Note&Disclaimer: quanto vi
acccingete a leggere è il mio primo tentativo di una storia un po' più
lunga. Spero di esserci riuscita. Per i dettagli tecnici (non molti in
questa prima parte) ho impunemente scopiazzato da Clancy e Forsyth,
maestri del genere. Non penso me ne vorranno, no? ^__^"
Paura
di Alessia
parte I
Correva, attraverso i vicoli di
Marsiglia, per raggiungere la sua auto.
Appena salito bevve dalla fiaschetta che aveva con se. Whiskey da quattro
soldi, ma lo aiutava a calmarsi.
Questo era stato il suo primo incarico, ma era sicuro, ce ne sarebbero
stati molti altri.
La gente era sempre in cerca di un assassino a pagamento.
Il traffico era stato bloccato da un incidente poco più avanti.
L'autista tornò alla limousine spiegando che un uomo era stato ucciso in
mezzo alla strada e che la polizia aveva chiuso molte strade.
"Hanno detto che prima di un'ora o due non sarà possibile andarsene,
signorino Aiden"
Sbuffando il ragazzino sprofondò nel sedile dell'auto tornando a leggere
i suoi libri.
*****
"Andiamo dolcezza... ancora un passo..."
Era sdraiato sul tetto di un palazzo a Caracas, il fucile con mirino di
precisione puntato su una delle finestre della casa di fronte.
Sharon Fields, l'ex moglie di un marito pazzo e ricco. Combinazione
fatale.
L'uomo aveva fatto delle ricerche nei luoghi giusti e lo aveva trovato,
offrendogli un milione di dollari per uccidere la donna.
E lui... non aveva mai saputo resistere ai soldi e alle belle donne.
Ora... con delicatezza piegò
l'indice sul grilletto e la donna cadde a terra come un sacco di patate,
con un bel forellino sulla tempia sinistra.
Afferrando il fucile si rialzò e corse via.
Il suo loft sulla riva destra del Tamigi, a Docklands, era esattamente
come l'aveva lasciato.
Pezzetto di carta tra stipite e porta compreso, segno che nessuno era
entrato.
Forse era un po' paranoico, ma meglio d’incosciente.
Si versò un bicchiere di whiskey.
Del buon whiskey scozzese invecchiato in botti di rovere.
I suoi gusti si erano un tantinello raffinati in quei dieci anni, ed ora
poteva permettersi tutto ciò che voleva.
Ancora due o tre incarichi come l'ultimo e avrebbe potuto realizzare il
suo sogno: una casa di legno di betulla in Alaska, in mezzo alla neve.
Sedendosi sul divano controllò la posta diretta all'uomo di facciata.
Bollette, pubblicità, riviste...
Buttò tutto sul tavolino e piegò il capo all'indietro.
Fuori il cielo era plumbeo e di sicuro in meno di cinque minuti si sarebbe
scatenato il diluvio universale.
Un bel cambiamento rispetto al caldo
sole di Rio... pensò.
Si era concesso una piccola vacanza. Ne aveva bisogno prima di ributtarsi
nel suo lavoro.
Sto diventando troppo cinico... pensò
con una smorfia.
Si alzò e andò a prepararsi un bagno con l'idromassaggio.
Accidenti, la festa per la sua laurea rischiava di andare a sfacelo a
causa di quel temporale che sembrava non avesse intenzione di smettere.
"Aiden, vieni!" i suoi amici lo richiamarono all'interno.
Si voltò e avvolse la sala con uno sguardo.
Pazienza... si strinse nelle
spalle pensando filosoficamente che l'importante erano le persone con cui
si trovava, non il luogo.
*****
Un mese più tardi si trovava a St. James' Park a dar da mangiare ai
cigni.
Non gli era arrivato nessun nuovo incarico, ma non se ne curava. Prima o
poi sarebbe arrivato... c'era sempre qualcuno che desiderava fargli
ammazzare qualcun altro.
Tutti inneggiavano alla pace mondiale, ma era l'utopia di un'umanità che
non voleva guardare in faccia la realtà.
Finché l'uomo fosse esistito, la pace sarebbe stata solo una chimera.
Aiden si guardava in torno sconsolato, non c'era neanche un soggetto che lo ispirasse.
Camminava lungo i viali, tra madri con bambini, innamorati, gli scoiattoli
sui prati che cercavano cibo e nulla che lo ispirasse.
Stava per fare dietro front e tornarsene a casa, quando notò un uomo
vicino il lago.
Apparentemente non aveva nulla di speciale, però...
Posò l'obiettivo della macchina fotografica su di lui, guardandolo più
da vicino.
Rimaneva della sua opinione, nulla di speciale, eppure...
L'uomo gettò il sacchetto in un cestino e si allontanò dagli animali, le
mani nelle tasche del cappotto.
