Serie: Fullmetal Alchemist
Protagonisti: RoyxAl
Rating: R
E' una storia triste: Fullmetal era scomparso, lasciando un vuoto incolmabile, lacerando due cuori...
quello di Roy, scivolato in un abisso oscuro e quello di Al, una scheggia di luce, ormai flebile e tremolante, che ha perso la sua forza: Edward.
Cercano, sognano e desiderano Ed, ma il fato decide il loro incontro...





 


 

 

Ossessione...

 

di Fairhen

 



 

La pioggia ammantava come un velo oscuro il paesaggio. L'acqua gelida gli frustava il viso, gli occhi nella parodia delle lacrime che restavano imprigionate nel suo cuore, scivolando lungo il collo per insinuarsi sotto gli abiti in una gelida carezza. Il suo sguardo convergeva lontano, in un tempo lontano... Ricordava quella notte con chiarezza, come se il bagliore intenso che tradiva una trasmutazione umana, gli bruciasse occhi. Ma quella casa non esisteva più da molti anni ormai, relegata nel ricordo, sigillata nel passato, come colui che aveva cambiato, sconvolto la sua esistenza senza neanche saperlo.
"Fullmetal..."
Le sue labbra si concessero il piacere di assaporare il suo nome, dopo tanto, tantissimo tempo. Poteva chiamarlo, certo che lui non avrebbe potuto udirlo, e cogliere il disperato sentimento che vibrava nella sua voce, e magari odiarlo...
"Resembool."
Considerò, con l'assurda speranza di ritrovare i tempi andati, di ritrovare il giovane se stesso, giunto in quel paesino di campagna per incontrare due ragazzini particolarmente dotati per l'alchimia, quel giovane tenente colonnello, certo di poter cambiare il mondo... in meglio. Niente e nessuno l'avrebbe mai distolto dal suo impegno, suggellato dal sacrificio di Maes Hughes. Dov'era scomparsa la sua determinazione, i suoi sogni infranti contro il muro del dolore, della solitudine e del rimpianto. Maes, il suo migliore amico l'aveva abbandonato, strappato alla vita dall'homunculus Envy, generato dall'egoista disperazione umana, l'unico che era riuscito ad uccidere Fullmetal. Tutti loro erano così presuntuosi ed ingenui da credere di poter usare l'alchimia senza esserne vittime. Ne era certo quel giorno, lontano, come se appartenesse ad un'altra vita, ad un altro uomo, diverso da quello che era diventato: un guscio che conteneva un vuoto insondabile ed incolmabile. Lentamente, mentre il buio lo circondava come l'ombra proiettata dal dolore che lo straziava, raggiunse la tomba che era al principio di tutto. Nelle tenebre non poteva leggere l'iscrizione offesa dall'inclemenza degli elementi e dal trascorrere del tempo, ma sapeva a chi apparteneva. S'inginocchiò, dove tante volte Ed si era inginocchiato, con le lacrime agli occhi straziato da un dolore che l'aveva spinto a tentare di sostituirsi a Dio. Gli sembrava di scorgere la sua sagoma avvicinarsi. Un lampo illuminò per un istante il paesaggio, scorse il giovane andargli incontro sotto la pioggia torrenziale. Si alzò di colpo con una speranza dolorosa che gli strinse lo stomaco, mentre una scheggia della sua mente lo torturava dicendogli che s'ingannava, che lui non poteva essere lì... mai più.
"Colonnello Mustang! Cosa ci fate qui?!"
Quella voce gli trafisse il cuore, facendolo sanguinare. Deglutì, cercando la voce per rispondere, ma sembrava spenta come la sua assurda speranza.
"Colonnello... Siete voi, vero?"
Chiese il ragazzo con voce titubante, temendo di essersi ingannato. Si era recato all'esterno della casa per prendere della legna da ardere, per mitigare il gelo della notte e gli era sembrato di scorgere in lontananza la famigliare sagoma di un militare. Senza riflettere l'aveva seguito e raggiunto, per scorgerlo chino sulla tomba di sua madre. Nonostante il buio era certo si trattasse del colonnello Mustang... ma ora gli appariva più simile ad uno spettro che ad un uomo in carne ed ossa.
"Si, sono io Alphonse Elric..."
Riuscì a rispondere Roy Mustang, ritrovando l'autocontrollo che l'aveva sostenuto da quando... lui non avrebbe fatto ritorno... mai più.
"Vi prego ripariamoci in casa... Sono felice di rivedervi."
Sorrise il giovane Elric, il colonnello gli ricordava quando Ed era ancora nel loro mondo, quando le loro vite scorrevano avvinghiate come una sola esistenza, in simbiosi e in due costituivano un unico essere completo... ma Ed non avrebbe più respirato l'aria di Resembool, la sua risata argentina non avrebbe vibrato attorno a loro, la sua voce, il calore del suo corpo, la sua forza e determinazione non avrebbero mai più reso il loro mondo migliore.
Lungo la strada che percorsero per giungere a casa, il silenzio parlò per loro, riferendo dolore e solitudine. Giunti a destinazione la luce improvvisa ed il calore gli investirono, strappandoli all'oscurità complice dell'angoscia dipinta sui loro volti. Al indossò un dolce sorriso, che illuminò il bel viso dai lineamenti delicati, ancora fanciulleschi. I suoi grandi occhi ed i lunghi capelli trattenuti alla nuca, in una coda, erano di una tonalità più scura di quelli del fratello, che erano brillanti come il sole, le sue labbra erano meno invitanti, il suo corpo snello era meno flessuoso... Roy si scosse bruscamente dal proprio esame... Alphonse non era Edward e non aveva il diritto di cercarlo in lui.
Gli occhi di Al si posarono sulla figura del colonnello Mustang. Era alto come lo ricordava, dall'unica volta che l'aveva visto, ma più magro, i suoi capelli intrisi di pioggia erano una scheggia di tenebra, come il suo occhio scurissimo, sul pallore della pelle diafana del volto dai lineamenti tirati. Era bello come sempre, ma qualcosa in lui era mutata... sembrava stanco, spento.
"Vi porto degli abiti puliti e degli asciugamani. Dovete fare una doccia calda per lavare il gelo, altrimenti rischiate di ammalarvi."
Esordì Al, lasciandolo sgocciolante sul tappeto, vicino alla porta. Roy fu sollevato di poter sfuggire allo sguardo attento del giovane Elric. Aveva abbassato troppo la guardia e gli serviva del tempo per recuperare una parvenza dignitosa, non aveva preso in considerazione la possibilità d'incontrarlo alla tomba della madre, in piena notte e sotto la pioggia. Doveva inventarsi qualcosa di plausibile per quando gli avrebbe posto delle domande circa la sua presenza là. Non poteva dirgli la verità: che stava impazzendo.

