E
questa è la seconda ed ultima parte…prima di maledirmi sappiate che ci
ho messo settimane per scriverla e che questo è l’unico finale decente
che sono riuscita a trovare… soldi e commenti sono sempre benvenuti (a
parte lettere minatorie…).
Dove
l'amore è per sempre
parte II
di Sei-chan
Seishiro cercò
di non far trasparire il sollievo ed il nervosismo. Subaru gli era
sembrato diverso al telefono. Forse voleva vederlo per dirgli che non
dovevano incontrarsi mai più. Invece Subaru lo fece salire, come sempre.
Si sedette sul letto, togliendosi la giacca e perdendo tempo ad
appoggiarla con cura. Seishiro lo imitò e iniziò a slacciarsi la
cravatta, seduto dandogli le spalle. Dietro di lui, Subaru strinse forte
le lenzuola, respirò a fondo un paio di volta, poi si asciugò gli occhi.
No, niente lacrime.
Seishiro era
spaventato. Subaru non si muoveva, di solito si spogliava in fretta, e
pretendeva che anche lui non perdesse tempo, però aveva troppa paura per
girarsi a guardarlo.
Subaru sospirò.
Seishiro si bloccò con le mani sui bottoni della camicia e attese,
tremando leggermente. Subaru si inginocchiò sul letto e si sporse verso
di lui. Sentì la sua mano sulla spalla, poi sentì il peso di tutto il
suo corpo che si buttava dritto contro la sua schiena, abbracciandolo.
Subaru nascose la testa sulla sua spalla, baciandogli il collo e
piangendo.
- Sei…
Seishiro…-
Sei gli aprì
le braccia e si girò, guardandolo negli occhi. Aveva già smesso di
piangere.
- Subaru, che
cosa…-
- Basta,
Seishiro, basta. Sono stanco di pensare… di essere cattivo e crudele e
di ferirti. Io…-
- … Tu non
sei come me, vero?- gli disse Seishiro, con lo sguardo strano del suo
occhio di vetro. - No, grazie a Dio non lo sei, Subaru, io… io ora ti
amo, non mi importa se tu…-
- Seishiro…-
Subaru lo fece tacere. Lo guardò negli occhi, poi lo baciò. Non era uno
dei loro soliti baci, la loro solita guerra che non ammetteva prigionieri.
Subaru lo fece stendere e lo baciò a lungo, coprendolo con le sue labbra,
sul collo, sulle guance, nei capelli. Seishiro teneva gli occhi chiusi,
per non svegliarsi nel caso fosse stato solo un sogno, e Subaru gli slacciò
la camicia e immerse il viso nel suo petto, tra il suo profumo ed il
battito del suo cuore, era una cosa che aveva sempre desiderato e che si
era sempre negato. E poi anche Seishiro partecipò al gioco e a sua volta
gli tolse i vestiti, baciandolo e assaggiandolo come Subaru non gli aveva
mai permesso di fare.
- Che cosa ti
ha fatto cambiare idea?- gli chiese Seishiro, accarezzandogli la schiena,
appagato, mentre Subaru teneva la testa sul suo petto.
- Ci sono cose
che non saprai mai lo stesso- gli rispose Subaru.
- Fin da
quando mi hai invitato qui la prima volta, per me è stato tutto diverso.
Io ti volevo, ti ho sempre voluto e non ho mai potuto… o forse non ti ho
mai voluto avere sul serio. Forse era tutto un gioco perverso per
divertirmi e per farti male, o forse sapevo che cedendoti avrei perso,
avrei perso nel confronto con te, e non volevo assolutamente… mentre tu,
al contrario, facevi l’amore con me ed eri capace di mantenere le
distanze, anzi di farmi più male che negandoti… Subaru, ormai è
inutile andare contro i miei sentimenti perché tanto mi avresti fatto
male comunque…-
- Hai
perfettamente ragione- disse Subaru chiudendo gli occhi. Com’era
felice…
Seishiro restò
sveglio tutta la notte a guardarlo. Se si fosse addormentato, avrebbe
potuto scivolargli via dalle mani… ma aveva lottato con se stesso, con
il suo cinismo per troppo tempo. Subaru era troppo forte per lui. Non dal
versante della forze spirituale, ma da quello della tortura psicologica sì.
Aveva imparato da lui, e l’aveva superato.
