Allora,
come al solito appartiene tutto alle Clamp.
Se
volete sapere come va a finire questo racconto, vi invito a mandarmi
messaggi, regali e soprattutto cospicui contributi in denaro.
Altrimenti…. AHAHAHAH
Sei-chan
(The Original): Fatelo! E’ capace di tutto! Liberateci da lei!!!
Sei-chan
(Imitation): Sta’ tranquillo bellino, adesso mi diverto un po’ io….
Dove
l'amore è per sempre
parte I
di Sei-chan
Subaru
Sumeragi, 24 anni.
Cammina
solo per le strade di Tokyo. Sembra senza meta, ma in realtà sa benissimo
dove sta andando. Non sa il luogo preciso, ma quando ci sarà arrivato lo
capirà da solo. Questa notte è stato avvertito da un sogno che quello
sarebbe successo. Dopo otto anni, dentro la sua testa c’è ancora quella
voce che dice “Lo uccido”, anche se forse non lo farà morire. Non sa
esattamente come, ma sa che lo distruggerà fra le sue mani. Ne è certo.
Il sogno era chiaro. Sumeragi è uno sciamano del clan più potente del
Giappone, la faccia chiara della medaglia.
Seishiro
Sakurazukamori, 33 anni.
Sta
aspettando. Sa che lui arriverà presto, da una strada o da un’altra.
Anzi, dev’essere già vicino. Anche lui è stato avvertito da un sogno.
Finora non è mai successo, anche se entrambi sono rimasti a vivere nella
stessa città. Non si sono mai incontrati, chissà se per volere di
qualcuno o solo per caso. Lui non ha mai cercato di evitarlo, questo è
certo. C’è sempre quel patto che aspetta di essere riscosso, dopotutto.
Anche dopo otto anni, e dopo che due donne si sono sacrificate per evitare
la stessa sorte al loro caro. Comunque, il sogno era chiaro.
Sakurazukamori è uno sciamano dell’altro clan più potente in Giappone,
la faccia oscura della medaglia.
Sumeragi
arrivò ad un palazzo abbandonato, e si fermò. Sì, il posto era quello.
Avrebbe dovuto salire le scale? Sì. A Seishiro piacevano i luoghi strani
e isolati, e anche a lui. Sul tetto di quel palazzo sarebbe stato
perfetto. Forse Seishiro si voleva esibire in qualcuno dei suoi numeri di
magia. Bene. Era pronto. Da otto anni si preparava, ma durante quegli anni
non aveva esercitato soltanto le sue arti sciamaniche: solo con quelle,
non l’avrebbe mai battuto. Aveva affinato altre doti che forse gli
sarebbero state più utili; armi che Seishiro non si immaginava e da cui
non poteva difendersi. Per prima cosa, era diventato molto più deciso, e
meno impulsivo: non lo era mai stato troppo, ma per lungo tempo aveva
sognato di trovarselo davanti e attaccarlo con ferocia: era quello che
Seishiro si aspettava, ma aveva capito che non era così che l’avrebbe
battuto; l’avrebbe trovato sempre pronto a difendersi. Non l’avrebbe
attaccato; gli avrebbe lasciato intravedere la sua debolezza.
-
Ciao, Subaru- disse Seishiro con un sorriso amichevole. Subaru restò
serio. Lo fissò. No, lui non era cambiato: anche questa era una
sensibilità che aveva accresciuto durante gli anni. Era troppo sicuro di
sé. Nessuno dei Sumeragi, nemmeno sua nonna, l’avrebbe battuto con la
spada in pugno, ma non si aspettava di essere attaccato da un fiore: da
quello non si sarebbe difeso.