 
Roy fissò il bagliore che filtrava dalla finestra, illuminando la stanza in improvvisi lampi che delineavano il profilo dei mobili nell'oscurità densa come pece. Non riusciva a cedere al sonno, nonostante fosse esausto per la lunga camminata sotto la furia degli elementi e le intense emozioni che l'avevano pervaso, rischiando di travolgerlo. Era grato ad Alphonse di essere stato così gentile da non metterlo in difficoltà, obbligandolo ad affrontare discorsi pericolosi, che l'avrebbero spinto ad inventare scuse penose. Non gli aveva chiesto cosa ci facesse a Resembool in una notte come quella, ad aggirarsi sotto la pioggia come un folle. Negli sguardi che il ragazzo gli rivolgeva aveva scorto una profonda saggezza, come se comprendesse che c'erano verità che era meglio ignorare. Gli era parso realmente contento della sua compagnia... anche lui era rimasto stupito dal piacere che aveva tratto dalla compagnia di Alphonse, l'aveva sempre trovato un ragazzo accomodante e gentile, ma quella notte aveva scoperto che non era solo il fratello di Fullmetal... solo un motivo per soffrire ricordando colui che non avrebbe visto mai più...
"Mai più!..."
Sussurrò a denti stretti, chiudendo con forza gli occhi e stringendo i pugni, rannicchiandosi su se stesso, sotto le pesanti coperte che non riuscivano a mitigare il gelo della sua anima.

 
"Andate già via colonnello Mustang? Non aspettate neanche il ritorno della zia e di Winry? Come vi ho detto ieri, torneranno oggi, nel pomeriggio. Si sono dovute allontanare due giorni per lavoro..."
Esordì Alphonse frapponendosi tra l'uomo e la porta.
"Non dirgli che sono stato qui. Sarebbe la cosa migliore..."
Rispose Roy posando le mani sulle spalle del ragazzo, considerando che erano leggermente più robuste di quelle di Fullmetal.
"Ora ti saluto. Mi ha fatto piacere stare in tua compagnia dopo tanto tempo. Se avrai bisogno di me o se vorrai semplicemente scambiare due parole, sai dove trovarmi. Arrivederci... Alphonse."
Concluse passando oltre ed aprendo la porta. Al lo seguì all'esterno, per poi fermarsi e guardarlo allontanarsi, immaginando Ed al suo fianco.
"Arrivederci colonnello!"
Gridò, colto da un'improvviso senso di abbandono e solitudine. Roy si voltò con un sorriso appena accennato sulle labbra e rispose con il saluto militare, come faceva spesso con Fullmetal... ma Edward non avrebbe più risposto al suo saluto, alle sue provocazioni solo per vederlo arrabbiarsi e rispondere a tono come nessun altro osava fare.

