Le parti in corsivo sono flashback

Per ricordare, per dimenticare

di Lidia


Capitolo 4

 

Era tornato solo verso sera.
Si era alzato il vento. E nuvole grigie coprivano l’orizzonte. Iniziavano a cadere qualche goccia che scavano dei minuscoli crateri nella sabbia.
Ray lo stava aspettando di fronte al cottage.
- Com’è andata la giornata?- gli chiese.
Justin alzò le spalle.
-Mi ha portato un po’ in giro. Non che ci sia molto da fare in questo posto. E mi ha raccontato tutta la sua vita.-
La verità è che aveva accettato quel giro turistico per cercarlo.
-E’ un po’ che non ti facevi vedere. - lo apostrofò Justin
Durante la giornata l’aveva intravisto un paio di volte.
Da lontano.
Come se stesse controllando come andavano le cose.
-E cosa sai di lui adesso?-
Justin sospirò.
- E’ nato qui. Ed è tornato qui per l’ultima estate. I suoi si sono trasferiti e stanno vendendo la casa. -
-Nostalgico…-
-Aveva ottenuto una borsa di studio per meriti sportivi per un’altra università, ma ha scelto la nostra perché è lì che si sono conosciuti i suoi genitori…-
-Romantico…-
-…ed è iscritto a legge. -
-Un avvocato! Perfetto! Dove potresti trovare un compagno migliore!- lo interruppe Ray con un sorriso radioso.
-Ho già un ragazzo perfetto. - gli risposte Justin con un sorriso triste -Sei tu. -
Ray non riuscì a replicare. Rimase senza parole mentre lo guardava entrare dentro il cottage.

 

Dentro trovò Damon sdraiato per terra di fronte al divano a guardare la televisione.
Per un momento si chiese se aveva passato tutto il tempo lì davanti.
Si lasciò cadere di fianco a lui.
Solo allora sembrò che Damon si accorgesse della sua presenza.
-Tutto bene?- gli chiese un po’ preoccupato per l’espressione che vedeva sul viso di Justin.
Justin scosse la testa.
Damon sfoderò uno dei suoi sorrisi un po’ falsi.
-Prendi,- gli disse porgendogli la fiaschetta d’argento -ti farà sentire meglio. -
Justin scattò. Colpì la fiaschetta con il dorso della mano facendola finire lontano sul pavimento.
-No! Basta!-
Si era alzato con il viso in fiamme e il respiro affannato.
-Non voglio più ricordare!- stava gridando -Non voglio più ricordare! Lo vuoi capire che mi fa star male? Non voglio più ricordare come mi sentivo quando mi baciava. Non voglio più ricordare come stavo bene tra le sue braccia. Non voglio più ricordare come mi piaceva sentirlo ridere. Non voglio più ricordare come era bello stare insieme. Voglio dimenticarlo!-
n
oncurante dello sfogo di Justin, Damon si era alzato e aveva raccolto la bottiglietta controllando che l’urto non l’avesse ammaccata.
-Per dimenticare è necessario ricordare. - commentò serafico. –Vuoi proprio dimenticare?-
Justin fece un cenno di assenso. Si era calmato e si era lasciato cadere di nuovo sul tappeto.
- Ok. - continuò Damon – Ricetta segreta della nonna irlandese. -
Si chinò e da sotto il divano tirò fuori una bottiglia di vino e alcune lattine di bitta.
Justin guardò le guardò sbalordito.
Era un po’ deluso.
Si era aspettato qualcosa di più magico.
-Come le hai avute? Non hai ancora ventun’anni. –
-Segreto della nonna irlandese. -
Damon sfilò dalla tasca del giubbotto una patente di guida.
Falsa.
Dopo averla rimessa a posto gli sedette accanto e stappò la bottiglia del vino porgendogliela e aprendo una lattina per sé.
Justin lo guardò la bottiglia che aveva in mano.
Non aveva voglia di bere. Tanto meno  di iniziare a bere.
-Tu di Ray non parli mai. Eppure era il tuo migliore amico. Possibile che non ti manchi? Non hai dei ricordi che ti fanno male?-
- Ray è una persona speciale. - mentre lo diceva sorrideva. Non uno dei suoi soliti sorrisi che si fermavano alle labbra.
Questa volta anche i suoi i occhi si erano addolciti.
-Lo sai come ci siamo conosciuti?-
Justin scosse la testa.
-Da piccoli, a scuola. C’era un ragazzino più grosso di me che non perdeva occasione di farmi dei dispetti. Mi picchiava, mi rubava i giocattoli, mi faceva mangiare i vermi, di tutto. E io non riuscivo a difendermi e finivo sempre per piangere. Anche da piccolo Ray cercava di proteggere i più deboli. Così si arrampicava su un albero e si lasciava cadere a peso morto sopra a quel ragazzino che mi dava fastidio. -
Justin iniziò a ridacchiare e Damon con lui.
-E funzionò. - continuò -Dopo un paio di attacchi il ragazzo mi lasciò stare. Ray divenne il mio migliore amico e diventammo inseparabili. -
-E il  ragazzo che ti faceva mangiare i vermi che fine ha fatto?-
Damon ci pensò su un momento
- L’ultima volta che l’ho visto l’ho steso con una ginocchiata all’inguine. - concluse facendo sbattere la sua lattina contro la bottiglia di Justin in un brindisi prima di attaccarcisi di nuovo -A Ray!-
-A Ray!- Justin si unì al brindisi e incominciò a bere.
Damon lo guardò portarsi la bottiglia alle labbra tenendo la testa reclinata all’indietro, i capelli biondi che gli scivolano sulla nuca, gli occhi chiusi mentre il vino gli scorreva nella gola. 
E un sorriso gli apparve sulle labbra.

