Paura

di Alessia

parte VI

 

Aiden non faceva domande, troppo felice all’idea di poter essere di nuovo al suo fianco.

In un solo momento tutta la sofferenza, la disperazione erano sparite, come se mai fossero esistite.

Era di nuovo con Damien, solo questo contava.

Una parte del suo cervello aveva registrato tutti i loro movimenti, erano saliti sulla Porsche di Damien e si erano diretti all’aeroporto di Heathrow.

Avevano lasciato la macchina nel parcheggio e, dopo aver recuperato le valige dal portabagagli, avevano preso dei biglietti per Parigi ed ora erano sull’aereo in fase di atterraggio.

Non aveva spiccicato mezza parola, limitandosi a guardarlo estatico.

Damien, al contrario, non l’aveva degnato di uno sguardo, ma gli aveva tenuto la mano per tutto il tempo.

La caccia era iniziata.

Era sicuro che qualcuno tenesse sott’occhio Aiden e vederlo andar via con lui non doveva essere nei programmi.

Sperava che lo seguissero fino a Parigi, era questo il suo piano. La prima parte del piano.

Recuperarono i bagagli, superarono la dogana e presero un taxi che li portò al Charles V.

Damien aveva prenotato una suite, assicurandosi di bloccarla nel caso non fossero arrivati quel giorno.

“Monsieur Forsyth? Potete mettere una firma, s’il vous plaît?”

Damien firmò, lasciò prendere la chiave al facchino che aveva già i bagagli e si fecero guidare sino alla loro suite.

 

Il ragazzo se n’era appena andato, con una lauta mancia in tasca.

Aiden si guardava intorno estasiato, per la prima volta staccò la mano da quella dell’altro per guardarsi intorno.

Ammirando quella stanza degna di un re.

Si tolse il cappotto, lasciandolo cadere in terra, poi si voltò e rivolgendogli un sorriso mozzafiato si precipitò verso di lui, abbracciandolo e baciandolo con tutta la passione che poté dimostrare, incurante delle lacrime salate che gli solcavano il volto.

Stringerlo di nuovo a se, il suo profumo, il sapore della sua bocca, gli sembrava di tornare a vivere dopo essere stato dichiarato morto.

Era tornato!

“No…” mormorò Damien allontanandosi, sebbene questa fosse l’ultima cosa al mondo che volesse fare.

Aiden lo guardò, gli occhi sgranati.

Perché no? Lui era tornato! Tornato per stare di nuovo insieme…

“Non sono tornato per questo, Aiden”

Non era…?

“E allora perché?” la voce già incrinata.

Damien si voltò, togliendosi il cappotto e poggiandolo sullo schienale di un divano. Non riusciva a guardarlo negli occhi.

“Perché sei in pericolo. E devo proteggerti”

“Proteggermi? Perché dovresti proteggermi?” le lacrime continuavano a scorrere sul volto, ma ora non erano più di gioia.

“Perché…” ti amo “…sono l’unico in grado di poterlo fare”

Conversazione assurda, ma almeno era di nuovo con lui, poteva vederlo, ascoltarlo.

Oramai aveva deciso.

Avrebbe trascorso il resto della sua vita accanto a Damien, sopportando anche la più glaciale delle indifferenze.

Qualunque cosa pur di non soffrire più come aveva fatto in quei mesi.

“Da chi mi stai proteggendo?” era tutto così assurdo, gli sembrava di essere diventato il protagonista di un romanzo.

Sorrise caustico. 

Aiden aveva un dono naturale nel fargli le domande più difficili. Domande cui non poteva o voleva rispondere.

Scrollando le spalle, si girò facendogli il più luminoso dei suoi sorrisi “Forza, disfiamo i bagagli. Tu puoi prendere la stanza alle tue spalle, io prenderò l’altra”

Aiden fece per insistere, ma poi desistette. Per ora gli bastava sapere che era tornato.

 

“Cosa hai fatto Sarah?!?!”

La voce di Cassandra giungeva limpida dal sud dell’Europa, nonché infuriata nei confronti della povera ragazza.

“Come hai potuto lasciarlo andare via con Damien?”

