Paura
di Ellis
—Buongiorno Hiro-kun! —
—'orno—
—Già di malumore?
Caspita! Stai battendo ogni record, Kosh…—
—Smettila Sendoh!—ringhiò
Hiroaki Koshino in direzione dell'amico che lo aveva appena raggiunto
all'entrata da scuola. Vide il sorriso di Sendoh incrinarsi per un istante e
un'ombra passare nei suoi occhi, poi fu come se non fosse successo nulla.
Akira lo stordì di
chiacchiere inutili fino all'entrata della classe. Fece per entrare quando
la voce allegra dell'amico lo raggiunse.
—Ah, Hiro-kun, mangiamo
insieme, vero?—
L'unica risposta ottenne
fu un grugnito, poi il ragazzo si diresse verso la porta a fianco.
/Ma che cavolo
gli prende? Ci conosciamo da una vita e non è mai stato molto espansivo,
però nell'ultimo mese sta peggiorando! Sembra infastidito dalla mia
presenza, non mi cerca più e nemmeno si confida con me! Addirittura ha
ripreso a chiamarmi per cognome!!! Proprio non riesco a capire! Che lo abbia
scoperto? No, impossibile: conoscendolo penso che piuttosto mi avrebbe preso
a pugni, ma avrebbe almeno affrontato la questione.../
continuò a pensare l'asso del Ryonan per tutta la mattina. Un
delizioso broncetto rendeva ancora più adorabili i suoi lineamenti.
Finalmente suonò la
campanella che segnalava la pausa pranzo, ma, purtroppo, non era giunto a
nessuna soluzione.
Sospirò, poi indossò il
suo inossidabile sorriso ed entrò nella classe dell'amico. Ad eccezione di
Koshino, ancora seduto al proprio posto, non c'era nessuno nell'aula.
—Col sole che c'è
potremmo andare anche noi in terrazzo o in cortile a mangiare…—
Non ottenne risposta,
così si sedette di fronte all'amico che, in silenzio, aveva già iniziato a
pranzare. Sospirò e sorrise.
—Allora, Hiro-kun, com'è
andata la mattina?—
—Così.—
Un silenzio pesante calò
tra i due. Stranamente il primo a riprendere a parlare fu Koshino.
—Immagino che tu abbia
preso le solite insufficienze e sia stato sbattuto fuori almeno una volta.
Ma tanto tu sei il campione della squadra di basket e va sempre tutto bene.—
Il tono era leggero,
appena scostante, come se non fosse più di tanto interessato all'argomento,
e, cosa peggiore, non stava facendo una domanda bensì un'affermazione.
—Scusa?—
Koshino fissò Sendoh
dritto negli occhi, poi, senza dire nulla riportò lo sguardo al suo bento.
—Kosh! Cosa intendi
dire?—stavolta la rabbia era palese.
Come se fosse la cosa più
ovvia del mondo, la risposta fu —Ne più né meno quello che ho detto.—
Si voltò verso la
finestra.
—Ehi, si può sapere che
ti sta succedendo?—
—Non sono affari tuoi.—
—NON SONO AFFARI
MIEI!!!!—tuonò Akira—Sono il tuo migliore amico, scusa se mi preoccupo per
te!!!—
—Il fatto che tu sia il
mio unico amico non vuol dire necessariamente che tu sia anche il mio
migliore amico…—
Un lampo di dolore,
profondo e straziante, offuscò i begli occhi del ragazzo.
Koshino iniziò a
chiedersi se non avesse sbagliato tutto.
Pesantemente Akira si
risedette sulla sedia dalla quale era schizzato in piedi in un accesso
d'ira. Ora però un dolore sordo aveva sostituito ogni altra sensazione.
—…proprio…io non…non
capisco…—
—Senti bene Sendoh! Se
hai frainteso qualche mio atteggiamento affari tuoi! Anche il grande Akira
Sendoh può sbagliarsi, lo sai?—
Ma ormai non lo sentiva
più. Akira aveva l'impressione che una voragine gli si stesse aprendo sotto
i piedi.
Finalmente si ricosse —Mi
hai mentito per tutto questo tempo…—
La rabbia aumentava di
secondo in secondo.
