Paura
di Alessia
capitolo 7
Stava
facendo un bellissimo sogno.
Il
corpo di Aiden di nuovo stretto al suo.
Poteva
abbracciarlo, baciarlo, esplorare con le mani e le labbra… sembrava
tutto così reale.
Poi,
in un secondo di lucidità, capì. Era
reale.
Spalancò
gli occhi, il viso di Aiden a pochi centimetri dal suo, le labbra
dischiuse come nell'attesa di un bacio, immerso in un sonno profondo.
Comprese che stava continuando a toccarlo, così ordinò alle sue mani di
fermarsi, ma queste impiegarono un po' di tempo a recepire l'ordine.
Doveva
alzarsi.
Doveva
alzarsi e... farsi una doccia gelata.
Frustrato
abbandonò quel dolce tepore.
Aiden
sbatté gli occhi, confuso.
La
testa sembrava stesse per spaccarglisi in due.
Dov'era?
Girò
a fatica lo sguardo per la stanza. La
camera di Damien? Come c'era arrivato? Ricordava la sera prima, il
cinema e il ristorante. Poi il vuoto totale. Forse era più ubriaco di
quanto non avesse pensato.
E
se lui e Damien..? Poi si rese conto d'indossare ancora i pantaloni del
pigiama. No. Difficilmente avevano fatto qualcosa con lui vestito di tutto
punto.
"Buongiorno"
Vide uscire Damien dal bagno, solo un asciugamano indosso.
Quella
semplice vista gli fece passare il mal di testa martellante. Era
bellissimo. L'acqua che formava mille rivoletti sulla pelle lievemente
abbronzata, seguendo le linee dei suoi muscoli. Una
volta non avrebbe nulla indosso… rifletté con tristezza. Ora
invece… "Mi dispiace" disse.
Damien
non si voltò, mentre si vestiva, ma gli chiese di cosa si sarebbe dovuto
dispiacere.
"Di
essere venuto qui… ecco…" magari potevano intavolare una
discussione da lì. L'altro avrebbe potuto dire che non gli era
dispiaciuto affatto e…
"E'
normale" lo liquidò invece "Sei sotto stress, e ieri sera eri
talmente ubriaco che probabilmente cercavi tua madre" gli voltava
sempre le spalle.
Sua
madre? Forse non si ricordava nulla, ma era sicuro che l'ultima persona al
mondo che stava cercando quella notte era sua madre. Damien lo stava
trattando come un ragazzino.
E
soprattutto… lo trattava con tanta freddezza e indifferenza da fargli
sempre più male.
"Io
vado a preparare la colazione" gli disse uscendo "Quando sei
pronto scendi"
Stava
sbattendo le uova in una terrina, ma con tanta forza da farle schizzare
dappertutto.
Era
sicuro che Aiden cercasse lui, ma non poteva ammetterlo. Fingere tutta
quell'indifferenza lo logorava, ma non poteva fare altrimenti.
Lui
era lì per proteggerlo. Punto e basta.
Lo
vide entrare nella stanza, e solo in quel momento il sole illuminò la
cucina.
Cercando
di ignorare quei pensieri idioti e melensi servì entrambi.
Mangiarono
in silenzio, persino Aiden che di solito parlava senza sosta e non senza
qualche velato accenno a loro due.
Quando
finì si alzò dicendo che andava a fare una passeggiata nei dintorni.
Damien ripulì tutto, poi andò in salotto. Non aveva neanche un giornale.
L'unica cosa che potesse fare era sedersi e pensare. Ma la cosa non lo
entusiasmava.
Meno
pensava e meglio sarebbe stato per tutti.
Rientrò
in casa, dopo un paio d'ore, bagnato come un pulcino. Un violento
temporale lo aveva sorpreso e benché avesse corso a più non posso non
c'era centimetro dei suoi vestiti che non fosse zuppo.
Salì
al piano superiore per farsi una doccia calda.
Quando
si fu rivestito andò alla ricerca di Damien, trovandolo addormentato sul
divano.
Sorridendo
si sedette sulla poltrona di fronte guardandolo dormire. Aveva un'aria così
calma e pacifica, sebbene una ruga gli attraversasse la fronte.
Studiò
il suo viso, memorizzando ogni singolo dettaglio… la linea del mento, il
taglio degli occhi, l'arcata sopraccigliare… gli era sempre piaciuto
vederlo dormire, era l'unico momento in cui facesse cadere tutte le sue
barriere difensive.
Non
sapeva quanto tempo fosse passato quando si svegliò. Si mise seduto,
strofinandosi gli occhi e chiedendogli quanto avesse dormito.
L'altro scosse la testa "Non lo so"
Damien
borbottò qualcosa a proposito della noiosa vita di campagna. Perché non
poteva tornare tutto come prima?
"Damien?"
L'altro
incontrò il suo sguardo "Cosa c'è?"
"Perché
mi stai proteggendo?"
L'altro
sbiancò, non si fanno certe domande alle persone appena svegliatesi!
"Te… te l'ho de… detto" balbettò "So… sono l'unico
in grado di farlo"
Aiden
annuì “Ok, ma cosa te ne importa di proteggermi se non stiamo più
insieme?" Damien lo fissò a bocca aperta, senza niente da
dire.
"Dalle
mie parti questo si chiama amore" concluse sorridendo.
L'altro
non rispose. Non poteva mentirgli, ma non poteva neanche ammetterlo.
Un
conto era saperlo e conviverci, tutt'altro sarebbe stato confessarlo ad
Aiden.
Lanciò
una veloce occhiata all'orologio e si alzò, un sorriso finto sulle labbra
"E' quasi ora di pranzo. Vado a preparare" Aiden si alzò a sua
volta e, mettendoglisi davanti, gli bloccò la strada "Io voglio
parlare"
"Ma
io no!" rispose Damien cercando di scansarlo.
"Damien…
o parli con me o io esco da quella porta e me ne torno a Londra" fece
minaccioso.
Lo
guardò preoccupato per un secondo, poi sorrise e disse:
"Accomodati" facendogli cenno verso l'uscita.
Aiden
era confuso, ma deciso, annuendo si voltò e prese il cappotto,
indossandolo.
La
mano sulla maniglia, stava per aprire la porta quando l'altro lo voltò
con forza verso di se.
"Sei
pazzo? Dove vuoi andare?" urlò.
Cercò
di liberarsi, senza successo, della stretta sul braccio "Me ne stavo
andando, te l'ho detto! O parli o me ne torno a casa!"
Damien
lo lasciò, lo sguardo basso "Questo è un ricatto, non è giusto,
Aiden"
"Non
è giusto neanche ciò che tu hai fatto a noi"
"Io
ho fatto ciò che ho fatto solo per proteggerci" si difese.
"Proteggerci?
E da cosa, si può sapere?" era esasperato.
Damien
strinse i pugni "Dal dolore" rispose laconico.
Aiden
scosse la testa "Finora tutto il dolore che ho provato sei stato tu a
provocarlo" sottovoce, a fior di labbra.
Credeva
che non lo sapesse?
Pensava
che ignorasse quanto l'avesse fatto soffrire?
Ma
era meglio quello piuttosto che un dolore diecimila volte più grande.
"Io
non voglio che tu vada via" mormorò "Ma non voglio neanche
parlare"
Aiden
annuì, mordendosi un angolo del labbro inferiore "D'accordo, se non
vuoi parlare vorrà dire che ascolterai" lo spinse indietro, sino a
farlo sedere di nuovo sul divano. Si voltò e, togliendosi il cappotto, si
sedette sulla stessa poltrona di prima.
"Mi
dispiace signora, ma non possiamo fare nulla per aiutarla"
Cassandra
era seduta da mezz'ora davanti a quel borioso figlio di puttana,
spiegandogli la sua situazione e l'altro la liquidava così!
Con
una frasettina letta sul manuale del Perfetto
Poliziotto.
"Perché
no? Vi ho dato prove più che suf…"
L'altro
la bloccò con un gesto della mano "La prego, signora Hamilton, lei
sa bene quanto me che tutto ciò che lei mi ha dato sono sospetti e prove
circostanziali. Lei non ha nessuna prova concreta del fatto che qualcuno
stia tentando di uccidere suo figlio"
Ma
lei non si arrendeva così facilmente "Non sono sufficienti per
un'incriminazione, ma lo sono per avviare un'indagine"
"Signora
tutto ciò che lei ha sono solo dei sospetti di una magistratura straniera
e la parola di questo…" sfogliò gli appunti che aveva preso
"…Damien Shaughnessy" Sean Hood assunse un'aria contrita
"Desolato, ma Scotland Yard non può fare nulla per lei e suo figlio.
Non al momento"
E
con quello il colloquio era definitivamente concluso.
Tornò
alla limousine dove l'attendeva Sarah. La ragazza non l'abbandonava un
attimo, in ansia quanto lei per la sorte di Aiden.
Scosse
la testa e chiese all'autista di riportarle a casa.
Chissà
che non ci fosse un nuovo messaggio da parte di Damien.
Per
un momento aveva rivissuto la conversazione di sei mesi prima, ma questa
volta avrebbe fatto in modo che finisse diversamente.
"Hai
detto che vuoi proteggerci. Non è vero" iniziò senza indugi
"Tu vuoi proteggere solo te stesso. E lo fai nascondendoti dietro
questa falsa scusa altruista. Sei solo tu il vigliacco fra noi, perché io
sono pronto a mettere in gioco tutto me stesso per noi due. Il mio cuore,
la mia anima, la mia vita. Io non riesco a capire…" sussurrò
sconsolato "Tu hai fiducia in me" un'affermazione
semplice, senza recriminazioni "Lo so" sorrise, ma
l'altro continuava a guardare di fronte a se, nel vuoto "E se hai
fiducia in me, puoi anche trovare il coraggio di amarmi. Quello che non
riesco a capire è perché non lo vuoi trovare" fece un profondo
respiro, aspettando una risposta che sembrava non arrivare. Poco male. lui
non aveva fretta, poteva aspettare tutta la vita, purché nel frattempo
potesse restare accanto a Damien.
"Perché?"
urlò alzandosi in piedi "Perché continui a tormentarmi così?"
"Perché
ti amo" rispose Aiden semplicemente.
Damien
si diresse verso la vetrata, poggiando la fronte sul freddo vetro.
All'esterno
la tempesta continuava ad infuriare.
"Se
tu mi amassi sul serio mi lasceresti in pace, rispettando la mia
decisione" mormorò.
Si
alzò silenziosamente, portandosi dietro di lui "Lo farei se sapessi
che questo ti renderebbe felice" lo abbracciò, poggiando le mani sul
suo petto e la testa fra le scapole "Ma so che non è così"
sussurrò "Per cui voglio conoscere il vero motivo per cui non vuoi
stare con me"
Come
poteva farlo?
Nessuno
sapeva tanto di lui e ad Aiden aveva raccontato già così tanto.
Stettero
nel calore del loro abbraccio, cercando di comprendersi l'un l'altro, più
di quanto avessero mai fatto.
Era
così difficile cercare di parlare. Apriva la bocca e non ne usciva alcun
suono.
Respirò
profondamente, cercando di buttare fuori la prima frase… poi il resto
sarebbe stato più facile.
Ti prego… desiderava
stringerlo più forte, ma questo sarebbe stato interpretato come un
incitamento, non favorevole, quindi si trattenne.
Si
sciolse dal quel dolce abbraccio, allontanandosi.
Poi
si bloccò. Restò immobile al centro della stanza. Improvvisamente si
voltò e tornò da Aiden, abbracciandolo forte a se.
E
cominciò a parlare.
La
cameriera lo venne a chiamare mentre stava giocando coi suoi nipoti in
soggiorno.
Quelle
due pesti era assolutamente adorabili e a malincuore raggiunse Simone nel
suo studio.
Era
in piedi, davanti la scrivania, lo fece accomodare poi si sedette anche
lui dietro la preziosa scrivania di tek.
Fece
un cenno con la testa e l'uomo iniziò a parlare.
Mezz'ora
più tardi Fiorini non aveva in mano nulla in più di prima.
Annuì
lentamente mentre nella sua mente si faceva strada un pensiero cui fino
quel momento non aveva dato peso ed ora si maledisse per averlo
fatto.
Espose
il suo pensiero a Simone che si fece più avanti, pronto a bere ogni
parola del suo capo.
Lo
stringeva a se, come fosse la sua ancora di salvataggio.
"Avevo
dieci anni, io e i miei genitori stavamo andando in vacanza a
Plymouth" parlava sottovoce, talmente piano che l'altro faticava a
sentirlo "Ogni anno andavamo in un posto diverso, a loro piaceva
viaggiare e volevano farmi conoscere più posti possibili" i loro
cuori battevano all'unisono "Io li adoravo, li amavo con tutto me
stesso, ero sicuro che non esistessero genitori migliori al mondo"
lentamente, senza forze a causa dello sforzo di parlare, Damien
s'inginocchiò portando con se Aiden "Era molto tardi. La strada di
campagna deserta, la mia bellissima mamma Holly dormiva sul sedile accanto
al mio papà Gary" parlava quasi fosse un bambino "Lui ogni
tanto si voltava a guardarci e sorrideva. Io avevo lo sguardo fisso fuori
dal finestrino per ammirare le stelle, cercando di riconoscerne
qualcuna" a poco a poco non era più lui a stringere in un abbraccio
ma Aiden che lo stringeva nel suo "All'improvviso… dei fari
c'investirono, sentii parole dal papà che mamma non gli permetteva di
dire davanti a me, lei si svegliò e subito iniziò ad urlare. Io non
capivo volevo urlare, chiedere cosa succedesse… ma non feci in tempo…
ricordo uno schianto, la macchina che usciva di corsia e poi il
vuoto…" iniziò a singhiozzare "Mi… mi risvegliai in
ospedale… non c'era nessuno con me… cominciai a piangere… chiedevo
dei miei genitori , ma nessuno voleva dirmi nulla. Poi un dottore, alla
fine, mi disse che erano morti" silenzio, lungo, rotto solo dai suoi
singhiozzi e dalla pioggia battente, Aiden che gli passava le mani fra i
capelli cercando di calmarlo "Mi avevano lasciato. Avevano giurato
che non l'avrebbero mai fatto… che il mio amore li avrebbe sempre tenuti
accanto a me, ma non era vero…" si strinse di più ad Aiden
"Il mio amore non era stato sufficiente a tenerli vicino a me"
di nuovo singhiozzi, lacrime, sospiri.
Poi
esplose: "Io non voglio amare mai più! Non voglio soffrire di nuovo!
Non voglio che le persone che amo muoiano!" altre lacrime sempre più
copiose.
Scivolò
nel sonno, sfinito dal suo stesso pianto, lo sforzo emotivo nel raccontare
qualcosa che nessuno sapeva.
Rimasero
lì, seduti sul tappeto davanti la finestra.
Damien
dormiva spossato, Aiden rifletteva.
Mille
pensieri nella sua mente, ma tutto molto più chiaro ora.
Il
fatto che non parlasse mai del suo passato, che non rispondesse alle
domande sui suoi genitori o la sua famiglia, il perché non gli avesse mai
voluto dire Ti amo.
Ora
capiva.
Ora
sarebbe riuscito a guarirlo dalla sua fobia.
Tornò
lentamente alla veglia, sentiva gli occhi gonfi che gli bruciavano, la
gola secca.
Impiegò
qualche secondo nel ricordarsi cosa fosse successo e dove fosse.
Aveva
raccontato ad Aiden cose che nessuno sapeva ed ora si trovava ancora
stretto nel suo abbraccio, praticamente sdraiati per terra.
