Patto di fuoco
atto I
di Firetiger
Ed
eccolo ancora lì, davanti a lui. Non sopportava proprio questa faccenda
dell’inginocchiarsi davanti a un ragazzino effemminato. No, proprio non la
digeriva. Eppure era costretto a farlo. Perché quel ragazzino con la faccia
da femmina era il principe reggente, e lui soltanto un semplice nobilotto di
un paese confinante che doveva rendergli omaggio.
Karel osservò meglio il ragazzo seduto quattro gradini sopra a lui. Avvolto in
abiti damascati che non facevano che evidenziare la sua bellezza efebica, lo
osservava con aria incuriosita, sgranando i grandi occhi azzurri. Avrà più o
meno sedici anni, pensò. Il volto ovale e liscio come la seta era incorniciato
da folti capelli neri come l’ala di un corvo, che gli ricadevano in morbide
ciocche ondulate fino a sfiorargli appena le spalle. Ma era quella sensazione
di ingenuità e purezza che faceva rodere il fegato a Karel.
Il re ha lasciato un bamboccio a governare al posto suo!
Anzi, no.
Spostò lo sguardo a destra del trono. Una giovane donna lo fissava con
cipiglio austero, quasi a dire “tieni giù le mani dal mio fratellino!” : la
sorella del principe pareva una leonessa in agguato che difende il suo
cucciolo.
Tsk, di sicuro ci penserà quella strega della sorella ad amministrare il
tutto…
Masticando tra i denti, Karel fece la sua riverenza, si avvolse nel mantello
sgualcito e girò i tacchi.
- Quella femmina è una strega! – borbottò all’orecchio del suo accompagnatore,
che rise sotto ai baffi.
Già, tutte le donne sono streghe. Peccato che solo mia sorella sia una vera
“strega”…
Eliosyar scese dal trono, sfinito. Quelle visite mensili lo snervavano. Lui
non si sentiva affatto tagliato per regnare, aveva solo sedici anni, e
un’indole ingenua e candida per un ragazzo della sua età. Se non fosse stato
per sua sorella, avrebbe buttato tutto per aria e trasformato il regno di Ghal
in una repubblica.
- Ti sei rimbambito?! – aveva strillato Ljliana solo a sentirgli dire la cosa
– Nostro padre si rivolterebbe nella tomba se sentisse il suo unico figlio
maschio fare questi discorsi!!
Invidiava Ljliana. Lei era così forte e determinata. Non avrebbe saputo che
pesci pigliare senza i suoi consigli. Aveva lunghi capelli, neri come i suoi,
e occhi di una tonalità ambrata che mandavano bagliori di sfida verso
chiunque incontrasse sul suo cammino.Ljliana avrebbe dovuto fare il reggente,
non lui. Ma lui era un uomo, mentre lei una ragazza, e questo era vietato dal
protocollo reale.
Eppure, stranamente, a volte si sentiva vulnerabile come una femmina. Non era
mai riuscito a far emergere il suo lato maschio, e questo lo rendeva una
facile preda. Vedeva con che occhi lascivi lo osservavano i suoi senatori, e
ne aveva paura. Intuiva cosa pensavano, e provava orrore al solo
immaginarselo. Tutti coloro che si recavano a fargli visita lo guardavano con
lo stesso sguardo.
Tutti tranne lui. Quel giovane dai capelli fulvi e ispidi, che gli aveva
rivolto un’occhiataccia mentre si allontanava. Eliosyar non riusciva a
dimenticare quegli occhi scuri, profondi più dell’Abisso… Karel… è così che
lo avevano chiamato. Un vassallo delle terre vicino al Confine. Un tipo che
andava tenuto sott’occhio, perché, a sentire i suoi ministri, nutriva grandi
ambizioni di potere, e poteva essere un pericolo per il regno. Ripensò a
quegli occhi.Sotto al mantello doveva avere un fisico statuario da guerriero
imbattibile.
Sentì uno strano rimescolio nello stomaco e scrollò con forza la testa. Poi
si alzò e seguì la sorella nella sala dei banchetti.
- Non lo accetto! Non lo accetterò mai!!
Karel urlò mentre camminava a grandi passi nel piccolo stanzino adibito a
studio alchemico. Era furioso con se stesso, ma c’era una parte di quella
rabbia che non riusciva a spiegarsi.
