E questa è la seconda ed ultima parte…prima di maledirmi sappiate che ci ho messo settimane per scriverla e che questo è l’unico finale decente che sono riuscita a trovare… soldi e commenti sono sempre benvenuti (a parte lettere minatorie…).


Dove l'amore è per sempre

parte II

di Sei-chan



Seishiro cercò di non far trasparire il sollievo ed il nervosismo. Subaru gli era sembrato diverso al telefono. Forse voleva vederlo per dirgli che non dovevano incontrarsi mai più. Invece Subaru lo fece salire, come sempre. Si sedette sul letto, togliendosi la giacca e perdendo tempo ad appoggiarla con cura. Seishiro lo imitò e iniziò a slacciarsi la cravatta, seduto dandogli le spalle. Dietro di lui, Subaru strinse forte le lenzuola, respirò a fondo un paio di volta, poi si asciugò gli occhi. No, niente lacrime.

Seishiro era spaventato. Subaru non si muoveva, di solito si spogliava in fretta, e pretendeva che anche lui non perdesse tempo, però aveva troppa paura per girarsi a guardarlo.

Subaru sospirò. Seishiro si bloccò con le mani sui bottoni della camicia e attese, tremando leggermente. Subaru si inginocchiò sul letto e si sporse verso di lui. Sentì la sua mano sulla spalla, poi sentì il peso di tutto il suo corpo che si buttava dritto contro la sua schiena, abbracciandolo. Subaru nascose la testa sulla sua spalla, baciandogli il collo e piangendo.

- Sei… Seishiro…-

Sei gli aprì le braccia e si girò, guardandolo negli occhi. Aveva già smesso di piangere.

- Subaru, che cosa…-

- Basta, Seishiro, basta. Sono stanco di pensare… di essere cattivo e crudele e di ferirti. Io…-

- … Tu non sei come me, vero?- gli disse Seishiro, con lo sguardo strano del suo occhio di vetro. - No, grazie a Dio non lo sei, Subaru, io… io ora ti amo, non mi importa se tu…-

- Seishiro…- Subaru lo fece tacere. Lo guardò negli occhi, poi lo baciò. Non era uno dei loro soliti baci, la loro solita guerra che non ammetteva prigionieri. Subaru lo fece stendere e lo baciò a lungo, coprendolo con le sue labbra, sul collo, sulle guance, nei capelli. Seishiro teneva gli occhi chiusi, per non svegliarsi nel caso fosse stato solo un sogno, e Subaru gli slacciò la camicia e immerse il viso nel suo petto, tra il suo profumo ed il battito del suo cuore, era una cosa che aveva sempre desiderato e che si era sempre negato. E poi anche Seishiro partecipò al gioco e a sua volta gli tolse i vestiti, baciandolo e assaggiandolo come Subaru non gli aveva mai permesso di fare.

- Che cosa ti ha fatto cambiare idea?- gli chiese Seishiro, accarezzandogli la schiena, appagato, mentre Subaru teneva la testa sul suo petto.

- Ci sono cose che non saprai mai lo stesso- gli rispose Subaru.

- Fin da quando mi hai invitato qui la prima volta, per me è stato tutto diverso. Io ti volevo, ti ho sempre voluto e non ho mai potuto… o forse non ti ho mai voluto avere sul serio. Forse era tutto un gioco perverso per divertirmi e per farti male, o forse sapevo che cedendoti avrei perso, avrei perso nel confronto con te, e non volevo assolutamente… mentre tu, al contrario, facevi l’amore con me ed eri capace di mantenere le distanze, anzi di farmi più male che negandoti… Subaru, ormai è inutile andare contro i miei sentimenti perché tanto mi avresti fatto male comunque…-

- Hai perfettamente ragione- disse Subaru chiudendo gli occhi. Com’era felice…

Seishiro restò sveglio tutta la notte a guardarlo. Se si fosse addormentato, avrebbe potuto scivolargli via dalle mani… ma aveva lottato con se stesso, con il suo cinismo per troppo tempo. Subaru era troppo forte per lui. Non dal versante della forze spirituale, ma da quello della tortura psicologica sì. Aveva imparato da lui, e l’aveva superato.

