DISCLAIMERS: I personaggi, con mio sommo
dispiacere, appartengono a Leeza Sei che, finalmente, ha fatto uscire il
nuovo numero di questo manga bellissimo *_*. Speriamo di non dover aspettare
altri quattro anni prima di avere il prossimo -_-‘ NOTE: La fic si colloca dopo il sesto volume, ma i riferimenti ai
volumetti 3, 4, 5 e 6 sono davvero pochi. Le
parti tra <…> sono frasi del manga. WARNING: C’è un mezzo spoilerino sulla
liberazione di Sasaki, ma è un’inezia. Non so cosa succeda tra i due pucci
una volta che Sasaki è tornato a casa, quindi ho invento o sorvolato ^^ DEDICHE: Al mio dolce tesoro, con immenso
ritardo, per il suo compleanno,
sperando di farle cosa gradita ^*^. Tanti auguri piccola, anche se non siamo
potute stare insieme, sai bene che il mio cuore e la mia mente sono stati e
sono con te, ed ogni fibra del mio corpo grida per poterti abbracciare e
farti festeggiare i prossimi compleanni come meriti. Sono grata ai tuoi
genitori per averti data alla luce, perché, in questo modo, mi hanno resa
completa. Auguri
(in ritardo ç_ç) amore ^********^ PERFECT SILENCE By Sakuya POV HASHIBA Il rumore del picchiettare ritmico, eppure
sconclusionato, delle mie stesse dita sui tasti mi fa compagnia in questa
notte solitaria. Ne ho passate talmente tante così che ormai questa è
l’abitudine, ma ora, adesso che so quello che significa addormentarsi accanto
ad un corpo caldo che lascia il suo profumo su di me e sul cuscino, dubito di
riuscire ad accettare tanto facilmente, questa mia ritrovata condizione di
single. A che serve scrivere su un foglio di carta
inesistente, muovendo le dita su dei minuscoli tasti, senza poter osservare
le parole che magicamente nascono dall’inchiostro? Non lo so, forse a farmi
sentire meno la tua mancanza. Una sola notte e già mi sei così indispensabile… Eppure lo sapevo, ho potuto illudermi che tu,
caro il mio Keiji Sasaki, non fossi altro che un semplice compagno di lavoro,
ma quando ho mai avuto compagni di lavoro? L’unico con cui ho ‘convissuto’ l’esperienza di
essere poliziotto è stato il mio vecchio collega, ma dopo la sua morte più
nessun altro, perché da quella volta ho compreso di non essere in grado di
proteggere nessuno. Hai insistito, mi hai rotto le scatole senza parlare,
solo rimanendo impalato al mio fianco, anche quando ti dicevo di andartene,
alla fine ti ho accettato… ed ho permesso che venissi ferito, ti ho coinvolto
in una guerra non tua, ed in quel letto di ospedale, mentre mi dicevi cosa
avremmo dovuto fare, ho compreso che non potevo proteggerti, e proprio per
questo non potevo permettermi di averti ancora accanto. Non solo come collega, ma soprattutto come
amico, perché se fossi morto anche tu per colpa mia… stavolta non avrei perso
solo il mio migliore amico, avrei perso anche l’uomo che avevo compreso di
amare. Darti il mio accendino doveva essere un segno
più che chiaro di quel sentimento che non conoscevo, ma proprio perché non lo
conoscevo, come potevo capirlo? L’ho compreso fin troppo bene invece quando
ti ho visto ferito, per colpa mia per giunta. Credevo che l’amore fosse quello che ti faceva
cambiare sguardo quando parlavi al telefono con Tsuzuku, non è qualcosa di
tangibile, è qualcosa che, semplicemente, ti metteva una luce diversa negli
occhi. Non ho per nulla considerato il senso di protezione, la voglia di
sentire il tuo odore, la necessità, quasi fisica, di esserti vicino, in ogni
istante. Queste cose le avevo completamente ignorate. Credevo di morire quando andai da Sawada, ed in
effetti, ci sono andato davvero molto vicino, per questo ho accetto il lavoro
al Dipartimento di Giustizia, ho pensato che se non ti avessi visto sarebbe
tutto scomparso, o quanto meno sarei riuscito a seppellirlo a fondo. Mi ricordo
solo poche immagini del momento in cui venisti a salvarmi, ma l’odore della
tua pelle me lo ricordo bene, ho scoperto di rammentarlo alla perfezione ieri
notte, quando abbiamo fatto l’amore. A che mi è servito cambiare lavoro, sparire
dalla tua vita? A niente, assolutamente a nulla, perché la decisione ferrea
di starti lontano non mi ha impedito di seguirti di tanto in tanto, tanto da
chiederti di accendermi una sigaretta dopo un anno che non ci vedevamo. Perché credi abbia portato il cerbiatto da te quando
l’ho investito? Non perché sei stato il primo medico che mi è venuto in
mente, no, ma solo perché sentivo la necessità di vederti, di poterti osserva
anche solo per pochi attimi da vicino. Non credevo che il giovane Sawada ci avrebbe
riavvicinati, e poi fatti separare di nuovo. Quando sei stato rapito ero assolutamente fuori
di me, non ragionavo. Era di nuovo colpa mia se ti era successo qualcosa, ero
stato io a tirarti in ballo in quella storia del Pandora Box, io e le mie
manie di protagonismo… volevo solo far parte, di nuovo, anche se per poco,
della tua vita. Tsuzuku, ecco chi è il centro della tua
