Sappiamo
tutti a chi appartengono i personaggi di SD, dunque a me non
resta che sottolineare il fatto che io non ci guadagno nulla col
loro utilizzo, ma che all'interno della fic ci sono anche alcuni
(tanti ^^;;;) personaggi originali che sono solo miei (Sizuku
*_*).
Grazie a Ria
che, dopo aver provato ad utilizzare un infame programma per
creare pagine web, ammiro ancora di più per il lavoro immane che
si sobbarca... grazie! ^*^*^
Grazie anche
a Naika e San-chan per aver letto questa cosa mentre la stavo
scrivendo e per non avermi ucciso ^^;;
E grazie a
voi che la leggerete... avete un gran bel coraggio! O_o
Passion and
Obsession parte
II
di Alessia
I ragazzi
giocavano davanti ai suoi occhi e lui avrebbe dato qualsiasi cosa
per unirsi a loro, ma non poteva. Non se voleva continuare a
camminare sulle proprie gambe.
La squadra di
Caitlin e Colin era sotto di una decina di punti, ma non si
arrendevano, continuando ad attaccare, cercando di segnare i
punti del distacco sebbene la difesa avversaria fosse a dir poco
impenetrabile.
Quando il
primo tempo finì e si sedettero sulle gradinate accanto a lui
erano distrutti, ansimanti dalla fatica.
"Resistenza
zero, eh?"
Tre paia
docchi gli lanciarono occhiate inceneritrici, mentre i suoi
cugini gli dettero un pugno in testa.
"Ehi!"
"Perché
non provi a giocare?" Caitlin lo guardava con occhi
speranzosi, mai dimentica delle lettere che Hanamichi le scriveva
parlando della sua squadra e delle partite giocate.
Stava per
ribattere quando uno dei giocatori dellaltra squadra
intervenne "Ma piantala, Cat! Quando mai si è visto un muso
giallo giocare decentemente a basket?"
Tutti e tre
Hanamichi, Caitlin e Colin erano rossi di rabbia,
il loro sangue irlandese stava velocemente rompendo gli argini.
Sakuragi stava per fargli rimangiare tutto a suon di testate, ma
sua cugina fu più veloce di lui.
"Come ti
permetti, brutto deficiente?!? Hanamichi era il capitano della
sua squadra, lui può stracciarti quando vuole!"
Freddy,
questo il nome del ragazzo, scoppiò a ridere e poi iniziò a far
girare il pallone sulla punta dellindice "Che lo
dimostri, allora!" strafottente.
La ragazza si
girò verso il cugino con occhi lucenti "Avanti, Hanamichi,
umilialo! Fagli vedere di cosa è capace il tensai!"
Sakuragi
abbassò gli occhi "Io
io non posso" mormorò. Lo
avrebbe voluto, tutto il suo corpo gridava dalla voglia di
mettere piede in campo, di palleggiare quella sfera, di buttarla
dentro il canestro, ma
non poteva più permetterselo.
"Cosa
dici? Perché non vuoi? Hai davvero paura di quel pallone
gonfiato?!" non capiva suo cugino, pensava che sarebbe stato
entusiasta allidea di poter giocare a basket in America, di
andare allo stadio per seguire lNBA, e invece persino per
convincerlo a guardare la loro stupida partita cera voluto
un mezzo miracolo.
"Non è
questione di non volere
" cercò qualcosa che potesse
convincerla senza doverle dire la verità, ma fu interrotto.
"Allora?!
Che fai muso giallo? Giochi o ti arrendi? Daltronde
voialtri non siete capaci daltro, no?" e scoppiò a
ridere, seguito dal resto della squadra.
A questo
punto Sakuragi non poté più stare zitto "Senti, brutto
deficiente, io ti disintegro come e quando voglio, chiaro?"
Freddy gli
lanciò il pallone "Dimostralo, allora! O hai troppa paura
di fare la figura dell'inetto?"
Hanamichi si
rigirò la sfera tra le mani. Gli era mancata immensamente quella
sensazione di ruvidità, il poterlo stringere
Guardò il
suo avversario negli occhi "Ai trenta?" non era solo
per sé stesso, per il suo orgoglio, ma in un certo senso anche
per la sua kitsune. Non voleva che Kaede subisse gli stessi
pregiudizi che stava ora vivendo lui.
"D'accordo"
il ragazzo entrò in campo, ma prima di seguirlo Hanamichi prese
alcuni antidolorifici, spacciandoli per vitamine, pregando che
agissero in fretta.
La palla
entrò nel canestro col suo morbido fruscio. Si asciugò il
sudore dalla fronte e riprese il pallone per continuare ad
allenarsi coi tiri da tre. Il buio era già calato, ma il suo
campo privato era illuminato quasi a giorno da due fari.
Tutte le sere
si allenava sino a sfinirsi, sino a non avere più la forza
neanche per sollevare il pallone. Doveva migliorare. Doveva farlo
se voleva raggiungere il suo traguardo e realizzare il suo sogno.
Sentì la
macchina dei suoi genitori rientrare e dopo pochi minuti li vide
comparire sulla soglia della porta secondaria della cucina che lo
osservavano sorridendo.
Rukawa tornò
a giocare senza degnarli di ogni ulteriore attenzione. Certo,
loro gli davano tutto ciò che si poteva desiderare, ma suo padre
e sua madre non potevano ignorarlo per trecentocinquanta giorni
l'anno e usare le ultime due settimane per giocare a fare i bravi
genitori.
Il pallone
cascò attraverso il canestro dopo aver fatto diversi giri sul
cerchio di ferro, Freddy lo recuperò velocemente e dopo essere
tornato indietro tentò di andare all'attacco, ma si ritrovò
davanti quel muro umano che era Sakuragi.
Batterlo non
sarebbe poi stato così semplice come aveva pensato. Quel
maledetto anticipava le sue mosse, come se conoscesse il suo modo
di giocare. Ok, lo aveva visto in azione prima, ma non poteva
essere così bravo! Uno che sbagliava nei fondamentali come lui
non poteva essere in grado di analizzare in modo così perfetto
il suo gioco.
Sembrava di
star giocando col tappo. Velocità e precisione. Ma Rukawa gli
aveva insegnato come contrastare quel tipo di gioco e lui stava
mettendo a frutto quegli insegnamenti.
Il punteggio
era di diciotto a venti per l'altro, e per il momento riusciva
ancora ad ignorare il dolore, ma doveva sbrigarsi a vincere se
non voleva stramazzare al suolo.
Con una finta
degna della kitsune gli rubò la palla e segnò uno spettacolare
tiro da tre punti che fece andare in visibilio gli spettatori.
Alcuni di loro erano semplici passanti che dopo qualche occhiata
avevano deciso di fermarsi e godersi la sfida.
Freddy era
oramai fuori di sé dalla rabbia e quando lanciò la palla questa
colpì il cerchio tornando in gioco. Il rimbalzo fu preso da
Hanamichi che dopo una veloce finta a sinistra corse verso il
canestro e saltò per buttarla dentro.
Ma qualcosa
doveva essere andato storto, perché si ritrovò sdraiato a
terra, la schiena attraversata da indicibile fitte di dolore,
Colin accanto a lui che cercava di aiutarlo a rialzarsi, mentre
Caitlin gridava contro quell'animale che gli era saltato addosso
commettendo fallo. Riuscì a rimettersi in piedi, ma dovette
subito mettersi seduto altrimenti sarebbe svenuto lì davanti a
tutti.
"Allora,
signorina?!" Freddy gli si era piazzato davanti con sguardo
di sfida "Vuoi continuare o la leggera botta che ti ho dato
ti ha messo ko?"
Leggera
botta?! durante una partita un simile fallo avrebbe
comportato l'espulsione immediata! A malincuore, recitando tutte
le maledizioni che conosceva in entrambe le lingue, gli
schiaffeggiò la mano "Hai vinto
"
Bene, voleva
proprio la prova che quel gioco lui non se lo sarebbe più potuto
permettere? Eccola lì! Almeno
aveva realizzato in parte il
suo piccolo sogno di giocare su un campo americano.
Poco a poco
tutti quelli presenti se ne andarono, anche gli amici di Colin e Caitlin, mentre quell'idiota di Freddy decantava ai suoi come un
americano non si sarebbe mai fatto mettere i piedi in testa da
uno straniero, specialmente quando si trattava di basket.
Sakuragi
sorrise caustico. Certo che la gente in quel paese era strana, si
consideravano tutti americani quando erano in realtà solo figli
di immigrati e gli unici veri americani erano gli indiani.
Mah
"Perché
cavolo ti sei arreso? Stavi vincendo! Avresti potuto batterlo
anche con una mano dietro la schiena. Ora quel cretino penserà
che
"
"Caitlin!"
Hanamichi quasi urlò il nome della ragazza, ma riuscì a farla
stare zitta "Non penso che sarei riuscito davvero a
vincerlo. Vedete, io
" prese un profondo respiro e si
preparò a raccontare loro tutta la verità.
Lacqua
che lo avvolgeva lo faceva sentire in paradiso. Era sdraiato
nella vasca da bagno da almeno mezzora e non accennava
minimamente ad uscire di lì. Il liquido trasparente faceva
scivolare via dal suo corpo tutta la fatica e la stanchezza.
Le vacanze
estive erano finite, il giorno successivo sarebbe ricominciata la
scuola, e fra qualche settimana il campionato scolastico.
Chissà
quando sarebbe tornato? Aveva detto che sarebbe stato via solo
qualche mese
ma cosa diavolo andava a pensare?! A lui non
doveva interessare cosa facesse o meno quellidiota, non
faceva più parte della sua vita, di conseguenza tutto ciò che
lo riguardava non era più affar suo.
Però
a
dispetto di tutti i suoi buoni propositi a volte non poteva
impedirsi di pensare a lui. Probabilmente era tutta colpa della
natura umana!
La sua parte
irrazionale voleva, a tutti i costi, sapere dove fosse, cosa
facesse, con chi, perché lavesse lasciato
nonostante
il suo lato razionale potesse tranquillamente continuare a vivere
senza tutte quelle risposte, che comunque non avrebbero cambiato
lo stato delle cose.
Si sdraiò
sul letto, accanto a sé un pallone che faceva rotolare sulle
lenzuola.
Chissà chi
sarebbe capitato nel loro girone?
Sperava non
squadre come il Kainan o il Ryonan. Non aveva certo paura di
loro, ma prima di affrontare alcune delle squadre più forti
avrebbe fatto bene loro un po di allenamento con
delle squadre minori.
Si girò su
un fianco e il suo sguardo andò ad incontrare i libri di scuola.
Aveva fatto tutti i compiti che erano stati assegnati, tranne
quelli dinglese.
Non riusciva
più ad avvicinarsi a quel libro. Ogni volta che lo faceva si
ricordava di lui, di quando facevano i compiti insieme. Sapeva
che non aveva mai avuto la sufficienza, però quando
leggeva
il tono, laccento, la cadenza, gli sapeva
tutto di già sentito, di familiare. Ed ora sapeva il
perché.
Afferrò il
pallone e lo lanciò contro la parete opposta.
"Hanamichi Sakuragi, perché diavolo non vuoi uscire dalla mia
testa?!?!" urlò.
Lannunciatrice
chiamò per lultima volta il volo per Tokyo, con scalo ad
Honolulu, che sarebbe partito fra meno di quaranta minuti.
Suo zio e i
suoi cugini erano lì con lui e sua madre, per lultimo
saluto.
"Sei
proprio sicuro, Hanamichi?"
Il ragazzo
annuì sorridendo "Sicurissimo mamma"
La donna si
asciugò una lacrima e lo abbracciò forte "Quando vuoi
tornare basta che mi chiami e ti prenoto subito il biglietto,
daccordo?" si allontanò circondandogli il viso con le
mani "Mi mancherai così tanto
"
"Anche
tu
ora vai
"
Dopo aver
salutato suo fratello e i suoi nipoti la donna finalmente varcò
il controllo passaporti per poter tornare in Giappone, mentre suo
figlio sarebbe rimasto in America a studiare, fino a quando non
avrebbe deciso di essere pronto per tornare a casa.
Colin e
Caitlin gli batterono una mano sulla spalla per incoraggiarlo.
Non sapevano perché avesse deciso di rimanere, ma ne erano
contenti. Amavano quel cugino che non riuscivano a vedere tanto
quanto avrebbero desiderato e se avesse frequentato la loro
stessa scuola
beh, gli altri avrebbero dovuto iniziare a
tremare!
Uscirono
dallaeroporto e salirono in macchina per tornare a casa.
Non appena
fossero arrivati i documenti dal Giappone Colin lo avrebbe
portato a scuola per liscrizione, per fargli fare un giro
dellistituto, per ambientarsi e iniziare a capire come
funzionasse la scuola in America.
Entrò nella
sua stanza, quella stanza in cui aveva pensato di vivere solo per
qualche mese, ora invece ci sarebbe rimasto per un tempo
indefinito. Fino a quando non avrebbe trovato il modo per poter
tornare a casa e ricominciare a vivere senza le due cose che
amava di più.
Sentì
qualcuno bussare e invitò chiunque fosse ad entrare. Caitlin
irruppe nella stanza con la sua solita irruenza, buttandosi in
ginocchio sul letto, osservando lui che stava in piedi davanti la
finestra.
"Allora?!
Come ti senti?!"
Hanamichi si
strinse nelle spalle "Non so
secondo te come dovrei
sentirmi?"
Caitlin
chiuse gli occhi estatica, iniziando a gesticolare "Al
settimo cielo! Sei in America! Da solo! Puoi fare praticamente
tutto ciò che vuoi senza che nessuno te lo impedisca!
Oohh
" si lasciò cadere a peso morto indietro sui
cuscini "
pagherei per avere la tua fortuna
"
Sakuragi
alzò un sopracciglio "Tutto ciò che voglio, Caitlin? Con
tuo padre? Luomo che mi starà alle costole per controllare
tutto ciò che farò?"
La ragazza
saltò in piedi e chiuse a chiave la porta "Ok, forse mio
padre è molto simile ad un cane da guardia
ma cè
sempre il modo per ingannare i cani
"
Il ragazzo
sorrise "Coshai in mente?"
Varcò il
cancello dellistituto poco dopo linizio delle
lezioni. Il preside le aveva fissato un appuntamento per le nove
e lei era in perfetto orario.
Avevano
mandato a suo figlio i documenti necessari per iscriversi al Marshall
High, ma avrebbe dovuto comunque firmare alcune carte per
così rendere effettivo il ritiro di Hanamichi.
Finì tutto
molto presto e si era dovuta persino sorbire un discorsetto del
preside su come gli sarebbe mancato Sakuragi. Solo per decenza
non gli era scoppiata a ridere in faccia. Se ripensava allo
sguardo pieno di sollievo che aveva visto negli occhi
delluomo quando erano partiti
Uscì
dallufficio ringraziando una volta di più di non aver
frequentato la scuola in un paese come questo. Sarebbe diventata
unisterica paranoica nel giro di cinque minuti.
Suonò la
campanella della fine della seconda ora e a malincuore si
ritrovò in mezzo a tutti quegli studenti che la guardavano come
fosse unaliena appena sbarcata da Marte.
"Signora Sakuragi!" si voltò sentendo chiamare il proprio nome e a
pochi metri da sé vide il miglior amico di suo figlio.
"Ciao Yohei!" se fosse stata nel suo paese gli avrebbe stretto la
mano o lavrebbe baciato, qui se ci avesse provato il
ragazzo sarebbe probabilmente svenuto a terra.