“Cass, mi dispiace, ma non potevo impedirglielo, d’altronde è maggiorenne e può fare ciò che vuole. Poi…” mormorò esitante.

“Cos’altro c’è?”

“Damien ti ha lasciato una busta, non so cosa ci sia dentro”

Probabilmente una bomba… pensò passandosi una mano sugli occhi e sospirando “D’accordo. Sarò lì col primo volo disponibile”

 

I suoi vestiti.

Non li aveva ripresi dall’appartamento di Damien, e questi li aveva utilizzati per fargli la valigia.

Si sedette sul letto, esausto.

Era naturalmente felice di rivederlo, però voleva sapere da chi lo stesse proteggendo.

Chi poteva desiderare fare dal male a lui?

Non era nessuno in fin dei conti.

Scosse la testa. Solo Damien avrebbe potuto rispondergli.

 

Agganciò il telefono.

Bene, tutto stava andando come programmato.

E sperava che tutto continuasse così. Perché il difficile doveva ancora venire.

Si alzò e andò a farsi una doccia.

Doveva preoccuparsi di portarlo al sicuro, solo questo contava.

 

“Damien?”

L’uomo era seduto in salotto, al buio, in piena notte.

Non riusciva a dormire, mille pensieri, mille preoccupazioni gli affollavano la mente… senza contare che cercava di non pensare ad Aiden a pochi metri da lui.

“Cosa c’è Aiden?”

A quanto sembrava non riusciva a dormire neanche lui.

“Posso sedermi qui con te?”

No, non puoi! Non puoi tormentarmi in questo modo!

Annuì e il ragazzo si sedette al suo fianco, nonostante i due metri disponibili di divano.

Si sarebbe dovuto alzare, allontanarsi, ma era così bello averlo di nuovo accanto.

“Damien?” esitante.

“Mmh… cosa c’è?”

“Da chi mi stai proteggendo? Credo di avere il diritto di sapere, no?”

Certo che ne aveva il diritto, ma se glielo avesse detto avrebbe dovuto raccontare tante altre cose.

A cominciare dal fatto che lui era un assassino.

“Non posso dirtelo, Aiden, mi dispiace”

Il ragazzo annuì, poggiando la testa sulla sua spalla e intrecciando le dita di una mano alla sua.

“D’accordo. Mi fido di te”

Rimasero in silenzio, ognuno perso nei suoi pensieri.

“Mi sei mancato Damien” non poteva più stare in silenzio, doveva dirglielo, fargli capire che lo amava ancora e voleva tornare insieme a lui.

Damien s’irrigidì, poi si alzò in fretta augurandogli la buona notte, consigliandogli di andare a dormire.

Aiden rimase ancora un po’ seduto sul divano, accoccolato dove prima si trovava Damien. Alla fine anche lui tornò al suo letto.

 

“Sei pronto?”

Stavano lasciando l’albergo dopo una sola notte. Aiden non capiva e si limitava ad eseguire gli ordini di Damien.

“Si, fatto!”

L’altro annuì e prese le due valige, lasciando l’altro a chiudere la stanza.

Pagò l’albergo con la carta di credito intestata a Devlin Forsyth e uscendo trovarono il taxi che aveva fatto prenotare.

L’autista li portò alla Gare de Lyon e lì acquistarono due biglietti per l’Europa dell’Est.

 

“Signore, lo abbiamo trovato”

In Italia Carlo Fiorini era stata informato dell’accaduto e non ne era stato affatto contento.

Era riuscito a seguire i loro movimenti sino all’aeroporto, dove aveva scoperto essere partiti per Parigi.

Purtroppo a quel punto li aveva persi, ma l’uomo era stato tanto stupido da usare le carte di credito con cui era arrivato in Italia – e Fiorini aveva fatto controllare tutti i suoi documenti mentre parlavano in biblioteca.

“Dove sono?”

“Hanno pagato un albergo a Parigi ed ora hanno acquistato due biglietti del treno”

“Per dove?”

Il tecnico informatico scosse la testa “Mi spiace, questo non glielo so dire”

Il cervello dell’uomo rincorreva i pensieri, cercando il modo di ritrovare i due.

