Patto di
fuoco
patto II
di
Firetiger
Eliosyar aprì lentamente gli occhi, cercando di mettere a fuoco quel che lo
circondava. Coperte morbide, rosse come il sangue. Sbattè le palpebre, il
cervello ancora annebbiato dalla droga. Sentiva un dolore sordo e acuto
trafiggergli il basso ventre, ma non riusciva a raccapezzarsi. Provò ad
alzarsi, ma le braccia non lo reggevano, quindi dovette ritentare altre due
volte prima di riuscire a mettersi a sedere. Era ricoperto di sudore e
cominciava ad avere freddo. Quel letto poi, gli sembrava enorme. Qualcosa non
tornava… d’un tratto capì: era completamente nudo! Istintivamente si coprì il
petto con le braccia, iniziando a tremare. Che ci facevano i suoi vestiti
sparpagliati a terra? L’ultima cosa che ricordava era quel calice di vino che
Karel lo aveva obbligato a bere…
Si osservò meglio il corpo, e vide degli strani segni rossastri, simili a
macchie, sparsi qua e là, sulle braccia, vicino ai capezzoli inturgiditi dal
freddo, sulle cosce… quando spostò gli occhi in mezzo alle gambe, provò un
tuffo al cuore.
- C.cos..? – balbettò instupidito.
Il suo membro era coperto da una sostanza vischiosa e molliccia, e non impiegò
molto tempo a capire di che si trattava. Avvampò, il cuore che batteva sempre
più forte. Un’altra macchia di liquido seminale era lì, davanti a lui, sulle
coperte. Poco più avanti, una chiazza di sangue rappreso si allargava
lentamente sulla stoffa, fondendo il suo rosso con quello della coperta.
Eliosyar fu preso da un tremito irrefrenabile. D’istinto si mise una mano in
mezzo alle cosce. Sentì qualcosa di caldo scivolargli lungo le gambe. Si
guardò le dita, sbarrando gli occhi: sangue.
In quel momento una porta seminascosta da un tendaggio si aprì, ed apparve
Karel, avvolto in una tunica pulita. Davanti allo spettacolo del giovane
principe sconvolto e tremante, capì che doveva aver intuito cosa era successo,
e ghignò.
- Ah, sapessi quanto ci siamo divertiti! – ridacchiò stiracchiando le braccia
– Non credevo che fossi così bravo a letto… sei sicuro che fosse la tua prima
volta?
Eliosyar si sentì come uno a cui hanno appena tirato uno schiaffo.
- N. non è vero… - balbettò.
- Oh, sì che lo è – Karel gli si avvicinò e gli afferrò il mento,
costringendolo a guardarlo negli occhi – Lo abbiamo fatto proprio poco fa…
I grandi occhi azzurri di Eliosyar si riempirono di lacrime.
- State mentendo… - singhiozzò.
Karel rise.
- Ti atteggiavi tanto a santerellino, e invece sei solo una puttana… scoparti
è stato uno dei piaceri più grandi di tutta la mia vita!
Spinse all’indietro Eliosyar, gli fu sopra in un attimo e lo costrinse a
subire un lungo bacio. Il giovane si contorse inutilmente per sottrarsi a
quella prepotenza. Alla fine, quando la lingua di Karel uscì dalla sua bocca,
ansimò, il viso pieno di lacrime.
- Ricordalo bene – Karel si erse sopra di lui, dominandolo con lo sguardo – tu
sei mio, come i miei cani, i miei servi e le mie guardie… e io posso fare quel
che mi pare del tuo corpo.
Il ragazzino cercò di coprirsi con le coperte, spaventato, ma lui gliele
strappò di dosso, afferrandolo per un braccio e gettandolo a terra. Eliosyar
gemette per il dolore.
Mentre Karel scoppiava in una fragorosa risata, raccolse veloce i suoi
vestiti, si ricoprì alla meno peggio e fuggì pieno di vergogna, lasciando
dietro di se una scia di sangue e lacrime amare.
Karel
si buttò sul letto, soddisfatto. Gli ci voleva proprio una sana scopata per
rilassarsi. Però c’era qualcosa che non gli andava giù… il modo in cui lo
aveva guardato quel ragazzino… i suoi occhi pieni di terrore e vergogna lo
accusavano.
- Bah! – sbottò girandosi su un fianco – Vada a farsi fottere…
Aveva appena pronunciato queste parole che gli venne da ridere: in fin dei
conti, se l’era appena fottuto!