"Buongiorno,
signora. Sono felice di vedere che siete tornati" guardò
alle spalle della donna come se da un momento allaltro
dovesse spuntare il suo amico "Dovè Hanamichi?"
"Beh
lui
" un sospiro profondo e poi lo guardò negli occhi
"Hanamichi ha deciso di frequentare la scuola in America,
almeno per questanno" sorrise dispiaciuta "Mi
spiace, la sua è stata una decisione improvvisa"
Yohei annuì
"Capisco, certo
"
"Senti
"
gli prese una mano stringendogliela affettuosamente "
a
casa ho tutti i regali per te e gli altri che Hanamichi vi ha
mandato. Quando volete venite, anche senza avvisare, sarò felice
di stare un po con voi, va bene?"
Il ragazzo
arrossì "La
la ringrazio signora"
La donna gli
lasciò la mano e sorrise felice "Bene, ora devo proprio
andare, il lavoro mi chiama! Ciao Yohei" e si allontanò in
fretta.
"Eheh
ehi, Mito!" Noma gli dette una pacca sulla spalla
"Quando volevi dircelo che ti piacciono le vecchiette,
eh?"
"Già
"
Takamiya gli si piazzò di fronte "
a noi potevi
dirlo!"
Yohei li
guardò torvo "Idioti
quella è la madre di Hanamichi!" e voltandosi rientrò nella sua classe.
Socchiuse la
porta della stanza e sbirciò nel corridoio per controllare che
non ci fosse nessuno. Si sentiva una specie di ladro. Quattro
quatto andò nella stanza di Colin, dove trovò già Caitlin, che
lo aspettava.
"Pronto?"
Annuì e vide
sua cugina, in minigonna e tacchi alti, uscire dalla finestra e
scendere giù per lalbero come se non avesse fatto altro in
vita sua. Colin lo spinse ad essere il prossimo e dopo quasi
cinque minuti, con consigli bisbigliati sia dalluno che
dallaltra su dove mettere i piedi riuscì a toccare terra.
Il ragazzo lo seguì, chiudendo la finestra, e li raggiunse. Si
allontanarono in fretta, fino a raggiungere una macchina che li
aspettava a qualche metro di distanza.
Quei due
sembravano assolutamente tranquilli, quasi non ci fosse alcun
problema. Non che lui avesse paura, ben inteso, però ricordava
quelle due volte in cui aveva visto Sean, suo zio, infuriato e
non ci teneva a ripetere lesperienza.
Entrarono
nella discoteca e dopo trenta secondi già non vide più i suoi
cugini, trascinati sulla pista dai loro amici, così si risolse a
sedersi ad un tavolino del soppalco e ad ordinare unacqua
brillante.
Batteva il
tempo col piede, ma non si sarebbe mai messo a ballare, un
elefante era più aggraziato di lui.
"Ehi,
ciao!"
Girò la
testa verso quella voce e alzando lo sguardo si ritrovò
specchiato in due limpidi occhi azzurri. Il suo cuore perse un
battito.
"Posso
sedermi?" indicando col dito il posto accanto ad Hanamichi.
Annuì,
cercando di sorridere. Non poteva fare la figura del maleducato
sin dal primo istante "Prego"
La ragazza
gli porse la mano "Io sono Luyi. Sei nuovo?"
Annuì di
nuovo "Hanamichi. Inizio questanno a frequentare il Marshall
High. Prima vivevo in Giappone"
Luyi sorrise
"Dove in Giappone? Io ho vissuto per quasi cinque anni a Kyoto, per via del lavoro di mio padre. Lui è un diplomatico
cinese"
"Kanagawa,
lungo la costa a sud di Tokyo" bevve un sorso dacqua
"Se tuo padre è un diplomatico chissà quanti bei posti
avrai visto"
Si strinse
nelle spalle "Abbastanza. Sai, non è male come vita, ma
devi imparare a non affezionarti troppo alle persone che
incontri" abbassò gli occhi, ma subito dopo ritrovò il
sorriso e saltò in piedi tendendogli la mano "Ti va di
ballare?"
"Certo!"
e si buttarono in pista, scatenandosi insieme agli altri.
Se ne stava
poggiato contro il muro ad osservare la casa di fronte ai suoi
occhi, ascoltando la voce di Ville che cantava.
No one
will love you
No one
will love you the way I do
No one
will love you
Love you
like I do
Era tornato.
In palestra
aveva sentito Mito dire di aver incontrato la madre di Sakuragi
nei corridoi della scuola e a quellinformazione per poco
non aveva mancato un passaggio di Yasuda.
E così era
venuto a casa sua, anche se si chiedeva per fare cosa.
Se Hanamichi
non voleva più vederlo che diritto aveva lui di continuare a
obbligarlo alla sua presenza?
Calciò un
sasso e si voltò ritrovandosi davanti la madre di Hanamichi con
in mano le buste della spesa.
"Sai,
stavo iniziando a chiedermi se per caso non ti fossi
addormentato. Eri così immobile" gli sorrise e si protese
verso di lui mettendogli in mano le buste fra le braccia "Ti
spiace? Io non ce la facevo più, sono così pesanti" aprì
il cancelletto e gli fece cenno di seguirla. Dopo aver aperto la
porta lo fece andare in cucina per poi subito seguirlo.
"Allora,
come stai? E un sacco che non ci vediamo. Beh, non che
lunica volta che ci siamo visti sia stata particolarmente
felice
" lultima frase appena sussurrata, ma si
voltò sorridente "Comunque io sono Cara. Dubito mi
chiamerai mai col mio nome, ma almeno lo conosci, no?" si
portò una ciocca di capelli dietro lorecchio "Vuoi
qualcosa? Non so, hai fame, sete?"
Rukawa scosse
la testa per poi pronunciare le prime parole da almeno
mezzora "Dovè Hanamichi?"
"Lui
lui è rimasto a Chicago"
Buio. Vuoto.
Silenzio.
Solo questo
intorno a sé.
"Ma mi
ha dato una cosa per te, vieni" e vedendo che non lo seguiva
lo prese per mano portandolo in salotto. La stanza era luminosa,
e su un tavolo di cristallo se ne stavano diversi pacchi e
pacchettini. Cara ne prese uno avvolto in una lucida carta blu e
fermato da un nastro rosso fuoco "E per te. Hanamichi
ci teneva molto che tu lo avessi"
Rukawa, lo
prese e fece un paio di passi indietro "La ringrazio"
ed uscì di corsa da quella casa, stringendo il regalo in una
mano, fermandosi solo quando non ebbe più fiato per respirare.
Si sedette
allombra di uno dei tigli del parco, e posò il pacco
davanti a sé, squadrandolo quasi dovesse rivelargli i segreti
della vita. Alla fine, sbuffando, lo afferrò e strappò la
carta, aprendo con foga la scatola per poi rimanere immobile.
RUKAWA
Il suo nome.
Scritto a caratteri neri su sfondo rosso. E sotto il numero 10.
Tirò fuori
la maglia e la girò facendosela sfuggire dalle mani.
Un disegno.
La testa di un bue.
Una scritta. Chicago
Bulls.
Perché?
Tirò fuori i
pantaloncini, rovesciò la scatola, guardò nel coperchio, fra la
carta. Nulla. Non cera una sola, schifosissima riga
scritta.
Sola la
divisa della sua squadra preferita col suo nome.
Perché lo
aveva fatto?
Lo aveva
lasciato, perché gli aveva fatto un regalo del genere?
Non capiva e
si chiese se mai sarebbe riuscito a farlo.
Diciotto a
destra. Quattro a sinistra. Nove a destra.
Ed era ancora
bloccato!
Riprovò di
nuovo, la sua pazienza era decisamente agli sgoccioli.
Nulla di
nuovo!
"Serve
una mano?"
Guardò
lamica sorridergli. Scosse la testa, alzò le mani in segno
di resa e fece un passo indietro "Prego. Quel dannato
lucchetto deve avercela con me"
Luyi gli mise
in mano i propri libri e sorrise "Lascia fare a me"
dopo pochi secondi lo sportello era aperto.
Hanamichi la
guardò sconcertato "Ma come cavolo hai fatto?!"
La ragazza
gli fece locchiolino e si mise un dito sulle labbra
"Sore wa, himitsu desu" imitando uno dei suo personaggi
preferiti.
Lui alzò un
sopracciglio "Il tuo giapponese fa pena, sai?"
Luyi si
riprese i propri libri, offesa "Sempre meglio del tuo
cinese!"
Si guardarono
e scoppiarono a ridere.
"Fammi
vedere" la ragazza gli strappò dalle mani lorario
delle lezioni, confrontandolo col proprio "Uhm
saremo
nella stessa classe durante Letteratura, Biologia e Storia"
annuì e gli ridiede il foglio "Forza, abbiamo lezione di
Storia e non voglio fare tardi il primo giorno!"
Hanamichi
chiuse larmadietto, raggiungendola e preparandosi alla sua
prima lezione in America.
Stavano
funzionando.
Lintesa
non era perfetta ma quando mai lo era stata nello Shohoku?
e il nuovo centro, Gin Hayasi, non faceva minimamente
rimpiangere il predecessore, Akagi.
La squadra
avversaria era un club formatosi da poco e sebbene fossero pieni
di entusiasmo, buona volontà e persino talento mancavano di
quellesperienza che altrimenti li avrebbe resi estremamente
pericolosi.
Il fischio
finale dellarbitro colse i loro avversari increduli, non
credevano di poter perdere in questo modo.
I giocatori
dello Shohoku decisero che la loro prima vittoria al campionato
andava festeggiata, e persino Rukawa si unì a loro. Passarono la
serata in un locale di karaoke, dove tutti cantarono. Ryota una
canzone damore per la sua Ayako che subito dopo la prima
strofa lo colpì col suo ventaglio per il divertimento degli
altri; Mitsui si buttò sul rock puro, con somma disperazione
delle orecchie dei suoi compagni; e alla fine riuscirono a
convincere persino Rukawa che, con una vecchia canzone
damore di Elton John, fece sfoggio di una voce dolce e
melodiosa.
Alla fine si
separarono, in coppia o da soli, per tornare a casa o continuare
la serata in qualche altro locale.
Camminava sul
lungo mare, lo sciabordio del mare nelle orecchie e la penombra
intorno a sé. Si fermò sotto un lampione spento, sedendosi sul
muretto, chiudendo gli occhi e ascoltando i suoni
delloceano.
Le onde, la
sirena del porto e quelle delle navi.
Sarebbe
dovuto tornarsene a casa, ma si stava così bene qui. La mentre
sgombra, nessun pensiero che lo assillasse. Sospirò,
abbandonando la testa sul petto, socchiudendo gli occhi e
osservando la punta delle proprie scarpe, appena distinguibili
nelloscurità.
"E
da molto che sei qui?" lo sussurrò, ma il ragazzo a
cavalcioni sul muro lo udì ugualmente.
"Solo
qualche minuto" si mise in piedi, stiracchiandosi e
sorridendogli "Ho visto la partita, complimenti"
"Mh
"
con un ultimo sguardo al mare nero riprese la propria strada con
laltro ragazzo al suo fianco.
"Lo sai,
non è vero?"
Non rispose.
Non si risponde ad una domanda retorica.
"Sono
stato a casa sua oggi, mi aveva telefonato Cara per darmi il mio
regalo" si mise le mani nelle tasche posteriori dei jeans
"Hanamichi ha sempre avuto buon gusto. Mi ha regalato un
maglione di lana in stile pescatore nei toni del blu e del grigio
chiaro. Bello
"
Continuarono
a camminare in silenzio sino a quando non giunsero davanti la
casa di Rukawa.
Stava per
augurargli la buona notte, quando Sendoh lo prese per un polso e
lo attirò a sé per baciarlo. Un bacio dolce, morbido, quasi
casto, un lieve sfiorarsi di labbra, ma Kaede non gli rispondeva,
rimaneva immobile fra le sue braccia.
Gli posò le
mani ai lati del collo, poggiando la propria fronte su quella
dellaltro, specchiandosi in quegli occhi blu così simili
ai suoi, ma infinitamente più belli.
"Ci
hanno insegnato che non si deve mentire alla persona che
amiamo" sussurrò sulle sue labbra "Ma a volte è
proprio in nome di quellamore che lo facciamo" gli
diede un ultimo piccolo bacio prima di allontanarsi e scomparire
nelloscurità, lasciando Rukawa sulla soglia della porta a
chiedersi cosa stesse succedendo alla sua vita, ma soprattutto
cosa sapesse Sendoh.
Sei mesi
dopo
Hanamichi
entrò in casa allalba posando il borsone sul tavolo.
Sbadigliò, stanco come non lo era più da molto tempo.
"Buongiorno,
tesoro"
Il ragazzo si
voltò sorridendo alla donna "Buongiorno, zia"
sottovoce, per non svegliare gli altri che ancora dormivano
"Non sei stata in piedi tutta la notte ad aspettarmi,
vero?"
Gli diede una
tazza di caffè, facendolo sedere su uno degli sgabelli
dellisola della cucina "Non ho fatto nulla che non
avrebbe fatto anche tua madre. A proposito
" lo guardò
negli occhi, preparando limpasto per le frittelle
"
non credi sia ora che la chiami? Da quanto non lo
fai? Saranno almeno tre settimane" tono di rimprovero.
Hanamichi
guardò lorologio, calcolando lora di Kanagawa
quattordici ore in avanti rispetto a Chicago decise che
poteva chiamarla. A quellora le otto di sera
lavrebbe trovata probabilmente a leggere un libro sul
divano, in salotto.
Non la vedeva
da Natale, due mesi prima, quando era venuta per trascorrere lì
con loro le feste. Le mancava un sacco, Hanamichi adorava sua
madre, e se tutto andava come sperava entro la fine
dellanno scolastico forse sarebbe potuto tornare in
Giappone. Aveva trovato il modo di poter vivere senza il basket,
ora doveva trovare quello per stare vicino a Rukawa senza
soffrire, anche se ogni giorno che passava vedeva il suo
obiettivo sempre più irraggiungibile.
Attaccò la
cornetta quando sua zia aveva quasi finito di preparare la
colazione e dal piano di sopra siniziavano a sentire le
voci di Colin e Caitlin sul possesso del bagno per la doccia.
Erano seduti
in un locale quasi deserto, due tazze di caffè fumante davanti a
loro. Allesterno la pioggia e il vento continuavano ad
infuriare. Loro si erano nascosti lì dentro alle prime
avvisaglie, ma stranamente quasi nessun altro era entrato, ma era
meglio così, non gli piaceva la confusione.
Da quella
sera non aveva più rifiutato gli inviti di Sendoh ad uscire una
volta ogni tanto, voleva cercare di sapere da lui ciò che
Hanamichi non gli aveva voluto dire ma che, a quanto sembrava,
non si era fatto scrupoli a confessare a Sendoh. Ma tutto ciò
che era riuscito ad ottenere era la conferma del fatto che lui
sapeva ma che non gli avrebbe mai detto nulla. Avrebbe saputo
quando Hanamichi sarebbe stato abbastanza pronto da rivelargli
tutto.
Però era
riuscito a farsi dire il tipo di rapporto che li legava, perché
lui chiamasse la madre di Sakuragi per nome.
Durante le
scuole medie avevano lavorato entrambi per qualche mese nello
stesso negozio, diventando amici. Poi Sendoh ci aveva anche
provato con Hanamichi, ma questi aveva declinato lofferta
adducendo come scusa che non stava bene amoreggiare col nemico.
Gli era quasi
venuto da sorridere a quella frase.