-
Ci rivediamo- disse senza espressione. Vediamo, che effetto ti fa la
freddezza? Non ci fai caso, come al solito: bene…
-
Ti trovo bene, non sei cambiato affatto- riprese Seishiro, mentendo
spudoratamente: lo vedeva anche lui benissimo, il cambiamento di Subaru;
solo, non riusciva ad indovinare che ci fosse di diverso…
-
Ti cercavo per realizzare un mio desiderio…-
-
Vuoi ancora uccidermi, Subaru? Sì, attaccami, io ho ucciso la tua adorata
sorellina…-
Provocazione,
ecco cos’era. Voleva scaldargli il sangue, era come sventolare un drappo
rosso davanti ad un toro. Ma si dà il caso che questo toro, ora, sia
diventato cieco, Sei.
Seishiro
creò una barriera attorno a loro. Credeva che non lo attaccasse per paura
di ferire degli innocenti? Tipico del vecchio Subaru… come sei ingenuo,
Sei. Non ti sei accorto che sono passati otto anni?
Subaru
mosse un passo verso di lui. Si avvicinò ancora. Seishiro sorrideva,
tranquillo, mentre l’espressione di Subaru non tradiva alcuna emozione.
Subaru sapeva benissimo che Seishiro si aspettava da un momento
all’altro un suo attacco, e sapeva anche che non si sarebbe mai
aspettato qualcosa di diverso. Gli si fermò davanti, impassibile,
fissandolo in viso.
-
Sei un bel tipo…- gli disse Seishiro. Allungò una mano a sfiorargli una
guancia. Di sicuro adesso Subaru avrebbe afferrato la sua mano per
allontanarla. Era tutto calcolato. Ed infatti Sumeragi appoggiò la sua
mano su quella dell’altro.
Ma
non la allontanò dal suo viso. Ve la strinse più forte.
Impercettibilmente
l’angolo della sua bocca si piegò in un accenno di sorriso. Fu quello
il momento in cui le cose cominciarono a precipitare.
-
Non ti fidi più di te stesso?- disse Sumeragi. - Se hai creato questa
barriera per impedirmi di scappare, sappi che non ho alcuna intenzione di
andarmene-. Senza staccare la mano di Seishiro dal suo viso, Subaru si
avvicinò ancora. Adesso fra i due c’era solo lo spazio di qualche
millimetro. Subaru assaporava l’odore di sigaretta della pelle di
Seishiro, misto a qualcos’altro, che conosceva bene ma a cui non sapeva
dare un nome… la passione? La crudeltà? Il potere? Chissà, avrebbe
potuto essere una di quelle cose o forse tutte e tre. Anche Seishiro lo
guardava, il suo cervello correva velocissimo, in quel lungo istante che
non durò più di un secondo. Poi anche Seishiro si avvicinò più del
possibile, e Subaru chiuse gli occhi, sentendo le labbra dell’altro,
prepotenti, sulle sue. Aprì la bocca e lasciò che l’altro credesse di
forzarla, prendendo insieme l’inizio della rivincita e qualcos’altro.
Fu un bacio lungo e appassionato, penetrante, esattamente come Subaru si
era aspettato e come Seishiro aveva sempre sognato, anche se forse non
l’avrebbe mai confessato neppure a se stesso. Le loro lingue non si
toccarono, non si intrecciarono, non si cercarono: lottarono strenuamente
fra loro per respingere, afferrare e possedere l’altra. Subaru reclinò
il capo e Seishiro lo afferrò con entrambe le mani, sollevandolo per
costringerlo a stare in punta di piedi. Nessuno dei due voleva essere il
primo a cedere, ma poi Subaru spinse via Seishiro con entrambe le mani,
asciugandosi la bocca.
Seishiro
attese. La prossima parola doveva essere sua. Subaru gli disse soltanto
un’ora e un posto, poi se ne andò, mentre Seishiro dissolveva la
barriera. Sorrise, Sakurazukamori. Sospettava fosse una trappola, non
doveva essere che quello, ma per niente al mondo quella sera sarebbe
mancato. Subaru non l’aveva attaccato, segno che sapeva di essere troppo
debole o temeva di esporsi troppo; forse voleva sfidarlo nel suo
territorio per avere il vantaggio del campo. Certo, Subaru era il
capofamiglia più potente da generazioni a quella parte, ma lui era più
forte ancora. Non aveva assolutamente paura, anzi era eccitato per quella
nuova sfida. Forse avrebbe colto l’occasione per riscuotere il suo
pegno, magari solo in parte; anche lui pensava, come Subaru, anche se non
lo sapeva, che non valeva la pena di ucciderlo subito… meglio giocarci
un po’ come il gatto col topo.
