki. Miyagi invece, approfittando della confusione, tentava di corteggiare la bella Ayako, ricevendo in cambio una serie di colpi proibiti dalla dea che, brandendo un fascio di spighe di proporzioni titaniche, lo riduceva come una zampogna. Sendoh, incurante del putiferio, si lanciava sul suo amato Jin, allungando le mani, incurante degli sguardi rassegnati di Fujima e imbarazzati del povero Fukuda.

Kaede, sbuffando nervosamente, si ritrovò davanti quello spettacolo indecoroso. Vino, orge e vaneggiamenti…

Annoiato come al solito, si allontanò da quel delirio, alla ricerca del tanto amato silenzio.

Camminando per il palazzo di Maki, tra alte colonne, arazzi preziosi e architetture possenti, ricche di statue e oggetti finemente cesellati, giunse nella Sala del Trono, dove suo fratello controllava i mortali attraverso una lunga seria di specchi di diverse forme e grandezze.

Quelle immagini di vita quotidiana, se possibile, irritavano il dio corvino più del comportamento dei suoi simili! Perché vivere, se tanto, prima o poi, sempre da lui erano costretti a venire?

 

Una risata calda, allegra e contagiosa, attirò la sua attenzione.

Chi era? Chi poteva essere così insolente da strappare un mezzo sorriso al Dio dei Morti?!

Attratto, suo malgrado, da quel dolce suono, Kaede si ritrovò dinnanzi ad un grande specchio, dalla cornice dorata. Quello con cui Maki osservava l’ operato di quelle divinità che avevano scelto di abitare sulla Terra…

Scrutò con attenzione il prato fiorito dinnanzi a sé ed, infine, lo vide.

Un ragazzo. Il sole lo avvolgeva in un caldo abbraccio, donandogli un’ aura accecante.

Si scoprì geloso di quei raggi tanto impertinenti.

La pelle dorata e i capelli purpurei, risaltavano tra la fitta vegetazione in cui era immerso.

Il suo corpo…Qualunque scultore, avrebbe dato la vita, pur di poter immortalare tanta perfezione in un blocco marmoreo.

I lineamenti del viso, ora distesi in un sorriso divertito, erano fieri e delicati al tempo stesso

Gli occhi, due pozze di oro fuso, e la bocca carnosa, del colore delle ciliegie, parevano sbeffeggiarlo impunemente, tanta era la VITA di cui il loro proprietario, sembrava essere l’ emblema!

 

Scaldami…Bruciami, se necessario…. Ma fammi vivere!

Con un leggero movimento del mantello nero, Kaede sparì, lasciando l’immenso salone al brusio proveniente dagli specchi abbandonati…

 

“Ah, ah, ah! Takamiya, se continui così, anche il tuo corpo, un giorno o l’altro, diventerà una bacca!” rise il giovane Hanamichi, guardando l’ amico ingurgitare l’ ennesima manciata di frutti.

“Io devo crescere, saiiii? Mica come teeee, che sarai giovane e bello per l’eternitààà!” si lamentò il ragazzotto, strafogandosi come al solito.

Quella che voleva essere una scusa per continuare a mangiare indisturbato, ebbe il potere di rattristare il bel viso del rossino.

Già. Lui era un Dio, ancora inesperto, ma pur sempre immortale. I suoi amici Takamiya, Noma e Osuku, in quanto umani, sarebbero invecchiate e …

Mito… Il pensiero ritornò, per l’ ennesima volta, al suo più caro compagno di avventure.

Gli mancava. Tanto. Soprattutto nei momenti di massimo divertimento, avvertiva fisicamente la sua assenza. Ed ogni volta era una pugnalata al cuore…Ucciso dal proprio senso di colpa.

Un’ ombra scura e minacciosa, si stagliò alle spalle del giovane Dio.

Il cazzotto che si beccò in testa, annunciò l’arrivo di suo padre Akagi, Dio della Terra.Dalui dipendevano i raccolti e le fioriture, per questo, amato e idolatrato da ogni mortale.

“Ti avevo detto di studiare le piante del bosco, invece ti ritrovò qui a bighellonare con quei tre dementi!- tuonò, rosso in viso- Figlio degenere! Un giorno avrai anche tu delle responsabilità! Sarai un Dio, con qualcosa da proteggere e custodire! Come lo farai? Giocando con i mortali?”

“Ancora con ‘sta storia!- sbuffò il ragazzo-Che dovrei fare? Il mondo non ha bisogno di me! Di divinità ce ne sono un sacco! Non potrei essere…Che ne so? Il Dio del Divertimento?Sarei il più amato!”scherzò, appoggiato dalle risate dei suoi tre amici.

IMBECILLEEEEEEEEEEE!!!!!!!! Che figura ci faccio, io?Perché, Maki, fratello mio, mi hai condannato ad un simile supplizio?!Che ho fatto di male per meritare un figlio simile??!!” si lamentò il Dio, alzando gli occhi al cielo.

“ Non la butterei giù così pesante, pà!” borbottò il giovane, aggrottandosi.

“ Voi tre, sparite all’ istante o farò seccare i l raccolto dei vostri padri!!! - urlò Akagi ai ragazzi, che subito scapparono via spaventati – E tu…- sibilò afferrandolo per un orecchio – Fila a studiare!!!”.