 
Erano passate parecchie settimane dal suo assurdo viaggio a Resembool. Aveva pensato molto spesso alle motivazioni del suo gesto impulsivo, ma non aveva trovato una spiegazione razionale. Forse voleva semplicemente dimostrare a se stesso, una volta per tutte, che Fullmetal non si trovava nel piccolo paese di campagna come spesso fingeva di credere nelle sue fantasie ad occhi aperti, ma che non l'avrebbe visto mai più, che non avrebbe mai avuto la possibilità di fissare quelle iridi del colore dell'oro, stringerlo tra le braccia, sfiorare le sue labbra calde e morbide e ...
"... nello... Colonnello?... Mi state ascoltando?..."
Chiese il Tenente, rigido di fianco alla scrivania di Roy.
"Certo..."
Rispose, assolutamente ignaro delle richieste del giovane di fronte a lui.
"...La vostra firma..."
Aggiunse il sottoposto in evidente imbarazzo.
"Si..."
Rispose Roy firmando il documento, senza avere la minima idea di cosa avesse autorizzato.

 
Il bagliore sanguigno del tramonto inondò il lucido pavimento, non aveva acceso neanche la luce e la penombra stava lentamente ingoiando i particolari della stanza che aveva studiato per ore, giorni, mesi e anni... Diede un'occhiata all'orologio alzandosi con uno scatto dalla poltrona, pronto a fuggire dal suo ufficio. Si sentiva soffocare tra quelle mura che lo relegavano e gli permettevano di perdersi nei ricordi. Poteva vedere Fullmetal seduto sulla poltrona di fronte alla sua scrivania, il suo atteggiamento rilassato, venato d'insolenza ed ironia. Oppure battere le mani sul lucido legno della scrivania, mentre la sua voce permeata dall'ira riusciva a sovrastare la sua. Con quanto coraggio l'aveva sempre affrontato senza lasciarsi intimidire dal suo grado e dalla sua fama. Roy uscì nel corridoio e prima di chiudersi la porta alle spalle, posò un ultimo sguardo all'interno dell'ufficio, immaginando Fullmetal seduto sulla poltrona, con le labbra atteggiate in un benevolo sorriso di scherno.
"Ancora qui colonnello?"
"Già... A domani Fullmetal... mio sogno ed ossessione..."
Mormorò, sospirando per poi incamminarsi verso i parcheggi dove l'aspettavano l'auto e l'autista che lo avrebbero condotto a casa, nel luogo dove era libero di gettare la maschera del Colonnello Mustang, che rischiava pericolosamente di scivolargli dal viso all'improvviso e rivelare il vuoto che celava.

 
"A domani Colonnello."
Lo salutò rigidamente l'autista, Roy rispose distrattamente, lo sguardo catturato dalla figura rannicchiata sugli scalini che conducevano alla porta della sua casa. Il ragazzo sollevò la testa dalle ginocchia, in un gesto che gli ricordò dolorosamente Fullmetal.
"Alphonse..."
Sussurrò Roy stupito, avvicinandosi al giovane che si alzò in piedi, con l'accenno di un sorriso sulle labbra.
"Buona sera Colonnello Mustang... Sono venuto per scambiare due chiacchiere con Voi..."
Roy lo fissò allibito, era veramente giunto da Resembool, affrontando un lungo viaggio solo per parlare con lui? Roy sentì il gelo insinuarsi nella sua anima, temendo che il ragazzo avesse intuito la sua follia e volesse delle spiegazioni.
"Che gradita sorpresa. Ma vieni, entriamo in casa."

 
Alphonse si guardò attorno, il salone era grande ed arredato con gusto, ed un enorme camino riscaldava l'ambiente nella fredda giornata d'inverno.
"Mi hai aspettato a lungo? Devi essere congelato."
Considerò Roy, prendendo atto del pallore del viso delicato, in genere soffuso da una calda sfumatura.
"La colpa è mia che sono giunto senza avvisarvi."
"Potevi venire al Quartier Generale."
"Non volevo disturbarvi..."
Disturbarlo?... Fullmetal non l'avrebbe mai detto... lui così sfrontato, irrompeva nel suo ufficio senza neanche bussare.
"Nessun disturbo Alphonse... Ma dimmi: preferisci fare prima una doccia calda o consumare una buona cena. Possiamo andare al ristorante qui vicino o ordinare qualcosa a domicilio."
Propose cacciando i pensieri che gli invadevano prepotentemente la mente.
"Preferirei non uscire."
Rispose timidamente il ragazzo.
"D'accordo."
Roy mostrò la stanza per gli ospiti ad Alphonse, invitandolo a disfare la valigia che recava con se e fare una doccia, nel mentre lui avrebbe chiamato il ristorante per farsi portare la cena a casa.
"Grazie Colonnello... Così potremo parlare tranquilli..."
Roy nascose il proprio turbamento e tornò in salone, fissò la propria mano che stringeva il telefono tremare visibilmente. Cosa gli stava accadendo? Aveva così paura che i suoi sentimenti venissero scoperti? No, non era solo quello, il tenerli nascosti, gli aveva dato la forza di reagire, di non soccombere, ma se non avesse più dovuto nascondersi, cosa ne sarebbe stato di lui?

