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Per amore mio

parte XVII

di Nuel


Draco aveva pianto. Harry non lo aveva mai visto così. Era rassegnato, ma non pensava che la situazione sarebbe precipitata tanto presto.
Nessuno lo pensava.
La Parkinson aveva pianto abbracciandolo e Zabini e Nott avevano stretto i pugni, impotenti.
Zabini, ad un certo punto, era uscito. Forse non riusciva più a reggere, ma era tornato prima che portassero via Draco, per salutarlo con un abbraccio stretto di cui Harry si sentì quasi geloso.
Gli Auror lo avevano interrogato tutti i giorni e Draco aveva detto tutto quello che sapeva, ma loro continuavano a fargli domande ed a torchiarlo, mai soddisfatti.
Harry aveva voluto assistere, ma era stato buttato fuori dall’infermeria con la forza.
Madama Chips, comunque, bacchetta alla mano, li aveva convinti che non avrebbe tollerato si infierisse su un suo paziente.
Ad Harry era passata tutta la voglia di fare sesso che nei giorni precedenti pareva non abbandonarlo mai, voleva solo stringersi a Draco e stare con lui.
Avevano passato quelle notti dormendo poco, parlando ogni tanto, al buio, con gli occhi aperti, scambiandosi piccoli gesti affettuosi finché Draco non scoppiava a piangere sulla sua spalla ed Harry non sapeva cosa fare.
Poi l’avevano portato via.
Harry aveva urlato e strepitato con la preside, aveva contattato il padre di Ron, che era stato molto freddo con lui, aveva ricevuto due visite del Primo Ministro ed aveva acconsentito a tutte le sue richieste e Draco era stato trasferito da Azkaban alle celle sotto il Ministero, quelle per i prigionieri in attesa di processo e per gli interrogatori.
Aveva ottenuto anche di vedere Draco, dal fuoco del camino, alla presenza del Ministro e di due Auror, per cinque minuti, durante i quali il ragazzo gli aveva assicurato di stare bene. Aveva un labbro spaccato, ma Scrimgeour gli aveva detto che ad Azkaban aveva subito un’aggressione, ma che le guardie erano intervenute in tempo.
La cosa lo aveva fatto infuriare, ma Draco lo aveva calmato, assicurandogli che ora era al sicuro.
Non sapeva quando avesse sviluppato quell’istinto di protezione nei suoi confronti, quando si fosse trasformato dal possesso a... quello, ma non poteva più negare con se stesso di amarlo.
-Ti amo- gli aveva detto mentre il loro breve incontro aveva termine e non sapeva neppure se Draco l’aveva sentito, mentre le fiamme si smorzavano e la comunicazione terminava.
Rivederlo era l’unica cosa che gli importasse, ormai.
Aveva smesso, in quei giorni, di frequentare le lezioni, non c’era verso di farcelo andare.
-Harry?- Hermione lo raggiunse nel dormitorio, con Ron. -Se non vieni a lezione non sarai nemmeno ammesso agli esami-
Harry non rispose.
-Harry posso capire che tu stia male, che sia in pena per Malfoy, ma così non lo aiuti!- Hermione alzò la voce. Era strano da parte sua ed Harry la fissò.
-L’unica cosa che puoi fare per lui e per te stesso è andare avanti-
-Ma io non voglio andare avanti, Hermione- Harry faticò a riconoscere la sua voce. Erano giorni che non diceva una parola ed ora era bassa e roca.
Hermione lo fissò e poi lo andò ad abbracciare. Non era esatamente questo che gli aveva augurato in tutti quei mesi in cui aveva sperato che Harry capisse quello che aveva fatto a lei ed a Ginny.
-Harry non è morto! C’è ancora una speranza!-
-Quale? Che ad Azkaban gli concedano una visita al mese e che sua madre arrivi dopo di me?-
Hermione ammutolì, riflettendo. Harry poteva quasi sentire le rotelline del suo cervello turbinare a tutta velocità.
-Ti chiameranno a testimoniare?- gli chiese lei, molto seria.
Harry annuì.
-Cosa dirai?-
Fece spallucce. -Direi qualsiasi cosa pur di non farlo rinchiudere!-
-La verità è sempre la cosa migliore, Harry!-
Harry sospirò. -Dirò che non voleva uccidere Silente. Che è stato costretto...-
-Ma non era sotto Imperius, vero?-
-Voldemort aveva minacciato sua madre!-
La ragazza contrasse le labbra. -Se solo potessimo dimostrarlo...-
-Dovremmo avere un testimone che avvalori che Voi-sapete-chi l’ha costretto con le minacce...- intervenne Ron. -Temo che la sua parola e la tua non bastino, amico-
Harry serrò gli occhi, che bruciavano terribilmente e scosse la testa.
-Servirebbe Piton. O Bellatrix- suggerì lei.
Harry contrasse la mascella e Ron si mosse a disagio a quei nomi.
-Sua madre?- chiese Ron.
-E’ sua madre, Ron!- Rispose Hermione, come se fosse implicito che Lady Malfoy, al pari di Harry, avrebbe fatto qualunque cosa per liberare suo figlio e, per tanto, non fosse attendibile.
-Zabini- mormorò Harry.
Hermine catalizzò immediatamente l’attenzione su di lui.
-E’ il suo migliore amico. Deve sapere qualcosa. E anche la Parkinson e Nott-
-Nott?- Chiese Ron, a cui non pareva di averlo visto con gli altri molto spesso.
-Era il suo ragazzo- spiegò Potter, molto semplicemente.
Hermione si schiarì la gola, cercando lo sguardo di Ron per supplicarlo implicitamente di parlare al posto suo.
-Beh...- cominciò il rosso- dubito che Nott sia disposto a parlare con te, allora-
Harry annuì. -Se non mi ha ancora rifatto i connotati è solo per Draco-
-Però...- iniziò Hermione, prendendogli la mano -non è un’idea sbagliata: forse con loro ha parlato. Anche se sono suoi amici, sono figli di Mangiamorte e potrebbero sapere cose che noi ignoriamo-
Harry annuì e, con l’intenzione di cercare Zabini, lasciò il suo dormitorio per la prima volta da giorni.