Con le spalle insaccate, Hanamichi si diresse nel bosco lì vicino.

 

“Hana fai questo, Hana fai quello! Insopportabile!- borbottò il giovane – Che me ne frega della forma delle foglie di abete o il colore dei fiori di biancospino?!” sbuffò esasperato.

All’ improvviso, rabbrividì nonostante la bella giornata. Si sentiva…osservato.

Alzando il viso, guardò le chiome degli alberi, che  permettevano a pochi, isolati,  raggi di sole di filtrare, creando uno strano gioco di ombre e fili luminosi, nella piccola radura.

Percependo una presenza estranea, si voltò, rimanendo con le spalle appoggiate al tronco di un albero.

Intravide…una sagoma nera che si avvicinava silenziosamente.

“Chi sei? Ho da fare, sparisci!” sbottò il rossino.

L’ ombra indistinta, prese forma a pochi passi.

Era un giovane, vestito di nero che lo guardava negli occhi, per nulla spaventato dal suo tono minaccioso.

Alto pressappoco come lui, con indosso un abito scuro, finemente ricamato in argentee lingue di forma concentriche, stivali e guanti di pelle neri, un largo mantello che oscillava svogliatamente alla brezza pomeridiana.

I lineamenti del viso, scolpiti nel più candido dei marmi, due zaffiri lucenti, al posto delle iridi, coperti lievemente, da una cascata di capelli, neri come una notte senza stelle.

Bello, davvero, ma… vuoto. Tanta era la sua bellezza, da sembrargli falso.

“Cosa vuoi?” domandò, con un sussurrò diffidente.

Lo sconosciuto lo intrappolò contro il tronco dell’ albero, mormorandogli in un orecchio, con voce profonda e vellutata “ Te”.

Poi fu solo buio.

 

Quando riprese conoscenza, si ritrovò disteso su un enorme letto a baldacchino, tra calde coperte bordeaux.

Mettendosi seduto, si guardò attorno, confuso e spaesato.

Pavimenti, muri e colonne,in marmo nero, statue inquietanti e arazzi lugubri, adornavano la grande stanza dall’ alto soffitto a cupola.

Dove diamine era finito?!

“Ti sei svegliato, finalmente!” disse una voce familiare, da dietro una colonna.

“Chi sei, dove sono e che vuoi da me!” sibilò tutto d’ un fiato, a mo’ di domanda.

“Davvero non mi riconosci? Sei un principiante, tra le divinità!” lo sbeffeggiò ironicamente, lo straniero incontrato nel bosco, pur mantenendo la sua espressione indifferente.

“Baka! Sono giovane, io…Sto imparando! - si schernì, arrossendo furiosamente – Non mi hai risposto!” gli fece notare seccamente.

“Sono Kaede, Signore del Regno dei Morti. Sulla terre mi chiamano Hades.Sei nella mia dimora.”

“Perché?” domandò, incavolato per quell’atteggiamento arrogante.

“Ti voglio qui, con me. Abituati, sarà la tua nuova casa per l’eternità.” Gli annunciò freddamente, avvicinandosi lentamente.

“CHE COOOSAAA??!! – tuonò il rossino, saltando giù dal letto – Io ce l’ ho una casa, chiaro? Ho una vita, sulla terra! Non ci rimango qui!”

“Hn” commentò l’altro, per nulla impressionato.

Hn? Mi rapisci, mi imprigioni in questa tomba e tutto quello che sai dire è Hn?! Ma io ti…” gli si avventò addosso, furibondo, iniziando a fare a botte con quel manichino inespressivo.

 

Solo parecchio tempo dopo, Kaede riuscì ad inchiodare quel corpo caldo e dorato, sul materasso. Rimasero a lungo, sdraiati sul grande letto, ansimanti e sudati.

“Non sei prigioniero. Sarai il mio sposo.” Precisò il Dio corvino, appena ripreso fiato.

“Ma sei scemo? Proprio tu, poi…che mi hai portato via il mio migliore amico! IO - TI -ODIO, capito?” sibilò il giovane, gli occhi, due braci incandescenti.

“Hn… Vedremo…”mormorò l'altro, facendo muovere quattro lembi di tessuto, che andarono ad attorcigliarsi sui polsi e le caviglie del ragazzo, legandolo, così, ai lati del letto.

“Ma…che…?” Hanamichi, sgranò gli occhi, spaventato.

Senza dire una parola, il Dio corvino si chinò sulle sue labbra carnose.

Sapevano di sole e belle giornate.

Scese poi sul collo, succhiando la giugulare e percependo il sangue dell’ amante, scorrere più veloce.

Con uno schioccò delle dita nivee, lo denudò completamente, beandosi, ancora una volta, di tanta perfezione. Assaggiò, leccò, morse e gli piacque.

I lamenti sorpresi del giovane, erano musica per le sue orecchie.

Continuando la sua esplorazione, giunse al membro dorato, che subito fremette, sotto le sue audaci carezze.

Dalla base alla punta,lo massaggiò sia con le dita che con le labbra. Affamato.

Lasciò una scia di saliva lungo tutta la sua lunghezza.Lente lappate e morsi delicati.

Si soffermò a lungo, succhiando la punta, come a voler assorbire la forza vitale del bel proprietario.