Uno sguardo tra l'ironico
e il rabbioso sfuggì a Koshino, mentre Sendoh tremava dal nervosismo.
Con uno scatto Akira
richiuse il suo bento e si alzò. Si diresse velocemente alla porta, mentre
Hiroaki si voltò di nuovo verso la finestra.
—Forse è meglio
riparlarne domani, quando saremo…—sospirò—…sarò più calmo!—
—Non hai capito: non
abbiamo più nulla da dirci!—
Koshino poté sentire
tutta la rabbia e il dolore dell'ormai ex-amico, prima che questo sbattesse
la porta andandosene.
Una lacrima solitaria gli
rotolò lungo una guancia.
Ora era una certezza:
aveva sbagliato tutto e allontanato la persona più importante della sua
vita.
—Se sapessi quanto ti
amo…—
Sendoh stava tornando da
scuola insieme a Fukuda. Era quasi ora di cena.
—Non avete ancora
chiarito?—
—Ha detto che non abbiamo
più niente da dirci…—rispose un depressissimo Akira.
—Scusa se mi intrometto,
ma credo proprio che voi due dobbiate parlarne…—
—Fuku-chan, non sai
quanto mi manca…—
—Ti assicuro, capitano,
che si vede benissimo!—
—Insomma, è il mio
migliore amico, o almeno lo è stato fino a una settimana fa, per quanto lui
possa dire il contrario…mi sembra che manchi una parte di me stesso…—
—Sei sicuro che sia solo
questo?—
—Cosa intendi
dire?—chiese l'asso del Ryonan con fare sospettoso.
—Semplicemente che ho la
netta sensazione che ci sia dell'altro…—
Le guance di Akira si
imporporarono, ma il ragazzo pregò vivamente che nel buio della sera Fukuda
non se ne accorgesse.
—N-no…no, non c'è
altro…che altro dovrebbe esserci?—disse un po' troppo velocemente.
Fukuda sorrise ma non
aggiunse altro. Se l'amico avesse voluto confidarsi, sapeva dove trovarlo.
Si salutarono davanti
casa di Kitcho, poi Akira si diresse verso la propria abitazione.
—Che volevi sapere
Fuku-chan? Che lo amo da impazzire?—
POV KOSHINO.
Sono un imbecille.
Imbecille e idiota. Perché ho rovinato la cosa più bella che mi sia mai
capitata? Perché?
Ho fatto soffrire la
persona che amo più della mia stessa vita solo perché non riuscivo ad
accettare i miei sentimenti nei suoi confronti.
Non sono stupido,
peggio!
Ormai è una settimana
che non ci parliamo. È straziante. È come se mi avessero strappato il cuore
e sapere che è solo colpa mia mi fa stare peggio.
Gli allenamenti, poi,
credo che non li reggerò ancora per molto: vederlo, non poterlo avvicinare,
sentire l'odio che prova ora nei miei confronti, mi stanno uccidendo, ma me
lo merito.
So benissimo che non
mi avrebbe mai amato, però potevo almeno salvare la nostra amicizia. In fin
dei conti non è colpa sua se mi sonno innamorato di lui.
Non so che fare.
Fukuda dice che dovrei parlargli e, a essere sincero, credo proprio che
abbia ragione, però…e se non volesse più saperne di me? E se non volesse
nemmeno ascoltarmi?
Ho paura. Non voglio
che la nostra amicizia finisca così, per un mio stupidissimo errore.
D'altra parte
Fuku-chan ha ragione quando dice che se non mi decido a parlargli, non saprò
mai cosa pensa.
E domani potrebbe
essere troppo tardi…
Ho deciso: oggi gli
parlerò dopo gli allenamenti.
POV SENDOH.
Non ce la faccio più.
Mi evita da una settimana e ogni volta che mi guarda mi punta in faccia due
occhi accusatori che fanno paura.
Kuso. Mi fa sentire
colpevole per qualcosa che non ho fatto.
E poi vorrei
parlargli, vorrei chiarire, o almeno capire, però ogni volta che lo vedo mi
tornano in mente le ultime parole che ci siamo detti e mi blocco. UFFA!!!