- Nostro padre ha dovuto chinare la testa davanti al precedente sovrano, e noi
dovremo stare agli ordini di quel bamboccio?! Non posso accettare una cosa
simile!!!
Battè i pugni sul tavolaccio di legno, facendo sobbalzare le ampolline
colorate disposte in ordine crescente.
- Fratello mio…
Una voce dolce come il miele e sinuosa come un serpente si levò da un
cantuccio semibuio, vicino al caminetto. Rischiarato dal fuoco, il volto di
sua sorella era più inquietante del solito. Le ombre danzavano tra i capelli
ramati intrecciati con perline e anellini, e creavano strani effetti di luce
negli occhi smeraldini della giovane, occhi simili a quelli del serpente che
punta la preda. Occhi maligni, che avevano scrutato il fondo dell’Abisso ed
erano tornati indietro carichi di potere.
Vassilyssa si alzò in piedi in un frusciare di vesti e si avvicinò al
fratello, appoggiando le belle mani affusolate sulle spalle possenti di lui.
- Cosa ti turba a tal punto, fratello caro? – gli sussurrò all’orecchio.
- Io… io non voglio più essere un servo del signore del Ghal…- ringhiò lui –
Voglio diventare io il signore del Ghal! Voglio che nostro padre sia fiero di
me e il nostro casato emerga dall’oscurità in cui è stato relegato!
Vassilyssa accarezzò i capelli fulvi del fratello.
- Povero fratello mio… Davvero la cosa ti rode a tal punto?
Per una frazione di secondo, nella mente di Karel balenò l’immagine del
giovane principe ai suoi ordini, inginocchiato ai suoi piedi, mentre lui lo
guardava dall’alto in basso con superbia. Subito dopo però un’altra immagine
si sovrappose alla prima: lui che afferrava il ragazzino e gli strappava
quegli abiti sfarzosi di dosso, ne guardava la pelle candida e…
Karel ebbe un fremito, e si sentì stizzito per aver pensato quella cosa.
Contemporaneamente, sua sorella sorrise divertita. Gli aveva letto nella
mente. Lo faceva ogni tanto, per divertirsi. Conosceva benissimo i gusti di
suo fratello e sapeva che quando lui convocava al castello alcuni dei
ragazzini dei dintorni non lo faceva certo per dargli un lavoro come
inserviente. No, lo faceva per scoparseli, pensò ghignando. Certo, il principe
di Ghal era un principe, ma alla fine restava pur sempre un ragazzino
piuttosto avvenente, quindi niente di strano se a Karel venivano certi
pensieri!
- Fratello caro… - sussurrò con voce quasi impercettibile – se per te questo
ragazzino è tanto importante…
Karel
non le lasciò il tempo di finire.
- C..come ti vengono in mente queste idee..? – balbettò avvampando.
Lei fece una giravolta ridendo, andando a sedersi di nuovo davanti al
caminetto.
- Ti conosco meglio di quanto tu creda! – rise piano piano.
- Ho sempre sostenuto che tu fossi una strega…- sibilò lui sentendosi
scoperto.
- Sì, fratello caro. E se per te il regno di Ghal e il suo principe sono merce
che desideri possedere… ebbene, io te li consegnerò su un piatto d’argento!
Karel la guardò con gli occhi di fuori.
- Tu.. saresti capace di tanto? Davvero?!
Vassilyssa gli si avvicinò e gli prese la mano sinistra. Contemporaneamente
estrasse un piccolo coltellino dalle pieghe dell’abito.
- Questo per il patto… - mormorò incidendo lievemente una fiammella stilizzata
sul palmo del fratello – il padrone che servo desidera un pegno, e questo
pegno è il sangue di un guerriero.
Raccolse le gocce di sangue stillate dalla mano di Karel in un piattino, poi
versò il contenuto di un’ampollina rossa in un altro piattino. Karel la
guardava impietrito.
- Cosa stai facendo? – sussurrò.
- Ti assicuro un trono e un giocattolo per soddisfare i tuoi appetiti…
La giovane mescolò il contenuto dei due piattini e lo scagliò tra le fiamme.