- Noi avevamo
fatto un patto, Seishiro, lo sai?-
- Ti riferisci
a quello di…vediamo, quanti anni fa?-
- No, poco
tempo fa… poco dopo che abbiamo cominciato a vederci… l’ho fatto io,
per entrambi-.
- Sospetto che
ci perdevo, in questo patto, vero?-
- Sarebbe
dipeso da te. Ti avevo promesso che, se dopo sei mesi da quel giorno, tu
non avessi avuto bisogno di me, saresti stato libero-.
- Io ho avuto
bisogno di te fin dalla prima volta che abbiamo fatto l’amore… sarei
morto, non è vero?-
- Sapevo che
non appena ti avessi rivelato il mio gioco, ti saresti lasciato
uccidere… piuttosto che non vedermi più-.
- Sarebbe
stato così. Che cosa ti ha fatto cambiare idea?-
- Credo che
Hokuto-chan ti saprebbe rispondere meglio di me. Non chiedermi se ti ho
perdonato, Sei-.
Seishiro
tacque. Qualsiasi cosa avrebbe detto, sarebbe stata fuori luogo.
- Dammi le
mani, Seishiro- gliele prese fra le sue - Non ho avuto bisogno di farti i
miei marchi, perché sapevo come e dove trovarti… e tu non ti saresti
mai nascosto, ma…-
Subaru avvicinò
le labbra al dorso delle mani di Sei, e vi impresse il suo marchio. Un
leggero rivolo di sangue corse giù dalle ferite fresche.
- Se mi
tradirai, Seishiro, morirai… tu e l’altro. Te lo giuro-.
- Non ne hai
bisogno…-
- Ora sei mio.
Sei completamente mio-.
Seishiro
sorrise. Subaru si stese nel letto e lo invitò ad abbracciarlo; come al
solito, lui si addormentò subito, ma Sei dovette rimanere sveglio ancora
un po’, per goderselo mentre dormiva. Gli si strinse contro cingendolo
con le braccia e chiuse gli occhi.
D’un tratto
però sentì uno scricchiolio sopra di sé. Un terremoto? Pensò. Poi
tutto tacque. Magari era una scossa debole che però al terzo piano…
Lo sentì di
nuovo, stavolta più forte. I vetri tremarono leggermente. Pensò di
svegliare Subaru e di mettersi al riparo, ma proprio nei dieci secondi che
gli ci vollero per formulare quel pensiero, sentì il terzo colpo e
d’improvviso il soffitto sopra il loro letto venne giù, letteralmente,
sbriciolandosi. Seishiro saltò giù dal letto e fu colpito soltanto dai
calcinacci più piccoli, ma prima che andasse a vedere come stava Subaru,
sentì qualcosa che si muoveva sopra lo squarcio sul soffitto. Era una
persona, e aveva in mano una grande spada. Lo riconobbe all’istante.
- Fuma!- gridò,
fuori di sé. Questi aveva un sorriso sardonico sul viso e uno sguardo
soddisfatto.
- Piacere di
rivederti, Sakurazukamori! Non credevo di trovarti nel letto di Subaru
Sumeragi! No, a dire il vero lo sapevo, non mi sarei dato tanta pena
altrimenti, no?-
- Bastardo!
Che diavolo…-
-Ti consiglio
di dare un’occhiata alla tua principessa prima di scagliarti contro di
me… dopotutto, stavi cominciando ad essere un po’ troppo… come dire,
assente? O un po’ troppo… traditore?-
Seishiro non
aveva neanche sentito le ultime frasi, e lo lasciò scappare senza fare
niente, si era subito gettato a veder che cosa era successo a Subaru.
- Seishiro, ti
prego… andiamocene da qui, sono stanco- gemette Subaru.
Era seduto in
quel corridoio d’ospedale da ore, ormai, ed era stufo. Voleva tornare a
casa e sentiva freddo; non ricordava come mai si trovava in ospedale, ma
non aveva male da nessuna parte; aveva ripreso conoscenza, o meglio
cominciava a ricordare soltanto da poche ore prima, quando si era trovato
seduto accanto a Seishiro in un’infermeria, dove qualcuno medicava le
mani di Sei. Forse le ferite dei suoi marchi gli facevano male?
Seishiro era a
pochi passi da lui, in piedi immobile da un sacco di tempo, davanti ad un
vetro che dava in una stanza; aveva i pugni stretti e sembrava non battere
nemmeno gli occhi; fissava dentro quella stanza come se ci fosse qualcosa
che lo rapiva in maniera insolita.
