Paura
di Alessia
parte VI
Aiden
non faceva domande, troppo felice all’idea di poter essere di nuovo al
suo fianco.
In
un solo momento tutta la sofferenza, la disperazione erano sparite, come
se mai fossero esistite.
Era
di nuovo con Damien, solo questo contava.
Una
parte del suo cervello aveva registrato tutti i loro movimenti, erano
saliti sulla Porsche di Damien e si erano diretti all’aeroporto di
Heathrow.
Avevano
lasciato la macchina nel parcheggio e, dopo aver recuperato le valige dal
portabagagli, avevano preso dei biglietti per Parigi ed ora erano
sull’aereo in fase di atterraggio.
Non
aveva spiccicato mezza parola, limitandosi a guardarlo estatico.
Damien,
al contrario, non l’aveva degnato di uno sguardo, ma gli aveva tenuto la
mano per tutto il tempo.
La
caccia era iniziata.
Era
sicuro che qualcuno tenesse sott’occhio Aiden e vederlo andar via con
lui non doveva essere nei programmi.
Sperava
che lo seguissero fino a Parigi, era questo il suo piano. La prima parte
del piano.
Recuperarono
i bagagli, superarono la dogana e presero un taxi che li portò al Charles
V.
Damien
aveva prenotato una suite, assicurandosi di bloccarla nel caso non fossero
arrivati quel giorno.
“Monsieur
Forsyth? Potete mettere una firma, s’il vous plaît?”
Damien
firmò, lasciò prendere la chiave al facchino che aveva già i bagagli e
si fecero guidare sino alla loro suite.
Il
ragazzo se n’era appena andato, con una lauta mancia in tasca.
Aiden
si guardava intorno estasiato, per la prima volta staccò la mano da
quella dell’altro per guardarsi intorno.
Ammirando
quella stanza degna di un re.
Si
tolse il cappotto, lasciandolo cadere in terra, poi si voltò e
rivolgendogli un sorriso mozzafiato si precipitò verso di lui,
abbracciandolo e baciandolo con tutta la passione che poté dimostrare,
incurante delle lacrime salate che gli solcavano il volto.
Stringerlo
di nuovo a se, il suo profumo, il sapore della sua bocca, gli sembrava di
tornare a vivere dopo essere stato dichiarato morto.
Era
tornato!
“No…”
mormorò Damien allontanandosi, sebbene questa fosse l’ultima cosa al
mondo che volesse fare.
Aiden
lo guardò, gli occhi sgranati.
Perché
no? Lui era tornato! Tornato per
stare di nuovo insieme…
“Non
sono tornato per questo, Aiden”
Non
era…?
“E
allora perché?” la voce già incrinata.
Damien
si voltò, togliendosi il cappotto e poggiandolo sullo schienale di un
divano. Non riusciva a guardarlo negli occhi.
“Perché
sei in pericolo. E devo proteggerti”
“Proteggermi?
Perché dovresti proteggermi?” le lacrime continuavano a scorrere sul
volto, ma ora non erano più di gioia.
“Perché…”
ti amo “…sono l’unico in
grado di poterlo fare”
Conversazione
assurda, ma almeno era di nuovo con lui, poteva vederlo, ascoltarlo.
Oramai
aveva deciso.
Avrebbe
trascorso il resto della sua vita accanto a Damien, sopportando anche la
più glaciale delle indifferenze.
Qualunque
cosa pur di non soffrire più come aveva fatto in quei mesi.
“Da
chi mi stai proteggendo?” era tutto così assurdo, gli sembrava di
essere diventato il protagonista di un romanzo.
Sorrise
caustico.
Aiden
aveva un dono naturale nel fargli le domande più difficili. Domande cui
non poteva o voleva rispondere.
Scrollando
le spalle, si girò facendogli il più luminoso dei suoi sorrisi “Forza,
disfiamo i bagagli. Tu puoi prendere la stanza alle tue spalle, io
prenderò l’altra”
Aiden
fece per insistere, ma poi desistette. Per ora gli bastava sapere che era
tornato.
“Cosa
hai fatto Sarah?!?!”
La
voce di Cassandra giungeva limpida dal sud dell’Europa, nonché
infuriata nei confronti della povera ragazza.
“Come
hai potuto lasciarlo andare via con Damien?”