"Siete
stati bravi oggi. Una partita davvero eccezionale, però non so
perché tu mi sembravi sotto tono" Rukawa alzò gli occhi
dal bordo della tazza guardandolo interrogativo, ma laltro
liquidò la faccenda con un gesto della mano "Comunque
Mitsui dovrebbe smetterla di stuzzicare Hayasi di continuo.
Quando lo fa il vostro centro perde la concentrazione, si fa
fregare e inizia a sbraitare" assaggiò il caffè e aggiunse
dellaltro zucchero "Quando fa quelle scenate mi
ricorda
" si fermò, guardandolo contrito, ma Rukawa
gli fece un mezzo sorriso posando la tazza sul piattino.
"Guarda
che puoi dire quel nome, non è stato dichiarato illegale,
sai?" guardò un attimo fuori prima di riprendere a parlare
"Hai ragione, anche a me ricorda Sakuragi in alcuni momenti,
ma la somiglianza si ferma lì. Per il resto Hayasi è molto più
bravo. Abbiamo fatto un buon acquisto con lui in squadra"
Sendoh
annuì, ascoltando Rukawa parlare con voce spenta, vuota. Come
sempre "Ti manca, vero?"
Kaede
abbassò lo sguardo, cercando di sorridere "In fondo mi ci
sarei dovuto abituare, giusto? Voglio dire, oramai è più il
tempo che siamo separati che non quello in cui siamo stati
insieme, ma una parte di me continua ad amarlo" sospirò
"Sai, Sendoh, credo sia il fatto di non aver avuto voce
nella nostra rottura che mi impedisce di accettare la cosa e
andare avanti. Mi sono limitato ad usare lorgoglio come
difesa, senza cercare di capire realmente, di parlare con
lui" si strinse nelle spalle "Beh, oramai è
andata
" bevve un paio di sorsi prima di tornare a
parlare "Domani tocca a voi. Batterete lo Shoyo?"
Sendoh si
esibì nel suo sorriso più luminoso "Assolutamente. Così
poi noi" gli sfiorò il dorso di una mano con un dito
"Ci ritroveremo in finale. Preparatevi ad essere
sconfitti"
Rukawa alzò
un sopracciglio "Nh
"
"Io
vado, ok?"
Hanamichi e
Luyi sorrisero alla ragazza Kelly che si avvicinò
alla pista per ballare e ben presto fu lei al centro
dellattenzione, che col suo corpo sinuoso e il talento di
ballerina attirava su di sé gli sguardi di tutti.
"Ti
piace?" Hanamichi annuì, il fatto che fosse gay non
significava che non sapesse riconoscere la bellezza "E
la mia ragazza" buttato lì con noncuranza, mentre beveva un
po del suo drink.
Per poco
Sakuragi non si strozzò. Guardò Luyi, poi Kelly e di nuovo la
sua amica "Cosa?" non aveva capito bene. Ovviamente.
La ragazza
sorrise "Kelly sta con me, è la mia ragazza, fidanzata,
compagna di vita, amante, ispiratrice di giochi perversi
ti
è più chiaro adesso?"
Hanamichi
aveva gli occhi sgranati "Cioè
tu
e lei
siete
" arrossì vistosamente.
"Lesbiche?
Cinque su cinque"1 continuando a seguire il ritmo
col corpo e ad osservare Kelly sulla pista.
Luyi era
lesbica? Beh
questa sì che era una notizia! E significava
anche che
beh, sì, che poteva dirle di sé.
"Luyi?"
"Uh?"
"Io
io sono gay
" confessò per la prima volta a qualcuno
dopo sua madre.
"Lo
so
" la ragazza gli sorrise "Mi chiedevo quanto
ancora ti ci sarebbe voluto per dirmelo"
"E tu
come diavolo fai a saperlo?!" era stato attentissimo,
avrebbe potuto mettere la mano sul fuoco che nessuno sapeva
nulla, e adesso
"Scherzi,
vero?" stavolta fu la ragazza a rimanere sorpresa
"Ignori ogni ragazza che ti si presenta davanti, non vuoi
uscire con le amiche di Caitlin che farebbero qualunque
cosa per te, ogni volta che lo vedi ti mangi con gli occhi Karl,
e mi chiedi come faccio a saperlo?" gli batté una mano
sulla spalla "Però, tranquillo, me ne sono accorta solo io.
Per gli altri sei solo uno dai gusti molto, molto difficili"
Gli lasciò
il tempo di assimilare quelle notizie, finendo il suo drink,
guardando Kelly e pregustandosi la notte che avrebbe trascorso
con lei visto che i suoi genitori erano a New York per un
convegno.
"Andiamo?"
Hanamichi
aveva ripreso colore e adesso sembrava molto più sereno. Annuì,
e insieme raggiunsero laltra, divertendosi a dare vita ad
una scena di ballo da cardio palma.
Erano in
finale.
Come era
ovvio. E ancora più ovvia sarebbe stata la loro vittoria a
questo campionato prefetturale.
Mancava poco
ormai. Fra dieci minuti sarebbero scesi in campo e avrebbero
affrontato il Ryonan. La tensione nel loro spogliatoio si sarebbe
potuta tagliare con un coltello nonostante le continue avances di
Hayasi verso Ayako che provocavano attacchi di isterica gelosia
nel loro povero capitano.
Uscì dagli
spogliatoi per cercare un po daria fresca, lì dentro
non si respirava. Raggiunse luscita di sicurezza e una
lieve brezza lo investì. Bloccò la porta perché non si
chiudesse e si girò per sedersi sulle scale, me le trovò già
occupate.
Sendoh se ne
stava lì cogli occhi chiusi, respirando profondamente, a quanto
sembrava non laveva sentito.
Si sedette
anche lui, poggiando il mento contro il petto, cercando di
rilassarsi per trovare la concentrazione necessaria.
Dovevano
arrivare primi. Lo dovevano ad Akagi e Kogure che tanto avevano
creduto in quella squadra, a Mitsui e Ryota perché era la loro
ultima possibilità prima di andare alluniversità, ad
Anzai che li aveva sempre sopportati col sorriso sulle labbra.
Ma,
soprattutto, Rukawa Kaede lo doveva a sé stesso. Vincere il
campionato prefetturale, quello nazionale, venir nominato MVP;
questi erano tutti gradini da salire per poter raggiungere il suo
obiettivo, realizzare il suo sogno. Anche se, per la prima volta
nella sua vita, il pensiero di andare a giocare in America non
gli fece accelerare il battito del cuore come sempre succedeva.
La campana
che segnava limminente inizio della partita suonò e,
alzandosi in piedi, si ritrovò davanti laltro giocatore
che gli sorrideva porgendogli la mano.
"Vogliamo
andare?"
Annuì e, procedendolo, tornarono dentro dalle rispettive squadre.
Due mesi
più tardi
"Tieni,
questa tienila tu" le diede una foto che ritraeva lei e
Kelly al tramonto, quando tutti e tre insieme avevano deciso di
trascorrere il fine settimana in un cottage in riva al lago
Michigan di proprietà dei genitori di Kelly.
"Hanamichi,
non posso accettarla
" ma il ragazzo le si avvicinò
stringendole le mani che tenevano la cornice.
"Voglio
che labbia tu, tanto io ho il negativo. E non farmi
ripetere lofferta quattro volte, daccordo?"2
Luyi annuì,
gli occhi lucidi.
"Sei
proprio deciso ad andartene? Davvero vuoi lasciare Chicago? E me?
E la tua famiglia? E per la scuola come farai? Non puoi almeno
aspettare la fine dellanno scolastico?"
Il ragazzo si
sedette sul letto accanto a lei "Mi mancherete tutti da
impazzire. Ma la mia vita, mia madre
" il mio cuore
"
sono in Giappone" si rialzò ritornando a
mettere i libri dentro gli scatoloni "La scuola non è un
problema. Coi miei voti sarebbe assurdo se non mi promuovessero,
e dato che in Giappone lanno scolastico inizia ad aprile
sarò iscritto automaticamente al terzo anno"
Luyi si alzò
in piedi, posando la foto sul copriletto, avvicinandosi e
abbracciandolo da dietro "Prometti che non mi dimenticherai,
tu sei il mio migliore amico"
Hanamichi si
rigirò fra le sue braccia, stringendola a propria volta
"Non potrei mai. Sei la persona più speciale che abbia mai
incontrato" le sfiorò lievemente le labbra con le proprie
prima di stringerla più forte.
Caitlin e
Colin li trovarono così, spezzando quella sorta di magico
incantesimo, iniziando a prenderli in giro per il loro
atteggiamento da teneri piccioncini, ma anche loro dispiaciuti
perché loro cugino se ne sarebbe andato.
Così, tutti
e quattro insieme iniziarono ad inscatolare la vita americana di Hanamichi.
Avevano
vinto. Avevano raggiunto i loro obiettivi.
E allora
perché lui sentiva così apatico? Lunica cosa che era mai
riuscita a dargli gioia ora non lo emozionava più.
Era stato
nominato miglior giocatore e lui aveva ricevuto quel premio come
non ci fosse cosa al mondo che lo interessasse meno. Neanche la
finale prefetturale contro Sendoh, laver battuto colui che
aveva sempre considerato il suo nemico naturale su un campo da
basket, laveva fatto sentire vivo.
Ora se ne
stava qui, in questo campo, insaccando un canestro dopo
laltro con la stessa passione di un automa.
Cosa gli
stava succedendo?
Laereo
atterrò con quasi unora di ritardo, avevano avuto il vento
contrario e questo aveva rallentato la loro velocità.
Dopo aver
passato il controllo passaporti si diresse ai nastri per
riprendersi le valige, e una volta tanto la fortuna doveva
avergli strizzato locchio, perché i suoi bagagli furono
tra i primi ad uscire.
Caricò le
due valige sul carrello il resto della sua roba
lavrebbe consegnata il giorno dopo una ditta di spedizioni
- e si diresse verso luscita dove vide subito sua madre che
non appena scortolo si precipitò da lui sotto molti sguardi
scandalizzati per una simile esuberanza mostrata in pubblico.
Uscirono
dallaeroporto per ritrovarsi sotto una strana pioggia
illuminata dal Sole. Caricarono i bagagli sulla jeep e sua madre
gli fece dondolare le chiavi dellauto davanti gli occhi.
"Ti va
di guidare?"
Hanamichi
sorrise e le prese al volo sedendosi al posto di guida a
destra. Quando era a Chicago, visto che aveva letà giusta,
ne aveva approfittato per prendere la patente e adesso che era
tornato in Giappone si sarebbe dovuto sorbire un sacco di
burocrazia per rendere valida anche qui la sua licenza di guida.
Tra pochi
giorni sarebbe iniziata la Golden Week e allora si sarebbe
fatto vivo coi suoi amici. Sino a quel momento avrebbe provveduto
a mettere di nuovo in piedi la sua vita. Tanto per cominciare
avrebbe dovuto sistemare la stanza accanto alla sua per renderla
consona alle sue esigenze, poi mettere a posto tutti i bagagli
e solo quel pensiero gli strappò un gemito sofferente, ma
prima di tutto avrebbe dormito per almeno due giorni consecutivi
per riprendersi dal fuso orario.
Parcheggiò
la jeep in garage e prese le due valige mentre sua madre lo
precedeva per aprire la porta. Stava per salire le scale,
pregustandosi già la dormita che si sarebbe fatto quando Cara lo
fermò.
"Tesoro,
non dimentichi qualcosa?"
Hanamichi
pensò e ripensò, si guardò intorno e alla fine scosse la
testa. A lui non sembrava dessersi scordato nulla.
La donna
indicò i suoi piedi e sorrise "Le scarpe, ti sei
dimenticato di togliertele"
Arrossì e
tornò indietro per togliersi le Nike e mettersi un paio di
pantofole.
Sdraiandosi
sul letto e sprofondando nel sonno pensò che forse non sarebbe
stato proprio semplicissimo tornare alla stessa vita di prima.
Erano,
miracolosamente, riusciti tutti ad essere promossi. Questo grazie
anche allaiuto di Hayasi che, nonostante lapparenza
di burlone, era un vero e proprio genio.
Così, da
questanno, Mitsui e Ryota non sarebbero più stati con
loro, e questo valeva anche per Ayako.
Si sarebbero
dovuti rimboccare le maniche, trovare un tiratore da tre punti e
un playmaker che potessero sostituirli. Forse, per un po,
il ruolo di Miyagi avrebbe potuto ricoprirlo lui, ma solo
provvisoriamente.
Anche se in
fondo, riflettendoci attentamente, forse non avrebbero avuto
bisogno di cercare per mari e monti dei giocatori validi;
daltronde loro erano i vincitori del campionato nazionale,
ed una cosa del genere veniva sicuramente considerata al momento
della scelta della scuola superiore.
A questo
punto bisognava preoccuparsi seriamente solo di trovare
laiuto manager adatta alla loro squadra. Da quanto ne
sapeva le ragazze del suo fan club avevano presentato la domanda,
ma lui sperava con tutto il cuore che non venissero accettate.
Ritrovarsi, per un anno intero, quelle idiote più vicine di
quanto non lo fossero state sino ad adesso lo rivoltava.
Chiuse la
lampo ed uscì dagli spogliatoi. Quando fu sulla soglia della
palestra si voltò e labbracciò con lo sguardo. Il parquet
lucido, le reti dei canestri tolte e riposte insieme ai palloni.
La luce del tramonto creava unatmosfera
strana.
I raggi del
Sole che colpivano laria rendendo visibile il pulviscolo di
cui era fatta, la sensazione di caldo che si sentiva; sembrava
quasi di essere in una chiesa cristiana, dove non esiste né
passato, né presente, né futuro, solo la semplice eternità del
momento.
La sua
chiesa. Dove il tabellone erano le campane che suonavano a festa
quando vincevano.
E sebbene
tutto questo non lo sentisse più da molto tempo non rinunciò al
suo rituale di fine anno. Si sistemò la borsa sulla spalla e si
baciò la punta delle dita di mano, poggiandola poi sul parquet
sorridendo.
"Ci
vediamo tra una settimana"
Uscì
dallufficio con in mano la sua patente giapponese e un
enorme sorriso sulla faccia. In fondo non era stato poi così
terribile come aveva immaginato.
Guardando
lora decise che avrebbe mangiato qualcosa in un locale qui
vicino e poi si sarebbe dedicato allacquisto dei materiali
che gli servivano.
Entrò nel
fast-food e dopo aver preso ciò che voleva, cercò un tavolo,
solo per ritrovarsi davanti un Akira iper sorridente, più del
suo solito, il che suona abbastanza grottesco, che lo costrinse a
sedersi con lui.
"Quando
sei tornato? E perché non mi hai chiamato?"
Hanamichi
mangiò in paio di patatine e poi rispose "Sono arrivato tre
giorni fa, e non ho chiamato nessuno, prima volevo
organizzarmi"
"Uhm
beh, è bello rivederti, anche se dovrei essere mortalmente
offeso con te! Perché non mi hai mai detto che partivi? Ci sono
rimasto male
" e atteggiò le labbra ad un adorabile
broncio mentre gli occhi sembravano quelli di un cane bastonato.
"Ma
finiscila! Sono sicuro che invece eri strafelice di sapermi
dallaltra parte del mondo, così avevi campo libero,
no?"
Akira tornò
sorridente, ma si strinse nelle spalle "Beh
io ci ho
provato, ma niente da fare
Rukawa sembra non volerne sapere
nulla di me
"
Sakuragi
annuì, bevendo un po della sua Coca-Cola "Questo
significa che ha buon gusto" Sendoh lo guardò storto,
offeso che qualcuno potesse mettere in dubbio il suo fascino.