 

- Noi avevamo fatto un patto, Seishiro, lo sai?-

- Ti riferisci a quello di…vediamo, quanti anni fa?-

- No, poco tempo fa… poco dopo che abbiamo cominciato a vederci… l’ho fatto io, per entrambi-.

- Sospetto che ci perdevo, in questo patto, vero?-

- Sarebbe dipeso da te. Ti avevo promesso che, se dopo sei mesi da quel giorno, tu non avessi avuto bisogno di me, saresti stato libero-.

- Io ho avuto bisogno di te fin dalla prima volta che abbiamo fatto l’amore… sarei morto, non è vero?-

- Sapevo che non appena ti avessi rivelato il mio gioco, ti saresti lasciato uccidere… piuttosto che non vedermi più-.

- Sarebbe stato così. Che cosa ti ha fatto cambiare idea?-

- Credo che Hokuto-chan ti saprebbe rispondere meglio di me. Non chiedermi se ti ho perdonato, Sei-.

Seishiro tacque. Qualsiasi cosa avrebbe detto, sarebbe stata fuori luogo.

- Dammi le mani, Seishiro- gliele prese fra le sue - Non ho avuto bisogno di farti i miei marchi, perché sapevo come e dove trovarti… e tu non ti saresti mai nascosto, ma…-

Subaru avvicinò le labbra al dorso delle mani di Sei, e vi impresse il suo marchio. Un leggero rivolo di sangue corse giù dalle ferite fresche.

- Se mi tradirai, Seishiro, morirai… tu e l’altro. Te lo giuro-.

- Non ne hai bisogno…-

- Ora sei mio. Sei completamente mio-.

Seishiro sorrise. Subaru si stese nel letto e lo invitò ad abbracciarlo; come al solito, lui si addormentò subito, ma Sei dovette rimanere sveglio ancora un po’, per goderselo mentre dormiva. Gli si strinse contro cingendolo con le braccia e chiuse gli occhi.

D’un tratto però sentì uno scricchiolio sopra di sé. Un terremoto? Pensò. Poi tutto tacque. Magari era una scossa debole che però al terzo piano…

Lo sentì di nuovo, stavolta più forte. I vetri tremarono leggermente. Pensò di svegliare Subaru e di mettersi al riparo, ma proprio nei dieci secondi che gli ci vollero per formulare quel pensiero, sentì il terzo colpo e d’improvviso il soffitto sopra il loro letto venne giù, letteralmente, sbriciolandosi. Seishiro saltò giù dal letto e fu colpito soltanto dai calcinacci più piccoli, ma prima che andasse a vedere come stava Subaru, sentì qualcosa che si muoveva sopra lo squarcio sul soffitto. Era una persona, e aveva in mano una grande spada. Lo riconobbe all’istante.

- Fuma!- gridò, fuori di sé. Questi aveva un sorriso sardonico sul viso e uno sguardo soddisfatto.

- Piacere di rivederti, Sakurazukamori! Non credevo di trovarti nel letto di Subaru Sumeragi! No, a dire il vero lo sapevo, non mi sarei dato tanta pena altrimenti, no?-

- Bastardo! Che diavolo…-

-Ti consiglio di dare un’occhiata alla tua principessa prima di scagliarti contro di me… dopotutto, stavi cominciando ad essere un po’ troppo… come dire, assente? O un po’ troppo… traditore?-

Seishiro non aveva neanche sentito le ultime frasi, e lo lasciò scappare senza fare niente, si era subito gettato a veder che cosa era successo a Subaru.

 

- Seishiro, ti prego… andiamocene da qui, sono stanco- gemette Subaru.

Era seduto in quel corridoio d’ospedale da ore, ormai, ed era stufo. Voleva tornare a casa e sentiva freddo; non ricordava come mai si trovava in ospedale, ma non aveva male da nessuna parte; aveva ripreso conoscenza, o meglio cominciava a ricordare soltanto da poche ore prima, quando si era trovato seduto accanto a Seishiro in un’infermeria, dove qualcuno medicava le mani di Sei. Forse le ferite dei suoi marchi gli facevano male?

Seishiro era a pochi passi da lui, in piedi immobile da un sacco di tempo, davanti ad un vetro che dava in una stanza; aveva i pugni stretti e sembrava non battere nemmeno gli occhi; fissava dentro quella stanza come se ci fosse qualcosa che lo rapiva in maniera insolita.