Lo amo da morire e
l'ho perso. Buffo. O meglio, sarebbe buffo se non facesse così male.
Fuku-chan dice che
dovremmo parlarne, e ha ragione, però non so se vorrei tornare suo amico.
Sapere che non potrei mai averlo, mi ucciderebbe.
Ma chi voglio prendere
in giro, se mi si presentasse davanti scodinzolerei come un cagnolino…
Non so più che fare:
il cuore mi dice una cosa, la testa un'altra.
Vederlo ogni giorno
agli allenamenti, poi, mi fa impazzire.
Vorrei essere ogni
gocciolina di sudore che gli accarezza la pelle, vorrei essere i suoi
indumenti per potermi impregnare del suo odore.
Non parliamo poi di
tutte le docce gelate che mi sono fatto vedendolo nudo negli spogliatoi.
Non conto più nemmeno
tutte le volte che l'ho sognato (e diciamocelo chiaramente: non erano
propriamente sogni casti, anzi, non lo erano per niente!) e la cosa
preoccupante è che nell'ultima settimana sono peggiorato! MI SENTO QUASI UN
HENTAI!!!
Invece di togliermelo
dalla mente e da cuore, mi sto innamorando sempre più di lui…
Come sempre Sendoh rimase
per ultimo negli spogliatoi. Decise di prendersela con calma: essendo il
capitano aveva il compito di chiudere la palestra, quindi poteva farlo
quando voleva.
Si vestì con molta calma,
poi cercò il gel nell'armadietto. Con lentezza esasperante si asciugò i
capelli e si sistemò l'acconciatura.
Un profumo dolce ma
virile, molto eccitante, gli invase le narici. Arrossì. Conosceva benissimo
quel profumo, in fin dei conti lui e Hiro-kun avevano passato insieme molto
tempo.
/Ecco, ora ho pure le
allucinazioni olfattive…mmm, però è buonissimo!!!!/
Un'ombra attirò la sua
attenzione.
Si voltò e si trovò di
fronte ad un Hiroaki Koshino molto preoccupato. Glielo si leggeva in faccia,
insieme al nervosismo e alla tensione di cui era preda. Le sue mani, che
continuavano a tormentarsi, ne erano una prova.
Per alcuni secondi i loro
sguardi restarono incatenati, poi Sendoh tornò a concentrarsi sullo specchio
e sui suoi capelli.
—A-akira…—balbettò il
ragazzo avvicinandosi—po-posso spiegarti…—
Sendoh si voltò e gli
lanciò un'occhiata gelida. Dentro di lui, però, si stava scatenando un
turbine di emozioni.
Paura (di essere
nuovamente ferito), felicità (il suo Kosh era lì per chiarire), rancore (per
il dolore provato) e amore (per quello scricciolo scorbutico) combattevano
nel suo animo e nel suo cuore.
—Ti sei già spiegato
benissimo.—
—Ti prego, dammi un'altra
possibilità…per favore! Ti giuro che non succederà mai più. Sei il mio
migliore amico, non voglio perderti…—
—Ora che non c'è più il
tuo UNICO amico, hai paura? Cos'è, non ti piace la solitudine? Immagino
saresti disposto a mentirmi ancora pur di non restare più da solo…—
—Aki…mi conosci, sai che
non potrei mai…—
—No, KOSHINO, credevo di
conoscerti, ma poi ho sbattuto il naso contro la realtà. Non so più chi sei,
o forse non l'ho mai saputo, e, comunque, non ho nessunissima intenzione di
ripetere l'esperienza e di starci di nuovo male.—
Fu un istante. Koshino si
mosse velocemente verso di lui e lo abbracciò strettissimo.
—Ti prego, non
allontanarmi da te, per favore, non lo sopporterei…—gli sussurrò contro il
petto.
Akira era come congelato:
si trovava combattuto tra l'istinto di stringerlo a sé e perdersi nel suo
calore, oppure allontanarlo per evitare di cedere e soffrire ancora. Si
limitò a lasciarsi stringere. Non partecipò all'abbraccio ne tentò di porvi
fine.