“Dove li ha acquistati?”

Il ragazzo digitò alcuni codici sulla tastiera “Presso la Gare de Lyon

Meno di mezz’ora più tardi due uomini di recarono alle biglietterie della stazione.

Ci vollero due ore e diverse centinaia di franchi francesi prima che qualcuno si ricordasse dei due che avevano comprato i biglietti per il treno delle 11.30 per Minsk.

 

Alla stessa ora in cui Aiden e Damien partivano per la loro destinazione, Cassandra Hamilton atterrò a Heathrow.

Una limousine, con dentro Sarah, l’aspettava fuori.

“La busta” Cassandra tese la mano, prima ne esaminava il contenuto, prima sarebbe riuscita a salvare il suo piccolo bambino.

L’aprì con impazienza e dentro vi trovò decine di articoli tratti da Internet.

Riguardavano tutti il caso Fiorini. Processo che lei aveva perso.

Non le era piaciuto difendere quell’assassino, ma l’avevano pagata e lei aveva fatto del suo meglio.

Oltre agli articoli sul processo ce n’erano altri su Carlo Fiorini. Infine, la cosa più importante, una lettera di Damien:

 

Ho preso Aiden con me per proteggerlo.

Il ragazzo che hai difeso a New York era il figlio di un potente capo mafia italiano.

L’uomo vuole Aiden morto lo stesso giorno in cui giustizieranno suo figlio, in modo tale che tu soffra tanto quanto lui.

Non è importante come lo abbia saputo, ti basti sapere che Aiden con me è al sicuro e che lo proteggerò con tutte le mie forze.

Appena mi sarà possibile ti invierò un’altra lettera.

Sono sicuro che sarai molto preoccupata per tuo figlio, ma non devi. E’ al sicuro con me.

Damien.

 

Al sicuro, come no!

Dannazione! Possibile che non ci fosse nulla che potesse fare?

 

“Perché hai comprato dei biglietti che non abbiamo usato?”

Lo scompartimento era deserto e Aiden aveva pensato bene di iniziare un nuovo interrogatorio, nonostante Damien gli avesse intimato di non fare domande e di leggere il libro che gli aveva comprato.

Damien sapeva che sarebbe stato difficile tenere a bada la curiosità dell’altro, ma voleva provarci.

“Damien… perché hai preso dei biglietti per Minsk quando stiamo andando ad Amburgo?”

Dopo aver acquistato i biglietti, avevano preso un altro taxi che li aveva portati alla Gare du Nord e da lì erano partiti per la Germania.

L’avergli fatto credere che andassero in Bielo Russia gli avrebbe concesso parecchio vantaggio.

“Per sviarli” rispose fra i denti.

“Sviarli? Sviare chi?”

“Quelli che vogliono farti del male. Ora basta con le domane, leggi il libro” così dicendo nascose la testa nella copia del Times.

“Dammi un bacio e la smetto di fare domande”

Abbassò il giornale e si ritrovò il volto sorridente di Aiden a meno di mezzo metro.

Lo guardò storto “Piantala Aiden!”

“Chi vuol farmi del male? Perché? Dove stiamo andando? Tu come fai a saperlo?…”

Afferrandolo per una manica del maglione lo attirò a se, divorandogli la bocca.

Non aveva nulla di dolce o romantico, quel bacio era atto solo a punirlo.

Si staccò di colpo e, praticamente, lo gettò di fronte a se riprendendo a leggere il quotidiano.

 

“Minsk? Che cazzo ci vanno a fare in Russia?”

Fiorini era sempre più nervoso, arrabbiato. Una combinazione che non piaceva affatto ai suoi uomini.

Trasmisero via fax la foto di Aiden in Russia, ai loro contatti.

Il treno sarebbe arrivato solo due giorni più tardi.

 

Dalla stazione di Amburgo si fecero portare all’albergo vicino l’aeroporto.

Avevano due stanze singole comunicanti e Damien fece venire Aiden nella propria.

“Cosa c’è?”