- Seishiro,
andiamo via!-
Sembrava che
Seishiro non lo vedesse nemmeno. Forse in quella stanza c’era qualche
vittima che non era riuscito a finire… era totalmente assorto, e Subaru
ci volle del tempo per capire che quelle che gli scorrevano sul viso erano
lacrime.
- Perché
piangi, Seishiro?-
Lui non
rispose. Subaru cominciava ad arrabbiarsi. Però era ancora più
arrabbiato perché non riusciva a farsi venire in mente come mai si
trovava in ospedale e come c’era arrivato. Ricordava solo di essersi
addormentato tranquillamente come tutte le sere, e poi… Sei non
l’aveva degnato di uno sguardo da quando erano lì, Subaru era anche
tentato di credere che si trattasse solo di un sogno.
- Seishiro…-
lo chiamò ancora, e poi si avvicinò anche lui alla finestra. Allungò
una mano verso di lui, ma non lo toccò. Sei era assolutamente
indifferente.
Guardò
dentro. C’erano le veneziane, quelle che le infermiere chiudevano se
dovevano intervenire. Sembrava qualcosa tipo una sala di rianimazione o
cose del genere. Strinse gli occhi per mettere a fuoco.
C’era un
uomo sdraiato, con gli occhi chiusi, attaccato alle macchine. Aveva anche
la maschera per l’ossigeno sulla bocca… Subaru fece due passi
indietro, frastornato.
- No…-
Non poteva
essere vero. Non poteva. Lui era lì, e…
Seishiro mise
una mano sul vetro, e singhiozzo più forte.
- Subaru…-
mormorò. - Subaru!!- Poi si allontanò dal vetro, come se scottasse, e
improvvisamente scappò fuori dall’ospedale, senza che Subaru potesse
trattenerlo.
Subaru impazzì.
La testa gli girava. Questo non poteva essere vero. Non poteva e basta.
Lui era lì… corse dentro la stanza, corse davanti a quell’uomo steso
nel letto. Era lui. Era impossibile, ma era lui. Si stava
guardando, steso in coma e attaccato alle macchine che lo tenevano in
vita, con il corpo quasi completamente coperto di bende, il viso pieno di
tagli scoperti resi rossi dalla medicazione.
- Non posso
essere io. Io sono qui!- e poi si voltò, e vide che la porta era chiusa,
e… lui non l’aveva aperta quando l’aveva attraversata.
- No… no!
Io… io sono… uno spirito?-
Subaru fece un
passo indietro. Gli girava la testa. Girava tutto. Voleva fare qualcosa,
ma non sapeva che cosa, girava in tondo e non capiva niente. Scappò,
proprio come aveva fatto Seishiro, con il viso pieno di lacrime, correndo
come un disperato nell’unico posto in cui poteva rifugiarsi.
Seishiro vagò
in trance per la città. Non vedeva e non sapeva dove stava andando,
camminava davanti a sé in automatico, senza badare alle persone che
urtava e a quelle che si incuriosivano per le sue lacrime e il suo sguardo
distrutto. Solo a tratti vedeva, riconosceva i luoghi in cui passava: in
quei luoghi, nell’ultimo mese, lui e Subaru erano andati spesso, mano
nella mano, felici e innamorati. E imprudenti. Qualcuno li aveva scoperti
e aveva cercato di… d’improvviso Sei si mise a correre, attraversando
la città con le sue urla e le sue lacrime senza speranza e senza
compassione, si fece largo fra la gente spaventandola col suo passaggio, e
fu lì. Non sapeva come ci fosse arrivato, ma non appena vi fu davanti, la
sua vista tornò chiara e la sua mente si riaprì.
Era davanti al
tempio Sumeragi. Ci era passato vicino tante volte, ma mai così vicino,
non c’era mai riuscito. Non era mai riuscito ad arrivare proprio davanti
alla porta senza sforzarsi troppo. Ma i suoi passi l’avevano portato lì,
forse lì poteva trovare conforto… doveva entrare. No, non aveva idea di
quello che poteva trovare lì dentro - decine di sciamani suoi acerrimi
nemici pronti a farlo a pezzi?-, ma voleva entrare, doveva entrare in quel
posto, in quell’unico posto da cui Subaru l’aveva sempre escluso…
La barriera
gli si avventò contro non appena si gettò sulla porta. Lo stava
respingendo, nessuno, nemmeno possedendo la sua grande forza spirituale,
poteva entrare se il tempio non voleva… e lui era l’unico, davvero
l’unico che il tempio doveva rifiutare a priori.