Avrebbe
dovuto avvertire Aiden che era sveglio, ma farlo avrebbe significato
continuare a parlare e lui non ne aveva più la forza.
Così
fece finta di continuare a dormire, ma evidentemente doveva aver fatto
qualcosa di strano perché Aiden gli passò la punta delle dita sul visto
dicendogli dolcemente: "Ben svegliato…”
Damien
si rannicchiò ancor di più contro il corpo dell'altro, implorandolo con
quel semplice gesto di non andare oltre.
Ma
Aiden non aveva alcuna di farlo, forse più tardi, ma di certo non in quel
momento.
Quell'istante
doveva essere libero da paure e tristi pensieri, quell'istante doveva
essere semplicemente loro, con tutta la sua tranquillità e malinconia.
Aiden
continuava a guardare fuori dalla finestra, la pioggia non era cessata, e
teneva stretto a se Damien come mai l’altro gli avesse concesso di fare.
Era
pomeriggio inoltrato ma a causa delle nubi cariche d'acqua la stanza
sembrava ancor più buia e cupa.
Ma
questo non disturbava nessuno dei due, al contrario l'oscurità sembrava
avvolgerli e cullarli nelle sue pieghe infinite.
"Damien.."
gli sussurrò in un orecchio "…pesi!" disse ridacchiando.
L'altro
si spostò, voltandosi verso di lui e guardandolo negli occhi. Si
sorrisero, un sorriso carico di tristezza ma in qualche modo più sereno
di tutti gli altri si fossero scambiati in quel mese.
"Scusami…"
l'orologio a pendolo batté sei rintocchi "Ti va se preparo la
cena?" entrambi non avevano mangiato nulla da quella mattina e i loro
stomaci tra poco avrebbero cominciato a farsi sentire.
Aiden
annuì sorridendogli "Posso aiutarti?"
Damien
si dimostrò un po' titubante ma alla fine non poté dirgli che si. Come sempre.
Era
sdraiato sul suo letto ripensando a ciò che era successo quel giorno.
Una
volta di più ringraziò Aiden per non aver affrontato di nuovo
l'argomento dopo che si era svegliato, ma era certo che sarebbe accaduto.
Aiden
era determinato nel tornare con lui.
E
Damien non lo era più molto nell'impedirglielo.
Sentì
aprirsi la porta ed una sagoma oscura stagliarsi sulla soglia.
Aiden
si avvicinò piano al letto, quando vi fu accanto allungò la mano a
sfiorare il viso di Damien.
"Posso
dormire con te?"
Non
era mai riuscito ad ingannarlo. Mai.
Non
sapeva come ma Aiden capiva sempre se dormiva oppure no.
Spostandosi
di lato gli fece spazio nel suo letto.
Una
volta l'uno accanto all'altro rimasero immobili per alcuni minuti, poi
sospirando Aiden gli si avvicinò abbracciandolo.
"Buona
notte, Damien" mormorò posandogli un bacio sul collo.
Quando
fu sicuro che dormisse Damien ricambiò l'abbraccio.
Passarono
due giorni.
Quarantott'ore
vissute in uno stato quasi catatonico da parte di Damien.
Non
parlava, non mangiava, non usciva. Non faceva nulla, si limitava a fissare
il vuoto.
Aiden
non lo forzò mai a fare qualcosa.
Ricordava
sin troppo bene il periodo successivo alla loro separazione.
La
disperazione, la solitudine, la tristezza che aveva provato. Il pensiero
di non poter più rivedere Damien l'avevano gettato in uno stato tale che
si era creato un mondo immaginario in cui loro due stavano ancora insieme.
I
brevi momenti passati con Sarah o con sua madre li aveva considerati come
degli incubi.
Solo
quando Damien era venuto a prenderlo era tornato in questa realtà.
Si
inginocchiò di fianco la poltrona su cui l'altro era seduto e gli prese
la mano.
Non
sapeva cosa dire, poteva solo ripetere: "Io ti amo"
Rimase
lì almeno cinque minuti ma alla fine si alzò per andare a rassettare le
stanze al piano superiore.
Aveva
poggiato il piede sul primo gradino quando gli sembrò di sentire:
"Anch'io"
Si
voltò di scatto ma Damien era ancora seduto, immobile, lo sguardo fisso
nel vuoto.
Se
l'era sognato. Sicuramente.
Salì
le scale.
Aveva
sussurrato a fior di labbra Anch'io ma
fortunatamente Aiden sembrava non averlo sentito.
Continuava
a riflettere, a pensare come poter vivere senza impazzire.
Perché
quella situazione lo stava portando sull'orlo pazzia.
Stare
vicino ad Aiden ogni giorno e non poterlo abbracciare, dosare bene ogni
gesto e ogni parola per cercare di non far capire all'altro il suo
amore… ma era difficile.
Ogni
giorno, ogni ora, ogni minuto diventava sempre tutto più difficile.
Erano
quasi due mesi che si trovavano lì ed era tempo che se ne andassero.
O
meglio: che Aiden se ne andasse.
Non
l'aveva programmato ma ora nella sua mente si faceva sempre più concreata
l'idea di spedirlo da qualche parte per fargli iniziare una nuova vita.
Chiuse
gli occhi e fece dei profondi respiri.
Facendo
forza con le mani sui braccioli della poltrona si alzò in piedi e
raggiunse Aiden al piano superiore.
Si
fermò sulla soglia della porta, osservandolo affaccendarsi intorno al
letto.
Abbracciarlo,
sdraiarcelo sopra e fare l'amore sino a sfinirlo.
Era
questo ciò che il cuore suggeriva ma Damien era una persona razionale non
un impulsivo.
"Aiden?"
fu solo un mormorio che si perse nell'aria e l'altro non lo sentì, così
si schiarì la voce e riprovò: "Aiden?"
Il
ragazzo si voltò e vedendolo in piedi, presente, sorrise.
Prima
che potesse dire qualsiasi cosa Damien lo prevenne: "Prepara i tuoi
bagagli, dobbiamo andarcene"
Si
voltò e andò nella sua stanza.
Il
piano era di andare con lui all'aeroporto, salire sull'aereo e poi, poco
prima che il portellone fosse chiuso, con la scusa di andare in bagno, si
sarebbe alzato e sceso.
Un
piano a dir poco inconsistente ma la sua mente non ragionava pienamente in
quel momento. Voleva solo allontanare il più possibile Aiden da se e
quello era un modo come un altro.
"Perché
dobbiamo andarcene?"
Damien
non lo guardò, prendendo la valigia dal suo armadio "E' pericoloso
rimanere troppo tempo nello stesso posto. Dobbiamo allontanarci"
Aiden scosse la testa con decisione "Non possiamo partire, prima
dobbiamo parlare"
Damien
s'irrigidì un secondo ma continuò a svuotare i cassetti "Non
abbiamo tempo. Forza, sbrigati"
L'altro
si poggiò contro lo stipite della porta, incrociando le braccia sul petto
"Ti conviene trovarlo perché altrimenti io da qui non mi muovo"
il tono risoluto e lo sguardo deciso.
Per
l'ennesima volta Damien si domandò da quando avesse tutto quel carattere.
Gettò
il maglione che aveva in mano sul letto e sospirò.
"Cos'altro
vuoi sapere?"
Aiden
riportò le mani lungo i fianchi, entrando nella stanza e fermandosi a
pochi passi da lui.
"Credi
davvero che se non amerai smetterai di soffrire?"
Trattenne
il fiato a quella domanda così diretta, chiuse gli occhi e annuì.
"Perché?"
Li aprì di nuovo, di scatto, a quella strana domanda.
"Come
sei giunto a questa conclusione?" aggiunse.
"Perché
è così" mosse due passi indietro "E' sempre stato così e
sempre lo sarà. La gente che crede che l'amore sia la cosa più bella del
mondo è solo sciocca, infantile e… credulona" Aiden alzò un
sopracciglio ma non disse nulla "L'amore è un sentimento subdolo, ti
fa provare una felicità indescrivibile e quando poi sei all'apice… ecco
che ti toglie tutto, facendoti precipitare in un baratro di dolore e
tristezza. Purtroppo…" concluse con un sorrisino "…non tutti
sono giunti a questa verità"
Aiden
lo guardò, mille sensazioni prendevano forma sul suo viso "Mi fai
pena" sussurrò "Vedi solo ciò che vuoi vedere, non degnandoti
di gettare oltre lo sguardo. L'amore è felicità ma è come una moneta e
sull'altra faccia si hanno odio e dolore. Non puoi avere l'uno e non
l'altro. E' inevitabile provarli entrambi. E' ovvio che a nessuno piace
soffrire per amore ma non possiamo evitarlo. L'unica cosa che possiamo
fare è affrontarlo per continuare ad amare essere più forti. Ma
tu…" gli lanciò un'occhiata sconsolata "…hai preferito
arrenderti, condannando te stesso e chi ti sta intorno al dolore
perpetuo"
Non
sapeva cosa rispondere a quel discorso dalla logica inappuntabile.
"Ma
il dolore della perdita della persona che ami…" mormorò, lo
sguardo basso.
"E'
devastante" annuì Aiden "Il sapere di non poterlo più vedere,
sentire, ascoltare o toccare porta quasi alla disperazione. E' per questo
che quando si è insieme si deve godere il più possibile di ogni singolo
istante. Ricordare il modo in cui camminava…" si avvicinò a lui,
piano "…la luce nei suoi occhi…" lo guardò dolcemente
"…il suo tocco…" gli sfiorò la guancia, le labbra con la
punta delle dita "…il sapore dei suoi baci" gli posò le
labbra sulle sue, solo pochi istanti, allontanò di poco il viso
continuando a guardarlo negli occhi "Tutto questo aiuta a non
sentirsi sempre più soli e disperati. E soprattutto… la tiene vicina a
te" fece una pausa cercando di fargli capire "Quando i tuoi
genitori ti dicevano che il tuo amore li avrebbe sempre tenuti accanto a
te intendevano qui…" posò una mano sul petto "…nel tuo
cuore. Tu non li hai mai dimenticati, non hai mai cancellato il tuo amore
per loro e Gary e Holly sono ancora accanto a te. Li senti, non è
vero?"
Damien
lo fissava quasi imbambolato, non sapeva cosa dire.
Il
cuore esultava a quelle parole che sapeva essere veritiere ma la sua mente
non riusciva ad accettarle.
Come
si può scegliere, coscientemente, di soffrire?
"Damien
tu soffrirai solo se continuerai ostinatamente a non voler amare. Ma anche
questo è impossibile" gli stava sempre vicino, i corpi a pochi
centimetri di distanza "Amare è naturale tanto quanto respirare e
non puoi impedirtelo. Se ci provi tutto ciò che otterrai sarà ancora più
dolore"
Gli
occhi di Damien si velarono di lacrime "Aiden, io ho paura… non
voglio soffrire ancora, non voglio… non sarei in grado di
sopportarlo…"
L'altro scosse la testa disperato "Ti prego Damien… accettali!
Accetta la sofferenza e il dolore, trova loro un posto nel tuo cuore e
diventa più forte grazie ad essi! Ti prego…”
Quella
era davvero l'ultima possibilità data loro.
Questa
volta Aiden non si sarebbe dovuto arrendere se davvero voleva vivere con
Damien. E Damien avrebbe dovuto ascoltare il cuore per la prima volta
nella sua vita.
Tutte
le scelte che aveva fatto le aveva sempre prese con la ragione mentre il
cuore lo supplicava di fare l'esatto contrario. Ma lui era stato tanto
codardo da non seguirlo mai, preferendo la razionalità all'impulsività e
la tristezza alla felicità.
Poteva
farlo?
Poteva
riuscire ad accettare sofferenza e dolore?
Poteva…
amare?
Trovare
il coraggio di farlo?
Guardò
Aiden negli occhi, rivivendo i loro due anni insieme.
Il
primo incontro, il modo in cui lo aveva preso in giro quella mattina nel
suo appartamento, la loro prima volta, il momento in cui gli aveva donato
i loro anelli.
Il
momento in cui si erano lasciati.
Se
Fiorini fosse riuscito nel suo intento, o se lui stesso fosse morto cosa
avrebbe avuto?
Nulla.
Aveva ragione Aiden, lo sapeva, bisogna vivere ogni istante accanto alla
persona che si ama come fosse l'ultimo.
Abbassò
lo sguardo per poi riportarlo su Aiden.
"Lo
farò o… almeno di ci proverò" l'altro sorrise "Proverò ad
accettare il dolore per poter continuare ad amare. Ma tu…" gli
sfiorò il volto con una mano "…tu dovrai restare al mio fianco. Me
lo prometti?"
Aiden
annuì, abbracciandolo di slanciò e lasciando libere le lacrime sino ad
allora trattenute.
Damien
lo strinse a se, sentendo in se stesso una profonda calma e gioia.
Dopo
tanto tempo era tornato a vivere.
La
ragazza entrò nello studio, poggiando il cappotto e la borsa su una
poltrona.
"Ci
sono novità?"
Cassandra
scosse la testa "Nulla" dal tono di voce si poteva capire che
aveva appena finito di piangere "Nulla da Damien e nulla da Scotland
Yard" sospirò, voltandosi verso Sarah.
In
quei due mesi entrambe le donne avevano perso diversi chili ed acquistato
profonde occhiaie sotto gli occhi.
"Sto…
sto pensando di denunciare Damien per rapimento. Almeno così
inizierebbero a cercarli" rivelò.
Sarah
si precipitò dall'altro lato della scrivania accanto alla donna "Non
puoi farlo, Cass! Se li trovassero sarebbe la fine per loro! Fiorini lo
verrebbe a sapere e…"
"Lo
so!" esplose la donna, alzandosi in piedi "Credi che non lo
sappia? Ti sbagli!" gli occhi un ardente fuoco verde "So
benissimo cosa accadrebbe se…" la voce si affievolì e lei si
sedette nuovamente, sfinita "Ma non posso andare avanti così. Non
posso! Non ce la faccio… non ce la faccio…"
Sarah
le si avvicinò, abbracciandola e stringendola a se "Vedrai che andrà
tutto bene. L'incubo finirà e presto potrai di nuovo abbracciare Aiden.
Sono sicura che sta bene. Damien non permetterebbe mai a nessuno di fargli
del male"
Quella
era la loro unica certezza in una situazione di cui ignoravano ogni altra
cosa.
Cassandra
iniziò di nuovo a piangere fra le braccia di Sarah che cercava di
calmarla e infonderle coraggio con ogni mezzo.
Simone
frugò in ogni angolo dell'appartamento.
Niente.
Non
c'era niente che lo potesse aiutare a ritrovare Lyon e Shaughnessy.
La
loro organizzazione aveva commesso un errore talmente enorme da risultare
invisibile.
Non
avevano mai preso informazioni su Aiden Lyon e così avevano assunto il
suo amante per ucciderlo.
Un
errore che difficilmente Fiorini avrebbe lasciato impunito.
Si
sedette allo scrittoio frugando in ogni cassetto. Ma non trovò nulla,
solo ricevute di bollette, appunti e poche altre cose di nessun valore.
Si
alzò per andarsene quando lo sguardo gli cadde su qualcosa che luccicava,
lo prese e notò che era un prezioso taglia carte d'argento.
La
lama era stranamente ben affilata, l'impugnatura d'ebano intarsiato.
Sorridendo
se lo mise in tasca.
Quella
era un'ottima arma con cui uccidere qualcuno.
Dopo
aver parlato in camera erano di nuovo scesi in salotto dove Damien aveva
iniziato a raccontargli della sua vita dopo l'incidente.
