Le lezioni di psicologia mi fanno male, lo ho detto io :P
Infatti per vostro dispiacere e sommo terrore (gnè gnè gnè <-- risata sadica
e cattiva ^^''')
questo pomeriggio ho scritto una fic che mi ha fatto venire in mente il mio
prof di Psico.
Ode al mio profe che è un grande *_*
Vi assicuro che è una persona meravigliosa!
Ha, tutto quello che è scritto qua è nato dalla mia fantasia, ma non è molto
lontano da quello che accadeva veramente. Anzi, forse sotto certi aspetti ne
è troppo lontano.
Vi auguro buona lettura e sappiate che è forte, se avete paura delle cose
che possono sconvolgere ( ^^; non esageriamo va^^') non leggete!!!!
CMQ io declino ogni responsabilità per svenimenti eccetera ^_-
Lara aka Laele
Pazzia
parte
I
di
Lara
CURA DEI MALATI PSICHIATRICI.
Nel 1904 fu creata la prima legge sulla malattia mentale.
Serve per salvaguardare la publica decenza, per difendera la morale publica
da soggetti deviati che con il loro comportamento danno scandalo e che
vengono quindi ricoverati (carcerati, rinchiusi) in apposite strutture dette
manicomi, dove si entra con stupefacente facilità, perdendo tutti i propri
diritti civili.
La storia che vi vado ora a narrare racconta di un caso non certo unico e
non certo raro, ma che sicuramente non è finito come molti altri.
-Vi dico quindi che mio nipote è una vera vergogna con il suo comportamento
osceno, la sua malattia è palese e prospera di giorno in giorno. Vi chiedo
quindi di prenderlo in custodia perchè il nome della famiglia non venga
ulteriormente compromesso dallo spirito demoniaco che ha fatto impazzire
questo giovane. Sano e vitale fino a che la sventura lo ha colpito, prima
privandolo appena nato della madre e poi dell'appoggio e della guida del
padre.-
Con queste parole mio zio Alaster segna il mio destino. Fato peggiore non
può esserci.
Vuole per sé l'immensa eredità lasciatami dai miei defunti genitori e riesce
grazie a questa stupida legge a farmi internare in questo posto puzzolene e
solitario, dove mi sto lentamente consumando e altrettanto lentamente sto
impazzendo.
Impazzendo per davvero stavolta.
Non sogni e visioni indotte dalla droga che mio zio mi aveva somministrato e
che aveva convinto i dotti uomini della mia follia, no. Una pazzia vera,
invasiva, che mi entra nel cranio martellandolo con voci e parole che non ho
mai detto o mai vorrei dire, portandomi a gridare, bestemmiare e così
incorrere nell'ira dei guardiani e del padre superiore che ci ha tutti in
custodia.
Ormai penso che tutte le punizioni di questo posto siano passate sulla mia
pelle sempre più pallida e sono stanco.
Ora ho 18 anni e un intero anno della mia vita lo ho passato qua, tra queste
mura grigie e queste inferriate di metallo nero e rugginoso.
Il cielo visto a sprazzi, unica e rara nota di colore.
Camicioni grigi e informi che abbracciano i nostri corpi spesso segnati
dalle cure che definirei torture, corridoi spogli e cosparsi di corpi vivi
ma senza coscienza.
Pietra grigia e sicura come quella della migliore prigione e secondini
nostri aguzzini che abusano di donne e uomini senza ritegno, a volte
mutilando affinchè chi tra noi ancora conserva senno e onore non possa
parlare. Anche se nessuno darebbe credito alle parole di un pazzo.
La campana suona oltre le finestre da cui entra il flebile soffio tiepido
della primavera e so che è il segnale che ci chiama alla enorme stanza dove
ci è dato il cibo.
Nutrimento povero e insalubre, ma l'unico che ci sia concesso in questo
limbo dimenticato da Dio e dagli uomini, Purgatorio e Inferno su questa
terra macchiata di stupidità e ignoranza.
Mi muovo a piedi nudi tra i corpi di chi non ha forza o volontà e si lascia
morire lentamente.
Il pavimento freddo e sporco a contatto con la mia pelle resa nera dallo
sporco ma pallida come la luna. Il camicione ampio e svolazzante attorno al
mio corpo magro come il più sottile dei giunchi e segnato dai colpi di chi
ha potere di vita e morte su di me.
