DISCLAIMER: come
sempre i personaggi non sono miei ma del mitico Inoue con il quale mi
scuso per aver approfittato delle sue creature e di aver modificato
“leggermente” le loro personalità
RINGRAZIAMENTI:
vorrei ringraziare Zia Chicca per avermi sopportato e aiutato sia per
questa che per la mia precedente fic ( Sen/Hana) e tutti i lettori che
riusciranno ad arrivare alla fine ^_^
come sempre i commenti sono graditissimi, all’indirizzo:
morfeus_ares@hotmail.com
NOTE:
in corsivo i flash back di Hanamichi
Paure
di Lilhit
Kanakawa,
10 anni dopo…
Hanamichi
era appena arrivato all’aeroporto di Tokyo; dopo 10 anni d’assenza
aveva finalmente rimesso piede in Giappone.
Appena
partito per gli Stati Uniti, 10 anni prima, si era sentito quasi sollevato
dopo ciò che era successo negli spogliatoi pochi giorni prima della
partenza. Ricordava ancora alla perfezione quei momenti e i giorni che li
avevano preceduti e il rimettere piede nel paese, che nonostante tutto
considerava come suo, lo rendeva inquieto ma allo stesso tempo felice.
Aveva
ricevuto la telefonata di Ayako solo due giorni prima, non si aspettava di
risentire la voce di uno dei suoi vecchi amici così all’improvviso e
dopo tanto tempo. Aveva perso ogni contatto con loro, persino con Yoei, e
non riusciva a credere alle sue orecchie. Ayako, dopo 10 anni e dopo che
lui era sparito in pratica senza dire nulla, gli aveva telefonato per
sapere se voleva partecipare ad una festa, una rimpatriata alla
quale,secondo la ragazza, non poteva assolutamente mancare. In un primo
momento l’entusiasmo lo aveva portato a rispondere “ certo Ayako, non
vedo l’ora di potervi rivedere tutti”, ma appena messa giù la
cornetta tutto il suo entusiasmo era svanito. Ayako gli aveva detto di
aver contattato tutti, che lui era l’ultimo della lunga lista e che
tutti avevano accettato. Tutti… quindi anche lui avrebbe
partecipato alla festa. Non sapeva se sarebbe stato in grado di
affrontarlo, di rivederlo. Ciò che gli aveva fatto era stato crudele e
nonostante il tempo ormai trascorso, non riusciva a dimenticarlo o a
superarlo.
Non
sapeva come Ayako lo avesse rintracciato ma credeva di saperlo; se gli
invitati alla festa erano tutti i ragazzi che avevano giocato il
campionato interscolastico l’anno in cui lui era allo Shohoku, e
sicuramente la ragazza si riferiva ai giocatori del Kainan, dello Shoyo e
del Ryonan, allora anche Sendo sarebbe stato presente e lui era l’unico
a conoscere il suo nascondiglio.
Per
quanto sapesse che non era vero, che il motivo che lo aveva portato
lontano da Kanagawa e dai suoi amici non era ciò che accadde in quello
spogliatoio e che la decisione era già stata presa da tempo, sapeva che
in parte era fuggito e si era nascosto. Non poteva negarlo.
Recuperò
il suo bagaglio e si diresse all’uscita per prendere un taxi che lo
avrebbe condotto al suo albergo.
Aveva
prenotato in un piccolo albergo della capitale, proprio accanto alla
stazione ferroviaria, pensando che soggiornare lì fosse più saggio che
dormire a Kanagawa e meno “pericoloso”. Trovare scuse per mollare la
festa e tornare in albergo così era più semplice e poteva giustificare
quella scelta come impostagli dal lavoro.
Quel
suo viaggio a Tokyo era stato deciso già da qualche tempo e non poteva
esimersi dal farlo; una bella coincidenza che la festa fosse proprio in
quei giorni!
Appena
arrivato in albergo si butto sul letto, il viaggio in aereo era stato
un’angoscia; tutte le sue paure erano tornate a galla e si era sentito
sempre più insicuro ogni istante di più. L’hostess si era dovuta
avvicinata a lui più volte per assicurarsi che stesse bene.
Chiuse
gli occhi ripensando a ciò che era successo allora: suo padre era morto da circa due anni e la sua matrigna era ormai
indebitata fino al collo e non sapeva più come fare a far quadrare i
conti. Nonostante sia lui che suo fratello Ryo, più grande di lui di tre
anni, si dessero molto da fare per aiutarla, non c’èra altra soluzione.
La
donna, alla
fine, gli aveva rivelato di
aver gettato la
spugna e di aver
deciso di tornare a vivere negli USA per il bene di tutti e tre. Lì
avrebbero potuto contare sull’appoggio di molti parenti che sembravano
ben felici di poterle dare una mano. Hanamichi non avrebbe mai voluto
lasciare la città in cui era cresciuto ma alla fine si era arreso
all’evidenza. La madre aveva già ottenuto un lavoro lì e la sua
partenza si rivelò immediata. Lui e suo fratello si occuparono delle
ultime cose assieme prima di partire.
Hana aveva cercato una soluzione per poter
restare in Giappone, non voleva abbandonare i suoi amici e poi non gli
andava di tornare a vivere a New York da dei parenti con cui lui non aveva nulla a che fare.
Suo padre aveva messo in cinta Alex, la
sua matrigna, tre anni prima che lui nascesse. Non sapeva bene come erano
andate le cose ma era chiaro che il matrimonio tra i suoi genitori avesse
avuto parecchi intoppi e che in una di queste parentesi il padre avesse
avuto un’altra relazione. Sua madre era morta quando lui aveva sette
anni e Alex si era fatta viva per sapere se poteva in qualche modo essere
d’aiuto. Per molto tempo aveva considerato la donna come un avvoltoio ma
si era dovuto ricredere presto; Alex e Mery, questo il nome di sua madre,
erano molto amiche e nonostante l’evolversi delle cose la loro amicizia
non era mai venuta a mancare. Per questo Alex si era ripresentata a casa
loro per il funerale ed aveva cercato in tutti i modi di essere d’aiuto;
E c’era riuscita, non si poteva negare. Lui e Ryo, dopo un primo momento
di riluttanza, divennero grandi amici e alla notizia delle nozze dei loro
genitori furono felicissimi.
Per Hanamichi, che non aveva mai avuto
modo di conoscere sua madre, Alex era
stata molto più importante di quella donna sempre malata e perennemente a
letto. Le cose nella sua nuova famiglia andavano così bene che la notizia
del trasferimento in Giappone non sortì nessuna reazione particolare
anzi; Lasciare Manhattan non era stato un dramma. Il matrimonio di sua
madre con un giapponese non era mai stato visto di buon occhio, date le
sue origini Irlandesi. Per loro era inconcepibile che lei non sposasse un
altro irlandese e soprattutto che non sposasse un bianco ed
era stata inevitabile la reazione dei parenti che li tagliarono
completamente fuori dalla famiglia.