"Fui affidato alla sorella di mia madre, Carla, e lei si prese cura
di me per circa quattro anni" erano seduti suo divano, Aiden poggiato
al petto dell'altro, entrambi guardavano il buio oltre la vetrata.
"Purtroppo
suo marito Charles non mi aveva mai voluto, così ogni volta che mia zia
non poteva vederci lui mi picchiava. Ricordi le bruciature che ho sulla
schiena?" Aiden annuì, incapace di qualsiasi parola "Me le fece
lui durante un fine settimana in cui mia zia era fuori per lavoro" ci
furono lunghi minuti di silenzio, interrotto solo dalle poche gocce di
pioggia che cadevano e dal forte vento che ululava "Alla fine decisi
di scappare di casa ma la fuga non durò che poche ore. La polizia mi trovò
e cercò di riportarmi a casa. Mi ribellai, detti un pugno ad uno dei
poliziotti rompendogli il naso. Mi processarono e fui condannato a quattro
mesi di riformatorio… quando uscì mia zia aveva deciso di rifiutare la
mia custodia così venni portato in un orfanotrofio. Vi restai sino a
sedici anni poi scappai nuovamente ed andai a Londra" un altro lungo
silenzio "Non avevo nulla con me, così mi unii ad una banda. Piccoli
furti, scippi, ricettazione. Ero diventato un vero asso. Nessuno era più
veloce di me" la voce triste ma quasi con un pizzico di superbia
"In pochi anni feci carriera e diventai il braccio destro del nostro
capo" ed ora? Poteva andare avanti?
Poteva
affrontare l'argomento che aveva temuto e rinviato per più di due anni?
Aiden
alzò il viso, guardandolo.
Non
sapeva cosa dire. Se c'era qualcosa che potesse dire.
"Poi?
Cosa successe?" esitante.
Damien
scosse la testa "No, forse è meglio di no…" cercò di alzarsi
ma Aiden glielo impedì.
"Hai
detto che ti fidi di me. Dimostramelo. Ti prego…"
Si
fidava, certo, ma cosa sarebbe successo una volta che avesse saputo tutta
la verità?
L'avrebbe
odiato, l'avrebbe abbandonato per sempre?
Oppure..?
Sarebbe
rimasto con lui, incurante di ciò che era stato?
L'unico
modo che aveva per scoprirlo era quello di parlare.
"Quando
compii ventun anni Viktor, il nostro capo, mi chiamò offrendomi un lavoro
di grossa importanza. Mi posò davanti una pistola…"
Mentre parlava i ricordi lo avvolsero nelle sue spire.
La
stanza era illuminata solo da una fioca luce posata sulla scrivania.
La
Magnum calibro 45 riluceva in tutta la sua mortale bellezza.
Viktor
era davanti a lui, seduto sul bordo della scrivania.
"E'
un compito molto delicato, Joel. Dobbiamo regolare un conto con quest'uomo
ed io mi fido di te. Sono sicuro che faresti un ottimo lavoro" la
voce bassa e sensuale, gli accarezzava il viso e i capelli.
Viktor,
il suo capo.
Viktor,
l'uomo che l'aveva tolto dalla strada.
Viktor,
il suo amante.
Viktor, l'uomo che… amava?
Avvicinò
la mano alla pistola. Era pesante. L'avvicinò a se.
"Cosa
succede se fallisco?"
Viktor
gli prese il mento fra due dita e gli fece voltare il viso verso di se
"Tu non fallirai" e sancì quelle parole con uno dei baci più
dolci che gli avesse mai dato.
Quella
stessa sera partì per Marsiglia dove avrebbe ucciso per la prima volta.
Era
stato più facile di quel che credeva.
Forse
perché mentre lo faceva pensava a Viktor e all'orgoglio che l’altro
avrebbe provato nei suoi confronti se avesse fatto un buon lavoro.
Quando
tornò scoprì un ramo dell'organizzazione di Viktor di cui non credeva
l'esistenza.
Omicidi
su commissione.
E
lui, in breve tempo, ne divenne la punta di diamante.
Viktor
era fiero di lui, possedeva una freddezza, una precisione e
un'intelligenza che l'avevano reso il più bravo di tutti.
In
cinque anni aveva ucciso decine di persone. All'inizio aveva rifiutato di
uccidere le donne ma poi, in nome del dio denaro, anche quel muro era
stato abbattuto
Poi,
una sera, Viktor fu ucciso da un rivale.
Damien
non pianse, non provò nulla a quella notizia.
O
almeno aveva voluto convincersi di questo.
Fuggì
e si rifece una vita.
Coi
soldi che aveva guadagnato comprò il Blue
River e il suo appartamento.
Aveva
deciso di smettere, poi Mark - uno dei membri dell'organizzazione -
l'aveva trovato proponendogli di ricominciare.
E
lui non aveva saputo resistere.
Provare
di nuovo la sensazione unica dei preparativi, la paura che qualcosa
potesse andare storto e poi… premere il grilletto e in un secondo
sentire tutta l'adrenalina che l'abbandonava per poi scorrere di nuovo
veloce, come un fiume in piena, nelle sue vene durante la fuga.
Sino
a Caracas.
Sino
a quel momento aveva provato tutto questo ma non con Leandro Marquez.
Con
lui si era sentito per ciò che era: uno schifoso assassino.
Non
un artista dell'omicidio come si era sempre considerato.
Quando
finì di parlare Damien si rese conto che il corpo di Aiden era rigido.
Non
muoveva un muscolo.
"Aiden…"
cercò di stringerlo nel suo abbraccio ma l'altro si ritirò, sedendosi
all'altro capo del divano.
Lo
stava odiando. Ne era certo.
Era
tutto finito. Di nuovo. E questa volta faceva mille volte più male.
"Io…"
Aiden si alzò, indossando il cappotto "…io va un po' a Blyth.
Ci… ci vediamo più tardi" disse prendendo le chiavi della Land
Rover.
Lo
stava lasciando. Di nuovo.
Avrebbe
dovuto preoccuparsi del fatto che volesse allontanarsi, magari tornare a
Londra ma non ci riusciva.
Tutto
ciò su cui cuore e cervello riuscivano a concentrarsi era il fatto che
Aiden lo stesse abbandonando. Questa volta per sempre.
Aiden
aprì la porta, stava per uscire quando disse: "Ricorda che io ti
amo, Damien. Solo, adesso mi… mi serve un po' di tempo per accettare
questa… questa cosa"
Alzando
il bavero del cappotto uscì dal cottage e salì in macchina.
Damien
non sapeva quanto tempo fosse passato, sapeva solo che quando si alzò da
lì era quasi l'alba e Aiden non era ancora tornato.
Vagò
per le strade di Blyth sino a quando anche l'ultimo pub non chiuse i
battenti.
Aveva
bevuto ma non abbastanza da ottenebrare le sue capacità cerebrali.
L'uomo
che amava uccideva persone innocenti per vivere.
E
gli piaceva.
Lo
faceva sentire vivo, la sensazione di avere la vita di un'altra persona
tra le mani, lo eccitava.
Pensare
che aveva continuato anche dopo che loro si erano messi insieme lo faceva
stare ancora peggio.
Ora
sapeva quali erano gli importanti affari per cui non avevano potuto fare
l'amore prima che questi fossero risolti.
Ora
sapeva perché non rispondeva mai alle sue domande, su come fosse riuscito
a costruire la sua piccola fortuna o di cosa trattassero i suoi affari.
Però
in tutto questo non riusciva a non incolpare la famiglia di Damien, se il
padre fosse stato più attento nella guida, se lo zio avesse provato un
briciolo d'affetto per lui, se la zia fosse stata più presente e non si
fosse arresa alle prime difficoltà. Damien non sarebbe mai diventato ciò
che era.
Fermò
la macchina e scese.
Il
vento proveniente dal mare, il rumore dei tuoni in lontananza.
Aiden
stava lì, le mani nelle tasche del cappotto, fissando le nubi che
nascondevano la luce argentea della Luna piena e questa che si liberava
dell'abito non voluto grazie all'intervento di Eolo.
E
pensava.
Pensava
a tutte le bugie che l'altro gli aveva raccontato, tutti i suoi silenzi.
E
in tutto quel groviglio un pensiero rimaneva isolato nei meandri più
oscuri della sua mente, quasi non volesse affrontarlo.
Poi,
il tuono.
Forte,
di quelli che fanno avere paura di essi e il pensiero venne a galla, come
fosse stato quel tuono a liberarlo dalla sua gabbia.
La
morte dei genitori, le violenze, Viktor, gli omicidi… tutto questo e
chissà quanto altro ancora avevano reso Damien ciò che era.
E
lui amava Damien.
Amava
tutto di lui: la sua intelligenza, il suo umorismo, la sua dolcezza, la
sua pigrizia - la mattina quando non voleva alzarsi - i suoi difetti e le
sue idiosincrasie.
Tutto
questo e molto di più era Damien e lui lo amava.
Con
ogni fibra del suo essere, lui lo amava.
Non
poteva vivere senza di lui, questo lo sapeva già, ma poteva vivere con
lui sapendo ciò che era stato?
Risalì
in macchina, fece inversione e tornò a Blyth.
Al
cottage.
Da
Damien.
L'interrogativo
lo assillava, non sapeva darsi una risposta.
Parcheggiò
la macchina nel vialetto, rimanendo al volante per alcuni minuti.
Scese
dall'auto ed entrò in casa.
Cercò
di fare il minor rumore possibile e lasciò il cappotto nell'anticamera.
La
casa era immersa nella penombra, tutti le luci spente, a volte un fulmine
illuminava le stanze.
Salì
le scale per cercare Damien.
Lo
trovò sdraiato sul suo letto, addormentato, le guance segnate dalle
lacrime.
E
la domanda finalmente trovò una risposta.
Si, posso…
Si
avvicinò al letto, sembrava così piccolo e indifeso in quel momento che
quasi si maledisse quando sentì il suo corpo reagire inconsapevolmente.
Tanta
bellezza e tanta malinconia in unico essere… eppure era bellissimo
nonostante le labbra un po' gonfie dal pianto.
Un
piccolo angelo ferito che dormiva su un letto freddo.
Non
resistette e lentamente si piegò su di lui, osservando i particolari di
quel volto, desiderando baciare quelle ciglia ancora imperlate di lacrime,
leccare il solco umido di quelle lacrime di disperazione per poi scivolare
sul morbido petto che sussultava al lento e delicato respiro.
Quasi
non si accorse di star trasformando i suoi desideri in realtà.
Vide
gli occhi di Damien aprirsi di scatto e fissarlo ancora perduti nei
meandri dei sogni da poco abbandonati, pozzi inconsapevoli della propria
sensuale bellezza.
In
trance, o per inerzia, era salito di sopra e si era sdraiato sul letto di
Aiden.
Lì
tutto aveva il suo profumo e lui poteva illudersi di averlo ancora
accanto.
Doveva
essersi addormentato perché quando riaprì gli occhi gli sembrò di
affogare in due profondi oceani blu.
Cercò
di mettere a fuoco la scena e… Aiden era davanti a lui!
In
qualche modo, non sapeva come, l'aveva accettato per ciò che era stato ed
aveva deciso di tornare.
Piano,
quasi temesse che quella fosse un'illusione, avvicinò una mano al suo
volto, accarezzandolo.
Aiden
si girò di poco e gliene baciò il palmo, sorridendogli.
Non
c'era bisogno di parole in quel momento, probabilmente nessuno dei due
sarebbe stato in grado di parlare.
Damien
si avvicinò al suo volto, sfiorando quelle labbra con le sue.
Aveva
temuto di non poterne più sentire la morbidezza, il dolce sapore, ed
ora…
Il
bacio iniziò lento, come se dovessero riscoprire il piacere di quell'atto
sublime, per poi divenire quasi frenetico.
Un
bacio umido, appassionato e pieno di desiderio. Uno di quei baci dove si
anticipa l'amplesso in un rincorrersi, unirsi per poi allontanarsi di
lingue.
Lingue
che scivolano cercandosi per poi abbandonarsi e riprendersi, baci che
sanno di amore e di sesso.
Le
mani cercavano e denudavano, nel tentativo impossibile di denudare il
cuore si accontentavano di semplici vestiti, per assaggiare quella carne
morbida e calda.
Ancora
imbambolato per la sorpresa del suo ritorno Damien non partecipava
attivamente. Si limitava a farsi spogliare… reagiva solo perché sapeva
che doveva farlo.
Ma
poi… qualcosa cambiò.
Una
certezza… o forse una nuova paura appena nata nel suo cuore lo spinsero
a muoversi.
Le
sue mano lo carezzavano dolcemente, lentamente, come di solito faceva
Aiden che ora invece sembrava impaziente.
Il
ragazzo sorrise su quelle labbra rosse, imprigionandole fra le sue in un
silenzioso: Sei la cosa più
importante che ho ed ho paura…
In fondo al cuore aveva paura. Paura di perdere la sua umanità stando con
lui. O forse paura di perdersi in quegli occhi scuri che parevano senza
fondo e che lo inghiottivano.
Si
era trattenuto con la razionalità sul bordo di quel pozzo scuro ma ora
voleva lasciarsi andare e perdersi.
Si
fermò ansante, fissando quel corpo seminudo sotto di se.
Le
forme delicate ma forti, le rotondità e la pienezza dei muscoli… quel
corpo che lo aveva drogato fino a fargli perdere la testa.
Si
piegò sull'incavo della sua spalla, inspirando quel profumo che lo aveva
inebriato, respirò fino ad ubriacarsene.
"Damien…"
sussurrò rialzandosi e guardandolo.
Lo
fissò negli occhi, le parole che pregavano di essere dette.
Chiuse
gli occhi e lo baciò di nuovo, portando il corpo di Aiden sotto il suo.
Finì
di spogliarsi velocemente e di spogliarlo lentamente.
Voleva
assaporare ogni istante. Come se quella fosse stata la loro prima volta.
Dopo
quasi sei mesi poteva di nuovo sentire quel corpo morbido sotto il suo,
toccarlo, baciarlo, respirarlo, viverlo.
Ora
si che andava tutto bene. Che si sentiva di nuovo bene.
Si
contorse sotto il corpo del suo amante mentre la sua bocca scivolava sul
suo corpo, lasciando come marchi di fuoco quei baci proibiti.
Sentiva
il sangue affluire nella parte bassa del suo corpo, laddove la passione
diventava pulsante estasi di emozione.
"Da…mien…"
un sospiro spezzato mentre le mani scivolavano ad imprigionare nello loro
dita ciocche setose di capelli, mentre la lingua saettava su quel fulcro
di energia.
Avvolgendolo…
come se stesse avvolgendo il suo cuore, come se volesse strapparglielo.
Lo
sentiva di nuovo nella sua bocca, il suo sapore, lo assaggiava come fosse
ambrosia, mordendolo delicatamente.
Si
comportava come se quella fosse l'ultima volta che potesse farlo.
Come
gli aveva detto Aiden.
Vivi ogni istante con la persona che
ami come fosse l'ultimo…
E
lo stava facendo.
Il
suo corpo era teso nello spasmo del limite e Damien lo provocava con
sadica malizia, portandolo fino al limite per poi ritrarsi, e ogni volta
che il suo calore svaniva era una fitta dolorosa che dall'inguine si
estendeva a ogni nervo del suo corpo.
Il
suo calore, il suo corpo: la panacea di ogni male.
Arcuò
il corpo, lo voleva, voleva sentirlo sopra di se, voleva sentirlo unirsi
alla sua anima, voleva danzare con essa al limite del sublime per poi
piombare nell'estasi più brutale fatta di gemiti e angosce che si
sciolgono.