- Seishiro, andiamo via!-

Sembrava che Seishiro non lo vedesse nemmeno. Forse in quella stanza c’era qualche vittima che non era riuscito a finire… era totalmente assorto, e Subaru ci volle del tempo per capire che quelle che gli scorrevano sul viso erano lacrime.

- Perché piangi, Seishiro?-

Lui non rispose. Subaru cominciava ad arrabbiarsi. Però era ancora più arrabbiato perché non riusciva a farsi venire in mente come mai si trovava in ospedale e come c’era arrivato. Ricordava solo di essersi addormentato tranquillamente come tutte le sere, e poi… Sei non l’aveva degnato di uno sguardo da quando erano lì, Subaru era anche tentato di credere che si trattasse solo di un sogno.

- Seishiro…- lo chiamò ancora, e poi si avvicinò anche lui alla finestra. Allungò una mano verso di lui, ma non lo toccò. Sei era assolutamente indifferente.

Guardò dentro. C’erano le veneziane, quelle che le infermiere chiudevano se dovevano intervenire. Sembrava qualcosa tipo una sala di rianimazione o cose del genere. Strinse gli occhi per mettere a fuoco.

C’era un uomo sdraiato, con gli occhi chiusi, attaccato alle macchine. Aveva anche la maschera per l’ossigeno sulla bocca… Subaru fece due passi indietro, frastornato.

- No…-

Non poteva essere vero. Non poteva. Lui era lì, e…

Seishiro mise una mano sul vetro, e singhiozzo più forte.

- Subaru…- mormorò. - Subaru!!- Poi si allontanò dal vetro, come se scottasse, e improvvisamente scappò fuori dall’ospedale, senza che Subaru potesse trattenerlo.

Subaru impazzì. La testa gli girava. Questo non poteva essere vero. Non poteva e basta. Lui era lì… corse dentro la stanza, corse davanti a quell’uomo steso nel letto. Era lui. Era impossibile, ma era lui. Si stava guardando, steso in coma e attaccato alle macchine che lo tenevano in vita, con il corpo quasi completamente coperto di bende, il viso pieno di tagli scoperti resi rossi dalla medicazione.

- Non posso essere io. Io sono qui!- e poi si voltò, e vide che la porta era chiusa, e… lui non l’aveva aperta quando l’aveva attraversata.

- No… no! Io… io sono… uno spirito?-

Subaru fece un passo indietro. Gli girava la testa. Girava tutto. Voleva fare qualcosa, ma non sapeva che cosa, girava in tondo e non capiva niente. Scappò, proprio come aveva fatto Seishiro, con il viso pieno di lacrime, correndo come un disperato nell’unico posto in cui poteva rifugiarsi.

 

Seishiro vagò in trance per la città. Non vedeva e non sapeva dove stava andando, camminava davanti a sé in automatico, senza badare alle persone che urtava e a quelle che si incuriosivano per le sue lacrime e il suo sguardo distrutto. Solo a tratti vedeva, riconosceva i luoghi in cui passava: in quei luoghi, nell’ultimo mese, lui e Subaru erano andati spesso, mano nella mano, felici e innamorati. E imprudenti. Qualcuno li aveva scoperti e aveva cercato di… d’improvviso Sei si mise a correre, attraversando la città con le sue urla e le sue lacrime senza speranza e senza compassione, si fece largo fra la gente spaventandola col suo passaggio, e fu lì. Non sapeva come ci fosse arrivato, ma non appena vi fu davanti, la sua vista tornò chiara e la sua mente si riaprì.

Era davanti al tempio Sumeragi. Ci era passato vicino tante volte, ma mai così vicino, non c’era mai riuscito. Non era mai riuscito ad arrivare proprio davanti alla porta senza sforzarsi troppo. Ma i suoi passi l’avevano portato lì, forse lì poteva trovare conforto… doveva entrare. No, non aveva idea di quello che poteva trovare lì dentro - decine di sciamani suoi acerrimi nemici pronti a farlo a pezzi?-, ma voleva entrare, doveva entrare in quel posto, in quell’unico posto da cui Subaru l’aveva sempre escluso…

La barriera gli si avventò contro non appena si gettò sulla porta. Lo stava respingendo, nessuno, nemmeno possedendo la sua grande forza spirituale, poteva entrare se il tempio non voleva… e lui era l’unico, davvero l’unico che il tempio doveva rifiutare a priori.