 
Roy quasi non assaggiò le pietanze che Alphonse mangiò con appetito definendole squisite, parlando con la sua solita giovialità, ma i silenzi spesso erano troppo lunghi e pesanti. Roy sentiva un nodo stringergli lo stomaco aspettando le domande che Alphonse gli avrebbe posto e dalle quali lui non ne sarebbe potuto uscire indenne. Il giovane non nominò neanche il fratello e non gli chiese della sua folle visita a Resembool, ma le sue parole lo scossero ugualmente.
"Devo frequentare un corso, qui in città, e mi chiedevo se potreste ospitarmi per un periodo in casa vostra... Cercherei di non darvi troppo disturbo."
Il silenzio che seguì la richiesta di Al, fu decisamente imbarazzante. Alphonse nella sua casa, nell'unico luogo dove gettava ogni maschera e mostrava il suo vero volto. La sua casa che conosceva la sua disperazione fatta di notti insonni, bicchieri infranti, dopo essere stati i compagni dell'oblio dell'alcol, di domeniche trascorse nel letto disfatto dai suoi incubi...
"Certo... ma se preferisci posso trovarti un alloggio, magari più vicino al luogo dove frequenterai il corso..."
Quasi balbettò Roy, cercando di cancellare lo sgomento dal proprio volto.
"Grazie Colonnello... sarò discreto, non vi arrecherò disturbo..."
Non vi arrecherò disturbo... Non era il disturbo che Roy temeva, ma la propria instabilità.

 
La loro convivenza durava da alcuni giorni ormai, e senza che le paure di Roy si avverassero. Incontrava Al solo a cena ed i loro discorsi si tenevano sul vago, poi facevano una doccia e si ritiravano per la notte. Roy considerò che poteva sopravvivere per un periodo... anzi dall'arrivo di Alphonse non aveva bevuto una goccia di alcol, per il terrore di perdere il proprio stentato autocontrollo e tradire i propri sentimenti per Fullmetal. Ma quella sera il destino o Al avevano deciso di minare la sua precaria sicurezza.
"Potreste chiamarmi Al, per favore?"
Chiese Al fissandolo intensamente. Roy si fermò nell'atto di portare il cibo alla bocca, lo riposò nel piatto e scrutò il viso dall'espressione seria del ragazzo.
"Certo, se ti fa piacere..."
Rispose Roy, avvertendo una strana sensazione, certo che non fosse una richiesta casuale.
"Si. Forse mi ricorderà Ed... Lui mi chiamava così..."
Mormorò, abbassando lo sguardo. Roy deglutì a vuoto. Fullmetal era apparso tra loro. Era inevitabile, ma si era illuso di poter sfuggire il tormento.
"Io ho dimenticato i quattro anni che abbiamo lottato per riavere il mio corpo... Ho dimenticato il sacrificio di Ed... Ho dimenticato..."
La voce s'incrinò, impedendogli di concludere la frase, mentre un velo liquido velava i grandi occhi chiari.
"Non sei stato tu a dimenticare, ma i tuoi ricordi ti sono stati sottratti. Non puoi fartene una colpa."
Cercò di confortarlo Roy.
"Colonnello..."
"Roy."
Lo interruppe l'uomo.
"Chiamami Roy, almeno qui, nella mia casa. Ci sono già troppe persone che mi chiamano colonnello e nessuno che mi chiami con il mio nome..."
...Tra i quali Fullmetal. Concluse mentalmente, lasciando che Al riprendesse a parlare.
"Roy..."
Sussurrò il giovane a disagio, arrossendo lievemente. Non era semplice osare tanta confidenza.
"Io chiedo il vostr.. tuo aiuto. Ti prego aiutami a ricordare Ed!"
Supplicò cedendo alla forza dell'emozione.
"Io sono il meno indicato..."
Roy si sentì soffocare, cosa poteva dirgli di Fullmetal... che lo amava, lo desiderava, che era l'ossessione che nutriva la sua follia a decretare il suo totale annientamento?
"Credo ti sarebbero di maggiore aiuto Winry Rockbell e sua nonna Pinako, la maestra Izumi o perfino Rose... Loro conoscevano tuo fratello molto meglio di me."
Concluse Roy, sperando di essere stato convincente e di farlo desistere.
"Loro possono raccontarmi i fatti che spesso le sono stati riferiti da terzi... ma con Voi... con te credo, sento, avesse un rapporto speciale... genuino... Che con te Ed fosse realmente se stesso... Non so perché, visto che non ho memoria di voi insieme, ma anche da ciò che riferiscono gli altri... voi litigavate, ci sono state molte incomprensioni, ma... non so, sento che puoi aiutarmi a colmare il vuoto nella mia mente. Puoi aiutarmi a ricomporre il mosaico del passato, le tessere degli altri sono già al loro posto, mancano le tue... se vorrai aiutarmi..."
Concluse con un filo di voce, per paura di un rifiuto che lo avrebbe ferito come una pugnalata letale.
Roy sospirò, cercando un motivo plausibile per rifiutarsi, ma non trovò un'argomentazione razionale.
"So che sei molto impegnato, ma cercherò di non arrecarti troppo disturbo..."
Insistette Al di fronte al silenzio di Roy.
Arrecarti disturbo... Non disturbo, ma dolore, lancinante e fatale...
"Non so se potrò esserti d'aiuto, ma proverò..."
Si arrese Roy, irritato dal proprio stupido orgoglio che non gli permetteva di fuggire.