“Cass,
mi dispiace, ma non potevo impedirglielo, d’altronde è maggiorenne e
può fare ciò che vuole. Poi…” mormorò esitante.
“Cos’altro
c’è?”
“Damien
ti ha lasciato una busta, non so cosa ci sia dentro”
Probabilmente una bomba…
pensò passandosi una mano sugli occhi e sospirando “D’accordo. Sarò
lì col primo volo disponibile”
I
suoi vestiti.
Non
li aveva ripresi dall’appartamento di Damien, e questi li aveva
utilizzati per fargli la valigia.
Si
sedette sul letto, esausto.
Era
naturalmente felice di rivederlo, però voleva sapere da chi lo stesse
proteggendo.
Chi
poteva desiderare fare dal male a lui?
Non
era nessuno in fin dei conti.
Scosse
la testa. Solo Damien avrebbe potuto rispondergli.
Agganciò
il telefono.
Bene,
tutto stava andando come programmato.
E
sperava che tutto continuasse così. Perché il difficile doveva ancora
venire.
Si
alzò e andò a farsi una doccia.
Doveva
preoccuparsi di portarlo al sicuro, solo questo contava.
“Damien?”
L’uomo
era seduto in salotto, al buio, in piena notte.
Non
riusciva a dormire, mille pensieri, mille preoccupazioni gli affollavano
la mente… senza contare che cercava di non pensare ad Aiden a pochi
metri da lui.
“Cosa
c’è Aiden?”
A
quanto sembrava non riusciva a dormire neanche lui.
“Posso
sedermi qui con te?”
No, non puoi! Non puoi
tormentarmi in questo modo!
Annuì
e il ragazzo si sedette al suo fianco, nonostante i due metri disponibili
di divano.
Si
sarebbe dovuto alzare, allontanarsi, ma era così bello averlo di nuovo
accanto.
“Damien?”
esitante.
“Mmh…
cosa c’è?”
“Da
chi mi stai proteggendo? Credo di avere il diritto di sapere, no?”
Certo
che ne aveva il diritto, ma se glielo avesse detto avrebbe dovuto
raccontare tante altre cose.
A
cominciare dal fatto che lui era un assassino.
“Non
posso dirtelo, Aiden, mi dispiace”
Il
ragazzo annuì, poggiando la testa sulla sua spalla e intrecciando le dita
di una mano alla sua.
“D’accordo.
Mi fido di te”
Rimasero
in silenzio, ognuno perso nei suoi pensieri.
“Mi
sei mancato Damien” non poteva più stare in silenzio, doveva dirglielo,
fargli capire che lo amava ancora e voleva tornare insieme a lui.
Damien
s’irrigidì, poi si alzò in fretta augurandogli la buona notte,
consigliandogli di andare a dormire.
Aiden
rimase ancora un po’ seduto sul divano, accoccolato dove prima si
trovava Damien. Alla fine anche lui tornò al suo letto.
“Sei
pronto?”
Stavano
lasciando l’albergo dopo una sola notte. Aiden non capiva e si limitava
ad eseguire gli ordini di Damien.
“Si,
fatto!”
L’altro
annuì e prese le due valige, lasciando l’altro a chiudere la stanza.
Pagò
l’albergo con la carta di credito intestata a Devlin Forsyth e uscendo
trovarono il taxi che aveva fatto prenotare.
L’autista
li portò alla Gare de Lyon e
lì acquistarono due biglietti per l’Europa dell’Est.
“Signore,
lo abbiamo trovato”
In
Italia Carlo Fiorini era stata informato dell’accaduto e non ne era
stato affatto contento.
Era
riuscito a seguire i loro movimenti sino all’aeroporto, dove aveva
scoperto essere partiti per Parigi.
Purtroppo
a quel punto li aveva persi, ma l’uomo era stato tanto stupido da usare
le carte di credito con cui era arrivato in Italia – e Fiorini aveva
fatto controllare tutti i suoi documenti mentre parlavano in biblioteca.
“Dove
sono?”
“Hanno
pagato un albergo a Parigi ed ora hanno acquistato due biglietti del
treno”
“Per
dove?”
Il
tecnico informatico scosse la testa “Mi spiace, questo non glielo so
dire”
Il
cervello dell’uomo rincorreva i pensieri, cercando il modo di ritrovare
i due.