Lottò con tutte le sue forse. Le lacrime ripresero a scorrere, il suo dolore gli lacerò il cuore, e i suoi colpi divennero sempre più forti, le sue grida di supplica sempre più disperate.

- Apritemi! Fatemi entrare! Devo entrare! Vi prego! Vi… prego- si accasciò senza forze sulla porta, sconfitto. E la porta si aprì. Cedette dolcemente contro il suo peso e lo lasciò entrare. Subito Seishiro entrò con furia, senza trovare nessuno ad impedirglielo, e corse entrando a caso nelle stanze, aprendo a caso le porte, entrando sempre più verso il centro del tempio.

Aprì l’ultima porta, quella che doveva dare sul giardino sul retro… e si ritrovò nel suo cuore. Era una stanza dal soffitto altissimo a vetrata, un giardino coperto con al centro un ciliegio gigantesco, maestoso.

- Subaru!- gridò Sei correndo verso l’albero. - Perché, perché, Subaru?-

Cercò di colpire l’albero sempre più forte, sempre più violentemente, perché si sentiva inutile e frustrato e doveva farsi del male perché lui si era salvato e non era stato capace di proteggere Subaru.

- Subaru! Perché a noi, Subaru, perché proprio… a noi?-

 

Qualcuno era penetrato all’interno della barriera, nonostante ne fosse respinto.

Subaru lo avvertì distintamente. Era seduto fra le radici del suo albero, all’interno del tempio Sumeragi, l’unico posto che lo poteva confortare quando aveva un problema. Da tempo ormai ci veniva di rado, giusto pro forma, ma una volta, quando aveva appena perso Hokuto e Seishiro, veniva lì a piangere e si sentiva meglio, per quanto poteva.

Era seduto lì sotto, era lì che era corso immediatamente quando era andato via dall’ospedale, e stava singhiozzando da un tempo che gli pareva infinito. Ripensava al suo corpo, tenuto in vita dalle macchine, in ospedale; non conosceva quali erano le sue condizioni reali, ma era sconvolto e terrorizzato.

Ma quando percepì quell’invasione si fermò in ascolto. C’erano dei passi, gli sembrava, qualcuno in preda alla furia, che spalancava porte e percorreva i pavimenti come un forsennato. Ebbe paura, ma pensò che ormai nessuno poteva più fargli del male, ma se chi era entrato aveva abbastanza forza spirituale per distruggere la barriera, allora…

E poi si aprì proprio la porta del giardino. Subaru restò, stupito, a guardare. Solo quando Seishiro cominciò a chiamare il suo nome si riscosse.

- Seishiro!- gli andò accanto, tendendo una mano verso di lui. - Seishiro, sono qui!-

Subaru sorrise. Era quasi felice: Seishiro l’aveva ritrovato e aveva anche sfondato la barriera, per lui.

Ma Seishiro non rispondeva. Continuava ad assalire l’albero, e anche Subaru si mise a gridare, con quanto fiato aveva, il più forte possibile, per farsi sentire da lui, perché si accorgesse di lui. Era come cercare di gridare in quei sogni dove gridare non è possibile…

- Seishiro! Guardami, sono qui, Seishiro! Voltati, ti prego, Seishiro!-

Ma perché? Loro due erano sciamani, anche Seishiro poteva vedere gli spiriti dove nessuno li vedeva, e non si accorgeva di lui! E lui, Subaru, che era capace di riconoscere e lottare e liberare gli spiriti, lui non poteva nemmeno manifestarsi a Seishiro, e neanche attirare la sua attenzione, non riusciva nemmeno a scuotere le fronde dell’albero…

Seishiro colpiva e colpiva il tronco dell’albero. La fasciatura ad una mano si allentò e si ruppe, e lui gettò via la benda, scoprendo il marchio di Subaru.

- Seishiro!-

Sei sentì una voce debole alla sua destra. Si voltò di scatto, e vide l’aria davanti a sé come disturbata, distorta... e lì si disegnarono i contorni indefiniti e trasparenti della figura di Subaru.