 
I loro discorsi su Fullmetal li permisero di divenire più intimi, accomunati dalla stessa sofferenza e dai rimpianti. Ma Al aveva appreso, dalla voce di Roy, che tradiva una nota di dolore, che Ed non aveva mai avuto fiducia in lui. Credeva che il colonnello lo usasse spietatamente per perseguire i propri scopi e dopo la morte del tenente colonnello Hughes, l'ostilità di Ed era sfumata nell'odio. Roy aveva solo avuto l'intenzione di aiutarli, colpito dal dolore di due ragazzini che avevano osato sfidare Dio.

 
Erano passati parecchi giorni. Roy entrò in casa, chiuse la porta alle proprie spalle e rimase per un momento a contemplare la desolazione del salone, l'estremo silenzio, la fitta penombra del crepuscolo che filtrava dalle due grandi finestre, il gelo dell'inverno che lo accolse con ostilità. Sospirò e si avvicinò al camino, dove la legna da ardere era ben disposta, pronta per accendere il fuoco. La signora delle pulizie era attenta ad ogni sua esigenza e lui non ricordava neanche il nome di una persona così gentile... era divenuto veramente arido. Schioccò le dita e le fiamme crepitarono incendiando i ceppi, in un fuoco che illuminò il salone. Un sorriso ironico gli contorse le belle labbra al pensiero che era caduto proprio in basso, per usare l'alchimia per uno scopo così futile. Si tolse la giacca ed i guanti e gli abbandonò distrattamente su una poltrona, sfilò gli stivali e le calze lasciandoli vicino a quest'ultima, sfilò la camicia dai pantaloni ed aprì i bottoni lasciando che si aprisse sul petto dalla pelle candida. Il pavimento era gelido sotto i suoi piedi nudi, ma non gliene importava. Si avvicinò alla cristalliera, aprì un'anta e prese una bottiglia di whisky ed un bicchiere. Il liquido ambrato gli bruciò lo stomaco vuoto, ma non aveva voglia di mangiare, voleva solo cacciare quella malinconia, che era preludio dell'angoscia venata di disperazione, che stava arrivando come un enorme onda a travolgerlo. Con il bicchiere in una mano e la bottiglia nell'altra, andò a sedere sul divano, per iniziare il rito che compieva troppo spesso da quando Fullmetal era scomparso...
Quella notte Al avrebbe dormito da un compagno di corso, era felice che almeno lui riuscisse a vivere senza suo fratello.

 
Al aveva assistito all'arrivo di Roy e spiato ogni suo gesto, cercando di attribuirgli un significato. Non era lo stesso uomo che lui conosceva. Aveva deciso di tornare a casa, e non avrebbe saputo dire il perché era rimasto nascosto dietro la porta, che dal salone immetteva sul corridoio. Il comportamento di Roy lo aveva spinto a restare in silenzio, dapprima era stata la curiosità a farlo comportare in modo tanto scorretto, poi... poi l'angoscia dipinta sul volto dell'uomo e le sue azioni avevano decretato che era troppo tardi per farsi avanti. Era certo che Roy non avrebbe voluto che lui assistesse alla sua malinconia. Ma c'era anche dell'altro, lui non riusciva a ricordare il colonnello Mustang del passato, ma secondo il tenente Hawkaye ed il maggiore Armstrong, Roy non era più lo stesso dallo scontro con Archer, dove era stato ferito ed aveva rischiato di morire. Il suo cuore si era fermato per lunghi istanti, ma poi era risorto alla vita... aver sperimentato la morte l'aveva reso estraneo all'uomo che era sempre stato? O c'era dell'altro? Non aveva il diritto di saperlo, ma vedere Roy avvolto dal silenzio e dalla penombra, lo sguardo fisso sulle fiamme crepitanti, il bicchiere in mano, gli richiamava alla mente la sua stessa sofferenza per l'assenza di Edward. Voleva essere forte, non dubitare che sarebbe riuscito a ritrovarlo, ma troppo spesso la ragione ed il cuore giungevano a conclusioni opposte. In silenzio assoluto, si ritirò nella propria camera ed attese per lungo tempo, perso nella sua personale disperazione.