- Ascolta la voce del tuo servo, grande Tigre di Fuoco! – urlò alzando le
braccia verso il soffitto – Dona forza a colui che ha siglato il patto di
sangue! Dona forza alle sue armate! Dona la tua magia di fuoco per incenerire
il nemico!
Tracciò alcuni segni nell’aria.
- Che il tuo servo possa perire nel fuoco, se verrà meno al tuo patto.
Sentendo queste parole, Karel rabbrividì, ma poi si ricompose. Non voleva
apparire come un vigliacco davanti alla sorella.
- Dona le tue zanne – il volto di Vassilyssa era circondato dal fuoco che
ardeva alto nel camino, evidenziando i suoi occhi spiritati – Che le tue zanne
affondino nel nostro nemico e ci diano il potere!
Karel avvertì un forte bruciore alla mano su cui Vassylissa aveva tracciato la
fiammella. Aprì il palmo e scoprì che al posto della ferita c’era il disegno
di una fiamma che girava a spirale.
Vassilyssa si voltò verso di lui, trionfante.
- La Tigre di Fuoco ha accettato di stringere un patto con te – sorrise –
Adesso tu possiedi il potere di scatenare una delle Belve dell’Abisso a tuo
piacimento – incrociò le mani sul petto.
Karel continuava a fissarsi la mano, incredulo.
- Non mi ringrazi? – lo derise lei.
Le si avvicinò e le strinse le mani tra le sue. Rise mentre lo faceva.
- Grazie, sorellina…
Vide gli occhi di lei ammiccare maliziosi. E si accorse che uno strana
frenesia gli stava entrando nelle ossa. Alzò la testa e rise ancora più forte.
# # #
Karel
accavallò le lunghe gambe, semisdraiato di sbieco sul trono. Già, proprio sul
trono. Il trono di Ghal. Si sfilò pian piano il guanto sinistro e osservò la
spirale di fuoco incisa sulla pelle. Quasi non riusciva a credere di esserci
riuscito! Il potere di una delle Bestie dell’Abisso nelle sue mani! Adesso
poteva invocare la Tigre di Fuoco ogniqualvolta lo desiderava!
Era stata la forza della Bestia a infondere coraggio ai suoi uomini, a dargli
la facoltà di usare bene le parole per allearsi con i vassalli vicini, a
riunirli in un unico esercito sotto il suo comando, infine, a stracciare
l’esercito di quel marmocchio e a insediarsi come nuovo regnante. Sì, adesso
era lui il nuovo re di Ghal! Quanto gli piaceva quella parola… re!
Avvertì la Tigre di Fuoco agitarsi nell’ombra alle sue spalle, girare in tondo
come fanno i felini, agitando la lunga coda.
Buono, buono, gattone, rise tra i denti, non c’è bisogno di te, al momento.
Finalmente aveva il posto che gli spettava. Il principe e sua sorella invece
erano stati sistemati a dovere. Quella strega di Ljliana… ricordava bene come
aveva strepitato quando avevano fatto irruzione nella sala del trono. Avevano
dovuto portarla via in due, ma adesso aveva il suo bel da fare a spazzare il
pavimento dell’ala ovest del castello. Non avrebbe più potuto proteggere il
suo caro fratellino! Il suo caro fratellino….
Karel si passò una mano tra i capelli ispidi. Il giovane Eliosyar era stato
costretto a diventare un servo, ma non si sentiva appagato dalla fine che gli
aveva assegnato. Vederlo arrancare per le scale con pesanti secchi d’acqua, o
inginocchiarsi per lavare le macchie dal grande salone non gli dava piacere
più di tanto. No, lui voleva qualcos’altro da quel ragazzino divenuto quasi
pelle e ossa per la fatica… Voleva umiliarlo, scoparselo in modo da fargli
desiderare di essere morto, togliere da quegli occhi azzurri lo sguardo
apatico che vi si leggeva e trasformarlo in disperazione e angoscia.
Tirò un calcio a uno dei levrieri che gli sedevano ai piedi, che guaì
penosamente e andò a nascondersi dietro una tenda.
- Cane… - sibilò a denti stretti – Tu sei solo uno dei tanti cani che mi
servono…
- Lui deve essere mio!
Vassilyssa alzò gli occhi dal grande focolare in cui faceva bollire uno strano
liquido e rise.