Non
poteva resistere oltre, doveva possederlo per sapere che quell'angelo era
davvero suo e non uno dei tanti sogni che avevano costellato le sue lunghe
notti solitarie.
Si
adagiò meglio sul corpo dell'altro, fra le sue gambe.
Lo
guardò negli occhi, passandogli una mano tra i capelli, avvicinando il
suo volto per baciarlo.
Ti prego ti prego ti prego…
sento che potrei morire… pensò
socchiudendo gli occhi e divorando quelle labbra.
Sentiva
la virilità di Damien carezzarlo. Dio! Ora sapeva cosa significasse
l'espressione impazzire di desiderio,
sentiva qualcosa che si spezzava in se, nella vana ricerca di riposo.
Il
suo corpo si strusciava contro quello dell'amante, di volontà propria,
come una giovane puttana vogliosa.
Damien
si sentiva come in paradiso.
Per
la prima volta insieme al suo corpo stava donando anche la sua anima.
E
non provava altro se non gioia.
Solo
la più pura delle felicità.
Entrò
in lui dolcemente ed Aiden si abbandonò a quella dolce intrusione,
superato un leggero dolore iniziale.
Il
corpo di Damien si muoveva con sempre maggior rapidità, dei leggeri
gemiti iniziarono a sfuggire dalle sue labbra. Questa volta
era passione pura, totale abbandono.
Per
entrambi.
Lo
sentiva riempirlo, sentiva la sua anima bollente che lo abbracciava
facendolo perdere in uno smarrimento senza confini mentre le spinte
acceleravano sino a divenire febbrili tremiti.
L'orgasmo
arrivò pieno, quasi inaspettato, per entrambi con tutta la sua forza.
Devastante
e confortante allo stesso tempo.
Aveva
logorato le loro ultime forze e Damien cadde sfinito sul corpo di Aiden
che, a sua volta senza forze, era sprofondato nella morbidezza del
materasso.
Aiden
baciò quel collo quasi offertogli mentre sentiva il senso di umidità
della sua stessa passione espandersi tra loro, sui loro ventri premuti.
"Io…
io ti amo" sussurrò quasi inudibile per orecchie umane ma non per
quelle amanti.
Damien
lo strinse a se, sorridendo, cercando di non piangere quelle lacrime che,
traditrici, si erano affacciate ai suoi occhi.
"Idem…"
rispose.
Aiden
annuì, sorridendo, circondandogli la schiena col suo abbraccio.
Era
felice.
Damien
aveva ammesso i suoi sentimenti più di quanto avesse mai fatto e per il
momento poteva accontentarsi.
Ma
solo per il momento.
Dopo
un ultimo bacio entrambi si addormentarono nelle braccia dell'altro.
Il
vento aveva spazzato via le nubi cariche di pioggia ed ora un tiepido sole
primaverile dava il buongiorno a quella nuova giornata.
"Cos'hai
trovato?"
Fiorini
era di spalle, sul balcone di una delle suite dell'hotel Savoy.
Aveva
deciso di recarsi a Londra di persona per tenere il più sotto controllo
possibile la situazione.
Simone
era sulla soglia del balcone, un plico in mano, oltre non poteva andare a
causa della sua paura per l'altezza.
"Aiden
Lyon si è laureato in Legge col massimo dei voti a Cambridge. Sebbene ne
avesse la possibilità non ha mai lavorato nello studio legale della
famiglia…"
"Voglio
sapere di Shaughnessy!" lo interruppe bruscamente.
Simone
sfogliò rapido per giungere alla parte interessata "Damien
Shaughnessy è nato a Colwyn Bay - in Galles - nel 1968. Una famiglia
normale. Poi a dieci anni i genitori morirono in un incidente da cui lui
uscì illeso per miracolo e fu affidato alla zia materna. Fuggì di casa e
aggredì uno dei poliziotti che volevano riportarlo indietro, in
conseguenza a questo fu arrestato e mandato in orfanotrofio. Quando uscì
la zia non volle più saperne di lui, quindi fu affidato ad un
orfanotrofio da cui scappò a sedici anni. Non sa si più nulla di lui
fino al 1996, anno in cui comprò un ristorante e il suo
appartamento" Simone s'interruppe un momento.
"Il
suo legame con Lyon" la voce di nuovo calma, ma la rigidità del
corpo diceva tutt'altro.
"Si
sono conosciuti circa due anni fa e hanno avuto una relazione durante la
quale Shaughnessy non ha più lavorato. Ha ripreso solo quando questa si
è interrotta"
Questo
era quanto era riuscito a scoprire in due giorni. Per l'ennesima volta si
maledì per non aver fatto prima una ricerca su Lyon. Se l'avesse fatta
tutto questo non sarebbe mai accaduto.
Fiorini
annuì "Un assassino dal cuore tenero…" sarcastico "frocio!"
dispregiativo.
Si
voltò per ornare dentro e Simone si spostò di lato.
"Vai
al ristorante e vedi se riesci a ricavare qualche altra informazione"
si versò da bere "Con ogni mezzo" una luce crudele negli occhi.
Simone
annuì ed uscì dalla stanza per recarsi al Blue
River.
Il
sole era alto nel cielo anche se pallido, quando i due si svegliarono.
Il
primo fu Aiden, come sempre.
Vedendo
l'altro lì accanto a se gli sembrò di sognare.
Poi
si ricordò di ciò che Damien gli aveva confessato.
Era
un assassino.
Aveva
ucciso chissà quante persone venendo pagato.
Sorridendo,
scacciò quei pensieri. Ci sarebbe stato tempo per ulteriori spiegazioni.
Ora
doveva concentrarsi su come svegliare quello sfaticato!
Si
fece più vicino strusciando il suo corpo su quello dell'altro, al piccolo
mugolio di Damien sorrise e si fece più audace.
Chiuse
gli occhi e cominciò a succhiargli il labbro inferiore, mentre la sua
mano sinistra vagava disinibita sul corpo di Damien.
Quanto
gli era mancato tutto questo!
E
aver sentito che Damien lo amava rendeva tutto ancor più speciale di
quanto già non fosse.
La
sua mente s'irrigidì al sentire una mano che lo toccava e una bocca che
lo stava baciando.
Aprì
gli occhi e vide quelli di Aiden socchiusi, un'espressione maliziosa
dipinta sul viso.
Si
rilassò.
Non
era più abituato a quel genere di risvegli ma vi si sarebbe di nuovo
assuefatto molto, molto presto.
Allontanò
un po' il viso per fargli sapere che era sveglio, anche se probabilmente
lo aveva già capito.
Aiden
aprì gli occhi e Damien vi si perse.
Di
nuovo quel profondo oceano in cui perdersi, annegare, rimanere
intrappolati per ritrovarsi liberi, felici e realizzare che non se
ne potrà fare a meno per il resto della vita.
"Buongiorno…"
la voce assonnata.
Aiden
gli carezzò il fianco, posando la mano all'altezza della vita.
"Buongiorno"
Sembravano
incapaci di fare altro oltre a sorridersi.
Poi
un brontolio proveniente dai loro stomaci li distolsero dal loro idillio.
Ridendo si alzarono per preparare la colazione.
Sorrisi,
baci mozzafiato, carezze rubate, nonché una notevole incapacità in
cucina da parte di Aiden ritardarono la colazione di più di un'ora.
Sarah
trovò Cassandra nella stanza di suo figlio.
Le
tende tirate, la luce spenta, la donna seduta era seduta sul letto, le
mani intrecciate in grembo, lo sguardo perennemente velato dalle lacrime.
"Cass…"
sussurrò a fior di labbra, avvicinandosele e sedendosi accanto a lei.
"Quando
Micheal, il padre di Aiden, morì ho temuto anch'io di morire per il
dolore" iniziò piano "Micheal era l'unico uomo che avrei mai
potuto amare per il resto della mia vita e non c'era più. Non avevo più
nessuno per cui vivere" asciugò una lacrima solitaria sulla guancia
"Poi, un giorno, sono entrata in questa stanza e Aiden giocava con…
non so, credo fossero dei soldatini. Quando si voltò e mi sorrise capì
che la mia vita non era finita… c'era Aiden da crescere, amare,
proteggere…" stirò con le dita una piega immaginaria sulla coperta
"Ed è quello che ho sempre cercato di fare, ed ora… rischia la
vita a causa mia" terminò in un soffio.
Sarah
le prese una mano fra le sue con l'intenzione di confortarla ma si rese
conto di non sapere cosa dirle.
Rimanendo
in silenzio le strinse più forte la mano.
"Se…
se morisse anche Aiden io… io non potrei resistere, Sarah" la guardò
negli occhi "Non potrei. Non ne avrei la forza" scoppiò a
piangere, posando la testa su quella della ragazza.
Trascorsero
una settimana in quello stato di beatitudine. Le loro uniche
preoccupazioni erano recuperare il tempo perduto e mangiare.
La
seconda solo perché era necessaria a sopravvivere.
Entrambi
sapevano che molte cose erano ancora da chiarire, molte domande
necessitavano risposte, ma al momento non se ne curavano.
Ci
sarebbe stato tempo per tutto. Avevano un'intera vita davanti a
loro.
Le
sale del Blue River erano
completamente distrutte: frammenti di cristallo, pezzi di porcellane,
stoffe strappate, posate e candelieri sul pavimento.
Gale
era terrorizzata dagli uomini che aveva davanti.
Quello
che sembrava essere il capo le ordinava di dirgli dove fosse Damien ma lei
non lo sapeva!
Simone
sorrise, abbassando la testa, poi la rialzò di scatto e la colpì con uno
schiaffo facendola cadere e spaccandole un labbro.
La
donna cercò di rialzarsi, asciugandosi il sangue. L'uomo le afferrò il
volto con una mano, guardandola negli occhi.
"Dove
si trova Shaughnessy?" stava perdendo la pazienza.
"Non
lo so…" mormorò Gale con un filo di voce "…non me lo ha
detto. Mi ha solo informato del fatto che sarebbe stato via per qualche
mese. Non so altro…" sussurrò per l'ennesima volta.
Simone
le lasciò il viso colpendola un'altra volta.
"Se
scopro che mi hai mentito ti ammazzo!" ad un suo gesto gli altri
uscirono seguiti da lui.
Tremante,
si mise in ginocchio cercando di raccogliere i cocci, ma quando si tagliò
con un pezzo di vetro iniziò a piangere convulsamente.
Si
trovavano a letto, petto contro schiena, la luce del tramonto illuminava
la stanza.
Il
materasso ad una piazza e mezza era un po' stretto per loro ma non dava
fastidio. Era un'ulteriore scusa per stare appiccicati - nel caso ci fosse
stato bisogno di scuse.
Damien
gli pettinava i capelli con le dita "Dovresti dargli un ritocco, si
vede la ricrescita" sussurrò posandogli un bacio dietro l'orecchio.
Aiden fece un mugugno e gli diede una piccola gomitata nelle costole
"Scemo! Mi hai fatto diventare un banale e scialbo biondo cogli occhi
azzurri…" fece in tono schifato.
L'altro
ridacchiò e mordicchiandogli il loro rispose: "Tu non sarai mai
banale o scialbo"
Aiden
sbuffò, non del tutto convinto, ma non replicò.
Rimasero
lì, coccolandosi sino a quando anche l'ultimo tiepido raggio di sole non
cedette il passo alla luce cristallina della Luna.
E
in quel momento Aiden fece la domanda che più gli stava a cuore:
"Parlami di Viktor" Damien stava per togliere la mano dal suo
fianco ma lui la trattenne "Ti prego…" implorò.
Damien
sospirò. Non sarebbe stato difficile parlare di lui, ma farlo significava
parlare anche di tante altre cose.
Ma
lo fece comunque. Ora parlare era diventato molto più semplice.
"Mi
trovò in un vicolo mezzo morto" raccontò "Riuscii a curarmi
solo perché ero svenuto e non potei ribellarmi" sorrise al ricordo
di come lo avesse aggredito quando si era svegliato "Dopo qualche
giorno stavo abbastanza bene da potermene andare ma Vik me lo impedì
offrendomi un lavoro. Accettai subito. Ero orgoglioso ma non stupido,
inoltre… aveva due occhi ipnotici, sarebbe stato in grado di convincere
chiunque a buttarsi dal ponte delle Torri solo con uno sguardo" gli
posò le labbra sui capelli, chiudendo gli occhi e aspirando il profumo di
rose che l'altro emanava dopo la doccia "Cominciò con l'affidarmi
piccoli incarichi, nulla di importante o pericoloso. Una sera mi chiamò
nel suo ufficio e… mi sedusse" ridacchiò allo strano suono che
aveva quella parola così antiquata, ma come altrimenti definire le
candele, la musica soffusa, la cena da cordon blue e il vino francese?
"Era
gay?" chiese sorpreso Aiden. Non pensava che un gay potesse essere
accettato all'interno di una banda e tanto meno divenirne il capo.
Damien
ci pensò un po', stringendolo di più a se "No, non credo"
rispose "Vik non amava un uomo o una donna. Lui amava la persona a
prescindere dal suo sesso. E' piuttosto raro"
"Lui
ti amava?"
Sospirò
"Credo di si. A modo suo mi amava" ricordò quando, tornando da
Marsiglia, lo aveva accolto a braccia aperte baciandolo di fronte
all'intera sala arrivi dell'aeroporto di Gatwick.
"E
tu? Lo amavi?" esitante.
Damien
rimase a lungo in silenzio, riflettendo "Io… penso di si. Quando
Vik morì non piansi, non provai dolore. Ma ora mi rendo conto che la sua
morte, insieme a tutto il resto, ha acuito la mia paura d'amare"
Aiden
si girò, guardandolo negli occhi "Io ti amo"
Damien
distolse un lo sguardo un istante per poi riportarlo subito sicuro.
"Idem…"
rispose sfiorandogli le labbra.
Aiden
intrecciò le loro gambe, sentendo il corpo di Damien reagire a quel
semplice contatto "Dimostramelo" sussurrò in tono di
sfida.
Una
pioggerellina leggera ma fitta cadeva su Londra.
La
donna aveva in mano un mazzo di fresie. Si piegò sulle ginocchia posando
i fiori davanti alla lapide.
"Micheal…
veglia su nostro figlio…" lo pregò.
Rialzandosi
si diresse verso l'uscita, ma a pochi passi dalla tomba un uomo - con in
mano una pistola - le ordinò di seguirlo conducendola sino ad una Rolls
Royce nera.
Stavano
cenando.
In
quel posto dimenticato da Dio Damien era riuscito trovare tutti gli
ingredienti necessari per cucinare il pollo al curry.
Era
bollente e accompagnato da un ottimo vino bianco gelato.
"Sei
tu quello che doveva uccidermi, vero?" chiese Aiden candidamente
sorseggiando il vino.
Damien
divenne pallido come un fantasma, la forchetta gli cadde sul piatto
producendo un suono che gli rimbombò nelle orecchie.
"Ehi! Calmati… lo so che non lo farai…" lo tranquillizzò
"…almeno spero…" disse strizzandogli l'occhio.
Damien
sorrise a sua volta "Baaahhh!! Se avessi voluto ammazzarti non avrei
speso un mucchio di soldi per portarti fin qui" rispose caustico ma
sorridendo apertamente.
Cassandra
non era ancora tornata.
Aveva
detto che sarebbe stata via qualche ora, ma le otto erano passate da un
pezzo e lei non era ancora rientrata.
Sarah
si mangiava le unghie, nervosa.
Cosa
doveva fare?