Alex, anche lei Irlandese, gli aveva
parlato spesso della situazione e lui non riusciva mai a sentirsi a suo
agio in quell’ambiente. Anche per questi motivi aveva cercato di
convincere la su mamma adottiva e suo fratello a lasciarlo vivere in
Giappone, in fondo viveva lì dall’età di dieci anni, ma non ottenne
nessun risultato. Ryo si era
offerto di restare con lui, se poteva fargli piacere, ma sapeva che non
poteva imporgli una cosa simile. Per le ambizioni e gli studi intrapresi
da Ryo, il trasferimento era una manna dal cielo. Non poteva chiedergli di
rinunciarvi.
Teneva troppo a sua madre e suo fratello
per lasciarli, soprattutto Ryo era stato da sempre, e soprattutto alla
morte del padre, una figura fondamentale nella sua vita, troppo per
chiedergli di sacrificarsi per lui, ancora.
Una volta presa la sua decisione, partire,
non rimaneva altro da fare che dire addio ai suoi amici e soprattutto alla
sua Kitsune….
I
ricordi furono interrotti dal suono insistente del telefono.
Hanamichi
si alzò svogliatamente per rispondere, non poteva essere nulla di
importante visto che nessuno sapeva del suo arrivo e suo fratello non lo
avrebbe chiamato a quell’ora per via
della differenza di fuso orario. Rispose con voce seccata
all’apparecchio ottenendo in risposta solo un “Ciao” divertito.
Conosceva bene quella voce allegra, il suo proprietario era un altro dei
motivi per cui si sentiva in ansia al pensare di prendere parte alla
festa.
Senza
riuscire un granché a nascondere la sorpresa e l’inquietudine, e in
parte la gioia, che quella telefonata gli aveva procurato, cercò di
parlare con tono disinvolto.
Akira
aveva saputo dove alloggiava da Ryo il quale, non essendo a conoscenza dei
retroscena della loro “amicizia”, gli aveva dato tutte le informazioni
senza porsi dei problemi. Hanmichi si maledisse per non aver rivelato
quanto era successo tra loro a suo fratello mentre acconsentiva ad
incontrarlo quel pomeriggio in un bar non molto lontano dall’albergo.
Da
quando si erano lasciti, circa due anni prima, non si erano più visti e
sentiti poco. Nonostante vivessero nella stessa città non si erano mai
incontrati per caso e non avevano mai cercato di farlo. Akira, giocatore
professionista nell’NBA era sempre molto impegnato e anche Hanamichi lo
era tra il lavoro, gli impegni quotidiani e quelli con una squadretta di
bambini tra i 4 e i 7 anni a cui insegnava i fondamentali del basket.
Rivedere
Akira dopo tanto tempo si rivelò molto meno traumatico di quanto
pensasse. Appena arrivato al bar lo aveva notato subito ed era rimasto
incantato ad osservarlo per lungo tempo: la pelle chiara, i capelli neri a
spazzola, gli occhi blu, le mani grandi dalle dita lunghe e sottili, le
spalle larghe.. era identico a come se li ricordava e rivedere il suo
sorriso aperto e solare mentre gli veniva in contro per salutarlo lo fece
tornare in dietro al periodo in cui erano praticamente inseparabili. Un
senso di nostalgia l’ho assalì prepotentemente.
Parlarono
per delle ore, seduti a un tavolino, troppo basso per loro, in un angolo
del locale, ritrovando subito il loro antico affiatamento e quella
familiare sensazione di pace e benessere che la presenza dell’altro
infondeva.
Quando
si erano incontrati per caso in metropolitana, subito dopo l’arrivo di
Akira a New York sei anni prima, nessuno dei due sembrava particolarmente
contento di rivedere l’altro. Entrambi fuggiti a una realtà difficile
da accettare e sopportare non volevano avere a che fare con qualcuno che
gli riportasse alla mente quei tristi ricordi.
Il
loro incontro però si rivelò un piccolo miracolo che permise ad entrambi
di ritrovare il proprio equilibrio. Divennero presto grandi amici; Akira,
appena trasferito, aveva grande bisogno di sostegno e per Hana il poterlo
aiutare era la cosa che più desiderava. Fu proprio da Akira che venne a
sapere dell’evolversi delle cose in Giappone ed era sempre stato lui a
tenerlo informato senza rivelare a nessuno che si erano rincontrati. Così,
aveva saputo che Ayako e Ryota alla fine si erano fidanzati e che, in
seguito, si erano sposati.
Seppe del Gorilla, entrato a far parte della nazionale maggiore e
felicemente sposato; Yoei era diventato il proprietario di un nightclub
molto popolare; Mitsui e Kogure si erano laureati in medicina e vivevano
assieme vicino a Kanagawa, dopo che Hsashi aveva abbandonato il basket
professionistico; Maki, Fujima e Kyota giocavano ancora da professionisti
e facevano parte della nazionale; tutti gli altri avevano smesso di
giocare e avevano trovato la loro strada. Anche Rukawa aveva smesso dopo
un brutto incidente di gioco…
Parlare
di Rukawa era per entrambi molto doloroso: dopo la partenza del Rossino,
Rukawa era cambiato molto, se possibile in peggio. Lui e Akira avevano
avuto una relazione piuttosto lunga che, a sentir parlare il secondo, era
stata una specie di incubo, piena di incomprensioni e di mezze verità che
avevano da sempre logorato entrambi. L’infortunio accadde poco prima
della firma di un importante contratto col l’NBA. Rukawa perse
l’ingaggio e sparì senza dire nulla. Akira, ferito e deluso dal
comportamento dell’altro, aveva deciso di firmare e di cominciare una
nuova vita.
Alla
fine la Kizune aveva ferito e deluso entrambi!
Fu
proprio questo a portarli qualche anno dopo ad una svolta nel loro
rapporto.
Le
cose non andarono comunque come si auguravano e la colpa era evidentemente
di uno solo dei due.
Hanamichi
non riusciva ancora a perdonarsi per la sua mancanza di fiducia nel
compagno e per essere stato la causa della fine della loro storia.
Nonostante tutto, nonostante quello che poteva pensare Akira, lui
l’amava davvero e forse i suoi sentimenti non erano affatto cambiati.
La
serata trascorse veloce e piacevole tra i ricordi delle superiori, del
periodo di lontananza e della loro amicizia. Nessuno dei due tocco
l’argomento della loro separazione me si poteva sentire nell’aria che
l’argomento di cui entrambi avrebbero voluto parlare era proprio quello.
Forse
Akira si chiedeva ancora perché le cose non avessero funzionato e
Hanamichi, dopo tanto tempo avrebbe voluto dirgli la verità ma nessuno
ebbe il coraggio di fare la prima mossa e la serata si concluse
tranquilla.
Si
misero d’accordo per vedersi davanti alla stazione, per prendere il
treno, il giorno della festa e si allontanarono.
Tornato
in albergo, Hanamichi si chiese se c’era ancora una possibilità per
loro, per il loro amore e per la loro amicizia. Come poteva rivelargli
solo dopo tanto tempo il motivo del suo comportamento?
Per
quanto tempo gli aveva chiesto di aspettare prima di concedersi a lui?