Il corpo contro il suo
prese a tremare violentemente.
—Quel giorno mi hai fatto
male…—
Qualcosa dentro Koshino
si ruppe. Iniziò a singhiozzare mentre lacrime calde scorrevano sul suo
viso. Strinse ancora più forte le braccia intorno a Sendoh.
—Perdonami…—singhiozzò.
—Perché? Che ti avevo
fatto di tanto terribile per meritarmi tutto questo?—
—Niente, tu niente,
credimi…è solo colpa mia…è stato un mio problema, ma ora, ti giuro, è tutto
passato…non succederà più!—
—Cos'era
successo?—insistette.
Sentì la stretta
allentarsi, poi, dopo alcuni secondi, lo assalì un violento senso di
abbandono.
Hiroaki ora singhiozzava
a qualche metro da lui. Nei suoi occhi c'era terrore allo stato puro.
/Che cavolo può essere
di tanto terribile? Non ho mai visto Hiro-kun tanto terrorizzato…/
Il cuore gli sanguinava
ancora di più nel vedere la sofferenza del suo koibito.
—No-non posso…—sentì
sussurrare prima di vedere un tornado precipitarsi fuori dalla porta.
Di colpo si sentì
spossato. Si voltò. In pochi secondi mise tutto nel borsone e con un colpo
secco e molto violento chiuse l'armadietto.
Rimase lì per alcuni
minuti, boccheggiando, poi fece per uscire. Quasi si prese un colpo quando
si trovò davanti Fukuda.
—Fuku-chan…—non aveva
assolutamente voglia di restare ancora in quel posto.
—Ho visto Koshino correre
via come un pazzo. Che è successo?—
In quel preciso istante
tutte le sue difese crollarono. Era troppo stanco, sfibrato per poter
reggere all'attacco dell'amico. Si sedette pesantemente su una panca e gli
raccontò velocemente gli avvenimenti di pochi minuti prima.
—Non credi che ciascuno
abbia diritto ai propri segreti?—si sentì domandare.
Dopo un breve silenzio,
rispose —Beh, certo, anch'io non gli ho detto tutto di me…però ora la
questione è diversa!—
—Ah sì?—
—Quello che lui mi sta
nascondendo rischia di rovinare la nostra amicizia…credo di avere il diritto
di saperlo…e poi, se lo fa soffrire così tanto, potrei aiutarlo…—
—Non hai pensato che
forse ciò che lo fa stare tanto male ha a che fare con te?—
—A maggior ragione,
allora, dovrebbe dirmelo…—
—Cerca di ragionare,
Akira! Tu stesso hai detto che era a dir poco sconvolto dalla paura. Se,
come credo, tutto ciò ha a che fare con te, probabilmente ha solo bisogno di
sentirti al suo fianco e di sapere che non lo lascerai mai, qualunque cosa
succeda…—
—Toglimi una curiosità.
Tu, di tutta questa storia, hai capito molto di più di quello che mi stai
dicendo, vero?—
—Diciamo che credo di
aver compreso quale potrebbe essere il problema e perché possa esserne così
spaventato. Non spetta comunque a me parlartene.—
Dopo alcuni minuti di
silenzio Fukuda si alzò e si diresse verso l'uscita.
—Grazie, Fuku-chan, e
cerca di consolarmelo un po'.—lo salutò Sendoh. Il capitano aveva infatti
capito perfettamente che ora si stava dirigendo verso casa del playmaker per
cercare di parlargli.
Un depressissimo Akira
Sendoh chiuse la palestra. Aveva un bel dire Fukuda di non preoccuparsi:
cavolo, quel cretino di Hiro-kun non veniva a scuola e nemmeno agli
allenamenti da tre giorni.
Il bel capitano giunse
davanti a casa e si sorprese non poco nel vedere che la sagoma appoggiata al
muro vicino al suo cancello era proprio il centro dei suoi pensieri.
Quando furono uno di
fronte all'altro, si guardarono negli occhi per alcuni interminabili
secondi, poi Akira fu il primo a parlare.