- Caro il mio ex principino, mi sa tanto che questa non sarà la tua ultima
volta… - rise tra se e se.
Era
stato troppo eccitante farlo con Eliosyar, e non ci avrebbe rinunciato per
niente al mondo. Dovrò chiedere di nuovo quella polverina a quella strega di
mia sorella, pensò sbadigliando, che seccatura, lei e i suoi filtri...
Afferrò la coperta e se la gettò sulle spalle, sprofondando in un sonno
profondo. Se si fosse voltato, avrebbe visto due occhi di brace fissarlo dalle
tenebre.
Eliosyar fuggiva a capofitto per i grandi corridoi vuoti del castello. Sentiva
ancora in bocca il sapore del bacio del suo padrone, e questo gli faceva
girare la testa e contorcere lo stomaco. Come aveva potuto fargli quello?
Trattarlo come una bambola… Si sentiva male solo a pensarci. Il sangue
continuava a rigargli le gambe, e lui voleva solo fuggire da quell’incubo, e
rifugiarsi tra le braccia affettuose di Ljliana, ma non poteva, e questo lo
faceva stare ancora più male.
Inciampò e cadde lungo disteso davanti a una vetrata. Non aveva voglia di
rialzarsi. Non ne aveva la forza morale. Scoppiò in un pianto dirotto, lì
dove si trovava.
# # #
Karel
annegava in un abisso di tenebra, galleggiando nel vuoto. Una sensazione di
inquietudine si impadroniva del suo corpo, senza sapere perché… dopotutto
stava sognando, e i sogni non fanno male… e poi non era la prima volta che
sognava di cadere nel vuoto. C’era però un sottofondo di ambiguità in quel
vuoto. Era un vuoto, ma non lo era. Una cosa difficile da spiegare. Il giovane
continuò ad andare giù, sempre più giù, voltando la testa in qua e là. Che
cosa stupida, tanto non c’è niente da guardare!
A un certo punto gli parve di scorgere qualcosa in mezzo alle tenebre, come
il bagliore di una candela. Si rese conto di star appoggiando i piedi nudi su
un pavimento di pietra. Si trovava in uno strano salone, simile a un tempio,
con ampi drappi alle pareti, di un colore così scuro che non si capiva di che
tonalità fosse. C’era un grande braciere in mezzo alla stanza, e l’aria era
satura dell’odore dell’incenso. Al giovane non era mai piaciuto l’odore delle
spezie bruciate, e si coprì il naso con il braccio. Osservò ancora la sala.
Un’enorme statua raffigurante una tigre troneggiava addossata a una parete,
inondata di fiori rossi. Karel si avvicinò per
studiarla meglio, e in quel mentre, il monumento prese vita e si animò,
diventando una grande tigre che mandava lingue di fuoco dal mantello. Gli
occhi di brace si fissarono in quelli del giovane, che arretrò di qualche
passo.
- Finalmente ci incontriamo di persona – la voce della creatura era simile al
crepitare delle fiamme – non sai quanto ho atteso questo momento.
Stupefatto, Karel arretrò ancora, mentre la spirale di fuoco che aveva incisa
sul palmo della mano sinistra iniziava a fargli male.
- Chi sei? – mormorò – Cosa vuoi da me?
Il grande felino avanzò, gonfiando il petto possente.
- Colui che viene a reclamare il patto di sangue. Uno delle Bestie dell’Abisso
– scoprì le zanne in un sorriso feroce – La Tigre di Fuoco!
Karel maledisse dentro di se sua sorella. Quella strega di Vassilyssa!
Maledetta, che intenzioni aveva, farlo divorare dallo stesso essere che doveva
fargli da servitore?!
- Cosa vuoi da me? – chiese con tono risoluto.
- Il tuo sangue mi appartiene. E con esso il tuo corpo.
Il felino allungò una zampa artigliata.
- Lo voglio.
Karel rabbrividì. Se era uno scherzo, non gli piaceva per niente.
- Che cazzo stai dicendo? Sei solo il frutto del mio sogno!
- Cosa ti fa credere che questo sia un sogno?
La mano del giovane fu travolta da una fitta ancora più forte.
- Maledetta…- sibilò.
La tigre adesso era in piedi davanti a lui, in tutta la sua maestosità. I
fiori scarlatti che ricoprivano il suo manto erano avvolti dalle fiamme, e
cadevano a terra, trasformati in cenere.