-
Bene, Subaru. Credo ti insegnerò qualche gioco nuovo… e mi divertirò,
anche, piccolo mio- disse tra sé Sakurazukamori. Oh, sì, si sarebbe
divertito.
Subaru
lo stava aspettando sotto l’albero che faceva ombra sul palazzo. Non era
il palazzo dove Subaru abitava quando si erano conosciuti, e Seishiro
avrebbe giurato che non era nemmeno quello in cui viveva adesso.
Naturalmente non gliel’avrebbe mai rivelato. La sua famiglia senza
dubbio possedeva varie abitazioni, in città, e chissà, forse in
quell’appartamento avvenivano le esecuzioni capitali. Anche se non
avvertiva nessun tipo di energia fra quelle che avrebbero potuto aiutare
Subaru ad avere la meglio su di lui.
Senza
una parola, Subaru fece strada. Aprì una porta uguale a tutte le altre
nel corridoio del terzo piano e lo fece entrare, sempre in silenzio.
Quando fu dentro lo afferrò per il bavero della giacca e gli diede un
bacio violento e provocatorio che concluse prima che Seishiro passasse a
ricambiarlo. Poi si voltò e finse di scappare, e Seishiro l’afferrò
schiacciandolo contro lo stipite della porta, per baciarlo ancora. Subaru
scappò di nuovo e si fece inseguire nella stanza dove lo voleva condurre,
la camera da letto. Entrambi appesero le loro giacche con calma e
tornarono a squadrarsi, come due combattenti nell’arena. E quando si
avvinghiarono di nuovo, cominciando a spogliarsi freneticamente, non fu
amore, e nemmeno sesso: fu soltanto una lotta furibonda fra i due per
avere il dominio dell’altro, non il dominio fisico ma la supremazia, il
controllo del gioco. Seishiro era più forte, e Subaru non gli resistette:
consumarono un amplesso furioso, e quando Seishiro riuscì ad entrare
dentro di lui, prima di abbandonarsi, Subaru pensò che era proprio quello
che voleva; e capì di aver vinto lui.
Quando
tutto finì, e Seishiro rimase spossato a riposare sul suo petto, i graffi
e le unghiate già ben visibili sul suo corpo, Subaru sorrise. Era un
sorriso che avrebbe fatto rabbrividire anche l’assassino Sakurazukamori:
la sua bocca rideva, ma i suoi occhi erano di ghiaccio freddo e tagliente.
Seishiro credeva di aver vinto perché era riuscito a possederlo; Subaru
sapeva di aver vinto perché aveva visto che il desiderio di Seishiro era
molto più grande del suo e che era bastata una minima scintilla per farlo
divampare in modo che non si sarebbe potuto spegnere tanto facilmente.
Dopo che entrambi si furono calmati, Subaru spostò senza tanti
complimenti la testa di Seishiro e si alzò dal letto, prese un pacchetto
di sigarette dalla tasca della giacca e ne accese una.
-
Non ti dà fastidio, vero?- chiese a Seishiro, avvicinandosi alla
finestra. Seishiro rimase a contemplarlo, completamente nudo, stupendo e
perfettamente a suo agio.
-
Non pensavo che ti avrei mai visto fumare. Non dovresti, fa male alla
salute-.
Subaru
scrollò le spalle.
-
Ho cominciato quando ho fatto l’amore per la prima volta- gli disse
guardandolo intensamente.
-
Allora questa è la tua prima sigaretta!-
-
Non essere presuntuoso… credi che abbia aspettato te per farlo?-
Seishiro
sentì un leggero spasimo all’altezza della gola, come se ci fosse una
piccola vena che si contraeva, ma passò subito, lui ci fece un minimo
caso e se ne dimenticò subito.