Lottò con
tutte le sue forse. Le lacrime ripresero a scorrere, il suo dolore gli
lacerò il cuore, e i suoi colpi divennero sempre più forti, le sue grida
di supplica sempre più disperate.
- Apritemi!
Fatemi entrare! Devo entrare! Vi prego! Vi… prego- si accasciò senza
forze sulla porta, sconfitto. E la porta si aprì. Cedette dolcemente
contro il suo peso e lo lasciò entrare. Subito Seishiro entrò con furia,
senza trovare nessuno ad impedirglielo, e corse entrando a caso nelle
stanze, aprendo a caso le porte, entrando sempre più verso il centro del
tempio.
Aprì
l’ultima porta, quella che doveva dare sul giardino sul retro… e si
ritrovò nel suo cuore. Era una stanza dal soffitto altissimo a vetrata,
un giardino coperto con al centro un ciliegio gigantesco, maestoso.
- Subaru!- gridò Sei correndo verso
l’albero. - Perché, perché, Subaru?-
Cercò di colpire l’albero sempre più
forte, sempre più violentemente, perché si sentiva inutile e frustrato e
doveva farsi del male perché lui si era salvato e non era stato capace di
proteggere Subaru.
- Subaru! Perché a noi, Subaru, perché
proprio… a noi?-
Qualcuno era penetrato all’interno
della barriera, nonostante ne fosse respinto.
Subaru lo avvertì distintamente. Era
seduto fra le radici del suo albero, all’interno del tempio Sumeragi,
l’unico posto che lo poteva confortare quando aveva un problema. Da
tempo ormai ci veniva di rado, giusto pro forma, ma una volta, quando
aveva appena perso Hokuto e Seishiro, veniva lì a piangere e si sentiva
meglio, per quanto poteva.
Era seduto lì sotto, era lì che era
corso immediatamente quando era andato via dall’ospedale, e stava
singhiozzando da un tempo che gli pareva infinito. Ripensava al suo corpo,
tenuto in vita dalle macchine, in ospedale; non conosceva quali erano le
sue condizioni reali, ma era sconvolto e terrorizzato.
Ma quando percepì quell’invasione si
fermò in ascolto. C’erano dei passi, gli sembrava, qualcuno in preda
alla furia, che spalancava porte e percorreva i pavimenti come un
forsennato. Ebbe paura, ma pensò che ormai nessuno poteva più fargli del
male, ma se chi era entrato aveva abbastanza forza spirituale per
distruggere la barriera, allora…
E poi si aprì proprio la porta del
giardino. Subaru restò, stupito, a guardare. Solo quando Seishiro cominciò
a chiamare il suo nome si riscosse.
- Seishiro!- gli andò accanto, tendendo
una mano verso di lui. - Seishiro, sono qui!-
Subaru sorrise. Era quasi felice:
Seishiro l’aveva ritrovato e aveva anche sfondato la barriera, per lui.
Ma Seishiro non rispondeva. Continuava ad
assalire l’albero, e anche Subaru si mise a gridare, con quanto fiato
aveva, il più forte possibile, per farsi sentire da lui, perché si
accorgesse di lui. Era come cercare di gridare in quei sogni dove gridare
non è possibile…
- Seishiro! Guardami, sono qui, Seishiro!
Voltati, ti prego, Seishiro!-
Ma perché? Loro due erano sciamani,
anche Seishiro poteva vedere gli spiriti dove nessuno li vedeva, e non si
accorgeva di lui! E lui, Subaru, che era capace di riconoscere e lottare e
liberare gli spiriti, lui non poteva nemmeno manifestarsi a Seishiro, e
neanche attirare la sua attenzione, non riusciva nemmeno a scuotere le
fronde dell’albero…
Seishiro colpiva e colpiva il tronco
dell’albero. La fasciatura ad una mano si allentò e si ruppe, e lui
gettò via la benda, scoprendo il marchio di Subaru.
- Seishiro!-
Sei sentì una voce debole alla sua
destra. Si voltò di scatto, e vide l’aria davanti a sé come
disturbata, distorta... e lì si disegnarono i contorni indefiniti e
trasparenti della figura di Subaru.