—Entra.—la voce gli
tremava un po', ma dai movimenti nervosi di Koshino capì che pure lui era in
pieno attacco di panico.
—Aki-chan!!!!—lo accolse
la madre sulla porta—Hiroaki! Ti fermi a cena da noi, vero?—
—Veramente avrei già
mangiato…—
—Ehi, va tutto bene?—
—Sì, signora, comunque
non vorrei disturbare la vostra cena. Akira, ti aspetto di sopra. Fate pure
con calma.—
Detto questo Koshino
sparì sopra le scale, mentre la signora Sendoh lanciava uno sguardo
interrogativo al figlio. Akira scrollò le spalle, poi entrò in cucina. Non
aveva molta fame, così, dopo meno di dieci minuti, si alzò da tavola,
sparecchiò e andò in camera sua. Era letteralmente terrorizzato e, comunque,
aveva già deciso di dire all'amico di non forzarsi a parlargli di un
argomento che preferiva evitare. In ogni caso non era assolutamente
preparato a ciò che trovò entrando in camera: Hiroaki giaceva sdraiato a
letto, in posizione fetale, e dormiva beatamente. Rimase senza fiato. In
quella posizione, totalmente abbandonato e privo di difese, gli pareva
ancora più bello. Comunque aveva ragione sua madre a preoccuparsi: il
ragazzo era più pallido del solito e aveva due ombre scure sotto gli occhi,
segno che non aveva dormito molto negli ultimi giorni. Scese in salotto.
—Mamma, Hiro-kun si ferma
a dormire da noi…—annunciò.
—Ha già avvisato i suoi?—
—No, li chiamo io ora.—
Quando vide lo sguardo
interrogativo dei genitori, Akira sorrise e spiegò—Era molto stanco e si è
addormentato. Credo poi che abbia anche un po' di febbre.—
Sua madre annuì convinta,
poi aggiunse—Sarà meglio che domani tu stia a casa. Quando si sveglia
domattina, se sta un po' meglio, accompagnalo a casa, altrimenti chiama i
suoi genitori per farlo venire a prendere…—
Come sempre sua madre era
molto apprensiva nei riguardi di Hiroaki, come se fosse suo figlio.
Telefonò a casa Koshino
per avvisare che il ragazzo avrebbe passato la notte a lui, poi diede la
buonanotte ai genitori e salì in camera.
Il suo koibito non si era
mosso di un millimetro, ma ora il suo sonno era più agitato.
Frugò nell'armadio alla
ricerca di un paio di pantaloni e una maglietta che aveva lasciato da lui
l'ultima volta che aveva dormito lì.
Quando li ebbe trovati si
avvicinò al letto. Iniziò a slacciargli delicatamente la camicia, per non
rischiare di svegliarlo. Con scarsa collaborazione del ragazzo, ancora
profondamente addormentato, riuscì a sfilargli anche i jeans. Deglutì a
vuoto un paio di volte. Il solo vedere quella pelle diafana, in contrasto
con la stoffa nera dei boxer, lo stava eccitando all'inverosimile. Un'ondata
del profumo lo sommerse. Iniziò a tremare lievemente.
/Kuso! Se non mi
sbrigo a rivestirlo gli salto addosso!!! Ma guardatelo com'è tenero…lo
soffocherei di baci…/pensò sospirando.
Appena lo ebbe infilato
sotto le coperte corse in bagno. Immagini di Koshino, lascivo, abbandonato
sul suo letto continuavano a tormentarlo. Si spogliò velocemente ed entrò
come una furia nella doccia. Si fermò per un secondo, poi, in preda a
visioni di loro due che si rotolavano fra le coperte, aprì il rubinetto
dell'acqua gelida.
Gli ci vollero alcuni
minuti prima che il respiro tornasse normale e l'erezione fosse meno
dolorosa.
Si asciugò velocemente,
infilò una maglia e un paio di pantaloncini corti e tornò in camera sua.
Stese un futon per terra
e vi si coricò. Lesse una rivista di basket per un paio d'ore, cercando di
non pensare al ragazzo che dormiva tranquillamente nel suo letto, poi si
addormentò. Il suo ultimo pensiero fu la certezza che quella notte sarebbe
stata molto dura a causa dell'immagine di Kosh, più o meno vestito, che
avrebbe popolato ogni suo sogno.