Quando
uscirono insieme dal locale Akira aveva già deciso che avrebbe
accompagnato lamico in giro per negozi, così avrebbe
potuto passare dellaltro tempo con lui e gli avrebbe
raccontato di ciò che era successo durante la sua assenza.
Arrivarono a
casa di Sakuragi e Sendoh era oramai deciso a scoprire cosa
diavolo doveva farsene laltro di tutta quella roba. Cioè,
voleva ridipingere una stanza, ok, ma
nera?!?
Cara li
accolse con un silenzio glaciale, stava diventando quasi isterica
a causa di una maledettissima traduzione finanziaria che avrebbe
dovuto consegnare entro due ore. I ragazzi fecero più piano che
poterono e salirono al primo piano.
Hanamichi lo
fece accomodare nella sua stanza, piena di scatole ancora
imballate o aperte e iniziate a svuotare "Scusa il
disordine, ma sai comè
"
"Certo,
nessun problema" Sendoh prese in mano un cappellino da
baseball dei Chicago Cubs posandolo poi sulla testa di un
panda che Hanamichi aveva vinto al Luna Park insieme a Luyi.
"Mi vuoi
dire che devi farci con della vernice nera?"
"La mia
camera oscura" disse tranquillamente.
"La
tua
cosa?!"
"Camera
oscura. Sai, quella dove i fotografi sviluppano le proprie
foto"
"Lo so a
cosa serve, ma tu cosa te ne fai?"
Sakuragi gli
andò vicino, un solo passo li separava, e lentamente si piegò
verso Sendoh che esultava per larresa del suo amico; certo,
ci aveva messo un po ma finalmente avrebbe potuto legarlo
al letto e insieme avrebbero recuperato tutto il tempo perduto in
quegli anni.
"Un
sorriso per i posteri"
Il flash lo
accecò mentre la voce di Hanamichi lo risvegliò dai suoi sogni
ad occhi aperti e lo vide ad un metro e mezzo da sé con in mano
una macchina fotografica. Una macchina per professionisti, su
questo non cera alcun dubbio. Lo guardò interrogativo,
incapace di trovare le parole adatte.
"Ero
fermamente intenzionato a non frequentare alcun corso extra
scolastico, e per un paio di mesi in effetti non feci
assolutamente nulla " iniziò a raccontare "Poi, un
pomeriggio mentre stavo guardando gli allenamenti della squadra
di basket, arrivarono un gruppo di cinque o sei persone e
iniziarono a scattare foto ai giocatori, le loro azioni e così
via" posò la macchina fotografica sul cassettone "Alla
fine si presentarono. Erano alcuni dei membri del corso di
fotografia, e loro in particolare si interessavano di fotografia
sportiva. Beh, dopo un po che li vedevo sempre decisi di
dare unocchiata al loro corso, e alla fine mi iscrissi. Mi
hanno insegnato le luci, le ombre, lattenzione ai riflessi,
le angolazione, come ottenere foto nitide con soggetti in
movimento e a svilupparle. Tutto qui" stringendosi nelle
spalle.
"Fotografo
sportivo, eh? In questo modo potresti stargli vicino,
giusto?"
Hanamichi
abbassò lo sguardo "Sarebbe inutile dirti che non ci ho
pensato. Ma la verità è che non so cosa fare, per il momento
lascerò le cose come stanno, poi... forse..."
Sendoh prese
un rullo e glielo mise in mano "Avanti, muoviti, non posso
sprecare tutta la giornata con te, ho una vita sociale io"
sorrise e prese un barattolo di vernice.
Uscì di casa
che era pomeriggio inoltrato. Voleva andare al negozio di dischi
per curiosare tra i nuovi arrivi e comprarsi qualcosa. Oramai
conosceva a memoria ogni canzone e gli serviva
qualcosaltro. Dopo più di due ore uscì di lì con tre
album e un paio di dischi in vinile di musica classica.
Girovagò per
la città, senza avere nulla da fare. Si sarebbe potuto allenare,
ma lidea non lo attirava minimamente. Avrebbe di gran lunga
preferito leggere un libro piuttosto che prendere in mano quel
pallone e giocare.
Si sedette
allinterno di un bar, ordinando unenorme coppa di
gelato, scartando i CD e vedere cosa contenessero i libretti. La
cameriera lo servì e lui mise tutto da parte per gustarsi il suo
gelato.
Allimprovviso
gli tornò alla mente quella volta in cui lui e Hanamichi si
mangiarono una confezione da quasi due chili di gelato. In fondo
non era neanche molto considerato che lavevano gustato
luno sul corpo dellaltro.
Non si era
mai sentito vivo come in quel momento, anzi, forse prima di
allora non era mai stato davvero vivo.
Quando era
con Hanamichi tutto gli sembrava più vero, vivido, reale; quando
era con lui i suoi occhi percepivano il mondo con tutte le sue
sfumature. Non vedeva solo ciò che lo interessava, ma anche
quello cui non avrebbe mai prestato attenzione, e che si rivelava
sempre come una nuova scoperta che lo sorprendeva, lo stupiva, lo
incantava.
Con Sakuragi
aveva vissuto realmente per la prima volta. Aveva scoperto quanto
dolce potesse essere la passione. Non quella carnale, ma quella
di tutti i giorni, per cui sai di avere qualcosa per vivere ed
essere felice.
Una passione
che non aveva mai provato, e che non sentiva più da quando
laveva lasciato facendolo sprofondare nella sua eterna
ossessione.
Chissà se
sarebbe mai riuscito a provare di nuovo tutto quello?
La campana
della scuola suonò con la sua solita precisione cronometrica, e
tutti gli studenti si avviarono verso la nuova classe, cercando
visi conosciuti cui avvicinarsi, e studiando gli altri per capire
se sarebbe stato possibile diventare amici.
Rukawa non si
curò di nulla di tutto questo, limitandosi ad entrare in classe
e ad addormentarsi al proprio banco. Il terzo anno
lultimo primo delluniversità. E il pensiero che
avrebbe dovuto rinunciare al basket per alcuni mesi per
prepararsi agli esami non lo toccava minimamente.
Come sarebbe
stato diverso lingresso alluniversità da quello che
aveva vissuto tre anni prima per entrare allo Shohoku. In quei
mesi non aveva quasi dormito pur di studiare senza dover per
questo rinunciare alla pallacanestro.
Allesterno
della classe, nel corridoio, le voci degli studenti si fecero
improvvisamente più basse e concitate. Un alto ragazzo dai
capelli rossi di cui alcuni si ricordavano e altri avevano
sentito parlare, stava passando tra di loro accompagnato da quel
teppista di Yohei Mito dai cui tutti cercavano di stare lontano.
"Ehi,
Mito, come mai tutti ti guardano con terrore? Che hai fatto
mentre non cero, eh?"
Il ragazzo
sorrise e si strinse nelle spalle "Ma nulla
ho solo
mandato uno allospedale. Stava dando fastidio ad una
ragazza, non potevo mica lasciarlo fare, no? Anche se in realtà
questa parte hanno tutti preferito dimenticarla
"
Hanamichi gli
mise un bracci intorno alle spalle "Povero amico mio
ma vedrai che una volta tornato il Tensai si dimenticheranno
preso di te!"
Ridendo
entrarono nella loro nuova classe in un silenzio di cui non si
preoccuparono minimamente, scherzando fra di loro e con Haruko
che si mostrò davvero felice per il ritorno del suo amico.
Dopo un
po di riscaldamento i ragazzi che avevano fatto domanda per
entrare nel club di basket furono fatti allineare per presentarsi
e conoscere i loro senpai.
Della squadra
che aveva vinto il campionato nazionale erano rimasti solo Rukawa
e Hayasi che Anzai aveva nominato capitano. Lallenatore
aveva spiegato a Rukawa che senza dubbio per capacità e talento
quel titolo sarebbe dovuto andare a lui, ma un capitano deve
essere capace di spronare i giocatori, di aiutarli e
incoraggiarli e Rukawa non era ancora pronto per fare questo.
Aveva
accettato la decisione di buon grado, in fondo lui aveva sempre
voluto dimostrare di essere il migliore e diventare capitano non
avrebbe provato nulla. Laveva detto anche Anzai che era lui
il più bravo fra loro.
Salì in bici
e con uno dei suoi nuovi CD, gli Ataraxia, nelle orecchie
si diresse verso casa.
Quel giorno i
suoi genitori erano tornati da Nuova Dhely e avevano deciso che
lavrebbero portato fuori a cena in uno dei migliori
ristoranti della città.
Appena le
lezioni si conclusero si diresse verso la redazione del giornale
della scuola. Non cera alcun dubbio che lui era meglio di
tutti gli altri fotografi del giornale messi insieme, e ben
presto il mondo si sarebbe chiesto chi fosse Helmut Newton al
confronto del grande Tensai della fotografia Sakuragi Hanamichi.
Il
caporedattore lo accolse cortesemente e gli disse che sarebbe
stato felice di averlo tra i membri del suo staff.
"Sakuragi,
scusa" il ragazzo era davvero molto gentile, per certi
aspetti gli ricordava il quattrocchi "Posso chiederti
di dove sei? Hai un accento così strano" e arrossì dato
che sapeva che quelli non sarebbero dovuti essere affari suoi.
"Ho
vissuto un anno negli Stati Uniti" rispose.
"Oohh
"
dire che era ammirato sarebbe stato usare un eufemismo. Lui
sognava di vincere il premio Pulitzer e diventare un giornalista
investigativo, di scoprire inganni, truffe e corruzioni.
Beh
per il momento si occupava del giornale della scuola e
di quello si sarebbe dovuto preoccupare.
"Dunque,
se hai vissuto un anno allestero forse non lo sai, ma la
nostra squadra di basket ha vinto lo scorso campionato nazionale,
ed uno dei suoi giocatori Rukawa Kaede è stato
nominato MVP. Vorrei metterti in coppia con Tagayuki Sizuku per
fare un servizio su tutta la squadra. Sai, intervistare
lallenatore, i giocatori, le speranze per questo
campionato, eccetera. Poi, il massimo sarebbe riuscire ad
intervistare alcuni dei giocatori passati, vediamo
"
prese dei fogli da una cartellina "
Miyagi Ryota e
Mitsui Hisashi sono due di quelli che hanno vinto; Akagi Takenori
e Kogure Kiminobu, loro mi interessano in particolar modo, sono
stati soprattutto loro ad aver creduto in questa squadra, infatti
già due anni fa la squadra arrivò seconda ai nazionali. Cosa ne
pensi?"
Ogni parola
che Yasin pronunciava era un piccola ferita cicatrizzata che si
riapriva perdendo nuovo sangue. Le parole che gli aveva detto, il
modo in cui si era comportato con tutti loro, il dolore che aveva
provato; tutto gli tornò alla mente in un vortice di ricordi
devastante.
"Non
cè nullaltro che potrei fare?" troppo presto.
Non poteva incontrarlo adesso, era troppo presto. Sarebbe stato
troppo presto anche fra uneternità.
Yasin scosse
la testa "No, ho già assegnato tutti gli altri incarichi,
questo è lunico rimasto"
Rivolse lo
sguardo allesterno, riflettendo se poteva o meno accettare
una cosa simile. Rivedere tutti loro, non solo Kaede, i suoi
compagni con cui aveva condiviso così tanto e da cui era fuggito
senza lo straccio di una spiegazione.
Perché in
questanno di distanza aveva ammesso con sé stesso che ciò
che aveva fatto era una fuga. Si era comportato da vigliacco, non
aveva saputo affrontare il dolore qui coi suoi amici e il ragazzo
che amava. No, lui era fuggito.
Tornò a
fissare lo sguardo sul suo nuovo capo "Daccordo,
accetto"
Si era
vestito come gli aveva chiesto sua madre e si sentiva un
autentico imbecille conciato così. La camicia di seta crema e i
pantaloni di velluto nero. Per fortuna era riuscito a convincere
sua madre a non fargli mettere anche la cravatta.
Sapeva che i
suoi genitori lo amavano, probabilmente molto più di quanto non
facesse lui, solo che erano sempre impegnati col loro lavoro in
giro per lAsia e quando tornavano a casa lo ricoprivano di
attenzioni e regali sino a soffocarlo.
Cenarono in
un ristorante francese e per tutto il tempo non fecero che
parlare con lui, chiedendogli della scuola e della squadra.
Avevano lasciato i loro cellulari a casa e scoprendolo non era
riuscito a reprimere un sorriso di pura gioia. Forse era sciocco,
ma era con gesti come questo che capiva quanto davvero i suoi
genitori gli volessero bene.
"Sai, ci
dispiace di esserci persi la finale. Avevamo davvero preso i
biglietti per venirti a vedere, ma purtroppo hanno cancellato il
volo da Pechino per il mal tempo"
Posò le
posate a V rovesciata sul piatto e sorrise "Non fa nulla,
mamma, non preoccupatevi"
I suoi
genitori lo guardarono stupiti ma poi suoi padre da cui
aveva ereditato laltezza e gli occhi blu tirò fuori
dalla borsa di sua moglie una cassetta di quelle per le
videocamere.
"Questa
è la finale del campionato nazionale e la tua premiazione come MVP. Siamo riusciti a recuperarla da una piccola compagnia
televisiva locale. Ti va di vederla con noi quando torniamo a
casa?"
Se non fosse
stato lui è probabile che avrebbe persino versato qualche
lacrima rendendosi conto di quanto i suoi genitori si fossero
dati da fare per poter assistere in qualche modo al suo trionfo.
Annuì e tornò a mangiare con occhi bassi sotto lo sguardo
amorevole di suo padre e sua madre.
Si erano
seduti sul divano in salotto, le luci spente, ed avevano
assistito allingresso in campo dello Shohoku e
dellaltra squadra; con sua madre che faceva commenti su
quanto fosse carino questo o quellaltro giocatore, ma non
esitando a definirli con epiteti che avrebbero fatto arrossire
chiunque quando uno di loro compiva fallo o bloccava una delle
azioni di suo figlio.
"Sumire
"
La donna
stava per lanciarsi in un urlo esultante per il magnifico tiro da
tre punti che il suo bambino aveva segnato quando la voce di suo
marito la fece voltare e solo allora vide che il suo piccolo
Kaede si era addormentato nellabbraccio di suo padre.
Spense il video, solo lo statico del televisore ad illuminare la
stanza, e passò una mano fra quei capelli neri forse un po
troppo lunghi.
Luomo
prese in braccio suo figlio, che si rannicchiò contro il suo
petto, e lo portò in camera sua posandolo sul letto. La donna li
aveva seguiti ed ora tolse i vestiti a quel ragazzo che per lei
sarebbe sempre stato un bambino e gli posò un lieve bacio sulla
fronte.
"Buona
notte, tesoro
"
"Allora,
come vuoi organizzare il lavoro?" Sizuku era una studentessa
del secondo anno il cui sogno era diventare la caporedattrice di
un importante quotidiano nazionale. Era una ragazza che in un
certo senso gli ricordava Luyi: la stessa esuberanza,
allegria
anche se Luyi non si sarebbe mai tinta i capelli
di viola, le punte e alcune ciocche davanti azzurro cielo.
"Tu come
vorresti fare?"
"Allora
"
poggiò il proprio bento sul prato e prese la cartellina coi
propri appunti "
direi di usare subito i quattro giorni
che il preside ci ha concesso esentandoci dalle lezioni. Andiamo
a Tokyo da Miyagi-san, poi da Akagi-san a Nagoya e infine a Kyoto
da Mitsui-san e Kogure-san. Cosa ne pensi?"