Quali peccati ho potuto mai fare nella mia breve vita libera?
Quali abbiette azioni ho mai compiuto?
A quali perverse situazioni il mio comportamento può aver dato origine
perchè una punizione così ingiusta e sfiancante mi sia giunta?
Dio, se ci sei rispondimi!
Dio, se esisti parlami in questo luogo di folli dove la mia mente viaggia
lontano ma non giunge mai a nulla!
Dio, mi sono stancato di appellarmi a te che mi ignori.
Dammi una prova sola della tua esistenza e della tua bontà e di certo
troverò la forza di andare oltre questo giorno e quelli seguenti, ma se mi
lasci solo non vedrò mai la luce di un'altra primavera.
Mi trascino con passo lento e fiacco, dondolando sulle mia gambe stanche
come un marinaio che non conosce la terra da troppo tempo e vi torna
incapace di ricordare altro suolo se non quello della nave ove per mesi ha
dimorato.
Un corridoio pieno di spetri simili ma non uguali a me, alcune urla rauche e
secche, e il lungo tavolo di legno vecchio e segnato al centro della grande
e fredda sala.
Vado a prendere il mio piatto scheggiato e pieno di zuppa calda.
Il calore è la sua unica qualità perché manca di qualunque cosa io possa
definire come sapore o consistenza.
Lentamente, con mosse grevi simili a quelle di un vecchio affondo il
cucchiaio di legno che tengo sempre nella tasca del mio misero abito
portandolo poi pieno e fumante alle mie labbra livide.
Una cioca di capelli corvini sfugge al cordino che li tiene stretti alla
base del mio collo e lo spingo dietro l'orecchio fissando le mie mani un
tempo capaci di trarre note sublimi da un pianoforte ridotte a magre cose
dalle unghie nere e rotte.
Ma non ci devo pensare o griderò e piangerò e bestemmierò e stavolta ho
paura di quello che mi può succedere, lui non aspeta che una mia infrazione
per farmi ancora del male. Non avrebbe bisogno di simili artifizi ma servono
per scusare la sua azione immonda davanti al suo Dio. Davanti ai suoi
superiori e davanti a quello che rimane della sua anima.
Una vecchia lacera mi abbraccia da dietro e con la voce strascicata e la
dialettica incomprensibile mi fa proposte oscene.
Si denuta e grida e canta ballando sul tavolo, esponendo il magro e
scheletrico corpo alla luce e agli sguardi che la circondano.
Interessati, indifferenti, ilari, inconsapevoli o incapaci di capire...
Una gamma di variazioni che di certo poco importa all'attrice di questo
spettacolo che mi fa ridere.
Si, quanto tempo è che non ridevo?
Questa pantomima di atto sessuale, fatto con così tanto impegno da un corpo
vecchio e sfatto ma soddisfatto dei propri gesti mi fa ridere.
Mi pare di vedere una luce di felicità in quegli occhi lattiginosi e coperti
quasi del tutto dalla cataratta, i lunghi e incolti capelli grigi e neri che
ricadono il lunghe ciocche sporche e annodate lungo la schiena dai glutei
cadenti; segnata da ferite e cicatrici.
So che questa vecchia è stata portata qui da ragazza, era una prostituta
d'alto borgo tra le più famose ma purtroppo ebbe la sfortuna di incontrare
chi scambiò la sua voglia di piacere con una possessione del demonio,
portandola qua in mezzo a chi abusò di lei, portando poi via dalle sue
braccia di madre il frutto della violenza; ma che lei amava con tutta
l'anima.
Fu quello a farla impazire....
In un suo raro momento di lucidità mi raccontò tutto, mesi fa.
Vedo uno dei nostri aguzzini correre verso la donna che ride riversa e
spoglia d'abiti sul tavolo e un bastone che cala sul fragile corpo. Non so
perchè decido di fare un'azione tanto stolta ma con tutte le mie misere
forze devio il colpo e salvo la vecchia da quella percossa brutale e
inutile.
Salvo poi vedere l'ira di quell'uomo riversarsi su di me.
Accorrono altri suoi compagni aguzzini e uno di loro porta quella che è il
simbolo della mia paura, la camicia di forza. Per troppo tempo fui costretto
a portarla e a vivere come un animale.