Fu all’ingresso della Sala Grande, pochi minuti prima dell’ora di pranzo, che Harry riuscì a trovare il migliore amico di Malfoy. Con lui c’erano la maggior parte dei Serpeverde del loro anno: la Parkinson, la Bullstrode, Nott, Tiger e Goyle.
Harry si fece coraggio e lo chiamò. -Zabini!-
Subito il gruppetto si fermò e fissò Potter con un certo astio.
Blaise fece cenno agli altri di proseguire.
Harry sentì Nott dire qualcosa del tipo “E’ meglio che me ne vada, se no lo uccido”, ma non gli importava molto.
Si avvicinò a Zabini ed alla Parkinson, che non si era mossa di un passo.
-Che vuoi Potter?-
Harry lo fissò un momento. Aveva le mani che gli sudavano. Zabini lo guardava dritto negli occhi, senza alcun timore. Aveva un aspetto solido, benché fosse alto e magro e lo sguardo fiero e sicuro. Harry capiva esattamente come fosse diventato l’amico del cuore di Draco: non era solo il suo portamento nobile: ispirava sicurezza, stabilità. E timore, nel caso di Harry, in quel frangente.
-Si tratta di Draco-
Zabini e la Parkinson rimasero impassibili.
-Forse voi sapete qualcosa che possa aiutare a scaglionarlo...-
-Sei il testimone principale dell’accusa, Potter. Cosa pensi di fare?-
Harry avvertì il colpo. Zabini sembrava più informato di lui. -Non testimonierò se la mia testimonianza va a scapito di Draco. Voglio tirarlo fuori di lì-
Zabini gli si avvicinò a passi decisi.
Per quanto Harry fosse cresciuto, negli ultimi due anni, il Serpeverde era ancora più alto di lui di una spanna. Ad occhio e croce doveva essere alto come Ron.
Piantò gli occhi blu contornati dalle lunghe ciglia nere negli occhi di Harry ed un istante dopo, senza neppure accorgersene, Harry si ritrovò con la sua mano serrata sul collo della propria camicia.
-Perché dovrei crederti, Potter?- Sibilò col viso a pochi centimetri dal suo. -Dopo tutto quello che gli hai fatto, pensi che possiamo dimenticarlo? Pensi che “io” possa dimenticarlo?-
Zabini lo respinse ed Harry arretrò di un paio di passi per non perdere l’equilibrio.
-Voglio aiutarlo! Ci tengo a lui!-
-Lo hai aiutato con quell’Auror, è vero, ma se non fosse corso da te per cercare di compiacerti, dimostrandoti la sua buona volontà, non si sarebbe trovato nei guai e sarebbe ancora qui. Non ti credo, Potter-
Harry abbassò lo sguardo, le lacrime in procinto di uscire. -Devo mettermi in ginocchio e supplicarti di aiutarlo o intendi farlo di tua volontà?- Lo fissò per un istante ed iniziò a piegare le ginocchia.
-Rispiarmiami lo spettacolo, Potter!- Lo fermò con tono glaciale il ragazzo.
-Tu non sei il ragazzo per lui, Potter- si intromise la Parkinson. -Draco merita di meglio!-
Harry annuì, un nodo gli si stava formando in gola.
-Se una volta libero, decidesse di non voler più avere nulla a che fare con te, lo lascerresti in pace?- Proseguì la ragazza.
-Qualsiasi cosa purché sia libero-
La Parkinson e Zabini si scambiarono una sguardo d’intesa ed annuirono l’uno all’altra.
-Domani, Potter. Dopo pranzo, nell’aula vuota del terzo piano. Se decidiamo di crederti ci vedremo lì- decise Pansy, sapendo di essere pienamente appoggiata dal suo ragazzo. Prima di decidere se credere o no a Potter, dovevano parlarne tra di loro.
Harry annuì pieno di sollievo e speranza e riuscì a fare un sorriso strascicato.
Quella ragazza non gli era mai sembrata tanto meravigliosa.

