Paura

di Alessia

capitolo 7

 

Stava facendo un bellissimo sogno.

Il corpo di Aiden di nuovo stretto al suo.

Poteva abbracciarlo, baciarlo, esplorare con le mani e le labbra… sembrava tutto così reale.

Poi, in un secondo di lucidità, capì. Era reale.

Spalancò gli occhi, il viso di Aiden a pochi centimetri dal suo, le labbra dischiuse come nell'attesa di un bacio, immerso in un sonno profondo. Comprese che stava continuando a toccarlo, così ordinò alle sue mani di fermarsi, ma queste impiegarono un po' di tempo a recepire l'ordine.

Doveva alzarsi.

Doveva alzarsi e... farsi una doccia gelata.

Frustrato abbandonò quel dolce tepore.

 

Aiden sbatté gli occhi, confuso. 

La testa sembrava stesse per spaccarglisi in due. 

Dov'era?

Girò a fatica lo sguardo per la stanza. La  camera di Damien? Come c'era arrivato? Ricordava la sera prima, il cinema e il ristorante. Poi il vuoto totale. Forse era più ubriaco di quanto non avesse pensato. 

E se lui e Damien..? Poi si rese conto d'indossare ancora i pantaloni del pigiama. No. Difficilmente avevano fatto qualcosa con lui vestito di tutto punto.

"Buongiorno"
Vide uscire Damien dal bagno, solo un asciugamano indosso.

Quella semplice vista gli fece passare il mal di testa martellante. Era bellissimo. L'acqua che formava mille rivoletti sulla pelle lievemente abbronzata, seguendo le linee dei suoi muscoli. Una volta non avrebbe nulla indosso… rifletté con tristezza. Ora invece… "Mi dispiace" disse. 

Damien non si voltò, mentre si vestiva, ma gli chiese di cosa si sarebbe dovuto dispiacere. 

"Di essere venuto qui… ecco…" magari potevano intavolare una discussione da lì. L'altro avrebbe potuto dire che non gli era dispiaciuto affatto e… 

"E' normale" lo liquidò invece "Sei sotto stress, e ieri sera eri talmente ubriaco che probabilmente cercavi tua madre" gli voltava sempre le spalle. 

Sua madre? Forse non si ricordava nulla, ma era sicuro che l'ultima persona al mondo che stava cercando quella notte era sua madre. Damien lo stava trattando come un ragazzino. 

E soprattutto… lo trattava con tanta freddezza e indifferenza da fargli sempre più male. 

"Io vado a preparare la colazione" gli disse uscendo "Quando sei pronto scendi" 

 

Stava sbattendo le uova in una terrina, ma con tanta forza da farle schizzare dappertutto. 

Era sicuro che Aiden cercasse lui, ma non poteva ammetterlo. Fingere tutta quell'indifferenza lo logorava, ma non poteva fare altrimenti. 

Lui era lì per proteggerlo. Punto e basta.

Lo vide entrare nella stanza, e solo in quel momento il sole illuminò la cucina. 

Cercando di ignorare quei pensieri idioti e melensi servì entrambi. 

Mangiarono in silenzio, persino Aiden che di solito parlava senza sosta e non senza qualche velato accenno a loro due. 

Quando finì si alzò dicendo che andava a fare una passeggiata nei dintorni. Damien ripulì tutto, poi andò in salotto. Non aveva neanche un giornale. L'unica cosa che potesse fare era sedersi e pensare. Ma la cosa non lo  entusiasmava. 

Meno pensava e meglio sarebbe stato per tutti. 

 

Rientrò in casa, dopo un paio d'ore, bagnato come un pulcino. Un violento temporale lo aveva sorpreso e benché avesse corso a più non posso non c'era centimetro dei suoi vestiti che non fosse zuppo.

Salì al piano superiore per farsi una doccia calda. 

Quando si fu rivestito andò alla ricerca di Damien, trovandolo addormentato sul divano. 

Sorridendo si sedette sulla poltrona di fronte guardandolo dormire. Aveva un'aria così calma e pacifica, sebbene una ruga gli attraversasse la fronte.

Studiò il suo viso, memorizzando ogni singolo dettaglio… la linea del mento, il taglio degli occhi, l'arcata sopraccigliare… gli era sempre piaciuto vederlo dormire, era l'unico momento in cui facesse cadere tutte le sue barriere difensive. 

Non sapeva quanto tempo fosse passato quando si svegliò. Si mise seduto, strofinandosi gli occhi e chiedendogli quanto avesse dormito.
L'altro scosse la testa "Non lo so" 

Damien borbottò qualcosa a proposito della noiosa vita di campagna. Perché non poteva tornare tutto come prima? 

"Damien?" 

L'altro incontrò il suo sguardo "Cosa c'è?" 

"Perché mi stai proteggendo?" 

L'altro sbiancò, non si fanno certe domande alle persone appena svegliatesi! "Te… te l'ho de… detto" balbettò "So… sono l'unico in grado di farlo" 

Aiden annuì “Ok, ma cosa te ne importa di proteggermi se non stiamo più insieme?" Damien lo fissò a bocca aperta, senza niente da dire. 

"Dalle mie parti questo si chiama amore" concluse sorridendo. 

L'altro non rispose. Non poteva mentirgli, ma non poteva neanche ammetterlo.

Un conto era saperlo e conviverci, tutt'altro sarebbe stato confessarlo ad Aiden.

Lanciò una veloce occhiata all'orologio e si alzò, un sorriso finto sulle labbra "E' quasi ora di pranzo. Vado a preparare" Aiden si alzò a sua volta e, mettendoglisi davanti, gli bloccò la strada "Io voglio parlare" 

"Ma io no!" rispose Damien cercando di scansarlo. 

"Damien… o parli con me o io esco da quella porta e me ne torno a Londra" fece minaccioso.

Lo guardò preoccupato per un secondo, poi sorrise e disse: "Accomodati" facendogli cenno verso l'uscita.

Aiden era confuso, ma deciso, annuendo si voltò e prese il cappotto, indossandolo.

La mano sulla maniglia, stava per aprire la porta quando l'altro lo voltò con forza verso di se.

"Sei pazzo? Dove vuoi andare?" urlò.

Cercò di liberarsi, senza successo, della stretta sul braccio "Me ne stavo andando, te l'ho detto! O parli o me ne torno a casa!"

Damien lo lasciò, lo sguardo basso "Questo è un ricatto, non è giusto, Aiden"

"Non è giusto neanche ciò che tu hai fatto a noi"

"Io ho fatto ciò che ho fatto solo per proteggerci" si difese.

"Proteggerci? E da cosa, si può sapere?" era esasperato.

Damien strinse i pugni "Dal dolore" rispose laconico.

Aiden scosse la testa "Finora tutto il dolore che ho provato sei stato tu a provocarlo" sottovoce, a fior di labbra.

Credeva che non lo sapesse?

Pensava che ignorasse quanto l'avesse fatto soffrire?

Ma era meglio quello piuttosto che un dolore diecimila volte più grande.

"Io non voglio che tu vada via" mormorò "Ma non voglio neanche parlare"

Aiden annuì, mordendosi un angolo del labbro inferiore "D'accordo, se non vuoi parlare vorrà dire che ascolterai" lo spinse indietro, sino a farlo sedere di nuovo sul divano. Si voltò e, togliendosi il cappotto, si sedette sulla stessa poltrona di prima. 

 

"Mi dispiace signora, ma non possiamo fare nulla per aiutarla"

Cassandra era seduta da mezz'ora davanti a quel borioso figlio di puttana, spiegandogli la sua situazione e l'altro la liquidava così! 

Con una frasettina letta sul manuale del Perfetto Poliziotto.

"Perché no? Vi ho dato prove più che suf…"

L'altro la bloccò con un gesto della mano "La prego, signora Hamilton, lei sa bene quanto me che tutto ciò che lei mi ha dato sono sospetti e prove circostanziali. Lei non ha nessuna prova concreta del fatto che qualcuno stia tentando di uccidere suo figlio"

Ma lei non si arrendeva così facilmente "Non sono sufficienti per un'incriminazione, ma lo sono per avviare un'indagine"

"Signora tutto ciò che lei ha sono solo dei sospetti di una magistratura straniera e la parola di questo…" sfogliò gli appunti che aveva preso "…Damien Shaughnessy" Sean Hood assunse un'aria contrita "Desolato, ma Scotland Yard non può fare nulla per lei e suo figlio. Non al momento"

E con quello il colloquio era definitivamente concluso.

Tornò alla limousine dove l'attendeva Sarah. La ragazza non l'abbandonava un attimo, in ansia quanto lei per la sorte di Aiden.

Scosse la testa e chiese all'autista di riportarle a casa.

Chissà che non ci fosse un nuovo messaggio da parte di Damien. 

 

Per un momento aveva rivissuto la conversazione di sei mesi prima, ma questa volta avrebbe fatto in modo che finisse diversamente.

"Hai detto che vuoi proteggerci. Non è vero" iniziò senza indugi "Tu vuoi proteggere solo te stesso. E lo fai nascondendoti dietro questa falsa scusa altruista. Sei solo tu il vigliacco fra noi, perché io sono pronto a mettere in gioco tutto me stesso per noi due. Il mio cuore, la mia anima, la mia vita. Io non riesco a capire…" sussurrò sconsolato "Tu hai fiducia in me" un'affermazione  semplice, senza recriminazioni "Lo so" sorrise, ma l'altro continuava a guardare di fronte a se, nel vuoto "E se hai fiducia in me, puoi anche trovare il coraggio di amarmi. Quello che non riesco a capire è perché non lo vuoi trovare" fece un profondo respiro, aspettando una risposta che sembrava non arrivare. Poco male. lui non aveva fretta, poteva aspettare tutta la vita, purché nel frattempo potesse restare accanto a Damien.

"Perché?" urlò alzandosi in piedi "Perché continui a tormentarmi così?"

"Perché ti amo" rispose Aiden semplicemente.

Damien si diresse verso la vetrata, poggiando la fronte sul freddo vetro. 

All'esterno la tempesta continuava ad infuriare.

"Se tu mi amassi sul serio mi lasceresti in pace, rispettando la mia decisione" mormorò.

Si alzò silenziosamente, portandosi dietro di lui "Lo farei se sapessi che questo ti renderebbe felice" lo abbracciò, poggiando le mani sul suo petto e la testa fra le scapole "Ma so che non è così" sussurrò "Per cui voglio conoscere il vero motivo per cui non vuoi stare con me"

Come poteva farlo?

Nessuno sapeva tanto di lui e ad Aiden aveva raccontato già così tanto.

Stettero nel calore del loro abbraccio, cercando di comprendersi l'un l'altro, più di quanto avessero mai fatto.

Era così difficile cercare di parlare. Apriva la bocca e non ne usciva alcun suono.

Respirò profondamente, cercando di buttare fuori la prima frase… poi il resto sarebbe stato più facile.

Ti prego… desiderava stringerlo più forte, ma questo sarebbe stato interpretato come un incitamento, non favorevole, quindi si trattenne.

Si sciolse dal quel dolce abbraccio, allontanandosi.

Poi si bloccò. Restò immobile al centro della stanza. Improvvisamente si voltò e tornò da Aiden, abbracciandolo forte a se.

E cominciò a parlare. 

 

La cameriera lo venne a chiamare mentre stava giocando coi suoi nipoti in soggiorno.

Quelle due pesti era assolutamente adorabili e a malincuore raggiunse Simone nel suo studio.

Era in piedi, davanti la scrivania, lo fece accomodare poi si sedette anche lui dietro la preziosa scrivania di tek.

Fece un cenno con la testa e l'uomo iniziò a parlare.

Mezz'ora più tardi Fiorini non aveva in mano nulla in più di prima.

Annuì lentamente mentre nella sua mente si faceva strada un pensiero cui fino quel momento non aveva dato peso ed ora si maledisse per averlo fatto. 

Espose il suo pensiero a Simone che si fece più avanti, pronto a bere ogni parola del suo capo. 

 

Lo stringeva a se, come fosse la sua ancora di salvataggio.

"Avevo dieci anni, io e i miei genitori stavamo andando in vacanza a Plymouth" parlava sottovoce, talmente piano che l'altro faticava a sentirlo "Ogni anno andavamo in un posto diverso, a loro piaceva viaggiare e volevano farmi conoscere più posti possibili" i loro cuori battevano all'unisono "Io li adoravo, li amavo con tutto me stesso, ero sicuro che non esistessero genitori migliori al mondo" lentamente, senza forze a causa dello sforzo di parlare, Damien s'inginocchiò portando con se Aiden "Era molto tardi. La strada di campagna deserta, la mia bellissima mamma Holly dormiva sul sedile accanto al mio papà Gary" parlava quasi fosse un bambino "Lui ogni tanto si voltava a guardarci e sorrideva. Io avevo lo sguardo fisso fuori dal finestrino per ammirare le stelle, cercando di riconoscerne qualcuna" a poco a poco non era più lui a stringere in un abbraccio ma Aiden che lo stringeva nel suo "All'improvviso… dei fari c'investirono, sentii parole dal papà che mamma non gli permetteva di dire davanti a me, lei si svegliò e subito iniziò ad urlare. Io non capivo volevo urlare, chiedere cosa succedesse… ma non feci in tempo… ricordo uno schianto, la macchina che usciva di corsia e poi il vuoto…" iniziò a singhiozzare "Mi… mi risvegliai in ospedale… non c'era nessuno con me… cominciai a piangere… chiedevo dei miei genitori , ma nessuno voleva dirmi nulla. Poi un dottore, alla fine, mi disse che erano morti" silenzio, lungo, rotto solo dai suoi singhiozzi e dalla pioggia battente, Aiden che gli passava le mani fra i capelli cercando di calmarlo "Mi avevano lasciato. Avevano giurato che non l'avrebbero mai fatto… che il mio amore li avrebbe sempre tenuti accanto a me, ma non era vero…" si strinse di più ad Aiden "Il mio amore non era stato sufficiente a tenerli vicino a me" di nuovo singhiozzi, lacrime, sospiri.

Poi esplose: "Io non voglio amare mai più! Non voglio soffrire di nuovo! Non voglio che le persone che amo muoiano!" altre lacrime sempre più copiose.

Scivolò nel sonno, sfinito dal suo stesso pianto, lo sforzo emotivo nel raccontare qualcosa che nessuno sapeva.

Rimasero lì, seduti sul tappeto davanti la finestra.

Damien dormiva spossato, Aiden rifletteva.

Mille pensieri nella sua mente, ma tutto molto più chiaro ora.

Il fatto che non parlasse mai del suo passato, che non rispondesse alle domande sui suoi genitori o la sua famiglia, il perché non gli avesse mai voluto dire Ti amo.

Ora capiva.

Ora sarebbe riuscito a guarirlo dalla sua fobia. 

 

Tornò lentamente alla veglia, sentiva gli occhi gonfi che gli bruciavano, la gola secca.

Impiegò qualche secondo nel ricordarsi cosa fosse successo e dove fosse.