Quante volte si era tirato in dietro? Quante volte aveva cercato di
evitare che lo toccasse e lo amasse?
Sapeva
di aver ferito profondamente Akira con il suo atteggiamento scostante e
non pretendeva che lo perdonasse ma forse gli avrebbe potuto far capire
che la colpa non era sua, che lui non aveva sbagliato nulla e che non era
mai stato preso in giro.
Forse
ormai era tardi per pentirsi ma conosceva abbastanza Akira per capire che
il sapere la verità gli avrebbe almeno dato un po’ di pace.
Dopo
la storia con Rukawa era rimasto molto ferito proprio per l’incapacità
di quest’ultimo di essere sincero e lui si era comportato allo stesso
modo.
Ma
come poteva dirgli quello che era successo? Come poteva spiegargli la
paura che aveva provato ogni volta che tentava di dirglielo?
Dopo
una lunga doccia si nascose sotto le lenzuola in cerca di un po’ di
calore e di sonno ma questo sembrava proprio non voler arrivare. Al posto
di Morfeo, ad accoglierlo furono i ricordi…dei ricordi sepolti dal tempo
da ormai troppo tempo.
La data della partenza era ormai vicina e
lui non aveva ancora avuto il coraggio di dire addio ai suoi compagni di
squadra, solo Yoei sapeva della sua imminente partenza e n’era rimasto
fin troppo sconvolto.
Gli allenamenti erano finiti da un pezzo
ma lui non aveva ancora voglia di lasciare la palestra.
Aveva appena finito di riempire la sacca
con tutte le sue cose e di svuotare il suo armadietto quando il fulcro di
tutti i suoi pensieri gli si materializzò davanti.
Da quanto tempo aveva scoperto di amare la
sua nemesi? Da quanto tempo non riusciva a pensare ad altro? Da quanto
tempo si era convinto che non poteva partire senza avergli detto ciò che
provava per lui?
E ora era davanti a lui, completamente
sudato, ancora ansimante per lo sforzo fisico e ancora più bello del
solito. Stava per saltargli a dosso e baciarlo quando le parole del moro
lo riportarono alla realtà: “ Che diavolo ci fai ancora qui? Sparisci
!” .
Il tono della voce e la luce che
sprigionavano i suoi occhi erano più che chiari: non lo voleva tra i
piedi, non lo sopportava.
Stava per abbandonare sconsolato gli
spogliatoi quando un’idea, poco sana, gli balenò nel cervello. Parlò
ancor prima di aver pensato: “ Se vuoi che sparisca dalla tua vita e che
non mi ripresenti più davanti a te, c’è una cosa che potresti fare
”. Rukawa lo guardò perplesso chiudendo l’acqua della doccia in cui
era appena entrato e rivolgendoli un’occhiata interrogativa. Il Rossino,
affascinato dalla splendida visione del suo corpo nudo e ricoperto di
goccioline d’acqua, continuò: “ se tu venissi a letto con me… ti
giurò che uscirei per sempre dalla tua vita”.
Un
bussare insistente alla porta riporto Sakuragi al presente. Si alzò di
scatto dal letto allarmato da tutto quel rumore e aprì la porta di colpo.
Una
delle cameriere , non conosceva il nome, era andata ad avvisarlo che a
causa di un cortocircuito i pompieri avevano ordinato l’immediata
evacuazione di tutto il piano.
Fece
come gli era stato detto, aiutando anche un’altra signora a scendere
nella hall. Quando finalmente fu permesso agli ospiti di riprendere
possesso delle loro stanze era ormai molto tardi e Hanamichi si addormento
immediatamente non appena toccato il letto.
I
giorni successivi furono un vero inferno per lui: la lontananza dal
Giappone aveva avuto il potere di cancellare una buona metà del suo
vocabolario, gli sembrava di essere tornato all’età di undici anni e si
era trasferito da poco in quel paese. In pratica capiva poco o nulla. La
situazione con il passare dei giorni migliorò ma le estenuanti ore di
lavoro a cui fu sottoposto erano massacranti. Gli sembrava d’essere uno
schiavo, con l’unica differenza che veniva pagato parecchio e che lo
trattavano come una divinità, visto che era uno dei più popolari
attori/modelli di quel periodo, a livello mondiale.
Il
lavoro a ritmi serrati ebbe però anche dei vantaggi, uno in particolare:
non aveva più pensato alla festa ne a cosa sarebbe successo ritrovandosi
davanti Rukawa. Ad Akira invece, a lui aveva pensato molto.
Come
combinato qualche giorno prima, Akira e Sakuragi si trovarono davanti alla
stazione, il sabato della festa, per prendere il treno che li avrebbe
riportati per la prima volta dopo anni a Kanagawa. A quanto sembrava,
anche Akira aveva fatto il suo stesso ragionamento per quanto riguardava
l’albergo e che anche per lui il problema maggiore di quella festa fosse
Rukawa. Il tempo passa ma le cose non cambiano mai…
Saliti
sul treno, si sedettero accanto in una delle prime carrozze. Entrambi
erano visibilmente agitati e l’atmosfera tra loro si rivelò totalmente
opposta a quella del loro primo incontro.
“
In questi giorni ho pensato molto e credo che noi due dovremmo parlare.
Vorrei che almeno la nostra amicizia uscisse slava da tutta questa
situazione ”. Hana aveva iniziato a parlare all’improvviso fissandosi
le mani. Si fermò solo un attimo per guardare in faccia l’ex compagno
prima di continuare: “ So che tutto quello che è successo tra noi è
solo colpa mia e non credo tu possa nemmeno immaginare quanto io soffra
per questo. Mi manchi… mi manchi tantissimo, come compagno, e
soprattutto mi manchi tu come amico, come persona. Forse è tardi ormai ma
solo ora credo di aver trovato il coraggio a la stabilità per dirti tutta
la verità ”.
Akira
guardò sorpreso il ragazzo accanto a lui: Hana sembrava sull’orlo delle
lacrime e il tono delle sue parole lasciavano ad intendere molto più di
quanto si aspettasse. Sapeva che Hana gli voleva molto bene e aveva letto
nei suoi occhi che era sincero. Il motivo per cui erano ancora amici e il
motivo per cui lo amava ancora, erano proprio i suoi occhi limpidi,
incapaci di mentire. Ogni volta che litigavano poteva leggerci la sua
disperazione, poteva scorgerci la guerra interiore che stava combattendo.
Aveva sperato per tanto tempo che vincesse il lato di lui che si fidava,
il lato di lui che gli avrebbe rivelato tutto ma non era successo e lui
non era più riuscito a sopportare la situazione. Lasciarlo era stata la
decisione più difficile della sua vita, sperava servisse ma si sbagliava.