Chiamare
la polizia? Aspettare?
Aveva
paura che, presa dalla disperazione, Cassandra tentasse un gesto
inconsulto.
Lasciando
la tenda della finestra da cui guardava all'esterno decise di aspettare
ancora.
Una
parte di lei sapeva che Cass non avrebbe mai tentato il suicidio.
Cassandra
era ancora viva.
"Mi
hanno offerto cinque milioni di sterline per ucciderti"
Aiden
fece un lungo fischio modulato "Valgo così tanto?"
Ok…
magari non era stata brillante la sua idea ma la migliore che gli fosse
venuta in mente. E poi era divertente!
"Già.
Ho accettato per evitare che si rivolgesse a qualcun altro. Quando…
quando mi hanno mostrato la tua foto ho avuto la tentazione di prenderli a
pugni… ma poi ho pensato che sarebbe stato controproducente"
"Eh,
si… non è mai una buona idea picchiare il proprio datore di
lavoro" disse scherzando.
"Piantala!
Ma lo vuoi capire che sei in pericolo?"
Aiden
alzò un sopracciglio "Forse hai ragione… vivere con colui che
dovrebbe farmi fuori potrebbe rivelarsi deleterio per la mia salute"
scherzò.
Ma
l'altro non riusciva a scherzare "Smettila, Aiden! Non sei
divertente"
L'altro
si fece serio "Lo so, ma… mi aiuta a non pensare a ciò che hai
fatto…" si tirò indietro quando l'altro cercò di abbracciarlo
“Ciò che hai fatto, le esperienze che hai vissuto ti hanno reso ciò
che sei ed io non posso non amarti. Però… sapere che hai ucciso chissà
quante persone, provando addirittura piacere mi… mi spaventa" si
circondò la vita con le braccia "Mi spaventa sapere che domani
potresti rifarlo e poi di nuovo e un'altra volta ancora…”
"No!"
Damien lo interruppe bruscamente "Non potrei più farlo. Con te mi
sono reso conto di non essere meglio dell'assassino che uccide la
vecchietta per rubarle i soldi della pensione che ho sempre condannato.
Non potrei più farlo. Mai! Se ripresi è solo perché non sapevo in che
altro modo superare il dolore della nostra rottura" si avvicinò
piano "Non ucciderò più. Te lo prometto"
Aiden
si avvicinò di un passo posandogli una mano sul cuore "Me lo
prometti?"
Damien
annuì, la voce come svanita nel nulla.
Sorridendo
una lacrima gli sfuggì dall'angolo dell'occhio e Damien la catturò con
la punta di un dito, posandosela poi sulle labbra e assaporandone il gusto
salato.
"Ti
amo" sussurrò Aiden portandogli le mani sulla nuca e attirando le
sue labbra al suo viso.
"Signora
Hamilton!" Fiorini le si avvicinò gioviale, come fosse un vecchio
amico "E' un piacere vederla. Sono lieto che abbia accettato il mio
invito"
La
donna fu fatta accomodare sul divano.
"Cosa
vuole da me, Fiorini?"
"Oh,
nulla di particolare" fece un vago gesto con la mano "Voglio
solo suo figlio" sorrideva come se stesse chiedendo una tazza di
zucchero in prestito.
"Se
lo scordi!"
Fiorini
la guardò con un sorriso enorme sul volto "Non si affanni tanto,
prima o poi lo avrò. Specialmente quando verrà a sapere che la sua dolce
mammina è stata rapita. In quel preciso istante sono sicuro che il caro
Aiden arriverà a Londra al galoppo sul suo bianco destriero e l'armatura
scintillante" disse cercando di trattenere le risa.
"Bastardo!
Figlio di putt…"
Cassandra
si alzò di scatto cercando di colpire Fiorini, ma Simone la bloccò
premendolo un fazzoletto sulla bocca.
"Portala
via" Fiorini si alzò e si versò uno scotch con ghiaccio
"Occupati della polizia e della stampa. Piazza due uomini fissi
davanti al loro appartamento ad Hyde Park. Quando vedono il ragazzo
arrivare lo prendano e lo portino alla vecchia fabbrica"
"Si,
signore"
Uscì
dalla suite e dall'albergo grazie alle uscite di emergenza.
Fiorini
era contento.
Per
la prima volta dopo tanto tempo qualcuno gli aveva dato del filo da
torcere e a lui era piaciuto.
Pensava
di starsi arrugginendo ma quel piccolo intoppo nei suoi piani gli aveva
dato torto.
Era
ancora in gamba e nessuno sarebbe mai riuscito a batterlo al suo stesso
gioco.
Le
avrebbe concesso quella notte, non di più.
Se
alle nove di domani mattina non fosse stata di nuovo a casa al sicuro
avrebbe chiamato la polizia denunciandone la scomparsa.
Sarah
si sedette sulla poltrona, le gambe piegate sotto di lei e la testa posata
sul bracciolo.
Si
passò una mano sugli occhi con forza.
No, non devo piangere!
Non
doveva piangere, disperarsi o perdere la speranza.
Cassandra
stava bene, ne era sicura. E anche Aiden non correva pericoli, non con
Damien al suo fianco.
Cercò
di sorridere nell'oscurità che l'avvolgeva.
Doveva
credere e sperare che tutto si risolvesse per il meglio. In fondo il male
perde e il bene vince sempre.
Giusto? pensò
mentre lacrime furtive bagnavano la stoffa della poltrona.
L'aria
fresca del primo mattino, la rugiada sui fili d'erba e sulle foglie dei
fiori, il Sole ancora lontano all'orizzonte e gli animali che tornavano
alla vita dopo il loro sonno.
Un
paradiso se non fosse stato per: "Fa freddo… ho sonno… voglio
tornarmene a letto…" l'ennesimo sbadiglio.
Era
riuscito a farlo alzare alle sei e da quell'ora non faceva che lamentarsi.
"Shh…"
gli posò un indice sulle labbra "Guarda la meraviglia tutto intorno
a te…" sussurrò come se non volesse interrompere quel silenzio
quasi magico.
Damien
si guardò intorno, riempiendosi gli occhi "Nulla che non possa
vedere anche alle tre del pomeriggio" si lamentò "Dai…
torniamo a letto…" disse con tono invitante.
Sconfitto.
Di nuovo.
Si
voltarono e tornarono verso il cottage mano nella mano.
"Damien..?"
"Si..?" aveva gli occhi chiusi e camminava guidato da Aiden.
Si
portò un pollice alla bocca, mordendolo piano "Pensavo… potresti
insegnarmi qualcosa sull'autodifesa?"
Si
fermò di botto, fissandolo con occhi spalancati "Perché?"
"Beh…
non potremo stare sempre nascosti e tu non potrai starmi incollato
ventiquattrore al giorno…"
Invece è proprio quello che voglio
fare!
"…quindi
sarebbe utile se sapessi difendermi, ti pare?"
Annuì
piano, in fondo non aveva tutti i torti "D'accordo… ma più
tardi…"
Si
rimise a camminare verso la casa.
“No,
adesso. Dai… oramai siamo svegli…"
"Tu
sarai sveglio…" borbottò senza che potesse sentirlo.
Lo
vide allontanarsi… no! Lui
voleva fare qualche lezione adesso!
Corse
e lo raggiunse fermandoglisi davanti.
"Ti
prego… cominciamo adesso…"
Damien
cercò di liberarsi, ma senza successo. Così optò per un'altra
soluzione.
"D'accordo"
si avvicinò "Guarda…" gli mise una gamba tra le sue e con un
rapido movimento lo fece cadere a terra, per poi mettersi a cavalcioni su
di lui.
Gli
bloccò le mani ai lati della testa.
Si
agitava come un indemoniato. E di certo non era per liberarsi.
Si
piegò su di lui, succhiandogli il labbro inferiore "Allora… cosa
vuoi che ti insegni..?" si mosse piano, strofinando il suo corpo
contro quello dell'altro.
"Tutto…"
gemette "…tutto ciò che sai…"
Sarebbero
state lunghe ed interessanti lezioni.
"Pensi
che basti?"
Erano
nel piccolo supermercato di Blyth intenti a fare la spesa.
"Dio!
Aiden, dobbiamo fare una crostata di frutta solo per noi non per l'intero
esercito di Sua Maestà!"
Appena
finì di parlare si guardò introno preoccupato. Sembrava che nessuno si
fosse accorto del suo errore.
Aiden
lo guardò come a volerlo prendere in giro "Non preoccuparti, Daniel, vorrà dire che faremo anche una macedonia. O un crumble"
aggiunse con occhi sognanti e imploranti.
Dannato
ragazzino! Voleva prenderlo in giro per la sua dimenticanza? Beh… forse
era meglio se paragonato al flagellarsi a sangue come avrebbe fatto lui.
Sorrise
"Andiamo!" fece con finto tono imbronciato trascinandolo per un
braccio.
Quando
raggiunsero le casse Aiden si volatilizzò per tornare al reparto dolci
dove diceva d'essersi scordato qualcosa. La verità era che odiava fare le
file, imbustare la spesa e tutto il resto.
Fannullone... pensò
sorridendo.
Lo
sguardo gli cadde sulla rastrelliera dei giornali e lesse qualche titolo
qua e là.
Poi
il suo sguardo fu catturato da una foto.
Cassandra..?
Prese in mano la rivista: Cassandra
Hamilton rapita?
Si guardò intorno
cercando Aiden.
Non
era ancora tornato.
Era
il suo turno, mise tutta la roba sul nastro e nascose la rivista in una
delle buste di carta.
Quando
Aiden tornò lui aveva finito e tornarono alla macchina.
Sistemando
la spesa fece in modo di nascondere il giornale tra le pieghe di una
coperta che teneva nel portabagagli, senza farsi notare da Aiden.
Si
alzò facendo ben attenzione a non svegliarlo.
Indossò
un paio di jeans e andò in garage a recuperare la rivista.
Lesse
l'articolo alla fioca luce dell'abitacolo.
In
verità non diceva molto. A quanto si sapeva Cassandra Hamilton – socia
fondatrice del prestigioso studio legale Lyon&Hamilton – era
scomparsa dopo aver visitato la tomba del marito Micheal Lyon. Non c'era
molto altro, ma verso la fine dell'articolo il giornalista faceva notare
che non si avevano più notizie neanche del figlio dell'avvocato Hamilton
- Aiden Lyon - da più di due mesi.
Nascose
la rivista nel vano porta-oggetti e poggiò la testa sulle braccia
incrociate sul volante.
Fiorini…
Non c'era neanche bisogno di pensare a chi potesse essere stato.
E
neanche sul motivo… se Aiden avesse saputo che sua madre era in pericolo
si sarebbe precipitato a salvarla.
Solo
che non era in grado di salvarla.
E
neanche lui, temeva.
Non
era Superman, non credeva di poterci riuscire.
Batté
la testa più volte contro il volante.
Cosa
doveva fare?
Non
dire nulla ad Aiden tanto per cominciare, poi… si sarebbe inventato
qualcosa.
"Signorina
Parker, ho assegnato il caso a due dei migliori agenti della mia squadra.
Vedrà che la troveremo, non c'è bisogno che lei telefoni tutti i
giorni" quella ragazzina cominciava a dargli sui nervi e lui non
aveva tempo per ascoltare quella vocina che gli ordinava di ritrovare la
sua amica.
"Le
ho già detto che stiamo facendo del nostro meglio. Quando troveremo la
signora Hamilton o avremo ulteriori informazioni la chiameremo. Ora, mi
perdoni, ma ho molto lavoro da sbrigare. Buongiorno signorina Parker"
e agganciò il telefono.
Qui
ci volevano due aspirine.
In
realtà Miles e Davis non sapevano da dove iniziare per cercarla. E non
per mancanza di indizi. Erano semplicemente due incompetenti.
Proprio
come aveva chiesto il suo vecchio amico.
Sentì
il suono occupato e sbatté la cornetta.
Dannazione!
Perché la polizia era così… così… ostruzionista?
Ricordò
la seconda lettera di Damien.
Fiorini.
Cassandra
l'aveva lui e lei cosa mai avrebbe potuto fare per aiutarla?
Nulla!
Non c'era niente che potesse fare! Era
un'incapace!
Scoppiò
a piangere.
"Non
lo toccare!"
Damien
fece appena in tempo perché l'altro non si ustionasse.
"E'
bollente, aspetta che si raffreddi un po' "
Aiden
fece il broncio "Ma a me piace bollente, così posso ricoprirlo di
crema di latte o gelato alla crema…" fece col tono di un bambino
sull'orlo del piagnisteo.
Damien
si tolse il guanto da forno "Fa come ti pare, ma non lamentarti se
poi ti ustioni"
Senza
farselo ripetere Aiden prese un piatto e si servì di una generosa
porzione di crumble che ricoprì di crema di latte e sedendosi al tavolo
si preparò a gustarla.
Guardandosi
intorno si chiese che fine avesse fatto Damien.
Non
c'era nessuna novità.
Secondo
tutti gli articoli che riuscì a trovare su Internet non c'erano novità
nelle indagini che sembravano essersi arenate.
Si
poggiò contro la schienale della poltrona.
Avrebbe
dovuto dirlo a Aiden ma temeva la sua reazione.
Col
carattere che aveva sviluppato negli ultimi tempi sarebbe stato
capacissimo di fregarsene dei pericoli pur di non mettere di mezzo sua
madre.
Ma
il punto era che lei c'entrava.
Se
si trovavano in quella situazione, in quei casini, era anche e soprattutto
perché l'avvocato Hamilton non era riuscita a dire di no
ad un caso che, se avesse vinto, l'avrebbe portata direttamente
nell'Olimpo degli avvocati penalisti.
Ma
doveva anche riconoscere che se non fosse stato per questo loro due non
avrebbero mai parlato e…
Vide
Aiden entrare nello studio, sorridergli e avvicinarsi per sedersi sulle
sue ginocchia.
Gli
circondò le spalle con le sue braccia e lo baciò.
La
sua bocca sapeva delle mele del dolce, della crema di latte e anche il
sapore inconfondibile di Aiden.
Quello
era il paradiso.
Si
staccarono solo quando entrambi ebbero bisogno di respirare.
…e
loro non sarebbero mai tornati insieme.
Gli
strinse la mani sulla vita "Aiden… c'è una cosa che ti devo
dire"
"Ancora
niente?"
Simone
era in piedi davanti il suo capo.
Vederlo
così preso da quella situazione gli piaceva. Voleva dire che si stava
riprendendo dalla morte di Claudio.
Ma
al contempo tutta quell'apprensione nel vendicarsi gli faceva alzare la
pressione e poteva avere ripercussioni sul cuore.
"No,
signore. Né Lyon né Shaughnessy sono tornati a Londra. Ma forse non
l'hanno ancora saputo o…"
Fiorini
batté una mano sul ripiano del mobile bar "Si che lo sanno! Di
sicuro lo sa Shaughnessy…" e altrettanto sicuramente lo stava
nascondendo al suo amichetto "La Hamilton?"
"Bene
signore, anche se si ostina a non voler mangiare. Se continua così
potrebbe ammalarsi"
Fiorini
annuì, dirigendosi nella sua stanza "Fatela mangiare a forza, datele
delle flebo se necessario. Voglio che sia pienamente cosciente quando le
ammazzerò il figlio davanti gli occhi" si chiuse la porta alle
spalle e andò a farsi una doccia.
Simone
uscì dalla suite per andare dalla donna.
Alle
sue parole aveva visto diverse emozioni prendere forma sul suo volto.
Angoscia,
preoccupazione, colpa, rabbia.