“Dove
li ha acquistati?”
Il
ragazzo digitò alcuni codici sulla tastiera “Presso la Gare
de Lyon”
Meno
di mezz’ora più tardi due uomini di recarono alle biglietterie della
stazione.
Ci
vollero due ore e diverse centinaia di franchi francesi prima che qualcuno
si ricordasse dei due che avevano comprato i biglietti per il treno delle
11.30 per Minsk.
Alla
stessa ora in cui Aiden e Damien partivano per la loro destinazione,
Cassandra Hamilton atterrò a Heathrow.
Una
limousine, con dentro Sarah, l’aspettava fuori.
“La
busta” Cassandra tese la mano, prima ne esaminava il contenuto, prima
sarebbe riuscita a salvare il suo piccolo bambino.
L’aprì
con impazienza e dentro vi trovò decine di articoli tratti da Internet.
Riguardavano
tutti il caso Fiorini. Processo che lei aveva perso.
Non
le era piaciuto difendere quell’assassino, ma l’avevano pagata e lei
aveva fatto del suo meglio.
Oltre
agli articoli sul processo ce n’erano altri su Carlo Fiorini. Infine, la
cosa più importante, una lettera di Damien:
Ho
preso Aiden con me per proteggerlo.
Il
ragazzo che hai difeso a New York era il figlio di un potente capo mafia
italiano.
L’uomo
vuole Aiden morto lo stesso giorno in cui giustizieranno suo figlio, in
modo tale che tu soffra tanto quanto lui.
Non è importante
come lo abbia saputo, ti basti sapere che Aiden con me è al sicuro e che
lo proteggerò con tutte le mie forze.
Appena
mi sarà possibile ti invierò un’altra lettera.
Sono
sicuro che sarai molto preoccupata per tuo figlio, ma non devi. E’ al
sicuro con me.
Damien.
Al
sicuro, come no!
Dannazione!
Possibile che non ci fosse nulla che potesse fare?
“Perché
hai comprato dei biglietti che non abbiamo usato?”
Lo
scompartimento era deserto e Aiden aveva pensato bene di iniziare un nuovo
interrogatorio, nonostante Damien gli avesse intimato di non fare domande
e di leggere il libro che gli aveva comprato.
Damien
sapeva che sarebbe stato difficile tenere a bada la curiosità
dell’altro, ma voleva provarci.
“Damien…
perché hai preso dei biglietti per Minsk quando stiamo andando ad
Amburgo?”
Dopo
aver acquistato i biglietti, avevano preso un altro taxi che li aveva
portati alla Gare du Nord e da
lì erano partiti per la Germania.
L’avergli
fatto credere che andassero in Bielo Russia gli avrebbe concesso parecchio
vantaggio.
“Per
sviarli” rispose fra i denti.
“Sviarli?
Sviare chi?”
“Quelli
che vogliono farti del male. Ora basta con le domane, leggi il libro”
così dicendo nascose la testa nella copia del Times.
“Dammi
un bacio e la smetto di fare domande”
Abbassò
il giornale e si ritrovò il volto sorridente di Aiden a meno di mezzo
metro.
Lo
guardò storto “Piantala Aiden!”
“Chi
vuol farmi del male? Perché? Dove stiamo andando? Tu come fai a
saperlo?…”
Afferrandolo
per una manica del maglione lo attirò a se, divorandogli la bocca.
Non
aveva nulla di dolce o romantico, quel bacio era atto solo a punirlo.
Si
staccò di colpo e, praticamente, lo gettò di fronte a se riprendendo a
leggere il quotidiano.
“Minsk?
Che cazzo ci vanno a fare in Russia?”
Fiorini
era sempre più nervoso, arrabbiato. Una combinazione che non piaceva
affatto ai suoi uomini.
Trasmisero
via fax la foto di Aiden in Russia, ai loro contatti.
Il
treno sarebbe arrivato solo due giorni più tardi.
Dalla
stazione di Amburgo si fecero portare all’albergo vicino l’aeroporto.
Avevano
due stanze singole comunicanti e Damien fece venire Aiden nella propria.
“Cosa
c’è?”