Impulsivamente decise di seguirlo.
Non aveva mai fatto una cosa del genere, ma quell'uomo lo attirava
irresistibilmente.
Voleva scoprire cosa avesse di così speciale.
Lo seguiva da almeno venti minuti, senza alcuna precauzione.
Le opzioni erano solo due: o era un poliziotto maldestro, ma perché la
polizia avrebbe dovuto seguirlo? Oppure un semplice ragazzino che giocava.
Svoltando a destra si fermò poco oltre l'angolo del palazzo e aspettò.
Dopo neanche un minuto vide il ragazzo girare e correre avanti. Uscendo
dall'ombra chiese: "Cercavi me?"
L'altro si girò su se stesso e lo fissò a metà fra l'imbarazzato e
l'impaurito.
Si... decisamente un ragazzino che
gioca…
Avvicinandosi, gli chiese perché lo seguisse.
"Io... io l'ho vista dar da mangiare ai cigni, e... ecco... volevo
farle delle foto... sa è il mio hobby..."
Alla parola foto s'irrigidì "Mi hai fatto delle foto?"
Aiden scosse la testa "Avrei voluto, ma lei se n'è andato... e così
l'ho seguita..." si sentiva come un bambino di cinque anni pescato a
fare qualcosa che non doveva, sotto l'esame di quegli occhi neri.
Gli credeva. Era troppo spaventato e ingenuo per mentirgli.
Rilassandosi impercettibilmente annuì.
Si voltò e fece per andarsene quando l'altro lo chiamò.
"Cosa c'è?"
Aiden deglutì, facendo appello a tutto il suo coraggio "Posso farle
una foto? Lei è un soggetto estremamente interessante, ed io..."
"No!" rispose violentemente.
Una foto era l'ultima cosa che fosse disposto a farsi fare, non ne aveva
alcun bisogno.
Si girò di nuovo e se ne andò, inghiottito dalla folla.
Un Aiden rassegnato, e alquanto scosso da quell'incontro, si risolse a
tornare a casa.
Gale lo aveva implorato di recarsi al Blue
River per risolvere
alcuni problemi.
Appena entrato in uno dei più famosi ristoranti sul fiume di Londra, fu
avvolto dall'atmosfera di calma e tranquillità.
Le tovaglie sino al pavimento, color crema, le porcellane, i cristalli di
Boemia, le posate, i candelieri d'argento.
"Finalmente sei arrivato!"
L'incanto era stato appena spezzato.
Si sedettero ad uno dei tavoli del bar.
"Qual è la questione di vita o di morte, questa volta, Gale?"
La direttrice del ristorante lo guardò confusa, poi sorrise.
"Nessuna questione di vita o di morte, devi solo firmare queste
carte" gli mise davanti un fascio di fogli altro tre centimetri
"Sono tutte le fatture e gli ordini degli ultimi sei mesi, che io non
posso mandare al commercialista se tu non li firmi, Damien"
Il suo capo si recava al ristorante con la stessa frequenza delle ere
glaciali.
Passava tutto il suo tempo in giro per il mondo a fare solo Dio sapeva
cosa.
Quando tornava a Londra doveva approfittarne a qualsiasi costo.
"Fatto. C'è altro?"
Gale si riscosse dai suoi pensieri, e mettendo in una cartellina i fogli,
cominciò a parlare delle modifiche, migliorie e riparazioni che erano da
effettuare.
Aveva preventivato mezz'ora, un'ora al massimo, invece si trovava lì da
almeno tre ore.
Prima le fatture, poi i lavori da eseguire, la grafica dei nuovi menù, la
presentazione del proprietario allo staff, dal capo chef fino all'ultimo
lava piatti.
Alla fine aveva deciso di rimanere e cenare al Blue River.
Una decisione di cui, ancora oggi, molti ne soffrono le conseguenze.
"Mamma, non era necessario venire qui"
La donna si sistemò il tovagliolo in grembo e guardò il figlio nei suoi
profondi occhi blu.
"Non sono potuta venire alla festa per la tua laurea, quindi ora
festeggeremo insieme, io e te" gli sorrise, come solo una madre sa
fare "Quanto tempo è passato dall'ultima volta che siamo stati un
po' insieme?"
Aiden sorrise "Troppo"
"Damien, mi serve il tuo aiuto"
L'uomo si pulì la bocca e guardò la donna "Cosa ti serve?" le
parole erano gentili, ma il tono indicava che l'ultima cosa che volesse
fare era aiutare.
Gale gli sorrise, piazzandogli davanti un carrello con sopra una torta Regina
di Saba "Portala al tavolo otto e servila, grazie"
Damien stava per protestare, ma l'altra si era già volatilizzata.