In
ogni caso, vedere il proprio ragazzo che scappa quando cerchi di avere un
rapporto con lui che vada aldilà di qualche bacio o abbraccio, sentirlo
irrigidire, sentire che ciò che sta facendo lo fa perché obbligato e non
per amore o desiderio, faceva ancora più male. Fuori da una camera da
letto erano la coppia perfetta: affiatati, innamorati, sempre d’accordo
e perfettamente ingranati. Il problema nasceva ogni notte, ogni volta che
cercava di fare l’amore con lui. All’inizio pensava fosse solo paura,
Hanamichi non l’aveva mai detto ma era sicuro che lui fosse il primo,
per questo aveva aspettato e pazientato ma la cosa non si sbloccava mai.
Alla fine lo aveva messo davanti ad una scelta e Hanamichi aveva
capitolato permettendogli di amarlo ma… sembrava sempre che avesse
paura, che ciò che stavano facendo fosse sbagliato, che si sentisse
umiliato e ferito da quell’atto. In quei momenti Hanamichi aveva
l’aria di un animale in gabbia che non può opporsi alla volontà del
suo padrone ma che, per quanto cerchi di non darlo a vedere, non riesce ad
accettarla. Aveva provato a
farlo parlare, gli aveva chiesto se la cosa poteva dipendere dai ruoli e
se voleva invertirli, ma non aveva ottenuto nulla. Hanamichi continuava a
negare il problema, ormai più che evidente, e si rinchiudeva nel più
totale silenzio.
E
ora, dopo due anni di lontananza forzata, vederlo seduto accanto a lui con
gli occhi lucidi, le mani tremanti e l’angoscia dipinta sul viso faceva
ancora più male, se possibile.
“
Sono sempre disposto a parlare con te e so che anche tu sei ferito per
come sono andate le cose. Mi piacerebbe sapere il perché. Manchi tanto
anche a me, non sono mai stato bravo a mentire e non voglio nemmeno farlo;
io ti amo ancora e… non so davvero più che fare ”.
Akira
aveva parlato guardando i suoi piedi
con voce bassa ma sicura. Aveva sperato tanto che le cose tra loro
tornassero apposto e che potessero ricominciare. Se c’era anche una sola
possibilità che ciò accadesse, allora avrebbe fatto di tutto per
sfruttarla.
“
I love you,
darling !”.
Akira
si voltò verso di lui
sorpreso ma immensamente felice. Strinse tra le sue, le mani tremanti del
Rossino che a quel gesto arrossì leggermente, e poggiò la fronte su
quella dell’altro guardandolo fisso negli occhi. Era da tanto che
aspettavano quel momento e nonostante la carrozza del treno fosse piena di
gente, si scambiarono un lungo e dolcissimo bacio.
Passarono
il resto del viaggio mano nella mano senza aggiungere più una parola,
beandosi semplicemente della presenza l’uno dell’altro.
Non
avevano bisogno di parole, finalmente erano di nuovo insieme e questa
volta niente li avrebbe separati.
Di
comune accordo scelsero di lasciare a dopo la festa le spiegazioni, per
quella sera volevano solo divertirsi, con i loro vecchi amici.
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Quando
arrivarono al Night si comportavano nuovamente come una coppietta felice.
Lasciarono i loro cappotti all’ingresso…
“
Sono nervoso, credo di avere un attacco di panico ”.
“
Non lo dire a me Aki. Sono 10 anni che non vedo nessuno di loro o che non
ci parlo e se penso che li ho abbandonati senza nemmeno salutarli mi sento
male ”.
“
Dici che sarebbe poco dignitoso girare sui tacchi e sparire? ”.
“
Non credo sia una buona idea. In fondo siamo ansiosi di rivederli e poi…
e poi a me basta averti accanto, che importa il resto? Resta accanto a me
e cerchiamo di evitare spiacevoli incontri ok ? ”.
“
Mi hai letto nel pensiero. Ti amo ma il sapere che Rukawa è qui mi
spaventa. Resta attaccato a me…”.
Per
rassicurare il suo ragazzo, e in parte per rassicurare se stesso,
Hanamichi lo abbracciò stretto rubandogli un lungo bacio pieno di
passione e amore.
Il
momento magico venne però interrotto dall’arrivo di alcuni dei loro
amici.
Ayako
saltò praticamente in braccio ad Hanamichi mentre Miyagi li salutava
felice. Solo una delle presenze rimase in disparte a fissarli con
malcelato disappunto. Sakiragi e Sendo lo notarono subito ma non dissero
nulla; salutarono i loro due amici e si diressero, mano nella mano, verso
la sala dove gli altri stavano già facendo festa.
La
sala era immensa, le luci soffuse la rendevano quasi magica.
Qua
e là, seduti ai tavolini o in piedi davanti al bancone, i ragazzi
parlavano tranquilli riuniti in piccoli gruppi. Dall’entrata della sala
Hanamchi e Akira riuscirono a scorgere Akagi, Maki,Fujima e Mitsui in un
angolo che parlavano animatamente; Kogure invece era vicino a una bella
ragazza seduta a un tavolino; Fukuda, Jin, Kyota, Koshino e Hikoici al
banco mangiavano e bevevano allegramente mentre Yoei e Haruko finivano di
sistemare le ultime cose.
Senza
lasciare mai la presa tra le loro mani, si addentrarono nella sala
attirando l’attenzione di molti dei presenti che si avvicinarono a loro
felici.
Tutti
volevano sapere come si trovasse Akira in America e come fosse il
campionato NBA. Akira rispondeva tranquillo a tutte le loro domande mentre
Hanamichi l’osservava felice tenendo stretta la sua mano.
Fu
Koshino il primo ad accorgersi della situazione; lui e Akira non avevano
mai perso contatto in quegli anni e non aveva mai sentito parlare Akira di
Sakuragi e il vederli lì insieme, mano nella mano, lo lasciava molto
perplesso. Per porre la domanda aspettò che la confusione attorno ai due
nuovi venuti si calmasse e che la maggior parte dei ragazzi radunatisi si
allontanasse.
“
Quand’è che vi siete rincontrati? Non mi hai fatto sapere nulla Akira!
Come state ragazzi? ”. Aveva usato il tono più discorsivo e tranquillo
che fosse riuscito a trovare ma dal sorriso che gli venne rivolto dal suo
ex compagno di squadra era chiaro che Akira avesse capito che c’era
rimasto male.
Akira
non ebbe nemmeno il tempo di rispondere che Ayako, Yoei, Haruko, e i
vecchi titolari dello Shohoku si avvicinarono ad Hanamichi per avere delle
spiegazioni sul suo comportamento. Erano 10 anni che aspettavano una
spiegazione.
“
Hanamichi, ma si può sapere dove sei andato a finire? Perché non ti sei
fatto più sentire? E tu Sendo,se sapevi dove viveva perché non ci hai
detto nulla prima di oggi?” Ayako
aveva parlato tutto d’un fiato agitando minacciosa il ventaglio davanti
alle facce dei due ragazzi che, ormai circondati, non poterono fare a meno
di spiegare un po’ la situazione.