Aveva raccontato ad Aiden cose che nessuno sapeva ed ora si trovava ancora stretto nel suo abbraccio, praticamente sdraiati per terra.

Avrebbe dovuto avvertire Aiden che era sveglio, ma farlo avrebbe significato continuare a parlare e lui non ne aveva più la forza.

Così fece finta di continuare a dormire, ma evidentemente doveva aver fatto qualcosa di strano perché Aiden gli passò la punta delle dita sul visto dicendogli dolcemente: "Ben svegliato…”

Damien si rannicchiò ancor di più contro il corpo dell'altro, implorandolo con quel semplice gesto di non andare oltre.

Ma Aiden non aveva alcuna di farlo, forse più tardi, ma di certo non in quel momento.

Quell'istante doveva essere libero da paure e tristi pensieri, quell'istante doveva essere semplicemente loro, con tutta la sua tranquillità e malinconia.

Aiden continuava a guardare fuori dalla finestra, la pioggia non era cessata, e teneva stretto a se Damien come mai l’altro gli avesse concesso di fare.

Era pomeriggio inoltrato ma a causa delle nubi cariche d'acqua la stanza sembrava ancor più buia e cupa.

Ma questo non disturbava nessuno dei due, al contrario l'oscurità sembrava avvolgerli e cullarli nelle sue pieghe infinite.

"Damien.." gli sussurrò in un orecchio "…pesi!" disse ridacchiando.

L'altro si spostò, voltandosi verso di lui e guardandolo negli occhi. Si sorrisero, un sorriso carico di tristezza ma in qualche modo più sereno di tutti gli altri si fossero scambiati in quel mese.

"Scusami…" l'orologio a pendolo batté sei rintocchi "Ti va se preparo la cena?" entrambi non avevano mangiato nulla da quella mattina e i loro stomaci tra poco avrebbero cominciato a farsi sentire.

Aiden annuì sorridendogli "Posso aiutarti?"

Damien si dimostrò un po' titubante ma alla fine non poté dirgli che si. Come sempre. 

 

Era sdraiato sul suo letto ripensando a ciò che era successo quel giorno.

Una volta di più ringraziò Aiden per non aver affrontato di nuovo l'argomento dopo che si era svegliato, ma era certo che sarebbe accaduto.

Aiden era determinato nel tornare con lui.

E Damien non lo era più molto nell'impedirglielo.

Sentì aprirsi la porta ed una sagoma oscura stagliarsi sulla soglia.

Aiden si avvicinò piano al letto, quando vi fu accanto allungò la mano a sfiorare il viso di Damien.

"Posso dormire con te?"

Non era mai riuscito ad ingannarlo. Mai.

Non sapeva come ma Aiden capiva sempre se dormiva oppure no.

Spostandosi di lato gli fece spazio nel suo letto.

Una volta l'uno accanto all'altro rimasero immobili per alcuni minuti, poi sospirando Aiden gli si avvicinò abbracciandolo.

"Buona notte, Damien" mormorò posandogli un bacio sul collo.

Quando fu sicuro che dormisse Damien ricambiò l'abbraccio. 

 

Passarono due giorni.

Quarantott'ore vissute in uno stato quasi catatonico da parte di Damien.

Non parlava, non mangiava, non usciva. Non faceva nulla, si limitava a fissare il vuoto.

Aiden non lo forzò mai a fare qualcosa.

Ricordava sin troppo bene il periodo successivo alla loro separazione.

La disperazione, la solitudine, la tristezza che aveva provato. Il pensiero di non poter più rivedere Damien l'avevano gettato in uno stato tale che si era creato un mondo immaginario in cui loro due stavano ancora insieme.

I brevi momenti passati con Sarah o con sua madre li aveva considerati come degli incubi.

Solo quando Damien era venuto a prenderlo era tornato in questa realtà.

Si inginocchiò di fianco la poltrona su cui l'altro era seduto e gli prese la mano.

Non sapeva cosa dire, poteva solo ripetere: "Io ti amo"

Rimase lì almeno cinque minuti ma alla fine si alzò per andare a rassettare le stanze al piano superiore.

Aveva poggiato il piede sul primo gradino quando gli sembrò di sentire: "Anch'io"

Si voltò di scatto ma Damien era ancora seduto, immobile, lo sguardo fisso nel vuoto.

Se l'era sognato. Sicuramente.

Salì le scale. 

 

Aveva sussurrato a fior di labbra Anch'io ma fortunatamente Aiden sembrava non averlo sentito.

Continuava a riflettere, a pensare come poter vivere senza impazzire.

Perché quella situazione lo stava portando sull'orlo pazzia.

Stare vicino ad Aiden ogni giorno e non poterlo abbracciare, dosare bene ogni gesto e ogni parola per cercare di non far capire all'altro il suo amore… ma era difficile.

Ogni giorno, ogni ora, ogni minuto diventava sempre tutto più difficile.

Erano quasi due mesi che si trovavano lì ed era tempo che se ne andassero.

O meglio: che Aiden se ne andasse.

Non l'aveva programmato ma ora nella sua mente si faceva sempre più concreata l'idea di spedirlo da qualche parte per fargli iniziare una nuova vita.

Chiuse gli occhi e fece dei profondi respiri.

Facendo forza con le mani sui braccioli della poltrona si alzò in piedi e raggiunse Aiden al piano superiore.

Si fermò sulla soglia della porta, osservandolo affaccendarsi intorno al letto.

Abbracciarlo, sdraiarcelo sopra e fare l'amore sino a sfinirlo.

Era questo ciò che il cuore suggeriva ma Damien era una persona razionale non un impulsivo.

"Aiden?" fu solo un mormorio che si perse nell'aria e l'altro non lo sentì, così si schiarì la voce e riprovò: "Aiden?"

Il ragazzo si voltò e vedendolo in piedi, presente, sorrise.

Prima che potesse dire qualsiasi cosa Damien lo prevenne: "Prepara i tuoi bagagli, dobbiamo andarcene"

Si voltò e andò nella sua stanza.

Il piano era di andare con lui all'aeroporto, salire sull'aereo e poi, poco prima che il portellone fosse chiuso, con la scusa di andare in bagno, si sarebbe alzato e sceso.

Un piano a dir poco inconsistente ma la sua mente non ragionava pienamente in quel momento. Voleva solo allontanare il più possibile Aiden da se e quello era un modo come un altro.

"Perché dobbiamo andarcene?"

Damien non lo guardò, prendendo la valigia dal suo armadio "E' pericoloso rimanere troppo tempo nello stesso posto. Dobbiamo allontanarci"
Aiden scosse la testa con decisione "Non possiamo partire, prima dobbiamo parlare"

Damien s'irrigidì un secondo ma continuò a svuotare i cassetti "Non abbiamo tempo. Forza, sbrigati"

L'altro si poggiò contro lo stipite della porta, incrociando le braccia sul petto "Ti conviene trovarlo perché altrimenti io da qui non mi muovo" il tono risoluto e lo sguardo deciso.

Per l'ennesima volta Damien si domandò da quando avesse tutto quel carattere.

Gettò il maglione che aveva in mano sul letto e sospirò.

"Cos'altro vuoi sapere?"

Aiden riportò le mani lungo i fianchi, entrando nella stanza e fermandosi a pochi passi da lui.

"Credi davvero che se non amerai smetterai di soffrire?"

Trattenne il fiato a quella domanda così diretta, chiuse gli occhi e annuì.

"Perché?"
Li aprì di nuovo, di scatto, a quella strana domanda.

"Come sei giunto a questa conclusione?" aggiunse.

"Perché è così" mosse due passi indietro "E' sempre stato così e sempre lo sarà. La gente che crede che l'amore sia la cosa più bella del mondo è solo sciocca, infantile e… credulona" Aiden alzò un sopracciglio ma non disse nulla "L'amore è un sentimento subdolo, ti fa provare una felicità indescrivibile e quando poi sei all'apice… ecco che ti toglie tutto, facendoti precipitare in un baratro di dolore e tristezza. Purtroppo…" concluse con un sorrisino "…non tutti sono giunti a questa verità"

Aiden lo guardò, mille sensazioni prendevano forma sul suo viso "Mi fai pena" sussurrò "Vedi solo ciò che vuoi vedere, non degnandoti di gettare oltre lo sguardo. L'amore è felicità ma è come una moneta e sull'altra faccia si hanno odio e dolore. Non puoi avere l'uno e non l'altro. E' inevitabile provarli entrambi. E' ovvio che a nessuno piace soffrire per amore ma non possiamo evitarlo. L'unica cosa che possiamo fare è affrontarlo per continuare ad amare essere più forti. Ma tu…" gli lanciò un'occhiata sconsolata "…hai preferito arrenderti, condannando te stesso e chi ti sta intorno al dolore perpetuo"

Non sapeva cosa rispondere a quel discorso dalla logica inappuntabile.

"Ma il dolore della perdita della persona che ami…" mormorò, lo sguardo basso.

"E' devastante" annuì Aiden "Il sapere di non poterlo più vedere, sentire, ascoltare o toccare porta quasi alla disperazione. E' per questo che quando si è insieme si deve godere il più possibile di ogni singolo istante. Ricordare il modo in cui camminava…" si avvicinò a lui, piano "…la luce nei suoi occhi…" lo guardò dolcemente "…il suo tocco…" gli sfiorò la guancia, le labbra con la punta delle dita "…il sapore dei suoi baci" gli posò le labbra sulle sue, solo pochi istanti, allontanò di poco il viso continuando a guardarlo negli occhi "Tutto questo aiuta a non sentirsi sempre più soli e disperati. E soprattutto… la tiene vicina a te" fece una pausa cercando di fargli capire "Quando i tuoi genitori ti dicevano che il tuo amore li avrebbe sempre tenuti accanto a te intendevano qui…" posò una mano sul petto "…nel tuo cuore. Tu non li hai mai dimenticati, non hai mai cancellato il tuo amore per loro e Gary e Holly sono ancora accanto a te. Li senti, non è vero?"

Damien lo fissava quasi imbambolato, non sapeva cosa dire.

Il cuore esultava a quelle parole che sapeva essere veritiere ma la sua mente non riusciva ad accettarle.

Come si può scegliere, coscientemente, di soffrire?

"Damien tu soffrirai solo se continuerai ostinatamente a non voler amare. Ma anche questo è impossibile" gli stava sempre vicino, i corpi a pochi centimetri di distanza "Amare è naturale tanto quanto respirare e non puoi impedirtelo. Se ci provi tutto ciò che otterrai sarà ancora più dolore"

Gli occhi di Damien si velarono di lacrime "Aiden, io ho paura… non voglio soffrire ancora, non voglio… non sarei in grado di sopportarlo…"
L'altro scosse la testa disperato "Ti prego Damien… accettali! Accetta la sofferenza e il dolore, trova loro un posto nel tuo cuore e diventa più forte grazie ad essi! Ti prego…”

Quella era davvero l'ultima possibilità data loro.

Questa volta Aiden non si sarebbe dovuto arrendere se davvero voleva vivere con Damien. E Damien avrebbe dovuto ascoltare il cuore per la prima volta nella sua vita.

Tutte le scelte che aveva fatto le aveva sempre prese con la ragione mentre il cuore lo supplicava di fare l'esatto contrario. Ma lui era stato tanto codardo da non seguirlo mai, preferendo la razionalità all'impulsività e la tristezza alla felicità.

Poteva farlo?

Poteva riuscire ad accettare sofferenza e dolore?

Poteva… amare?

Trovare il coraggio di farlo?

Guardò Aiden negli occhi, rivivendo i loro due anni insieme.

Il primo incontro, il modo in cui lo aveva preso in giro quella mattina nel suo appartamento, la loro prima volta, il momento in cui gli aveva donato i loro anelli.

Il momento in cui si erano lasciati.

Se Fiorini fosse riuscito nel suo intento, o se lui stesso fosse morto cosa avrebbe avuto?

Nulla.
Aveva ragione Aiden, lo sapeva, bisogna vivere ogni istante accanto alla persona che si ama come fosse l'ultimo.

Abbassò lo sguardo per poi riportarlo su Aiden.

"Lo farò o… almeno di ci proverò" l'altro sorrise "Proverò ad accettare il dolore per poter continuare ad amare. Ma tu…" gli sfiorò il volto con una mano "…tu dovrai restare al mio fianco. Me lo prometti?"

Aiden annuì, abbracciandolo di slanciò e lasciando libere le lacrime sino ad allora trattenute.

Damien lo strinse a se, sentendo in se stesso una profonda calma e gioia.

Dopo tanto tempo era tornato a vivere. 

 

La ragazza entrò nello studio, poggiando il cappotto e la borsa su una poltrona.

"Ci sono novità?"

Cassandra scosse la testa "Nulla" dal tono di voce si poteva capire che aveva appena finito di piangere "Nulla da Damien e nulla da Scotland Yard" sospirò, voltandosi verso Sarah.

In quei due mesi entrambe le donne avevano perso diversi chili ed acquistato profonde occhiaie sotto gli occhi.

"Sto… sto pensando di denunciare Damien per rapimento. Almeno così inizierebbero a cercarli" rivelò.

Sarah si precipitò dall'altro lato della scrivania accanto alla donna "Non puoi farlo, Cass! Se li trovassero sarebbe la fine per loro! Fiorini lo verrebbe a sapere e…"

"Lo so!" esplose la donna, alzandosi in piedi "Credi che non lo sappia? Ti sbagli!" gli occhi un ardente fuoco verde "So benissimo cosa accadrebbe se…" la voce si affievolì e lei si sedette nuovamente, sfinita "Ma non posso andare avanti così. Non posso! Non ce la faccio… non ce la faccio…"

Sarah le si avvicinò, abbracciandola e stringendola a se "Vedrai che andrà tutto bene. L'incubo finirà e presto potrai di nuovo abbracciare Aiden. Sono sicura che sta bene. Damien non permetterebbe mai a nessuno di fargli del male"

Quella era la loro unica certezza in una situazione di cui ignoravano ogni altra cosa.

Cassandra iniziò di nuovo a piangere fra le braccia di Sarah che cercava di calmarla e infonderle coraggio con ogni mezzo. 

 

Simone frugò in ogni angolo dell'appartamento.

Niente.

Non c'era niente che lo potesse aiutare a ritrovare Lyon e Shaughnessy.

La loro organizzazione aveva commesso un errore talmente enorme da risultare invisibile.

Non avevano mai preso informazioni su Aiden Lyon e così avevano assunto il suo amante per ucciderlo.

Un errore che difficilmente Fiorini avrebbe lasciato impunito.

Si sedette allo scrittoio frugando in ogni cassetto. Ma non trovò nulla, solo ricevute di bollette, appunti e poche altre cose di nessun valore.

Si alzò per andarsene quando lo sguardo gli cadde su qualcosa che luccicava, lo prese e notò che era un prezioso taglia carte d'argento.

La lama era stranamente ben affilata, l'impugnatura d'ebano intarsiato.

Sorridendo se lo mise in tasca.

Quella era un'ottima arma con cui uccidere qualcuno. 