Stava rovistando nel suo bagaglio a mano, le spalle rivolte al ragazzo “Togliti il maglione e siediti. Devo fare qualche ritocco al tuo look”

Aiden stava per farlo quando si fermò, il maglione all’altezza del petto. Se lo rimise con un gesto deciso.

Era stufo di eseguire ordini su ordini. Damien doveva dargli delle spiegazioni.

“No” l’altro si voltò sorpreso “Non farò più nulla se non mi dici da chi stiamo fuggendo e perché”

Il tono risoluto, Damien era sicuro che Aiden gli avrebbe reso tutto molto, molto più difficile.

Si poggiò ad uno dei mobili della camera, incrociando le braccia sul petto “Stiamo fuggendo dalla mafia. Carlo Fiorini, un esponente molto in altro nella gerarchia, è il padre del ragazzo che tua madre ha difeso dieci anni fa in America. Ma questo è stato condannato a morte. Ora Fiorini ti vuole morto, cosicché tua madre soffra quanto lui alla perdita del figlio”

Aiden si sedette sul letto, scosso.

La testa vuota, non riusciva a pensare a nulla.

Nulla tranne… “Tu come fai a sapere tutto questo?” mormorò guardandolo negli occhi.

Damien distolse lo sguardo “Non posso dirtelo” Aiden stava per protestare quando aggiunse: “Non ancora”

 

L’uomo camminava per tutta la stanza, infuriato.

Simone, il suo braccio destro, e un altro ragazzo lavoravano alacremente sui computer per cercare un modo per rintracciare i due.

Quel... quell’assassino aveva scelto un treno che non faceva fermate.

Un diretto per Minsk senza possibilità di fermarlo per controllare che loro fossero sul treno.

“La macchina?” urlò esasperato da una situazione che non aveva previsto.

A Londra i suoi uomini avevano ritrovato la Porsche con cui erano fuggiti all’aeroporto, l’avevano rubata e controllata centimetro per centimetro, ma non c’era nulla che li potesse aiutare.

L’altro esperto scosse la testa, quasi mortificato “Le targhe sono state rubate e non c'era nessun documento identificativo del proprietario”

Era più intelligente di quel che pensava, ma lui li avrebbe ugualmente trovati.

E uccisi.

 

Daniel Johnson e Andrew McMahon partirono da Amburgo con un volo diretto per Glasgow della Lufthansa.

I due avevano acquistato i biglietti, fatto il check-in ed imbarcati sempre separatamente. Anche a bordo avevano due posti lontani l’uno dall’altro.

Poco prima dell’imbarco Johnson si era recato presso l’ufficio dell’UPS.

La sera precedente Aiden e Damien avevano cambiato il loro aspetto.

Damien aveva si era schiarito i capelli e messo delle lenti a contatto verdi; Aiden si era fatto tagliare i capelli e li aveva schiariti sino a renderli biondo cenere dal castano chiaro naturale, inoltre indossava degli occhiali con lenti leggermente oscurate per nascondere i suoi occhi blu.

Quando atterrarono ad Edimburgo Daniel noleggiò una Land Rover presso la Hertz.

Usciti, sempre separatamente, Andrew salì sull’auto, ignorati da quanti potessero vederli.

Dopo quasi cinque ore di viaggio arrivarono a Blyth, sulla costa orientale della Scozia.

Finalmente, dopo aver rischiato anche di perdersi, riuscirono a trovare il cottage che Damien aveva acquistato da Londra.

Scesero dall’auto ed entrarono in quella che sarebbe stata la loro casa per molto tempo.

Aprirono tutte le finestre, facendo prendere aria alle stanze.

Il cottage era in ottime condizioni, dotato di ogni comodità.

Durante il viaggio in macchina Damien aveva fatto imparare a Aiden la sua nuova storia.

Nome, età, genitori, amici frequentati, studi conseguiti, tutto.

Quella sarebbe stata la sua nuova identità e non aveva saputo dirgli fino a quando.

Lasciò Aiden ad ambientarsi nella nuova casa mentre lui si recava fino in città per fare spese, rifornire la credenza.

Sarebbero stati al sicuro per alcuni mesi in quella cittadina scozzese.