Subaru
si sedette sul letto e gli porse quel che era rimasto della sigaretta.
Seishiro tirò voluttuosamente mentre l’altro si infilava nel bagno.
Sentì che apriva l’acqua della doccia. Finì la sigaretta, ne fumò
un’altra, poi rimase in attesa. L’acqua continuava a scrosciare:
Subaru stava cercando di eliminare ogni traccia di lui dal suo corpo? Il
pensiero gli fece male, poco ma intenso; di nuovo quello spasimo alla gola
lo bloccò per una frazione di secondo. Aveva creduto che quella fosse
stata la sua prima volta; invece non era così; gli aveva carpito soltanto
un minuto di sesso e di piacere per… magari solo per spassarsela un
po’. Forse quella non era una base del clan ma la sua
garçonniere. Seishiro si sentiva abbattuto. Quella che lui credeva
la sua preda in realtà si era lasciato catturare senza che lui se ne
accorgesse… finalmente Subaru uscì dalla doccia; era ancora
completamente nudo, e la sua pelle luccicava delle mille goccioline
d’acqua che erano rimaste sulla sua pelle. Cominciò a rivestirsi.
-
Che cosa fai?- gli chiese Seishiro.
-
Me ne vado. Non pretenderai che resti qui tutta la notte-.
-
E perché no? Potrei anche pretendere la risoluzione del nostro patto…-
-
Credevo di essermi esentato dal pagamento, con questo- disse Subaru
indicando il letto stravolto.
-
Direi che così lo hai solo dilazionato, Subaru. Dovrai impegnarti ancora
se vuoi estinguere il debito-.
-
Allora ti cercherò io. E vedi di esserci quando ti chiamo-.
Subaru
se ne andò senza dire un’altra parola. Seishiro lo vide allontanarsi
per strada senza voltarsi mai indietro.
Adesso
il tempo scorreva attorno a quella notte e a quelle che ci sarebbero state
ancora dopo. Seishiro non voleva attendere ma fu costretto a vivere in
attesa delle chiamate di Subaru, che di solito erano soltanto
l’indicazione del luogo - sempre quell’appartamento- e dell’ora.
Seishiro non aveva voce in capitolo, ma ogni volta che si trovava davanti
Subaru, ed era fra le sue braccia e dentro il suo corpo, per lui si apriva
un universo parallelo dove il ragazzo era tutto e solo per lui, e dove
l’attesa di ogni nuovo incontro era annullata perché vivevano l’uno
in funzione dell’altro.
Era
proprio quello che Subaru aveva previsto. Ora che Seishiro aveva
assaggiato il frutto proibito, non ne avrebbe più potuto fare a meno. Lo
avrebbe tenuto sulla corda quel tanto che bastava per fargli imparare a
stare in equilibrio, e poi l’avrebbe spinto giù con un sorriso.
Seishiro gli apparteneva, e senza nemmeno avergli fatto quegli stupidi
marchi addosso. Forse un giorno gli sarebbero stati utili, ma per ora le
sue labbra di sciamano erano quelle di un uomo come tutti gli altri,
labbra da cui un altro sciamano, anche lui ridotto a uomo normale, doveva
desiderare ed implorare un dono.
Seishiro
non si accorse di quanto in basso stava cadendo. Non si accorse che le
arti di Subaru erano cambiate abbastanza per irretirlo senza che ne avesse
nemmeno sentore. Subaru lo lasciava solo per giorni, anche per settimane,
senza chiamarlo, ma ogni volta che lo faceva lui era tanto pazzo da
accettare di vederlo. Le prime volte fu soltanto per soddisfare la sua
passione fisica, ma a lungo andare cominciò ad aspettare le sue chiamate,
e ad essere felice quando aveva un appuntamento con Subaru.