esistenza. A lui hai votato tutto te stesso, ancora non mi hai detto il
perché, ma so bene che moriresti solo per lui. E quello stronzo ha detto che
andrebbe avanti senza di te, perché sei stato tu a chiederglielo. Io non lo
farei, non riuscirei mai a vivere senza di te. Eppure sto vivendo senza di te. So che ci sei,
in qualche luogo lontano da me, in un altro letto, mentre le braccia di
qualcun altro ti stringono, mentre le tue labbra cercano quelle di un altro,
ma almeno sei vivo, stai bene, sei felice, lo so, e per questo posso
continuare ad esistere. Non mi importa di poterti guardare solo da lontano,
ormai non mi interessa più. Quando ho visto il cerbiatto e Owaru li ho
invidiati profondamente. Sono ancora due ragazzini, è vero, ma si vede
chiaramente che sono la cosa più importante l’uno per l’altro, ho creduto che
il loro fosse amore, che quello che provo io fosse solo un eccessivo senso di
protezione per un fratellino, ho pensato davvero di poter nascondere l’amore
dietro il senso del dovere, dietro la scusa che proteggendoti avrei pagato il
mio debito con… lui. Mentivo. L’aria della mia stanza è ormai intrisa
dell’odore delle sigarette, ho perso il conto dei mozziconi nel posacenere
accanto a me, alzarmi ed aprire la finestra interromperebbe la confessione
che, finalmente, riesco a fare persino a me stesso. A che serve continuare ad
ingannarmi? Posso dire che tengo a te, posso nascondermi
dietro l’amicizia, la fiducia, la complicità, ma la verità è una sola. Ti amo. Ti amo così tanto che vorrei urlarlo al mondo, e
contemporaneamente vorrei strapparmi il cuore per impedirmi di amarti e
soffrire. So bene che ami lui, lo so, però… mi chiedo come
sia possibile che tu abbia fatto l’amore con me, c’era talmente tanto
trasporto tra noi, le tue mani erano così calde… ed i tuoi occhi… cercavano i
miei, non quelli di un altro. Ed allora perché stamattina sei andato via
senza dirmi niente? Che razza di spiegazione è un semplice foglio di
carta con su scritto: “Mi dispiace, non posso. Perdonami.” Perdonarti di cosa? Di aver fatto l’amore con me
mentre pensavi a lui? Oppure di aver fatto l’amore con me senza pensare a
lui? Devo perdonarti per avermi fatto stare bene? Devo perdonarti di avermi
fatto sentire completo? Devo perdonarti per avermi permesso di entrare in te?
Non lo hai mai fatto fare nemmeno a Tsuzuku, l’ho capito che eri vergine. Ed
allora perché io sì? Perché sei entrato in me e mi hai fatto sentire amato? Perché mi hai fatto sentire vivo se poi sapevi
che mi avresti ucciso? Stavo realmente per compiere una strage quando,
finalmente, ti abbiamo ritrovato ed eri in quelle condizioni. Non mi
importava niente del fatto che ti avessero convinto che dovevi uccidermi, la
cosa che fece crescere il desiderio irrefrenabile di macchiarmi le mani con
altro sangue, era che avevano osato toccarti, farti il lavaggio del cervello,
sicuramente ti hanno anche torturato. Non mi hai detto niente di quello che
ti è successo, come sempre hai deciso che le cose che ti riguardano non sono
abbastanza interessanti per me, eppure avresti dovuto capire che mi interessa
tutto di te, i tuoi sogni, le tue speranze, i tuoi incubi, il tuo passato, i
tuoi progetti, persino il modo in cui giri il caffé… tutto, purché riguardi
te. Evidentemente non mi sono espresso abbastanza
bene, non ti ho fatto capire le cose fino in fondo, oppure è bastata una
notte perché tutto ti fosse fin troppo chiaro, perché tutti i miei segreti ed
i miei pensieri venissero celati. Ed allora hai deciso. Hai capito che non potevi
sopportare niente di quello che c’era, che c’è, in me e semplicemente, hai
deciso che Tsuzuku era il tuo futuro. Ieri sera, quando ho aperto la porta di casa ed
ho trovato te dall’altra parte, per poco non mi prendeva un infarto. Eri così
bello… bagnato fradicio, ma bellissimo. Hai detto che avevi discusso furiosamente con Tsuzuku,
ma non so quale sia stato l’argomento di discussione, mi hai chiesto di
offrirti una tazza di tè, e poi te ne saresti andato. Perché sei venuto da me? Perché proprio da me? Un tè, la musica dello stereo già acceso in
sottofondo… eravamo seduti sullo stesso divano, io con la solita sigaretta in
mano, tu con gli occhi fissi sulla tazza. “Fido, non devi dirmi niente, ma il tuo padrone
non si arrabbia se rimani qui?” La tua risposta? Un bacio. E’ stato il bacio più
bello ed intenso che mi abbiano mai dato, che io stesso abbia mai dato. Non
ho avuto tempo di dirti niente altro, perché l’attimo dopo eravamo stesi sul
divano, le mani dell’uno sul corpo dell’altro, le labbra che si cercano, i
nostri odori mischiati. Sentivo il mio, un misto di tabacco e polvere da
sparo, mischiarsi al tuo, menta, tè e qualcosa di indefinibile che
contribuisce a renderti ancora più magnifico e desiderabile. Non ci sono state parole, l’aria era riempita