Fu
Hanamichi a prendere in mano la situazione:
“
Voi avete perfettamente ragione e mi spiace tanto di essere sparito senza
dire nulla a nessuno ma la situazione era tale che non potei proprio farne
a meno. In realtà avevo organizzato una piccola festicciola per salutarvi
tutti ma… alla fine non potei più organizzarla. Mi sono trasferito a
Manhattan e proprio lì che ho incontrato Akira qualche tempo dopo, se non
ricordo male sono passati sei anni da allora, e siamo diventati subito
amici. Chi l’avrebbe mai detto!”
“
Sei anni? Tu sai dove viveva da sei anni e non ci hai mai detto nulla?”
Ayako sembrava furiosa e anche gli altri ragazzi sembravano piuttosto
alterati alla notizia.
“
Se non vi ha mai detto nulla è stato per una mia precisa richiesta. Mi
spiace molto di essere sparito, ma lui non ne ha colpa.”
Tutti
sembrarono calmarsi un po’ a quelle parole ma restava comunque il fatto
che Hanamichi non gli volesse spiegare nulla del motivo della sua
partenza…
“
Per rispondere alla tua domanda Ayako, sono dovuto partire per problemi di
famiglia. Voi non lo sapevate ma mio padre è morto un anno prima che io
mi iscrivessi allo Shohoku e purtroppo mia madre non riusciva più a far
quadrare i conti e non gli era rimasta altra scelta che tornare a New York
dai suoi familiari e chiedergli aiuto. Io e mio fratello non abbiamo
potuto fare altro che partire con lei”.
Mitsui
stava per dire che gli dispiaceva ma che tutto quello che gli aveva appena
detto non giustificava la sua partenza così improvvisa ma non fece in
tempo perché Koshino, un po’ arrabbiato, chiese: “ Si ok, ma in
pratica da quando state assieme? ”.
Tutti
sapevano che Koshino aveva sempre avuto un debole per Sendo ma quella
reazione sembrava davvero spropositata visto che ormai lui stava assieme a
Hikoichi da anni.
“
Questa è una bella domanda Hiro. Diciamo, all’incirca, 2 ore? ”.
Tutti
scoppiarono a ridere per il tono imbarazzato che aveva usato Sendo ma era
più che evidente che stesse scherzando.
“
Parlo seriamente Akira. Non mi sembrate affatto due che stanno assieme da
così poco tempo ”.
“
E hai ragione ma, in effetti, Akira non ha mentito. Noi stiamo assieme da
circa due ore. Ci siamo chiariti sul treno che ci ha portato qui da Tokyo.
Ma è anche vero che noi due siamo stati assieme per parecchio tempo ma
che c’eravamo lasciati circa due anni fa… e devo ammettere che la
colpa fu solo mia ”. Hanamichi aggiunse queste ultime parole con voce
triste guardando il pavimento. Akira, notando la cosa, gli passo un
braccio attorno alla vita attirandolo a se per rassicurarlo: “ Ormai è
passato e il passato non c’importa più ”.
Dopo
quelle parole Koshino sembrò risvegliarsi da un lungo stato di trans: “
Ma allora è lui il tipo di cui mi parlavi sempre. Non mi hai mai voluto
dire il nome e la cosa mi sembrava strana ma ora è evidente il perché.
Dopo tutto quello che mi hai raccontato, dopo tutte le volte che mi hai
telefonato in lacrime, per non contare la sera in cui vi siete lasciati, e
tutto il tempo che hai passato a pensare a lui… tu vuoi davvero dargli
una seconda possibilità? Dovresti mandarlo al diavolo! ”.
A
quelle parole Hanamichi si sentì morire. Sapeva di aver ferito
profondamente Akira ma il sentire che aveva telefonato a Koshino in
lacrime chissà quante volte…. Si staccò da Akira lentamente fissando
il pavimento. Si sentiva tremendamente in colpa per tutto quello che aveva
fatto passare al ragazzo che amava ma se ripensava al giorno negli
spogliatoi, a cosa avrebbe potuto pensare Akira di quanto successo e alla
possibilità che incolpasse lui di tutto quello, si sentiva morire.
Quante
volte lo aveva sentito piangere?
Ogni
volta che lui si ritraeva o che s’imponeva di non farlo sentiva il cuore
di Akira sgretolarsi. Ogni volta che faceva sesso con lui e non poteva
fare altro che obbligarsi a restare fermo, sentiva Akira tremare per la
rabbia e per la tristezza e poi lo vedeva alzarsi, chiudersi la porta del
bagno alle spalle e poi sentiva i singhiozzi disperati. Koshino aveva
ragione: come poteva dargli un’altra possibilità? Non se la meritava e
aveva paura di ferirlo ancora rivelandogli tutto.
Akira
riprese la sua mano e la strinse forte per rassicurarlo: “ So cosa ti ho
detto Kosh e so che lo dici perché ti preoccupi per me ma ti posso
garantire che le cose sono molto diverse da quelle che sembrano. Tu non
eri lì e non puoi sapere come sono andate le cose, non puoi conoscere le
sfumature. Conosci solo le mie sfuriate e le mie lamentele ma non hai mai
potuto vedere lui o sentire la sua versione. So che probabilmente ha
sofferto molto più lui di me. Mi bastava guardarlo in faccia per vedere
che soffriva quanto me e forse di più. Finalmente è pronto per avere
quello che entrambi volevamo due anni fa e dirmi quello che gli impediva
d’essere felice. Solo questo importa ”.
Hana
si sentì infinitamente felice per quelle parole. Akira lo aveva sempre
capito più di chiunque altro al mondo e sapere che anche in quei momenti,
per quanto stesse soffrendo, era riuscito a vedere anche la sua sofferenza
lo rendeva immensamente felice e una volta di più gli dimostrava quanto
quel ragazzo fosse speciale e quanto lo amava.
“
È ridicolo! Non ti rendi conto che non sta né in cielo né in terra? Non
puoi perdonarlo dopo tutto quello che ti ha fatto. Con che coraggio
potresti riprovare? E se poi non è cambiato nulla e continuerà a
trattarti in quel modo? ”.
Koshino
aveva perfettamente ragione ma lui non aveva il diritto di parlargli così:
“ So che parli per il suo bene ma non credo che tu possa decidere per
lui. Ti ha già spiegato che forse non conosci tutti i dettagli necessari
per capire la situazione e nemmeno lui li conosce. Per questo stasera
chiariremo definitivamente la cosa e solo allora Akira sceglierà cosa è
meglio per lui. Qualsiasi scelta farà, dovrà farla da solo ”.
Hanamichi
aveva parlato con tono molto calmo e tutti rimasero sorpresi nel sentirgli
pronunciare quelle parole e con un tono di voce così adulto. Per loro,
nonostante fossero passati 10 anni, Hanamichi era ancora il ragazzino
mezzo teppista che non faceva altro che combinare guai e dire stupidate.
Per
smorzare un po’ la tensione e cercare di far cambiare discorso,
Hanamichi andò a prendere da
bere poco distante da loro.
“
Ti prego Hiro, lascialo stare. È un ragazzo fantastico, ha solo bisogno
d’aiuto, di tempo e fiducia. ok? ”.
“
Certo, come no ?!”.