Sumeragi capì di
averlo in pugno il giorno che lo trovò sotto quell’albero al suo
palazzo, fermo ad aspettarlo anche se lui non l’aveva chiamato. Immaginò
che si fosse appostato lì sotto il giorno prima, e quello prima ancora,
per intercettarlo se fosse passato… era come un lupo feroce e affamato
che per un po’ di cibo si era lasciato addomesticare. Nell’entrare in
casa con lui, quel giorno, Subaru capì che non sarebbe scappato più, e
che ora poteva passare alla distruzione, senza temere che la sua
preda scappasse, anzi, lasciandogli fare tutto da solo. Ormai era solo una
strada in discesa, ma voleva godersi sulla faccia di Seishiro tutte le
tappe. Tutti i passi che faceva per precipitarsi da solo nel baratro.
Sarebbe stata la sua punizione. Una punizione dolce, languida, desiderata,
la sua tortura più crudele.
Quella
notte, come tutte le altre, Subaru si preparò ad andarsene non appena
ebbero finito. Seishiro si era addormentato prima che lui uscisse dalla
doccia, Subaru se lo immaginava, le notti precedenti, non dormire per
l’ansia e la frustrazione, cercando di inventare qualche espediente per
trovarlo, per vederlo. Doveva essere sfinito, poverino. Si sedette sul
letto, sporgendosi verso di lui. Gli mise una mano sulla fronte per essere
sicuro che non si svegliasse; prese la sua testa e la posò sulle proprie
ginocchia, e affondò il viso fra i suoi capelli. Gli sfiorò le labbra
con un bacio, stringendo gli occhi in un sorriso sincero.
-
Facciamo un patto, Seishiro… ti do un anno di tempo… anzi, ti do sei
mesi... e poi… d’accordo, Seishiro?-
Mentre
si allontanava, per la prima volta, si voltò indietro a guardare la
finestra dell’appartamento. Gli aveva dato sei mesi, solo sei mesi, e
questo perché per lui, per Sei, sarebbe stato più facile rispettare la
sua parte di patto. Non voleva vincere troppo facilmente imponendogli un
periodo oggettivamente troppo lungo.
-
Vuoi una sigaretta?- disse Sei.
-
D’accordo- Subaru l’accese e rimase a letto, fumando tranquillo.
Accanto a lui anche Sei fumava, guardandolo attentamente. Subaru spense la
sigaretta e non si mosse. Dopo un po’ andò ad aprire la finestra,
affacciandosi e respirando l’aria fresca.
-
Levati. Stai occupando tutto il letto- disse poi con tono cattivo. Il
cuore di Sei si fermò per un attimo.
-
Ti ho detto di levarti, santo cielo. Spostati-
Sei
si spostò, inebetito. Subaru si stese, dandogli le spalle.
-
Ti fermi a dormire qui?- gli chiese piano.
-
Complimenti, sei un genio. Ehi, non ti illudere: domani ho un lavoro qua
vicino e non vale la pena ritornare a casa a quest’ora. Dato che sono
dovuto venire qui, almeno lasciami dormire-.
Seishiro
rimase a guardarlo per un po’. Subaru non disse nulla e non si mosse
nemmeno. Gli aveva fatto male sentirgli dire quelle cose. Sembrava che ci
fosse costretto, a venire lì con lui, ma lui non lo costringeva affatto,
anzi.
-
Vuoi spegnere quella maledetta luce?-
-
Scusa-
Sei
spense la luce e si stese nella sua parte di letto, mentre Subaru gli dava
la schiena. Dio santo, nello stesso letto e per tutta la notte… cercò
di avvicinarsi di qualche millimetro.
-
Sia chiaro, Seishiro, cerca di stare fermo e soprattutto vedi di non
toccarmi-.
Sei
si bloccò improvvisamente. Si spostò persino un po’ indietro, e per
tutta la notte non dormì. Restò sveglio, immobile, con gli occhi aperti
puntati su Subaru. Anche lui era perfettamente fermo, non si mosse di un
millimetro, tranne che per il respiro regolare.