solo dai nostri ansiti, dai gemiti sommessi, dal rumore impercettibile,
eppure chiarissimo al mio orecchio, dei nostri cuori che sembravano
scoppiare, eppure battere all’unisono. Non mi sono mai sentito così, forse perché non
ho mai fatto l’amore per davvero, forse perché al mio fianco non c’era mai la
persona che amavo… che amo… Non mi hai detto niente, non ci sono state
parole tra noi… e quando abbiamo finito non ho avuto il coraggio nemmeno di fumarmi
una sigaretta, avevo paura che se ti avessi lasciato, anche solo pochi
attimi, saresti svanito ed io mi sarei svegliato da un sogno. Sei svanito ugualmente, al risveglio eri
scomparso, eri diventato un sogno sparito con l’arrivo del mattino. Che posso fare adesso? Continuo a fissare lo schermo come se, da qui,
potesse arrivare la risposta, fisso lo schermo, ma tu non ci sei. Che senso
ha tutto il resto? POV SASAKI Sono ore che fisso lo schermo bianco, un
rapporto attende di essere terminato ed io, anziché scrivere ciò che devo
sulla scheda, continuo a fissare lo schermo del computer, perché nonostante
sia trascorsa un’intera giornata, solo ora riesco a rendermi realmente conto che
la mia storia con Tsuzuku è definitivamente chiusa, ed ora pensieri
indefiniti ed infiniti mi vorticano in mente, senza lasciarmi il tempo di
fare altro se non seguirli nel loro precipitoso nascere e poi sparire. Stamattina sono rientrato presto, dopo essermi
svegliato accanto a Hashiba mi sono chiesto a lungo cosa avevo fatto e cosa
avrei dovuto fare in quel momento. Poi, alla fine, la ragione ha preso il
sopravvento sul sentimento e, per quanto mi sia costato baciargli appena le
labbra, cercare di uscire dal suo abbraccio possessivo senza svegliarlo,
osservarlo dormire e ricordare la notte da poco trascorsa, per quanto il mio
cuore sanguinasse mentre gli scrivevo quel biglietto, la mia mente continuava
a ripetermi che era la cosa giusta da fare, che avevo giurato a Tsuzuku di
proteggerlo, di vegliare su di lui, non potevo abbandonarlo, nonostante il
mio cuore, ormai, lo avesse già fatto. Da quando sono tornato dopo il rapimento sono
diventato più silenzioso di prima, sempre che ciò possa essere possibile. La mia maledettissima testa continua a ripensare
ai momenti che ho trascorso in prigionia, alle immagini che vedevano i miei
occhi – occhi neri e ridenti, nascosti dietro un paio di occhiali così da
celare la loro vera natura: dolore e tristezza, rabbia, rimpianto, ferocia e
voglia di morire. La mano mi corre istintivamente all’accendino,
così come ha sempre fatto anche nei momenti più bui, il solo stringere questo
piccolo oggetto tra le mani riesce a darmi grande forza, il solo pensare a
lui riesce a farlo. E’ così da quando lo conosco, da quando le
nostre strade si sono incrociate, ormai sono certo che sia stato il destino a
metterci sulla medesima via. La sua battaglia era la diventata la mia, perché
il desiderio di proteggerlo, di impedirgli di morire, erano più forti di ogni
altra cosa. Quando gli dissi che eravamo una squadra, per
dissuadermi provò a dirmi che sarei potuto morire e quindi, lasciare solo Tsuzuku.
Che mi importava? In quel momento pensai che non potevo permettergli di
morire senza che io lo sapessi, non potevo permettergli di fare una cosa così
stupida, doveva rimanermi attaccato, dovevo essere la sua ombra perché nel
momento stesso in cui avesse provato a lasciar andare la sua vita, io l’avrei
afferrata, l’avrei difesa e protetta, e lui non mi avrebbe lasciato solo. Era questo il motivo per cui non potevo
permettergli ricombattere la sua battaglia senza di me. <Avrei voluto ribattere, ma… avevo
l’impressione che anziché parole… per il dolore, dalle mie labbra sarebbe
uscito solo sangue.> Me lo ricordo come se fosse oggi. Ricordo alla
perfezione quell’immenso dolore che mi attanagliava. Era molto più forte di
quello procurato dalle ferite, era qualcosa di indescrivibile, sordo ma
acuto, persistente e tremendamente assordate, qualcosa che non riuscivo a
razionalizzare ma che mi riempiva e mi feriva ad ogni respiro. Aveva sciolto la nostra squadra, aveva deciso di
morire senza che io potessi essergli accanto. Ma non gliel’ho permesso, non
potevo assolutamente tollerare che quel dolore continuasse ad impedirmi di
respirare e rendesse inesistente ogni altro pensiero, ogni altra emozione,
c’era solo quella lama che continuava a ferirmi. Dovevo andare da lui, non potevo fare
altrimenti, dovevo trovarlo e impedirgli di morire, perché non potevo
permettergli di morire senza che io lo sapessi, non potevo permettergli di
lasciarmi solo. Fu così sorpreso di vedermi arrabbiato… ma del
resto, come potevo non esserlo? Stavo rischiando di perderlo… e per quanto
riesca a trattenere i miei sentimenti ed a nascondere ogni emozione, non
riesco a farlo quando si tratta di lui. Tornai a casa zuppo dopo aver saputo che non si
poteva far niente contro Sawada e che Hashiba se n’era andato, Tsuzuku mi