Harry attese l’incontro del giorno successivo restando sulle spine. Per quanto si fossero chiariti, sarebbe servito del tempo per ricucire tutti gli strappi con Ron e soprattutto con Hermione. E l’essersi innamorato di Malfoy di sicuro non accelerava i tempi. Avrebbe voluto poter contare maggiormente su Hermione, in quel momento, ma continuava a guardarla di sottecchi, restando all’altro capo del tavolo a cui si erano seduti, in biblioteca, incapace di chiederle consiglio. Sicuramente lei avrebbe saputo come avrebbe dovuto comportarsi in vista del processo.
I suoi due amici sedevano vicini. Ogni tanto Ron alzava la testa dal libro e gli strizzava l’occhio, oppure gli sorrideva. Ron proprio non riusciva a stare chino sul testo per tanto tempo, ma Hermione pareva non accorgersene.
Harry sapeva che avrebbe dovuto studiare e mettersi in pari per gli esami, ma voleva Draco. Non credeva sarebbe mai stato possibile, ma sentiva dannatamente la sua mancanza.

Il giorno seguente, Harry faticò a toccare il cibo. Continuava ad alzare la testa per vedere se Zabini e la sua ragazza si alzavano da tavola o se gli facevano un cenno. Poco prima del dolce, vide la Parkinson alzarsi, dando un bacio a Zabini, ma il ragazzo rimase al suo posto, allungando la fetta di torta di carote di Pansy a Tiger e Goyle che se la divisero con evidente piacere.
Solo quando ebbe finito di mangiare e di fare conversazione con Nott, Zabini lanciò uno sguardo a Potter e lasciò la Sala Grande.
Harry scattò in piedi, pronto all’inseguimento.
Si mantenne a ragionevole distanza da Zabini, che lo precedeva di diversi metri, ma se anche lo avesse perso di vista, conosceva la strada per il terzo piano e sapeva qual’era l’aula vuota in cui lo avrebbe rivisto.
Quando, pochi minuti dopo, entrò nella stanza con una cerca circospezione, trovò Zabini che abbracciava teneramente la Parkinson mentre parlavano a voce bassa.
Si schiarì la voce per palesare la sua presenza ed il ragazzo sciolse l’abbraccio, rivolgendosi a lui.
-Potter- lo salutò freddamente.
Harry rispose con un cenno del capo e chiuse la porta.
-Abbiamo deciso di fidarci, Potter- annunciò Pansy, fissandolo negli occhi, quasi a sfidarlo a tradire la sua fiducia.
Harry annuì, sentendo aumentare i battiti del suo cuore.
La Parkinson trasse con cautela dalla sua borsa un involto di velluto blu notte.
Quando lo svolse Harry vide che si trattava di una sacca o di una tasca, non più alta di una decina di pollici e di poco più stretta.
La ragazza ne trasse una sfera. A tutta prima Harry la prese per quelle palle di vetro che contenevano del polistirolo o dei brillantini, colme di acqua per simulare la neve, ma quella sfera emanava un debolissimo luccichio ed appariva totalmente opaca. La Parkinson la teneva nel palmo della mano con infinita cura.
-Cos’è?- chiese Harry.
-Sei proprio ignirante, Potter!- constatò Zabini.
-E’ un Desiderio*- Spiegò con calma la Parkinson.
Harry aprì e richiuse la bocca. Non aveva idea di cosa fosse un desiderio, se non un qualcosa che si “desiderava”, appunto.
Zabini dovette intuire la sua perplessità dalla sua aspressione e, sbuffando, decise di spiegare.