- Non capisco perché la fai tanto lunga, fratello caro. Non ti sei forse preso
tutti quei ragazzini che vivevano sotto il tuo controllo? Non mi sembra che
adesso tu abbia qualche ostacolo sul tuo cammino. Prenditelo e falla finita!
Mi deconcentri.
Karel si voltò come una belva ferita.
- Tu non capisci niente! Non posso prenderlo così e scoparmelo come tutti gli
altri! Lui… lui è…
- Diverso? – concluse Vassilyssa.
Karel fissò il pavimento.
- Sì, - ammise alla fine – ma non so dirti in cosa.
Vassilyssa scosse la testa.
- Povero fratello mio… hai perso il lume della ragione per un ragazzino!
Karel si sentì punto nell’onore. No, non era possibile. Lui non si era mai
innamorato di nessuno, si divertiva soltanto a farsi chi gli pareva finchè gli
faceva voglia, non si era mai legato a qualcuno…
- Voglio darti una mano.
Vassilyssa estrasse una bustina di carta dalle pieghe della veste ricca di
ricami. Gliela porse con un sogghigno.
- So come sei fatto, non a caso sono tua sorella… sciogli questa polverina
nella sua acqua. Sprofonderà in uno stato di trance tale che non si renderà
assolutamente conto di quel che gli sta succedento… potrai fargli tutto quel
che ti pare, senza che lui se ne ricordi!
La ragazza rise, di un riso maligno da serpente.
- In più, potrai assistere alla manifestazione della sua vera natura.
Divertiti, fratello.
Il giovane osservò la bustina, titubante. Poi la afferrò e se la cacciò in
tasca e uscì a grandi passi dalla sala.
Eliosyar sedeva in disparte nello stanzone dei servitori. Si sentiva solo e
spaventato, e non poteva nemmeno consolarsi tra le braccia di Ljliana, dato
che la ragazza era stata spedita senza tanti complimenti in un’altra ala.
- Non farti mettere i piedi in testa da quel bastardo!! – gli aveva gridato
mentre la portavano via.
Ma lui non riusciva a non avere paura. Karel, il suo nuovo padrone, lo
terrorizzava da morire. Ogni volta che posava lo sguardo su di lui, si sentiva
come un cerbiatto puntato da una tigre. Una tigre. Ecco a cosa paragonava
Karel. Era una grande tigre che sprigionava fuoco dagli occhi e sfoderava le
zanne pronta a colpire. E gli sembrava di essere lui il bersaglio di quella
tigre.
# # #
Karel
si era deciso. Non c’è niente di più umiliante nel venire scopati senza
saperlo!, questo pensava mentre attendeva Eliosyar. Aveva ordinato due calici
di vino, da portarsi direttamente nella sua stanza, e aveva chiesto
espressamente che fosse il ragazzino a portarglieli.
Eliosyar era spaventato e tremava mentre percorreva i corridoi bui che
conducevano alla stanza del nuovo reggente. Sentiva che c’era qualcosa di
strano nell’aria. Bussò timidamente alla porta.
-Avanti! – rispose imperiosa la voce di Karel.
Il ragazzino entrò, chiudendosi la porta alle spalle, facendo attenzione a non
far cadere la bottiglia e i due bicchieri di cristallo.
Karel se ne stava sdraiato sul letto a baldacchino, e da lì sembrava sempre
più una tigre sinuosa che sta per balzare sulla preda. Eliosyar appoggiò il
vassoio sul comodino, ansioso di tornare in quello squallido stanzino che
adesso era camera sua.
Ma le cose andarono diversamente.
- Eliosyar – disse Karel con una voce che non ammette repliche – fammi
compagnia un secondo.
Eliosyar si pietrificò all’istante. Tremava come una foglia.
Karel iniziò a mescere il vino nei calici.
- Non vorrai negarmi il piacere di gustare insieme un bel bicchiere di vino… -
mormorò.
- N..no, signore.. – balbettò lui.
Non vide la polverina che, dalla manica della camicia di Karel, scivolava nel
suo bicchiere.
Bevve automaticamente, sotto lo sguardo sornione del giovane sovrano.
- Adesso, se me lo permettete, signore, io…
Non riuscì a finire la frase. Sentì la testa farsi leggera e il pavimento
oscillare. Barcollò, finendo tra le braccia di Karel.