- Su… Subaru!-

- Seishiro! Tu… mi vedi?- mormorò Seishiro.

- Subaru! Che… che cosa stai dicendo?-

Non riusciva a sentirlo. Allora era inutile… Subaru abbassò lo sguardo e vide che una delle due mani era scoperta. Allungò una mano tremolante, e Seishiro lo imitò, senza capire. Sentì un tocco gelido proprio sul dorso della mano, dove sembrava che… Subaru lo stesse toccando. Lo spirito mosse la bocca.

- Il marchio!- disse Sei, comprendendo. Si strappò anche l’altra fasciatura, e Subaru divenne nitido, visibile, e udì la sua voce.

- Seishiro… sono qui…-

- Subaru! Tu… tu… Subaru!!-

Seishiro cercò di abbracciarlo, ma non toccò che aria. Subaru posò le sue mani sul dorso di quelle di lui, e allora ebbe di nuovo quella sensazione di gelo, ma anche l’impressione vivissima di sentire proprio le sue mani sopra le sue. Allora le allungò verso il suo viso e riuscì a sfiorarlo. Subaru non lo poteva toccarlo, e lui poteva soltanto con le mani, grazie ai marchi che vi erano impressi.

Rimasero per un po’, seduti, fianco a fianco, a parlare.

- … e mi sono ritrovato nell’infermeria, mentre l’infermiera ti medicava le mani-.

- Ma perché ti sei ritrovato lì e non… qui, o vicino al tuo corpo?-

- Per questi- Subaru gli indicò i marchi. - Te li ho fatti per renderti mio, e loro… mi hanno chiamato a te, in qualche modo. So che mi puoi vedere solo grazie a loro-.

- Subaru… mi spiace tanto-.

- No, non devi preoccuparti… questo non… era quello che volevamo, ma… ci… ci sono speranze, per me?-

- Non… non lo so… ero impazzito dal dolore mentre i medici mi parlavano… non lo so. So che… quel tetto ti è crollato addosso… e io non ho potuto fare niente!-

Subaru abbassò gli occhi.

- Seishiro…-

- Dimmi pure-.

- Andiamo fuori… andiamo a fare una passeggiata, io…-

- Andiamo a casa mia?-

- Va bene-.

 

Camminarono per la strada, ogni tanto qualcuno si voltava a guardare Sei che parlava da solo, ma non ebbero problemi. Era sera, ormai, e Seishiro sembrava distrutto. I suoi occhi erano ancora gonfi per le lacrime.

- Vuoi restare qui, stanotte? Io non so…-

- Ho troppa paura per andarmene… resterò qui, Seishiro…-

Sei si mise a letto, e Subaru si sedette accanto a lui. Non ne sapeva molto di vita quotidiana degli spiriti, ignorava se dovesse dormire o se ne potesse fare a meno. Ma restò sveglio tutta la notte, e tutte le notti seguenti che passò vegliando sul sonno di Seishiro, in giorni che non passavano mai in cui nessuno dei due poteva trovare una soluzione per far risvegliare anche il corpo di Subaru. Non conoscevano riti che potessero farlo, e anche se Sei fosse entrato nel sonno di Subaru, la sua coscienza si trovava fuori di lui, nel suo spirito.

- Seishiro… secondo te gli spiriti delle persone in coma sono tutti… fuori, come me?-

- Ci stavo pensando anche io… sai, Subaru, hai presente quelle persone che dicono di tornare da un altro luogo, dal Paradiso, quando si svegliano dal coma? Io… io penso che le persone che entrano in coma vadano nel luogo dove vanno anche gli spiriti dei morti, ma possono tornare…-

- Allora… allora io… io non dovrei essere qui…- Subaru cominciò a piangere.

- No, Subaru, ti prego… il tuo amore per me era talmente forte che… ti ha portato da me, non piangere, ti prego…-

- Ah!- Subaru cadde in ginocchio. Diventò meno definito e sembrava che stesse per scomparire.       - No!!! Seishiro, aiutami!- gli tese le mani. Seishiro le afferrò fra le sue, e gli sembrò di essere risucchiato da un enorme vortice d’aria.