“
Dai ragazzi, non mi sembra il caso di fare tutto questo casino. Non
conosco come sono andate le cose ma sono più che sicuro che riusciranno a
risolvere le cose da soli. E poi questa è una festa, no? Tieni Sendo,
fatti una birra ”.
Mitsui
era intervenuto nel momento migliore impedendo a Koshino di passare a
parole più pesanti e riportando il discorso su temi più leggeri.
L’unico che sembrava particolarmente contento nel sentire quella
conversazione e che forse aveva capito la situazione era Rukawa che,
nonostante si fosse tenuto a debita distanza, era fin troppo interessato.
“
Quella è meglio se la lasci bere a Hisashi, Akira. Tieni, bevi questo
”.
Tutti
rimasero molto colpiti dall’atteggiamento di Sakuragi, non capivano
perché avesse impedito a Sendo di prendere la birra e come mai l’altro
avesse esitato tanto.
C’erano
davvero tante cose strane quella sera.
La
serata comunque continuò tranquilla. Hanamichi e Akira continuavano a
stare appiccicati ed entrambi cercavano in tutti i modi di stare il più
lontano possibile da Rukawa.
Quando
Akira si allontanò un attimo da Hna, per andare al bagno, Rukawa ne
approfittò per avvicinarsi a Sakuragi che vedendolo avanzare cominciò ad
agitarsi.
Cercò
con lo sguardo Akira o qualche altro amico da cui farsi aiutare ma
sembrava che tutti avessero di meglio da fare che salvare lui in quel
momento.
“
Non hai mantenuto la promessa D’hao! ”.
a
quelle parole, pronunciate in tono freddo e distaccato più di quanto non
fossero mai state, Hana cominciò a tremare.
I
fremiti che gli attraversavano le membra erano tanto forti che tutti
riuscirono a notarlo, compreso il suo interlocutore.
“
Cos’è, vuoi il bis per caso e stai tremando dalla gioia? ”.
Più
Rukawa si avvicinava, più Hanamichi indietreggiava e tremava.
Nessuno
si aspettava un comportamento simile da parte del Rossino, nemmeno Rukawa
che vedendo lo sguardo terrorizzato del ragazzo smise d’avvicinarglisi
cominciando a preoccuparsi.
L’attenzione
di tutti i presenti si puntò su Hanamichi che, pallido come un cadavere,
ormai tremava in modo quasi convulso e dal suo naso aveva cominciato ad
uscire del sangue.
Akira,
che aveva assistito da lontano al breve scambio di battute, si avvicinò
di corsa al suo ragazzo allarmato dalla vista del sangue ma non appena gli
fu abbastanza vicino da toccarlo lo vide crollare a terra cominciando a
vomitare sangue.
Akira,
come tutti i presenti, era terrorizzato. Teneva l’amico per le spalle
cercando di aiutarlo senza però sapere davvero cosa fare.
Hanamichi,
a malapena in grado di parlare riuscì a far capire ad Akira che aveva
bisogno di pillole e che le aveva nel cappotto all’ingresso. Ayako corse
all’ingresso a prendere il flaconcino e quando tornò rimase sconvolta
dalla quantità di sangue che Hanamichi aveva vomitato.
Hanamichi
riuscì a stento a prendere le quattro pillole prescrittegli dal medico,
prima di perdere conoscenza.
Akira
continuava a tenerlo stretto a se e a pulire in qualche modo il volto del
Rossino. Rukawa sembrava sconvolto quanto lui, non riusciva a credere che
la colpa di quella situazione fosse sua. Ora non aveva più dubbi sul
motivo che aveva portato alla rottura tra Sendo e Sakuragi e stranamente
non n’era affatto contento.
Si
era reso subito conto di aver fatto una cavolata quel giorno negli
spogliatoi. Era scappato senza avere il coraggio di guardare le
conseguenze delle sue azioni e dicendo a se stesso che non aveva fatto
nulla di cui dovesse pentirsi: in fondo era stato lui a chiederglielo!
Ma
sapeva bene di mentire a se stesso e quando non lo aveva visto a scuola la
mattina dopo aveva dovuto ammettere almeno con se stesso ciò che aveva
fatto. Lo scoprire che il Rossino si era trasferito e che aveva mantenuto
la sua promessa lo aveva tranquillizzato e aveva in apparenza fatto
sparire il problema. Ma come detto, era solo apparenza; il suo carattere
peggiorò ulteriormente e la relazione con Akira aveva riportato a galla
tutto quanto. Forse doveva delle scuse ad entrambi ma non sapeva proprio
che dire o fare per farsi perdonare. E a giudicare dalla scena a cui stava
assistendo non sarebbero bastate tutte le parole del mondo.
Stava
ancora pensando a ciò che aveva fatto e a quanto era stato stupido ad
avvicinarsi a Sakuragi in quel modo, dicendoli quelle parole, quando
Hanamichi riprese conoscenza.
Il
suo volto era quasi completamente coperto di sangue e il pavimento era
ormai un lago ma sembrava stesse benissimo ed essere tornato come prima,
solo i suoi occhi erano ancora visibilmente sconvolti. Si alzò
tranquillamente senza bisogno d’aiuto, facendo tirare un sospiro di
sollievo a tutti i presenti. Akira comunque, ancora sotto shock, non gli
si voleva allontanare per nessun motivo. Lo scortò al bagno per
permettergli di lavarsi e togliersi dalle mani, dal viso e dai vestiti
tutto quel sangue lanciando, prima di allontanarsi, un’occhiata veloce e
abbastanza minacciosa a Rukawa.
Akira
non aveva dubbio che la causa di quel malessere fosse stata la presenza
del volpino e poi era sicuro che Rukawa avesse detto qualcosa al suo Hana
prima che lui si accasciasse al suolo. Cosa poteva avergli detto?
Da
quando si erano rincontrati a New York aveva notato che ogni volta che
veniva fatto il nome del Volpino, Hanamichi s’innervosiva. All’inizio
lo aveva visto spesso sbiancare e tremare in modo meno evidente di quella
sera ma comunque molto preoccupante. Ricordava ancora la reazione quando
gli aveva rivelato che lui e Rukawa erano stati assieme per due anni: il
bicchiere caduto per terra, il suo volto pallidi, le mani tremanti…
Per
la prima volta da quando lo conosceva aveva capito una cosa: era Rukawa la
causa della sua fuga da Kanagawa.
Ma
se Rukawa aveva quell’effetto su di lui ed era la causa della sua
partenza improvvisa… poteva essere sempre lui la causa dello strano
rapporto che il Rossino aveva con il sesso?!
Finalmente,
dopo tanto tempo e tante domande inespresse, aveva capito di cosa aveva
paura Hanamichi, del perché aveva l’impressione che per lui il sesso
fosse una costrizione e che lo considerasse umiliante, del perché avesse
sempre avuto tanta paura di parlare con lui e rivelargli cosa lo
tormentava, il perché dei suoi occhi colpevoli e tristi, dei sui
malesseri improvvisi non appena avessero finito l’amplesso… quante
volete lo aveva sentito piangere e vomitare dietro la porta del bagno
chiusa?