 

Dopo aver parlato in camera erano di nuovo scesi in salotto dove Damien aveva iniziato a raccontargli della sua vita dopo l'incidente.
"Fui affidato alla sorella di mia madre, Carla, e lei si prese cura di me per circa quattro anni" erano seduti suo divano, Aiden poggiato al petto dell'altro, entrambi guardavano il buio oltre la vetrata.

"Purtroppo suo marito Charles non mi aveva mai voluto, così ogni volta che mia zia non poteva vederci lui mi picchiava. Ricordi le bruciature che ho sulla schiena?" Aiden annuì, incapace di qualsiasi parola "Me le fece lui durante un fine settimana in cui mia zia era fuori per lavoro" ci furono lunghi minuti di silenzio, interrotto solo dalle poche gocce di pioggia che cadevano e dal forte vento che ululava "Alla fine decisi di scappare di casa ma la fuga non durò che poche ore. La polizia mi trovò e cercò di riportarmi a casa. Mi ribellai, detti un pugno ad uno dei poliziotti rompendogli il naso. Mi processarono e fui condannato a quattro mesi di riformatorio… quando uscì mia zia aveva deciso di rifiutare la mia custodia così venni portato in un orfanotrofio. Vi restai sino a sedici anni poi scappai nuovamente ed andai a Londra" un altro lungo silenzio "Non avevo nulla con me, così mi unii ad una banda. Piccoli furti, scippi, ricettazione. Ero diventato un vero asso. Nessuno era più veloce di me" la voce triste ma quasi con un pizzico di superbia "In pochi anni feci carriera e diventai il braccio destro del nostro capo" ed ora? Poteva andare avanti?

Poteva affrontare l'argomento che aveva temuto e rinviato per più di due anni?

Aiden alzò il viso, guardandolo.

Non sapeva cosa dire. Se c'era qualcosa che potesse dire.

"Poi? Cosa successe?" esitante.

Damien scosse la testa "No, forse è meglio di no…" cercò di alzarsi ma Aiden glielo impedì.

"Hai detto che ti fidi di me. Dimostramelo. Ti prego…"

Si fidava, certo, ma cosa sarebbe successo una volta che avesse saputo tutta la verità?

L'avrebbe odiato, l'avrebbe abbandonato per sempre?

Oppure..?

Sarebbe rimasto con lui, incurante di ciò che era stato?

L'unico modo che aveva per scoprirlo era quello di parlare.

"Quando compii ventun anni Viktor, il nostro capo, mi chiamò offrendomi un lavoro di grossa importanza. Mi posò davanti una pistola…"
Mentre parlava i ricordi lo avvolsero nelle sue spire. 

 

La stanza era illuminata solo da una fioca luce posata sulla scrivania.

La Magnum calibro 45 riluceva in tutta la sua mortale bellezza.

Viktor era davanti a lui, seduto sul bordo della scrivania.

"E' un compito molto delicato, Joel. Dobbiamo regolare un conto con quest'uomo ed io mi fido di te. Sono sicuro che faresti un ottimo lavoro" la voce bassa e sensuale, gli accarezzava il viso e i capelli.

Viktor, il suo capo.

Viktor, l'uomo che l'aveva tolto dalla strada.

Viktor, il suo amante.

Viktor, l'uomo che… amava?

Avvicinò la mano alla pistola. Era pesante. L'avvicinò a se.

"Cosa succede se fallisco?"

Viktor gli prese il mento fra due dita e gli fece voltare il viso verso di se "Tu non fallirai" e sancì quelle parole con uno dei baci più dolci che gli avesse mai dato.

Quella stessa sera partì per Marsiglia dove avrebbe ucciso per la prima volta.

Era stato più facile di quel che credeva.

Forse perché mentre lo faceva pensava a Viktor e all'orgoglio che l’altro avrebbe provato nei suoi confronti se avesse fatto un buon lavoro.

Quando tornò scoprì un ramo dell'organizzazione di Viktor di cui non credeva l'esistenza.

Omicidi su commissione.

E lui, in breve tempo, ne divenne la punta di diamante.

Viktor era fiero di lui, possedeva una freddezza, una precisione e un'intelligenza che l'avevano reso il più bravo di tutti.

In cinque anni aveva ucciso decine di persone. All'inizio aveva rifiutato di uccidere le donne ma poi, in nome del dio denaro, anche quel muro era stato abbattuto

Poi, una sera, Viktor fu ucciso da un rivale.

Damien non pianse, non provò nulla a quella notizia.

O almeno aveva voluto convincersi di questo.

Fuggì e si rifece una vita.

Coi soldi che aveva guadagnato comprò il Blue River e il suo appartamento.

Aveva deciso di smettere, poi Mark - uno dei membri dell'organizzazione - l'aveva trovato proponendogli di ricominciare.

E lui non aveva saputo resistere.

Provare di nuovo la sensazione unica dei preparativi, la paura che qualcosa potesse andare storto e poi… premere il grilletto e in un secondo sentire tutta l'adrenalina che l'abbandonava per poi scorrere di nuovo veloce, come un fiume in piena, nelle sue vene durante la fuga.

Sino a Caracas.

Sino a quel momento aveva provato tutto questo ma non con Leandro Marquez.

Con lui si era sentito per ciò che era: uno schifoso assassino.

Non un artista dell'omicidio come si era sempre considerato. 

 

Quando finì di parlare Damien si rese conto che il corpo di Aiden era rigido.

Non muoveva un muscolo.

"Aiden…" cercò di stringerlo nel suo abbraccio ma l'altro si ritirò, sedendosi all'altro capo del divano.

Lo stava odiando. Ne era certo.

Era tutto finito. Di nuovo. E questa volta faceva mille volte più male.

"Io…" Aiden si alzò, indossando il cappotto "…io va un po' a Blyth. Ci… ci vediamo più tardi" disse prendendo le chiavi della Land Rover.

Lo stava lasciando. Di nuovo.

Avrebbe dovuto preoccuparsi del fatto che volesse allontanarsi, magari tornare a Londra ma non ci riusciva.

Tutto ciò su cui cuore e cervello riuscivano a concentrarsi era il fatto che Aiden lo stesse abbandonando. Questa volta per sempre.

Aiden aprì la porta, stava per uscire quando disse: "Ricorda che io ti amo, Damien. Solo, adesso mi… mi serve un po' di tempo per accettare questa… questa cosa"

Alzando il bavero del cappotto uscì dal cottage e salì in macchina.

Damien non sapeva quanto tempo fosse passato, sapeva solo che quando si alzò da lì era quasi l'alba e Aiden non era ancora tornato.

 

Vagò per le strade di Blyth sino a quando anche l'ultimo pub non chiuse i battenti.

Aveva bevuto ma non abbastanza da ottenebrare le sue capacità cerebrali.

L'uomo che amava uccideva persone innocenti per vivere. 

E gli piaceva.

Lo faceva sentire vivo, la sensazione di avere la vita di un'altra persona tra le mani, lo eccitava.

Pensare che aveva continuato anche dopo che loro si erano messi insieme lo faceva stare ancora peggio.

Ora sapeva quali erano gli importanti affari per cui non avevano potuto fare l'amore prima che questi fossero risolti.

Ora sapeva perché non rispondeva mai alle sue domande, su come fosse riuscito a costruire la sua piccola fortuna o di cosa trattassero i suoi affari.

Però in tutto questo non riusciva a non incolpare la famiglia di Damien, se il padre fosse stato più attento nella guida, se lo zio avesse provato un briciolo d'affetto per lui, se la zia fosse stata più presente e non si fosse arresa alle prime difficoltà. Damien non sarebbe mai diventato ciò che era.

Fermò la macchina e scese.

Il vento proveniente dal mare, il rumore dei tuoni in lontananza.

Aiden stava lì, le mani nelle tasche del cappotto, fissando le nubi che nascondevano la luce argentea della Luna piena e questa che si liberava dell'abito non voluto grazie all'intervento di Eolo.

E pensava.

Pensava a tutte le bugie che l'altro gli aveva raccontato, tutti i suoi silenzi.

E in tutto quel groviglio un pensiero rimaneva isolato nei meandri più oscuri della sua mente, quasi non volesse affrontarlo.

Poi, il tuono.

Forte, di quelli che fanno avere paura di essi e il pensiero venne a galla, come fosse stato quel tuono a liberarlo dalla sua gabbia.

La morte dei genitori, le violenze, Viktor, gli omicidi… tutto questo e chissà quanto altro ancora avevano reso Damien ciò che era.

E lui amava Damien.

Amava tutto di lui: la sua intelligenza, il suo umorismo, la sua dolcezza, la sua pigrizia - la mattina quando non voleva alzarsi - i suoi difetti e le sue idiosincrasie.

Tutto questo e molto di più era Damien e lui lo amava.

Con ogni fibra del suo essere, lui lo amava.

Non poteva vivere senza di lui, questo lo sapeva già, ma poteva vivere con lui sapendo ciò che era stato?

Risalì in macchina, fece inversione e tornò a Blyth.

Al cottage.

Da Damien.

L'interrogativo lo assillava, non sapeva darsi una risposta.

Parcheggiò la macchina nel vialetto, rimanendo al volante per alcuni minuti.

Scese dall'auto ed entrò in casa.

Cercò di fare il minor rumore possibile e lasciò il cappotto nell'anticamera.

La casa era immersa nella penombra, tutti le luci spente, a volte un fulmine illuminava le stanze.

Salì le scale per cercare Damien.

Lo trovò sdraiato sul suo letto, addormentato, le guance segnate dalle lacrime.

E la domanda finalmente trovò una risposta.

Si, posso…

Si avvicinò al letto, sembrava così piccolo e indifeso in quel momento che quasi si maledisse quando sentì il suo corpo reagire inconsapevolmente.

Tanta bellezza e tanta malinconia in unico essere… eppure era bellissimo nonostante le labbra un po' gonfie dal pianto.

Un piccolo angelo ferito che dormiva su un letto freddo.

Non resistette e lentamente si piegò su di lui, osservando i particolari di quel volto, desiderando baciare quelle ciglia ancora imperlate di lacrime, leccare il solco umido di quelle lacrime di disperazione per poi scivolare sul morbido petto che sussultava al lento e delicato respiro.

Quasi non si accorse di star trasformando i suoi desideri in realtà.

Vide gli occhi di Damien aprirsi di scatto e fissarlo ancora perduti nei meandri dei sogni da poco abbandonati, pozzi inconsapevoli della propria sensuale bellezza. 

 

In trance, o per inerzia, era salito di sopra e si era sdraiato sul letto di Aiden.

Lì tutto aveva il suo profumo e lui poteva illudersi di averlo ancora accanto.

Doveva essersi addormentato perché quando riaprì gli occhi gli sembrò di affogare in due profondi oceani blu.

Cercò di mettere a fuoco la scena e… Aiden era davanti a lui!

In qualche modo, non sapeva come, l'aveva accettato per ciò che era stato ed aveva deciso di tornare.

Piano, quasi temesse che quella fosse un'illusione, avvicinò una mano al suo volto, accarezzandolo.

Aiden si girò di poco e gliene baciò il palmo, sorridendogli.

Non c'era bisogno di parole in quel momento, probabilmente nessuno dei due sarebbe stato in grado di parlare.

Damien si avvicinò al suo volto, sfiorando quelle labbra con le sue.

Aveva temuto di non poterne più sentire la morbidezza, il dolce sapore, ed ora…

Il bacio iniziò lento, come se dovessero riscoprire il piacere di quell'atto sublime, per poi divenire quasi frenetico.

Un bacio umido, appassionato e pieno di desiderio. Uno di quei baci dove si anticipa l'amplesso in un rincorrersi, unirsi per poi allontanarsi di lingue.

Lingue che scivolano cercandosi per poi abbandonarsi e riprendersi, baci che sanno di amore e di sesso.

Le mani cercavano e denudavano, nel tentativo impossibile di denudare il cuore si accontentavano di semplici vestiti, per assaggiare quella carne morbida e calda.

Ancora imbambolato per la sorpresa del suo ritorno Damien non partecipava attivamente. Si limitava a farsi spogliare… reagiva solo perché sapeva che doveva farlo.

Ma poi… qualcosa cambiò.

Una certezza… o forse una nuova paura appena nata nel suo cuore lo spinsero a muoversi.

Le sue mano lo carezzavano dolcemente, lentamente, come di solito faceva Aiden che ora invece sembrava impaziente.

 

Il ragazzo sorrise su quelle labbra rosse, imprigionandole fra le sue in un silenzioso: Sei la cosa più importante che ho ed ho paura…
In fondo al cuore aveva paura. Paura di perdere la sua umanità stando con lui. O forse paura di perdersi in quegli occhi scuri che parevano senza fondo e che lo inghiottivano.

Si era trattenuto con la razionalità sul bordo di quel pozzo scuro ma ora voleva lasciarsi andare e perdersi.

Si fermò ansante, fissando quel corpo seminudo sotto di se. 

Le forme delicate ma forti, le rotondità e la pienezza dei muscoli… quel corpo che lo aveva drogato fino a fargli perdere la testa.

Si piegò sull'incavo della sua spalla, inspirando quel profumo che lo aveva inebriato, respirò fino ad ubriacarsene.

"Damien…" sussurrò rialzandosi e guardandolo.

Lo fissò negli occhi, le parole che pregavano di essere dette.

Chiuse gli occhi e lo baciò di nuovo, portando il corpo di Aiden sotto il suo.

Finì di spogliarsi velocemente e di spogliarlo lentamente.

Voleva assaporare ogni istante. Come se quella fosse stata la loro prima volta.

Dopo quasi sei mesi poteva di nuovo sentire quel corpo morbido sotto il suo, toccarlo, baciarlo, respirarlo, viverlo.

Ora si che andava tutto bene. Che si sentiva di nuovo bene.

Si contorse sotto il corpo del suo amante mentre la sua bocca scivolava sul suo corpo, lasciando come marchi di fuoco quei baci proibiti.

Sentiva il sangue affluire nella parte bassa del suo corpo, laddove la passione diventava pulsante estasi di emozione.

"Da…mien…" un sospiro spezzato mentre le mani scivolavano ad imprigionare nello loro dita ciocche setose di capelli, mentre la lingua saettava su quel fulcro di energia.

Avvolgendolo… come se stesse avvolgendo il suo cuore, come se volesse strapparglielo.

 

Lo sentiva di nuovo nella sua bocca, il suo sapore, lo assaggiava come fosse ambrosia, mordendolo delicatamente.

Si comportava come se quella fosse l'ultima volta che potesse farlo.

Come gli aveva detto Aiden.

Vivi ogni istante con la persona che ami come fosse l'ultimo…

E lo stava facendo.

Il suo corpo era teso nello spasmo del limite e Damien lo provocava con sadica malizia, portandolo fino al limite per poi ritrarsi, e ogni volta che il suo calore svaniva era una fitta dolorosa che dall'inguine si estendeva a ogni nervo del suo corpo.

Il suo calore, il suo corpo: la panacea di ogni male.

Arcuò il corpo, lo voleva, voleva sentirlo sopra di se, voleva sentirlo unirsi alla sua anima, voleva danzare con essa al limite del sublime per poi piombare nell'estasi più brutale fatta di gemiti e angosce che si sciolgono.