- Su… Subaru!-
- Seishiro! Tu… mi vedi?- mormorò
Seishiro.
- Subaru! Che… che cosa stai dicendo?-
Non riusciva a sentirlo. Allora era
inutile… Subaru abbassò lo sguardo e vide che una delle due mani era
scoperta. Allungò una mano tremolante, e Seishiro lo imitò, senza
capire. Sentì un tocco gelido proprio sul dorso della mano, dove sembrava
che… Subaru lo stesse toccando. Lo spirito mosse la bocca.
- Il marchio!- disse Sei, comprendendo.
Si strappò anche l’altra fasciatura, e Subaru divenne nitido, visibile,
e udì la sua voce.
- Seishiro… sono qui…-
- Subaru! Tu… tu… Subaru!!-
Seishiro cercò di abbracciarlo, ma non
toccò che aria. Subaru posò le sue mani sul dorso di quelle di lui, e
allora ebbe di nuovo quella sensazione di gelo, ma anche l’impressione
vivissima di sentire proprio le sue mani sopra le sue. Allora le allungò
verso il suo viso e riuscì a sfiorarlo. Subaru non lo poteva toccarlo, e
lui poteva soltanto con le mani, grazie ai marchi che vi erano impressi.
Rimasero per un po’, seduti, fianco a
fianco, a parlare.
- … e mi sono ritrovato
nell’infermeria, mentre l’infermiera ti medicava le mani-.
- Ma perché ti sei ritrovato lì e
non… qui, o vicino al tuo corpo?-
- Per questi- Subaru gli indicò i
marchi. - Te li ho fatti per renderti mio, e loro… mi hanno chiamato a
te, in qualche modo. So che mi puoi vedere solo grazie a loro-.
- Subaru… mi spiace tanto-.
- No, non devi preoccuparti… questo
non… era quello che volevamo, ma… ci… ci sono speranze, per me?-
- Non… non lo so… ero impazzito dal
dolore mentre i medici mi parlavano… non lo so. So che… quel tetto ti
è crollato addosso… e io non ho potuto fare niente!-
Subaru abbassò gli occhi.
- Seishiro…-
- Dimmi pure-.
- Andiamo fuori… andiamo a fare una
passeggiata, io…-
- Andiamo a casa mia?-
- Va bene-.
Camminarono per la strada, ogni tanto
qualcuno si voltava a guardare Sei che parlava da solo, ma non ebbero
problemi. Era sera, ormai, e Seishiro sembrava distrutto. I suoi occhi
erano ancora gonfi per le lacrime.
- Vuoi restare qui, stanotte? Io non
so…-
- Ho troppa paura per andarmene… resterò
qui, Seishiro…-
Sei si mise a letto, e Subaru si sedette
accanto a lui. Non ne sapeva molto di vita quotidiana degli spiriti,
ignorava se dovesse dormire o se ne potesse fare a meno. Ma restò sveglio
tutta la notte, e tutte le notti seguenti che passò vegliando sul sonno
di Seishiro, in giorni che non passavano mai in cui nessuno dei due poteva
trovare una soluzione per far risvegliare anche il corpo di Subaru. Non
conoscevano riti che potessero farlo, e anche se Sei fosse entrato nel
sonno di Subaru, la sua coscienza si trovava fuori di lui, nel suo
spirito.
- Seishiro… secondo te gli spiriti
delle persone in coma sono tutti… fuori, come me?-
- Ci stavo pensando anche io… sai,
Subaru, hai presente quelle persone che dicono di tornare da un altro
luogo, dal Paradiso, quando si svegliano dal coma? Io… io penso che le
persone che entrano in coma vadano nel luogo dove vanno anche gli spiriti
dei morti, ma possono tornare…-
- Allora… allora io… io non dovrei
essere qui…- Subaru cominciò a piangere.
- No, Subaru, ti prego… il tuo amore
per me era talmente forte che… ti ha portato da me, non piangere, ti
prego…-
- Ah!- Subaru cadde in ginocchio. Diventò
meno definito e sembrava che stesse per scomparire.
- No!!! Seishiro, aiutami!- gli tese le mani. Seishiro le afferrò
fra le sue, e gli sembrò di essere risucchiato da un enorme vortice
d’aria.