Akira
sollevò il volto dal pavimento e fissò la schiena del suo ragazzo
incredulo: come aveva fatto a tenersi dentro tutto quanto per così tanto
tempo? Come aveva fatto lui, che diceva di amarlo, a non capirlo prima?
Eppure i segnali c’erano ed erano tanti, evidenti. Come aveva potuto
metterlo con le spalle al muro, obbligandolo a scegliere tra l’andare a
letto con lui o il lasciarsi?
Abbracciò
di slancio Hanamichi, ancora intento a lavarsi, cominciando a piangere:
“ Hana, perché non me l’ hai mai detto? Avrei potuto aiutarti, avrei
potuto provare a rendere le cose meno dolorose per entrambi e soprattutto
non ti avrei mai obbligato a fare qualcosa che ti
ferisse
”.
Hanamichi
chiuse l’acqua girandosi nell’abbraccio del ragazzo che amava e
cercando la sua protezione e il suo calore.
Si
sentiva sempre così solo, sfinito e al freddo dopo una crisi, soprattutto
se così violenta.
Lentamente
scivolarono a terra restando abbracciati. Akira si appoggiò alla parete
tirandosi contro Hana che aveva cominciato a singhiozzare.
Lo
fece accoccolare tra le sue gambe, contro il suo petto cercando di
calmarlo cullandolo dolcemente.
Da
dietro la porta si sentivano arrivare le voci preoccupate dei presenti che
si chiedevano come fosse potuto succedere, cosa aveva scatenato quella
reazione o se avesse qualche grave malattia.
Quest’ultima
domanda, la più frequente, martellava anche nella mente di Akira che
avendo notato le macchie di sangue sui vestiti dell’amico aveva
ripensato a quanto successo e alle pillole che il Rossino si era fatto
portare.
Dopo
qualche minuto Hanamichi smise di piangere, o almeno si calmò un po’,
permettendo ad Akira di fargli la domanda più importante di tutte in quel
momento: “ Hana, tesoro, cosa è successo? Sei malato, a cosa ti servono
queste pillole?”
“
Non preoccuparti Aki, non è una cosa grave e poi erano anni che non avevo
più una crisi. Mi porto sempre a presso le pillole per sicurezza ma non né
avevo più avuto bisogno, anche se sospettavo che stasera sarebbe potuta
andare così… tu hai capito vero? Hai capito quello che…”.
“
Si Hana, ho capito. Perché non mi hai detto nulla? ”.
“
Non sapevo come fare. Avevo paura che ti saresti allontanato da me perché
in fondo mi sento colpevole per quanto è successo. Non volevo perderti e
poi lui è il tuo ex ragazzo e non sapevo come avresti potuto prenderla
”.
“
Che vuoi che m’importi di lui. Cosa è successo tesoro? Ti conosco e
sono sicuro che tu non ne hai colpa ”.
“
Se non fosse così? Se non mi volessi più? Io non voglio perderti ”.
“
Mi avevi promesso che mi avresti detto tutto alla fine della festa. Ora
che so cosa è successo cosa vuoi che cambi il come? Niente, io ti amo!
”.
“ Se tu venissi a letto con me… ti
giurò che uscirei per sempre dalla tua vita ”.
Dopo quelle parole, dette quasi in un
sussurro, si era voltato per raccogliere la sacca, che aveva poggiato a
fianco al suo ex armadietto, convinte che non ci sarebbe stato un seguito
e invece…
Due braccia forti lo spinsero in avanti
con violenza e lui battè la testa contro lo spigolo dell’armadietto.
Dopo il colpo era scivolò a terra privo di sensi e così rimase per
diversi secondi; il tempo necessario perché la Kizune riuscisse ad
afferrare la cintura del suo accappatoio, trascinarlo fino ad una piastra
del riscaldamento e legarcelo contro.
Quando Hanamichi aveva ripreso conoscenza
era ormai legato saldamente ad uno dei tubi che entravano nel muro
partendo da termosifone. Rukawa gli aveva già tolto la maglietta e ora
stava armeggiando con i pantaloni.
Hanamichi impiegò qualche istante a
registrare la situazione, il dolore pulsante alla tesata non gli
permetteva nemmeno di tenere gli occhi aperti. Capiva soltanto che le sue
mani erano bloccate, che le braccia erano allungate, che il suo torace
poggiava su qualcosa di morbido e ruvido al contempo, forse un materassone,
e che le sue ginocchia poggiavano sul pavimento.
Non fece in tempo a chiedersi cosa stesse
succedendo che una voce fredda e ironica gli sussurrò all’orecchio la
risposta a tutte le sue domande: “ ora avrai ciò che mi hai chiesto
D’hao, ma ricordati che poi dovrai mantenere la promessa”.
Così dicendo si posizionò alle spalle
del compagno e abbracciandolo per la vita per tenerlo fermo, lo penetrò.
Hana non ebbe il tempo di rispondere,
nemmeno il tempo di pensare, che un dolore fortissimo gli trapassò le
membra.
Non riuscì a non gridare per il dolore
mentre Rukawa, senza aspettare un solo secondo, iniziò a muoversi con
forza dentro di lui, uscendo completamente e riaffondando con violenza.
Dopo un primo memento sommerso da paura e
dolore, Hanamichi cominciò a gridare, piangere e implorare la Kizune di
smettere, di fermarsi e di lasciarlo andare ma la sua nemesi non era
affatto del suo stesso parere.
Il tempo sembrò dilatarsi e non finire
mai sotto quelle spinte violente. A nulla servirono le sue suppliche e le
sue grida disperate di dolore.
Rukawa non si era fermato e anzi, sembrava
galvanizzato da tutte quelle grida.
Affondò un’ultima volta il lui venendo
dentro il suo corpo. Non aveva mai provato un orgasmo di portata simile,
tanto che la sua idea di lasciare andare la sua vittima dopo una bella
lezione svanì, lasciando il posto a idee ben più crudeli.
Dopo aver ripreso fiato usci senza premure
dal corpo tremante del compagno di squadra, indeciso su cosa potesse
fargli ora.
“ Mi hai sporcato di sangue D’hao. Non
si fa così ”. Dette queste parole salì sopra il materassone sedendosi
sulle braccia distese e legate del Rossino e ponendogli il suo sesso
sporco di sangue e nuovamente eccitato davanti al volto. “ Ora devi
pulirlo ”.
Hanamichi sollevò gli occhi verso di lui
implorante ma era più che evidente che Rukawa non avesse
alcun’intenzione di lasciarlo andare. Provò ugualmente a chiedergli di
smettere e di lasciarlo andar via, giurandogli che non avrebbe detto nulla
a nessuno e che sarebbe sparito come promesso ma non servì a nulla. Alla
fine dovette arrendersi all’evidenza e fare ciò che il suo carnefice
gli chiedeva.
Chiuse gli occhi più forte che poteva
mentre con la lingua ripuliva dal suo sangue il membro pulsante di Rukawa
e poi lo accoglieva nella sua bocca per succhiarlo come gli era stato
imposto. Non ci volle molto prima che l’orgasmo travolgesse il suo
aguzzino, che si riverso nella sua bocca.