- Non mi lasciare, Sei!- Subaru si afferrò a lui, ed infine la forza smise di attirarlo a sé. Subaru si accasciò, singhiozzando.

- Subaru, cos’è successo?-

- Il mio corpo… è morto-.

 

Seishiro passò la giornata all’ospedale, piangendo. Subaru era morto, le macchine non erano state sufficienti per tenerlo in vita. Non respirava più. Il suo cuore non batteva più. Seishiro non sentiva niente, non pensava più a niente. Anche lo spirito di Subaru era scomparso, l’aveva perso. Era solo. Era distrutto.

Un tocco freddo. Lui. Era tornato.

- Subaru! Non… non te ne sei andato!-

Subaru non rispose. Non parlò per l’intero giorno, mentre il suo corpo veniva preparato per la sepoltura. Seishiro non andò al funerale, restò a letto, come se non volesse capacitarsene. Poi andò al ciliegio del tempio Sumeragi. Subaru era con lui, e sedette fra le grandi radici, col viso contratto dallo sconforto.

- Subaru…-

- Seishiro… io… io non voglio andare via da te-.

- Io non ti farò andare via. Io non ti mando via, voglio… voglio che tu resti con me… Subaru, che c’è?-

- Io… ho visto Hokuto! Lei… lei mi chiamava, Seishiro…e io… mi manca tanto! Però non ti voglio lasciare!-

- Hai visto Hokuto… lei vuole che tu vada? Ti vuole con sé? No… tu vuoi andare, vero? Tu vuoi stare con lei…-

- Non voglio andare via da te! Tu… io ti amo!-

- Subaru, sono io che te l’ho portata via. Lei ha più diritto di me ad averti accanto. Io… posso anche…-

Avrebbe dovuto dire “fare a meno di te” ma non ci riuscì. Non riuscì a mentirgli per convincerlo ad andare dalla sua adorata sorella che amava con tutto il cuore, da cui non avrebbe dovuto mai, mai, mai essere separato.

- Io non voglio lasciarti, e poi... non posso più… andare da solo…-

- Ti ho tenuto legato a me anche troppo… ora tu devi pensare solo a te, e non a me... me la caverò, te lo giuro, e…-

- Oh, Sei!!!-

Subaru gli si sarebbe gettato tra le braccia, se avesse potuto, per piangere contro il suo petto, ma Seishiro, vedendo come soffriva, aveva già deciso: l’avrebbe lasciato andare, e anzi l’avrebbe aiutato a liberarsi del suo legame con lui: era uno sciamano, ed era uno dei suoi compiti accompagnare le anime che non volevano lasciare la Terra…

Sì, la vita sarebbe stata un inferno senza Subaru; prima, quando non lo poteva avere, se ne era anche fatto una ragione, ma adesso, lasciarlo andare quando avrebbe potuto tenerlo con sè, consapevolmente, questo sì l’avrebbe fatto soffrire senza misura… proprio come ora stava soffrendo Subaru, lacerato dal desiderio di rivedere Hokuto e di stare con lei… finché non aveva alcuna possibilità di farlo, si era rassegnato, ma ora… se avesse rinunciato di sua volontà sarebbe stato terribile per lui…

Né Subaru né Seishiro potevano essere completamente felici; entrambi sarebbero stato coscienti di essere causa dell’infelicità dell’altro, ma Seishiro aveva deciso che Subaru aveva sofferto già abbastanza per causa sua… ora toccava a lui.

- Seishiro…-

- Dimmi-.

- Tu… lo faresti davvero? Mi faresti l’esorcismo?-

Sei si morse le labbra, cercando di distendere la sua espressione.

- Certamente- sorrise. - Vorrei tanto che tu rivedessi Hokuto…-

- Io ci… ci voglio pensare ancora, ok?-

- Pensaci tutto il tempo che vuoi… ma cerca di fare la cosa giusta per te, va bene? Solo quello che desideri davvero-.

- Io… domani mattina ti darò una risposta-.