Non poteva resistere oltre, doveva possederlo per sapere che quell'angelo era davvero suo e non uno dei tanti sogni che avevano costellato le sue lunghe notti solitarie.

Si adagiò meglio sul corpo dell'altro, fra le sue gambe.

Lo guardò negli occhi, passandogli una mano tra i capelli, avvicinando il suo volto per baciarlo.

 

Ti prego ti prego ti prego… sento che potrei morire… pensò socchiudendo gli occhi e divorando quelle labbra.

Sentiva la virilità di Damien carezzarlo. Dio! Ora sapeva cosa significasse l'espressione impazzire di desiderio, sentiva qualcosa che si spezzava in se, nella vana ricerca di riposo.

Il suo corpo si strusciava contro quello dell'amante, di volontà propria, come una giovane puttana vogliosa.

 

Damien si sentiva come in paradiso.

Per la prima volta insieme al suo corpo stava donando anche la sua anima.

E non provava altro se non gioia.

Solo la più pura delle felicità.

Entrò in lui dolcemente ed Aiden si abbandonò a quella dolce intrusione, superato un leggero dolore iniziale.

Il corpo di Damien si muoveva con sempre maggior rapidità, dei leggeri gemiti iniziarono a sfuggire dalle sue labbra. Questa volta  era passione pura, totale abbandono.

Per entrambi.

Lo sentiva riempirlo, sentiva la sua anima bollente che lo abbracciava facendolo perdere in uno smarrimento senza confini mentre le spinte acceleravano sino a divenire febbrili tremiti.

L'orgasmo arrivò pieno, quasi inaspettato, per entrambi con tutta la sua forza.

Devastante e confortante allo stesso tempo.

Aveva logorato le loro ultime forze e Damien cadde sfinito sul corpo di Aiden che, a sua volta senza forze, era sprofondato nella morbidezza del materasso.

Aiden baciò quel collo quasi offertogli mentre sentiva il senso di umidità della sua stessa passione espandersi tra loro, sui loro ventri premuti.

"Io… io ti amo" sussurrò quasi inudibile per orecchie umane ma non per quelle amanti.

Damien lo strinse a se, sorridendo, cercando di non piangere quelle lacrime che, traditrici, si erano affacciate ai suoi occhi.

"Idem…" rispose.

Aiden annuì, sorridendo, circondandogli la schiena col suo abbraccio.

Era felice.

Damien aveva ammesso i suoi sentimenti più di quanto avesse mai fatto e per il momento poteva accontentarsi.

Ma solo per il momento.

Dopo un ultimo bacio entrambi si addormentarono nelle braccia dell'altro.

Il vento aveva spazzato via le nubi cariche di pioggia ed ora un tiepido sole primaverile dava il buongiorno a quella nuova giornata. 

 

"Cos'hai trovato?"

Fiorini era di spalle, sul balcone di una delle suite dell'hotel Savoy.

Aveva deciso di recarsi a Londra di persona per tenere il più sotto controllo possibile la situazione.

Simone era sulla soglia del balcone, un plico in mano, oltre non poteva andare a causa della sua paura per l'altezza.

"Aiden Lyon si è laureato in Legge col massimo dei voti a Cambridge. Sebbene ne avesse la possibilità non ha mai lavorato nello studio legale della famiglia…"

"Voglio sapere di Shaughnessy!" lo interruppe bruscamente.

Simone sfogliò rapido per giungere alla parte interessata "Damien Shaughnessy è nato a Colwyn Bay - in Galles - nel 1968. Una famiglia normale. Poi a dieci anni i genitori morirono in un incidente da cui lui uscì illeso per miracolo e fu affidato alla zia materna. Fuggì di casa e aggredì uno dei poliziotti che volevano riportarlo indietro, in conseguenza a questo fu arrestato e mandato in orfanotrofio. Quando uscì la zia non volle più saperne di lui, quindi fu affidato ad un orfanotrofio da cui scappò a sedici anni. Non sa si più nulla di lui fino al 1996, anno in cui comprò un ristorante e il suo appartamento" Simone s'interruppe un momento.

"Il suo legame con Lyon" la voce di nuovo calma, ma la rigidità del corpo diceva tutt'altro.

"Si sono conosciuti circa due anni fa e hanno avuto una relazione durante la quale Shaughnessy non ha più lavorato. Ha ripreso solo quando questa si è interrotta"

Questo era quanto era riuscito a scoprire in due giorni. Per l'ennesima volta si maledì per non aver fatto prima una ricerca su Lyon. Se l'avesse fatta tutto questo non sarebbe mai accaduto.

Fiorini annuì "Un assassino dal cuore tenero…" sarcastico "frocio!" dispregiativo.

Si voltò per ornare dentro e Simone si spostò di lato.

"Vai al ristorante e vedi se riesci a ricavare qualche altra informazione" si versò da bere "Con ogni mezzo" una luce crudele negli occhi.

Simone annuì ed uscì dalla stanza per recarsi al Blue River

 

Il sole era alto nel cielo anche se pallido, quando i due si svegliarono.

Il primo fu Aiden, come sempre.

Vedendo l'altro lì accanto a se gli sembrò di sognare.

Poi si ricordò di ciò che Damien gli aveva confessato.

Era un assassino.

Aveva ucciso chissà quante persone venendo pagato.

Sorridendo, scacciò quei pensieri. Ci sarebbe stato tempo per ulteriori spiegazioni.

Ora doveva concentrarsi su come svegliare quello sfaticato!

Si fece più vicino strusciando il suo corpo su quello dell'altro, al piccolo mugolio di Damien sorrise e si fece più audace.

Chiuse gli occhi e cominciò a succhiargli il labbro inferiore, mentre la sua mano sinistra vagava disinibita sul corpo di Damien.

Quanto gli era mancato tutto questo!

E aver sentito che Damien lo amava rendeva tutto ancor più speciale di quanto già non fosse.

 

La sua mente s'irrigidì al sentire una mano che lo toccava e una bocca che lo stava baciando.

Aprì gli occhi e vide quelli di Aiden socchiusi, un'espressione maliziosa dipinta sul viso.

Si rilassò.

Non era più abituato a quel genere di risvegli ma vi si sarebbe di nuovo assuefatto molto, molto presto.

Allontanò un po' il viso per fargli sapere che era sveglio, anche se probabilmente lo aveva già capito.

Aiden aprì gli occhi e Damien vi si perse.

Di nuovo quel profondo oceano in cui perdersi, annegare, rimanere intrappolati per ritrovarsi liberi, felici e realizzare che non se  ne potrà fare a meno per il resto della vita.

"Buongiorno…" la voce assonnata.

Aiden gli carezzò il fianco, posando la mano all'altezza della vita.

"Buongiorno"

Sembravano incapaci di fare altro oltre a sorridersi.

Poi un brontolio proveniente dai loro stomaci li distolsero dal loro idillio. Ridendo si alzarono per preparare la colazione.

Sorrisi, baci mozzafiato, carezze rubate, nonché una notevole incapacità in cucina da parte di Aiden ritardarono la colazione di più di un'ora. 

 

Sarah trovò Cassandra nella stanza di suo figlio.

Le tende tirate, la luce spenta, la donna seduta era seduta sul letto, le mani intrecciate in grembo, lo sguardo perennemente velato dalle lacrime.

"Cass…" sussurrò a fior di labbra, avvicinandosele e sedendosi accanto a lei.

"Quando Micheal, il padre di Aiden, morì ho temuto anch'io di morire per il dolore" iniziò piano "Micheal era l'unico uomo che avrei mai potuto amare per il resto della mia vita e non c'era più. Non avevo più nessuno per cui vivere" asciugò una lacrima solitaria sulla guancia "Poi, un giorno, sono entrata in questa stanza e Aiden giocava con… non so, credo fossero dei soldatini. Quando si voltò e mi sorrise capì che la mia vita non era finita… c'era Aiden da crescere, amare, proteggere…" stirò con le dita una piega immaginaria sulla coperta "Ed è quello che ho sempre cercato di fare, ed ora… rischia la vita a causa mia" terminò in un soffio.

Sarah le prese una mano fra le sue con l'intenzione di confortarla ma si rese conto di non sapere cosa dirle.

Rimanendo in silenzio le strinse più forte la mano.

"Se… se morisse anche Aiden io… io non potrei resistere, Sarah" la guardò negli occhi "Non potrei. Non ne avrei la forza" scoppiò a piangere, posando la testa su quella della ragazza. 

 

Trascorsero una settimana in quello stato di beatitudine. Le loro uniche preoccupazioni erano recuperare il tempo perduto e mangiare.

La seconda solo perché era necessaria a sopravvivere.

Entrambi sapevano che molte cose erano ancora da chiarire, molte domande necessitavano risposte, ma al momento non se ne curavano.

Ci sarebbe stato tempo per tutto. Avevano un'intera vita davanti a loro. 

 

Le sale del Blue River erano completamente distrutte: frammenti di cristallo, pezzi di porcellane, stoffe strappate, posate e candelieri sul pavimento.

Gale era terrorizzata dagli uomini che aveva davanti.

Quello che sembrava essere il capo le ordinava di dirgli dove fosse Damien ma lei non lo sapeva!

Simone sorrise, abbassando la testa, poi la rialzò di scatto e la colpì con uno schiaffo facendola cadere e spaccandole un labbro.

La donna cercò di rialzarsi, asciugandosi il sangue. L'uomo le afferrò il volto con una mano, guardandola negli occhi.

"Dove si trova Shaughnessy?" stava perdendo la pazienza.

"Non lo so…" mormorò Gale con un filo di voce "…non me lo ha detto. Mi ha solo informato del fatto che sarebbe stato via per qualche mese. Non so altro…" sussurrò per l'ennesima volta.

Simone le lasciò il viso colpendola un'altra volta.

"Se scopro che mi hai mentito ti ammazzo!" ad un suo gesto gli altri uscirono seguiti da lui.

Tremante, si mise in ginocchio cercando di raccogliere i cocci, ma quando si tagliò con un pezzo di vetro iniziò a piangere convulsamente. 

 

Si trovavano a letto, petto contro schiena, la luce del tramonto illuminava la stanza.

Il materasso ad una piazza e mezza era un po' stretto per loro ma non dava fastidio. Era un'ulteriore scusa per stare appiccicati - nel caso ci fosse stato bisogno di scuse.

Damien gli pettinava i capelli con le dita "Dovresti dargli un ritocco, si vede la ricrescita" sussurrò posandogli un bacio dietro l'orecchio.
Aiden fece un mugugno e gli diede una piccola gomitata nelle costole "Scemo! Mi hai fatto diventare un banale e scialbo biondo cogli occhi azzurri…" fece in tono schifato.

L'altro ridacchiò e mordicchiandogli il loro rispose: "Tu non sarai mai banale o scialbo"

Aiden sbuffò, non del tutto convinto, ma non replicò.

Rimasero lì, coccolandosi sino a quando anche l'ultimo tiepido raggio di sole non cedette il passo alla luce cristallina della Luna.

E in quel momento Aiden fece la domanda che più gli stava a cuore: "Parlami di Viktor" Damien stava per togliere la mano dal suo fianco ma lui la trattenne "Ti prego…" implorò.

Damien sospirò. Non sarebbe stato difficile parlare di lui, ma farlo significava parlare anche di tante altre cose.

Ma lo fece comunque. Ora parlare era diventato molto più semplice.

"Mi trovò in un vicolo mezzo morto" raccontò "Riuscii a curarmi solo perché ero svenuto e non potei ribellarmi" sorrise al ricordo di come lo avesse aggredito quando si era svegliato "Dopo qualche giorno stavo abbastanza bene da potermene andare ma Vik me lo impedì offrendomi un lavoro. Accettai subito. Ero orgoglioso ma non stupido, inoltre… aveva due occhi ipnotici, sarebbe stato in grado di convincere chiunque a buttarsi dal ponte delle Torri solo con uno sguardo" gli posò le labbra sui capelli, chiudendo gli occhi e aspirando il profumo di rose che l'altro emanava dopo la doccia "Cominciò con l'affidarmi piccoli incarichi, nulla di importante o pericoloso. Una sera mi chiamò nel suo ufficio e… mi sedusse" ridacchiò allo strano suono che aveva quella parola così antiquata, ma come altrimenti definire le candele, la musica soffusa, la cena da cordon blue e il vino francese?

"Era gay?" chiese sorpreso Aiden. Non pensava che un gay potesse essere accettato all'interno di una banda e tanto meno divenirne il capo.

Damien ci pensò un po', stringendolo di più a se "No, non credo" rispose "Vik non amava un uomo o una donna. Lui amava la persona a prescindere dal suo sesso. E' piuttosto raro"

"Lui ti amava?"

Sospirò "Credo di si. A modo suo mi amava" ricordò quando, tornando da Marsiglia, lo aveva accolto a braccia aperte baciandolo di fronte all'intera sala arrivi dell'aeroporto di Gatwick.

"E tu? Lo amavi?" esitante.

Damien rimase a lungo in silenzio, riflettendo "Io… penso di si. Quando Vik morì non piansi, non provai dolore. Ma ora mi rendo conto che la sua morte, insieme a tutto il resto, ha acuito la mia paura d'amare"

Aiden si girò, guardandolo negli occhi "Io ti amo"

Damien distolse un lo sguardo un istante per poi riportarlo subito sicuro.

"Idem…" rispose sfiorandogli le labbra.

Aiden intrecciò le loro gambe, sentendo il corpo di Damien reagire a quel semplice contatto "Dimostramelo" sussurrò in tono di sfida. 

 

Una pioggerellina leggera ma fitta cadeva su Londra.

La donna aveva in mano un mazzo di fresie. Si piegò sulle ginocchia posando i fiori davanti alla lapide.

"Micheal… veglia su nostro figlio…" lo pregò.

Rialzandosi si diresse verso l'uscita, ma a pochi passi dalla tomba un uomo - con in mano una pistola - le ordinò di seguirlo conducendola sino ad una Rolls Royce nera. 

 

Stavano cenando.

In quel posto dimenticato da Dio Damien era riuscito trovare tutti gli ingredienti necessari per cucinare il pollo al curry.

Era bollente e accompagnato da un ottimo vino bianco gelato.

"Sei tu quello che doveva uccidermi, vero?" chiese Aiden candidamente sorseggiando il vino.

Damien divenne pallido come un fantasma, la forchetta gli cadde sul piatto producendo un suono che gli rimbombò nelle orecchie.
"Ehi! Calmati… lo so che non lo farai…" lo tranquillizzò "…almeno spero…" disse strizzandogli l'occhio.

Damien sorrise a sua volta "Baaahhh!! Se avessi voluto ammazzarti non avrei speso un mucchio di soldi per portarti fin qui" rispose caustico ma sorridendo apertamente. 

 

Cassandra non era ancora tornata.

Aveva detto che sarebbe stata via qualche ora, ma le otto erano passate da un pezzo e lei non era ancora rientrata.

Sarah si mangiava le unghie, nervosa.