 

 

-Spegni quella maledetta luce!- gemette Justin al risveglio
La luce gli feriva gli occhi come la lama di un rasoio.
Da un momento all’altra la testa gli sarebbe esplosa.
- E’ il sole. - gli rispose Damon di fianco a lui.
-Non mi importa che cos’è. Spegnilo!-
-Complimenti! Sei sopravvissuto alla tua prima sbronza. -
Sopravvissuto? Si sentiva male da morire.
- E’ già mattina?- cercò di ragionare Justin
-Mattina? Direi che è metà pomeriggio ormai. - gli rispose

Aveva dormito così tanto?
Sospirò . Era la prima volta da quasi una settimana che dormiva senza incubi e senza sogni. Per la prima volta si sentiva riposato. Se non fosse per il mal di testa di sarebbe sentito quasi bene.
Con un gemito si avvolse ancora di più nella coperta.
Il tessuto sulla pelle gli diede un po’ di sollievo.
C’era qualcosa di strano.
Sollevò un lembo della coperta.
Solo allora si accorse che non indossava nulla.
-Oh mio dio. - gemette
Gettò un’occhiata a Damon raggomitolato accanto a lui.
Anche lui era nudo.
- Cos’è successo?-
- Prima o dopo che abbiamo fatto sesso?- chiese Damon mezzo addormentato.
Justin era balzato in piedi raccogliendo i vestiti e cercando di metterseli il più in fretta possibile.
-Mi hai…violentato?-
Damon scoppio a ridere
-Violentato? Ascolta, non ricordo quasi niente di quello che è successo questa notte. L’unica cosa che di cui sono sicuro è che hai fatto tutto tu. -
Sprazzi di ricordi incominciarono a ritornare alla mente di Justin che nascondeva il viso tra le mani e continuava a ripetersi che tutto quello che era successo era solo un brutto sogno.
-Hai ragione. Forse abbiamo esagerato. Non avrei mai dovuto mischiare la birra con il vino. Ho ancora il sapore in bocca.- cercò di consolarlo Damon
-No, il vino l’ho bevuto tutto io. Se ne senti in bocca il sapore è perché ci siamo baciati. - lo corresse Justin fiondandosi fuori dalla porta.
- Ba-cia-ti???- balbetto Damon.
Era improvvisamente sbiancato.

 

- Ba-cia-ti… - ripeté Damon alla stanza ormai vuota.
No, non poteva essere.
Non si ricordava quasi nulla della sera precedente.
Quasi in trance si alzò e si infilò sotto la doccia.
L’acqua calda cadeva come una pioggia di spilli sulla sua pelle, ma lui non la sentiva. Era del tutto insensibile.
- Baciati.-
Ripeté a se stesso.
Per un attimo si rivide bambino, seduto sul tavolo della cucina.
Sua nonna che girava lentamente una carta dei tarocchi.
Gli innamorati.
Un’altra carta.
Sua nonna che picchiettava con una lunga unghia rosso fuoco la nuova carta.

 

Uscì dalla doccia per recuperare la fiaschetta lasciandosi dietro una scia di gocce sul pavimento.
Con la bottiglia in mano tornò sotto la doccia. Le ginocchia cedettero e si lasciò scivolare giù con la schiena contro il muro rivestito di piastrelle. Restò seduto sotto il getto d’acqua che scrosciava sulla testa e sul viso. Rimase immobile per qualche istante, poi stappò la bottiglia e si mise a bere.