Cosa ne
pensava? Che chiamare quei quattro signore fosse la cosa
più assurda che avesse mai sentito in vita sua, ma non disse
nulla, limitandosi a sorridere "Per me va bene, quando
vorresti partire?"
Sizuku tirò
fuori dalla propria borsa lorario dei treni, e inforcando
gli occhiali si mise a studiare gli orari migliori "Io dico
di partire dopo domani mattina col treno delle dieci e quaranta
per Tokyo, intervistiamo Miyagi-san e la sera folleggiamo tra i
locali notturni di Shibuya. La mattina dopo prendiamo il treno
per Nagoya e andiamo da Akagi-san; per il tardo pomeriggio
dovremmo riuscire a partire per Kyoto. Qui troviamo una pensione
e la sera facciamo quello che vogliamo. Il terzo giorno
intervistiamo Mitsui-san e Kogure-san e alla fine il quarto
giorno lo dedichiamo alla visita di Kyoto, ho sempre desiderato
visitarla"
Hanamichi la
guardò con occhi sgranati "Sizuku
mi vuoi per caso
morto?"
"Uh?"
la ragazza si tolse gli occhiali guardandolo interrogativa
"No, perché?"
"No,
nulla
" un sospiro pieno di rassegnazione al pensiero
del tour de force che la ragazza gli avrebbe fatto fare.
Due caldi
occhi nocciola pieni di riflessi dorati, immersi in profondi
oceani blu con riflessi viola si stavano fissando con una luce
piena di dolcezza, amore, dolore.
Il silenzio
attorno a loro, solo Rukawa, Sakuragi e il battere ossessivo dei
loro cuori.
Dopo quasi un
anno si vedevano di nuovo.
Mi hai
mentito!
Kaede
Perché
non sei tornato quando me lo avevi promesso?
Mi sei
mancato
Perché
Sendoh sa tutto di te?
Puoi
perdonarmi?
Dimmi il
vero motivo per cui mi hai lasciato!
Mi odi?
O
mi ami ancora?
Perché
non parli?
Perché
non dici nulla?
"Vieni, Hanamichi! Dobbiamo parlare col capo insegnanti, forza!"
La ragazza
trascinò via Sakuragi che non fece nulla per impedirglielo.
Non una
parola.
Otto mesi di
solitudine e dolore, e nessuno dei due era riuscito a pronunciare
una sola parola.
Ripresero a
camminare ognuno nella sua direzione, senza mai voltarsi.
"Perfetto,
ragazzi! Vi auguro buon lavoro" linsegnante strinse la
mano ad entrambi, tenendo un po di più quella di Sakuragi
"Bentornato allo Shohoku. Sono sicuro che i tuoi compagni
saranno felici di rivederti"
"La
ringrazio signore, è bello essere tornati a casa" con voce
fredda e impersonale come quella della sua kitsune. In fondo
queste persone volevano solo sentirsi dire le parole giuste, non
importava il tono o lassenza di esso.
Uscirono
dalla sala professori, Sizuku non faceva altro che chiacchierare
estatica sui divertimenti di Tokyo, della bellezza di Kyoto e di
come sarebbero state invidiose le sue amiche scoprendo che lei
aveva conosciuto il bellissimo Mitsui Hisashi.
Hanamichi
ridacchiò dentro di sé al pensiero di Mitchy con abbarbicata
addosso la ragazza mentre il solito compassato, ma gelosissimo,
quattrocchi sputava fuoco per strapparla di dosso dal suo
ragazzo.
"Ci
vediamo domani alle dieci alla stazione, daccordo?"
Sizuku lo
riportò alla realtà e lui annuì mentre la vedeva allontanarsi
accompagnata dalle future gelosissime amiche per tornare a casa.
Si avviò
lentamente verso la palestra, voleva rivederlo giocare, ma
ledificio era ancora vuoto, probabilmente erano ancora
tutti negli spogliatoi.
Accanto alla
porta cera un pallone e lo raccolse con una mano, facendo
un paio di palleggi.
Nellultima
visita che aveva fatto in America il dottore gli aveva detto che
era completamente guarito e che avrebbe potuto giocare qualche
minuto ogni tanto, ma solo per divertimento, il divieto di
giocare a livello agonistico sarebbe rimasto per tutta la vita.
"Ehi!"
Alzò la
testa vedendo arrivare uno dei nuovi giocatori. Era alto, forse
anche più di lui, ed aveva un sorriso cordiale dipinto sul
volto.
"Guarda
che devi toglierti quelle scarpe se vuoi entrare"
Hanamichi si
guardò istintivamente i piedi "Hai ragione, scusa"
Laltro
si strinse nelle spalle "Fa niente, ogni tanto si può fare
uno strappo alla regola. Io sono il capitano della squadra,
Hayasi Gin" gli porse la mano "Sei qui per presentare
domanda?"
Il capitano.
Quel ruolo che era sempre andato sbraitando sarebbe stato suo
"No! No, sono solo venuto a dare unocchiata"
Gin annuì,
fissandolo perplesso "Sai
mi chiedevo. Ci siamo mai
incontrati prima? Magari su un campo?"
Sakuragi
scosse la testa "Non credo, io non gioco" non più
"Beh, ora devo andare" gli lanciò la palla
sorridendogli "Piacere di averti conosciuto"
Si sdraiò
sul letto, chiudendo gli occhi, desiderando il silenzio assoluto,
quel silenzio che si può avere solo nello spazio,
nellassoluta mancanza di atmosfera.
Se lera
trovato davanti allimprovviso e lui non aveva saputo far
altro che rimanere immobile, senza nulla da dire, come un
perfetto idiota.
Aveva sognato
quel momento per ore. Aveva sognato di picchiarlo, ferirlo, farlo
sanguinare e soffrire come aveva sofferto lui; e poi prenderlo
tra le braccia, baciarlo, affondare di nuovo nel suo corpo e nel
suo calore.
Hanamichi era
tornato.
La sua
passione ora viveva nuovamente a pochi minuti da casa sua, ma mai
era stata così lontana. Non sarebbe potuto andare da lui, dirgli
bentornato, sfiorare la sua pelle calda e stringersi a
lui.
Mai più. Mai
più avrebbe potuto avere tutto questo.
E la colpa
era sua!
Si alzò di
scatto dal letto, afferrando le forbici che aveva sulla
scrivania, inginocchiandosi sul pavimento, guardando con odio
ciò che si trovava davanti a lui.
Era colpa di
quel pallone, del basket, della sua ossessione.
Il braccio si
alzò e con un unico colpo penetrò nella pelle della sfera. Poi
di nuovo, e ancora, ancora
sino a quando non rimase
nullaltro che un involucro vuoto e lacerato mentre le
guance di Kaede venivano bagnate da salate, calde, lacrime.
Stava
aspettando da quasi venti minuti e di quella matta nessuna
traccia. Per fortuna il loro treno partiva tra mezzora, ma
se non fosse arrivata in tempo
"Sakuragiiiiii!!!!!"
Il delicato
urlo alle sue spalle lo fece sobbalzare e voltandosi rimase a
bocca aperta. Sizuku gli si era fermata davanti, ansimante per la
corsa. Aveva addosso un paio di stivali da cow-boy, dei
pantaloncini neri estremamente corti di jeans sfilacciati,
una camicetta di pizzo bianco trasparente annodata sotto il seno
a mostrare il reggiseno nero, una giacca senza maniche che le
arrivava alle ginocchia e il tutto era completato da uno Stetson
color crema.
"Wow!"
la ragazza lo stava squadrando dalla testa ai piedi "Quasi
quasi rinuncio a Mitsui-san e mi concentro su di te, che ne
dici?" avvicinandogli di un passo, sensuale, ma Hanamichi si
fece indietro sorridendo imbarazzato.
"Non mi
pare proprio il caso
" forse non era stata una buona
idea mettersi quei jeans attillati e la camicia di cotone bianca
lasciata fuori dai pantaloni.
Sizuku gli
diede la propria borsa, stranamente leggera, e presolo a
braccetto si sedette accanto a lui sulla panchina accavallando le
gambe "Non preoccuparti, non potrei mai tradire il mio
Hisashi
" si lasciò andare a qualche sospiro estatico,
persa nelle sue fantistecherie, ma ben presto il suo lato
professionale tornò a galla, e tirando fuori dallo zainetto un
blocco per appunti iniziò a parlare delle interviste
"Yasin" sbuffò pronunciando quel nome "Vuole una
cosa prettamente sportiva. Sai, tipo: comè stato
vincere, quanto avete lavorato per questi obiettivi,
eccetera. Però io vorrei fare più un lavoro sul piano umano. Lo
sai anche tu che una volta finite le superiori non si tengono mai
i contatti, e voglio sapere se credono che anche per loro sarà
così, o se invece lo sport ha fatto nascere e consolidato
amicizie che non si sfalderanno. Da questo punto di vista il
rapporto tra Mitsui-san e Kogure-san è molto
interessante
" mormorò mentre mangiucchiava la punta
della matita a mine.
E non sai
quanto
ridacchiò. Una parte di sé avrebbe voluto
dirglielo, ma sapeva di non poterlo fare, non era un suo diritto.
"Per le
foto
" lo guardò attentamente facendosi più vicina
"
ne voglio di mentre giocano, studiano e
qualcunaltra che catturi la loro essenza, la loro anima,
daccordo?"
Sakuragi
annuì, cercando di non scoppiare a ridere.
Naturalmente
continuava ad allenarsi. Anche se ora era molto vicino
allodiare quello sport non riusciva ad abbandonarlo
totalmente. Così, con questo rapporto damore e dodio
non smetteva di allenarsi in palestra con la squadra, ma gli
allenamenti supplementari che avevano regolato ogni minuto della
sua giornata e della sua vita erano stati banditi.
Così adesso
si ritrovava senza aver nulla da fare, nulla che potesse colmare
quelle ore infinite. E stava facendo cose che non avrebbe mai
creduto possibile prima. Andava in giro per negozi per il
semplice gusto di farlo, passava ore seduto al tavolo di un
caffè ad osservare le persone che gli passavano davanti gli
occhi, senza per questo vederle davvero.
Hanamichi era
entrato a far parte della redazione del giornale in qualità di
fotografo. Laveva scoperto facendo un paio di domande a
Mito, lunico che sapeva gli avrebbe dato informazioni vere
sul dohao.
Gli aveva
anche detto che era partito con quella ragazza, Tagayuki, per
andare ad intervistare i vecchi membri dello Shohoku per un
articolo sulla squadra che aveva vinto il campionato nazionale;
ciò significava che sarebbe venuto anche da lui. Era ovvio
intervistare colui che era stato nominato MVP, ma
come
sarebbe stato stare vicino a lui dopo così tanto tempo?
Scosse la
testa, un sorriso amaro sulle labbra.
Davvero si
stava chiedendo una cosa simile? Era assolutamente prevedibile
cosa sarebbe successo.
Domanda,
risposte glaciali e indifferenza reciproca, perché solo di
questo loro ora sembravano capaci.
"Grazie Miyagi-san, sei stato davvero molto gentile e disponibile"
Sizuku sinchinò davanti al ragazzo, permettendo a chiunque
le passasse dietro di ammirare tranquillamente le sue forme
strizzate in un paio di pantaloni super aderenti fucsia a pois
giallo canarino.
"E
stato un piacere Tagayuki e, mi raccomando, ricordati di mandarmi
larticolo quando sarà finito"
"Certo,
sarà un piacere. Ora togliamo il disturbo. Andiamo Sakuragi?"
"No,
aspetta!" la ragazza si voltò sorpresa verso lex
capitano dello Shohoku "Vorrei parlargli un attimo. In
privato"
"Oh,
daccordo
" si allontanò andando ad ammirare
alcuni dei meravigliosi fiori tropicali che facevano parte dei
giardini imperiali, dove ora si trovavano.
"Sono
contento che tu sia tornato"
Hanamichi era
inginocchiato a terra, stava togliendo il rullino dalla macchina
fotografica per mettere tutto al sicuro nella sua borsa
"Grazie, Ryo-chan" non alzò lo sguardo.
Miyagi gli
voltò le spalle, mettendosi le mani in tasca ammirando
lenorme quercia davanti ai suoi occhi "Qualche tempo
dopo che sei partito e che avevamo ricostituito la squadra il tuo
amico, Mito, ci ha detto tutto. Del fatto che non avresti più
potuto giocare e della tua famiglia"
Sakuragi si
bloccò, senza sapere cosa dire o fare. Lui
Mito non
avrebbe dovuto, ma forse capiva perché lo aveva fatto.
Ryota si
girò verso di lui, piegandosi sulle ginocchia "Non pretendo
di sapere il perché delle tue azioni, o di come tu ti sia
sentito. So solo che ti saresti dovuto fidare di più di noi.
Eravamo
siamo tuoi amici, Sakuragi, e ti avremmo
aiutato"
Non riusciva
a guardarlo negli occhi, si sentiva un verme per ciò che aveva
fatto.
"Ehi, mi
manderai qualche copia delle foto, vero? Io non ci credo che tu
sia capace di fare qualcosa di decente con quellaggeggio in
mano
"
"Come
osi?!" alzò la testa di scatto, gli occhi pieni di furia
"Brutto tappo! Vedrai di cosa è capace il sublime
Tensai
" ma prima che riuscisse a finire la frase
entrambi scoppiarono a ridere.
"Grazie,
Ryo-chan" si alzarono in piedi e Hanamichi si sistemò la
borsa con lattrezzatura su una spalla.
Laltro
si strinse nelle spalle "Beh
ci vediamo" lo
salutò con un cenno della mano e se ne andò lungo il sentiero,
lasciandolo solo sino a quando Sizuku non lo attaccò alle
spalle.
"Cosa
voleva da te Miyagi-san?"
Le sorrise
"Nulla, solo chiedermi alcune foto" osservò il
sentiero vuoto per poi prendere la ragazza per mano
"Andiamo! Non eri tu quella che diceva che questa notte
avrebbe fatto baldoria in tutti i locali di Shibuya?"
"Rukawa! Rukawa!!" si voltò verso il proprio capitano che lo stava
rincorrendo fuori dalla palestra "Tieni hai dimenticato
queste" gli porse due chiavi appese ad un portachiavi dalla
forma di un pallone da basket.
Le chiavi
della casa di Hanamichi. Si era scordato di averle, sepolte in
fondo al suo borsone e probabilmente oggi dovevano essergli
cadute mentre stava cercando un altro asciugamano.
Aveva pensato
mille volte di ridargliele, lasciarle nella cassetta della posta
o renderle alla madre di Hanamichi, ma non aveva mai trovato il
tempo. Chissà, forse in realtà non laveva fatto perché
inconsciamente una piccola parte di sé sperava di poterle usare
di nuovo in futuro.
"Grazie
capitano" Hayasi arrossì nel sentirsi chiamare così da un
suo senpai. Non si era ancora abituato al suo ruolo e trovava a
disagio davanti al suo compagno più grande e dovergli ordinare
cosa fare o meno "Di nulla
beh, ci vediamo domani.
Ciao!" tornò sui suoi passi correndo, pronto a riprendere
il suo allenamento supplementare.
Kaede,
invece, rimase fermo nel cortile deserto, a cavallo della sua
bicicletta, fissando con sguardo vuoto quelle chiavi e ricordando
il modo in cui Hanamichi gliele aveva date.
Erano
arrivati davanti la porta di casa, ma laltro non sembrava
intenzionato a farlo entrare.
"Dohao,
cosa stai aspettando?"
Laltro
laveva guardato vagamente a disagio "Kitsune
mi
sa che ho dimenticato le chiavi
"
Alzò gli
occhi al cielo "Dohao" sbuffando.