"Cosa
vuol dire che non posso andare a Londra?!" si era alzato,
allontanandosi.
Damien
rimase seduto sulla poltrona "E' una trappola Aiden, dovresti capirlo
benissimo anche tu. Non puoi andare e salvarla
perché è proprio questo ciò che si aspettano. Dobbiamo rimanere
qui e stare calmi" cercò di convincerlo.
Aiden
sapeva che le parole dell'altro erano vere, ma non poteva dar loro ascolto
"Potrebbero ucciderla, Damien" sempre
che non l'abbiano già fatto… a quel pensiero il cuore perse qualche
battito e gli occhi gli divennero lucidi.
Damien
si alzò, aggirando la scrivania, gli si mise davanti "Non la
uccideranno, Aiden. Non gli conviene" quelle parole suonavano
talmente false alle sue stesse orecchie che se avesse potuto si sarebbe
messo a ridere.
"Non
è vero, lo sai! Il loro scopo l'hanno ottenuto, ora non sanno più che
farsene di lei!" gli venne in mente una cosa "Da quanto tempo lo
sai?"
Damien
abbassò lo sguardo "Da quanto tempo?" ripeté scandendo ogni
parola.
"Una
settimana… più o meno…" sussurrò.
Aiden
impallidì.
Sua
madre ora poteva essere morta, chissà in quale modo atroce… e tutto a
causa sua.
Damien
lo afferrò per le spalle "E' viva, Aiden. Tua madre è viva. Fiorini
vuol farle provare il dolore della perdita di un figlio e non può farlo
se la uccide"
Era
così. Doveva essere così.
"Promettimi
che non andrai a Londra. Ti giuro che troverò un modo per salvarla ma tu
promettimi che non scapperai" gli alzò il viso mettendogli l'indice
sotto il mento "Promettimelo" pregò.
"Te
lo prometto"
Il
capo riverso da un lato, era in uno stato di semi incoscienza.
Le
avevano dato del sonnifero per calmare quella furia scatenata.
"Aiden…
dove sei Aiden..?" non faceva altro che chiamare il figlio.
A
quella melensa dimostrazione di affetto materno Simone fece una smorfia.
Ancora
non lo aveva incontrato e già gli stava sulle palle quel ragazzino.
Tutti
lo volevano proteggere e la cosa non gli piaceva. Stava perdendo un sacco
di tempo e, soprattutto, la salute del suo capo poteva solo peggiorare.
"Aiden…"
Sperò che si facesse vivo al più presto.
Prima
lo eliminavano prima sarebbero finite tutte quelle scocciature.
Il
sole non era ancora sorto ma lui era già vestito.
Si
concesse un momento per osservarlo dormire. Gli piacevano quei momenti
perché sembrava che fosse lui a proteggere l'altro e non il contrario.
Scese,
con molta attenzione, le scale. Prese il portafoglio con la sua nuova
identità, indossò il cappotto e prese le chiavi della macchina.
Osservò
il cottage diventare sempre più piccolo nello specchietto laterale.
Ti amo Damien…
Tornò
lentamente alla veglia, come suo solito, ma… quando aprì gli occhi non
c'erano i suoi oceani blu a dargli il buongiorno.
Tastò
con la mano l'altra parte del letto.
Freddo.
Un brivido gelido gli corse lungo la spina dorsale.
Si
alzò e, rischiando di farsi male, s'infilò un paio di pantaloni mentre
guardava nelle stanze al piano superiore.
Scese
le scale e in anticamera notò che non c'erano più le chiavi dell'auto.
Si
precipitò alla porta secondaria spalancandola ed uscendo nel giardino.
La
macchina non c'era.
E
neanche Aiden.
Il
cuore smise di battere, i pensieri assenti, anche il tempo sembrava
essersi fermato.
Poi
si fiondò in casa, salì e si vestì.
Aiden
stava andando a Londra, sperò solo che fosse talmente preso dal suo
obiettivo da non pensare di prendere un aereo e che ci arrivasse in auto.
In questo modo lui avrebbe potuto raggiungere l'aeroporto di Edimburgo e,
con molta fortuna, arrivare prima di lui.
La
strada era ancora molto lunga. Stava guidando ininterrottamente da quasi
cinque ore e cominciava a sentirne la fatica.
Mise
la freccia a sinistra per fermarsi e prendere qualcosa in un bar.
Si
sedette ad un tavolo, isolato dagli altri avventori, aspettando l'arrivo
della cameriera che gli si presentò davanti a tempo di record.
Gli
fece il più smagliante dei suoi sorrisi ma Aiden rifiutò con garbo e
gentilezza ogni proposta più o meno velata che la ragazza gli fece per
tutto il tempo.
Forse
una volta le avrebbe accolte con gioia e avrebbe fatto passare ad entrambi
un paio d'ore in paradiso ma ora non più.
Stava
imburrando un toast e al contempo rifletteva su quanto Damien l'avesse
cambiato in quei due anni e mezzo.
Gli
aveva fatto provare un amore e una sofferenza così profondi da
spaventarlo.
Perché,
in effetti, per un certo periodo - più o meno due minuti - si era
spaventato rendendosi conto di quanto lo amasse.
Ma
alla fine si era comportato come suo solito, ossia accentandolo e vivendo
benissimo.
Per
la sofferenza invece c'era un discorso del tutto diverso. Era stata
proprio quella a fargli creare il suo mondo parallelo in cui tutto era
meraviglioso.
Chissà
cosa sarebbe successo se Damien non lo fosse venuto a prendere..?
La
cameriera gli portò il conto con un ultimo, luminoso, sorriso
distogliendolo dai suoi pensieri.
Riscuotendosi
si alzò, pagò il conto ed uscì dal locale per tornare alla macchina.
Guardò
l'orologio. Se avesse superato tutti i limiti di velocità sarebbe
arrivato a Londra entro sera.
Era
riuscito a prendere un treno per Edimburgo, da Blyth, solo a mezzogiorno.
Una
volta alla stazione prese un taxi per l'aeroporto e li scoprì che il
prossimo volo per Londra sarebbe partito solo alle sette.
Quasi
quattro ore.
Quattro
ore in cui non avrebbe potuto fare altro che aspettare e pensare.
Doveva
pensare.
Doveva
pensare a come risolvere tutta quella situazione senza fare del male ad
Aiden o Cassandra.
Come
poteva riuscirci?
Non
sapeva nulla di ciò che lo aspettava, di cosa avrebbe trovato al suo
ritorno.
La
gente gli passava davanti ma nessuno gli badava e anche se qualcuno lo
avesse degnato di uno sguardo non avrebbe notato nient'altro se non un
uomo completamente perso nei suoi pensieri.
Ma
i pensieri di Damien avevano smesso da un pezzo di arrovellarsi su
qualcosa di completamente ignoto, preferendo concentrarsi su qualcosa che
conoscevano molto bene.
Aiden.
O
almeno pensava di conoscerlo. Si era fidato della promessa che gli aveva
fatto, ma l'altro l'aveva rotta.
Per
un secondo, quando aveva sentito quella parte del letto fredda aveva
pensato di aver sognato tutto ciò che era successo.
Il
cottage, le loro confessioni e la loro riconciliazione.
Erano
di nuovo insieme.
Non
si era mai fermato a rifletterci sopra, aveva preferito vivere alla
giornata.
Ma
ora aveva tutto il tempo per pensarci.
Oramai
Aiden sapeva tutto di lui, non c'era nulla che gli avesse tenuto nascosto.
Ora la sua vita era letteralmente nelle mani dell'uomo che amava.
Attese
la solita ondata di paura che avrebbe dovuto coglierlo, ma questa non
arrivò.
Al
contrario una profonda gioia e tranquillità avevano preso posto nel suo
cuore.
Aveva
ancora qualche piccola paura, ad esempio non era ancora riuscito a dirgli ti amo, ma ci stava lavorando.
Presto
anche quel muro sarebbe stato abbattuto.
Ti amo… presto,
molto presto glielo avrebbe detto guardandolo negli occhi.
Si
destò dai suoi pensieri e ascoltò l'annuncio che invitava i passeggeri
del volo BA 472 per Londra a recarsi al cancello d'imbarco numero
tre.
Le
luci di Londra, il fiume, il Big Ben, il Ponte delle Torri… li aveva
sempre dati per scontati ma ora si rese conto che gli era mancata la sua
città.
Erano
le otto quando parcheggiò la macchina davanti al suo palazzo.
Era
tornato a casa ma non ci sarebbe stato nessuno ad accoglierlo.
A
passo spedito si avviò all'entrata ma a pochi passi dall'entrata due
uomini lo fermarono.
Quello
dai capelli rossi lo prese per un braccio "Vieni con noi" ringhiò.
Fiorini… fu
il suo unico pensiero alla vista di quei due.
Aiden
cercò di liberarsi strattonando, impuntandosi, ma non poteva competere
con quei due sul piano fisico.
Così
fece finta di arrendersi.
L'altro,
dai capelli scuri, li precedeva di qualche metro.
Si
bloccò di colpo e con un rapido gesto si mise davanti quello che lo
teneva stretto, mise una gamba fra quelle dell'altro, gli spostò il piede
destro in avanti col suo e l'uomo cadde rovinosamente a terra.
Quello
davanti si voltò e non appena registrata la scena cominciò a correre
verso di loro.
Aiden,
non appena liberatosi, si era voltato e correndo si era diretto verso il
suo palazzo.
Gli
altri due lo seguivano, ma se fosse riuscito ad entrare nell'atrio sarebbe
stato al sicuro.
Salì
rapido i quattro gradini e spinse, con tutta la forza che aveva, la porta
girevole.
I
due lo raggiunsero ma si bloccarono lì.
"Tutto
bene, signorino Lyon?"
Si
voltò e vide il portiere osservarlo confuso e sorpreso.
Annuì
sorridendo "Si, tutto bene, grazie Joseph"
Con
calma si diresse verso gli ascensori chiamandone uno.
Fece
dei profondi respiri per rallentare il battito impazzito del suo cuore.
Entrò
nell'ascensore e premette il pulsante per il dodicesimo piano.
Chiuse
gli occhi, concentrandosi sulla respirazione.
Non
aveva pensato a ciò che faceva, aveva agito e basta.
Si
era ricordato della mossa che Damien aveva usato su di lui quel mattino e
aveva tentato di emularla.
La classica fortuna del
principiante… ridacchiò.
Però…
ora… tutto questo, tutto quello che era successo stava a significare che
qualcuno lo voleva davvero morto.
Per
tutto questo tempo una piccola parte di se, quasi inconscia, aveva sperato
che in realtà si trattasse di uno scherzo, di una scusa che Damien aveva
usato per tornare da lui.
Ma
non era così.
E
quegli uomini più il rapimento di sua madre avevano distrutto il suo
castello di fantasie.
Aprì
la porta dell'appartamento che trovò immerso nell'oscurità più totale.
Accese
le luci del soggiorno e andò nella sua stanza.
Camminò
nel buio finché non raggiunse il comodino e accese l'abat-jour.
Quella
luce tenue ma improvvisa svegliò Sarah dal suo dormiveglia che con il suo
piccolo urlo spaventò Aiden, sorpreso di trovarla lì.
Si
guardarono l'un l'altra.
L'uno
felice di rivederla, l'altra incredula.
Sarah
scoppiò in lacrime, tutte quelle che aveva trattenuto da quando se n'era
andato, lo abbracciò di slancio, ridendo e piangendo allo stesso tempo.
Sorridendo,
Aiden l'abbracciò a sua volta.
Non
c'era un taxi libero!
Ce
n'erano sempre decine e decine ed ora che gliene serviva uno non c'era.
Erano
tutti occupati!
Era
preoccupato a morte per Aiden, di sicuro Fiorini aveva già saputo del
loro arrivo e probabilmente ora gongolava estasiato.
Finalmente
arrivò un taxi e lui quasi gridò infuriato l'indirizzo a cui portarlo.
Sperava
che stesse bene e che non avesse fatto mosse azzardate… tipo mettersi a
cercare i rapitori di Cassandra andando a chiedere nei quartieri
malfamati.
Ne
sarebbe stato capacissimo.
Il
taxi si fermò e lui lanciò addosso all'autista almeno il doppio del
costo della corsa.
Il
portiere cercò di fermarlo per chiedere chi cercasse, per farlo
annunciare.
Damien
lo scansò in malo modo e chiamò un ascensore che sembrava non voler
arrivare.
Tre
secondi dopo la chiamata cercò le scale iniziando a salirle due alla
volta.
Sentiva
il battito del cuore rimbombargli nelle orecchie.
Fa che sia salvo…
Temeva
che gli scoppiasse per tutte le ventiquattro rampe di scale.
Fa che stia bene…
Spalancò
la porta e con la forza della disperazione cominciò a bussare senza sosta
alla porta del suo appartamento.
Aveva
il braccio a mezz'aria quando Aiden gli aprì la porta.
E
la mano, come mossa di volontà propria, lo schiaffeggiò per poi
afferrarlo e stringerlo a se.
Pazzo incosciente!
Come
aveva potuto aprire senza prima accertarsi di chi si trattasse?
"Damien…"
sussurrò confuso, sentendo la guancia iniziare a gonfiarsi "Damien…"
"No…"
gli prese il viso tra le mani e lo baciò con tutto l'amore che provava
per lui, con tutta la disperazione di quelle lunghe, interminabili, ore.
"W…wow!"
mormorò Aiden scosso.
L'altro
lo studiava per assicurarsi che fosse proprio il suo Aiden, che fosse
tutto intero.
"Promettimi
che non lo farai mai, mai più! Sono invecchiato di dieci anni in una sola
giornata!"
Il
pazzo incosciente annuì sorridendogli.
"Signore?"
Simone bussò e non ottenendo risposta aprì la porta della camera da
letto "Signore?"
Sentì
un gemito provenire dal letto, Simone vi si avvicinò e trovò Fiorini in
ginocchio sul pavimento, si teneva la mano destra sul cuore.
"Signore!"
si precipitò al suo fianco, i fogli che aveva in mano si sparsero sul
pavimento.
Respirava
affannosamente, il volto quasi congestionato. Sul comodino vide le
medicine e prese due pasticche facendogliele prendere insieme a un sorso
d'acqua.
Lo
aiutò a sistemarsi sul letto. Lentamente Fiorini riprese un colorito
normale.
Anche
Simone riuscì a riprendersi e a respirare normalmente. Aveva temuto per
la sua vita in quei momenti.
"Come
si sente, signore?"
L'anziano
uomo di mafia annuì piano "Sto bene" poi, ritrovando il suo
piglio dittatoriale "Ci sono novità?"
Simone
non sapeva cosa rispondere, temeva che quelle notizie potessero avere un
effetto nocivo per la salute di Fiorini.
"Ti
ho chiesto se ci sono delle novità e non intendo farlo di nuovo!"
Simone
recuperò i fogli e tornò da Fiorini.
"Signore…
Shaughnessy e Lyon sono tornati"
Tutti
e tre in soggiorno, Sarah parlava raccontando ciò che era successo
durante la loro assenza.
Le
ricerche di Cassandra, i mille colloqui avuti con Scotland Yard e infine
il suo rapimento.
"…era
andata al cimitero per parlare con Micheal ma non è più tornata…"
I
due erano seduti sul divano, l'uno accanto all'altro.
Aiden
teneva stretta una mano di Damien fra le sue per non lasciarsi andare, per
non precipitarsi a cercare Fiorini e farsi dire dove avesse nascosto sua
madre.
Si
sentiva in colpa per ciò che era accaduto a sua madre e desiderava
poterla andare a salvare, ma se solo avesse provato a varcare la soglia di
casa Damien l'avrebbe ucciso.