Stava
rovistando nel suo bagaglio a mano, le spalle rivolte al ragazzo
“Togliti il maglione e siediti. Devo fare qualche ritocco al tuo look”
Aiden
stava per farlo quando si fermò, il maglione all’altezza del petto. Se
lo rimise con un gesto deciso.
Era
stufo di eseguire ordini su ordini. Damien doveva dargli delle
spiegazioni.
“No”
l’altro si voltò sorpreso “Non farò più nulla se non mi dici da chi
stiamo fuggendo e perché”
Il
tono risoluto, Damien era sicuro che Aiden gli avrebbe reso tutto molto,
molto più difficile.
Si
poggiò ad uno dei mobili della camera, incrociando le braccia sul petto
“Stiamo fuggendo dalla mafia. Carlo Fiorini, un esponente molto in altro
nella gerarchia, è il padre del ragazzo che tua madre ha difeso dieci
anni fa in America. Ma questo è stato condannato a morte. Ora Fiorini ti
vuole morto, cosicché tua madre soffra quanto lui alla perdita del
figlio”
Aiden
si sedette sul letto, scosso.
La
testa vuota, non riusciva a pensare a nulla.
Nulla
tranne… “Tu come fai a sapere tutto questo?” mormorò guardandolo
negli occhi.
Damien
distolse lo sguardo “Non posso dirtelo” Aiden stava per protestare
quando aggiunse: “Non ancora”
L’uomo
camminava per tutta la stanza, infuriato.
Simone,
il suo braccio destro, e un altro ragazzo lavoravano alacremente sui
computer per cercare un modo per rintracciare i due.
Quel...
quell’assassino aveva scelto un treno che non faceva fermate.
Un
diretto per Minsk senza possibilità di fermarlo per controllare che loro
fossero sul treno.
“La
macchina?” urlò esasperato da una situazione che non aveva previsto.
A
Londra i suoi uomini avevano ritrovato la Porsche con cui erano fuggiti
all’aeroporto, l’avevano rubata e controllata centimetro per
centimetro, ma non c’era nulla che li potesse aiutare.
L’altro esperto
scosse la testa, quasi mortificato “Le targhe sono state rubate e non
c'era nessun documento identificativo del proprietario”
Era
più intelligente di quel che pensava, ma lui li avrebbe ugualmente
trovati.
E
uccisi.
Daniel
Johnson e Andrew McMahon partirono da Amburgo con un volo diretto per
Glasgow della Lufthansa.
I
due avevano acquistato i biglietti, fatto il check-in ed imbarcati sempre
separatamente. Anche a bordo avevano due posti lontani l’uno
dall’altro.
Poco
prima dell’imbarco Johnson si era recato presso l’ufficio dell’UPS.
La
sera precedente Aiden e Damien avevano cambiato il loro aspetto.
Damien
aveva si era schiarito i capelli e messo delle lenti a contatto verdi;
Aiden si era fatto tagliare i capelli e li aveva schiariti sino a renderli
biondo cenere dal castano chiaro naturale, inoltre indossava degli
occhiali con lenti leggermente oscurate per nascondere i suoi occhi blu.
Quando
atterrarono ad Edimburgo Daniel noleggiò una Land Rover presso la Hertz.
Usciti,
sempre separatamente, Andrew salì sull’auto, ignorati da quanti
potessero vederli.
Dopo
quasi cinque ore di viaggio arrivarono a Blyth, sulla costa orientale
della Scozia.
Finalmente,
dopo aver rischiato anche di perdersi, riuscirono a trovare il cottage che
Damien aveva acquistato da Londra.
Scesero
dall’auto ed entrarono in quella che sarebbe stata la loro casa per
molto tempo.
Aprirono
tutte le finestre, facendo prendere aria alle stanze.
Il
cottage era in ottime condizioni, dotato di ogni comodità.
Durante
il viaggio in macchina Damien aveva fatto imparare a Aiden la sua nuova
storia.
Nome,
età, genitori, amici frequentati, studi conseguiti, tutto.
Quella
sarebbe stata la sua nuova identità e non aveva saputo dirgli fino a
quando.
Lasciò
Aiden ad ambientarsi nella nuova casa mentre lui si recava fino in città
per fare spese, rifornire la credenza.
Sarebbero
stati al sicuro per alcuni mesi in quella cittadina scozzese.