 
Erano ormai le due. Il buio della notte, era ferito dal bagliore delle fiamme che ardevano nel grande camino delineando la sagoma abbandonata sul divano. Roy era crollato sui cuscini di pelle, nera come la sua disperazione. Era grato, ma anche smarrito, dell'assenza di Al, poteva permettere alla sua ossessione di evadere dalla sua mente e torturarlo con la sua tangibile presenza. Si sollevò lentamente a sedere e, per l'ennesima volta, colmò il bicchiere con il forte liquido ambrato, capace di dargli l'oblio ed ottundere la ragione, facendogli dimenticare per un istante che Fullmetal era morto o perso per sempre... Non sapeva cosa lo annientasse di più, sapere che vivesse, respirasse, gioisse, amasse... amasse, ma non lui... o fosse morto...
"No... non lo accetterò mai..."
Farfugliò chiudendo gli occhi con forza, non poteva contemplare la morte di colui che era la sua unica ragione di vita, sopravviveva, trascinando quella ridicola parodia di esistenza che era divenuta la sua vita, solo per la folle speranza di ritrovarlo. Svuotò il bicchiere, indugiando con le labbra sul cristallo, mentre con la mano lo stringeva con forza. Si abbandonò nuovamente, come svuotato dalla vita stessa, portò il braccio che reggeva il bicchiere sugli occhi e stette immobile, perso nel ricordo dell'unico essere umano che avesse realmente amato, perso nel rimpianto di non essersi fatto guidare dai propri sentimenti, ma di averli sempre soffocati e negati. Era la punizione per il suo orgoglio. Aveva temuto di compromettere tutto, la carriera, la dignità, quella tregua simile all'amicizia che lo legava a Fullmetal, ma aveva perso tutto ed anche se stesso...
L'alcol che scorreva nelle sue vene, con la sua clemenza, gli concesse di richiamare alla mente ricordi, che da sobrio gli causavano spasmi di dolore, come ferite aperte e sanguinanti. Quel sorriso, troppo triste su quel volto così giovane, quegli occhi così adulti ed intensi che avevano contemplato troppo orrore, quel corpo lacerato dall'inclemenza della propria disperazione e dal proprio peccato... ma niente aveva potuto piegare la sua forza, la ferrea, quasi folle, determinazione di voler rendere ad Al un corpo... Fullmetal sempre pronto a combattere, a soffocare il proprio dolore e riuscire perfino ad uccidere quello che restava della propria madre in Sloth e vincere... sempre... ma non quel maledetto giorno che era scomparso. Quanti giorni, anni... quante ore, minuti, secondi erano trascorsi da allora...
"Tu mi dimenticherai... tu sei tutto... io niente..."
Sussurrò con voce spezzata. Ancora immobile nella posa che tradiva il suo sconforto, la totale resa, poteva solo soccombere senza la forza di combattere.
"Non mi bastano più i ricordi! Voglio che ritorni da me! Ritorna da me!"
Gridò all'improvviso, sollevandosi a sedere di scatto e lanciando con forza il bicchiere, che ancora stringeva nel pugno, che colpì la parete sopra il camino esplodendo in una pioggia luccicante, al tremolante bagliore delle fiamme, nella parodia del suo cuore e della sua mente che andavano in pezzi, ogni frammento una scheggia di dolore. Il boato lacerò il silenzio della notte.
Al sussultò, ma non si allontanò dalla porta dischiusa, dalla breccia aperta sul segreto dell'oscurità che aveva ingoiato Roy Mustang. Ma di chi parlava? Che alludesse... che alludesse a... a...
"Fullmetal..."
Sussurrò Roy con il trasporto di un amante, come in un ultimo ansito di vita, prima di spirare e ritrovare colui che l'aveva spinto a cercare la morte.
Al spalancò i grandi occhi, portando la mano destra al viso, sulle labbra dischiuse, sconvolto da quello a cui aveva assistito ed udito. Il colonnello Roy Mustang, il grande Alchimista di Fuoco, era distrutto per la scomparsa di Ed... amava Ed... Ma forse era rimorso il suo o la follia di un uomo che aveva perso troppi amici... o i fumi dell'alcol ingannavano i suoi sentimenti... oppure amava veramente Ed...
Al scrutò l'alchimista scivolare tra i cuscini del divano, i piedi nudi posarsi sul basso tavolino di legno scuro, sembrò abbandonarsi ad un sonno agitato o al delirio di un uomo distrutto. Attese a lungo, poi lentamente, senza provocare il minimo rumore, scostò la porta e scivolò nel salone. Il cuore gli martellava violentemente nel petto, sembrava rimbombare nel silenzio come un tamburo, ma non poteva tornare indietro e nascondersi come la ragione gli suggeriva, perché una forza inspiegabile lo spingeva verso quell'uomo, certo di trovarsi in casa da solo. Cosa gli avrebbe detto se si fosse destato all'improvviso? Al indugiò un istante, ma il suo sguardo si posò sul volto di Roy e in quell'istante semplicemente smise di pensare. L'espressione sul suo viso pallido, dalla pelle diafana, tradiva una fragilità inimmaginabile in un uomo come lui, una lacrima brillava imprigionata nella scura rete delle ciglia, lacrime che lui non aveva mai versato e che solo nel sonno erano libere di trascinare fuori dal suo cuore una scheggia di sofferenza. Al girò attorno all'uomo ignaro della sua presenza, si portò dietro la spalliera del divano, continuando a fissare rapito il volto di Roy, come se lasciarlo anche solo con lo sguardo significasse smarrire il vero Roy, sempre nascosto dietro una spessa maschera priva di emozioni. Al si chinò, lo sguardo catturato dalle labbra dischiuse di Roy, lentamente, senza che potesse impedirlo, posò le proprie labbra su quelle dell'uomo. Erano morbide e calde e sapevano di whisky. Posò un bacio delicato come un sospiro e si allontanò, spaventato dalla propria arditezza e dalle intense emozioni che lo travolsero, spezzandogli il respiro e facendogli battere forte il cuore. Cosa era quella sensazione?... Cosa significava il proprio gesto e la reazione del suo corpo...
Roy sospirò ed Al si chinò, nascondendosi fulmineamente dietro il divano, era sconvolto e confuso.
" Fullmetal... Edward..."
Sussurrò Roy, senza svegliarsi, ma agitandosi nel sonno, mentre la lacrima riusciva ad evadere dalle lunghe ciglia, e tracciare una scia che catturò il bagliore delle fiamme, sul volto dalla pelle d'alabastro.
Al strisciò verso la porta e solo quando la chiuse alle spalle si sentì al sicuro. Andò a letto e si avvolse nelle coperte, cercando conforto nel caldo abbraccio. Cosa gli era saltato in mente? Cosa aveva fatto e perché? Perché aveva baciato Roy? E se la mattina seguente lui avesse ricordato l'accaduto?
"Mio Dio ti prego... Fai che stesse dormendo profondamente..."
Sussurrò, cercando nel proprio cuore la forza di negare il sentimento che credeva di provare per Roy. Non conservava ricordi del colonnello Mustang, ma sentiva che era un sentimento antico quello che lo aveva spinto ad agire. Era l'Al che aveva perduto colui che aveva posato quel bacio sulle labbra di Roy... La sua anima legata ad un corpo di metallo, ad un'armatura, aveva forse celato l'amore per il colonnello? E Ed, sapeva? Immaginava o conosceva l'assurda situazione del proprio fratello che provava dei sentimenti per l'uomo che amava lui? C'era stato qualcosa tra il colonnello e Ed? Non riusciva a ricordarlo, il suo passato cancellato, rubato come se non fosse mai esistito, sacrificato per quel corpo di carne e sangue, che aveva potuto sentire il calore, la morbidezza ed il sapore delle labbra di Roy...
"Edward..."
Mormorò in preda allo sconforto.
"Perché mi hai lasciato qui da solo... Noi siamo stati sempre insieme... Siamo vissuti sempre insieme ed insieme dobbiamo morire... Aspettami Nii-san, perché io verrò da te a qualunque costo, ovunque ti trovi."
"Te lo giuro!"
Aggiunse mentre le lacrime scorrevano dai suoi occhi, per scivolare ai lati del viso, e perdersi sul cuscino, il sentimento che aveva scoperto provare per Roy, lo faceva sentire più solo che mai.