disse che avevo fatto un buon lavoro riportandolo a casa e quella notte, per
la prima volta, non fu il suo viso che vidi mentre facevamo l’amore,
immaginavo altri occhi guardarmi, sentivo altre mani sfiorarmi ed immaginavo
un altro sapore inebriarmi. Fu allora che capii, una volta e per tutte, che
amavo Hashiba, esattamente come non avevamo mai amato veramente Tsuzuku. Una
promessa mi legava a lui, ma il mio cuore si era legato spontaneamente, e
senza avvisarmi di ciò, a qualcuno ben diverso da lui, qualcuno che si
nascondeva, e si nasconde tutt’ora, dietro ad un paio di occhiali. Yoko, la
nostra cara amica Yoko, mi disse, la prima volta che ci incontrammo, che
secondo lei Hashiba provava, usando gli occhiali, a tenere il mondo lontano,
fuori da lui, in modo che niente potesse più toccarlo, e di conseguenza,
ferirlo nuovamente… però, oltre al dolore, teneva lontana anche la gioia. Non sono mai stato così presuntuoso da credere
di poter fare la felicità di qualcuno, ma la notte scorsa mi è sembrato di
riuscire a rendere Hashiba… se non felice, almeno sereno. Baciarlo è stato… toccare il paradiso… Non so cosa mi sia preso, non sono mai stato il
tipo da prendere l’iniziativa, e poi stavo con Tsuzuku da talmente tanto
tempo… Ero rientrato dal lavoro e Tsuzuku aveva
cominciato a farmi delle ‘avances’, ma da quando io e Hashiba abbiamo smesso
di lavorare insieme, i rapporti tra me e Tsuzuku si sono ridotti al minimo,
non ho smesso di andare al letto con lui, ma solo perché mi sentivo in dovere
di farlo, ed ogni volta, era solo Hashiba che vedevo, e questo non faceva
altro che far aumentare i miei sensi di colpa. Ma Tsuzuku è un uomo intelligente e molto
scaltro, doveva aver capito da tempo per quale motivo avessi sempre più
spesso del lavoro arretrato da terminare, o tornassi troppo stanco, o,
addirittura, volessi andare a trovare mio fratello. Era una specie di
ulteriore conferma quella che voleva. Non abbiamo litigato, come invece ho detto a
Hashiba, molto semplicemente Tzuzuku si è seduto sul divano, mi ha fatto
sedere accanto a lui e mi ha abbracciato dicendomi che ormai era ora di
smettere questa farsa. Sono rimasto senza parole, non perché non avessi
capito di cosa stava parlando, ma semplicemente per la calma e la
tranquillità con cui mi stava dicendo che tra noi era tutto finito, per
giunta, per colpa mia. Mi sono semplicemente alzato e sono uscito, lui
mi chiamava, ma io volevo solo vedere Hashiba, baciarlo, abbracciarlo,
qualsiasi cosa mi potesse permettere di
sentirlo mio, solo per un attimo, per un solo brevissimo attimo. L’ho fatto davvero, per quanto mi ripetessi che
era una pessima idea, sono andato a casa sua, bagnato fradicio a causa della
pioggia torrenziale che scendeva e di cui non mi sono minimamente accorto, mi
sono ritrovato seduto sul suo divano, con una tazza di tè in mano e la voglia
pazza di baciarlo, di sentire le sue labbra sulle mie e di assaggiare il suo
sapore. Però, la cosa che, in tutta quella stranissima serata, mi ha sorpreso
maggiormente è stata che l’ho fatto davvero… Mi sono sporto verso di lui e l’ho baciato. Non
avevo mai baciato Tsuzuku con così tanto trasporto, non avevo mai provato il
desiderio e la necessità di farlo, ma con Hashiba è tutto diverso, lo è
sempre stato. Accettare di amarlo è stato difficilissimo,
almeno quanto è stato facile lasciarmi andare completamente a lui, con lui ed
in lui. Non era mai stato così con Tsuzuku, inutile dire che mi sembrava che
fosse la mia prima volta, ogni emozione, ogni sensazione, ogni attimo è stato
unico, irripetibile ed indescrivibile, perché fare l’amore veramente, per la
prima volta, non è qualcosa che si possa raccontare, perché tutti i sensi
sono troppo eccitati ed estasiati per riuscire a trattenere un’emozione per
più di un istante. Con Tsuzuku è sempre stato ‘normale’, passionale
sì, ma non c’era lo stesso trasporto che c’è stato con Hashiba. Era come se
tutti e due lo facessimo solo per ‘dovere’ perché quella era la cosa giusta
da fare, perché avevamo deciso, non so nemmeno bene come, che eravamo una
coppia, e da coppia dovevamo comportarci. Stamattina sono rientrato e Tsuzuku era già
sveglio, stava bevendo una tazza di caffé mentre guardava fuori dalla
finestra. Si è voltato e mi ha sorriso come sempre, come se non fosse
successo niente. “Mi dispiace…” “Sei stato con lui, vero?” Che gli potevo dire? Era così evidente? I miei
occhi tradivano forse la gioia provata ed il dolore connesso con la perdita
dell’attimo di felicità assoluta che mi aveva dato? “Non guardarmi così! Odori di tabacco… ma non è
solo questo… ti ha lasciato un succhiotto sul collo!” Inutile dire che mi
sono messo le mani sul collo con gli occhi sbarrati. Possibile che non me ne
fossi accorto? Possibile che sia stato così ingenuo e sprovveduto? “Ahahahah! Che espressione! Dovresti vederti!