Difficilmente Fiorini li avrebbe trovati in quel luogo, ma altrettanto difficilmente avrebbe rinunciato alla sua vendetta.

In ogni caso, la parte più difficile sarebbe venuta adesso.

Durante la fuga non aveva avuto tempo – o così voleva credere – di pensarci, ma sarebbe tornato a vivere con Aiden, e sebbene da un lato il suo cuore esultava dall’altra gli chiedeva di essere cauto e di non lasciarsi troppo andare.

 

Aiden aveva girovagato per la casa giudicandolo calda e confortevole. L’ideale per attuare il suo piano.

Riconquistare Damien.

Aveva disfatto le loro valige e la tentazione di mettere tutte le loro cose in una stanza sola era stata forte, ma alla fine aveva vinto il buon senso, dicendogli che doveva procedere con calma, senza forzarlo.

Lo avrebbe fatto riabituare alla sua presenza come semplice amico, poi sarebbe riuscito a riportarlo nel suo letto.

O a farsi trascinare in quello di Damien, che era ancora meglio.

L’altro era fuori da più di due ore, tra poco sarebbe tornato, così mise sul fornello il bollitore per l’acqua.

 

Il corriere consegnò la lettera direttamente nelle mani di Cassandra Hamilton, come gli era stato ordinato.

La donna l’aprì con impazienza, nel suo studio, assieme a Sarah.

Questa volta c’erano due lettere, la prima da parte di Damien:

 

Probabilmente in questo momento vorresti avermi tra le mani e strangolarmi, vero?

E scommetto anche che sei rimasta affascinata dalla lettura su Carlo Fiorini.

Quell’uomo non è un mafioso qualsiasi, ha rapporti con la malavita di tutto il pianeta, rifornisce d’armi le guerre in Africa e di droga quasi l’intera Europa. Senza contare classici intramontabili come strozzinaggio, gioco d’azzardo e prostituzione.

La magistratura italiana, nonostante abbia la certezza delle sue attività non può arrestarlo perché non ha prove sufficienti e probabilmente anche perché molti politici sono sul suo libro paga.

Un uomo dai mille volti e dai mille talenti, non trovi?

Quindi, come vedi, Aiden è molto più al sicuro con me che non a Londra.

Abbi fiducia in me. Come l’ha tuo figlio.

Damien.

 

Rimase qualche secondo con lo sguardo fisso nel vuoto prima di aprire la seconda lettera e scoprire che era stata scritta da Aiden.

Alla fine scoppiò a piangere.

 

C’era un pallido sole quella mattina di febbraio nella villa in Toscana di Carlo Fiorini.

Lui era sulla terrazza, guardando giocare sul prato i suoi nipoti incuranti del freddo. Ma tra poco la madre, la figlia di Fiorini, li avrebbe recuperati per non far prendere loro un malanno.

“Signore?”

L’uomo si voltò, concedendo la sua attenzione alla persona che l’aveva chiamato “Cosa c’è, Simone?”

Odiava dare brutte notizie al suo capo, non voleva farlo soffrire più di quanto già non facesse “Non sono arrivati a Minsk. Gli uomini in Bielo Russia hanno rivoltato ogni scompartimento e ogni vagone, ma non c’era alcuna traccia di loro”

“Questo che vuol dire?” un tono minaccioso, gli occhi ridotti a due fessure.

Simone rispose esitante “Vede signore, i biglietti del treno non sono nominativi e non esiste alcun sistema che possa dirci se i due hanno effettivamente preso quel treno”

Fiorini annuì.

In altre parole si trovavano in un vicolo cieco.

Cosa diavolo potevano fare adesso?

 

Vivevano in quella casa da due settimane e sembrava che non fosse riuscito a fare nessun progresso.

Damien cercava di evitarlo il più possibile, facendo lunghe passeggiate o leggendo libri su libri quando non poteva uscire a causa della pioggia.

Non potevano parlare del perché si trovassero lì e men che meno si poteva accennare alla loro relazione.

Aveva chiesto di poter chiamare sua madre, ma glielo aveva proibito spiegandogli che probabilmente i suoi telefoni erano stati messi sotto controllo.