Subaru
non dormì. Anche se era voltato, sentiva gli occhi di Seishiro fissi
sulla sua nuca, e non era facile ignorarli. Soprattutto con la maggiore
sensibilità di uno sciamano. Ma riuscì a star fermo e a non tradire
alcun fastidio. Dopotutto, era un prezzo che poteva anche sopportare.
Sei,
ti ho dato poco tempo, ma non credere che cercherò di renderti le cose
facili.
Ora Subaru
restava sempre a dormire nell’appartamento. Aveva smesso anche di
inventare scuse, in ogni caso, tutte le volte non mancava mai di fargli
capire bene chi comandava. Non perdeva occasione per essere freddo e acido
con lui, per mortificarlo gratuitamente e anche con un certo godimento.
Tutte
le notti Seishiro respirava pianissimo, cercando di sembrare addormentato.
Restava sveglio ogni volta per godere il più possibile di quel momento,
sapeva che erano momenti rubato, ma non poteva farne a meno.
Subaru si girava
dall’altra parte e si addormentava, senza pensare più a lui. Senza
dargli la buonanotte… a Seishiro sarebbe piaciuto sentire un saluto, una
parola gentile da lui, ma Subaru era davvero, incredibilmente freddo
rispetto a ciò che lui ricordava. Però a Sei bastava solo il calore
effimero di quel corpo, del Subaru di oggi dal sonno così leggero che se
solo si fosse provato a sfiorarlo si sarebbe svegliato e se ne sarebbe
andato per non farsi più infastidire. Eppure non era più così glaciale
quando facevano l’amore…
Tutte le notti, Subaru
sapeva che Seishiro, dietro di lui, nel letto, lo guardava credendo che
stesse dormendo. Gli piaceva stare con Seishiro, fare sesso con lui, ne
era stato talmente innamorato che è difficile dimenticarlo… ma ormai
quel sentimento delicato di tanto tempo prima si era trasformato in quelle
notti selvagge in cui entrambi chiedevano e prendevano tutto…
l’abbandono con cui Seishiro, ultimamente, lo prendeva aveva qualcosa di
commovente. Anche quel suo restare fermo per ore, a fissargli la nuca, nel
letto, credendo che lui non se ne accorga consumato dalla voglia di
stringergli le braccia attorno era quasi assurdo, per qualcuno che
conoscesse bene Sakurazukamori. Ma ormai stava cadendo dritto nella
trappola che aveva preparato per lui.
Per quanto tempo aveva
intenzione di stare lì a fissargli la nuca? Cominciava a dargli fastidio,
e facendo finta di dormire doveva cercare di non muoversi… cosa che lo
faceva quasi smaniare. Era ora di mettere fine anche a quel gioco che
l’aveva stancato da morire.
Si girò di scatto,
fissando i suoi occhi impenetrabili su Seishiro.
- Che diavolo vuoi,
Seishiro?-
Seishiro non se
l’aspettava, e sussultò trasalendo. Si rese conto che Subaru l’aveva
sorpreso in qualcosa di ancora più intimo del contatto fisico che avevano
a letto. Come se l’avesse visto nudo… ma in altre circostanze.
- Io…-
- Perché non mi lasci
dormire? Altrimenti me ne vado-.
Seishiro scosse la
testa. Era già stata una conquista faticosa che lui rimanesse nello
stesso letto a dormire, era ben consapevole che da questo punto di vista
aveva tutto da perdere.
- Bene- disse Subaru. -
Buonanotte- e si voltò di nuovo, tirandosi le coperte sul viso. Seishiro
si voltò anche lui dall’altra parte, con un nodo alla gola. Subaru
l’aveva beccato e se l’era presa… questo gli dava un’idea su chi
stava comandando in realtà. Poco dopo si accorse che Subaru stava
dormendo davvero, stavolta, così si alzò e fumò una sigaretta davanti
alla finestra aperta.