Tranquillo non hai nessun segno!” Mentre Tsuzuku continuava a ridere mi rendevo
conto di come quella situazione fosse assurda. Non lo avevo mai sentito
ridere così di cuore, ed anche se io non avevo alcuna voglia di farlo, mi
sono concesso un piccolo sorriso. “Non sarai mica tornato per me no? Adesso prendi
tutte le tue belle cosette e fila dal tuo Hashiba, su!” “Io… no, non andrò da nessuna parte… rimarrò al
tuo fianco…” “<… Ritengo che pensare ad una persona morta,
come farebbe una donnetta, non sia per niente bello. Perché più una persona è
importante per te, più ti pesa la scomparsa. E piuttosto che continuare a
soffrire pensando a quella scomparsa… credo sia meglio dimenticare del
tutto.> Questo l’ho detto a Hashiba tre anni e mezzo fa, quando sei stato
ferito, ti ricordi? Mi telefonò perché doveva dirmi che aveva risolto un
affare, e così siamo finiti a parlare di quello che mi avevi detto un paio di
giorni prima, ossia di dimenticarti se fossi morto. Ti ricordi?” Quello che sono riuscito a fare è stato solo un
cenno del capo, perché davvero non capivo dove volesse arrivare. “Io ti ho sempre voluto un gran bene, in un
certo senso ti amo, ma non è Amore, quello con l’a maiuscola, è solo una
pallida imitazione. Non voglio farti soffrire, ma visto che nemmeno tu mi ami…
Abbiamo fatto finta di farlo. Avevo creduto che standoti accanto sarebbe
passato tutto, e per un po’ è stato davvero così, avevo seppellito i miei sentimenti
così a fondo che credevo fossero scomparsi. Saperti innamorato di Hashiba
però… ha mandato a monte i miei piani, perché, purtroppo, non posso più
fingere che siamo una coppietta felice. Tu ami un altro, ed anche io…” “Lo so cosa stai pensando. Stava con me per
dimenticare l’altro? Già, più che altro perché mi sei sempre piaciuto, ho
sempre pensato che fossi un gran bravo ragazzo, davvero un tipo perfetto… e
sarebbe stato perfetto se ti avessi potuto amare…” Continuavo a non parlare, ora più che mai il mio
silenzio era ben motivato. Di cose da dire ne avevo tantissime, eppure non
volevo interrompere quella sua confessione, dalle sue parole, ne ero certo,
avrei capito se mentiva, per permettermi di essere felice con Hashiba, oppure
se diceva la verità e per tutti quegli anni mi aveva usato come mezzo per
dimenticare un amore che, per una qualche ragione a me ignota, non poteva
vivere. “Adesso non scioccarti, te ne prego, ma sai che
non sono mai stato un bravo ragazzo no?” Ancora un attimo di attesa, come se
volesse saggiare i miei pensieri, come se dal mio sguardo avesse potuto
comprendere se ero pronto o meno per conoscere la verità, o quella che,
forse, voleva spacciare per tale. “Hajime… sì, esatto, il mio bellissimo,
intelligentissimo, ricercatissimo e dolcissimo fratellone Hajime. E’ per
questo che vado così poco a trovarlo, non ho la forza di fingere ogni volta,
ma del resto… posso forse dire a mio fratello che sono innamorato di lui?
Ovviamente no… so bene di aver finto di amare te per anni… ma ti ho mai detto
‘ai shiteru Keiji’? No, non avrei mai potuto…” Mi sono alzato e sono andato di fronte a lui,
non poteva mentire, non c’era motivo di inventare una cosa del genere, e poi
leggevo nei suoi occhi che, per quanto avesse potuto volermi bene, per quanto
fossi stato importante per lui, non era me che amava, e non era me che aveva
mai amato. Non avevo bisogno di chiedergli se, come io
avevo fatto, c’erano state volte in cui aveva pensato a Hajime, sono certo
che ce ne sono state tantissime, ma come posso fargliene una colpa quando io
sono stato il primo a farlo? “Perché non me lo hai mai detto?” “Beh, è imbarazzante, sai? Più che altro… volevo
far finta non esistesse niente di quello che provo… però… sono stati davvero
anni bellissimi quelli con te…” Gli ho semplicemente sorriso e poi gli ho dato
un bacio sulla fronte. Potevo tornare da Hashiba, ma… ho avuto troppa
paura. Chissà cosa prova lui per me, non sono certo ricambi i miei
sentimenti, anzi, sarebbe molto più normale che non lo facesse, ma del resto,
non credo sia tipo da rovinare un’amicizia come la nostra per una volgare
storia di letto. Forse, però, ha pensato che mi servisse una distrazione per
non pensare alla ‘lite’ con Tsuzuku… non voglio che pensi di essere stato un
sostituto! Certo che, con il bigliettino che gli ho scritto… ho lasciato
adito a molti dubbi… Tsuzuku mi ha detto che non si sarebbe
intromesso e, per questo, sarebbe andato a stare un paio di giorni a casa di
Hajime, avrebbe fatto felice il fratello che, altrimenti, è sempre solo, e
lui avrebbe potuto godere della compagnia che più ama. “Sai… non riuscirei a dimenticarlo se morisse,
anche se me lo chiedesse…” Me lo ha detto mentre usciva, io non ho potuto far
altro che abbracciarlo lievemente ed augurargli buona fortuna. Non so perché sono ancora qui, forse perché sono