Era stato a
quel punto che si sarebbe dovuto allarmare, perché Hanamichi non
aveva dato in escandescenze al suono di quellinsulto detto
proprio con quellintento.
"Mia
madre di solito tiene una chiave di riserva dietro quel vaso,
perché non provi a darci unocchiata?"
Rukawa aveva
alzato un sopracciglio "Perché non lo fai tu?"
"Kitsune!"
sembrava si stesse innervosendo "Per una volta fa ciò che
ti dice il Tensai senza discutere!"
Sbuffando
laveva fatto, e si era ritrovato con quelle chiavi in mano
mentre Hanamichi aveva un sorriso che gli andava da un orecchio
allaltro.
"Tieni!"
gliele aveva lanciate "Ora sbrigati che sto
congelando!"
Sakuragi
aveva sbarrato gli occhi ed era diventato rosso dalla rabbia. Lui
aveva chiuso gli occhi, sospirando mentalmente e preparandosi
alla sfuriata, ma tutto ciò che sentì furono la serratura che
scattava e i borbottii di Hanamichi.
"Baka kitsune! Queste dovevano essere le tue chiavi di casa mia, ma è
evidente che non te ne frega niente
" si era tolto le
scarpe, salendo lo scalino e prima che si fosse potuto
allontanare lo aveva raggiunto circondandogli la vita con le
braccia, alzandosi sulle punte dei piedi per stare alla sua
altezza.
"Scusa
"
un soffio delicato mentre gli sfiorava la pelle con le
labbra
Strinse con
forza le chiavi e se le mise in tasca riprendendo a pedalare
verso casa.
Chissà se
avrebbe mai più potuto usarle?
Sbadigliò
per lennesima volta. Non era abituato a non dormire per
trentasei ore consecutive e tra poco si sarebbe addormentato in
piedi. Lunica cosa che lo tratteneva era il pensiero del
pugno del Gorilla se solo ci avesse provato.
E a quanto
sembrava la fama di Akagi era arrivata persino a Sizuku, sebbene
fosse solo al secondo anno, perché aveva drasticamente limitato
il proprio abbigliamento, indossando uno sharwal kamez3
color crema con una fantasia di rose nere. I capelli acconciati
in una coda alla base della nuca con due ciocche lasciate libere
davanti gli occhi e ai lobi un paio di semplici cerchi doro
bianco.
Fortunatamente
era riuscito a procedere Sizuku sul luogo dellappuntamento,
con la scusa di cercare qualche posto carino dove fare le foto,
ben sapendo della mania del Gorilla di arrivare sempre in
anticipo.
Era andato
lì con lintenzione di chiedergli di non fare cenno alla
ragazza del fatto che lui era stato un giocatore della squadra,
ma Akagi laveva anticipato dicendogli che sapeva tutto;
Ryota laveva chiamato la sera prima raccontandogli gli
ultimi aggiornamenti sulla sua vicenda.
Hanamichi
aveva storto un po il naso, cosè? Lo usavano per
fare pettegolezzi fra di loro? Ma per la prima volta aveva visto
dolore negli occhi del suo capitano, così non aveva voluto
infierire e insieme si erano limitati a riportare a galla alcuni
piacevoli ricordi, sino allarrivo di Sizuku.
"Hanamichi,
sei pronto?" la ragazza si era voltata verso di lui con una
grazia di movimenti di cui non lavrebbe mai creduta capace.
Che fosse davvero così in soggezione?
"Sì,
prontissimo" si mise la borsa in spalla ed entrambi
sinchinarono ringraziando Akagi per la disponibilità
dimostrata.
Dopo aver
recuperato le valige al deposito bagagli della stazione presero
il treno per Kyoto dove arrivano alle otto di sera. E finalmente,
dopo aver preso possesso della propria stanza nellalbergo
dove avevano prenotato, Hanamichi si godette il suo meritato
sonno.
Erano seduti
sul tappeto del suo salotto, gli avanzi di una cena cinese fra di
loro e ogni tanto Sendoh, oramai sdraiato, continuava a piluccare
qualcosa da questo o quellaltro cartone.
"Così
non gli hai parlato, eh? E cosa aspetti a farlo?" Rukawa non
rispose, chiudendosi nel suo solito glaciale silenzio "Si è
dato alla fotografia, lo sai? Ho anche visto qualcuno dei suoi
lavori, non è male"
Il silenzio
calò di nuovo e Sendoh si sdraiò sul tappeto, fissando il
soffitto, cercando qualcosa per scuoterlo, per farlo uscire dalla
sua apatia, perché non gli piaceva quel silenzio, non era come
tutti gli altri che cerano stati tra di loro, no, questo
era teso come una corda di violino logora che fra poco sarebbe
saltata ferendoli.
"Kaede
"
nulla.
"Perché
non vuoi parlargli? Una volta mi hai detto che è stato proprio
perché che non lavete fatto che vi siete lasciati"
Rukawa si
voltò verso di lui con occhi pieni dira "No"
sibilò tagliente "Ci siamo lasciati perché lha
voluto lui, perché non si è fidato a dirmi la verità"
ridusse gli occhi a due fessure "Problema che evidentemente
non ha avuto con te, però"
Era geloso?
Sì, da impazzire.
Sendoh si
tirò su a sedere di scatto, sorridendogli per rassicurarlo
"Lo sai, te lho già detto. Io sono suo amico, ha
parlato con me perché non voleva
" si fermò,
rendendosi contro che stava per dire troppo.
"Non
voleva cosa?" Akira non rispondeva e Kaede lo incalzò
"Cosa non voleva fare? Ferirmi, tradirmi? Cosa non voleva?
Farmi sentire la persona meno importante della sua vita?
Lultima persona cui avrebbe mai potuto confidare i propri
problemi? Ero solo qualcuno buono per farsi scopare e basta,
vero? Sakuragi è solo un idiota profittatore, una
puttana
"
Lo schiaffo
lo colpì in pieno viso, lasciandolo attonito mentre fissava
Sendoh ansimante per la rabbia "Sei tu il bastardo. Lui ha
fatto ciò che ha fatto per te e se questo non lhai
ancora capito significa che non ti meriti una persona speciale
come Hanamichi!"
Si alzò in
piedi e dopo aver recuperato la propria giacca di jeans uscì da
quella casa sbattendosi la porta alle spalle.
Beh, quel
giorno Sizuku doveva aver deciso di giocarsi tutte le carte con Mitsui, e secondo lui se laltro non fosse gay, lo avrebbe
sicuramente conquistato.
Si era messa
delle décolleté bianche dal tacco a spicco, ai capelli erano
stati fatti i boccoli per poi legarli alla base della nuca in una
morbida coda con un nastro di pizzo bianco, il trucco era leggero
ed elegante, alle orecchie portava due cerchi piuttosto grandi ma
fini doro bianco, ma tutto questo passava in secondo piano
nel caso fosse stato notato dal completo maglietta
a collo alto con maniche lunghe e pantaloni attillati di pizzo
bianco trasparente sotto cui non si faticava ad ammirare la
biancheria intima di un viola scuro metallizzato.
E in effetti
non appena laveva vista Mitsui aveva fatto tanto
docchi con somma gioia della ragazza ma una
gomitata e unocchiataccia da parte del suo ragazzo
laveva rimesso in riga.
Sizuku aveva
voluto fare prima le fotografie facendogli consumare quasi
tre rullini solo per Mitsui e in metà di queste era in sua
compagnia ed ora erano seduti in un caffè, ad uno dei
tavoli allaperto con la ragazza che faceva le proprie
domande in modo molto professionale, senza per questo perdere
loccasione di sfiorare casualmente una mano di
Hisashi a cui si rivolgeva con voce morbida e sensuale.
Allimprovviso
il ragazzo si alzò in piedi, trascinandosi dietro Sakuragi con
la scusa di volergli far vedere un paio di posti che avrebbe
sicuramente ritenuto interessanti per fare delle foto.
In realtà
Hanamichi sospettava di cosa volesse davvero parlargli e aveva
cercato di prepararsi al meglio. Con Mitsui non sarebbe stato
come gli altri, perché lui sapeva cosa volesse dire rinunciare a
qualcosa di importante.
Si sedettero
su una panchina, rimanendo in silenzio per diversi minuti, persi
nei loro pensieri.
"Sai, in
un certo senso ti ammiro" tranquillamente, senza alcun tono
di scherno, e Hanamichi lo guardò senza capire cosa intendesse.
"Cioè?"
Mitsui si
guardò in torno e raccolse qualche sassolino che poi gettò nel
laghetto davanti a sé "Tu non ti sei rovinato la vita
facendo cazzate a più non posso per due anni" si mise le
mani in grembo, intrecciandole "Ma hai fatto comunque il mio
stesso errore: fuggire" lo guardò con la coda
dellocchio "So cosa volevi fare. Evitare
linevitabile compassione, gli sguardi tristi e le pacche
sulle spalle. Ma soprattutto
hai voluto tenerti tutto il
dolore, perché dentro di te sei convinto che non puoi rovinare
la vita degli altri coi tuoi problemi. Ma il punto è che quando
si è così fortunati da avere qualcuno accanto che ci ama
beh
sono proprio loro a chiederci di condividere quel
dolore, perché amare significa anche questo: condividere"
Sakuragi
sorrise "Già, hai ragione, ma lo sai anche tu, Rukawa
è
beh
" si strinse nelle spalle "
è Rukawa. Lui vive e respira per il basket. Stare con me, quando
ancora potevo giocare, per lui significava solo avere qualcuno
con cui condividere i suoi allenamenti supplementari, le cene
solitarie e qualche notte. In fondo la sua vita non era cambiata
poi molto" prese un sasso piatto e alzandosi lo fece
rimbalzare più volte sullacqua, poi si voltò poggiandosi
sulla ringhiera di legno "Stare con me adesso, invece, per
lui significherebbe rinunciare ad una parte della sua giornata,
della settimana, della sua vita
fino a quel momento
consacrata al basket. E tutto ciò rallenterebbe poi la
realizzazione del suo sogno. Ed io non posso fargli questo"
Mitsui si
alzò, andandogli accanto e parlò mentre rivolgeva lo sguardo
allacqua "Sembra che tu pensi che Rukawa non ti ami
abbastanza
" alzò una mano per interromperlo
"Comunque
lidea di fondo non è malvagia,
ma
hai mai provato a chiedere a lui cosa ne pensasse?
Magari era disposto a qualche sacrificio
"
"No, lui
mi ama, forse anche più di quanto possa mai immaginare, ma non
potrebbe mai rinunciare ad un solo minuto di basket" Mitsui
scrollò le spalle come a dire: perché no? "Lo
conosco troppo bene. Non ne sarebbe mai capace, e non per
cattiveria, ma perché per lui il suo sogno viene prima di
tutto"
Hisashi si
voltò e gli sorrise "E buffo, sai? Mi ricordo che un
paio danni fa blateravi su come tu conoscessi bene Kiminobu
e tutti noi grazie al tuo grande genio intuitivo, di come avresti
saputo anticipare ogni nostra mossa, eppure sei rimasto senza
parole quando mi ha fatto quella scenata di gelosia dopo che
Hasegawa ci aveva provato con me"
Già! Come
riuscire a dimenticare una cosa simile? Il pacato
quattrocchi che urlava, rosso di rabbia e verde di gelosia,
incapace di sentire ragioni.
Quanto aveva
riso quella sera ripensandoci? Tanto. Tanto da farsi venire il
mal di stomaco
"Vedi,
è questo il bello delle persone
a volte ti sorprendono in
modi che non avresti mai neanche immaginato. Concedi il beneficio
del dubbio a Rukawa, Sakuragi. In fondo non ti ha già sorpreso
una volta ammettendo di amarti?" e si allontanò,
lasciandolo solo, libero di riflettere sulle sue parole.
Non la
trovava.
Non trovava
quella maledettissima ragione per cui Hanamichi lo avrebbe dovuto
lasciare per il suo bene.
E se lui non
la trovava, questo poteva solo significare che non cera, di
conseguenza la sua opinione su di lui era assolutamente giusto,
un bastardo profittatore e puttana.
E lui era
stato così coglione da innamorarsene. Si poteva essere più
stupidi?
Lo odiava, ma
ancor di più odiava sé stesso per essere diventato ciò che
era. Un idiota innamorato, pappamolle che si strugge per il
proprio cuore ferito.
Guardava
fuori dalla finestra e vedeva solo la pioggia scrosciante che si
abbatteva sui vetri, quella strana nebbiolina che saliva e che
creava quella strana atmosfera ovattata, quasi surreale, in
classe mentre il professore consegnava i compiti corretti e lui
aveva preso la sua solita sufficienza risicata.
Non vedeva
lora di andarsene in America, così i suoi voti sarebbero
stati ottimi per il solo fatto di essere un campione.
Lallenatore
quel giorno non cera e Hayasi, nonostante la buona
volontà, non sapeva realmente farsi valere. Né usando la
durezza come Akagi, né la simpatia e lironia di Miyagi.
Gran bella
scelta, Anzai sensei, complimenti
pensò ironico mentre
quasi unico tra di loro si allenava nei tiri da tre.
E poi
Sendoh! Come aveva osato picchiarlo? Neanche sua madre,
quandera piccolo, laveva mai fatto, e si era arrogato
lui quel diritto! Un idiota degno compare dellaltro
dohao.
"Rukawa,
scusa
" Hayasi gli si era avvicinato, lo sguardo basso
e lievemente imbarazzato.
"Sì,
capitano?" calcando molto, quasi ironico, su quel titolo, ma
laltro non lo notò.
Che
idiota! Non cè neanche gusto a prenderlo per il culo!
"Senpai,
ecco, mi chiedevo se tu potessi darmi una mano
io
non
riesco, e non capisco dove sbaglio
"
Rukawa
lanciò il pallone centrando lennesimo canestro da tre
punti, dopodiché si mise pollice e indice in bocca e fischiò.
Un fischio acuto e prolungato che fece sobbalzare tutti,
facendoli voltare verso di loro. Il capitano e il suo vice.
"Mettetevi
in fila!" un ordine urlato a pieni polmoni, quasi con
cattiveria, e i giocatori, inebetiti, quasi impauriti, fecero
subito ciò che era stato detto.
Disciplina
e rigore, ecco di cosa ha bisogno una squadra, non pacche
dincoraggiamento e spalle su cui piangere!
"Aaahwnnn
"
sbadigliò, ancora mezzo addormentato e con una gran voglia di
rimettersi a dormire. Quella pazza di Sizuku il giorno precedente
laveva trascinato da tutte le parti, per vedere questo o
quellaltro posto senza mai un momento di respiro. E poi, la
notte, lo aveva fatto girare come una trottola da un locale
allaltro fino allalba; corsa in albergo per
recuperare le valige e poi alla stazione per prendere il treno
delle sei e trenta per Kanagawa.
Fortuna che
era domenica, avrebbe dormito tutto il giorno!
"Hanamichi!"
la ragazza lo risvegliò dal suo dormiveglia facendolo sobbalzare
e di certo non per laverlo chiamato.
Ancora non si
era abituato a quei vestiti, secondo lui, assurdi che
laltra portava, e la tuta elasticizzata a collo alto con un
motivo a rombi di tutti i colori la faceva somigliare ad una
specie di versione femminile di Arlecchino.
"Domani
mi porti quelle foto, vero? Così vediamo limpaginazione
provvisoria da dare allarticolo"
Sakuragi
sgranò gli occhi. Le voleva per domani? Le aveva fatto riempire
sei rullini senza contare quelli dei vari giri per
divertimento e li voleva tutti per domani?