Lo sentì gemere e inarcarsi, quando inserì il primo e il secondo dito, nel suo vergine orifizio.

Masturbandolo più velocemente, infilò anche il terzo, iniziando a muovere le dita all’interno del suo corpo, dimentico di tutto quello che lo circondava.

Solo Hanamichi, esisteva. Lui e il calore intossicante del suo antro segreto.

Quando lo sentì rilassarsi al suo tocco, invase quell’ arrossato orifizio, con il proprio membro, facendolo urlare di dolore.

Iniziò a muoversi  dentro quel guanto umido e bollente, beandosi del calore che gli infondeva.

Sentendo la sua mano sporca della linfa del rossino, Kaede non resistette oltre e venne a sua volta dentro quel corpo dorato, inondandolo con il proprio seme, marchiandolo per l’Eternità come suo sposo e compagno.

La Cerimonia era compiuta.

 

Hanamichi tremava violentemente, la testa inclinata di lato, gli occhi sgranati dai quali scendevano silenziose, due lacrime di dolore e umiliazione.

Lo aveva stuprato. L’orgasmo provato, era solo stato causato dalle stimolazioni di quelle mani schifose.

Rapito, segregato e violentato. Ed ora, quel bastardo, egoista megalomane, era il suo sposo…

Lo sentì uscire dal suo corpo e trattenne l’ ennesimo gemito di dolore.

Kaede lo liberò con un gesto noncurante e subito il ragazzo dalla pelle dorata, si accovacciò in posizione fetale, serrando gli occhi.

Non lo voleva più vedere, a costo di strapparsi i bulbi oculari con le proprie mani!!!

Soddisfatto di sé, il Dio corvino si rivestì, andando nella Sala del Trono, dove lo attendevano Mitsui, Kogure, e Sendoh.

 

“OOOOHHHH!!! Ci siamo divertiti, vedo!” lo accolse il Dio del Sole, con un largo sorriso malizioso.

“Bravo il nostro Becchino!” rincarò Mitsui, notando i segni sul collo, ricordo della rissa con Hanamichi.

“Aspetta, chiamo Ayako e Jin. Non mi crederebbero mai se glielo dicessi!” esclamò Kogure.

Prima che il padrone di casa potesse replicare, il Dio aveva già contattato telepaticamente le due divinità che apparvero pochi istanti dopo.

“Allora è vero?! Dov’ è lo sposo?” esordì la Dea, raggiante.

“Hn.” Mugugnò, indicando la camera da letto.

“Che razza di domande, che fai!” borbottarono all’ unisono Sendo e Mitsui, facendo arrossire i loro koi.

“Andiamo a presentarci!” propose Jin che si allontanò seguito da Kogure e Ayako.

Il grido di terrore delle tre divinità, fece sobbalzare i tre Dèi, rimasti nella grande sala. In un nano-secondo, si precipitarono nella camera e…

 

La prima cosa che sentirono, fu il forte odore di sangue.

Avvicinandosi al letto, Kaede, notò delle ombre scure sulle coperte bordeaux.

No… erano…zuppe…ma di cosa?…

Trasalì violentemente, vedendo i profondi tagli, sui polsi del rossino, da cui fuoriuscivano rivoli del colore dei suoi capelli.

Tra le mani, un pezzo di vetro. Aveva rotto il piccolo specchio che teneva sul comodino.

“Si è… tagliato le vene?!” sentì mormorare un allibito Sendoh.

Gesto disperato quanto stupido, essendo immortale, ma proprio per questo, ancora più agghiacciante.

Kogure strappò un lembo del suo bel vestito candido, iniziando a fasciare quei polsi martoriati.

“Che gli hai fatto?” chiese con voce dura, evitando di guardarlo.

“Io?! Niente!Me lo sono preso e…” iniziò il Dio corvino, ancora frastornato.

“Preso, in che senso?” volle sapere Jin, socchiudendo gli occhi.

“L’ho visto, mi è…piaciuto, l’ho portato qui e …” lasciò, volutamente la frase in sospeso.

“Cioè: lo hai visto, rapito e violentato! -  sibilò Ayako, prima di tirargli il ceffone più forte di tutta la sua vita immortale – SPARISCI, VERME!” tuonò, facendo vibrare persino le fondamenta del palazzo.

“Hn?!” continuava a non capire!

“Vuoi vedere cos’hai fatto – mormorò Kogure, afferrandogli una mano e posandola sulla testa del rosso – Concentrati e guarda!”.

D’ improvviso, una serie di immagini e sensazioni estranee, gli invasero la mente.

 

Risate tra amici……………..pomeriggi di sole……………..rimproveri paterni……………..

Dolore. L’ amico che cadeva nel fiume, portato via dalla corrente……………..lui che si tuffava…………………. Il ragazzo umano, che gli moriva tra le braccia………..

Rimorso e sensi di colpa……..

Il ritorno ad una vita normale…… ricordi di prati in fiore e nuove risate…meno allegre, ma pur sempre risate……….Un ombra scura…………….un posto lugubre………..Dolore e umiliazione…….e violenza…….Dolore. Ancora dolore…….Desiderio di non sentire più………….  Non vedere………      Uno specchio.   Rotto……….    Il primo zampillo…………………Pace e sollievo……

 

“NOOOOOO!!!” gridò Kaede, staccandosi da quel corpo ferito. Da lui. Lui lo aveva…ucciso.