Seishiro si allontanò, entrando nel tempio per non fargli vedere quanto stava male, per poter piangere senza che lui lo vedesse. Più tardi, cercò di calmarsi, e andò a cercare il bagno per lavarsi il viso. Entrò in una stanza buia che aveva preso per un ripostiglio, e vi trovò un grande cassettone lavorato: da uno dei cassetti sporgeva un pezzo di stoffa bianca. Sei aprì il cassetto e trovò il vestito rituale di Subaru; lo tirò fuori e lo strinse a sé, non aveva niente di suo, forse quello avrebbe potuto aiutarlo a sopportarne la mancanza… nel cassetto c’era qualcos’altro: lo prese e trovò la spada di Subaru, avvolta nella sua custodia, bella lucida e pulita… Seishiro la guardò con una strana luce negli occhi, e il suo cuore si sciolse con una grande ondata di calore… cominciò a piangere di nuovo, ma stavolta di sollievo, e quasi di contentezza. Nascose di nuovo la spada nel cassetto e tornò nel giardino. Subaru non c’era, e lui si addormentò tranquillamente ai piedi dell’albero.

 

La mattina dopo, Subaru gli aveva detto che cosa aveva deciso: voleva andare. Sorrideva sinceramente; anche Sei era sollevato; sperava che Subaru non se ne accorgesse, e invece fu lui a non accorgersi che Subaru lo guardava in un modo strano, diverso dal solito.

- Resta qui, Subaru. Io vado a fare le…-

- … le sciacquette- rise Subaru.

- Già. Ci vuole un momento solo-.

Seishiro si lavò, come voleva il rituale, poi mentre tornava nel giardino prese la spada, si tolse la giacca e ve la nascose; la posò accanto ad una radice dell’albero e poi recitò le formule per l’esorcismo.

Subaru teneva gli occhi chiusi, ma sentiva le sue parole e la sua energia; gli sembrò di librarsi in aria e di respirare in modo diverso; stava lasciando per sempre la Terra.

- Seishiro…- mormorò mentre stava sparendo. Gli afferrò le mani. Sorrideva fra le lacrime.

- Addio, Subaru-.

- Sei… non posso impedirti di fare quello che hai deciso e… non vorrei neanche. Fai presto, ti prego… non farmi aspettare! Ti amo…- e sparì. Il tocco delle sue mani fredde svanì da Seishiro.

- Ti amo anche io. Non ti farò aspettare-.

Sedette contro il tronco dell’albero ed estrasse la spada. Era perfettamente affilata. Respirò a fondo e chiuse gli occhi.

- Eccomi, Subaru. Sto arrivando-.

 

Subaru aveva un viso radioso. Era lì ad aspettarlo e gli corse incontro, gettandosi fra le sue braccia. Finalmente potevano toccarsi ancora! Sei lo abbracciò e lo baciò, era felice come mai era stato in vita. Adesso erano di nuovo insieme, entrambi avevano scelto e avevano seguito il cuore.

Dietro a Subaru c’era Hokuto. Anche lei sorrideva. Era uguale a quando aveva sedici anni.

- Seishiro, lei… lei lo sapeva. Me l’aveva detto, che saresti arrivato presto-.

Sei la guardò. Non sapeva come avrebbe reagito. D’altra parte, era lui che l’aveva uccisa.

- Hai visto, Seishiro? Avevo ragione… tu ci avresti fatto soffrire, però… tu e Subaru siete davvero fatti l’uno per l’altro-.

- Io… non so cosa dire. Mi dispiace… per tutto…-

- Seishiro… Hokuto… adesso… staremo insieme per sempre, non è vero?-

- Certamente! Non credere… che vi lascerò ancora soli!-

- Qui non ci separeremo mai… Subaru!-

Seishiro abbracciò di nuovo, di slancio, il ragazzo. Anche Hokuto si unì all’abbraccio e alle loro lacrime.

- Sei, hai avuto molto coraggio… è stato doloroso?-

- Non come quando ho perso te. E comunque…-

- Sei… ti amerò per sempre-.

- Anche io… ti amerò per sempre-.

Hokuto li guardò, felice. Era finito tutto. Nessuno avrebbe più pianto.

Lì, non c’era nient’altro che vivere d’amore. Per tutti e tre.

Per sempre.

 

Hokuto: Be’, a me questo finale piace…

Sei-chan (Imitation): Lo so, l’ho scritto io… adesso vado in un bunker, saluti a tutti!!! (inchino&fuga!!!!!))

Seishiro & Subaru: Hokuto!!! Dacci la clava!!!!!!

 




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