 
Roy si destò all'improvviso. Allungò la mano ed accese la lampada, poco distante dal divano, relegando il buio negli angoli della stanza. Aveva sognato Fullmetal. Aveva sognato che si avvicinava a lui nella penombra del salone, rischiarata dal tenue bagliore del fuoco, che si chinava per posare un bacio delicato sulle sue labbra. Con la mano sfiorò le proprie labbra, che sembravano ricordare la morbidezza ed il calore delle labbra di Edward. Era un sogno vivido che stentava a definire tale... era come se fosse accaduto realmente... ma era di certo il desiderio ad ingannarlo, l'alcol a deridere la ragione e la sua mente che cercava di lenire la sua disperazione...
Roy fissò la porta chiusa che dava sul corridoio e considerò che ricordava di averla lasciata accostata, ma aveva bevuto troppo quella notte per pretendere di ricordare dei particolari così irrilevanti. Il suo sguardo corse ai frammenti di vetro disseminati sul pavimento e, nonostante la protesta del proprio corpo, si alzò per pulire prima che arrivassero Al e la domestica. Non se la sentiva d'inventare l'ennesima scusa poco credibile. Ormai gli restavano veramente pochi bicchieri.

 
Era l'alba quando Al entrò dalla porta d'ingresso.
"Buongiorno Roy. Fa un freddo cane stamattina..."
Considerò sfregandosi le mani.
"Ciao Al. Sei tornato presto."
Rispose Roy, abbandonando il salone per recarsi in cucina. Aveva una terribile emicrania e sicuramente un aspetto orribile, che avrebbe incuriosito Al.
"Si, devo recarmi al corso molto presto stamattina..."
Rispose Al, togliendo la giacca pesante.
"Hai già fatto colazione?"
Chiese Roy, sedendo a tavola e tenendosi la testa con la mano destra.
"Si... Ora vado a prepararmi, altrimenti faccio tardi..."
Rispose Al, fuggendo dalla cucina, per rifugiarsi in camera. Chiuse la porta e si poggiò contro il legno scuro. Chiuse gli occhi e deglutì, cercando di controllare l'ansia che gli stringeva lo stomaco in una morsa. Abbandonò la posa statica e si avvicinò alla finestra, la chiuse senza provocare alcun rumore. Non gli sembrava vero che fosse riuscito ad ingannare Roy, uscendo dalla finestra, ed entrando dalla porta d'ingresso, fingendo di rientrare a casa in quel momento. Sperava solo che qualche vicino non lo avesse visto.
Al trasse un sospiro di sollievo, dal suo comportamento poteva ritenere che Roy non ricordasse quanto accaduto la notte.