Aiden passava le giornate intere a lambiccarsi il cervello su come modificare quella situazione ma non gli veniva in mente nessuna soluzione.

Nessuna fattibile, quanto meno.

Tutte le sue idee finivano immancabilmente con l’infilarsi nel letto dell’altro. Che, se da una parte era piuttosto allettante come idea, dall’altra non gli avrebbe permesso nessun miglioramento.

Sospirando prese un blocco per appunti e cominciò a fare uno schizzo del paesaggio fuori dalla finestra.

Dal canto suo Damien, dopo i primi due giorni in cui si era occupato degli ultimi dettagli, non faceva altro che evitare Aiden.

Il che stava divenendo piuttosto difficile e il tempo atmosferico non aiutava di certo con questa sua pioggia perenne.

Quella era la prima tregua da quasi trentasei ore.

Era uscito da un’ora, ma il cielo sembrava già promettere nuova pioggia.

Non poteva parlare con Aiden. Non poteva dirgli come aveva fatto a sapere del pericolo che correva e non era neanche pronto per affrontare una nuova discussione su loro due.

Tornando indietro pensò che doveva riuscire a spedire un’altra lettera a Cassandra, assicurandole che Aiden stava bene. Erano due settimane che non aveva loro notizie ed ora, con molto probabilità, era sull’orlo di una crisi di nervi.

L’unico problema era che al novantanove per cento esisteva la possibilità che la sua posta fosse intercettata.

Sarebbe dovuto ricorrere ad un sistema un po’ più moderno.

 

“Che fai Damien?”

Era tornato da mezz’ora, chiudendosi nello studio non salutandolo neppure.

L’altro lo degnò di una veloce occhiata, continuando a scrivere freneticamente sulla tastiera del computer “Sto mandando un’e-mail a tua madre”

Aiden si avvicinò, sorpreso “Ma non è rischioso? Voglio dire.. come rintracciano una telefonata posso rintracciare anche un messaggio elettronico, no?”

Damien annuì “Normalmente si, ma sto facendo in modo che la lettera sia inviata attraverso diversi server” allo sguardo perplesso di Aiden continuò a spiegare "Anche se lo intercettano per loro l’e-mail avrà avuto origine in India e se vanno avanti arriveranno in Australia, Sud Africa, Stati Uniti e così via”

L’altro annuì, ancora un po’ confuso, i computer non erano il suo forte “Posso scrivere qualcosa anch’io?” ci teneva a far avere notizie di se a sua madre.

Sapeva che sarebbe stata molto preoccupata e il saperlo con Damien non la tranquillizzava di certo.

Damien si alzò dalla poltrona e, prima di sedersi, Aiden fece in modo che i loro corpi si sfiorassero. Lo sentì trattenere il fiato.

Sorridendo si concentrò su ciò che doveva scrivere.

Quando Damien finì andò in cucina per prepararsi qualcosa da mangiare e vi trovò Aiden che preparava dei sandwiches. Glene porse un paio su un piattino.

“Uova soda, cetrioli e maionese, i tuoi preferiti”

Già. I suoi preferiti... che lui gli preparava quasi tutti i giorni quando stavano insieme. Più che altro perché era l’unica cosa che sapesse fare oltre alle uova strapazzate col bacon.

All’improvviso gli tornarono alla memoria tutte le ore che avevano passato tra i fornelli, un Aiden che gli chiedeva d’insegnargli, lui che acconsentiva e alla fine, ogni volta, la cucina sembrava essere stato il campo di battaglia della terza guerra mondiale.

Ridacchiò e morse uno dei panini, rivolgendo lo sguardo a Aiden che lo guardava come se si stesse aspettando una risposta.

Inghiottì “Scusa, hai detto qualcosa?”

“Ti ho chiesto come mai ne sai così tanto di computer, non pensavo che il proprietario di un ristorante potesse essere anche un esperto informatico” domandò sorridendo, posando alcune sottili fettine di cetriolo sull’ennesimo panino.

Damien posò il sandwich sul piatto. Aveva dovuto imparare, era stato indispensabile col suo lavoro “Mi sono sempre piaciuti i computer e le loro mille applicazioni”

Aiden sorrise, soddisfatto dalla risposta di Damien, ma questi si alzò per uscire dalla stanza.