Gemette
dentro di sé, addio dormita!
"Ok
"
però questo significava che poteva togliersi una soddisfazione
"Allora? Comè andata con Mitsui-san?"
La ragazza
gli lanciò unocchiata inceneritrice "Potevi anche
dirmelo che sta con Kogure-san, ho fatto la figura della
scema!"
"Ihih
dai! Non volevo rovinarti la sorpresa! Come lhai
capito?"
"Secondo
te?" alzò una mano, elencando sulle dita a partire dal
mignolo "Appena entrata Kogure-san mi ha guardato malissimo
continuando a farlo per tutto il tempo, dava un pizzicotto a
Mitsui-san ogni volta che lo toccavo e quando ve ne siete andati
gli ho chiesto se stavano insieme e mi ha risposto di sì"
ennesima occhiataccia.
Sakuragi
sorrise "Beh
puoi sempre
"
allimprovviso si rese conto di alcune delle parole della
ragazza "Come fai a sapere che sapevo di loro due?"
Sizuku aveva
preso un libro e scrollando le spalle, guardandolo da oltre il
bordo delle pagine rispose "Se è per questo, so anche che
facevi parte della squadra di basket capitanata da
Akagi-san"
Il ragazzo
sbiancò e le strappò il libro dalle mani "Come fai a
saperlo?!"
Laltra
si strinse nelle spalle "Ho le mie fonti" ovvero
larchivio della scuola aperto al giornale della scuola, ma
questo non glielo avrebbe detto "E poi mancava sempre
qualcosa nei racconti dei senpai. Parlavano di qualcosa, ma
sinterrompevano sempre quando entravi in scena tu, non è
vero? E comunque sarebbe bastato anche il solo modo in cui ti
trattavano, troppo confidenziale per essere una persona appena
conosciuta, a farmi insospettire. Non sono così stupida come
sembri pensare, sai?"
Hanamichi si
coprì il volto con le mani "Non credo affatto che tu lo
sia" borbottò per poi guardarla negli occhi "Cosa hai
intenzione di fare?"
Sizuku lo
guardò seriamente "Nulla. Se tu vuoi questo" prese un
profondo respiro "Suppongo ci sia stata una buona ragione se
hai lasciato la squadra e ti sei trasferito allestero, e
sarei unipocrita se ti dicessi che non voglio saperla,
ma
tocca a te decidere. Se accetti lintervista io ne
sarò felice, ma devi essere tu a volerlo"
Rimasero in
silenzio per più di unora. Sizuku leggeva sperando che
Hanamichi accettasse, e laltro pensava a cosa avrebbe
significato farlo.
Parlare di
tutto, dallinfortunio al perché si fosse trasferito, a
Kaede anche se forse era meglio non nominarlo e a
ciò che provava per lui. Sapeva che, nonostante tutto, non
sarebbe mai riuscito a parlargli a cuore aperto. Gli mancava il
coraggio per farlo, ma forse questintervista avrebbe potuto
aiutarlo.
Ammesso e non
concesso che la kitsune lavrebbe letta.
"Quando
il dottore mi ha detto che non avrei più potuto giocare gli ho
riso in faccia. Andiamo! Avevo preso solo una bottarella alla
schiena! Così ho preso il mio pallone e sono corso fuori dal
centro di riabilitazione per cercare un campo da basket"
Sizuku lo ascoltava attentamente, e aveva messo un registratore
fra di loro "Come faceva a dire che non potevo giocare?!
Scartavo avversari immaginari, facevo finte, mi avvicinavo al
canestro meglio di come avessi mai fatto. Ho saltato
"
un brivido gli corse per la schiena "
ho saltato ed ho
subito sentito che qualcosa non andava, ma lho ignorato,
segnando il più bel canestro della mia vita e quando sono caduto
a terra
non credevo esistesse un dolore simile, sembrava
che mi stessero tagliando in due verticalmente" sospiro
"In quel momento ho capito che era vero, che non avrei più
potuto giocare"
"Quindi
hai lasciato la squadra. Ma perché non hai detto nulla a
nessuno?" aveva fatto controllare la scheda di Sakuragi a
Yasin e lì non cera menzione alcuna del suo infortunio
"E poi il trasferimento in America
"
La parte più
difficile veniva adesso. Riprese a parlare.
Il martedì
successivo Rukawa vide Sakuragi fare il suo ingresso nella
palestra al fianco di Tagayuki. Erano finalmente venuti ad
intervistare lattuale squadra di basket del Liceo Shohoku.
Anzai sospese
gli allenamenti, appena iniziati, e per prima cosa li fece
mettere in posa per una foto, secondo la richiesta della ragazza
che sembrava essere la versione super deformed di un qualche
cartone animato tanto era entusiasta.
Chissà come
si sarebbe dovuto sentire? Forse arrabbiato, ferito? Eppure lui
non sentiva nulla, tranne una lieve gioia.
Gioia per
Hanamichi che sembrava aver trovato la sua strada.
Almeno
laltro laveva trovata.
Lui invece
non laveva. Aveva il basket e aveva quel sogno di andare in
America che ad ogni giorno che passava si faceva più sfocato.
Non aveva nullaltro.
Rispose alle
domande della Tagayuki con freddezza, senza mai smettere di
fissare Sakuragi che continuava a scattare fotografie alla
palestra, ai giocatori, ad un pallone abbandonato lì
nellangolo e illuminato da un fascio di luce.
"Che
cosa hai provato quando sei stato nominato MVP?"
Non rispose,
per alcuni istanti rimase in silenzio con lo sguardo basso,
sguardo che si rialzò non appena le sue labbra si schiusero per
parlare "E qualcosa che bisognerebbe poter condividere
con chi si ama" sussurrò, fissando Hanamichi che stava
sistemando alcuni rullini nella sua borsa, ma che a quelle parole
alzò i propri occhi che andarono ad incontrare quelli di Rukawa,
e la promessa che gli aveva fatto tanto tempo fa gli tornò alla
mente: quando vincerai quel premio io sarò con te. Quando
andrai in America io sarò con te. Sarò insieme a te ad ogni tuo
successo. Sarò la tua ombra, kitsune!
La voce di
Kaede era piena di dolore, ma anche di rabbia a stento trattenuta
e Sizuku non volle insistere, ringraziandolo per la sua
gentilezza e lasciandoli da soli. Si guardarono a lungo, ma
quando Hanamichi fece per parlare, per dire qualcosa,
laltro si alzò tornando ad allenarsi.
Con un
sospiro tornò da Sizuku, estasiata per aver ricevuto un
appuntamento da Hayasi, ma quando furono fuori dalla palestra lo
prese per un polso facendolo fermare e guardandolo torva
"Certo che voi ragazzi siete ottimi soggetti per esperimenti
sulla contorta psiche umana! Mi spieghi perché non dici a Rukawa
ciò che hai detto anche a me?!"
Hanamichi si
liberò dalla stretta sistemandosi la borsa su una spalla
"Non capirebbe. E comunque io lho fatto per il suo
bene, tanto basta"
Sizuku gli
lanciò unocchiataccia, andandosene impettita borbottando
ad alta voce qualcosa contro gli stupidi ragazzi che non parlano
per assumere il ruolo delleroe romantico e tormentato, per
poi passare a lamentarsi di quellidiota che aveva disegnato
uniformi tanto insulse. La vide fermarsi in mezzo al cortile.
"Perché
cavolo sono stati inventati gli uomini?!?!?!?"
Lurlo
doveva essere arrivato a chiunque nel raggio di cinque chilometri
da lì, ma la ragazza non se ne curò riprendendo a camminare
come se nulla fosse accaduto.
Laveva
praticamente ignorato per tutto il tempo e solo quando aveva
detto quella frase patetica lo aveva degnato di un po della
sua attenzione.
Chissà cosa
voleva dirgli? A dire il vero avrebbe voluto ascoltarlo, ma
sapeva bene che dopo anche una sola sillaba pronunciata da quelle
labbra gli sarebbe saltato addosso per prenderlo a pugni sino a
quando non avesse più avuto sensibilità alle mani.
Non riusciva
a credere di essere capace di amare e odiare allo stesso tempo e
in modo così assoluto una sola persona.
Gli sarebbe
piaciuto sapere come avesse fatto laltro a ridurlo in
questo stato, ma lunica spiegazione che era riuscito a
darsi era che come una cascata che non la sua forza erode la dura
roccia da cui cadeva lacqua, allo stesso modo Sakuragi con
la sua vitalità aveva fatto a pezzi quel rivestimento di puro
titanio con cui si era sino a quel momento protetto,
contagiandolo con milioni di emozioni mai provate e a cui non era
preparato, abbandonandolo poi senza lasciargli nulla cui
aggrapparsi per non affogare.
Entrò in
casa silenziosamente, i suoi genitori erano tornati quella
mattina e probabilmente stavano ancora dormendo per riprendersi
dalla fatica e dal fuso orario.
Aprì il
frigorifero ricolmo di ogni leccornia possibile, ma tutto ciò
che prese fu una pesca che dopo aver lavato iniziò a mangiare
sulla soglia della porta che dava sul giardino illuminato dalla
luce del tramonto.
"Ciao
tesoro, già tornato?"
Si voltò
quasi spaventato, suo padre era arrivato silenziosamente senza
fare il minimo rumore. Annuì, facendo un mezzo sorriso mentre
luomo si stava preparando un caffè e quando fu pronto, con
la tazza in mano, si avvicinò al figlio poggiandosi contro uno
stipite della porta. Stettero in silenzio per molto tempo, fino a
quando il Sole non scomparve oltre lorizzonte e anche dopo.
"Sai, io
e tua madre siamo molto orgogliosi di te e della tua capacità di
cavartela da solo, di saper risolvere i tuoi problemi,
però
" padre e figlio si guardarono e il secondo non
riusciva a capire cosa laltro volesse dirgli "Lo
sappiamo che non stiamo mai abbastanza con te, che dovremmo
tornare a casa più spesso, però
lo capiamo quando stai
male e vorremmo che tu potessi fidarti abbastanza di noi da
poterti confidare"
Kaede rimase
in silenzio, lo sguardo basso "Non cè nulla
che
"
Il padre gli
mise una mano sulla spalla, costringendolo a guardarlo
"Tesoro, se non vuoi parlarmene va bene, ma non mentirmi. Lo
vedo che cè qualcosa che non va. Sei quasi sempre a casa
il pomeriggio, gironzoli per i corridoi come unanima in
pena, non ti accorgi se qualcuno ti chiama e soprattutto non usi
più il tuo campo da basket per il quale mi hai quasi supplicato.
Basta o devo continuare?"
Il ragazzo
sorrise, un lieve incurvarsi mesto delle sue morbide labbra
"Cè
cè qualcosa che non va, però vorrei
cercare di risolvere tutto da solo"
Luomo
sorrise, facendo scivolare la mano fra le scapole
"Daccordo, come vuoi tu" sorrise "Lo faresti
un favore a questo povero vecchio?" si girò verso di lui
"Mi abbracci?"
Rukawa lo
guardò con occhi sbarrati, stringendosi a lui mentre suo padre
gli strinse le mani intorno alla vita, attirandolo a sé e
cullandolo come non faceva da tanto, troppo tempo.
Seduto su una
panchina, gli occhiali da sole sul naso, si guardava intorno alla
ricerca di quella sciagurata perennemente in ritardo, nonostante
fosse stata proprio lei a supplicarlo di incontrarsi per avere le
foto di cui non avrebbe saputo fare a meno per un altro giorno.
Il bianco
avorio fu il primo colore che percepì, e se fosse stato solo
quello non si sarebbe fatta molta fatica a paragonarla ad un
angelo in vena di scherzi, ma il suo abbigliamento
nellinsieme la faceva somigliare di più ad una dark lady
anomala.
Aveva degli
stivali al ginocchio col tacco alto, chiusi con dei lacci per
tutta la loro lunghezza, ricamati a mano, una gonna vaporosa
quasi anni cinquanta formata da cinque o sei strati
di tulle color avorio e quindi assolutamente trasparente, sotto
cui si ammiravano senza fatica le mutandine di seta blu cobalto.
Sopra aveva uno stretto corpetto avorio chiuso con dei nastri di
seta blu sul davanti, lasciato un poco lento in cima e da cui
fuoriusciva una piccola porzione di seno.
Sizuku si
fermò davanti a lui, sorridendo raggiante "Cosa ne
pensi?" fece un giro su sé stessa e solo allora notò che
sulle spalle aveva uno scialle di seta bianca con delle lunghe
frange che arrivavano quasi a terra su cui era ricamata una rosa
blu. E come se tutto questo non fosse stato abbastanza aveva al
collo un laccetto di velluto blu da cui pendeva una croce
dargento rovesciata, il trucco degli occhi era sui toni del
grigio per lombretto e blu per il mascara e la matita; il
rossetto era di una cupa tonalità di blu su cui aveva messo del
lucidalabbra, e infine i capelli erano acconciati in due alti
codini ai lati della testa, in una pettinatura molto simile a
quella di Usagi di Sailor Moon, lasciando libere le ciocche
azzurre davanti gli occhi.
Per fortuna
aveva gli occhiali scuri a coprire la sua espressione sgomenta.
Giusto per usare un eufemismo.
"Allora?
Credi che ad Hayasi piacerà?"
Cheeeeee?!?!
Andava ad un appuntamento con un ragazzo conciata così?!
"Beh
ecco, sì, penso
che gli piacerai
" il problema
era che sarebbe piaciuta anche a qualunque ragazzo lavesse
vista e il povero capitano avrebbe avuto il suo bel daffare ad
allontanarli. Ammesso e non concesso che fosse sopravvissuto allo
shock di vederla conciata così.
"Bene!"
la ragazza si sedette al suo fianco posando la mini borsa che
aveva sulle ginocchia "Le foto?" si sistemò meglio lo
scialle sulle spalle e poi con grazia si tolse una ciocca di
capelli da davanti gli occhi.
Le porse la
busta con quelle quasi cento foto, ancora incredulo. Va bene
essere fuori dagli schemi ed avere un proprio look, però quello
di Sizuku gli sembrava un po eccessivo.
"Grazie"
accavallò le gambe togliendo un immaginario granello di polvere
dalla gonna "Sai, stanotte stavo pensando una cosa. Se per
caso Rukawa venisse da te dicendoti che ti ama ancora e che gli
manchi da morire, chiedendoti di tornare insieme, tu
accetteresti?"
"Non lo
so
" non sapeva che risposta dare, non ci aveva mai
pensato, la riteneva una cosa così improbabile che non aveva mai
voluto illudersi con fantastischerie inutili "Non so, forse
sì
"
Sizuku
socchiuse gli occhi, una strana luce li illuminava "Quindi
ciò che vuoi è la garanzia che lui sarebbe disposto a
rinunciare ai suoi sogni per te, esatto?"
"Cosa?!"
come poteva dire una cosa del genere? "No! Non voglio
questo! Non voglio che Kaede rinunci alla sua vita per me!"
"Ne sei
sicuro?" sorrise "Guarda che è normale ciò che provi,
o meglio
ciò che sottintende il tuo desiderio: la
rassicurazione che per Rukawa tu sei più importante di qualsiasi
altra cosa al mondo. E qualcosa che prima o poi provano
tutti quanti"
La guardò
stupito. Possibile che ogni volta che scopriva qualcosa e pensava
di essere finalmente arrivato alla conclusione della spiegazione
del suo comportamento saltava fuori qualcosa di nuovo?!