Da quanto andavano
avanti ormai? Erano un bel po’ di settimane, ed ultimamente gli incontri
si erano fatti più frequenti, ma comunque era una vera tortura dover
aspettare che lui lo chiamasse. Aveva provato anche ad andare al tempio,
ma c’era una barriera che gli rendeva difficile avvicinarsi e
addirittura impossibile entrarci, e se telefonava, rispondeva sempre
Subaru, certo che fosse lui, e si arrabbiava, punendolo con una lontananza
che diventava sempre più lunga; dopo un po’ Seishiro aveva deciso di
lasciar perdere. Così come aveva subito ceduto sul fatto di non guardarlo
nemmeno quando dormiva…
- Sei…-
mormorò Subaru nel sonno, girandosi. Seishiro avrebbe voluto correre ad
abbracciarlo… ma si stava rammollendo? Sarebbe dovuto essere là fuori,
sulle barricate, combattendo contro quello stupido Kamui, o come diavolo
era, e i draghi del cielo, ma non gliene importava niente. Era quello che
lo legava a Subaru: entrambi combattevano la loro guerra personale e ciò
che succedeva fra le due fazioni non li toccava, o meglio lo trovavano
utile soltanto quando potevano servirsene per i loro scopi personali.
- In questo siamo
simili, Subaru… tu in realtà non sei quella persona sensibile e
altruista che hai sempre fatto credere a tutti… anche ad Hokuto, che si
preoccupava per te… sotto sotto ti interessa solo il tuo tornaconto…
sei proprio come me… chissà se da qualche parte hai anche tu un albero
che devi nutrire con il sangue… noi due siamo proprio come il dritto e
il rovescio della stessa medaglia, in effetti, ma… ora come ora
scommetto che non sai più nemmeno tu da che parte stai-.
- Hai finito?- di
nuovo, Seishiro sussultò. - Come devo dirti che ho sonno?-
Subaru si era
svegliato; chissà se aveva sentito quello che aveva detto… ma pareva di
no.
- Se hai finito di
parlare col gatto del vicino, chiudi la finestra. Ho freddo-.
- Scusa. Vuoi che ti
scaldi io?-
- Devo dormire, devo
dirtelo in un’altra lingua?… dio, sei ghiacciato, non venirmi vicino!-
- Scusa…- disse di
nuovo Seishiro, restando nel suo angolino a rabbrividire. D’un tratto
sentì le mani di Subaru strofinargli le braccia nel tentativo di
scaldarlo.
-Va meglio?- gli
chiese.
- Certo-. Seishiro si
lasciò massaggiare per un po’, poi si voltò faccia a faccia con Subaru,
e si azzardò a passargli le braccia attorno alla vita.
- Non prenderti troppe
libertà, d’accordo?- lo raggelò di nuovo Subaru. Sei si ritrasse
immediatamente. Si rattristò molto, mentre Subaru invece si sentì
contento e potente come mai si era sentito prima.
Tre mesi pensò
con soddisfazione Subaru, prima di addormentarsi.
- Subaru…-
Subaru tirò
nervosamente dalla sigaretta, apparendo scocciato. Non lo degnò nemmeno
di una risposta.
- Subaru…-
- Che vuoi?-
- Subaru, che cosa
provi per me?-
- Che domanda è? Come
“cosa provo per te”?-
- Sì, i sentimenti…
hai capito benissimo che cosa intendo dire!-
- Se lo dici tu...-
Subaru schiacciò la sigaretta nel posacenere.
- Rispondi! Non
cambiare discorso, Subaru!-
- Sembra che ne vada
della tua vita! Non penso che tu abbia il diritto di saperlo-.
- Subaru…-
- Tu non hai alcun
diritto di chiedermi quali siano i miei sentimenti, e nemmeno che cosa
provo per te… non provo niente, Sei, è inutile che te lo domandi. I
miei sentimenti sono morti con Hokuto, e sei tu che li hai uccisi-.