Colui che doveva riscaldare la sua anima……lo aveva spento per sempre…

“Hai capito, adesso?” ringhiò Ayako, lanciandogli un’ occhiata disgustata.

“Io…non sapevo…non…- si coprì la bocca con una mano, incapace di continuare.Pochi istanti dopo, parve riprendere il controllo, poiché tuonò a gran voce – MIYAGI!!! PORTA QUI HANAGATA!!!”.

“S…Sei sicuro?” chiese Mitsui, guardandolo preoccupato.

Kaede e Hanagata(Asclepio - per i romani Esculapio – figlio di Apollo e inventore della medicina) avevano avuto, in passato, non pochi motivi di lite, soprattutto quando quest’ ultimo, aveva iniziato, non solo a curare i pazienti, ma addirittura a resuscitarli, mandando su tutte le furie il Dio della Morte. Solo l’ intervento di Maki, riportò la calma tra gli Dèi.

“Sbrigati!!!” sibilò pericolosamente, il Dio corvino.

Miyagi apparve alle spalle di Sendoh, con il Dio richiesto.

“Spostatevi! – ordinò il Dio-Medico con voce professionale, mentre controllava le ferite di Hanamichi - Opera tua, eh?” chiese sarcasticamente al padrone di casa, iniziando a medicare il giovane ancora privo di sensi.

“Hn”

“Non hai nemmeno cura di ciò che ami…” continuò, con amarezza.

“Puoi…Puoi fare qualcosa per…i ricordi?” mormorò con un filo di voce.

“Tsk!Per scaricarti la coscienza?” sibilò schifato il Dio occhialuto.

“No. Per non farlo soffrire più.” Affermò Kaede, guardandolo negli occhi.

La sua risposta sincera, dovette piacergli, poiché Hanagata passò una mano sulla fronte pallida del rossino.

“Non posso fargli dimenticare tutto. Gli lascerò una sensazione. Ricorderà ciò che gli hai fatto, ma proverà solo fastidio e disprezzo.” sentenziò il Dio.

“Hn” annuì Kaede.

“Lascialo dormire. Deve recuperare tutto il sangue che ha perso. Ci vorrà un po’.”

Detto questo, il Dio-Medico, sparì.

 

Era ancora vivo. Già. Se lo aspettava, dopotutto.

Gli avevano medicato le ferite e le…lenzuola erano state cambiate. Bianche. Un candore quasi accecante.La stoffa, al tatto, sembrava seta…

“Per controllare se avrai nuovamente voglia di compiere gesti eclatanti…” precisò il suo nemico.

Hanamichi non gli rispose, limitandosi a voltarsi dall’ altra parte, disgustato dalla sola presenza di quel bastardo.

“Hn” lo sentì commentare.

Chiuse gli occhi, sperando che Morfeo avesse pietà di lui e lo condannasse ad un sonno eterno.

“Hai intenzione di passarci l’Eternità lì sopra?”

Hn” scimmiottò, per tutta risposta.

Sentendolo ridere sommessamente, si voltò di scatto.

Il volto del Dio era inespressivo come sempre, ma i suoi occhi, di un blu cobalto, in quel momento erano del colore del cielo al mattino.

“Vieni con me.” Propose Kaede, tendendogli una mano.

Il rossino distolse lo sguardo. Poi, però, preso dalla curiosità, si alzò piano, notando d’ essere stato rivestito.

Un abito molto elegante, niente da ridire. Bordeaux con le cuciture ocra e una cintura d’ oro con incastonati piccoli rubini disposti in cerchio intorno ad uno più grande, che brillava come una stella.

Ancora indolenzito, appena mise il secondo piede per terra, barcollò portandosi una mano al ventre. Il Dio corvino, lo afferrò prontamente con un braccio ma, il giovane lo sbatté violentemente contro un muro, reagendo d’ istinto.

“Non… toccarmi… mai più! MAI!!!” ringhiò il rosso con gli occhi, ridotti a due fessure scure e minacciose.

“Mi vuoi colpire? Fallo pure, se ti farà sentire meglio.” Gli disse l’ altro, ricevendo in cambio, una risposta che lo stupì non poco.

“No. Io non sono come te!” affermò Hanamichi, fiero ed orgoglioso.

“Capisco…-borbottò tra sé il Dio dei Morti – Andiamo.”

Mosse il suo mantello nero e, in un istante, i due si ritrovarono immersi in un campo di fiori dai petali cangianti e cristallini.

Attorno a loro, gente sorridente, vegetazione rigogliosa, arcobaleni e cieli sereni, ruscelli colmi d’ acqua limpida e pura. Pace e tranquillità.

“I Campi Elisi” spiegò Kaede, anticipando la sua domanda.

“E’…magnifico! Che bei fiori…-mormorò il rosso, estasiato – Non credevo potesse esistere un posto simile!”

“Non tutti meritano l’ Averno (Inferno)” si limitò a dire il moro, con un’ alzata di spalle.

“Hanamichi?! HANAAAA!!!!” una voce familiare, fece trasalire il rossino, il quale, voltandosi indietro, riconobbe una figura familiare.