Cosa doveva fare?

Chiamare la polizia? Aspettare?

Aveva paura che, presa dalla disperazione, Cassandra tentasse un gesto inconsulto.

Lasciando la tenda della finestra da cui guardava all'esterno decise di aspettare ancora.

Una parte di lei sapeva che Cass non avrebbe mai tentato il suicidio.

Cassandra era ancora viva. 

 

"Mi hanno offerto cinque milioni di sterline per ucciderti"

Aiden fece un lungo fischio modulato "Valgo così tanto?"

Ok… magari non era stata brillante la sua idea ma la migliore che gli fosse venuta in mente. E poi era divertente!

"Già. Ho accettato per evitare che si rivolgesse a qualcun altro. Quando… quando mi hanno mostrato la tua foto ho avuto la tentazione di prenderli a pugni… ma poi ho pensato che sarebbe stato controproducente"

"Eh, si… non è mai una buona idea picchiare il proprio datore di lavoro" disse scherzando.

"Piantala! Ma lo vuoi capire che sei in pericolo?"

Aiden alzò un sopracciglio "Forse hai ragione… vivere con colui che dovrebbe farmi fuori potrebbe rivelarsi deleterio per la mia salute" scherzò.

Ma l'altro non riusciva a scherzare "Smettila, Aiden! Non sei divertente"

L'altro si fece serio "Lo so, ma… mi aiuta a non pensare a ciò che hai fatto…" si tirò indietro quando l'altro cercò di abbracciarlo “Ciò che hai fatto, le esperienze che hai vissuto ti hanno reso ciò che sei ed io non posso non amarti. Però… sapere che hai ucciso chissà quante persone, provando addirittura piacere mi… mi spaventa" si circondò la vita con le braccia "Mi spaventa sapere che domani potresti rifarlo e poi di nuovo e un'altra volta ancora…”

"No!" Damien lo interruppe bruscamente "Non potrei più farlo. Con te mi sono reso conto di non essere meglio dell'assassino che uccide la vecchietta per rubarle i soldi della pensione che ho sempre condannato. Non potrei più farlo. Mai! Se ripresi è solo perché non sapevo in che altro modo superare il dolore della nostra rottura" si avvicinò piano "Non ucciderò più. Te lo prometto"

Aiden si avvicinò di un passo posandogli una mano sul cuore "Me lo prometti?"

Damien annuì, la voce come svanita nel nulla.

Sorridendo una lacrima gli sfuggì dall'angolo dell'occhio e Damien la catturò con la punta di un dito, posandosela poi sulle labbra e assaporandone il gusto salato.

"Ti amo" sussurrò Aiden portandogli le mani sulla nuca e attirando le sue labbra al suo viso. 

 

"Signora Hamilton!" Fiorini le si avvicinò gioviale, come fosse un vecchio amico "E' un piacere vederla. Sono lieto che abbia accettato il mio invito"

La donna fu fatta accomodare sul divano.

"Cosa vuole da me, Fiorini?"

"Oh, nulla di particolare" fece un vago gesto con la mano "Voglio solo suo figlio" sorrideva come se stesse chiedendo una tazza di zucchero in prestito.

"Se lo scordi!"

Fiorini la guardò con un sorriso enorme sul volto "Non si affanni tanto, prima o poi lo avrò. Specialmente quando verrà a sapere che la sua dolce mammina è stata rapita. In quel preciso istante sono sicuro che il caro Aiden arriverà a Londra al galoppo sul suo bianco destriero e l'armatura scintillante" disse cercando di trattenere le risa.

"Bastardo! Figlio di putt…"

Cassandra si alzò di scatto cercando di colpire Fiorini, ma Simone la bloccò premendolo un fazzoletto sulla bocca.

"Portala via" Fiorini si alzò e si versò uno scotch con ghiaccio "Occupati della polizia e della stampa. Piazza due uomini fissi davanti al loro appartamento ad Hyde Park. Quando vedono il ragazzo arrivare lo prendano e lo portino alla vecchia fabbrica"

"Si, signore"

Uscì dalla suite e dall'albergo grazie alle uscite di emergenza.

Fiorini era contento.

Per la prima volta dopo tanto tempo qualcuno gli aveva dato del filo da torcere e a lui era piaciuto.

Pensava di starsi arrugginendo ma quel piccolo intoppo nei suoi piani gli aveva dato torto.

Era ancora in gamba e nessuno sarebbe mai riuscito a batterlo al suo stesso gioco. 

 

Le avrebbe concesso quella notte, non di più.

Se alle nove di domani mattina non fosse stata di nuovo a casa al sicuro avrebbe chiamato la polizia denunciandone la scomparsa.

Sarah si sedette sulla poltrona, le gambe piegate sotto di lei e la testa posata sul bracciolo.

Si passò una mano sugli occhi con forza.

No, non devo piangere!

Non doveva piangere, disperarsi o perdere la speranza.

Cassandra stava bene, ne era sicura. E anche Aiden non correva pericoli, non con Damien al suo fianco.

Cercò di sorridere nell'oscurità che l'avvolgeva.

Doveva credere e sperare che tutto si risolvesse per il meglio. In fondo il male perde e il bene vince sempre.

Giusto? pensò mentre lacrime furtive bagnavano la stoffa della poltrona. 

 

L'aria fresca del primo mattino, la rugiada sui fili d'erba e sulle foglie dei fiori, il Sole ancora lontano all'orizzonte e gli animali che tornavano alla vita dopo il loro sonno.

Un paradiso se non fosse stato per: "Fa freddo… ho sonno… voglio tornarmene a letto…" l'ennesimo sbadiglio.

Era riuscito a farlo alzare alle sei e da quell'ora non faceva che lamentarsi.

"Shh…" gli posò un indice sulle labbra "Guarda la meraviglia tutto intorno a te…" sussurrò come se non volesse interrompere quel silenzio quasi magico.

Damien si guardò intorno, riempiendosi gli occhi "Nulla che non possa vedere anche alle tre del pomeriggio" si lamentò "Dai… torniamo a letto…" disse con tono invitante.

Sconfitto. Di nuovo.

Si voltarono e tornarono verso il cottage mano nella mano.

"Damien..?"
"Si..?" aveva gli occhi chiusi e camminava guidato da Aiden.

Si portò un pollice alla bocca, mordendolo piano "Pensavo… potresti insegnarmi qualcosa sull'autodifesa?"

Si fermò di botto, fissandolo con occhi spalancati "Perché?"

"Beh… non potremo stare sempre nascosti e tu non potrai starmi incollato ventiquattrore al giorno…"

Invece è proprio quello che voglio fare!

"…quindi sarebbe utile se sapessi difendermi, ti pare?"

Annuì piano, in fondo non aveva tutti i torti "D'accordo… ma più tardi…"

Si rimise a camminare verso la casa.

“No, adesso. Dai… oramai siamo svegli…"

"Tu sarai sveglio…" borbottò senza che potesse sentirlo.

Lo vide allontanarsi… no! Lui voleva fare qualche lezione adesso!

Corse e lo raggiunse fermandoglisi davanti.

"Ti prego… cominciamo adesso…"

Damien cercò di liberarsi, ma senza successo. Così optò per un'altra soluzione.

"D'accordo" si avvicinò "Guarda…" gli mise una gamba tra le sue e con un rapido movimento lo fece cadere a terra, per poi mettersi a cavalcioni su di lui.

Gli bloccò le mani ai lati della testa.

Si agitava come un indemoniato. E di certo non era per liberarsi.

Si piegò su di lui, succhiandogli il labbro inferiore "Allora… cosa vuoi che ti insegni..?" si mosse piano, strofinando il suo corpo contro quello dell'altro.

"Tutto…" gemette "…tutto ciò che sai…"

Sarebbero state lunghe ed interessanti lezioni. 

 

"Pensi che basti?"

Erano nel piccolo supermercato di Blyth intenti a fare la spesa.

"Dio! Aiden, dobbiamo fare una crostata di frutta solo per noi non per l'intero esercito di Sua Maestà!"

Appena finì di parlare si guardò introno preoccupato. Sembrava che nessuno si fosse accorto del suo errore.

Aiden lo guardò come a volerlo prendere in giro "Non preoccuparti, Daniel, vorrà dire che faremo anche una macedonia. O un crumble" aggiunse con occhi sognanti e imploranti.

Dannato ragazzino! Voleva prenderlo in giro per la sua dimenticanza? Beh… forse era meglio se paragonato al flagellarsi a sangue come avrebbe fatto lui.

Sorrise "Andiamo!" fece con finto tono imbronciato trascinandolo per un braccio.

Quando raggiunsero le casse Aiden si volatilizzò per tornare al reparto dolci dove diceva d'essersi scordato qualcosa. La verità era che odiava fare le file, imbustare la spesa e tutto il resto.

Fannullone... pensò sorridendo.

Lo sguardo gli cadde sulla rastrelliera dei giornali e lesse qualche titolo qua e là.

Poi il suo sguardo fu catturato da una foto.

Cassandra..?
Prese in mano la rivista: Cassandra Hamilton rapita?

Si guardò intorno cercando Aiden.

Non era ancora tornato.

Era il suo turno, mise tutta la roba sul nastro e nascose la rivista in una delle buste di carta.

Quando Aiden tornò lui aveva finito e tornarono alla macchina.

Sistemando la spesa fece in modo di nascondere il giornale tra le pieghe di una coperta che teneva nel portabagagli, senza farsi notare da Aiden. 

 

Si alzò facendo ben attenzione a non svegliarlo.

Indossò un paio di jeans e andò in garage a recuperare la rivista.

Lesse l'articolo alla fioca luce dell'abitacolo.

In verità non diceva molto. A quanto si sapeva Cassandra Hamilton – socia fondatrice del prestigioso studio legale Lyon&Hamilton – era scomparsa dopo aver visitato la tomba del marito Micheal Lyon. Non c'era molto altro, ma verso la fine dell'articolo il giornalista faceva notare che non si avevano più notizie neanche del figlio dell'avvocato Hamilton - Aiden Lyon - da più di due mesi.

Nascose la rivista nel vano porta-oggetti e poggiò la testa sulle braccia incrociate sul volante.

Fiorini…
Non c'era neanche bisogno di pensare a chi potesse essere stato.

E neanche sul motivo… se Aiden avesse saputo che sua madre era in pericolo si sarebbe precipitato a salvarla.

Solo che non era in grado di salvarla.

E neanche lui, temeva.

Non era Superman, non credeva di poterci riuscire.

Batté la testa più volte contro il volante.

Cosa doveva fare?

Non dire nulla ad Aiden tanto per cominciare, poi… si sarebbe inventato qualcosa. 

 

"Signorina Parker, ho assegnato il caso a due dei migliori agenti della mia squadra. Vedrà che la troveremo, non c'è bisogno che lei telefoni tutti i giorni" quella ragazzina cominciava a dargli sui nervi e lui non aveva tempo per ascoltare quella vocina che gli ordinava di ritrovare la sua amica.

"Le ho già detto che stiamo facendo del nostro meglio. Quando troveremo la signora Hamilton o avremo ulteriori informazioni la chiameremo. Ora, mi perdoni, ma ho molto lavoro da sbrigare. Buongiorno signorina Parker" e agganciò il telefono.

Qui ci volevano due aspirine.

In realtà Miles e Davis non sapevano da dove iniziare per cercarla. E non per mancanza di indizi. Erano semplicemente due incompetenti.

Proprio come aveva chiesto il suo vecchio amico. 

 

Sentì il suono occupato e sbatté la cornetta.

Dannazione!
Perché la polizia era così… così… ostruzionista?

Ricordò la seconda lettera di Damien.

Fiorini.

Cassandra l'aveva lui e lei cosa mai avrebbe potuto fare per aiutarla?

Nulla!

Non c'era niente che potesse fare! Era un'incapace!

Scoppiò a piangere. 

 

"Non lo toccare!"

Damien fece appena in tempo perché l'altro non si ustionasse.

"E' bollente, aspetta che si raffreddi un po' "

Aiden fece il broncio "Ma a me piace bollente, così posso ricoprirlo di crema di latte o gelato alla crema…" fece col tono di un bambino sull'orlo del piagnisteo.

Damien si tolse il guanto da forno "Fa come ti pare, ma non lamentarti se poi ti ustioni"

Senza farselo ripetere Aiden prese un piatto e si servì di una generosa porzione di crumble che ricoprì di crema di latte e sedendosi al tavolo si preparò a gustarla.

Guardandosi intorno si chiese che fine avesse fatto Damien.

 

Non c'era nessuna novità.

Secondo tutti gli articoli che riuscì a trovare su Internet non c'erano novità nelle indagini che sembravano essersi arenate.

Si poggiò contro la schienale della poltrona.

Avrebbe dovuto dirlo a Aiden ma temeva la sua reazione.

Col carattere che aveva sviluppato negli ultimi tempi sarebbe stato capacissimo di fregarsene dei pericoli pur di non mettere di mezzo sua madre.

Ma il punto era che lei c'entrava.

Se si trovavano in quella situazione, in quei casini, era anche e soprattutto perché l'avvocato Hamilton non era riuscita a dire di no ad un caso che, se avesse vinto, l'avrebbe portata direttamente nell'Olimpo degli avvocati penalisti.

Ma doveva anche riconoscere che se non fosse stato per questo loro due non avrebbero mai parlato e…

Vide Aiden entrare nello studio, sorridergli e avvicinarsi per sedersi sulle sue ginocchia.

Gli circondò le spalle con le sue braccia e lo baciò.

La sua bocca sapeva delle mele del dolce, della crema di latte e anche il sapore inconfondibile di Aiden.

Quello era il paradiso.

Si staccarono solo quando entrambi ebbero bisogno di respirare.

…e loro non sarebbero mai tornati insieme.

Gli strinse la mani sulla vita "Aiden… c'è una cosa che ti devo dire" 

 

"Ancora niente?"

Simone era in piedi davanti il suo capo.

Vederlo così preso da quella situazione gli piaceva. Voleva dire che si stava riprendendo dalla morte di Claudio.

Ma al contempo tutta quell'apprensione nel vendicarsi gli faceva alzare la pressione e poteva avere ripercussioni sul cuore.

"No, signore. Né Lyon né Shaughnessy sono tornati a Londra. Ma forse non l'hanno ancora saputo o…"

Fiorini batté una mano sul ripiano del mobile bar "Si che lo sanno! Di sicuro lo sa Shaughnessy…" e altrettanto sicuramente lo stava nascondendo al suo amichetto "La Hamilton?"

"Bene signore, anche se si ostina a non voler mangiare. Se continua così potrebbe ammalarsi"

Fiorini annuì, dirigendosi nella sua stanza "Fatela mangiare a forza, datele delle flebo se necessario. Voglio che sia pienamente cosciente quando le ammazzerò il figlio davanti gli occhi" si chiuse la porta alle spalle e andò a farsi una doccia.

Simone uscì dalla suite per andare dalla donna. 

 

Alle sue parole aveva visto diverse emozioni prendere forma sul suo volto.

Angoscia, preoccupazione, colpa, rabbia.