Difficilmente
Fiorini li avrebbe trovati in quel luogo, ma altrettanto difficilmente
avrebbe rinunciato alla sua vendetta.
In
ogni caso, la parte più difficile sarebbe venuta adesso.
Durante
la fuga non aveva avuto tempo – o così voleva credere – di pensarci,
ma sarebbe tornato a vivere con Aiden, e sebbene da un lato il suo cuore
esultava dall’altra gli chiedeva di essere cauto e di non lasciarsi
troppo andare.
Aiden
aveva girovagato per la casa giudicandolo calda e confortevole. L’ideale
per attuare il suo piano.
Riconquistare
Damien.
Aveva
disfatto le loro valige e la tentazione di mettere tutte le loro cose in
una stanza sola era stata forte, ma alla fine aveva vinto il buon senso,
dicendogli che doveva procedere con calma, senza forzarlo.
Lo
avrebbe fatto riabituare alla sua presenza come semplice
amico, poi sarebbe riuscito a riportarlo nel suo letto.
O
a farsi trascinare in quello di Damien, che era ancora meglio.
L’altro
era fuori da più di due ore, tra poco sarebbe tornato, così mise sul
fornello il bollitore per l’acqua.
Il
corriere consegnò la lettera direttamente nelle mani di Cassandra
Hamilton, come gli era stato ordinato.
La
donna l’aprì con impazienza, nel suo studio, assieme a Sarah.
Questa
volta c’erano due lettere, la prima da parte di Damien:
Probabilmente in
questo momento vorresti avermi tra le mani e strangolarmi, vero?
E
scommetto anche che sei rimasta affascinata dalla lettura su Carlo
Fiorini.
Quell’uomo
non è un mafioso qualsiasi, ha rapporti con la malavita di tutto il
pianeta, rifornisce d’armi le guerre in Africa e di droga quasi
l’intera Europa. Senza contare classici intramontabili come
strozzinaggio, gioco d’azzardo e prostituzione.
La
magistratura italiana, nonostante abbia la certezza delle sue attività
non può arrestarlo perché non ha prove sufficienti e probabilmente anche
perché molti politici sono sul suo libro paga.
Un
uomo dai mille volti e dai mille talenti, non trovi?
Quindi,
come vedi, Aiden è molto più al sicuro con me che non a Londra.
Abbi
fiducia in me. Come l’ha tuo figlio.
Damien.
Rimase qualche
secondo con lo sguardo fisso nel vuoto prima di aprire la seconda lettera
e scoprire che era stata scritta da Aiden.
Alla
fine scoppiò a piangere.
C’era
un pallido sole quella mattina di febbraio nella villa in Toscana di Carlo
Fiorini.
Lui
era sulla terrazza, guardando giocare sul prato i suoi nipoti incuranti
del freddo. Ma tra poco la madre, la figlia di Fiorini, li avrebbe
recuperati per non far prendere loro un malanno.
“Signore?”
L’uomo
si voltò, concedendo la sua attenzione alla persona che l’aveva
chiamato “Cosa c’è, Simone?”
Odiava
dare brutte notizie al suo capo, non voleva farlo soffrire più di quanto
già non facesse “Non sono arrivati a Minsk. Gli uomini in Bielo Russia
hanno rivoltato ogni scompartimento e ogni vagone, ma non c’era alcuna
traccia di loro”
“Questo
che vuol dire?” un tono minaccioso, gli occhi ridotti a due fessure.
Simone
rispose esitante “Vede signore, i biglietti del treno non sono
nominativi e non esiste alcun sistema che possa dirci se i due hanno
effettivamente preso quel treno”
Fiorini
annuì.
In
altre parole si trovavano in un vicolo cieco.
Cosa
diavolo potevano fare adesso?
Vivevano
in quella casa da due settimane e sembrava che non fosse riuscito a fare
nessun progresso.
Damien
cercava di evitarlo il più possibile, facendo lunghe passeggiate o
leggendo libri su libri quando non poteva uscire a causa della pioggia.
Non
potevano parlare del perché si trovassero lì e men che meno si poteva
accennare alla loro relazione.
Aveva
chiesto di poter chiamare sua madre, ma glielo aveva proibito spiegandogli
che probabilmente i suoi telefoni erano stati messi sotto controllo.