- Il patto parla chiaro, ragazzo – tuonò – Io ti ho donato la mia forza e il
mio potere per fare i tuoi comodi, ma tu in cambio, mi hai donato il tuo
sangue e il tuo corpo. Questo è quanto è stato stabilito dall’officiante.
L’officiante? Ma certo, Vassilyssa!! Maledetta sgualdrina, non aveva parlato
di controindicazioni! Sapeva tutto e lo aveva incastrato per bene!
Le fiamme avvolsero ancora di più il corpo della Tigre. Parevano consumarlo,
perché le sue dimensioni rimpicciolivano man mano che ardevano, diventando una
massa confusa e instabile… poi si spensero pian piano, mentre emergeva il
corpo di un giovane dalla pelle bruna ricoperta di tatuaggi giallastri. Era
completamente nudo, e i suoi lunghi capelli corvini guizzavano come fuoco
vivo. Gli occhi del colore dell’oro si posarono su Karel.
- Noi due siamo legati dal patto – la sua voce era roca, bassa e sensuale –
Devi volere solo me.
Allungò un braccio verso il giovane, sfiorandogli la fronte, giocherellando
con una ciocca di capelli.
- Devi desiderare solo me, e devi amare solo me.
Karel vide che il membro del giovane in cui si era trasformata la Tigre era
eretto e turgido.
- Ma tu hai preferito un piccolo, insignificante, piagnucoloso essere umano…
Le mani del giovane si posarono sulle spalle di Karel, e lui sentì le sue
unghie artigliate trafiggergli la pelle.
- Dovrò punirti per questo, in modo che non risucceda un’altra volta…
Karel avvertì una morsa di gelo in fondo allo stomaco. Non gli piaceva per
niente la piega che stava prendendo la situazione. D’altra parte non riusciva
a sfuggire allo sguardo magnetico della Tigre, che lo aveva completamente
immobilizzato.
Gli artigli squarciarono la sua veste, denudandolo. Il giovane dalla pelle
scura lo spinse contro una colonna del tempio, premendogli il membro contro
l’inguine. La lingua calda e umida gli passò sulle labbra, aprendosi un varco,
costringendolo ad aprire la bocca. Il bacio che ne seguì lasciò Karel senza
fiato. Era come se il fuoco gli fosse entrato in gola. Ansimò, lasciandosi
andare contro il marmo consunto.
- Molto meglio che baciare un moccioso, no? – gli mormorò all’orecchio la
Tigre in forma umana.
Karel non riusciva a parlare. Respirava a rantoli, come se non ci fosse aria.
L’altro sorrise, strofinando il proprio corpo sinuoso sul suo, emettendo un
mugolio di soddisfazione. Gli lisciò le ampie spalle con le mani, passandogli
gli artigli a fior di pelle, poi li affondò nella carne, lasciandogli due
strisciate di sangue sul petto.
Karel gemette di dolore, contorcendosi, mentre la lingua del giovane leccava
il sangue fresco con sadico piacere.
- Il sapore del tuo sangue mi fa impazzire…
Appoggiò le mani sul torace del giovane, lisciando i pettorali. Karel gemette
di nuovo quando gli afferrò i capezzoli con l’indice e il pollice,
stuzzicandoglieli delicatamente. Vi avvicinò la bocca, scoprendo i lunghi e
affilati canini da felino, e li chiuse su uno dei due con forza. Un fiotto di
sangue sgorgò nella bocca della creatura, che prese a suggere il liquido
vitale con gli occhi semichiusi. Karel lanciò un urlo da animale ferito, ma la
presa della Tigre non diminuì. Si sentiva completamente alla sua mercè. La
lingua della Tigre, il suo succhiare… questi gesti ipnotici lo affascinavano e
terrorizzavano allo stesso tempo. Quella creatura sadica lo stava trattando
proprio come lui aveva trattato Eliosyar: un giocattolo.
La Tigre scese sempre più giù, fino ad arrivare all’inguine. Sollevò lo
sguardo, ammiccando malizioso il membro eretto di Karel.
- Vedi che ti piace?- rise con la bocca sporca di sangue.
Karel arrossì, impotente. Si vergognava di come stava reagendo il suo corpo, e
non poteva fare niente per impedirsi di eccitarsi.