 

 

*** La pioggia batteva sui vetri.
Bevevano e parlavano
Di Ray.
Avrebbe voluto dirgli di come si fosse occupato di un ragazzino che tutti tenevano a distanza.
Di come lo proteggesse da tutte quelle persone che gli parlavano alle spalle facendolo sentire ancora più sgradito. Di come fosse l’unico con cui non c’era bisogno di mostrarsi impassibile, con uni riusciva a parlare di quello che sentiva. Di come quel ragazzo dal sorriso dolce dividesse con lui tutto.
Ma forse Justin non avrebbe capito quanto Ray contasse per lui.
-Attento a non esagerare.
- lo rimproverò vedendolo bere a lunghe sorsate come se il vino fosse acqua fresca.
Lo guardò bere la testa abbandonata all’indietro e i capelli che gli sfioravano le spalle.
Avrebbe voluto fare scorrere una mano su quel collo e sentire il pomo d’adamo che saliva e scendeva mentre il vino gli scorreva in gola. Farla scendere sul petto e…
-Ma cosa vado a pensare!- si rimproverò mentalmente
Il ragazzo si staccò tossendo.
Il vino doveva essergli andato di traverso.
-Tutto bene?- gli chiese mentre gli batteva sulle spalle.
Justin
bofonchiò un sì e fece per riattaccarsi alla bottiglia ormai quasi vuota.
-Basta così.
-  gli tolse il vino dalle mano e si  posò la bottiglia a fianco, fuori dalla portata di Justin. Per raggiungerla avrebbe dovuto scavalcarlo.
-No, ancora.
- protestò il ragazzo, la voce impastata dall’alcol.
-No, basta sei ubriaco abbastanza.
- non aggiunse che anche lui si sentiva la testa girare e non era del tutto lucido.
Justin non si diede per vinto. Nel tentativo di recuperare il vino si sporse sopra Damon, poggiando tutto il peso su una mano aldilà del ragazzo.
Damon arrossì improvvisamente.
-Oh mio dio. – pensò  - spero che si regga in equilibrio o si accorgerà che..-
 Troppo tardi.
Damon aveva perso l’appoggio e gli era praticamente scivolato in grembo.
Rimase lì a ridacchiare per un istante, poi si voltò versò di lui con un sorriso ebete.
-A cosa stavi pensando?- Justin ridacchiava mentre faceva scorrere una mano sul cavallo dei pantaloni di Damon
Inutile nascondere l’evidenza.
-Sta tranquillo. Non è per te.
-
-Ah no? Guarda che so cos’è successo la notte che siamo arrivati qui. Ero sveglio mentre tu…- accompagnò la frase muovendo la mano avanti e indietro a mezz’aria con le dita semiaperte in un gesto inequivocabile.
-Accidenti,  questo qui dorme sempre e rimane sveglio proprio nel momento sbagliato.
- pensò Damon prima di riprendere a voce alta -Non era per te neanche quella volta. –
Justin si alzò barcollando. Rimase in piedi per miracolo appoggiandosi al muro mentre lottava con la cintura e facendo scivolare i jeans a terra. La maglietta invece non oppose resistenza e si lasciò sfilare e gettare in un angolo.
Libero dei vestiti si mise a cavalcioni delle gambe di Damon.
-
Ok, provamelo. - lo sfidò guardandolo negli occhi  mentre gli sfilava la maglietta e gli slacciava i pantaloni liberandogli il sesso.
Damon non riusciva a muovere un muscolo, rimase a fissare Justin mentre gli toglieva i vestiti.
Justin gli fece scorrere la lingua lungo il petto, fermandosi a mordicchiargli dolcemente la pelle, poi più giù.
Damon trattenne il respiro quando sentì Justin che gli prendeva il sesso in bocca fino in fondo, accarezzandolo con la lingua. 
Si stava chiedendo se non fosse il caso di fermalo, quando Justin si staccò da lui e lo fissò nuovamente negli occhi con uno sguardo di sfida.
Damon non riuscì a staccarsi da quegli occhi azzurri neanche quando lo sentì sollevarsi leggermente e scivolagli sopra.
Gli posò le mani sui fianchi senza interferire con il suo ritmo.
Lo guardò alzarsi e abbassarsi sopra di lui e pensò alle onde che si infrangevano sulla spiaggia.
Un secondo pensiero gli attraversò la mente: questa volta non avrebbe avuto lividi come ricordo.
Chiuse gli occhi e sorrise mentre si lasciava andare. Sì, era piacevole anche così.
Quando riaprì gli occhi Justin era ancora sopra di lui. Immobile. Il viso appoggiato alla sua spalla.
 Non si sentiva altro suono che la pioggia che batteva contro i vetri.
Poi un singhiozzo soffocato.
Damon gli accarezzò i capelli.
Un altro singhiozzo.
Justin sollevò il viso.
-Mi manca, tu non sai quanto mi manca.
-
Damon guardò la lacrima che scivolava sulla guancia interrompendone la corsa con una carezza.
Una seconda lacrima scivolò lungo il viso.
La fermò con un leggero bacio sulla guancia.
Abbracciò Justin e lo cullò dolcemente.
Il ragazzo si assopì lentamente e Damon lo avvolse nella coperta presa dal divano prima di stenderlo dolcemente a terra.
Si stese accanto a lui.
In bocca gli era rimasto il sapore salato di quella lacrima così triste.
Per togliersi quel sapore di bocca allungò una mano verso la bottiglia di vino e la scolò fino in fondo prima di addormentarsi.