Ma neanche a quel punto Rukawa sembro
intenzionato a lasciarlo andare.
Hanamichi
interruppe il suo racconto per osservare il volto di Akira. Il ragazzo più
grande teneva gli occhi chiusi, dai quali scendevano lacrime silenziose;
stringeva stretto a se il Rossino come a volerlo proteggere almeno dai
ricordi di quella crudeltà.
“
Mi dispiace così tanto Hana. Io non avevo capito nulla, non sono riuscito
a cogliere tutti i messaggi che m’inviavi, pensandoci adesso mi rendo
conto che erano così tanti. E io non ho fatto nulla per aiutarti e ti ho
persino imposto quello stupido ultimatum. Io…”.
“
Schhh non è colpa tua ma mia. Avrei dovuto dirtelo subito ma non avevo il
coraggio. Tu hai reagito come avrebbe fatto chiunque. Io ti ho sempre
amato, come ti amo adesso, e nonostante mi sia sempre fidato di te non ho
saputo dimostrartelo”.
“
Vorrei che finissi il racconto Hana. Questa sarà l’ultima volta in cui
dovrai ricordare queste brutte cose, ci penserò io a te ma vorrei sapere
tutto ”.
Dopo
un piccolo segno d’assenso Hanamichi continuò il suo racconto:
Rukawa si alzò senza ascoltare le
suppliche di Hanamichi posizionandosi nuovamente alle sue spalle. Hana
cominciò a tremare e piangere nuovamente, era terrorizzato dal
comportamento di Rukawa e dalle sensazioni che gli dava il suo corpo.
Sentiva delle forti fitte e non riusciva a muovere le gambe.
La Kizune cominciò a far scorrere le sue
mani sul corpo del Rossino, sulle spalle, sulla schiena, sui fianchi, sul
sedere proseguendo la sua corsa tra le gambe e afferrando con forza il suo
sesso.
“ Continui a piangere e lamentarti ma
sono sicuro che muori dalla voglia che muova la mia mano, non è vero
?”.
Hanamichi non rispose, cercava di tenersi
calmo e di assecondare i movimenti del compagno che stringeva con troppa
forza.
Rukawa lasciò la presa di scatto e fece
voltare il Rossino senza alcuna gentilezza, strappandogli altre grida di
dolore.
Salendo a cavalcioni su di lui e facendo
presa con le braccia sui fianchi, lo sollevo leggermente per spostare il
corpo verso l’interno del materassone. Dopo aver fatto passare le gambe
di Sakuragi sulle sue spalle, Rukawa entro prepotentemente in lui, di
nuovo, con forza. Senza alcun rispetto. E mentre lo possedeva, continuava
a fissare il suo volto stravolto dal dolore.
Quando finalmente si fu svuotato nel corpo
del compagno, usci da lui dirigendosi verso la doccia per ripulirsi.
Solo quando era ormai pronto ad andarsene,
si degnò di slegare le mani di Hanamichi senza dire nulla.
“
Ho dovuto chiamare mio fratello per farmi venire a prendere… Riuscivo a
malapena a respirare. Sono stato in ospedale per due giorni poi mi sono
fatto dimettere e sono andato direttamente all’aeroporto. Sono rimasto
bloccato a letto per un mese, un mese orrendo in cuoi non riuscivo a fare
altro che pensare e ripensare a tutto questo. E stato allora che ho avuto
le prime crisi….”.
Un
forte rumore seguito da delle
grida riportò alla realtà i due ragazzi seduti sul pavimento del bagno
che affacciandosi alla porta videro Koshino e Mitsui che cercavano di
picchiare Rukawa ma senza riuscirci, dato che gli altri li avevano
bloccati.
Hanamichi
rimase ghiacciato, non riusciva a credere che i suoi amici avessero
sentito tutto. Akira, invece, si avvicinò a Rukawa dopo aver fermato i
due amici; gli sferrò un pugno intimandogli di andarsene, immediatamente.
Dopo
un momento d’esitazione, Rukawa non poté fare altro che ubbidire e
andarsene.
Koshino,
avendo notato Hanamichi sulla porta del bagno gli si era avvicinato con
passo deciso: “ Voglio scusarmi con te Hana. Non avrei dovuto dire
quelle cose prima. Avevi ragione, non conoscevo affatto la situazione”
“
Non importa ”.
Non
appena Akira si riavvicinò a lui Hanamichi lo abbracciò forte,
affondando il volto nel suo petto. “ Voglio andare via, Akira, per
favore”
“
Certo Hana, ora andiamo via ”.
Senza
riuscire a salutare nessuno, Hanamichi si fece accompagnare all’uscita
tra gli sguardi preoccupati degli amici e poi fino al suo albergo.
I
ragazzi fecero tutto il tragitto dal locale alla stazione, il viaggio in
treno e poi il tratto fino all’albergo senza mai parlare. Hanamichi
continuava a camminare a testa bassa e a piangere e Akira non sapeva che
altro fare se non tenere stretta la sua mano.
Arrivati
in albergo Hanamichi si rifugiò subito sotto le coperte esausto.
Akira
aveva capito che aveva il permesso di restare lì con lui anzi, non
pensava che Hanamichi gli avrebbe permesso di lasciarlo andare. Indossò
il suo yukata e si sdraiò accanto al suo ragazzo, ritrovandoselo subito
tra le braccia un pulcino spaventato. Nonostante i suoi 26 anni il Rossino
continuava ad avere un’aria innocente, come quella di un bambino di 4 o
5 anni, che faceva una tenerezza incredibile. Rimase tutta la notte a
vegliarlo, posandoli piccoli baci tra i capelli e sulla fronte,
passandogli piano le dita tra i capelli.
La
mattina dopo, quando Hanamichi si svegliò era ancora accoccolato tra le
braccia del suo ragazzo che lo teneva stretto a se. Quanto gli era mancata
quella sensazione di casa, d’affetto e di sicurezza che solo la presenza
del suo amore gli sapeva infondere? Quante notti era che non dormiva così
bene?
Questa
volta non si sarebbe fatto scappare quell’angelo dal sorriso solare,
dalle labbra di miele e dai modi un po’ hentai.
Poter
dormire con la testa appoggiata alla sua spalla, con le labbra che
sfiorano la base del collo, e poter respirare il suo profumo… non
esisteva nulla di più bello. E poi le braccia forti che gli cingevano il
torace e il battito del suo cuore rendevano quel momento magico.
Proprio
in quel momento così bello, racchiuso nel calore dei loro corpi, si rese
conto che una cosa sola poteva essere più bella: fare l’amore.
Dopo
tanto tempo in cui solo il pensare a quell’atto lo faceva stare male si
rendeva conto che lo desiderava. Non aveva più paura, voleva soltanto
rendere felice quel ragazzo che per tanto tempo lo aveva sopportato e
nonostante tutto continuava ad amarlo, desiderarlo e rispettarlo.
Forse
era arrivato anche per loro il momento d’essere felici.
Owari
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