“M…Mito? Mito…MITO!!!” non poteva crederci!

I due si abbracciarono, finendo per terra, incuranti degli sguardi felici attorno a loro.

“Io…Mito…perdonami…perdonami…ho tentato, te lo giuro, ma…” mormorò il giovane Dio, guardando fisso le proprie mani, tremanti di rimorso e rabbia.

“Non dire sciocchezze!- lo rimproverò l’amico- Se non fossi stato un Dio, saresti morto nel tentativo di salvarmi! Non è stata colpa tua!Ehi, guardami!- gli sollevò il viso dorato, prendendolo tra le mani- Lo sapevo che quel ponte era vecchio e pericolante, ma ci sono voluto passare lo stesso. Io, sono stato imprudente. Io, chiaro?Smettila di farti del male!”

Hanamichi annuì sorridendo, asciugandosi due lacrime che erano scese sulle guance arrossate.

“Ma…che ci fai qui?! – chiese Mito, perplesso -Tu non puoi morire!”

”E’ il mio sposo – intervenne Kaede- Ora dobbiamo tornare. Tu, giovane. D’ora in poi, sarai la sua ancella.Lascerai i Campi Elisi e ti trasferirai a Palazzo. Così ho deciso” sentenziò il Dio, teletrasportandoli nella sua dimora.

“Io…beh…grazie.” Bofonchiò Hanamichi, prima di accompagnare Mito a fare un giro per il castello.

“Hn” annuì il moro, nascondendo la propria gioia per quel ringraziamento sincero.

 

“Cosa ti ha fatto?! Mi dispiace, Hana!Davvero…” Mito non trovava le parole adatte per consolare il suo migliore amico.

“Non importa.Ti ho ritrovato!Non voglio rovinare questa giornata, con tristi pensieri!Dai, visitiamo ‘sto posto, non l’ ho ancora fatto!” rise Hanamichi, tirandoselo dietro.

La Sala del Trono era gigantesca. L’ eco, rendeva i loro passi, simili all’ incedere di una armata.

Le pareti, erano adornate con grandi specchi, dai quali il Dio corvino, controllava il proprio Regno.

Tre figure inquietanti, stavano posizionando un nuovo trono, accanto a quello già esistente di Kaede.

“Quelle sono le Furie.”  gli spiegò Mito, sottovoce.

Haruko, Fuji e Matsui (Megera, Aletto e Tisifone), si inchinarono, al cospetto del novello sposo.

Capelli scuri e arruffati, un ghigno crudele, artigli al posto delle mani e vestiti neri strappati, facevano veramente impressione.

Fu la prima, a rivolgergli la parola, con una voce metallica”Liete di fare la vostra conoscenza, Nostro nuovo Signore!” le tre si inchinarono solennemente.

“Oh…Beh!…g…grazie,ma…che esagerazione, suvvia!” balbettò, imbarazzato da tante cerimonie.

“Dovere! Voi…siete…lo sposo del nostro Padrone…- mormorò Haruko, con un lampo di dolore negli occhi gialli- Chiedo scusa…ora…dovrei congedarmi…- e scappò via ( in fretta e furia!Ihihihih! ND Gj; -.- Tutti)

“Perché è fuggita? Ho detto qualcosa di offensivo?” comandò il giovane Dio alle due Furie rimaste.

“Lei…è innamorata di Padron -Kaede…La preghiamo di non punirla per questo!” implorarono le ragazze, all’unisono.

“No, no! Non lo farei mai! Andate da lei, poverina! Si sentirà molto sola!”

La benevolenza del giovane Dio, le stupì non poco.Con un ultimo inchino, corsero dalla loro sorella, liete che il Padrone, avesse scelto una persona tanto generosa e sensibile, come sposo.

 

Il tempo passava e Hanamichi aveva preso familiarità con quel luogo, sempre, però, troppo tetro per i suoi gusti.

Con un certo sollievo, prese coscienza del fatto che Kaede, non aveva più tentato nemmeno di sfiorarlo con un dito, limitandosi a volerlo accanto a sé nelle faccende serie, come decidere la destinazione di un’anima, valutare la sua vita terrena per poi decidere dove mandarla.

La maggior parte delle volte, litigavano furiosamente, sotto gli occhi dei malcapitati.

Kaede era più propenso per gli Inferi, mentre Hanamichi per i Campi Elisi, ma, alla fine, trovavano sempre un accordo soddisfacente per entrambi.

Il giovane Dio, stava imparando a conoscere il suo sposo, cercando di essere obiettivo ed imparziale, accantonando,volutamente, il ricordo della loro…prima notte di nozze.

Tra gli Dèi, legò una stretta amicizia con Jin, Ayako e Kogure, che spesso andavano a recargli visita, mentre si divertiva da metti, a sfottere Miyagi e Kyota, ai quali aveva affibbiato nomi poco...divini.

“Il tappetto e la scimmia, sono uno spasso!”rise, parlando con le tre divinità amiche.

“Sei poco rispettoso!” lo sgridò Jin, trattenendo un sorriso.

“Tappetto è tappetto, però!” si difese Hanamichi, un po’ stizzito.

“Va bene, ma…chiamarlo così davanti all’ intero Pantheon!!!”commentò Kogure, ricordandosi la scena.