ancora convinto che questo sia il mio posto, perché se volessi trovare quello
che credo essere il mio vero, unico posto, non so se sarò bene accetto… se
Hashiba fosse venuto al letto con me, senza dirmi una sola parola, e poi se
ne fosse andato… Lo farei tornare immediatamente… lo costringerei
a venire da me e spiegarmi ogni cosa… però, è anche vero che Hashiba non è
così, non forza mai nessuno a confidarsi con lui, ad aprirgli il suo cuore,
forse perché in questo modo lui non è costretto a fare lo stesso… Cosa si cela nel suo animo? Perché non mi è dato
saperlo? Dovrei tornare da lui? Chiarire la situazione? Abbiamo fatto l’amore per tutta la scorsa notte,
ma dalle sue labbra non sono usciti che ansiti e gemiti, lo stesso vale per
me. Non mi ha chiesto nulla, semplicemente siamo rimasti abbracciati nella
penombra della sta stanza, non ci siamo detti niente, ci siamo baciati prima di
addormentarci ed entrambi abbiamo sorriso, cosa rara vederlo sorridere così
di cuore, cosa rarissima veder sorridere me. Ma come potevo non farlo? Ero…
felice, appagato, in perfetta sintonia con il mondo… per essere più precisi,
con il MIO mondo, che proprio in quel momento mi permetteva di sentire il suo
calore contro il mio corpo, il suo odore nelle narici e il suo sapore in
bocca. Cosa potevo volere di più? Non credo di aver mai dormito meglio, ma, al
risveglio, la consapevolezza di una promessa che feci anni fa è tornata
prepotentemente a farmi compagnia, e così lo hanno fatto anche tutti i
rimorsi e i rimproveri. Come ho potuto tradirlo? Come ho potuto
permettere al cuore di prendere il sopravvento? Hashiba non mi ama, perché
illudermi? Ho giurato di appartenere a Tsuzuku… Erano soprattutto questi i pensieri che
maggiormente mi tormentavano, è per questo che me ne sono andato senza
svegliarlo. Se lui mi avesse chiesto delle spiegazioni, se mi avesse detto di
rimanere… che avrei potuto fare? E poi, tornato a casa, Tsuzuku mi ha rivelato
tutta la verità. Potevo tornare da Hashiba, ma mi sono nascosto dietro la
scusa del lavoro. Uscito dalla centrale potevo andare da lui, ma stavolta
c’era la scusa di questo rapporto che non avevo terminato e che mi sono persino
portato a casa per finire. Domani che scusa troverò? Potrò evitarlo per sempre? Perché voglio farlo?
E perché lui non mi cerca? Pensa forse che sia stato tutto un errore? Non
potrei dargli torto… Però, essere così non è da me, dov’è finito
Sasaki? L’uomo che combatte sempre e comunque per quello in cui crede? Ora, la domanda, è una sola. Credo in me e
Hashiba? Vorrei davvero poterlo fare… ma ci sono i
presupposti per farlo? Forse dovrei smettere di analizzare tutto e
vivere la mia vita, giorno per giorno… POV HASHIBA Ho interrotto la stesura di questo ‘sfogo’ per
rispondere al telefono, e chi sento dall’altra parte? Il caro Tsuzuku. Mi ha detto solo poche parole. “E’ finita, prima o poi tornerà, vi auguro la
mia stessa felicità.” Non so assolutamente cosa abbia voluto dire, o meglio,
lo so, ma da quando lui è felice senza il suo fido cagnolone marrone? Non riesco davvero a carpirlo… Quando Sasaki venne ferito andò in albergo, per
non stare a casa da solo, e poi, quando è stato rapito, nonostante trasudasse
tranquillità da tutti i pori, si sentiva dalla sua voce e si intravedeva dal
suo sguardo: era terrorizzato, aveva paura come un bambino. Cosa potrebbe
fare senza Sasaki? E cosa potrei fare io? Mi ricordo di essermelo chiesto più
volte, ed in ogni occasione la risposta è stata sempre la stessa. Lui non
morirà senza avvisare, fosse anche solo per poter continuare a proteggere il
suo adorato padroncino, ma non morirà. A dire il vero sapere che la persona che amo e
per cui darei la vita, sopravvivere solo per proteggere e non far soffrire un
altro, mi rende… triste? Forse. Sconsolato? No, non sono il tipo.
Amareggiato? No, l’amore non porta amarezza. Le parole di Tsuzuku mi vorticano in mente e non
riesco a trovare il bandolo della matassa, ancora non capisco esattamente
cosa intendesse. Il campanello che suona leggero , quasi chi lo
sta premendo avesse paura di farlo… Lo schermo illuminava, seppur fiocamente la
stanza. Nessun altra luce era accesa, e le uniche luci che accompagnavano
quella dello schermo erano i bagliori intermittenti causati dalle insegne
luminose, i riverberi di lampadine accese in altri appartamenti, i lampioni
che illuminavano la strada quattro piani più in basso. Hashiba amava guardare la città ‘vivere’,
milioni di persone che correvano, si affrettavano verso qualcosa o qualcuno,
persino chi non aveva nulla a cui tornare sembrava volersi sbrigare a
raggiungere il suo nulla. Si accorgeva sempre che lui era in contrasto
perenne con chi lo circondava. Più la gente correva, accelerava, perdeva il
fiato pur di arrivare in tempo, più lui camminava lentamente, mollemente
quasi, indolentemente. A che serviva correre? Per andare dove poi?