Aiden
passava le giornate intere a lambiccarsi il cervello su come modificare
quella situazione ma non gli veniva in mente nessuna soluzione.
Nessuna
fattibile, quanto meno.
Tutte
le sue idee finivano immancabilmente con l’infilarsi nel letto
dell’altro. Che, se da una parte era piuttosto allettante come idea,
dall’altra non gli avrebbe permesso nessun miglioramento.
Sospirando
prese un blocco per appunti e cominciò a fare uno schizzo del paesaggio
fuori dalla finestra.
Dal
canto suo Damien, dopo i primi due giorni in cui si era occupato degli
ultimi dettagli, non faceva altro che evitare Aiden.
Il
che stava divenendo piuttosto difficile e il tempo atmosferico non aiutava
di certo con questa sua pioggia perenne.
Quella
era la prima tregua da quasi trentasei ore.
Era
uscito da un’ora, ma il cielo sembrava già promettere nuova pioggia.
Non
poteva parlare con Aiden. Non poteva dirgli come aveva fatto a sapere del
pericolo che correva e non era neanche pronto per affrontare una nuova
discussione su loro due.
Tornando
indietro pensò che doveva riuscire a spedire un’altra lettera a
Cassandra, assicurandole che Aiden stava bene. Erano due settimane che non
aveva loro notizie ed ora, con molto probabilità, era sull’orlo di una
crisi di nervi.
L’unico
problema era che al novantanove per cento esisteva la possibilità che la
sua posta fosse intercettata.
Sarebbe
dovuto ricorrere ad un sistema un po’ più moderno.
“Che
fai Damien?”
Era
tornato da mezz’ora, chiudendosi nello studio non salutandolo neppure.
L’altro
lo degnò di una veloce occhiata, continuando a scrivere freneticamente
sulla tastiera del computer “Sto mandando un’e-mail a tua madre”
Aiden
si avvicinò, sorpreso “Ma non è rischioso? Voglio dire.. come
rintracciano una telefonata posso rintracciare anche un messaggio
elettronico, no?”
Damien
annuì “Normalmente si, ma sto facendo in modo che la lettera sia
inviata attraverso diversi server” allo sguardo perplesso di Aiden
continuò a spiegare "Anche se lo intercettano per loro l’e-mail
avrà avuto origine in India e se vanno avanti arriveranno in Australia,
Sud Africa, Stati Uniti e così via”
L’altro
annuì, ancora un po’ confuso, i computer non erano il suo forte
“Posso scrivere qualcosa anch’io?” ci teneva a far avere notizie di
se a sua madre.
Sapeva
che sarebbe stata molto preoccupata e il saperlo con Damien non la
tranquillizzava di certo.
Damien
si alzò dalla poltrona e, prima di sedersi, Aiden fece in modo che i loro
corpi si sfiorassero. Lo sentì trattenere il fiato.
Sorridendo
si concentrò su ciò che doveva scrivere.
Quando
Damien finì andò in cucina per prepararsi qualcosa da mangiare e vi
trovò Aiden che preparava dei sandwiches. Glene porse un paio su un
piattino.
“Uova
soda, cetrioli e maionese, i tuoi preferiti”
Già.
I suoi preferiti... che lui gli preparava quasi tutti i giorni quando
stavano insieme. Più che altro perché era l’unica cosa che sapesse
fare oltre alle uova strapazzate col bacon.
All’improvviso
gli tornarono alla memoria tutte le ore che avevano passato tra i
fornelli, un Aiden che gli chiedeva d’insegnargli, lui che acconsentiva
e alla fine, ogni volta, la cucina sembrava essere stato il campo di
battaglia della terza guerra mondiale.
Ridacchiò
e morse uno dei panini, rivolgendo lo sguardo a Aiden che lo guardava come
se si stesse aspettando una risposta.
Inghiottì
“Scusa, hai detto qualcosa?”
“Ti
ho chiesto come mai ne sai così tanto di computer, non pensavo che il
proprietario di un ristorante potesse essere anche un esperto
informatico” domandò sorridendo, posando alcune sottili fettine di
cetriolo sull’ennesimo panino.