Alzandosi, diresse il carrello verso il tavolo otto, cui vi trovò
l'ultima persona che volesse incontrare, e il cui volto si era impresso a
fuoco nel suo cervello.
Era troppo tardi per tornare indietro, la donna lo aveva visto.
Facendo un profondo respiro andò avanti.
"Signora, signore, il dolce. Spero sia di vostro gradimento" così
dicendo posò i due piatti davanti ai commensali sorridendo.
"La prego," fu la donna a parlare "ci porti una bottiglia
di Veuve Clicquot"
Damien annuì, e voltandosi andò da William, il sommelier, ordinandogli
di portare lo champagne richiesto al tavolo otto.
Non aveva sognato, vero?
Non poteva credere che il suo uomo misterioso lavorasse come cameriere in
quel ristorante.
Per il resto del tempo cercò di localizzarlo, ma non lo trovò.
Il ristorante era diviso in zona fumatori e non, forse l'uomo lavorava
nell'altra sezione.
Il mattino successivo Damien si svegliò con un feroce mal di testa.
Aveva bevuto troppo la sera precedente.
Accese la macchinetta per fare il caffè e sintonizzò la radio sulla BBC.
Che scusa poteva inventarsi?
Ma doveva, per forza, inventarsi una scusa?
Forse la verità lo avrebbe aiutato di più.
Salì a bordo del ristorante, ma questo sembrava essere deserto.
Poi una donna bionda, con un elegante tailleur pantalone color giada, uscì
da quella che doveva essere la cucina, lo vide e si diresse verso di lui.
"Serve aiuto?"
La donna era davvero molto bella, ma a lui interessava qualcun altro.
"Io... io sto cercando una persona. Credo sia uno dei vostri
camerieri"
Gale sorrise al ragazzo "Sai il suo nome?"
Il ragazzo divenne color porpora "No, non lo so" e ora
sicuramente l'avrebbe cacciato.
"Sapresti descrivermelo?"
Dopo un attimo di sorpresa Aiden disse: "Circa un metro e novanta,
capelli e occhi scuri. Sui trent'anni. Però..." pensandoci bene,
forse non era un cameriere "... non aveva la solita divisa. Indossava
un completo fumo di Londra"
Gale
sorrise, c'era una sola persona nel ristorante la sera prima, cui quella
descrizione andasse a pennello "Perché lo stai cercando?"
Non
sapeva se rispondere o meno, doveva sembrare solo un ragazzino
disperato.
Beh...
in effetti lo era.
"L'ho
incontrato ieri pomeriggio a St. James' Park" disse "Mi ha
colpito, avrei voluto fargli delle foto, è il mio hobby, ma l'ho perso di
vista" non c'era bisogno di essere troppo pignoli "Poi ieri sera
mi ha servito il dolce. Pensavo di chiedergli il suo nome, ma è corso via
e non l'ho più visto"
Gale
era una donna straordinaria, ma aveva un solo, enorme, difetto: vedeva
storie d'amore ovunque.
E
riteneva suo compito trovare l'amore della vita di Damien, dato che lui
non ci pensava.
Scrisse
su un foglietto l'indirizzo, spiegandogli che l'uomo era il proprietario
del ristorante.
Video
citofono, accidenti!
Se
lo avesse visto non lo avrebbe fatto salire neanche tra un milione di
anni.
Damien Shaughnessy.
L'uomo
più bello che avesse mai visto.
Non
bello nel senso classico del termine, ma semplicemente guardandolo si
percepiva una grande forza, che lo rendeva estremamente
affascinante.
Era
poggiato contro il muro, riflettendo su come convincerlo, quando una
ragazzina di non più di sette o otto anni schizzò fuori dal
portone.
Reagendo
d'istinto, Aiden lo trattenne aperto e con un profondo respiro entrò.
La
casella postale era vuota, e anche al bar di Mark non c'era posta per Joel
Clancy.
Camminava
lungo la riva del fiume.
Era
una giornata senza nuvole, un miracolo, e decise di prendere un battello
per turisti sino a Greenwich.
Bussò
ancora una volta, ma era ovvio che in casa non ci fosse nessuno.
Mettendosi
seduto sul pavimento si preparò ad una lunga attesa.
Era
timido all'inverosimile, ma se aveva deciso qualcosa la portava sempre a
termine.
Il
commento a bordo era stato piuttosto divertente, e fare il tragitto al
piano superiore, all'aperto era stato molto piacevole.
Dopo
essere sceso, era passato accanto all'Accademia Navale e più avanti era
stata tirata in secca, su dei piedistalli, un vecchio vascello della
flotta di Sua Maestà.
Ora
era seduto al parco, del fish&chips in mano che divideva coi piccioni
che sembravano gradire molto.
Alzandosi
gettò gli avanzi in un cestino e si diresse verso il passaggio sotto il
fiume.