"Cosa vuol dire che non posso andare a Londra?!" si era alzato, allontanandosi.

Damien rimase seduto sulla poltrona "E' una trappola Aiden, dovresti capirlo benissimo anche tu. Non puoi andare e salvarla  perché è proprio questo ciò che si aspettano. Dobbiamo rimanere qui e stare calmi" cercò di convincerlo.

Aiden sapeva che le parole dell'altro erano vere, ma non poteva dar loro ascolto "Potrebbero ucciderla, Damien" sempre che non l'abbiano già fatto… a quel pensiero il cuore perse qualche battito e gli occhi gli divennero lucidi.

Damien si alzò, aggirando la scrivania, gli si mise davanti "Non la uccideranno, Aiden. Non gli conviene" quelle parole suonavano talmente false alle sue stesse orecchie che se avesse potuto si sarebbe messo a ridere.

"Non è vero, lo sai! Il loro scopo l'hanno ottenuto, ora non sanno più che farsene di lei!" gli venne in mente una cosa "Da quanto tempo lo sai?"

Damien abbassò lo sguardo "Da quanto tempo?" ripeté scandendo ogni parola.

"Una settimana… più o meno…" sussurrò.

Aiden impallidì.

Sua madre ora poteva essere morta, chissà in quale modo atroce… e tutto a causa sua.

Damien lo afferrò per le spalle "E' viva, Aiden. Tua madre è viva. Fiorini vuol farle provare il dolore della perdita di un figlio e non può farlo se la uccide"

Era così. Doveva essere così.

"Promettimi che non andrai a Londra. Ti giuro che troverò un modo per salvarla ma tu promettimi che non scapperai" gli alzò il viso mettendogli l'indice sotto il mento "Promettimelo" pregò.

"Te lo prometto" 

 

Il capo riverso da un lato, era in uno stato di semi incoscienza.

Le avevano dato del sonnifero per calmare quella furia scatenata.

"Aiden… dove sei Aiden..?" non faceva altro che chiamare il figlio.

A quella melensa dimostrazione di affetto materno Simone fece una smorfia.

Ancora non lo aveva incontrato e già gli stava sulle palle quel ragazzino.

Tutti lo volevano proteggere e la cosa non gli piaceva. Stava perdendo un sacco di tempo e, soprattutto, la salute del suo capo poteva solo peggiorare.

"Aiden…"
Sperò che si facesse vivo al più presto.

Prima lo eliminavano prima sarebbero finite tutte quelle scocciature. 

 

Il sole non era ancora sorto ma lui era già vestito.

Si concesse un momento per osservarlo dormire. Gli piacevano quei momenti perché sembrava che fosse lui a proteggere l'altro e non il contrario.

Scese, con molta attenzione, le scale. Prese il portafoglio con la sua nuova identità, indossò il cappotto e prese le chiavi della macchina.

Osservò il cottage diventare sempre più piccolo nello specchietto laterale.

Ti amo Damien…

 

Tornò lentamente alla veglia, come suo solito, ma… quando aprì gli occhi non c'erano i suoi oceani blu a dargli il buongiorno.

Tastò con la mano l'altra parte del letto.

Freddo.
Un brivido gelido gli corse lungo la spina dorsale.

Si alzò e, rischiando di farsi male, s'infilò un paio di pantaloni mentre guardava nelle stanze al piano superiore.

Scese le scale e in anticamera notò che non c'erano più le chiavi dell'auto.

Si precipitò alla porta secondaria spalancandola ed uscendo nel giardino.

La macchina non c'era.

E neanche Aiden.

Il cuore smise di battere, i pensieri assenti, anche il tempo sembrava essersi fermato.

Poi si fiondò in casa, salì e si vestì.

Aiden stava andando a Londra, sperò solo che fosse talmente preso dal suo obiettivo da non pensare di prendere un aereo e che ci arrivasse in auto. In questo modo lui avrebbe potuto raggiungere l'aeroporto di Edimburgo e, con molta fortuna, arrivare prima di lui. 

 

La strada era ancora molto lunga. Stava guidando ininterrottamente da quasi cinque ore e cominciava a sentirne la fatica.

Mise la freccia a sinistra per fermarsi e prendere qualcosa in un bar.

Si sedette ad un tavolo, isolato dagli altri avventori, aspettando l'arrivo della cameriera che gli si presentò davanti a tempo di record.

Gli fece il più smagliante dei suoi sorrisi ma Aiden rifiutò con garbo e gentilezza ogni proposta più o meno velata che la ragazza gli fece per tutto il tempo.

Forse una volta le avrebbe accolte con gioia e avrebbe fatto passare ad entrambi un paio d'ore in paradiso ma ora non più.

Stava imburrando un toast e al contempo rifletteva su quanto Damien l'avesse cambiato in quei due anni e mezzo.

Gli aveva fatto provare un amore e una sofferenza così profondi da spaventarlo.

Perché, in effetti, per un certo periodo - più o meno due minuti - si era spaventato rendendosi conto di quanto lo amasse.

Ma alla fine si era comportato come suo solito, ossia accentandolo e vivendo benissimo.

Per la sofferenza invece c'era un discorso del tutto diverso. Era stata proprio quella a fargli creare il suo mondo parallelo in cui tutto era meraviglioso.

Chissà cosa sarebbe successo se Damien non lo fosse venuto a prendere..?

La cameriera gli portò il conto con un ultimo, luminoso, sorriso distogliendolo dai suoi pensieri.

Riscuotendosi si alzò, pagò il conto ed uscì dal locale per tornare alla macchina.

Guardò l'orologio. Se avesse superato tutti i limiti di velocità sarebbe arrivato a Londra entro sera. 

 

Era riuscito a prendere un treno per Edimburgo, da Blyth, solo a mezzogiorno.

Una volta alla stazione prese un taxi per l'aeroporto e li scoprì che il prossimo volo per Londra sarebbe partito solo alle sette.

Quasi quattro ore.

Quattro ore in cui non avrebbe potuto fare altro che aspettare e pensare. 

Doveva pensare.

Doveva pensare a come risolvere tutta quella situazione senza fare del male ad Aiden o Cassandra.

Come poteva riuscirci?

Non sapeva nulla di ciò che lo aspettava, di cosa avrebbe trovato al suo ritorno.

La gente gli passava davanti ma nessuno gli badava e anche se qualcuno lo avesse degnato di uno sguardo non avrebbe notato nient'altro se non un uomo completamente perso nei suoi pensieri.

Ma i pensieri di Damien avevano smesso da un pezzo di arrovellarsi su qualcosa di completamente ignoto, preferendo concentrarsi su qualcosa che conoscevano molto bene.

Aiden.

O almeno pensava di conoscerlo. Si era fidato della promessa che gli aveva fatto, ma l'altro l'aveva rotta.

Per un secondo, quando aveva sentito quella parte del letto fredda aveva pensato di aver sognato tutto ciò che era successo.

Il cottage, le loro confessioni e la loro riconciliazione.

Erano di nuovo insieme.

Non si era mai fermato a rifletterci sopra, aveva preferito vivere alla giornata.

Ma ora aveva tutto il tempo per pensarci.

Oramai Aiden sapeva tutto di lui, non c'era nulla che gli avesse tenuto nascosto. Ora la sua vita era letteralmente nelle mani dell'uomo che amava.

Attese la solita ondata di paura che avrebbe dovuto coglierlo, ma questa non arrivò.

Al contrario una profonda gioia e tranquillità avevano preso posto nel suo cuore.

Aveva ancora qualche piccola paura, ad esempio non era ancora riuscito a dirgli ti amo, ma ci stava lavorando.

Presto anche quel muro sarebbe stato abbattuto.

Ti amo… presto, molto presto glielo avrebbe detto guardandolo negli occhi.

Si destò dai suoi pensieri e ascoltò l'annuncio che invitava i passeggeri del volo BA 472 per Londra a recarsi al cancello d'imbarco numero tre. 

 

Le luci di Londra, il fiume, il Big Ben, il Ponte delle Torri… li aveva sempre dati per scontati ma ora si rese conto che gli era mancata la sua città.

Erano le otto quando parcheggiò la macchina davanti al suo palazzo.

Era tornato a casa ma non ci sarebbe stato nessuno ad accoglierlo.

A passo spedito si avviò all'entrata ma a pochi passi dall'entrata due uomini lo fermarono.

Quello dai capelli rossi lo prese per un braccio "Vieni con noi" ringhiò.

Fiorini… fu il suo unico pensiero alla vista di quei due.

Aiden cercò di liberarsi strattonando, impuntandosi, ma non poteva competere con quei due sul piano fisico.

Così fece finta di arrendersi.

L'altro, dai capelli scuri, li precedeva di qualche metro.

Si bloccò di colpo e con un rapido gesto si mise davanti quello che lo teneva stretto, mise una gamba fra quelle dell'altro, gli spostò il piede destro in avanti col suo e l'uomo cadde rovinosamente a terra.

Quello davanti si voltò e non appena registrata la scena cominciò a correre verso di loro.

Aiden, non appena liberatosi, si era voltato e correndo si era diretto verso il suo palazzo.

Gli altri due lo seguivano, ma se fosse riuscito ad entrare nell'atrio sarebbe stato al sicuro.

Salì rapido i quattro gradini e spinse, con tutta la forza che aveva, la porta girevole.

I due lo raggiunsero ma si bloccarono lì.

"Tutto bene, signorino Lyon?"

Si voltò e vide il portiere osservarlo confuso e sorpreso.

Annuì sorridendo "Si, tutto bene, grazie Joseph"

Con calma si diresse verso gli ascensori chiamandone uno.

Fece dei profondi respiri per rallentare il battito impazzito del suo cuore.

Entrò nell'ascensore e premette il pulsante per il dodicesimo piano.

Chiuse gli occhi, concentrandosi sulla respirazione.

Non aveva pensato a ciò che faceva, aveva agito e basta.

Si era ricordato della mossa che Damien aveva usato su di lui quel mattino e aveva tentato di emularla.

La classica fortuna del principiante… ridacchiò.

Però… ora… tutto questo, tutto quello che era successo stava a significare che qualcuno lo voleva davvero morto.

Per tutto questo tempo una piccola parte di se, quasi inconscia, aveva sperato che in realtà si trattasse di uno scherzo, di una scusa che Damien aveva usato per tornare da lui.

Ma non era così.

E quegli uomini più il rapimento di sua madre avevano distrutto il suo castello di fantasie.

Aprì la porta dell'appartamento che trovò immerso nell'oscurità più totale.

Accese le luci del soggiorno e andò nella sua stanza.

Camminò nel buio finché non raggiunse il comodino e accese l'abat-jour.

Quella luce tenue ma improvvisa svegliò Sarah dal suo dormiveglia che con il suo piccolo urlo spaventò Aiden, sorpreso di trovarla lì.

Si guardarono l'un l'altra.

L'uno felice di rivederla, l'altra incredula.

Sarah scoppiò in lacrime, tutte quelle che aveva trattenuto da quando se n'era andato, lo abbracciò di slancio, ridendo e piangendo allo stesso tempo.

Sorridendo, Aiden l'abbracciò a sua volta. 

 

Non c'era un taxi libero!

Ce n'erano sempre decine e decine ed ora che gliene serviva uno non c'era.

Erano tutti occupati!

Era preoccupato a morte per Aiden, di sicuro Fiorini aveva già saputo del loro arrivo e probabilmente ora gongolava estasiato.

Finalmente arrivò un taxi e lui quasi gridò infuriato l'indirizzo a cui portarlo.

Sperava che stesse bene e che non avesse fatto mosse azzardate… tipo mettersi a cercare i rapitori di Cassandra andando a chiedere nei quartieri malfamati.

Ne sarebbe stato capacissimo.

Il taxi si fermò e lui lanciò addosso all'autista almeno il doppio del costo della corsa.

Il portiere cercò di fermarlo per chiedere chi cercasse, per farlo annunciare.

Damien lo scansò in malo modo e chiamò un ascensore che sembrava non voler arrivare.

Tre secondi dopo la chiamata cercò le scale iniziando a salirle due alla volta.

Sentiva il battito del cuore rimbombargli nelle orecchie.

Fa che sia salvo…

Temeva che gli scoppiasse per tutte le ventiquattro rampe di scale.

Fa che stia bene…

Spalancò la porta e con la forza della disperazione cominciò a bussare senza sosta alla porta del suo appartamento.

Aveva il braccio a mezz'aria quando Aiden gli aprì la porta.

E la mano, come mossa di volontà propria, lo schiaffeggiò per poi afferrarlo e stringerlo a se.

Pazzo incosciente!

Come aveva potuto aprire senza prima accertarsi di chi si trattasse?

"Damien…" sussurrò confuso, sentendo la guancia iniziare a gonfiarsi "Damien…"

"No…" gli prese il viso tra le mani e lo baciò con tutto l'amore che provava per lui, con tutta la disperazione di quelle lunghe, interminabili, ore.

"W…wow!" mormorò Aiden scosso.

L'altro lo studiava per assicurarsi che fosse proprio il suo Aiden, che fosse tutto intero.

"Promettimi che non lo farai mai, mai più! Sono invecchiato di dieci anni in una sola giornata!"

Il pazzo incosciente annuì sorridendogli. 

 

"Signore?" Simone bussò e non ottenendo risposta aprì la porta della camera da letto "Signore?"

Sentì un gemito provenire dal letto, Simone vi si avvicinò e trovò Fiorini in ginocchio sul pavimento, si teneva la mano destra sul cuore.

"Signore!" si precipitò al suo fianco, i fogli che aveva in mano si sparsero sul pavimento.

Respirava affannosamente, il volto quasi congestionato. Sul comodino vide le medicine e prese due pasticche facendogliele prendere insieme a un sorso d'acqua.

Lo aiutò a sistemarsi sul letto. Lentamente Fiorini riprese un colorito normale.

Anche Simone riuscì a riprendersi e a respirare normalmente. Aveva temuto per la sua vita in quei momenti.

"Come si sente, signore?"

L'anziano uomo di mafia annuì piano "Sto bene" poi, ritrovando il suo piglio dittatoriale "Ci sono novità?"

Simone non sapeva cosa rispondere, temeva che quelle notizie potessero avere un effetto nocivo per la salute di Fiorini.

"Ti ho chiesto se ci sono delle novità e non intendo farlo di nuovo!"

Simone recuperò i fogli e tornò da Fiorini.

"Signore… Shaughnessy e Lyon sono tornati" 

 

Tutti e tre in soggiorno, Sarah parlava raccontando ciò che era successo durante la loro assenza.

Le ricerche di Cassandra, i mille colloqui avuti con Scotland Yard e infine il suo rapimento.

"…era andata al cimitero per parlare con Micheal ma non è più tornata…"

I due erano seduti sul divano, l'uno accanto all'altro.

Aiden teneva stretta una mano di Damien fra le sue per non lasciarsi andare, per non precipitarsi a cercare Fiorini e farsi dire dove avesse nascosto sua madre.

Si sentiva in colpa per ciò che era accaduto a sua madre e desiderava poterla andare a salvare, ma se solo avesse provato a varcare la soglia di casa Damien l'avrebbe ucciso.