- Non mi lasciare, Sei!- Subaru si afferrò
a lui, ed infine la forza smise di attirarlo a sé. Subaru si accasciò,
singhiozzando.
- Subaru, cos’è successo?-
- Il mio corpo… è morto-.
Seishiro passò la giornata
all’ospedale, piangendo. Subaru era morto, le macchine non erano state
sufficienti per tenerlo in vita. Non respirava più. Il suo cuore non
batteva più. Seishiro non sentiva niente, non pensava più a niente.
Anche lo spirito di Subaru era scomparso, l’aveva perso. Era solo. Era
distrutto.
Un tocco freddo. Lui. Era tornato.
- Subaru! Non… non te ne sei andato!-
Subaru non rispose. Non parlò per
l’intero giorno, mentre il suo corpo veniva preparato per la sepoltura.
Seishiro non andò al funerale, restò a letto, come se non volesse
capacitarsene. Poi andò al ciliegio del tempio Sumeragi. Subaru era con
lui, e sedette fra le grandi radici, col viso contratto dallo sconforto.
- Subaru…-
- Seishiro… io… io non voglio andare
via da te-.
- Io non ti farò andare via. Io non ti
mando via, voglio… voglio che tu resti con me… Subaru, che c’è?-
- Io… ho visto Hokuto! Lei… lei mi
chiamava, Seishiro…e io… mi manca tanto! Però non ti voglio
lasciare!-
- Hai visto Hokuto… lei vuole che tu
vada? Ti vuole con sé? No… tu vuoi andare, vero? Tu vuoi stare con
lei…-
- Non voglio andare via da te! Tu… io
ti amo!-
- Subaru, sono io che te l’ho portata
via. Lei ha più diritto di me ad averti accanto. Io… posso anche…-
Avrebbe dovuto dire “fare a meno di
te” ma non ci riuscì. Non riuscì a mentirgli per convincerlo ad andare
dalla sua adorata sorella che amava con tutto il cuore, da cui non avrebbe
dovuto mai, mai, mai essere separato.
- Io non voglio lasciarti, e poi... non
posso più… andare da solo…-
- Ti ho tenuto legato a me anche
troppo… ora tu devi pensare solo a te, e non a me... me la caverò, te
lo giuro, e…-
- Oh, Sei!!!-
Subaru gli si sarebbe gettato tra le
braccia, se avesse potuto, per piangere contro il suo petto, ma Seishiro,
vedendo come soffriva, aveva già deciso: l’avrebbe lasciato andare, e
anzi l’avrebbe aiutato a liberarsi del suo legame con lui: era uno
sciamano, ed era uno dei suoi compiti accompagnare le anime che non
volevano lasciare la Terra…
Sì, la vita sarebbe stata un inferno
senza Subaru; prima, quando non lo poteva avere, se ne era anche fatto una
ragione, ma adesso, lasciarlo andare quando avrebbe potuto tenerlo con sè,
consapevolmente, questo sì l’avrebbe fatto soffrire senza misura…
proprio come ora stava soffrendo Subaru, lacerato dal desiderio di
rivedere Hokuto e di stare con lei… finché non aveva alcuna possibilità
di farlo, si era rassegnato, ma ora… se avesse rinunciato di sua volontà
sarebbe stato terribile per lui…
Né Subaru né Seishiro potevano essere
completamente felici; entrambi sarebbero stato coscienti di essere causa
dell’infelicità dell’altro, ma Seishiro aveva deciso che Subaru aveva
sofferto già abbastanza per causa sua… ora toccava a lui.
- Seishiro…-
- Dimmi-.
- Tu… lo faresti davvero? Mi faresti
l’esorcismo?-
Sei si morse le labbra, cercando di
distendere la sua espressione.
- Certamente- sorrise. - Vorrei tanto che
tu rivedessi Hokuto…-
- Io ci… ci voglio pensare ancora, ok?-
- Pensaci tutto il tempo che vuoi… ma
cerca di fare la cosa giusta per te, va bene? Solo quello che desideri
davvero-.
- Io… domani mattina ti darò una
risposta-.