-Un Desiderio, Potter, è un incantesimo rarissimo. E’ “l’Incantesimo” per eccellenza ed è illegale a meno che non sia registrato! Con questo si può fare assolutamente “tutto”, si può cambiare il passato in modo che una persona non sia mai morta, o che non sia nemmeno mai nata, si potrebbe persino far spegnere il sole! Ma!- fece una pausa significativa -Il mago che facesse una cosa del genere ne pagherebbe le conseguenze. Un Desiderio va usato in modo razionale e possibilmente senza cambiare fatti inevitabili. Le ripercussioni sarebbero tremende-
Harry deglutì a vuoto. Non aveva nemmeno mai sentito parlare di un simile incantesimo.
-Per questo sono vietati. Il Ministero da dei permessi speciali per crearne uno ogni tanto, quando non ci sono altre soluzioni. E sai quanti maghi, in Inghilterra, ne sanno creare uno?-
Harry scosse rapidamente la testa.
-Ufficialmente, fino all’anno scorso, erano in tre: Silente, che ora è morto, il suo amico Flamel, che nessuno sa dove sia e, naturalmente, Tu-sai-chi. Ufficiosamente si sa che deve esserci un altro mago, così abile e potente da saper eseguire questo incantesimo, dato che il Ministero deve poter avere questa risorsa, ma nessuno sa chi sia-
-E voi come avete fatto a procurarvene uno, allora?- chiese Harry.
Zabini e la Parkinson si sorrisero. -Qui ti volevamo Potter. Ci sono altri due o forse tre maghi, in questo Paese, che lo sanno fare, ma di sicuro non vogliono che si sappia. Questo era il nostro regalo di Natale per Draco. Nostro e di sua madre, dato che non potevamo certo comprarlo al mercato nero con le nostre paghette settimanali. L’ho recuperato dal suo baule prima che lo portassero via. Non sarebbe passato inosservato ad una perquisizione. Ho detto a Draco che l’avevo io e che era al sicuro-
Harry rivide il momento in cui Zabini si era allontanato e poi, al ritorno, aveva abbracciato Draco a lungo, tanto che lui ne era quasi stato geloso.
-Con quello...?- chiese timidamente.
-Con questo possiamo tirare fuori Draco da Azkaban con le mani pulite, Potter. Ma non è legale-
Zabini sbuffò. -Non credo che sia un problema, dopo quello che ha fatto!-
Harry lesse l’accusa e l’odio nello sguardo di Zabini ed annuì.
-Non mi importa come, mi basta salvarlo-
-Bene- si affrettò a precisare il Serpeverde. -Perché dovrai essere tu ad usarlo-
Harry lo fissò, aprendo la bocca per la sorpresa.
-Pansy e io siamo suoi amici, e al Ministero ci saranno fin troppi Auror. Controlleranno tutti. Tutti tranne te, Potter. Sei il teste principale dell’accusa e sei il bambino-sopravvissuto. Nessuno penserà di perquisire te, quindi tu porterai il Desiderio in tribunale-
Harry deglutì a vuoto, ma annuì risoluto. -Cosa devo fare?-
-C’è un modo corretto per usarlo e molti modi scorretti- cominciò Zabini. -Noi vogliamo che tu lo usi nel modo corretto, Potter, quindi, da ora fino al processo, Pansy e io ti insegneremo come fare. Tutte le ore buche che hai in comune con uno di noi le passerai con noi, Potter-
-Va bene. Allora per domani vi comunicherò il mio orario...-
-Adesso!- intervenne la Parkinson, rimettendo al sicuro la sfera.
Harry la fissò e capì che lo attendevano parecchie ore di studio extra.


Continua

* Desiderio: ho preso questo incantesimo dal mondo del gioco di ruolo Dungeons&Dragons, gioco fantasy in cui la magia viene trattata in modo, per certi versi, simile a quella del mondo di Harry Potter.