Urlo disperanto implorando, pregando, e alla fine bestemmiando.
Ma nulla li smuove e nulla cancella dal viso di quegli eseri che forse un
tempo furono uomini il sorriso sadico che si fa sempre più grande.
Mi mettono quella prigione di tela e cinghie che mi immobilizza le braccia,
comprime il petto, che passa con crudeli lacci e fibie di ferro sulla mia
schiena sul mio collo e tra le mie gambe in modo che sfilarla sia
completamente impossibile.
E mi trascinano urlante e terrorizzato verso l'isolamento che mi aspetta per
la mia ribellione; e dove lui mi raggiungerà per portare orrore all'orrore,
terrore al terrore, dolore al dolore, sofferenza alla sofferenza e
umiliazione alla umiliazione.
Prego e invoco quel Dio buono e giusto con tutta la mia voce ma non mi
risponde e mi trovo solo al buio più completo, in una cella talmente piccola
che stando in piedi sfioro il soffitto e che mi ospita per poco più della
mia lunghezza.
Passai qua un tempo che in seguito quantificai come 15 giorni la prima
volta, e sfiorai la follia più pura.
Ora conoscerò quali tenebre della mia mente costretto al silenzio di questo
posto umido e freddo?
Passano secondi o forse secoli e una candela mi abbaglia accecandomi e sento
la sua voce.
Mi stringo in un angolo e lacrime silenziose scorrono lungo le mie guance.
Lui è arrivato a portare quel bagaglio di torture che nulla gli da il
permesso di infliggermi.
Ma io che non sono più un essere umano in questa terra ma solo un corpo di
carne senza luogo o padrone sono proprietà di uomini che posseggono le mie
ossa.
Non lo vedo perchè gli occhi sono serrati dal terrore ma la sua voce trapana
il mio cervello, e non posso tapparmi le orecchie.
-Bene bene Will, sai che non si deve disobbedire o io sarò costretto a
punirti.- La sua voce è dolce e suadente e trarrebbe in inganno chiunque, ma
il vero pazzo tra noi tutti è lui e lui solo.
-Lasciami stare, te ne prego in nome di Dio lasciami stare...- Tale angoscia
è presente nel mio animo che la voce stenta a prendere forma nell'aria
attorno a me.
-Mio piccolo e spaurito passero, sai che nulla che io ti faccio può
arrecarti danno o dolore che non sia la giusta punizione per i tuoi atti
insensati.- Sento le sue mani vagare lungo il mio viso e sfiorare i caldi
rivoli di lacrime e poi poggia le sue labbra ripugnanti sul mio volto fino a
incontrare le mie labbra serrate. Le mani di ques'uomo allentano una
cinghia, (magari la slacciasse e si dimenticasse poi di stringerla!) e sento
le sue dita frugare posti che una volta consideravo inviolabili. Entrano in
me mentre singhiozzo e accarezzano quella parte di me che pare avere un
potere tale da portare ques'uomo a peccare contro Dio.
Il mio volto sbatte contro la dura e polverosa pietra quando mi spinge a
terra e sento la sua virilità premere dolorosamente strappandomi un grido e
poi entrare in me gemente dal dolore.
Il tempo pare arenarsi lungo le infinite spiagge del dolore e della
umiliazione ma alla fine riprende il suo corso lasciando dentro di me il
ricordo nauseante di quest'uomo che odio.
Stringe la cinghia che aveva allentato e se ne va, ma non senza un' ultima
parola.
-Nulla è soave come punire i tuoi peccati mio tenero William, cerca di
sbagliare più spesso. Comunque in questi giorni riceverai la mia visita di
frequente, non temere non voglio che la solitudine ti assalga.- Ridendo se
ne va e io grido disperato.
Ma ora so che Dio mi ha abbandonato, so che nulla esiste al di fuori di
quello che devo patire qua dentro! Ha, se solo fossi un brutto vecchio nulla
di ciò mi verrebbe fatto, mai pensai di odiare mia madre per l'unico ricordo
che mi lasciò morendo dandomi alla luce, la sua bellezza.
Ma ora maledico questo segno visibile che mi condanna ad essere manichino di
un pazzo.
Perchè Tutto mi ha abbandonato? Dio, Speranza, Fiducia...
Tornate o io perirò prima di vedere un nuovo sole di primavera.
Continua...
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