Forse… a trovare un accendino con cui accendere quelle sigarette che, ormai
troppo spesso, teneva in bocca senza poter aspirare il fumo, perché non aveva
voglia di comprarsi un altro accendino, ed il suo… era in mano a qualcuno che
non fumava… Aprì la porta mettendosi una mano tra i capelli
già arruffati, la pioggia del giorno prima avevo reso l’aria ancor più fredda,
era un inverno stranamente rigido quello. Un attimo di silenzio… un lunghissimo attimo in
cui non ci fu tempo nemmeno per pensare. “Entra.” Si spostò dal vano della porta e
permise all’uomo più giovane di entrare. Sasaki aspirò a fondo, senza farsi notare,
l’odore che regnava sempre in quell’appartamento. Un misto di tabacco e molti
altri odori, tutti che non potevano far altro che ricondurlo ad un nome, ad
un uomo… l’uomo, forse, della sua vita. “Hai dimenticato qualcosa?” “Non mi hai chiamato…” Però, ogni volta che il dito si sollevava per
premere quel numero, due semplici frasi gli tornavano in mente. “Mi
dispiace, non posso. Perdonami.” Era così semplice da imparare a memoria… e lui
l’aveva fatto. Aveva guardato quel foglietto così tante volte che la carta si
era stropicciata. “Non dovevo perdonarti? L’ho fatto anche senza
chiamarti…” “Ho sbagliato a venire… ci vediamo…” Cercò di
passare accanto all’ex collega a testa bassa e velocemente, in modo che non
potesse vedere quanto, in quel momento stava soffrendo. Ma cosa si aspettava?
Come avrebbe dovuto reagire Hashiba? Una mano però, inaspettatamente, gli strinse il
braccio così forte da fargli male, anche se in quel momento, niente avrebbe
potuto farlo star peggio di come già stava. “Dove credi di andare?” “…” “Non ti sembra il caso di parlare?” “…” “E cazzo parla!” Sasaki quasi sussultò, non aveva mai sentito
Hashiba urlare, e lui stesso si sorprese di quella reazione violenta. “Scusa…” La sua voce era poco più che un
sussurro, ancora il volto basso, i capelli a coprirgli gli occhi. Per un
attimo Sasaki si maledisse, lui e quella sua stupida mania di avere i capelli
sempre in perfetto ordine, di una lunghezza decente e che non gli impedisse
la visuale. Per una volta avrebbe voluto avere lo stesso aspetto vagamente
trasandato che i capelli un po’ scompigliati e la cravatta allentata davano a
Hashiba. Non sapeva cosa lo guidasse, esattamente come
era successo la notte prima, sentiva solo la necessità di sentire di nuovo
quel calore, il bisogno di sentirsi di nuovo completo… Sasaki si girò di scatto e baciò Hashiba quasi
con furia, con necessità e con la voglia di unirsi a quella che sapeva essere
la sua metà perfetta. Hashiba rimase immobile per un istante ancora
incredulo per quello che stava accadendo. Stava succedendo tutto esattamente
come la notte precedente, ma non aveva la forza, di nuovo, di chiedere
spiegazioni, di sapere quanto sarebbe durata questa volta, se al risveglio,
il suo Sasaki se ne sarebbe andato di nuovo. Il resto era di nuovo sparito, un solo bacio e
il mondo aveva smesso di esistere. Si baciarono a lungo, con necessità, passione,
dolcezza a volte, mentre le mani di entrambi si muovevano freneticamente sul
corpo dell’altro, nel tentativo di eliminare al più presto possibile tutti
quegli inutili vestiti. La giacca e la camicia di Sasaki erano già a
terra, mentre quella di Hashiba faticava a toccare il terreno, le mano del
biondino erano troppo impegnate e toccare e baciare ogni centimetro di quel
petto muscoloso per finire di sfilarla. Il respiro accelerato ed il desiderio sempre più
forte non impedivano a Hashiba di concentrarsi sulle sensazioni sempre nuove
e sempre più belle che quelle labbra e quelle mani gli davano. Che gli importava del resto? Stavolta non
sarebbe stato stupido… avrebbe preteso una spiegazione e non avrebbe permesso
a Sasaki di andarsene… o almeno lo avrebbe fatto tra qualche ora… Le loro labbra si incontravano ad intervalli
irregolari, quando decidevano che ne avevano avuto abbastanza del corpo
dell’altro, mentre gemiti sommessi facevano da colonna sonora per
quell’unione che non poteva essere altro che il perfetto ricongiungimento di
due metà perfette. I baci di Hashiba erano ardenti, intossicanti
quasi, Sasaki sapeva benissimo che non poteva farne a meno, non poteva più resistere,
aveva vissuto già troppo tempo soffocando ogni sogni, ogni immagine , ogni
desiderio. Quante volte, anche senza rendersene conto, aveva pensato a
Hashiba mentre baciava Tsuzuku? Forse nessuna, forse troppe, non aveva
importanza, perché ora non sarebbe più successo. Aveva pensato, lungo il tragitto che lo portava
a casa del suo ex collega, a cosa avrebbe fatto, come si sarebbe comportato
se Hashiba non lo avesse voluto, se avesse capito che per lui era solo sesso. Alla fine si era dato una risposta più che
accettabile, anzi, oltremodo soddisfacente: lo avrebbe conquistato. Gli sarebbe stato appiccicato come una seconda
pelle, sarebbe stato il suo ‘fido accendino’ e lui, alla fine, avrebbe
capitolato di fronte a tanta insistenza, si sarebbe di certo innamorato di
lui. Voleva riuscire a convincersi che sarebbe andata