I
pensiero che lo accompagnavano da quella mattina non erano di certo dei più
allegri.
Forse
avrebbe dovuto smetterla di ammazzare le persone.
Aveva
trentun anni ed era solo.
Non
che la solitudine gli dispiacesse, al contrario, ma desiderava avere
qualcuno accanto a lui.
Qualcuno
da cui dipendere e al contempo far dipendere l'altro.
In
una parola, voleva innamorarsi.
E
tutti quei pensieri erano sempre stati accompagnati da un viso.
Chissà
chi era la donna con lui?
Forse
la sua amante?
Sospirando
uscì all'aria aperta, dirigendosi a sinistra, verso il Parlamento a
qualche chilometro di distanza.
Erano
solo due cose a fermarlo.
Il
suo... mestiere e la sua
paura.
Per
il primo... beh, poteva smettere quando voleva in realtà, aveva più
soldi di quanti sarebbe mai riuscito a spendere e aveva sempre il Blue
River.
Ma
con la paura d'amare c'era poco che potesse fare.
Aveva
trovato una poesia, su qualcuno dei suoi libri, che esprimeva alla
perfezione il suo pensiero, l'aveva addirittura imparata a memoria:
Perché
amare se ciò vuol dire soffrire?
Ogni
bacio,
ogni
carezza,
ogni
sorriso,
saranno
un triste ricordo di ciò che è stato e non sarà più...
Un
futuro arido, vuoto, senza te al mio fianco.
Preferisco
non amarti,
significherebbe
soffrire in futuro.
E'
meglio vivere senza amore,
che
soffrire per esso.
Non
amare...
Mi lascia una possibilità di
felicità.
Sacro
santa verità!
Perché
avrebbe dovuto rischiare? Per avere qualcuno che gli scaldasse le
lenzuola? Poteva benissimo rimorchiare in qualche bar.
E
per quanto riguarda la conversazione... gli eremiti vivono benissimo anche
senza.
Si
fermò lungo la strada per bere un tea e per un po' riuscì a sfuggire
quei cupi pensieri.
Osservò
la gente che camminava di fretta per tornare al lavoro dopo la pausa
pranzo.
Chissà...
forse un giorno avrebbe ucciso una di quelle persone.
Abbassando
lo sguardo sulla sua tazza pensò ad una cosa per la prima volta nella sua
vita.
Le
famiglie delle sue vittime.
Dal
primo uomo di Marsiglia, sino alla donna di Caracas.
Le
loro famiglie non avrebbero mai avuto giustizia.
Avrebbero continuato a piangere la morte di coloro che amavano senza
sapere il motivo per cui erano stati uccisi.
Ecco
un altro valido per non innamorarsi.
Se,
anzi, quando fosse morto non avrebbe lasciato nessuno a piangere per
lui.
Era
molto meglio così, in fondo non gli piaceva far soffrire le
persone.
Né
fisicamente, né emotivamente.
Le
persone che aveva ucciso se ne erano andate tutte senza soffrire. Rapido e
indolore.
Pagando
uscì dal locale e continuò la sua passeggiata.
Accidenti!
Il volto di quel ragazzo non lo abbandonava un secondo.
Era
così... così... cercò un termine adatto, ma l'unico che gli veniva in
mente era: delicato.
I
suoi lineamenti, le movenze, la gestualità, tutto in lui richiamava
delicatezza e raffinatezza.
Aveva
profondi occhi azzurri, e per un momento l'altro pomeriggio aveva temuto
di annegare nella loro innocenza.
Si
poggiò alla ringhiera, dall'altra parte c'era la Piazza del Parlamento
con l'abete donato annualmente dalla Norvegia.
Era
da poco passato Natale e lui l'aveva, come al solito, passato in
solitudine.
Meglio
così!
Si
era risparmiato i soldi dei regali, del cenone, l'albero, gli addobbi... a
ben pensarci il Natale poteva essere una festa solo per i
commercianti.
Ma
per un momento si permise di pensare a come sarebbe stato passare il
giorno di Natale con quel ragazzo...
Lo
avrebbe svegliato mordicchiandogli un orecchio e avrebbero fatto l'amore,
lentamente assaporando ogni gesto... poi si sarebbero alzati per fare
colazione e scartare i regali.
Gli
avrebbe regalato la miglior macchina fotografica in commercio, la
fotografia era il suo hobby, no?
Poi
lo avrebbe steso sul tappeto davanti il camino e avrebbero fatto di nuovo
l'amore, e poi ancora, ancora, ancora e ancora...
Scuotendo
la testa si diresse verso la metropolitana.
La
disoccupazione non gli faceva bene, troppi pensieri pericolosi.
Sperò
che al più presto qualcuno avesse bisogno di lui.
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