Il ragazzo dai capelli
corvini aprì leggermente gli occhi. Era disorientato. L'orologio appeso alla
parete segnava le tre di notte, ma non ricordava di essere tornato a casa
dopo aver parlato con Akira.
Sorrise tristemente. Il
motivo poteva essere solo uno: lui non aveva parlato con Akira ed ora si
trovava ancora a casa sua. Guardò per terra e, come aveva immaginato, vide
il futon. Sbadigliò, poi, senza pensare, scese lentamente dal letto. Si
coricò sotto le coperte di Sendoh, stringendosi al corpo del ragazzo, poi
cadde nuovamente in un sonno profondo e senza sogni.
L'orologio segnava le
dieci. Sbadigliò. Una strana sensazione di benessere, di completezza, lo
assalì. C'era qualcosa di strano. Quando si accorse del corpo di Hiroaki
stretto al suo, avvampò.
/Tenerissimo…è
dolcissimo! Mi stringe talmente forte che fra un po' mi soffoca, come se
avesse paura che io possa scappare…/
Gli passò una mano tra i
capelli nerissimi, poi vi depositò un bacio leggero. Ricambiò la forte
stretta quando lo sentì muoversi e mugolare leggermente. Piano piano l'altro
ragazzo aprì gli occhi e la sua espressione fu a dir poco confusa nel
ritrovarsi completamente rannicchiato contro Akira che, dal canto suo, lo
stringeva saldamente.
Arrossì.
—E-ecco…sì…io…Akira,
po-posso spiegarti…—
—Shhh, non ce n'è
bisogno.—gli sussurrò.
—Ma-ma…insomma…—
—Io avrei ancora un po'
di sonno…che ne dici di restare a letto ancora? Tanto i miei sono già andati
al lavoro, così non corriamo il rischio che quel'uragano di mia madre venga
a disturbarci…—
—E la scuola? Gli
allenamenti?—
—Buongiorno Hiroaki…io
sono Akira…mi riconosci?—lo prese in giro Sendoh—Sono le dieci di mattina,
mi spieghi come facciamo ad andare a scuola adesso? E poi sto così bene qui
al calduccio…non ho proprio voglia di alzarmi…credo proprio che per oggi il
coach dovrà fare a meno di noi due…—
—Si arrabbierà
parecchio…—
—Speriamo allora che non
gli venga un'attacco di cuore…mi sentirei un po' in colpa…—
—…ma solo un pochino…—
—Perché? Tu no?—
—Nah.—
I due ragazzi scoppiarono
a ridere. Era davvero tanto che non si sentivano così in sintonia.
—Hiro-kun?—
—Mmh?—
—La tempesta è passata?—
Per un istante il viso del ragazzo si oscurò.
—S-sì, ma…—
—…ma quello che ti fa stare male è ancora qui
dentro, vero?—disse Sendoh toccandolo all'altezza del cuore.
Koshino annuì in silenzio.
—Se ho fatto qualcosa, scusami…—
—No…cioè…sì…uffa! Insomma, Aki, tu non hai
fatto niente, sono io che sono sbagliato.—
—NON DIRE MAI PIÙ UNA CRETINATA DEL GENERE! E
NON PENSARLA NEMMENO!—
—…ma è la pura verità.—
—Senti, Kosh…io…io non voglio obbligarti a
confidarti con me, però sappi che qualunque cosa sia, sono dalla tua
parte…sono qui per aiutarti, per quel che mi è possibile…—
—Grazie Akira…—
Dopo alcuni minuti di silenzio, decisero di
alzarsi e fare colazione.
Akira cercava in tutti i modi di coinvolgere
Koshino in uno straccio di discussione, ma otteneva solo, di tanto in tanto,
risposte a monosillabi.
D'un tratto il ragazzo ebbe come l'impressione
che scattasse qualcosa nella testa dell'amico.