“Come stai?” gli chiese Ayako, cambiando discorso.

“Mmm…Così!Non è…malaccio, qui…Però, non è casa mia…” sospirò tristemente, il giovane.

“Dagli una possibilità!Kaede non è malvagio come tutti credono!” gli consigliò la bella Dea, coprendogli una mano con la propria.

“Lo so. Non è cattivo,è semplicemente una persone sola…”

Il commentò, stupì piacevolmente i tre, i quali, dopo qualche altra battuta, si congedarono, soddisfatti e sollevati, dalla piega che stavano prendendo gli eventi.

Rimasto da solo nella grande Sala del Trono, Hanamichi iniziò a ripensare all’ atteggiamento del suo taciturno sposo.

Ogni desiderio, anche quello non espresso a parole, il Dio dei Morti lo esaudiva, senza pensarci nemmeno…Forse era il rimorso…Anche se una persona del genere, non doveva conoscerne appieno il significato…

Era buono…specialmente con i bambini.Le loro anime, finivano direttamente nei Campi Elisi, senza nemmeno passare per il Palazzo.Anche gli sfortunati, quelli che avevano sofferto tanto nella vita terrena, si guadagnavano la Beatitudine Eterna.

Era divertente, soprattutto, constatare come la sua maschera fredda e impassibile, diventasse ancora più dura, dopo aver compiuto un atto caritatevole…come se se ne vergognasse.

…Era tenero…un po’…non molto…solo un pochino…

 

Avvicinandosi agli specchi della Sala, un’ immagine catturò la sua attenzione.

I Campi Elisi…Kaede che… raccoglieva dei fiori…

Ad Hanamichi mancò il respiro. Erano i suoi preferiti! Non esistevano sulla terre dei fiori simili…Avevano i petali trasparenti e cangianti, che cambiavano colore a seconda del posto in cui si trovavano.

Doveva averlo accennato, una volta…così, distrattamente…un po’ di tempo prima. E lui…proprio lui! Adesso glieli stava raccogliendo…Un sentimento, pericolosamente simile alla commozione, gli serrò il petto.

Si voltò, percependo l’ arrivo del suo sposo, il quale sobbalzò, imbarazzato, capendo d’ esser stato scoperto.

“Hn” borbottò, sfuggendo ai suoi occhi dorati.

Il bouquet, appena venuto a contatto con l’ aria del Palazzo, si seccò all’ istante, polverizzandosi.

Il Dio corvino si guardò le mani coperte di polvere,in silenzio. Al rossino, però, non sfuggì il lampo di tristezza che attraversò i begli occhi azzurri del compagno e, mosso da un impulso sconosciuto, gli si avvicinò piano.

“Non importa. I fiori…dopo un po’ puzzano!” si ritrovò a dire.

“Ti piacevano” gli fece notare l’ altro, con voce lugubre.

“Sì, ma…Hai della stoffa?” chiese all’ improvviso.

“C…Certo, ma che vuoi farci?!” domandò il Dio corvino, un po’ stupito.

“Fiori!” esclamò sorridendo, fiero per la genialità della sua trovata.

“Tsk! Doha’o!” commentò l’ altro, scotendo il capo.

“Baka! Tu procurami ciò che ti ho chiesto e vedrai!” tuonò con aria di sfida.

“Hn” fu la poco convinta risposta.

Aiutato da Mito e dalle tre Furie, Hanamichi addobbò il Palazzo con fiori di stoffa di diversi colori e forme, trasformando quel luogo cupo, in un posto un po’ più allegro.

Osservando la propria opera, attese il giudizio del suo sposo.

“Allora? Tu che dubitavi…Ammira il talento del grande Tensai!” sogghignò con le mani sui fianchi.

“Hn” mugugnò il Dio corvino, fingendosi per nulla impressionato.

“Baka! Ti faccio vedere io!- sibilò il rosso, indispettito – Tappetto!” tuonò all’ improvviso.

“Primo: non mi chiamo tappetto! Secondo: CHE TI STRILLI?! Non sono mica sordo!” si lagnò Miyagi, seriamente offeso.

“Mandami qui Fukuda(Efesto), subito!” ordinò il giovane Dio, troppo furente a causa l’ indifferenza del suo compagno, per poterlo assecondare.

 

“Guarda che non faccio mica lo scultore, sai!” si lamentò Fukuda, imbronciandosi.

“Ma siete una manica di permalosi! Se modelli il metallo, saprai fare lo stesso con il marmo, no? Che razza di Dio sei?” lo provocò il rossino, guardandolo in tralice.

La reazione dell’ altra divinità, fu scontata e in breve tempo, trasformò le statue grottesche del Castello, in figure di animali carini e pucciosi.

Hanamichi chiese all’ amica Ayako (Athena, oltre che Dea della Sapienza, era anche la Dea delle Arti, comprese quelle manuali, come la tessitura ND Gj), di sistemare gli arazzi, raffigurando scene bucoliche e festanti.

In breve, il Castello divenne un posto caldo e accogliente, dove le anime appena defunte, non subivano il trauma del trapasso, rivedendo, in quel luogo, il tepore di casa.

Molti furono i consensi per quel cambiamento, anche da parte degli Dèi. Specialmente grazie alle feste che il rosso, organizzava. Lui così espansivo e solare, non resisteva a lungo senza un po’ di baldoria.