Damien
posò il sandwich sul piatto. Aveva dovuto imparare, era stato
indispensabile col suo lavoro “Mi sono sempre piaciuti i computer e le
loro mille applicazioni”
Aiden
sorrise, soddisfatto dalla risposta di Damien, ma questi si alzò per
uscire dalla stanza.
“Non
finisci di mangiare?” il tono preoccupato.
L’altro
scosse la testa “Mi è passata la fame, scusami”
Cos’hai Damien?
Parlami... io ti amo...
“Si è fatto vivo con la donna,
signore”
Fiorini
guardò l’uomo ai suoi ordini in attesa di ulteriori informazioni.
“Ha
mandato un’e-mail la cui origine è New Dhely”
“India?”
L’uomo
annuì “Temo che andando avanti gireremo in tondo, senza giungere a
nessuna conclusione”
“Tu
continua!” ordinò.
D’accordo,
forse lo aveva sottovalutato, ma la cosa non gli dispiaceva poi molto. La
caccia gli piaceva e Claudio... lui l’avrebbe vendicato comunque.
Guardò
l’orologio.
Tra
poche ore sarebbe partito l’aereo che avrebbe riportato suo figlio in
Italia.
“Damien?”
“Mmh..?”
aveva in mano Tre uomini in barca
da almeno mezz’ora, ma dato che non aveva mai riso o sorriso neanche una
volta Aiden aveva pensato che difficilmente lo stava leggendo.
“Pensi
che potrei andare un po’ in città?”
L’altro
alzò gli occhi dal libro “Perché?”
Aiden
si strinse nelle spalle “Mi annoio. Non c’è nulla che possa fare qui,
almeno romperei un po’ la monotonia”
Damien
annuì, alzandosi “D’accordo, così ne approfitto per riportare questi
libri in biblioteca” in verità non aveva la più pallida idea di cosa
parlassero Il Rosso e il Nero, Anna Karenina, Cime Tempestose
o L’idiota; li aveva
sfogliati solo per far credere ad Aiden che leggeva, in modo tale che non
lo disturbasse.
L’altro
sapeva quanto odiasse essere interrotto mentre leggeva.
Il
tragitto fino a Blyth fu breve, e la prima meta fu proprio la biblioteca.
La donna al bancone lo accolse con un enorme sorriso.
“Signor
Johnson, che piacere” Damien posò i libri sul bancone “Non mi dica
che li ha già letti tutti” l’altro annuì, non potendo fare altro. In
sole due visite aveva imparato che neanche lo scoppio di una bomba avrebbe
fatto stare zitta quell’arzilla vecchietta.
Avrebbe
voluto prendere qualcos’altro, ma Aiden lo stava aspettando.
Salutando
Glenda, tornò all’auto.
“Non
hai preso nulla?”
Damien
avviò il motore “No, non c’era nulla che mi piacesse”
Andarono
al cinema, era un po’ vecchio, ma conservava ancora tutto il suo stile e
il suo fascino.
Camminarono
un po’ per le strade, Aiden che si fermava davanti ogni singola vetrina.
Cenarono
in un piccolo ristorante, risero e scherzarono come se non avessero un
problema al mondo.
Sembrava
tutto come era una volta.
Tornarono
a casa a mezza notte passata, entrambi un po’ brilli, specialmente Aiden.
Fecero
un sacco di rumore entrando ed entrambi fecero segno all’altro di fare
silenzio, posandosi un indice sulle labbra.
Continuando
a ridere, in qualche modo, riuscirono ad andare a letto e Damien, non
appena posò la testa sul cuscino si addormentò.
Al
contrario Aiden si rigirava tra le coperte, la solita idea che gli
frullava per la testa, e forse proprio a causa dell’alcool trovò il
coraggio di attuarla.
Si
alzò e cercò di fare il minor rumore possibile in quella casa di legno
che scricchiolava ad ogni passo.
Socchiuse
la porta della camera di Damien e quando fu sicuro che l’altro dormisse,
si avvicinò.
Prese
un lembo delle coperte e facendo attenzione a non svegliarlo si sdraiò al
suo fianco, Damien che gli dava le spalle.
Dopo
un minuto l’altro si girò e lo strinse a sè “Aiden...” borbottò
nel sonno.
Rilassandosi,
si preparò alla prima vera notte di sonno da più di quattro mesi a
quella parte.
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