Glielo
aveva detto lui e sebbene dubitasse del fatto che potesse farlo sul serio
non dubitava che avrebbe potuto prenderlo e legarlo da qualche parte per
impedirgli di muoversi di lì.
"Fiorini
si è mai messo in contatto con voi?" chiese Damien.
Sarah
scosse la testa "No, non l'ha mai fatto, ma sia io che Cassandra ci
sentivamo perennemente osservate. Non facevamo un passo senza sentirci gli
occhi di qualcuno addosso" si strinse nelle spalle "Ma…
suppongo fosse normale"
Continuarono
a parlare per un'altra ora. Damien faceva domande su domande, alcune delle
quali, apparentemente, inutili.
Ma
ogni più piccolo particolare, anche il più insignificante, si sarebbe
potuto rivelare vitale.
Alla
fine, notando quanto la ragazza fosse esausta da quella specie di terzo
grado, decise di smettere.
Aiden
lo portò nella sua stanza, chiudendo la porta alle loro spalle.
"E'
la prima volta che entro nella tua stanza" constatò Damien,
voltandosi e sorridendogli "E noto che hai un letto singolo…"
si avvicinò e gli girò intorno per abbracciarlo da dietro e posargli un
bacio sul collo.
"Damien,
io… mi dispiace…"
"Shh…"
lo interruppe voltandolo e posandogli un dito sulle labbra "Va tutto
bene, per fortuna non è successo nulla…" cominciò a deporre tanti
piccoli baci sul collo e dietro l'orecchio "Ma se morirò d'infarto
mentre sono nel fiore degli anni sappi che sarà tutta colpa tua…"
ridacchiò stringendolo a se per baciarlo.
Avrebbe
dovuto dirgli degli uomini che avevano cercato di prenderlo quando era
appena arrivato?
Si, lo farò… sentì
Damien iniziare a spogliarlo.
Ma più tardi, molto più
tardi… pensò mentre
cadevano abbracciati sul letto.
Il
mattino arrivò troppo presto per entrambi.
Morfeo
era riuscito a sedurli solo alle prime luci dell'aurora, dopo che i due
avevano passato la notte a parlare e fare l'amore.
Non
necessariamente in quest'ordine.
Aiden
era praticamente sdraiato sul corpo di Damien, che lo teneva abbracciato a
se.
Quello
era il paradiso.
Sospirò,
pensando a ciò che li aspettava.
Aveva
cercato di proteggere Aiden, di non fargli correre alcun pericolo, di
fargli iniziare una nuova vita, ma ora si rendeva conto di aver sbagliato.
Col
suo comportamento aveva inconsapevolmente fatto ciò che Fiorini voleva:
distruggere la vita della famiglia Hamilton.
Ora
avrebbe rimediato ai suoi errori.
Sorrise,
gli occhi chiusi e posò un leggero bacio sulla fronte di Aiden.
Quanto
lo amava!
Non
pensava che l'amore potesse essere così.
Qualcosa
che ti travolge, che ti rende sordo, muto, cieco e quasi disperato per
tutto il tempo in cui non si è accanto alla persona amata.
Un
sentimento che non si può rendere a parole perché non ne esistono di
abbastanza complesse e semplici per poterlo esprimere.
Lo
si può soltanto vivere, come alla fine aveva deciso di fare lui.
E
mai decisione l'aveva reso più sereno e spaventato al contempo.
"Buongiorno
avvocato! Come si sente oggi?"
Simone
era arrivato da appena due secondi e già iniziava con le sue battutine
sceme.
Avesse
potuto Cassandra l'avrebbe strozzato solo per non sentirlo più parlare,
ma non poteva farlo restando ammanettata ai braccioli di quella sedia.
Le
posò davanti del tea, succo d'arancia, brioche, burro e marmellate ed
iniziò a mangiare con gusto.
La
ignorava mentre sfogliava la copia di The
Economist, leggendo qualche articolo che avrebbe potuto interessarlo.
Per
un momento si fermò e guardò la donna davanti a se "Che sbadato che
sono!" esclamò "Non le ho offerto nulla, ma rimedio
subito" prese una brioche e l'aprì a metà imburrandola e
spalmandoci sopra una generosa dose di marmellata alle fragole.
Lo
richiuse e lo posò su un tovagliolo davanti a Cassandra, facendole cenno
con la mano di servirsi senza complimenti.
Raggiante
e perfido.
Alcuni
minuti più tardi Simone mise via tutto e gettò gli avanzi in un cestino.
Le
augurò buona giornata ed uscì dalla stanza.
Cercò
di rilassarsi, nell'attesa che qualcuno la riportasse nella sua cella.
Sentì
il cigolio della porta ma non ci furono passi diretti nella sua direzione.
Girò
lo sguardo verso quella che era l'unica uscita e vide la testa di Simone
fare capolino.
"Mi
ero dimenticato di dirle che suo figlio è tornato a casa. Presto la
famigliola felice sarà di nuovo unita!" le sorrise e sbatté la
porta.
Aiden…
Sarah
entrò in cucina già vestita, pronta ad affrontare una nuova giornata.
L'ammirava
per il coraggio che aveva dimostrato, pochi sarebbero stati capaci di
altrettanto.
"Buongiorno
Sarah" portò la tazza alle labbra bevendo un sorso di caffè.
La
ragazza sobbalzò, indice che non l'aveva notato affatto.
"Buongiorno
Damien" si voltò e rispose sorridendo al suo saluto.
Si
servì anche lei del caffè per poi sedersi di fronte a lui. Entrambi
nervosi senza volerlo ammettere.
"Mi…
mi spiace se ti ho messo nei guai con Cassandra quando ho preso Aiden"
Sarah
scosse la testa "Nessun problema, era importante" per un attimo
il suo sguardo si perse nel vuoto "E poi… Aiden è felice"
sorrise "Siete tornati insieme, non è vero?" chiese felice per
loro.
Damien
annuì lievemente imbarazzato "Si…" a volte Sarah lo metteva a
disagio col suo comportamento così aperto e diretto.
"Pensi
che Fiorini sappia del vostro ritorno?"
L'uomo
fece un profondo respiro "Probabilmente si… anche se non ho visto
nessuno quando sono arrivato qui" oppure erano molto bravi a
nascondersi.
Aiden
fece il suo ingresso col sorriso sulle labbra, esuberante. Non voleva che
Damien e Sarah si preoccupassero per lui più di quanto già non
facessero.
"Buongiorno!"
schioccò ad entrambi un bacio sulle labbra per poi cominciare a tirare
fuori uova, latte e bacon per preparare la colazione.
I
due si guardarono, stupiti da quell'atteggiamento così vivace.
"Aiden…
tutto bene?"
Il
ragazzo si voltò un attimo, sorridendo "Certo Sarah!"
Rigirava
le uova nella padella mentre il bacon iniziava a sfrigolare nell'altra.
Damien
sorrise ma sapeva che quella era tutta una finta.
"Ehm…
io vado a farmi una doccia…" disse alzandosi.
"Non
fai colazione?" Aiden col grembiule e un cucchiaio di legno in mano
sembrava davvero un bravo casalingo.
"No,
grazie… preferisco continuare a vivere ancora un po'" e così
dicendo si allontanò ridendo.
Fiorini
si alzò dal letto oramai completamente rimesso.
Il
dottore gli aveva diagnosticato un principio d'infarto e gli aveva
consigliato riposo assoluto, niente lavoro e niente stress.
Lui
l'aveva mandato a farsi fottere.
Nessuno
poteva dire a Carlo Fiorini cosa potesse o meno fare.
Si
sedette al tavolo per fare colazione servito da uno dei suoi assistenti.
Oramai
era giunto il momento di porre fine a quel gioco.
Quasi
non lo interessava più vendicare suo figlio - in fondo Claudio era stato
punito per la sua leggerezza nell'operare - ma ciò cui non poteva passare
sopra era la sfida che Shaughnessy gli aveva lanciato col suo
comportamento.
Ingannarlo,
sfidarlo, prendersi gioco di lui, nonché derubarlo… era questo ciò che
quell'assassino aveva fatto e lui non poteva non reagire. Ne andava del
suo onore.
Erano
stati commessi errori grossolani in quella vicenda; errori per cui
qualcuno avrebbe pagato. Fosse anche stato Simone.
Carlo
Fiorini non poteva permettersi che i suoi collaboratori più stretti
fossero meno che perfetti.
Proprio
in quel momento Simone tornò dalla sua colazione con Cassandra e Fiorini
mandò via l'assistente che l'aveva servito sino adesso.
"Come
sta la signora Hamilton?" chiese portandosi alla bocca un pezzo di
salsiccia - l'ideale per il suo cuore.
"Bene,
signore. Sono sicuro che non vede l'ora di riabbracciare suo figlio"
lo informò ironico.
Fiorini
finì di fare colazione in silenzio, perfezionando nella sua mente gli
ultimi dettagli del suo piano.
Quando
ebbe finito di mangiare si recò nello studio, seguito da quel cagnolino
fedele che era Simone, prese il telefono e compose un numero che aveva
oramai stampato a fuoco nel cervello.
Riagganciò
con quanta più calma potesse la cornetta del telefono.
Un
incontro. Per il giorno successivo.
Aiden
entrò nello studio di sua madre osservando ogni mobile o soprammobile
come fosse la prima volta che li vedesse.
La
libreria piena di testi giuridici e dei romanzi di spionaggio che tanto le
piacevano, i piccoli oggetti in cristallo Swarovsky di cui faceva
collezione, il pennino posato su una base in radica accanto ad una
rifinita boccetta in vetro di Murano, contenente inchiostro nero, con cui
firmava i documenti più importanti.
Tutte
quelle cose parlavano di sua madre, delle cose in cui credeva e dei suoi
sogni.
Damien
lo vedeva sfiorare ogni oggetto e chiudere gli occhi come se questi
potessero raccontargli una storia.
Si
alzò e lo abbracciò da dietro stringendogli le braccia intorno alla vita
e posandogli un bacio dietro l'orecchio.
"Come
ti senti?"
Aiden
posò le mani sulle sue, poggiando la testa sulla spalla destra di Damien.
"Ho
sempre dato per scontato la sua presenza. Anche se era molto spesso
lontana io sapevo che per me lei ci sarebbe sempre stata. Ogni volta che
avevo un problema lei mi restava vicino. E' davvero una persona
eccezionale… quando le ho detto di essere gay mi ha guardato e ha detto
che così finalmente avrebbe avuto qualcuno con cui parlare di uomini… a
patto che non cercassi di sedurre i suoi" rise sommessamente al
ricordo di ciò che lui aveva immaginato come l'Apocalisse, la fine della
sua vita. Si girò e gli mise le braccia intorno al collo "La
salveremo, non è vero?" lo guardò negli occhi supplichevole
"Non è vero?" ripeté con disperata veemenza.
Damien
annuì "Si, la salveremo" rispose posandogli un bacio sulle
labbra.
Avrebbe
fatto tutto il possibile e l'impossibile per salvare Cassandra.
"Chi
era al telefono?" chiese Aiden quando finalmente le loro labbra si
separarono.
Lo
strinse più forte a se, indeciso se confessargli o meno ciò che stava
per accadere.
Aiden
aveva poggiato la guancia sul suo petto, gli occhi sempre chiusi come se
senza guardare ciò che lo circondava sarebbe scomparso.
"Era
Fiorini, vero?"
Damien
annuì impercettibilmente "Si…" mormorò piano.
Era
inutile tenergli nascosto qualcosa che avrebbe comunque scoperto.
"Domani
dovremo incontrarlo. Mi ha dato le indicazioni per raggiungere una piccola
fabbrica abbandonata poco fuori città. Io… io vorrei che tu rimanessi
qui…"
Aiden
sorrise e scosse la testa "Niente da fare. Io vengo con te"
Sapeva
che avrebbe risposto in quel modo.
"Ti
amo, Damien"
"Anch'io"
sussurrò sulle sue labbra prima di imprigionarle in un nuovo, dolce
bacio.
Sarah
se ne stava chiusa nella sua stanza a pregare.
Non
era mai stata credente, ma chissà per quale motivo nei momenti di bisogno
o pericolo tutti gli esseri umani invocano l'aiuto di Dio o di un qualche
Essere Superiore; e Sarah non faceva eccezione.
Era
seduta sulla poltrona, il capo chino e le mani intrecciate sulle
ginocchia. Muoveva piano le labbra, ma da esse non usciva alcun suono.
Pregava
per Cassandra, per Aiden e per Damien.
Invocava
chiunque fosse a prendere le decisioni in questo pazzo Universo di
proteggerli, facendo in modo che non accadesse loro nessun male.
Quelle
persone erano la sua unica famiglia.
Lasciarono
un messaggio per Sarah in cucina ed uscirono.
Raggiunsero
St. James' Park e si fermarono per dare da mangiare ai cigni.
In
silenzio, fugaci sguardi e sorrisi nel ricordare il luogo che aveva
cambiato la loro vita.
Stavano
seduti su una panchina, l'uno accanto all'altro, le dita che si
intrecciavano, sfioravano, allontanavano per poi di nuovo cercarsi e
unirsi.
La
gente che camminava lanciava sguardi sorpresi o disgustati, ma anche
invidiosi per quell'amore che si percepiva semplicemente guardandoli.
Non
sapevano cosa sarebbe accaduto il giorno successivo per questo vivevano
quelle ore come in una bolla, ignorando ciò che li circondava e
concentrandosi solo l'uno sull'altro.
Ogni
gesto, ogni sguardo valeva più di centinaia di parole.
Percorsero
insieme tutta la strada che Damien aveva fatto il giorno successivo al
loro primo incontro, da Greenwich sino alla Piazza del Parlamento, dopo
aver preso il battello.
Si
fermavano ogni tanto in un locale per prendere qualcosa ma rimanevano
comunque in silenzio, limitando a sorridersi.
Fu
naturale arrivare sino al Blue River,
un luogo che per entrambi significava molto.
Gale
li accolse col sorrise sulle labbra ma pregò Damien di concederle cinque
minuti in privato.
Gli
spiegò cosa fosse successo, chiedendo spiegazioni ma Damien non poteva
raccontarle nulla e si limitò a porgerle le sue scuse assicurandole che
non sarebbe più accaduta una cosa del genere.
Aiden
lo aspettava al loro tavolo e lui gli portò un bocciolo di rosa bianca.
"Pura
come te"
Le
prime parole che pronunciò furono le stesse di due anni prima, quando la
loro storia iniziò realmente.
Gli
posò un lieve bacio sulle labbra per poi sedersi al suo posto.
Cenarono
in tranquillità, il quartetto d'archi che suonava.
Aiden
si alzò, porgendogli una mano per invitarlo a ballare. Damien sorrise e
si alzò cingendogli la vita con le braccia, avvicinandolo a se mentre
l'altro gli poggiava la testa su una spalla.
Gli
altri avventori li guardarono curiosi o lievemente infastiditi ma loro non
vedevano o sentivano nulla che fosse al di là della loro bolla.
In
verità non ballavano, si limitavano a dondolare lievemente, persi nel
mare dei loro pensieri e delle loro emozioni.
Tornarono
a casa quando era ancora piuttosto presto. Le stanze erano immerse
nell'oscurità, probabilmente Sarah era già andata a dormire.
Si
chiusero la porta alle spalle e lì fuori lasciarono anche tutte le loro
paure e preoccupazioni per il domani.
Le
mani sfioravano, spogliavano, toccavano.
Le
labbra baciavano, i denti mordevano leggeri.