—Akira…per favore. Siediti.—
—Aspetta un attimo…altrimenti brucia tutto…—
—Sendoh! Adesso! Altrimenti…—
—Altrimenti cosa, Hiroaki Koshino? Vuoi
picchiarmi forse?—chiese con ironia.
—…no…altrimenti non avrò più il coraggio di
parlare…—disse con un filo di voce.
—Kosh…—Sendoh sorrise debolmente ma dolcemente
all'amico.
—Cazzo Akira…è così difficile…—
—Hiro, non devi per forza…—
—Sì che devo. Non posso continuare così…—
Hiroaki fissava insistentemente la superficie
liscia e candida del tavolo.
—So benissimo di essermi comportato malissimo
con te nell'ultimo periodo e mi spiace da morire, credimi…è iniziato tutto
due mesi fa circa…io…credo di…essere completamente cotto di una persona…—
Un sorriso tirato increspava le labbra di
Sendoh.
—S-sono contento per te, ma…—
—Fammi finire, prima di dire qualsiasi
cosa…—sospirò—Il problema è di chi…—
—Non ti ricambia?—
Koshino, paonazzo, alzò di colpo lo sguardo.
Nei suoi occhi si leggeva terrore puro. Si schiacciò contro lo schienale
della sedia e scosse la testa.
—Cos'è? Ha già il ragazzo? Ti odia? Sta
partendo e non tornerà mai più? Kuso Kosh, cos'è? Mi stai facendo
preoccupare da morire…insomma, c'è una soluzione a tutto, o quasi…—
—…a-appunto, QUASI…qu-quella persona è…è un
LUI…s-sono gay…—
Silenzio. Nessuna
reazione.
—Aki…per favore…dì qualcosa…ti faccio così
schifo?—
Sendoh si alzò, lo
raggiunse dall'altra parte del tavolo, lo costrinse ad alzarsi e lo strinse
a sé. Il viso di Koshino era delicatamente appoggiato alla sua spalla.
—Hiro-kun…come puoi pensare di farmi
schifo…amare non è mai sbagliato, come non è mai sbagliata la persona che ne
ama un'altra…sbagliato è odiare…io…spero solo che lui non ti faccia
soffrire…—
—…oh no…lui…lui non mi farebbe mai
soffrire…non è capace di far soffrire le persone…non di proposito almeno…e
poi a me basta vedere un suo sorriso per stare meglio. Anche quando chiudo
gli occhi ho davanti il suo viso…è bellissimo…—
Ad ogni parola, ad Akira sembrava di sentire
il cuore sgretolarsi, pezzo per pezzo.
—Insomma è un ragazzo perfetto…—la sua voce
sembrava estranea persino alle sue orecchie.
—…sì…sei perfetto…—
—Hiroaki…cosa hai detto?—
Koshino si staccò di colpo dal corpo
dell'amico, pallido. Si copriva la bocca con una mano.
—Aki…per favore, dimentica tutto, fai finta di
nulla…—
E per la seconda volta in pochi giorni cercò
di fuggire dall'amico.
Ma questa volta Sendoh era preparato e,
soprattutto, ciò che c'era in ballo era troppo importante per permettere la
fuga a Hiroaki.
Lo bloccò sulla porta di casa, prendendolo per
un polso.
—Eh no, caro mio. Stavolta non mi scappi.—gli
sorrise.
—Mollami…Akira, mi fai male…—
Lo inchiodò alla porta, bloccandogli entrambi
i polsi all'altezza del volto, e lo fissò negli occhi.
Piano piano si avvicinò
alle sue labbra. Lo vide spalancare gli occhi dalla confusione, poi il
contatto. Entrambi sentirono la tensione di quei giorni sparire di colpo.
Mentre gli accarezzava il labbro inferiore con la punta della lingua, il
ragazzo più alto sentì il corpo attaccato al suo rilassarsi ed abbandonarsi
totalmente. Lasciò dolcemente la presa sui polsi e spostò le mani
all'altezza dei fianchi.
—Anche io ti voglio bene
idiota…ma per favore, restituiscimi il MIO vecchio e scorbutico Hiro-kun.—gli
sussurrò sulle labbra prima di riprendere il bacio.
OWARI
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