“Non finisci di mangiare?” il tono preoccupato.

L’altro scosse la testa “Mi è passata la fame, scusami”

Cos’hai Damien? Parlami... io ti amo...

 

“Si è fatto vivo con la donna, signore”

Fiorini guardò l’uomo ai suoi ordini in attesa di ulteriori informazioni.

“Ha mandato un’e-mail la cui origine è New Dhely”

“India?”

L’uomo annuì “Temo che andando avanti gireremo in tondo, senza giungere a nessuna conclusione”

“Tu continua!” ordinò. 

D’accordo, forse lo aveva sottovalutato, ma la cosa non gli dispiaceva poi molto. La caccia gli piaceva e Claudio... lui l’avrebbe vendicato comunque.

Guardò l’orologio.

Tra poche ore sarebbe partito l’aereo che avrebbe riportato suo figlio in Italia.

 

“Damien?”

“Mmh..?” aveva in mano Tre uomini in barca da almeno mezz’ora, ma dato che non aveva mai riso o sorriso neanche una volta Aiden aveva pensato che difficilmente lo stava leggendo.

“Pensi che potrei andare un po’ in città?”

L’altro alzò gli occhi dal libro “Perché?”

Aiden si strinse nelle spalle “Mi annoio. Non c’è nulla che possa fare qui, almeno romperei un po’ la monotonia”

Damien annuì, alzandosi “D’accordo, così ne approfitto per riportare questi libri in biblioteca” in verità non aveva la più pallida idea di cosa parlassero Il Rosso e il Nero, Anna Karenina, Cime Tempestose o L’idiota; li aveva sfogliati solo per far credere ad Aiden che leggeva, in modo tale che non lo disturbasse.

L’altro sapeva quanto odiasse essere interrotto mentre leggeva.

Il tragitto fino a Blyth fu breve, e la prima meta fu proprio la biblioteca. La donna al bancone lo accolse con un enorme sorriso.

“Signor Johnson, che piacere” Damien posò i libri sul bancone “Non mi dica che li ha già letti tutti” l’altro annuì, non potendo fare altro. In sole due visite aveva imparato che neanche lo scoppio di una bomba avrebbe fatto stare zitta quell’arzilla vecchietta.

Avrebbe voluto prendere qualcos’altro, ma Aiden lo stava aspettando.

Salutando Glenda, tornò all’auto.

“Non hai preso nulla?”

Damien avviò il motore “No, non c’era nulla che mi piacesse”

Andarono al cinema, era un po’ vecchio, ma conservava ancora tutto il suo stile e il suo fascino.

Camminarono un po’ per le strade, Aiden che si fermava davanti ogni singola vetrina.

Cenarono in un piccolo ristorante, risero e scherzarono come se non avessero un problema al mondo.

Sembrava tutto come era una volta.

Tornarono a casa a mezza notte passata, entrambi un po’ brilli, specialmente Aiden.

Fecero un sacco di rumore entrando ed entrambi fecero segno all’altro di fare silenzio, posandosi un indice sulle labbra.

Continuando a ridere, in qualche modo, riuscirono ad andare a letto e Damien, non appena posò la testa sul cuscino si addormentò.

Al contrario Aiden si rigirava tra le coperte, la solita idea che gli frullava per la testa, e forse proprio a causa dell’alcool trovò il coraggio di attuarla.

Si alzò e cercò di fare il minor rumore possibile in quella casa di legno che scricchiolava ad ogni passo.

Socchiuse la porta della camera di Damien e quando fu sicuro che l’altro dormisse, si avvicinò.

Prese un lembo delle coperte e facendo attenzione a non svegliarlo si sdraiò al suo fianco, Damien che gli dava le spalle.

Dopo un minuto l’altro si girò e lo strinse a sè “Aiden...” borbottò nel sonno.

Rilassandosi, si preparò alla prima vera notte di sonno da più di quattro mesi a quella parte.




Fictions Vai all'Archivio Fan Fictions Vai all'Archivio Original Fictions Original Fictions