Ch.. che braccia forti che ha… ebbe appena il tempo di pensare, poi perse il
filo logico dei suoi pensieri.
- Hmf – sorrise Karel – adesso sei mio, carino…
Afferrò il corpo inerme di Eliosyar e lo sdraiò sul letto, restando un minuto
a contemplarlo. Com’era diverso dagli altri ragazzini che si era fatto. La sua
pelle, al tocco, era morbida e vellutata, e i suoi capelli sembravano seta
pura. Avvicinò le labbra a quelle del ragazzino e le sfiorò con la lingua. Gli
piaceva il suo sapore. Infilò la lingua in quella bocca delicata e iniziò a
esplorarla. Dalle labbra di Eliosyar uscì un piccolo gemito, poi, con grande
meraviglia di Karel, il ragazzino rispose al suo bacio, incrociando la lingua
con quella del suo aguzzino. Meravigliato, Karel si staccò da lui.
- Allora ti piace, piccola puttanella che non sei altro… - ghignò divertito.
Lo baciò di nuovo, e di nuovo le loro lingue si fusero, finchè Eliosyar ansimò
senza più respiro. Karel ne approfittò per aprirgli la veste e passargli le
labbra sui capezzoli, divertendosi a mordicchiarli. Il ragazzino gemette di
nuovo, stavolta con voce più acuta, con grande piacere di Karel.
- Aspetta a venire, il bello deve ancora venire!
Lo voltò sulla schiena e gli sfilò la tunica lercia e i pantaloni
semistrappati, lasciandogli solo quel poco di biancheria che gli era rimasta.
Si liberò anche lui della camicia ricamata a oro, si appostò dietro al
ragazzino e gli sollevò piano il posteriore, lisciandogli la schiena.
I morbidi capelli di Eliosyar erano sparpagliati sul copriletto, gli occhi
chiusi, le guance accaldate e la fronte imperlata di sudore. Il suo corpo
rispondeva ai solleciti esterni senza che lui si rendesse conto di quel che
stava per succedere.
Karel massaggiò ancora per un po’ la schiena del ragazzino, poi infilò pian
piano la mano nella biancheria, sfiorandogli le natiche. Eliosyar si mosse
gemendo.
- Ti piace, eh?
Karel trovò il membro del ragazzino e strinse. Eliosyar lanciò un grido acuto,
ansimando.
- Sì, sei una piccola puttana… - Karel continuava a massaggiaglielo – e adesso
ti darò io quello che vuoi veramente…
Gli sfilò anche la biancheria e lo lasciò nudo, ansimante e sudato. Si calò i
pantaloni quel tanto che bastava per tirarselo fuori, poi afferrò il
posteriore del ragazzino e glielo ficcò dentro con tutta la forza che aveva.
Si sentiva eccitato come non mai.
Eliosyar urlò ancora più forte, assecondando la spinta di Karel. Non capiva
più niente, sembrava un altro rispetto al ragazzino timido e impaurito che
sedeva sul trono tre mesi prima.
Karel gli afferrò i capezzoli, stringendoli, e i gemiti di Eliosyar
aumentarono. Poi venne dentro di lui, e il ragazzino svenne, cadendo in
avanti, stremato.
Il giovane ansimò, ricomponendosi. Quello sì che era un giocattolo
interessante, non l’avrebbe mai detto che dietro quella faccina angelica si
nascondesse una macchina sessuale.
Si allacciò i pantaloni, alzandosi dal letto. Voleva farsi un bagno per lavare
via il sudore. Prima però si avvicinò al ragazzino svenuto e lo voltò. Non
poteva credere ai suoi occhi: Eliosyar era venuto insieme a lui.
Sentì di nuovo la Tigre agitarsi dietro alle spalle.
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Vassilyssa si alzò,
allontanandosi dal caminetto. Non gli importava un bel niente di suo fratello.
Quello che voleva era il trono, per se. Per questo aveva fatto stringere a
Karel il patto con la Bestia dell’Abisso. E chissà che, grazie al ragazzino,
non potesse realizzare il suo sogno. Sì, Eliosyar sarebbe stata la sua pedina,
colui che avrebbe portato Karel alla rovina….
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