Il giovane gli divaricò le gambe, afferrandoglielo.
- Tra poco ti sentirai ancora meglio.
Gli artigli della Tigre solleticarono il membro di Karel, poi la mano si
insinuò sotto le gambe, diretto verso un punto preciso. Trovò l’orifizio e vi
infilò dentro l’indice, grattandolo con l’unghia. Il giovane si morse la
lingua e strinse i denti per non urlare. Il membro si stava inturgidendo e
stava per perdere il controllo. L’artiglio affondò in un punto di quella parte
così delicata, e subito un rivoletto di sangue colò lungo le cosce.
La Tigre ghignò osservando l’espressione stravolta di Karel. Tolse il dito e
tornò a solleticargli il membro.
- Adesso arriva il piatto forte…
Karel emise un gemito strozzato mentre lui lo sollevava da terra e glielo
metteva dentro, ma non riusciva a ribellarsi. Era come se tutta la sua forza
di volontà fosse stata risucchiata dagli occhi della Tigre. Questa continuava
a sorridere ferocemente, godendo dell’atto sessuale, spingendoglielo dentro
sempre più forte. Tutti i suoi gesti sembravano studiati a tavolino per
provocarlo.
Karel gridò, e fu come invaso da fuoco liquido. Tutto il suo corpo bruciava, e
si lasciò andare, cullato dal dondolio del giovane tatuato.
- Vedi? – disse quest’ultimo – Stare con me è meglio che stare con quel
moccioso.. Io posso farti provare il piacere massimo.
Diede un’altra spinta di reni. Karel cercò di inarcarsi contro la colonna, ma
riuscì solo a tirare la testa indietro, rimanendo a bocca aperta. Le braccia
del giovane erano sorprendentemente forti perché non lo avevano lasciato un
secondo e continuavano a stringere le sue cosce, impedendogli di posare i
piedi per terra.
Alla fine non riuscì più a trattenersi, e venne contro il ventre della Tigre.
Provò vergogna e piacere allo stesso tempo.
Sto solo sognando, si ripeteva, sto solo sognando, sognando, sognando…
Entrambi rimasero a lungo legati da quel selvaggio amplesso, finchè la Tigre
lasciò andare Karel, che si afflosciò contro la colonna ansimando, sporco di
sudore e di liquido seminale.
Il giovane bruno gli tirò su la testa, fissandolo con i penetranti occhi
dorati.
- E ricordati bene… questo è quello che ti aspetta, ogni volta che mi sarai
infedele…
Si alzò e camminò attraverso la sala, avvolto dalle fiamme.
Karel lo guardò allontanarsi, ormai privo di forze, poi si sentì svenire e
scivolò sul pavimento.
# # #
-
NOOOOOOOO
Karel
urlò, alzandosi di scatto, gettando in aria le coperte. Era madido di sudore e
tremava. Si guardò intorno, poi, quando vide che si trovava nella sua stanza,
si tranquillizzò un poco.
- Che sogno del cazzo… - mormorò tergendosi il sudore dalla fronte.
Ultimamente gli capitava di fare sogni abbastanza realistici, ma questo li
aveva superati tutti.
- Cazzo… - borbottò di nuovo – solo a ripensarci, mi sento male…
Decise che era meglio lasciar perdere il vino la sera.
Stava per andare a farsi un bagno rinfrescante, quando vide i brandelli di
veste che gli penzolavano dalle braccia. Con orrore si rese conto che non
aveva affatto sognato. L’odore del giovane bruno che era la Tigre di Fuoco era
ancora impresso sulla sua pelle. I segni dei suoi artigli erano impressi come
fuoco sul suo corpo. Del sangue macchiava il lenzuolo dove prima stava
sdraiato.
Udì un sommesso brontolio di piacere provenirgli dalle spalle. La Tigre
dimenava la coda, soddisfatta. Disperato si mise le mani nei capelli,
appallottolandosi tra le coperte, terrorizzato.
Vassilyssa passeggiava nel giardino, seguita dalle serve che gli facevano
ombra con dei ventagli di piume.
Sorrideva affabile, cercando di mostrarsi una brava padrona, salutando i vari
inservienti che incontrava sul suo cammino. Chissà se il suo caro fratellino
aveva già ricevuto la visitina della Tigre. Perché sapeva bene che succedeva
se ci si legava a uno spirito, ma si tradiva fisicamente con qualcun altro.