Guardò
lora sullorologio a braccialetto doro bianco
che portava al polso e si alzò in piedi sorridendogli "Devo
andare, altrimenti farò tardi" gli mise le mani ai lati del
viso, alzandolo verso il proprio "Vedrai, si sistemerà
tutto, ne sono sicura" gli sfiorò le labbra con le proprie
"Al limite vi chiudo a chiave in una stanza e non ve ne
faccio uscire fino a quando non avrete fatto pace!" gli
strizzò locchio e corse via salutandolo con la mano sotto
lo sguardo inebetito dei passanti.
Larticolo
che Sizuku aveva scritto era a dir poco favoloso e Yasin, insieme
allinsegnante che seguiva lattività del giornale,
decise di dedicargli più spazio di quanto allinizio
preventivato. Quattro colonne in prima pagina e le prime tre
pagine dedicate a specchietti informativi sui giocatori, sul
gioco e soprattutto alle foto di Sakuragi.
Foto che
avevano riscosso molto successo allinterno della redazione
e quando la voce si sparse in giro molte ragazze andarono da lui
chiedendogli foto di Hayasi, Miyagi, Mitsui, Rukawa e persino di
Akagi in cambio di soldi. Lidea non gli dispiaceva, avrebbe
potuto mettere su un florido commercio aiutato anche dalla sua
armata, ma alla fine aveva dovuto rinunciare allidea. I
guadagni sarebbero stati incalcolabili, ma per lui avrebbe
significato non riuscire più a dormire la notte, subissato dalle
richieste di tutta la popolazione femminile di Kanagawa.
Sdraiato sul
proprio letto, fissava con sguardo vuoto il soffitto, pensando
per lennesima volta alle parole di Mitsui, a ciò che aveva
capito, alla voce di Kaede quel giorno in palestra, alla promessa
che aveva infranto.
Un anno fa
gli era sembrato tutto così semplice. Se ne andava per
dimenticare, per non intralciare i sogni della kitsune. Ma ora
aveva capito che non era così. Non del tutto.
In realtà
una parte di sé non era riuscita a sopportare lidea di
vederlo continuare quel cammino che avrebbero dovuto fare
insieme, mentre lui sarebbe dovuto rimanere a bordo campo. Lì,
oltre quella linea bianca che avrebbe diviso le loro vite,
facendoli allontanare sempre più man mano che Kaede avesse
raggiunto i propri obiettivi, sino a quando non si fosse accorto
di non volerlo più tra i piedi a rovinargli la vita.
Era così. Ma
al contempo il suo desiderio di non intralciarlo rimaneva.
Laveva
lasciato per aiutarlo, ma anche per non soffrire lui stesso
quando laltro avesse deciso di non volerlo più con sé.
Allinizio
aveva pensato di aver agito altruisticamente, ora invece si era
reso conto che come tutti gli esseri umani anche le
sue azioni contenevano una buona dose di egoismo.
Spostò gli
occhi per la stanza e lo sguardo si posò sui rullini che doveva
ancora sviluppare, foto della sua città che aveva scattato la
domenica appena passata per cercare di interrompere un po
il flusso incessante dei suoi pensieri. Sospirando si alzò,
prendendoli ed entrando nella camera oscura, accese la luce per
avvertire sua madre di non entrare e iniziò a lavorare per
cercare di non continuare a pensare.
Scese dal
taxi e rientrò in casa. Aveva appena accompagnato i suoi
genitori allaeroporto, e poco prima di lasciarlo andare gli
avevano promesso che per le vacanze invernali lo avrebbero
portato a New York. Chissà, forse si sarebbe dovuto mostrare un
po più entusiasta e non limitarsi a quel pallido sorriso
che, ne era sicuro, aveva deluso i suoi.
Si sedette
sul divano dopo aver messo su uno degli ultimi CD che aveva
comprato, ultimamente ascoltava solo quello, gli piaceva quella
musica moderna che aveva in sé il gusto dei canti gregoriani e
della musica del medioevo europeo.
Stette ad
occhi chiusi per quello che a lui parve uninfinità di
tempo, ma quando li riaprì, dallorologio del video
registratore, scoprì che erano passati appena venti minuti.
Si stirò sul
divano, quasi fosse un gatto e quando rilassò nuovamente i
muscoli il suo sguardo si posò sul tavolino basso di fronte a
sé, e allungando una mano prese il giornale che vi era sopra.
Lo Shohoku
no Sinbun, non sapeva neanche lui perché laveva preso.
La mattina di tre giorni prima aveva dato un veloce sguardo alle
foto e aveva scoperto che il suo Hanamichi era bravo,
probabilmente aveva molto più talento per la fotografia di
quanto non ne avrebbe mai dimostrato per il basket.
Ma
lintervista
quella no, non laveva letta,
qualcosa dentro di sé laveva fermato. Ma adesso voleva
farlo. Si sistemò meglio contro i cuscini del bracciolo e
ripiegando il giornale si mise a leggere.
Il Sole stava
iniziando a calare in quel momento, la stanza invasa da una lieve
luce rossastra.
Doveva
riconoscere che la ragazza ci sapeva fare con carta e penna,
aveva dipinto i suoi ex compagni di squadra molto più divertenti
e intelligenti di quanto in realtà non fossero. Poi cera
il paragrafo dedicato ad Hayasi che sembrava una vera e propria
ode al capitano.
Poi quella
frase: Ma lo sport, il basket, non è solo gioia, allegria,
complicità coi compagni, fatica negli allenamenti. E anche
dolore, tristezza e disperazione quando si vede davanti a sé un
brillante cammino interrotto da un incidente banale, una palla
difficile recuperata quasi con un miracolo, facendosi male, ma
rialzarsi e ridere, sicuri che non sia niente, ma che infine si
scopre aver distrutto tutti i propri sogni e le proprie speranze.
Questo è successo a Sakuragi Hanamichi, ala grande della squadra
capitanata da Akagi che arrivò seconda al campionato nazionale.
Era arrivato.
Aveva
provava timore, stava per leggere qualcosa che era
sicuro non era ciò che si aspettava.
Si alzò e
andò in cucina a prepararsi uno spuntino. Si sedette ad uno
degli sgabelli dellisola, bevendo del tea freddo,
spizzicando il panino e fissando il giornale come fosse un demone
da temere.
Era passato
ad altre parti dellarticolo, agli specchietti informativi
sui giocatori e sul basket, ma evitava accuratamente la parte di Hanamichi; sino a quando non si rese conto di star comportandosi
in modo ridicolo, afferrò il giornale con tutte e due le mani.
La prima
parte dellintervista parlava del suo infortunio e mentre
leggeva quelle parole nella sua mente tornava lespressione
vuota degli occhi di Hanamichi quel giorno al centro di
riabilitazione. Strinse i fogli del giornale, e dopo un profondo
respiro si costrinse ad andare avanti, non poteva fermarsi dopo
essere arrivato a questo punto.
Ma la cosa
peggiore di tutto questo non è stato vedere i miei sogni, le mie
speranze, distrutti; no, il peggio doveva ancora arrivare e sono
stato io, con la mia stupida vigliaccheria, a rovinare tutto.
Stava
stava davvero parlando di loro due?
Per un attimo
di sentì umiliato nello scoprire che Sakuragi parlava ad uno
stupido giornale scolastico di ciò che cera stato fra
loro, ma se questo lo avrebbe aiutato a capire
Cera
una persona che io amavo con tutto me stesso, ma lho
allontanata a causa del mio orgoglio e della mia paura. Non
volevo la sua pietà che ero sicuro sarebbe inevitabilmente
arrivata. Anche lui è uno sportivo ed è da questo che nasceva
la mia paura. Non potevo più stargli accanto come prima e
questo, prima o poi, avrebbe significato il suo abbandono per il
raggiungimento dei suoi obiettivi.
Ma
allinizio lunico motivo che mi ero dato era di non
intralciare il suo luminoso cammino, e nonostante questo sia
ancora in gran parte vero, in questi ultimi tempi ho dovuto
ammettere con me stesso che lho fatto anche per paura.
Accartocciò
il giornale tra le mani, ansimando pieno di rabbia. Si alzò
facendo cadere lo sgabello. Dette un pugno sul ripiano con tutta
la propria forza per poi precipitarsi fuori dalla casa,
sbattendosi la porta alle spalle.
Come aveva
osato?
Gli aveva
mentito. Allinizio gli aveva fatto credere che non
lamasse più e adesso scopriva questo
che
quellidiota aveva paura, non gli aveva lasciato neanche una
possibilità per parlargli, per cercare di farsi capire
e
doveva venirlo a sapere da uno stupidissimo giornale il vero
motivo per cui aveva dovuto vivere questultimo anno
allinferno.
Bussò alla
porta con violenza, doveva parlargli e lavrebbe fatto
subito. Bussò ancora e alla fine gli venne ad aprire Cara.
Entrò quasi con la forza, guardandola a metà tra
linfuriato e il disperato "Dovè?"
La donna
indicò le scale "E di sopra, vedrai una luce rossa
accesa, ma
" non riuscì a finire la frase che Rukawa
era già al primo piano.
Ebbe un
attimo, meno di un secondo, di esitazione di fronte a quella
porta chiusa ma alla fine la spalancò gettando il giornale
accartocciato che ancora aveva in mano addosso a Sakuragi.
"Sei uno stronzo!!"
Hanamichi lo
fissava ad occhi sgranati "Che
che ci fai qui?"
poi si ricordò delle foto "Avanti, esci
"
"No!
Dobbiamo parlare e questa volta lo faremo davvero!"
"Daccordo!"
lo prese per un braccio e lo fece uscire chiudendosi la porta
alle spalle "Ma non lì dentro, mi stai rovinando
unintera giornata di lavoro con la tua scenata isterica, kitsune!"
Lo portò
nella propria stanza, chiudendo la porta e poggiandovisi contro
con la schiena.
"Allora?
Si può sapere che ti prende?" come se non lo sapesse! Ma
minimizzare tutto lo aiutava a mantenersi più calmo "Di
cosa vuoi parlare?"
Rukawa, che
con quel gesto aveva scaricato gran parte della rabbia, ora si
guardava intorno, in quella stanza che sapeva di Occidente, di
America, di libertà. I poster con alcuni dei paesaggi più
tipici, gli stendardi attaccati alle pareti, lo stereo con almeno
un centinaio di CD, il letto ad una piazza e mezza con un
copriletto patchwork, la libreria piena di libri in inglese, foto
attaccate alle pareti e nelle cornici, una coccarda blu per un
primo premio.
Vi si
avvicinò e la sfiorò con le dita "Hai vinto?"
Sakuragi gli
si avvicinò alle spalle, allungando un braccio gli sfiorò la
pelle nuda e prese una cornice "Un concorso fotografico. Ho
vinto con questa" gliela lasciò tra le mani e fece alcuni
passi indietro.
Ritraeva il
capitano della squadra di basket del Marshall High durante
la finale del campionato di stato mentre eseguiva un Lay-up.
Il corpo in aria sembrava quasi volare, il braccio proteso e la
palla che si staccava dalla mano quasi avesse una volontà
propria.
"Sei
molto bravo, davvero
" sfiorò con la punta di un dito
il contorno di quel pallone che era stato tutta la sua vita per
così tanto tempo.
Hanamichi si
strinse nelle spalle "E facile quando conosci i tempi.
Non è nulla di così difficile come tutti pensano"
Kaede annuì,
posando la foto e guardando negli occhi il riflesso di Sakuragi
nello specchio alla propria sinistra "Credi davvero che
avrei mai potuto lasciarti solo perché non puoi più
giocare?"
Laltro
abbassò lo sguardo per un istante per poi riportarlo subito
sullo specchio "Sì. Ma non per tua cattiveria, solo che per
te il tuo sogno è più importante di qualsiasi altra cosa"
"Già,
il mio sogno
" mormorò a fior di labbra. Andò accanto
alla finestra guardando fuori la notte avanzare poco prima della
Luna come un paggio che annuncia larrivo della propria Signora
"Devo essere davvero quellessere insensibile,
liceberg umano che tutti dicono se non sono mai riuscito a
convincere il mio ragazzo dellamore che provo" sorrise
malinconico "Vedi, il tuo discorso si può leggere in due
modi. Il primo, il più semplice, è che tu sottovaluti il
sentimento della persona di cui stai parlando. Il secondo
beh, che la tua sia la logica conclusione data dal mio
comportamento nei tuoi confronti. Probabilmente se fossi stato un
po più aperto, estroverso
"
"Ka
Kaede
" avrebbe voluto fermarlo, impedirgli di
continuare questa sorta di mea culpa, dirgli che se fosse
stato diverso da come è non lavrebbe mai amato come lo ama
ora, ma non riuscì a dire nulla, e così laltro continuò.
"Forse
avrei dovuto farti capire prima, ma la verità è che non lo
sapevo neanche io: la mia vita si divideva tra unossessione
e una passione. Lossessione per il basket che mi ha aiutato
a superare le lunghe assenze dei miei genitori sempre in viaggio,
diventando quasi una droga; e tu
la mia passione.
Lunica persona al mondo che sia mai stata in grado di
distogliermi dal mio mondo di apatia, eri
sei
lunico con cui io sia mai stato davvero me stesso"
sospirò e le sue spalle si abbassarono "Durante tutto
questo tempo ho capito che io potrei vivere senza la mia
ossessione, ma senza la mia passione questa mia vita diventerebbe
solo la parvenza di unesistenza comunque infelice"
rimase in silenzio per alcuni istanti, poi si voltò e tentò di
sorridere, gli occhi lucidi "Ma è sicuramente troppo tardi
per dirti tutto questo, scusa. Mi spiace se ho rovinato il tuo
lavoro. Ci
ci vediamo"
Si diresse
verso la porta, passandogli davanti. Non aveva neanche la forza
di pregarlo per impedirgli di andarsene. Oramai era tutto finito,
la sua unica consolazione era di esser riuscito a parlargli
chiaramente per unultima volta.
Due braccia
lo cinsero intorno alla vita e le mani sintrecciarono sul
suo petto "Aspetta. Non vuoi darmi diritto di replica? So
che io non lho dato a te, però
"
Si rigirò
nel suo abbraccio, guardandolo negli occhi e posando le mani sui
bicipiti "Avanti
" un mormorio quasi
indistinguibile.
"Io
credo che abbiamo sbagliato entrambi. Io pensando di poter
leggere il futuro e tu
" corrugò le sopracciglia
"Beh, al momento non mi viene in mente nulla, ma qualcosa
avrai fatto di sicuro, tu non sei mai innocente, kitsune!"
"Dohao"
Si sorrisero.
"Io ti
amo, e se me lo permetti vorrei riprovare a costruire un noi.
Ti giuro che questa volta non commetterò errori, che
"
Kaede gli
posò due dita sulle labbra, impedendogli di continuare "Non
fare promesse che non puoi mantenere. Promettimi
" gli
cinse il collo con le braccia "
promettimi solo che
continuerai ad amarmi per sempre come in questo
momento
" le ultime parole solo un leggero mormorio
sulle labbra dellaltro, prima di scambiarsi il bacio più
dolce di tutta la loro vita.
-oOo-
1. Cinque
su cinque: nelle comunicazioni militari sta a significare
una comunicazione ottimale. Chi guardava Buffy - The Vampire
Slayer ricorderà che questa era una frase detta molto
spesso da Faith.
2. Ripetere
un'offerta: in Cina, prima che si possa accettare un dono
bisogna rifiutarlo tre volte e solo alla quarta lo si può
prendere.
3. Sharwal
kamez: è l'abito tipico del Pakistan, composto da pantaloni
lunghi larghi e da una giacca che arriva, più o meno, sino al
ginocchio chiusa da una fila di bottoni.
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