- Subaru, io… io
invece… ma dove vai?-
- Non mi va di rimanere
qui stanotte, devo chiederti il permesso?- Subaru raccolse le sue cose e
se ne andò senza dire un’altra parola. Seishiro restò a fissare la
porta, turbato. Il cuore gli batteva forte e aveva voglia di piangere. Non
credeva che ci sarebbe rimasto così male, ma… ormai era abituato ad
avere Subaru accanto, anche se non poteva toccarlo e ultimamente nemmeno
guardarlo. Il fatto era che non riusciva più a farne a meno… il fatto
era che adesso aveva bisogno di Subaru…
Per un po’ Subaru non
si fece sentire. Gli sembrava di diventare pazzo, ogni sera sentiva di
uscire di testa… perché lui non lo chiamava? Forse aveva fatto male ad
affrontare quel discorso, ma… non aveva potuto farne a meno. Voleva,
doveva saperlo. Lui si stava legando sempre di più a Subaru, e si sentiva
soffocare dal fatto che lui non lo ricambiava… forse avrebbe potuto
metterlo alle strette e fargli confessare… ed ecco il risultato. Il
tempo non passava mai ed aveva i nervi a fior di pelle. Ed era sempre
senza Subaru.
C’erano almeno dieci
mozziconi ai piedi della panchina. Subaru era andato al parco per cercare
un po’ di pace, e non faceva che accendersi sigarette. Doveva smettere
di pensare alla domanda che gli aveva fatto Seishiro. Per quasi quattro
mesi aveva ignorato quel pensiero, ma ora gli sembrava impossibile non
affrontarlo. Eppure era in giro da diverse ore e ancora non ne era venuto
a capo. Alla fine era entrato nel parco, lì era stato felice molte volte,
con Hokuto e anche con Seishiro.
Gli venne fame. Andò a
comprarsi un oden e sedette sotto un albero, mangiando pensosamente. Aveva
tirato in ballo Hokuto, ed era quello che lo mandava in crisi. Finché non
aveva rivisto Seishiro, la sua rabbia ed il suo desiderio di rivalsa, così
abilmente cresciuti e nutriti nel tempo, erano stati sufficienti a
spingerlo, e gli erano sembrati ormai eterni, incrollabili, e quando
l’aveva rivisto, santo cielo, si erano rafforzati, erano cresciuti
ancora, ma… la sua forze d’animo si era scontrata con quella, sempre
più evidente, dei sentimenti che Seishiro aveva cominciato a provare per
lui, con quella… come chiamarla? Dedizione? Obbedienza? Sì, con quella
specie di... di sottomissione incondizionata, quella che lui aveva provato
tempo addietro. I ruoli si erano invertiti. La fine sarebbe stata la
stessa? Il suo obiettivo era sempre stato quello di infierire. Lo
faccio per te, Hokuto. Aveva deciso di non lasciarsi coinvolgere, e
sapeva che sarebbe stato impossibile, ma… si ricordò che cosa aveva
detto lo spirito di quella bambina. Non c’è nessuno con gli occhi
tristi come i tuoi. Davvero ad Hokuto tutto questo avrebbe fatto
piacere? Davvero sarebbe stata felice se lui fosse vissuto senza
sentimenti, senza amore, mai più? Seishiro stava per confessargli quello
che provava per lui. Se ne era andato prima che lo facesse, non sapeva
come avrebbe reagito altrimenti. Aveva fatto un patto con lui.
Facciamo
un patto, Seishiro… ti do sei mesi di tempo, e poi… se riuscirai a
dimostrarmi che non dipendi, che non dipendi totalmente da me,
sarai libero, Seishiro… altrimenti ti ucciderò.
E
voleva farlo, voleva davvero ucciderlo, quando gliel’aveva detto. Ma lui
non era un assassino. Forse in quel momento Hokuto stava piangendo, o
meglio era arrabbiata con lui perché, una volta di più, si costringeva a
fare qualcosa non per se stesso ma per qualcun altro. Però questa volta
non ce la faceva a reggere quel peso, dannazione…
Basta,
Seishiro. Credo sia il caso di farla finita, una volta per tutte.
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