Non potè fare a meno di lasciarsi sfuggire un risolino di scherno nei
confronti di Karel.
- Qualcosa la disturba, signora? – si affrettò a chiedere una delle serve,
preoccupata-
- No, no, tutto bene – Vassilyssa sfoderò il migliore dei suoi sorrisi – Stavo
solo pensando a una cosa… dove si trova la precedente signora del castello,
quella Ljliana?
Le serve si guardarono, interdette.
- L..la signorina Ljliana… ci perdoni se le rivolgiamo questo appellativo, ma
è stata a lungo la nostra padrona..
Vassilyssa sorrise, come se la cosa la lasciasse indifferente.
- E’ naturale.
- La signorina Ljliana… dicevo… si trova in quel padiglione laggiù… - mormorò
la serva rassicurata dal sorriso amabile della nuova signora.
Vassilyssa avanzò verso il padiglione occupato dalle piante di agrumi, una
piccola costruzione in vetro che ricordava molto una gabbietta per gli
uccellini. Gabbia uguale belva, rise dentro di se.
- Aspettatemi qui fuori – si rivolse alle serve, poi entrò nel padiglione.
L’interno della serra era umido, un dolce profumo di agrumi permeava l’aria.
Numerose piante di limoni ed aranci erano disposte in bella fila da una parte,
mentre dall’altra stava una serie di attrezzi per la cura delle piante.
Ljliana, i lunghi capelli neri arrotolati in una crocchia, stava inginocchiata
vicino a un vaso, intenta a ripulirlo dalle erbacce. Alcune ciocche sfuggivano
alla misera acconciatura, ricadendole sul viso sporco di terra. I suoi abiti,
un tempo eleganti e invidiati da tutte le dame di corte, erano sporchi di
terra e strappati in più punti.
Alzò la testa nell’udire la porta della serra aprirsi, gli occhi ancora pieni
di quella luce fiera che la contraddistingueva dal fratello minore.
- Vedo che ti stai divertendo – mormorò Vassilyssa girandole intorno – E
dimmi, è interessante questo nuovo ambiente, o preferisci essere trasferita ad
altra mansione?
- Vostra grazia si degna di farmi visita – Ljliana evitò di rispondere,
parlando in tono ironico – Oh, quale onore!
Vassilyssa inarcò un sopracciglio.
- Dovresti essermi grata per non aver ucciso te e quel tuo stupido fratello…
solo per questo dovresti baciarmi i piedi.
Ljliana le rivolse uno sguardo colmo di sdegno.
- Preferirei strisciare in un covo di vipere, piuttosto che baciarti i piedi!
– ribattè alzandosi in piedi.
Le due donne si studiarono a vicenda. Era chiaro che il manico del coltello
stava dalla parte di Vassilyssa, ma Ljliana era troppo orgogliosa per cedere.
- Uhm, che peccato che mio fratello ti abbia separata dal tuo piccolo, dolce
cucciolotto – cinguettò Vassylissa – Chissà come se la starà passando!
- Non oserete fargli del male! – sibilò Ljliana stringendo i pugni.
- Chissà… questo bisognerebbe chiederlo a Karel. Lui ha sempre avuto un debole
per i ragazzini, non so se mi spiego…
Ljliana impallidì.
- Se osa solo toccarlo, lo uccido con queste mani!
Vassilyssa rise e si volse per andarsene, ma prima di chiudersi la porta alle
spalle le gettò un’ultima occhiata.
- Mhf... tesoro! Chi ti dice che non lo abbia già fatto?
Eliosyar avanzò barcollando fino all’ala est del castello. Scese i gradini a
fatica, diretto verso i fontili di pietra dove i servi lavavano i panni. La
luna splendeva alta nel cielo, oltre i merli delle torrette, illuminandogli il
cammino. Si sentiva tanto stanco, tanto solo. Sapere di aver fatto da
giocattolo sessuale a Karel lo faceva stare malissimo, ancora più del dolore
fisico che provava. Era ben conscio che il nuovo sovrano lo detestava, ma non
credeva fino al punto da umiliarlo in quel modo. Gli occhi gli si riempivano
in continuazione di lacrime e ormai sentiva le palpebre gonfie e doloranti, ma
non riusciva a smettere di piangere.
Arrivato al primo fontile, vi si appoggiò, nascondendo il viso tra le braccia,
e desiderò con tutto il cuore di morire.
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