 

“Questo posto è diventato magnifico!” commentò Mitsui, guardandosi attorno.

“Hn”

“E piantala! Si vede che sei contento pure tu!” sbottò Sendoh, ridendo divertito!”

“Hn”

“Insopportabile!” sbottarono le due divinità.

“Con lui…Come va?” gli chiese il Dio della Guerra.

“Hn” rispose con un’ alzata di spalle.

“Dagli tempo, quello non manca a nessuno di noi!- sorrise il Dio del Sole- Se poi ti dovesse andar storto…Beh! Lo puoi lasciare a me! E’ così carino!” sospirò, ignorando il ringhio feroce del Dio corvino.

“Già! Poi con Jin te la vedi tu! – rise, Mitsui – Ti ricordo che hai creato le Eclissi, apposta per saltargli addosso…” aggiunse, con tono accusatorio.

“Ho tanto amore da dare!” scherzò l’ altro, guardando il suo compagno, seduto al tavolo insieme a  gente festante, con occhi adoranti.

 

Stanco dei loro futili discorsi, Kaede si allontanò, uscendo fuori al balcone, osservando il proprio Regno.

Era diventato un gran bel posto, però lui…lui si sentiva sempre lo stesso…Con maggiori problemi nervosi e il fegato ormai mezzo andato –  il Doha’o era insopportabile, quando ci si metteva d’ impegno! - ma il freddo che sentiva nel cuore era ancora lì…

“E-ehm…scusa…” si voltò, stupito nel sentire la voce rammaricata del suo giovane sposo.

“Hn?!”

“Non ti stai divertendo e…ho invitato tutti questi alcolizzati, logorroici dementi…senza nemmeno chiedertelo…” mormorò, sinceramente mortificato.

Questa era bella! Lui  che si sentiva in colpa nei suoi confronti!

Una tenue scintilla, scalfì il suo cuore. Non voleva vedere quell’ espressione triste, sul bel volto del rossino.

“Doha’o. E’…una bella festa…”sussurrò, allungando il braccio verso di lui, per sfiorargli una guancia.

Si fermò subito, allontanandosi, quando lo vide trasalire.

“A…Aspetta!” Hanamichi, paonazzo, gli andò vicino, titubante. Parve pensarci un po’ su e, davanti ad un Kaede, sempre più allibito, lo prese per mano, riportandolo al tavolo.

Un’ occasione. Ecco cosa gli aveva appena donato…E, questa volta, il Dio dalla pelle chiara, non l’avrebbe sprecata!

 

“Cosa succede?!” chiese Hanamichi, svegliandosi a causa del gran vociare proveniente del cortile.

“Hn” ringhiò il suo sposo, rigirandosi tra le lenzuola. Detestava essere disturbato nel sonno.

Il rossino si avvicinò alla grande finestra della camera da letto, sgranando gli occhi dorato per lo stupore.

“Per tutte le Muse! C’ è una fila interminabile di anime, qua sotto!!!” esclamò, rimanendo a bocca aperta.

“Vittime della carestia o delle guerre …- borbottò Kaede, ormai costretto ad alzarsi – Sulla Terra, ne sono scoppiate molte, ultimamente…”

“Stupidi mortali! Li prenderei a calci nel sedere!” sbottò il giovane Dio, furioso.

“Meno male che non sei stato rapito da Mitsui…”

“Ooooohhhhh!!!!!! Hai fatto una battuta!!! – esclamò il rosso, fintamente stupito – Ma allora, la pace nel mondo, non è un’ idea così irrealizzabile, dopo tutto!”

“Hn”

“Lo sapevo!” sospirò con un mezzo sorriso.

 

“Stanco?” domandò Kaede, vedendolo sbadigliare ancora.

“Un po’…”ammise il rossino.

Era stato molto difficile, trovare la giusta collocazione per milioni di anime.

“C’ erano parecchi bambini…” mormorò tristemente.

“Hn. Che senso avrà vivere, se poi muori così presto!” si lasciò sfuggire il Dio dai capelli corvini.

“Ma che dici, Baka?!” lo sgridò il giovane sposo.

La verità, Doha’o!” rispose, con aria di sufficienza.

Hanamichi si guardò attorno. La sala del trono era ormai deserta. Trascinò un recalcitrante Kaede, verso uno degli specchi, passandovi sopra una mano dorata e cambiandogli scenario.

“Vedi questi bambini mortali? Stanno giocando insieme e sono felici!- gli mostrò un’ altra immagine – Questo, invece, ha appena scoperto che, tagliando la coda di una lucertola, si muove ancora! Quest’ altra bambina, ha ricevuto in dono un bellissimo vestito!”

“Tsk! E allora?! Creperanno comunque, prima o poi!” commentò annoiato.

“Non soffermarti su ciò che fanno! Guarda i loro visi! Sono felici!!!Anche solo per un attimo simile, vale la pena di vivere!”

Il Dio corvino, osservò con maggior attenzione quei volti fanciulleschi.Dopo pochi istanti, si ritrovò a sorridere davanti ad un’ espressione particolarmente buffa o una scoperta di grande valore scientifico, come un camaleonte che cambiava colore o un arcobaleno appoggiato su due montagne.