Gli
abiti caddero sul pavimento, i loro corpi si sdraiarono su quel letto
troppo piccolo per entrambi.
Sussurri
rochi, gemiti… l'aria era pregna di essi e delle frasi sussurrate a metà.
Due
corpi separati, uniti da una sola anima.
Aiden
dormiva tranquillo, poggiato sul suo corpo.
Gli
accarezzava i capelli e posava lievi baci su tutto il suo viso.
Gli
sfiorò le labbra con le sue.
"Ti
amo…" mormorò prima di addormentarsi a sua volta.
Fiorini
si alzò assaporando quella che per lui sarebbe stata la giornata della Vittoria.
Dopo
colazione lui e Simone partirono per raggiungere il luogo dell'incontro.
Gli
uomini rimasti a Londra lo avrebbero avvertito non appena Lyon e
Shaughnessy si fossero mossi.
Aveva
aspettato due mesi.
Sessanta
giorni.
Non
sembrano molti a pensarci, ma viverli è molto diverso.
L'aspettare
che fosse l'avversario a fare la prima mossa perché non si aveva nulla in
mano.
L'attesa
spasmodica di una telefonata che non arrivava, doversene restare con le
mani in mano quando si ha voglia di spaccare qualsiasi cosa pur di
attenuare la frustrazione che avvolgeva la mente e l'anima.
Ma
finalmente tutto questo sarebbe presto finito.
Si
svegliarono nello stesso momento e si sorrisero.
Si
alzarono e fecero la doccia insieme per poi preparare insieme la
colazione.
Sempre
mano nella mano, incapaci di sciogliere quel lieve contatto fra i loro
corpi.
Prepararono
la colazione in un'atmosfera sensuale e angosciosa al contempo.
Spaventati
da ciò che sarebbe potuto accadere, ma decisi ad andare sino in
fondo.
Scrissero
un nuovo biglietto per Sarah, spiegandole dove fossero diretti.
Indossarono
i cappotti e scesero nel parcheggio sotterraneo per prendere l'auto.
Le
note dell'Inverno di Vivaldi si spandevano nell'abitacolo.
Aiden
teneva una mano sulla coscia di Damien, incapace di interrompere il loro
dolce e continuo contatto.
La
strada scorreva, Damien seguiva le indicazioni di Fiorini. Per poco non
perse la strada in cui doveva svoltare, tanto questa era piccola e quasi
nascosta.
Percorse
qualche chilometro su una strada sterrata per poi fermarsi nello spiazzo
di quella che una volta doveva essere stata una fiorente industria.
Spense
il motore e tirò il freno a mano.
Aprì
lo sportello ma Aiden lo bloccò.
"Qualunque
cosa accada" disse serio guardandolo negli occhi "Ricorda che ti
amerò per sempre e che resterò per sempre insieme a te. Qui" disse
posandogli una mano sul cuore.
Damien
avrebbe voluto ribattere, dire che non sarebbe successo nulla a nessuno
dei due, ma non ci riuscì.
Annuì
piano per poi allungarsi verso Aiden e baciarlo il più lentamente
possibile. Assaporando e memorizzando ogni emozione che quel bacio faceva
nascere in lui.
"Signore,
sono arrivati"
L'uomo
annuì e allontano Simone con un gesto della mano.
"Il
figliol prodigo ha fatto finalmente ritorno. Contenta di poter
riabbracciare il suo bambino?" parlava in tono ironico alla donna che
gli stava seduta davanti legata e imbavagliata.
Aveva
voluto quel bavaglio solo per dare un tocco di drammaticità in più.
Non
parlava spesso in inglese; la trovava una lingua troppo fredda e priva di
musicalità. Inadatta ad uno spirito passionale e alla costante ricerca
della bellezza come lui.
Ma
per quella volta avrebbe fatto un'eccezione.
Il
cielo era terso ma un forte vento sferzava quel luogo.
Da
uno dei capannoni laterali videro uscire un uomo che veniva loro incontro.
Ora
era ufficiale.
Le
sue vite si stavano intrecciando. La cosa che più temeva era divenuta
realtà.
"Signor
Forsyth" Simone li accolse caloroso, il sorriso sulle labbra "Mi
scusi, volevo dire Shaughnessy, è un piacere rivederla" lo fissò
per qualche istante per poi squadrare Aiden dalla testa ai piedi "E
così tu sei il motivo di tutti questi casini" alzò un sopracciglio,
superbo "Mi aspettavo di meglio. Prego…" si girò e fece loro
strada "…vogliate seguirmi signori"
Sentì la mano di Aiden serrarsi sulla sua e lui la strinse a sua volta,
guardandolo e sorridendogli.
Sarebbe
andato tutto bene.
La
vita di Damien.
Una
vita di cui fino a due settimane fa era completamente all'oscuro.
Una
vita fatta di nomi falsi, fughe, sotterfugi e chissà quant'altro.
Una
vita che Damien aveva abbandonato per lui. Questo non doveva dimenticarlo.
L'uomo
che li precedeva non aveva nascosto il disgusto che provava per lui.
Se
ne chiese il motivo.
In
fondo lui non doveva essere solo un'altra persona da far uccidere?
Il
capannone era immerso in una semioscurità cui, ben presto, i loro occhi
si abituarono.
Era
completamente vuoto, ad eccezione di qualche impalcatura in acciaio e di
una carrucola con gancio i cui binari percorrevano l'intero soffitto.
I
loro passi rimbombavano.
Poi
la vide. Sua madre
Legata,
imbavagliata, gli occhi spalancati dal terrore che lo pregavano di
andarsene, di fuggire.
Avrebbe
voluto chiamarla, correrle incontro, liberarla.
Cercò
di fare un passo avanti ma Damien lo fermò, facendogli cenno di no con la
testa.
Frustrato,
restò dove si trovava, fissando sua madre e sorridendole cercando
rassicurarla.
Ma
quel sorriso non convinceva neanche lui.
Fiorini
era vicino la donna, seduto dall'altra parte del tavolo su cui
troneggiavano una bottiglia di vino rosse e due bicchieri.
L'uno
pieno, l'altro quasi vuoto.
Simone
riempì il bicchiere di Fiorini e questi rigirò il liquido nel calice con
un delicato movimento del polso, lo portò al naso sentendone il profumo,
e infine lo portò alle labbra bevendone un piccolo sorso.
Lo
poggiò con eleganza sul tavolo.
"Sono
molto deluso dal suo operato signor Shaughnessy. Mi avevano assicurato che
lei fosse il miglior assassino disponibile, invece mi ha rubato due
milioni e mezzo di sterline per poi andarsela a spassare chissà dove col
suo obiettivo" scosse la testa sconsolato "Glielo ripeto: sono
molto deluso"
La
voce era pacata ma Damien percepiva una luce di ferocia e determinazione a
fargliela pagare nei suoi occhi.
"Peccato
che lei non abbia stipulato un contratto soddisfatti
o rimborsati" ironico.
Fiorini
sorrise "Già… un vero peccato"
Cassandra
aveva, se possibile, sbarrato ancor di più gli occhi a quelle nuove
informazioni.
Aveva
fatto mille congetture, mille ipotesi, anche le più assurde per cercare
di spiegarsi il come Damien facesse a sapere il piano di Fiorini; ma
l'ipotesi che quell'uomo così elegante, raffinato, a volte persino
timido, potesse essere un assassino a pagamento non l'aveva neanche
sfiorata.
Aiden
si era spaventato nel sentire la voce di Damien divenire gelida come il
ghiaccio e affilata come la lama di una spada.
Anche
il suo viso era cambiato. Sebbene i lineamenti fossero gli stessi faticava
a riconoscervi colui che amava.
Un
obbiettivo.
Era
soltanto questo, nulla di più. Si chiese, forse per la milionesima volta,
quanti obbiettivi avesse ucciso
in tutti quegli anni.
Vide
Simone mettere una mano nella giacca e prendere una pistola.
La
caricò con calma e la puntò verso di lui.
Istintivamente
fece un passo indietro ma sentì la mano di Damien fermarlo.
Lo
guardò, e sebbene non avesse cambiato espressione, capì che era
spaventato tanto quanto lui.
Fiorini
prese in mano il bicchiere, eseguendo gli stessi gesti di prima e quando
la base del calice toccò la superficie del tavolo lui iniziò a
parlare.
"Lei
sa bene quale fosse il mio piano signor Shaughnessy" si alzò e si
portò alle spalle di Cassandra "Punire questa donna per aver fatto
condannare a morte mio figlio" le tolse il bavaglio per poi posare le
mani sul collo "Va meglio signora Hamilton?" diede una stretta
di alcuni secondi, poi sorridendo si rimise seduto e portò il bicchiere
alle labbra, bevve qualche sorso e continuò "Dove ero rimasto? Ah,
si…" sembrava che stesse facendo conversazione spicciola e non
pronunciando la sentenza di quel processo dove era stato giudice e giuria
"Lei signor Shaughnessy ha accettato l'incarico per poi fuggire e
sfidarmi ed io questo non posso accettarlo" un raggio di luce investì
la canna della pista "Se fossi un banale e sanguinoso mafioso come
molti si ostinano a pensare non avrei problemi a toglierla di mezzo. Ma io
non sono così, io sono più raffinato" sorrise "Penso che la
punizione migliore per qualcuno che ci ha fatto uno sgarro non sia la
morte, ma privarlo di ciò che gli è più caro. Non è d'accordo con
me?"
Aiden
era pietrificato, non riusciva a concepire tanta glaciale crudeltà in una
sola persona.
"A
volte sono i soldi, altre volte la libertà o la vita; tutte cose molto
nobili ma ce n'è una che mi ha sempre affascinato: le persone che più
amiamo. Se le perdiamo la nostra esistenza diviene sofferenza e per molti
è quasi impossibile continuare a vivere, tanto che si tolgono la
vita" accavallò le gambe "Ora io dovrei risolvere da solo il
mio problema con la signora Hamilton e poi dovrei anche occuparmi di
lei" immerse la punta di un dito nel vino e la passò sul bordo del
calice che produsse un suono cristallino "Ma la fortuna è dalla mia
parte e per punire entrambi basterà uccidere una sola persona" puntò
l'indice "Lei signor Lyon. Mi risparmia un sacco di tempo, sa? Dovrei
quasi ringraziarla; con la sua morte risolverò tutti i miei problemi e
potrò tornarmene in Italia" prese il bicchiere in mano "Il
clima inglese non mi si confà assolutamente"
Come
se quelle parole fossero state una specie di segnale Simone sparò.
Damien
non gli aveva staccato gli occhi di dosso da quando gli aveva visto la
pistola e non appena notò la presa farsi più salda sul calcio si buttò
a terra insieme ad Aiden proteggendolo col suo corpo.
Lo
sparo rimbombò nello spazio vuoto, Cassandra urlò il nome di suo figlio.
Si
rialzò subito per correre verso Simone, sorpreso dai suoi movimenti.
Gli
afferrò il polso rivolgendo l'arma verso il soffitto e riuscì a
fargliela lasciare e lo colpì con un pugno nello stomaco mentre con un
calcio allontanò la pistola da loro.
Simone
cadde in ginocchio, ma non si arrese.
Si
rialzò e con un movimento del polso si fece scivolare dalla manica della
giaccia nel palmo della mano un coltello.
Lo
brandì nell'aria per tenerlo lontano.
Damien
riconobbe il suo taglia carte d'argento. Non aveva pensato che potessero
perquisire persino la sua casa per trovarli.
Erano proprio disperati… pensò
sorridendo.
Si
avventò su di lui cercando di colpirlo. Riuscì ad evitare molti colpi,
le armi bianche non erano le preferite di Simone ed era anche piuttosto
imbranato con quella lama in mano.
Forse
fu proprio questa mancanza di attenzione a fargli compiere un movimento
sbagliato di cui l'altro approfittò, ferendolo.
Sentì
Aiden urlare il suo nome.
Vide
Simone sorridere trionfante.
"La
fortuna del principiante" sibilò.
Gli
si scagliò contro. Caddero a terra.
I
corpi avvinghiati non si riusciva a capire nulla.
Aiden
e Cassandra spaventati, Fiorini lievemente annoiato da quella perdita di
tempo continuava a bere il vino.
Riuscì
a sopraffarlo, piantandogli un ginocchio nella spina dorsale. Gli strappò
il coltello di mano, gli alzò il viso tirandolo per i capelli e con un
movimento deciso gli recise le carotidi.
Si
rialzò, il fianco destro ferito da cui usciva molto sangue, andò verso
Aiden che, rialzatosi, camminava verso di lui.
Lo
abbracciò, ma non ce la faceva a rimanere in piedi e cadde in
ginocchio.
Aiden
lo teneva stretto, mormorando parole senza senso alle sue orecchie.
Aveva
temuto che il cuore gli si fosse fermato quando aveva visto Damien
lanciarsi verso l'altro uomo ma poi si era reso conto che il battito era
talmente accelerato da sembrare un unico tu-tum.
Prese
un fazzoletto che aveva in tasca e lo premette con forza sulla ferita
cercando di tamponarla.
"E'
tutto finito…" gli sussurrò.
Alzò
lo sguardo verso sua madre per sorriderle, ma vide Fiorini - il volto
trasfigurato dall'ira - prendere una pistola dalla sua fondina, impugnarla
e pronta a sparare verso Damien.
Senza
pensare, seguendo l'istinto strinse a se Damien, ruotò su se stesso per
proteggere l'altro, sentì lo sparo e contemporaneamente si piegò in
avanti a causa della pallottola.
Gli
sembrò di sentire sua madre urlare.
Afferrò
il cappotto di Damien, cercando di non lasciarsi scivolare sul pavimento.
Vedeva le labbra dell'altro muoversi, senza però
emettere alcun suono.
Una risata.
Una risata acuta e
crudele.
Fiorini se ne stava lì,
in piedi ridendo, felice di ciò che aveva fatto.
Vide l'arma di Simone
a poca distanza da lui.
La prese e la puntò
contro l'uomo sparandogli.
Un ginocchio.
La risata si tramutò
in un urlo agghiacciante.
Lo stomaco.
Fiorini cominciò ad
accasciarsi.
La fronte.
Il suo corpo cadde a
terra senza vita.
Gettò
lontano la pistola, prendendo il corpo di Aiden tra le braccia.
"Aiden…
Aiden, rispondimi…" la voce implorante, lacrime che scorrevano
copiose sul suo viso.
Il
ragazzo aprì gli occhi a fatica, sorridendogli "Damien…"
sussurrò cercando di sfiorargli il viso con una mano.
L'altro
gliela prese baciandone il palmo e poggiandosela sulla guancia.
"Va
tutto bene… è tutto finito… ora ce ne andiamo…" la voce rotta
dal pianto "…passeremo la nostra… vita insieme… me lo hai
promesso…" stringeva la mano di Aiden nella sua.
"Io…resterò…per…sempre…con
te…" sussurrò debolmente, cercando di sorridere.
"Aiden…ti
prego…resisti…non morire…ti prego…"
"…per
sempre…" ripeté.
Damien
annuì "Ti amo" gli sussurrò sulle labbra prima di
sfiorargliele con le sue.
Aiden
sorrise felice, la sua mano scivolò via da quella di Damien toccando il
pavimento silenziosamente, le palpebre si abbassarono per l'ultima volta
sui profondi oceani blu di Aiden.
Sbarrò
gli occhi, scosse il corpo di Aiden, urlò il suo nome, lo baciò come se
il suo bacio potesse ridargli la vita.
"Non
puoi lasciarmi… non puoi…" urlò disperato.
FINE
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