Seishiro si allontanò, entrando nel
tempio per non fargli vedere quanto stava male, per poter piangere senza
che lui lo vedesse. Più tardi, cercò di calmarsi, e andò a cercare il
bagno per lavarsi il viso. Entrò in una stanza buia che aveva preso per
un ripostiglio, e vi trovò un grande cassettone lavorato: da uno dei
cassetti sporgeva un pezzo di stoffa bianca. Sei aprì il cassetto e trovò
il vestito rituale di Subaru; lo tirò fuori e lo strinse a sé, non aveva
niente di suo, forse quello avrebbe potuto aiutarlo a sopportarne la
mancanza… nel cassetto c’era qualcos’altro: lo prese e trovò la
spada di Subaru, avvolta nella sua custodia, bella lucida e pulita…
Seishiro la guardò con una strana luce negli occhi, e il suo cuore si
sciolse con una grande ondata di calore… cominciò a piangere di nuovo,
ma stavolta di sollievo, e quasi di contentezza. Nascose di nuovo la spada
nel cassetto e tornò nel giardino. Subaru non c’era, e lui si addormentò
tranquillamente ai piedi dell’albero.
La mattina dopo, Subaru gli aveva detto
che cosa aveva deciso: voleva andare. Sorrideva sinceramente; anche Sei
era sollevato; sperava che Subaru non se ne accorgesse, e invece fu lui a
non accorgersi che Subaru lo guardava in un modo strano, diverso dal
solito.
- Resta qui, Subaru. Io vado a fare
le…-
- … le sciacquette- rise Subaru.
- Già. Ci vuole un momento solo-.
Seishiro si lavò, come voleva il
rituale, poi mentre tornava nel giardino prese la spada, si tolse la
giacca e ve la nascose; la posò accanto ad una radice dell’albero e poi
recitò le formule per l’esorcismo.
Subaru teneva gli occhi chiusi, ma
sentiva le sue parole e la sua energia; gli sembrò di librarsi in aria e
di respirare in modo diverso; stava lasciando per sempre la Terra.
- Seishiro…- mormorò mentre stava
sparendo. Gli afferrò le mani. Sorrideva fra le lacrime.
- Addio, Subaru-.
- Sei… non posso impedirti di fare
quello che hai deciso e… non vorrei neanche. Fai presto, ti prego… non
farmi aspettare! Ti amo…- e sparì. Il tocco delle sue mani fredde svanì
da Seishiro.
- Ti amo anche io. Non ti farò
aspettare-.
Sedette contro il tronco dell’albero ed
estrasse la spada. Era perfettamente affilata. Respirò a fondo e chiuse
gli occhi.
- Eccomi, Subaru. Sto arrivando-.
Subaru aveva un viso radioso. Era lì ad
aspettarlo e gli corse incontro, gettandosi fra le sue braccia. Finalmente
potevano toccarsi ancora! Sei lo abbracciò e lo baciò, era felice come
mai era stato in vita. Adesso erano di nuovo insieme, entrambi avevano
scelto e avevano seguito il cuore.
Dietro a Subaru c’era Hokuto. Anche lei
sorrideva. Era uguale a quando aveva sedici anni.
- Seishiro, lei… lei lo sapeva. Me
l’aveva detto, che saresti arrivato presto-.
Sei la guardò. Non sapeva come avrebbe
reagito. D’altra parte, era lui che l’aveva uccisa.
- Hai visto, Seishiro? Avevo ragione…
tu ci avresti fatto soffrire, però… tu e Subaru siete davvero fatti
l’uno per l’altro-.
- Io… non so cosa dire. Mi dispiace…
per tutto…-
- Seishiro… Hokuto… adesso… staremo
insieme per sempre, non è vero?-
- Certamente! Non credere… che vi
lascerò ancora soli!-
- Qui non ci separeremo mai… Subaru!-
Seishiro abbracciò di nuovo, di slancio,
il ragazzo. Anche Hokuto si unì all’abbraccio e alle loro lacrime.
- Sei, hai avuto molto coraggio… è
stato doloroso?-
- Non come quando ho perso te. E
comunque…-
- Sei… ti amerò per sempre-.
- Anche io… ti amerò per sempre-.
Hokuto li guardò, felice. Era finito
tutto. Nessuno avrebbe più pianto.
Lì, non c’era nient’altro che vivere
d’amore. Per tutti e tre.
Per sempre.
Hokuto: Be’, a me questo finale
piace…
Sei-chan (Imitation): Lo so, l’ho
scritto io… adesso vado in un bunker, saluti a tutti!!!
(inchino&fuga!!!!!))
Seishiro & Subaru: Hokuto!!! Dacci
la clava!!!!!!
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