 

 

-Ti ho detto che è finita. -
- Damon non puoi lasciarmi.
-
-Certo che posso. L’ho appena fatto
. -
-Io ti amo…-
-Non mi interessa. Io non ti ho mai amato. Mi servivi e basta. Come te lo devo dire. SONO INNAMORATO DI UN ALTRO. Andrò da Ray e gli dirò tutto.
-
Scott chinò la testa.
-No, tu sei mio e basta.
- sussurrò
-
Vattene. -
Damon gli indicò la porta, ma Scott rimase lì, piantato in mezzo alla stanza. La piccola camera sembrava contenerlo a fatica.
All’improvviso Scott scattò in avanti e afferrò Damon stringendogli la gola che non riuscì a reagire. La presa gli toglieva il respiro. Scott lo stava sollevando da terra. Negli occhi una furia cieca.
-Non ti avrà mai.
- mormorò
Damon boccheggiò in cerca di ossigeno.
-Così non mi avrai neanche tu.
- gli rispose Damon con l’ultimo respiro che gli rimaneva nei polmoni.
La presa di allentò e Damon si ritrovò a terra con la testa che scoppiava  e il petto in fiamme a guardare  Scott che usciva dalla stanza.
-Farò qualunque cosa per riaverti. Qualunque.
- borbotto uscendo.
Damon si accarezzò la gola quasi per controllare che ci fosse ancora,  rialzandosi a fatica.
-
E’ fuori di testa. – pensò – Completamente fuori di testa. -

Si rese conto che tutta la sua relazione con Scott era stata un enorme sbaglio. L’aveva voluto solo per dimostrare di avere potere su un’altra persona. Per dimostrare a se stesso di valere molto di più di quello che la gente pensava di lui e della sua famiglia. . Scott era stata una preda perfetta. E facile. Ma ora ne stava perdendo il controllo. E si stava chiedendo se ne era valsa la pena.
Senza preoccuparsi della possibilità rincontrarlo, uscì  nel corridoio e si diresse verso la stanza di Ray.
Le due rampe di scale che lo separavano dalla sua meta gli sembravano interminabili.
Aveva fatto quella strada tante volte che avrebbe potuto farla ad occhi chiusi.
La porta di Justin.
La porta di Ray.
Una accanto all’altra.
Il biondino l’aveva stupito. Era riuscito a non farsi ammettere da tutte le università a cui suo padre l’aveva costretto a inviare la domanda di ammissione. Con un trucco semplicissimo. Aveva spedito la scheda di valutazione di Ray cancellandone il nome e mettendo il proprio. Neanche il cognome di suo padre aveva potuto fare nulla.
L’unica università a cui aveva spedito la vera scheda di valutazione era quella dove c’era Ray. Niente li avrebbe divisi.
Bussò alla porta. Nessuna risposta.
Provò ad abbassare la maniglia.
Niente. Chiusa a chiave.
Ray non c’era.
Imprecò sottovoce.
Recuperò un foglietto di carta e una matita da una tasca e scrisse solo poche parole prima di infilare il biglietto sotto la porta.
“Ti prego devo parlarti. Vieni da me. Damon ”
Ritornò nella sua stanza e si chiuse dentro in attesa di Ray.
Un attesa inutile.
Lo avrebbe rivisto solo in una bara il giorno del suo funerale. ***

 

L’acqua fredda che gli scorreva sul corpo lo risvegliò.
Sentiva ancora le mani di Scott strette attorno alla gola. Accarezzò i lividi che stavano sparendo ricordando come solo qualche giorno prima erano passati da neri a viola, per poi diventare solo un’ombra sulla pelle.
Doveva essere rimasto sotto la doccia a lungo.
Almeno il mal di testa post-sbronza era passato.
Mentre si asciugava sorrideva.
Ricapitolò la situazione.
Non l’aveva baciato.
Bene…
Aveva fatto sesso con Justin.
Il sorriso si spense.
Male….
Aveva fatto sesso con il ragazzo del suo migliore amico.
Iniziò a sentire un leggero rimorso.
Aveva fatto sesso con il ragazzo del suo migliore amico che era appena morto.
Il rimorso gli afferrò lo stomaco.
Uscì dal bagno con solo un asciugamano intorno ai fianchi pensando che le cose non potevano andare peggio.
In soggiorno scoprì che non era così.
In mezzo alla stanza lo aspettava Scott.

 

 
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