così, ma era troppo razionale per riuscire ad essere, contemporaneamente,
ottimista. Avrebbe visto cosa sarebbe successo di lì a poche ore, non poteva
far altro che aspettare… e continuare a baciarlo, a sentire le sue labbra su
di sé, le sue mani sulle sue, sul suo corpo, che lo accarezzavano, che si
insinuavano sotto i suoi pantaloni, strappandogli un gemito più alto, proprio
come stava facendo in quel momento. Hashiba sorride felice che quel gesto gli avesse
permesso di sentire la voce del suo compagno, anche se si dimenticò presto di
quell’ultimo gesto perché fu sostituito da un nuovo gemito, mentre la sua
camicia finiva, finalmente, a terra e i pantaloni di Hashiba li seguivano
dopo pochi istanti. Finalmente riuscirono ad arrivare al letto, i
vestiti sparsi dappertutto, i rumori della città fuori, lontano, in un altro
mondo, un mondo che non si curava di loro e di cui loro non si curavano. Baci sempre più ardenti, mentre le mani di
Hashiba continuavano a vagare sul corpo di Sasaki, mentre le loro virilità
tese ed acchitate si toccavano e si separavano, per poi riavvicinarsi,
toccarsi di nuovo e far gemere entrambi. Non c’era tempo per niente altro che non fossero
baci, ansiti, gemiti, carezze sempre più intime, mentre due dita di Hashiba
cominciavano a penetrare Sasaki, mentre lui si tendeva, gemeva e stringeva
quelle dita che gli stavano facendo perdere, una volta di più, la ragione. Due corpi che sembravano cercarsi e quando si
trovavano erano assolutamente complementari, Sasaki gemeva, Hashiba gli
faceva eco, mentre, sempre più eccitato, con sempre più necessità, entrava in
lui, piano ma con decisione, sempre più a fondo, perché sapeva che quello era
il suo posto, quello era il modo per sentirsi, finalmente, completo. L’orgasmo raggiunse entrambi molto presto,
troppo eccitati per continuare a resistere, il respiro ancora accelerato,
nessuna forza per parlare. Hashiba si lasciò andare sul petto di Sasaki e
lui, dopo un attimo, prese ad accarezzargli i capelli lentamente, senza dire
nulla, senza aspettare nulla in cambio. “Se te ne vai…” Hashiba non terminò la frase a
parole ma gli diede un morso leggero su un fianco e Sasaki si mise a ridere
sottovoce. Non si sarebbe mai detto guardandolo, ma…
soffriva terribilmente il solletico! Hashiba lo guardò sorpreso e poi cominciò a
muovere le dita alternativamente sui fianchi, cominciò a fargli il solletico
sempre più forte, mentre Sasaki rideva e si contorceva alla ricerca di aria,
ma felice come non mai. “Smettila!!” Hashiba però continuò e i loro corpi si trovarono sempre più
vicini, le loro labbra ad un soffio, un solo centimetro mentre gli occhi neri
di Hashiba fissavano quelli ancora ridenti di Sasaki, e i loro respiri si
mischiavano. “Ti amo…” Hashiba si accorse che fu appena un
sussurro, e nel millesimo di istante che lasciò trascorrere tra quelle due
parole e il bacio passionale che travolse Sasaki tanto da lasciarlo, almeno
all’inizio, stordito, pensò che non aveva mai usato un tono di voce così
sommesso. Sasaki dal canto suo non riusciva ancora a
crederci, ed infatti, per quanto ardesse dal desiderio di baciare Hashiba,
per un attimo, all’inizio, rimase assolutamente sbigottito, non riusciva a
mettere in moto il cervello, ma per una volta, fu l’istinto a guidarlo anziché
la razionalità E fu di nuovo amore, si baciarono, e toccarono,
e fecero l’amore a lungo, con la stessa necessità di prima, ma con la
consapevolezza che non sarebbero stati solo attimi rubati, ma gli istanti
iniziali della loro vera vita. Si presero a vicenda, certi che dovessero
condividere tutto, che tutto fosse alla pari, che per sentirsi completo
ognuno dei due doveva far parte dell’altro e sentirlo dentro di sé. La notte era più che fonda quando Hashiba la
smise di fare il cretino facendo il solletico, tra un… incontro ravvicinato…
e l’altro. “lo hai lasciato?” “Lui, me…” Sasaki non si sorprese quella
domanda, anzi gli sembrava strano che Hashiba avesse aspettato tutto quel
tempo prima che il suo istinto di poliziotto prendesse il sopravvento. “Quindi…” “E’ innamorato di… un altro… ed io di te…” “Credo gli sia andata bene allora… Un attimo… di
me?” Hashiba fece una faccia fintamente stupita, con una gioia nel cuore però
che non era paragonabile a nulla di quello che aveva mai provato. “Cosa?” Hashiba sorrise e riprese a baciare Sasaki, in
quel momento parlare del suo ex rivale era l’ultima cosa che voleva fare! “Sonno…” Il moro si appoggiò sul petto del
biondo che lo guardò senza parole. Prima lo baciava in quel modo e poi diceva
di aver sonno? Era davvero incorreggibile… Non disse nulla, si limitò a sorridere e riprese
ad accarezzargli i capelli mentre il sonno si impossessava anche di lui. Si addormentarono dopo poco, una mano di Sasaki
tra i capelli di Hashiba, la sua testa sul petto del biondino, una mano
intrecciata a quella del compagno. Nella stanza risuonavano solo i loro respiri
lenti e regolari, mentre intorno a loro un perfetto silenzio di pace regnava
incontrastato. FINE |