Glielo aveva detto lui e sebbene dubitasse del fatto che potesse farlo sul serio non dubitava che avrebbe potuto prenderlo e legarlo da qualche parte per impedirgli di muoversi di lì.

"Fiorini si è mai messo in contatto con voi?" chiese Damien.

Sarah scosse la testa "No, non l'ha mai fatto, ma sia io che Cassandra ci sentivamo perennemente osservate. Non facevamo un passo senza sentirci gli occhi di qualcuno addosso" si strinse nelle spalle "Ma… suppongo fosse normale"

Continuarono a parlare per un'altra ora. Damien faceva domande su domande, alcune delle quali, apparentemente, inutili.

Ma ogni più piccolo particolare, anche il più insignificante, si sarebbe potuto rivelare vitale.

Alla fine, notando quanto la ragazza fosse esausta da quella specie di terzo grado, decise di smettere.

Aiden lo portò nella sua stanza, chiudendo la porta alle loro spalle.

"E' la prima volta che entro nella tua stanza" constatò Damien, voltandosi e sorridendogli "E noto che hai un letto singolo…" si avvicinò e gli girò intorno per abbracciarlo da dietro e posargli un bacio sul collo.

"Damien, io… mi dispiace…"

"Shh…" lo interruppe voltandolo e posandogli un dito sulle labbra "Va tutto bene, per fortuna non è successo nulla…" cominciò a deporre tanti piccoli baci sul collo e dietro l'orecchio "Ma se morirò d'infarto mentre sono nel fiore degli anni sappi che sarà tutta colpa tua…" ridacchiò stringendolo a se per baciarlo.

Avrebbe dovuto dirgli degli uomini che avevano cercato di prenderlo quando era appena arrivato?

Si, lo farò… sentì Damien iniziare a spogliarlo.

Ma più tardi, molto più tardi… pensò mentre cadevano abbracciati sul letto.

 

Il mattino arrivò troppo presto per entrambi.

Morfeo era riuscito a sedurli solo alle prime luci dell'aurora, dopo che i due avevano passato la notte a parlare e fare l'amore.

Non necessariamente in quest'ordine.

Aiden era praticamente sdraiato sul corpo di Damien, che lo teneva abbracciato a se.

Quello era il paradiso.

Sospirò, pensando a ciò che li aspettava.

Aveva cercato di proteggere Aiden, di non fargli correre alcun pericolo, di fargli iniziare una nuova vita, ma ora si rendeva conto di aver sbagliato.

Col suo comportamento aveva inconsapevolmente fatto ciò che Fiorini voleva: distruggere la vita della famiglia Hamilton.

Ora avrebbe rimediato ai suoi errori.

Sorrise, gli occhi chiusi e posò un leggero bacio sulla fronte di Aiden.

Quanto lo amava!

Non pensava che l'amore potesse essere così.

Qualcosa che ti travolge, che ti rende sordo, muto, cieco e quasi disperato per tutto il tempo in cui non si è accanto alla persona amata.

Un sentimento che non si può rendere a parole perché non ne esistono di abbastanza complesse e semplici per poterlo esprimere.

Lo si può soltanto vivere, come alla fine aveva deciso di fare lui.

E mai decisione l'aveva reso più sereno e spaventato al contempo. 

 

"Buongiorno avvocato! Come si sente oggi?"

Simone era arrivato da appena due secondi e già iniziava con le sue battutine sceme.

Avesse potuto Cassandra l'avrebbe strozzato solo per non sentirlo più parlare, ma non poteva farlo restando ammanettata ai braccioli di quella sedia.

Le posò davanti del tea, succo d'arancia, brioche, burro e marmellate ed iniziò a mangiare con gusto.

La ignorava mentre sfogliava la copia di The Economist, leggendo qualche articolo che avrebbe potuto interessarlo.

Per un momento si fermò e guardò la donna davanti a se "Che sbadato che sono!" esclamò "Non le ho offerto nulla, ma rimedio subito" prese una brioche e l'aprì a metà imburrandola e spalmandoci sopra una generosa dose di marmellata alle fragole.

Lo richiuse e lo posò su un tovagliolo davanti a Cassandra, facendole cenno con la mano di servirsi senza complimenti. 

Raggiante e perfido.

Alcuni minuti più tardi Simone mise via tutto e gettò gli avanzi in un cestino.

Le augurò buona giornata ed uscì dalla stanza.

Cercò di rilassarsi, nell'attesa che qualcuno la riportasse nella sua cella.

Sentì il cigolio della porta ma non ci furono passi diretti nella sua direzione.

Girò lo sguardo verso quella che era l'unica uscita e vide la testa di Simone fare capolino.

"Mi ero dimenticato di dirle che suo figlio è tornato a casa. Presto la famigliola felice sarà di nuovo unita!" le sorrise e sbatté la porta.

Aiden…

 

Sarah entrò in cucina già vestita, pronta ad affrontare una nuova giornata.

L'ammirava per il coraggio che aveva dimostrato, pochi sarebbero stati capaci di altrettanto.

"Buongiorno Sarah" portò la tazza alle labbra bevendo un sorso di caffè.

La ragazza sobbalzò, indice che non l'aveva notato affatto.

"Buongiorno Damien" si voltò e rispose sorridendo al suo saluto.

Si servì anche lei del caffè per poi sedersi di fronte a lui. Entrambi nervosi senza volerlo ammettere.

"Mi… mi spiace se ti ho messo nei guai con Cassandra quando ho preso Aiden"

Sarah scosse la testa "Nessun problema, era importante" per un attimo il suo sguardo si perse nel vuoto "E poi… Aiden è felice" sorrise "Siete tornati insieme, non è vero?" chiese felice per loro.

Damien annuì lievemente imbarazzato "Si…" a volte Sarah lo metteva a disagio col suo comportamento così aperto e diretto.

"Pensi che Fiorini sappia del vostro ritorno?"

L'uomo fece un profondo respiro "Probabilmente si… anche se non ho visto nessuno quando sono arrivato qui" oppure erano molto bravi a nascondersi.

Aiden fece il suo ingresso col sorriso sulle labbra, esuberante. Non voleva che Damien e Sarah si preoccupassero per lui più di quanto già non facessero.

"Buongiorno!" schioccò ad entrambi un bacio sulle labbra per poi cominciare a tirare fuori uova, latte e bacon per preparare la colazione.

I due si guardarono, stupiti da quell'atteggiamento così vivace.

"Aiden… tutto bene?"

Il ragazzo si voltò un attimo, sorridendo "Certo Sarah!"

Rigirava le uova nella padella mentre il bacon iniziava a sfrigolare nell'altra.

Damien sorrise ma sapeva che quella era tutta una finta.

"Ehm… io vado a farmi una doccia…" disse alzandosi.

"Non fai colazione?" Aiden col grembiule e un cucchiaio di legno in mano sembrava davvero un bravo casalingo.

"No, grazie… preferisco continuare a vivere ancora un po'" e così dicendo si allontanò ridendo. 

 

Fiorini si alzò dal letto oramai completamente rimesso.

Il dottore gli aveva diagnosticato un principio d'infarto e gli aveva consigliato riposo assoluto, niente lavoro e niente stress.

Lui l'aveva mandato a farsi fottere.

Nessuno poteva dire a Carlo Fiorini cosa potesse o meno fare.

Si sedette al tavolo per fare colazione servito da uno dei suoi assistenti.

Oramai era giunto il momento di porre fine a quel gioco.

Quasi non lo interessava più vendicare suo figlio - in fondo Claudio era stato punito per la sua leggerezza nell'operare - ma ciò cui non poteva passare sopra era la sfida che Shaughnessy gli aveva lanciato col suo comportamento.

Ingannarlo, sfidarlo, prendersi gioco di lui, nonché derubarlo… era questo ciò che quell'assassino aveva fatto e lui non poteva non reagire. Ne andava del suo onore.

Erano stati commessi errori grossolani in quella vicenda; errori per cui qualcuno avrebbe pagato. Fosse anche stato Simone.

Carlo Fiorini non poteva permettersi che i suoi collaboratori più stretti fossero meno che perfetti.

Proprio in quel momento Simone tornò dalla sua colazione con Cassandra e Fiorini mandò via l'assistente che l'aveva servito sino adesso.

"Come sta la signora Hamilton?" chiese portandosi alla bocca un pezzo di salsiccia - l'ideale per il suo cuore.

"Bene, signore. Sono sicuro che non vede l'ora di riabbracciare suo figlio" lo informò ironico.

Fiorini finì di fare colazione in silenzio, perfezionando nella sua mente gli ultimi dettagli del suo piano.

Quando ebbe finito di mangiare si recò nello studio, seguito da quel cagnolino fedele che era Simone, prese il telefono e compose un numero che aveva oramai stampato a fuoco nel cervello. 

 

Riagganciò con quanta più calma potesse la cornetta del telefono.

Un incontro. Per il giorno successivo.

Aiden entrò nello studio di sua madre osservando ogni mobile o soprammobile come fosse la prima volta che li vedesse.

La libreria piena di testi giuridici e dei romanzi di spionaggio che tanto le piacevano, i piccoli oggetti in cristallo Swarovsky di cui faceva collezione, il pennino posato su una base in radica accanto ad una rifinita boccetta in vetro di Murano, contenente inchiostro nero, con cui firmava i documenti più importanti.

Tutte quelle cose parlavano di sua madre, delle cose in cui credeva e dei suoi sogni.

Damien lo vedeva sfiorare ogni oggetto e chiudere gli occhi come se questi potessero raccontargli una storia.

Si alzò e lo abbracciò da dietro stringendogli le braccia intorno alla vita e posandogli un bacio dietro l'orecchio.

"Come ti senti?"

Aiden posò le mani sulle sue, poggiando la testa sulla spalla destra di Damien.

"Ho sempre dato per scontato la sua presenza. Anche se era molto spesso lontana io sapevo che per me lei ci sarebbe sempre stata. Ogni volta che avevo un problema lei mi restava vicino. E' davvero una persona eccezionale… quando le ho detto di essere gay mi ha guardato e ha detto che così finalmente avrebbe avuto qualcuno con cui parlare di uomini… a patto che non cercassi di sedurre i suoi" rise sommessamente al ricordo di ciò che lui aveva immaginato come l'Apocalisse, la fine della sua vita. Si girò e gli mise le braccia intorno al collo "La salveremo, non è vero?" lo guardò negli occhi supplichevole "Non è vero?" ripeté con disperata veemenza.

Damien annuì "Si, la salveremo" rispose posandogli un bacio sulle labbra.

Avrebbe fatto tutto il possibile e l'impossibile per salvare Cassandra.

"Chi era al telefono?" chiese Aiden quando finalmente le loro labbra si separarono.

Lo strinse più forte a se, indeciso se confessargli o meno ciò che stava per accadere.

Aiden aveva poggiato la guancia sul suo petto, gli occhi sempre chiusi come se senza guardare ciò che lo circondava sarebbe scomparso.

"Era Fiorini, vero?"

Damien annuì impercettibilmente "Si…" mormorò piano.

Era inutile tenergli nascosto qualcosa che avrebbe comunque scoperto.

"Domani dovremo incontrarlo. Mi ha dato le indicazioni per raggiungere una piccola fabbrica abbandonata poco fuori città. Io… io vorrei che tu rimanessi qui…"

Aiden sorrise e scosse la testa "Niente da fare. Io vengo con te"

Sapeva che avrebbe risposto in quel modo.

"Ti amo, Damien"

"Anch'io" sussurrò sulle sue labbra prima di imprigionarle in un nuovo, dolce bacio. 

 

Sarah se ne stava chiusa nella sua stanza a pregare.

Non era mai stata credente, ma chissà per quale motivo nei momenti di bisogno o pericolo tutti gli esseri umani invocano l'aiuto di Dio o di un qualche Essere Superiore; e Sarah non faceva eccezione.

Era seduta sulla poltrona, il capo chino e le mani intrecciate sulle ginocchia. Muoveva piano le labbra, ma da esse non usciva alcun suono.

Pregava per Cassandra, per Aiden e per Damien.

Invocava chiunque fosse a prendere le decisioni in questo pazzo Universo di proteggerli, facendo in modo che non accadesse loro nessun male.

Quelle persone erano la sua unica famiglia. 

 

Lasciarono un messaggio per Sarah in cucina ed uscirono.

Raggiunsero St. James' Park e si fermarono per dare da mangiare ai cigni.

In silenzio, fugaci sguardi e sorrisi nel ricordare il luogo che aveva cambiato la loro vita.

Stavano seduti su una panchina, l'uno accanto all'altro, le dita che si intrecciavano, sfioravano, allontanavano per poi di nuovo cercarsi e unirsi.

La gente che camminava lanciava sguardi sorpresi o disgustati, ma anche invidiosi per quell'amore che si percepiva semplicemente guardandoli.

Non sapevano cosa sarebbe accaduto il giorno successivo per questo vivevano quelle ore come in una bolla, ignorando ciò che li circondava e concentrandosi solo l'uno sull'altro.

Ogni gesto, ogni sguardo valeva più di centinaia di parole.

Percorsero insieme tutta la strada che Damien aveva fatto il giorno successivo al loro primo incontro, da Greenwich sino alla Piazza del Parlamento, dopo aver preso il battello.

Si fermavano ogni tanto in un locale per prendere qualcosa ma rimanevano comunque in silenzio, limitando a sorridersi.

Fu naturale arrivare sino al Blue River, un luogo che per entrambi significava molto.

Gale li accolse col sorrise sulle labbra ma pregò Damien di concederle cinque minuti in privato.

Gli spiegò cosa fosse successo, chiedendo spiegazioni ma Damien non poteva raccontarle nulla e si limitò a porgerle le sue scuse assicurandole che non sarebbe più accaduta una cosa del genere.

Aiden lo aspettava al loro tavolo e lui gli portò un bocciolo di rosa bianca.

"Pura come te"

Le prime parole che pronunciò furono le stesse di due anni prima, quando la loro storia iniziò realmente.

Gli posò un lieve bacio sulle labbra per poi sedersi al suo posto.

Cenarono in tranquillità, il quartetto d'archi che suonava.

Aiden si alzò, porgendogli una mano per invitarlo a ballare. Damien sorrise e si alzò cingendogli la vita con le braccia, avvicinandolo a se mentre l'altro gli poggiava la testa su una spalla.

Gli altri avventori li guardarono curiosi o lievemente infastiditi ma loro non vedevano o sentivano nulla che fosse al di là della loro bolla.

In verità non ballavano, si limitavano a dondolare lievemente, persi nel mare dei loro pensieri e delle loro emozioni.

Tornarono a casa quando era ancora piuttosto presto. Le stanze erano immerse nell'oscurità, probabilmente Sarah era già andata a dormire.

Si chiusero la porta alle spalle e lì fuori lasciarono anche tutte le loro paure e preoccupazioni per il domani.

Le mani sfioravano, spogliavano, toccavano.

Le labbra baciavano, i denti mordevano leggeri.