“Che ti dicevo? Se non fossero mai nati, si sarebbero persi un sacco di divertimento!”

Udendo la voce del suo sposo, si rese conto di star partecipando alla gioia di quei piccoli mortali.

Si mise una mano sul petto. Calore…non molto. Solo un leggero tepore…Ma abbastanza da rimanerne sconvolto.

“Grazie…” mormorò, affogando nelle iridi dorate del giovane Dio.

Evidentemente, ad Hanamichi piacque molto la sua espressione grata ed incredula, perché gli sorrise, come la prima volta che lo aveva visto, riflesso nello specchio di Maki.

Il primo, vero, sorriso che il suo sposo gli donava. Un regalo prezioso.

 

Ma qualcuno non apprezzò quell’ avvicinamento e, nascosto nell’ ombra, ordì un malvagio piano,  per vendicare  l’ orgoglio ferito.

 

“Hana!Buon Genetriaco(Compleanno)!!!” trillò Ayako, abbracciandolo forte.

“E-ehm…grazie…” balbettò, un po’ imbarazzato. Era la prima volta che Kaede in persona, organizzava una festa a Palazzo.

All’ appello, mancava solo Miyagi, che giunse qualche tempo dopo. Scuro in volto, parlottò con Maki pochi istanti, dopodiché, salutò il festeggiato.

Il capo degli Dèi, sembrava indeciso se proferir parola oppure no .

“Hn?” gli chiese Kaede, corrucciandosi.

“Uffa!!! L’ ultima volta che avevi quella faccia – Gli fece notare Mitsui – stavamo per scontrarci con i Titani!Va bene che sono il Dio della Guerra, ma con tutti gli straordinari che sto facendo sulla terra,già non ho più il tempo di spupazzare il mio Kogure, se poi ci si mettono pure gli Immortali, dovrò fare voto di castità!”si lamentò il Dio, facendo arrossire il suo Koibito.

“Hanno rubato il Pugnale di Uozumi!” annunciò, con un sospiro rassegnato, pronto alle reazioni dei presenti. Difatti, un silenzio teso, cadde sulla grande Sala.

“Il che ?!” domandò Hanamichi, rivolgendosi ad Ayako.

“Il pugnale con il quale Maki ferì suo padre Uozumi(Crono), vincendo la loro millenaria guerra e spodestandolo, divenendo, così, il nuovo Capo degli Dèi. La lama, ancora sporca del sangue di Uozumi, è l’ unica arma, in grado di uccidere una Divinità!” spiegò la bella Dea, visibilmente preoccupata.

“Bravo! Te l’avevo detto di distruggerlo, ma no! Voleva il trofeo di caccia, lui!- sbraitò Kyota, terrorizzato-E adesso, siamo tutti in pericolo!!!”

“Stiamo calmi! L’ Olimpo non è un luogo così abitato.Scopriremo subito l'identità del ladro, vedrete!” tentò di tranquillizzarli Maki.

“Spero prima che qualcuno di noi ci lasci la pelle!” borbottò Mitsui, stringendo la mano del sul Kogure.

 

Mettendosi in disparte dal resto del Pantheon che ancora si azzuffava per decidere di chi fosse la colpa del fattaccio, Kaede mormorò al proprio sposo “Devi sempre essere accompagnato da Mito, sempre! Finché non si ritrova quell’ affare, non devi mai essere solo!”

“Ehi! Guarda che so badare a me stesso! Sono il Tensai, per chi mi hai preso?!” sbottò il giovane, profondamente irritato.

“Doha’o!- sibilò l’ altro, tremando di rabbia- Non è uno scherzo, chiaro? Non deve capitarti niente!”

“Se è per questo, rischi pure tu!- trasalì, arrossendo per quell’ affermazione- cioè…non che…mi importi qualcosa…” tentò di aggiustare, poi.

“Sei preoccupato per me?” chiese ironicamente, il Dio corvino.

“Tsk! Figurati! Sai che mi frega di…Oh! Harukina, cara!” sorrise gentilmente il giovane Dio, vedendo l’amica avvicinarsi a loro. Kaede, del tutto indifferente, continuò a darle le spalle.

 

Si svolse tutto in pochi istanti.

Dalla manica strappata, la Furia estrasse il mortale fendente, tentando di colpire il Dio dagli occhi azzurri, urlando “Se non sei mio, allora non sarai di nessun altro!!!”

Hanamichi cercò di fermarla, scaraventandola contro una colonna di marmo.

L’ arma micidiale finì ai piedi di Kaede, che subito la raccolse per poi conficcarla nel ventre di Haruko.

La traditrice, bruciò insieme al pugnale.

“Bastarda!” sibilò il Dio corvino, guardando la cenere per terra.

“HANAAAAAAAAA!!!!!!!!!!!!!” l’urlo agghiacciante di Ayako, lo riportò alla crudele realtà.

Hanamichi era disteso sul pavimento, con una profonda ferita sul braccio.

“NO!!!” gridò Kaede sconvolto, chinandosi su di lui e abbracciandolo possessivamente.

“No no no no no no no no no no no”  ripeté come una triste nenia, cullando il corpo inerme e mortalmente pallido, del suo giovane sposo.

          

 

                                                         - FINE PRIMA PARTE -