Gli abiti caddero sul pavimento, i loro corpi si sdraiarono su quel letto troppo piccolo per entrambi.

Sussurri rochi, gemiti… l'aria era pregna di essi e delle frasi sussurrate a metà.

Due corpi separati, uniti da una sola anima. 

 

Aiden dormiva tranquillo, poggiato sul suo corpo.

Gli accarezzava i capelli e posava lievi baci su tutto il suo viso.

Gli sfiorò le labbra con le sue.

"Ti amo…" mormorò prima di addormentarsi a sua volta. 

 

Fiorini si alzò assaporando quella che per lui sarebbe stata la giornata della Vittoria.

Dopo colazione lui e Simone partirono per raggiungere il luogo dell'incontro.

Gli uomini rimasti a Londra lo avrebbero avvertito non appena Lyon e Shaughnessy si fossero mossi.

Aveva aspettato due mesi.

Sessanta giorni.

Non sembrano molti a pensarci, ma viverli è molto diverso.

L'aspettare che fosse l'avversario a fare la prima mossa perché non si aveva nulla in mano.

L'attesa spasmodica di una telefonata che non arrivava, doversene restare con le mani in mano quando si ha voglia di spaccare qualsiasi cosa pur di attenuare la frustrazione che avvolgeva la mente e l'anima.

Ma finalmente tutto questo sarebbe presto finito. 

 

Si svegliarono nello stesso momento e si sorrisero.

Si alzarono e fecero la doccia insieme per poi preparare insieme la colazione.

Sempre mano nella mano, incapaci di sciogliere quel lieve contatto fra i loro corpi.

Prepararono la colazione in un'atmosfera sensuale e angosciosa al contempo.

Spaventati da ciò che sarebbe potuto accadere, ma decisi ad andare sino in fondo. 

Scrissero un nuovo biglietto per Sarah, spiegandole dove fossero diretti.

Indossarono i cappotti e scesero nel parcheggio sotterraneo per prendere l'auto.

Le note dell'Inverno di Vivaldi si spandevano nell'abitacolo.

Aiden teneva una mano sulla coscia di Damien, incapace di interrompere il loro dolce e continuo contatto.

La strada scorreva, Damien seguiva le indicazioni di Fiorini. Per poco non perse la strada in cui doveva svoltare, tanto questa era piccola e quasi nascosta.

Percorse qualche chilometro su una strada sterrata per poi fermarsi nello spiazzo di quella che una volta doveva essere stata una fiorente industria.

Spense il motore e tirò il freno a mano.

Aprì lo sportello ma Aiden lo bloccò.

"Qualunque cosa accada" disse serio guardandolo negli occhi "Ricorda che ti amerò per sempre e che resterò per sempre insieme a te. Qui" disse posandogli una mano sul cuore.

Damien avrebbe voluto ribattere, dire che non sarebbe successo nulla a nessuno dei due, ma non ci riuscì.

Annuì piano per poi allungarsi verso Aiden e baciarlo il più lentamente possibile. Assaporando e memorizzando ogni emozione che quel bacio faceva nascere in lui. 

 

"Signore, sono arrivati"

L'uomo annuì e allontano Simone con un gesto della mano.

"Il figliol prodigo ha fatto finalmente ritorno. Contenta di poter riabbracciare il suo bambino?" parlava in tono ironico alla donna che gli stava seduta davanti legata e imbavagliata.

Aveva voluto quel bavaglio solo per dare un tocco di drammaticità in più.

Non parlava spesso in inglese; la trovava una lingua troppo fredda e priva di musicalità. Inadatta ad uno spirito passionale e alla costante ricerca della bellezza come lui.

Ma per quella volta avrebbe fatto un'eccezione. 

 

Il cielo era terso ma un forte vento sferzava quel luogo.

Da uno dei capannoni laterali videro uscire un uomo che veniva loro incontro.

Ora era ufficiale.

Le sue vite si stavano intrecciando. La cosa che più temeva era divenuta realtà.

"Signor Forsyth" Simone li accolse caloroso, il sorriso sulle labbra "Mi scusi, volevo dire Shaughnessy, è un piacere rivederla" lo fissò per qualche istante per poi squadrare Aiden dalla testa ai piedi "E così tu sei il motivo di tutti questi casini" alzò un sopracciglio, superbo "Mi aspettavo di meglio. Prego…" si girò e fece loro strada "…vogliate seguirmi signori"


Sentì la mano di Aiden serrarsi sulla sua e lui la strinse a sua volta, guardandolo e sorridendogli.

Sarebbe andato tutto bene. 

La vita di Damien.

Una vita di cui fino a due settimane fa era completamente all'oscuro.

Una vita fatta di nomi falsi, fughe, sotterfugi e chissà quant'altro.

Una vita che Damien aveva abbandonato per lui. Questo non doveva dimenticarlo.

L'uomo che li precedeva non aveva nascosto il disgusto che provava per lui.

Se ne chiese il motivo.

In fondo lui non doveva essere solo un'altra persona da far uccidere?

Il capannone era immerso in una semioscurità cui, ben presto, i loro occhi si abituarono.

Era completamente vuoto, ad eccezione di qualche impalcatura in acciaio e di una carrucola con gancio i cui binari percorrevano l'intero soffitto.

I loro passi rimbombavano.

Poi la vide. Sua madre

Legata, imbavagliata, gli occhi spalancati dal terrore che lo pregavano di andarsene, di fuggire.

Avrebbe voluto chiamarla, correrle incontro, liberarla.

Cercò di fare un passo avanti ma Damien lo fermò, facendogli cenno di no con la testa.

Frustrato, restò dove si trovava, fissando sua madre e sorridendole cercando rassicurarla.

Ma quel sorriso non convinceva neanche lui. 

 

Fiorini era vicino la donna, seduto dall'altra parte del tavolo su cui troneggiavano una bottiglia di vino rosse e due bicchieri. 

L'uno pieno, l'altro quasi vuoto.

Simone riempì il bicchiere di Fiorini e questi rigirò il liquido nel calice con un delicato movimento del polso, lo portò al naso sentendone il profumo, e infine lo portò alle labbra bevendone un piccolo sorso.

Lo poggiò con eleganza sul tavolo.

"Sono molto deluso dal suo operato signor Shaughnessy. Mi avevano assicurato che lei fosse il miglior assassino disponibile, invece mi ha rubato due milioni e mezzo di sterline per poi andarsela a spassare chissà dove col suo obiettivo" scosse la testa sconsolato "Glielo ripeto: sono molto deluso"

La voce era pacata ma Damien percepiva una luce di ferocia e determinazione a fargliela pagare nei suoi occhi.

"Peccato che lei non abbia stipulato un contratto soddisfatti o rimborsati" ironico.

Fiorini sorrise "Già… un vero peccato"

Cassandra aveva, se possibile, sbarrato ancor di più gli occhi a quelle nuove informazioni.

Aveva fatto mille congetture, mille ipotesi, anche le più assurde per cercare di spiegarsi il come Damien facesse a sapere il piano di Fiorini; ma l'ipotesi che quell'uomo così elegante, raffinato, a volte persino timido, potesse essere un assassino a pagamento non l'aveva neanche sfiorata. 

 

Aiden si era spaventato nel sentire la voce di Damien divenire gelida come il ghiaccio e affilata come la lama di una spada. 

Anche il suo viso era cambiato. Sebbene i lineamenti fossero gli stessi faticava a riconoscervi colui che amava.

Un obbiettivo.

Era soltanto questo, nulla di più. Si chiese, forse per la milionesima volta, quanti obbiettivi avesse ucciso in tutti quegli anni.

Vide Simone mettere una mano nella giacca e prendere una pistola.

La caricò con calma e la puntò verso di lui.

Istintivamente fece un passo indietro ma sentì la mano di Damien fermarlo.

Lo guardò, e sebbene non avesse cambiato espressione, capì che era spaventato tanto quanto lui.

Fiorini prese in mano il bicchiere, eseguendo gli stessi gesti di prima e quando la base del calice toccò la superficie del tavolo lui iniziò a parlare. 

"Lei sa bene quale fosse il mio piano signor Shaughnessy" si alzò e si portò alle spalle di Cassandra "Punire questa donna per aver fatto condannare a morte mio figlio" le tolse il bavaglio per poi posare le mani sul collo "Va meglio signora Hamilton?" diede una stretta di alcuni secondi, poi sorridendo si rimise seduto e portò il bicchiere alle labbra, bevve qualche sorso e continuò "Dove ero rimasto? Ah, si…" sembrava che stesse facendo conversazione spicciola e non pronunciando la sentenza di quel processo dove era stato giudice e giuria "Lei signor Shaughnessy ha accettato l'incarico per poi fuggire e sfidarmi ed io questo non posso accettarlo" un raggio di luce investì la canna della pista "Se fossi un banale e sanguinoso mafioso come molti si ostinano a pensare non avrei problemi a toglierla di mezzo. Ma io non sono così, io sono più raffinato" sorrise "Penso che la punizione migliore per qualcuno che ci ha fatto uno sgarro non sia la morte, ma privarlo di ciò che gli è più caro. Non è d'accordo con me?"

Aiden era pietrificato, non riusciva a concepire tanta glaciale crudeltà in una sola persona.

"A volte sono i soldi, altre volte la libertà o la vita; tutte cose molto nobili ma ce n'è una che mi ha sempre affascinato: le persone che più amiamo. Se le perdiamo la nostra esistenza diviene sofferenza e per molti è quasi impossibile continuare a vivere, tanto che si tolgono la vita" accavallò le gambe "Ora io dovrei risolvere da solo il mio problema con la signora Hamilton e poi dovrei anche occuparmi di lei" immerse la punta di un dito nel vino e la passò sul bordo del calice che produsse un suono cristallino "Ma la fortuna è dalla mia parte e per punire entrambi basterà uccidere una sola persona" puntò l'indice "Lei signor Lyon. Mi risparmia un sacco di tempo, sa? Dovrei quasi ringraziarla; con la sua morte risolverò tutti i miei problemi e potrò tornarmene in Italia" prese il bicchiere in mano "Il clima inglese non mi si confà assolutamente"

Come se quelle parole fossero state una specie di segnale Simone sparò.

Damien non gli aveva staccato gli occhi di dosso da quando gli aveva visto la pistola e non appena notò la presa farsi più salda sul calcio si buttò a terra insieme ad Aiden proteggendolo col suo corpo.

Lo sparo rimbombò nello spazio vuoto, Cassandra urlò il nome di suo figlio.

Si rialzò subito per correre verso Simone, sorpreso dai suoi movimenti.

Gli afferrò il polso rivolgendo l'arma verso il soffitto e riuscì a fargliela lasciare e lo colpì con un pugno nello stomaco mentre con un calcio allontanò la pistola da loro.

Simone cadde in ginocchio, ma non si arrese.

Si rialzò e con un movimento del polso si fece scivolare dalla manica della giaccia nel palmo della mano un coltello.

Lo brandì nell'aria per tenerlo lontano.

Damien riconobbe il suo taglia carte d'argento. Non aveva pensato che potessero perquisire persino la sua casa per trovarli.

Erano proprio disperati… pensò sorridendo.

Si avventò su di lui cercando di colpirlo. Riuscì ad evitare molti colpi, le armi bianche non erano le preferite di Simone ed era anche piuttosto imbranato con quella lama in mano.

Forse fu proprio questa mancanza di attenzione a fargli compiere un movimento sbagliato di cui l'altro approfittò, ferendolo.

Sentì Aiden urlare il suo nome.

Vide Simone sorridere trionfante.

"La fortuna del principiante" sibilò.

Gli si scagliò contro. Caddero a terra.

I corpi avvinghiati non si riusciva a capire nulla.

Aiden e Cassandra spaventati, Fiorini lievemente annoiato da quella perdita di tempo continuava a bere il vino. 

Riuscì a sopraffarlo, piantandogli un ginocchio nella spina dorsale. Gli strappò il coltello di mano, gli alzò il viso tirandolo per i capelli e con un movimento deciso gli recise le carotidi.

 

Si rialzò, il fianco destro ferito da cui usciva molto sangue, andò verso Aiden che, rialzatosi, camminava verso di lui.

Lo abbracciò, ma non ce la faceva a rimanere in piedi e cadde in ginocchio. 

Aiden lo teneva stretto, mormorando parole senza senso alle sue orecchie. 

Aveva temuto che il cuore gli si fosse fermato quando aveva visto Damien lanciarsi verso l'altro uomo ma poi si era reso conto che il battito era talmente accelerato da sembrare un unico tu-tum.

Prese un fazzoletto che aveva in tasca e lo premette con forza sulla ferita cercando di tamponarla.

"E' tutto finito…" gli sussurrò.

Alzò lo sguardo verso sua madre per sorriderle, ma vide Fiorini - il volto trasfigurato dall'ira - prendere una pistola dalla sua fondina, impugnarla e pronta a sparare verso Damien.

Senza pensare, seguendo l'istinto strinse a se Damien, ruotò su se stesso per proteggere l'altro, sentì lo sparo e contemporaneamente si piegò in avanti a causa della pallottola.

Gli sembrò di sentire sua madre urlare.

Afferrò il cappotto di Damien, cercando di non lasciarsi scivolare sul pavimento. Vedeva le labbra dell'altro muoversi, senza però  emettere alcun suono. 

 

Una risata.

Una risata acuta e crudele.

Fiorini se ne stava lì, in piedi ridendo, felice di ciò che aveva fatto.

Vide l'arma di Simone a poca distanza da lui.

La prese e la puntò contro l'uomo sparandogli.

Un ginocchio.

La risata si tramutò in un urlo agghiacciante.

Lo stomaco.

Fiorini cominciò ad accasciarsi.

La fronte.

Il suo corpo cadde a terra senza vita.

Gettò lontano la pistola, prendendo il corpo di Aiden tra le braccia.

"Aiden… Aiden, rispondimi…" la voce implorante, lacrime che scorrevano copiose sul suo viso.

Il ragazzo aprì gli occhi a fatica, sorridendogli "Damien…" sussurrò cercando di sfiorargli il viso con una mano.

L'altro gliela prese baciandone il palmo e poggiandosela sulla guancia.

"Va tutto bene… è tutto finito… ora ce ne andiamo…" la voce rotta dal pianto "…passeremo la nostra… vita insieme… me lo hai promesso…" stringeva la mano di Aiden nella sua.

"Io…resterò…per…sempre…con te…" sussurrò debolmente, cercando di sorridere.

"Aiden…ti prego…resisti…non morire…ti prego…"

"…per sempre…" ripeté.

Damien annuì "Ti amo" gli sussurrò sulle labbra prima di sfiorargliele con le sue.

Aiden sorrise felice, la sua mano scivolò via da quella di Damien toccando il pavimento silenziosamente, le palpebre si abbassarono per l'ultima volta sui profondi oceani blu di Aiden. 

Sbarrò gli occhi, scosse il corpo di Aiden, urlò il suo nome, lo baciò come se il suo bacio potesse ridargli la vita.

"Non puoi lasciarmi… non puoi…" urlò disperato. 

 

FINE


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