 
Roy salutò Al che uscì di fretta, fu sollevato, ma trovò strano che il ragazzo, sempre così attento e premuroso, non gli avesse chiesto del suo palese malessere.
"Meglio così."
Considerò ad alta voce, finendo di allacciare la divisa e preparandosi ad indossare la maschera del colonnello Mustang e recarsi al lavoro.

 
Quella sera Al rientrò più tardi del solito e si ritirò direttamente in camera, accusando un'emicrania dovuta al troppo studio. Al sapeva di non dover insospettire Roy, ma non aveva proprio il coraggio di affrontarlo. Doveva riflettere e decidere come comportarsi.
La sera successiva , al suo rientro a casa, Roy fu accolto da un profumino che gli ricordò di avere lo stomaco vuoto dalla mattina, trovò la tavola apparecchiata ed imbandita da pietanze invitanti ed Al seduto che attendeva il suo arrivo. Vedendolo varcare la soglia della cucina il suo volto fu illuminato da uno dei suoi dolci sorrisi.
"Bentornato Roy."
Lo salutò, soddisfatto dall'espressione sorpresa e stupita dipinta sul volto del colonnello.
"Ciao Al... Dobbiamo festeggiare qualcosa?"
Scherzò Roy, considerando l'impegno del ragazzo.
"Forse."
Rispose Al stando al gioco, mentre Roy si lavava le mani e prendeva posto di fronte a lui.
"Hai cucinato tutto tu?"
Gli chiese incredulo.
"Si, è così strano? La mamma è morta quando io e Ed eravamo piccoli, quindi abbiamo dovuto imparare tante cose, non potevamo sempre aspettare la generosità della zia Pinako."
Rispose Al con una nota di malinconia nella voce, dileguata dal sorriso che gli illuminò lo sguardo.
"Ora devi mangiare tutto però! Altrimenti mi offendo!"
Roy lo fissò con simulato spavento.
"Ma basta per saziare l'appetito di dieci uomini!"
"Comunque proverò."
Aggiunse riempiendo il piatto ed iniziando a mangiare con gusto, come non gli accadeva da tempo. Per lui nutrirsi era divenuto esclusivamente una necessità fisica, non più un piacere, ma un fastidio.
Era tutto squisito, ma non avrebbe potuto mangiare un altro boccone senza il rischio di esplodere. Si arrese posando le posate sul piatto, continuando a dialogare con Al. Quella sera era stata veramente speciale, aveva sorriso e recluso la sua disperazione in una prigione in fondo alla sua mente. Mai dimenticata, ma in ceppi.
"Roy posso farti una domanda personale?"
Chiese Al all'improvviso, mentre una sfumatura rosata gli sfumava le guance. Roy preso alla sprovvista, esitò, ma poi assentì.
"Lo so che non è mio diritto chiedertelo... Ma ne parlano tutti... Tutti se lo aspettavano... Era così palese che... beh..."
La determinazione di Al si perse in frasi dal senso incompiuto, che generarono apprensione in Roy.
"Allora?"
Lo esortò l'uomo, teso come le corde di un violino. Si chiese di cosa parlassero tutti alle sue spalle ... e poi, chi erano questi tutti?...
Al prese fiato, arrossendo intensamente ed abbassando lo sguardo, parlò velocemente.
"Tutti credevano che avresti sposato il tenente Riza Hawkaye, dopo che Archer ti ha ridotto in fin di vita e lei si è presa cura di te con tanta dedizione. E poi, era da tempo che sembrava esserci qualcosa tra di voi..."
Concluse senza sollevare lo sguardo dal piatto, incapace d'incontrare lo sguardo di Roy, che si posò sul suo volto, divertito dall'imbarazzo di Al. Già, ora sapeva chi erano i tutti che non sapevano tenere a freno la lingua e le proprie fantasie: Armstrong, Havoc e magari la signora Pinako e Winry e sicuramente tanti uomini sotto il suo comando. Ma era talmente sollevato che la domanda di Al non riguardasse Fullmetal, che sorrise inconsciamente.
"Attribuiscono troppa importanza all'unica volta che ho visto la morte in faccia... E' vero che Archer mi ha lasciato un ricordo difficile da dimenticare..."
Affermò sfiorando la benda scura che celava l'occhio sinistro, che aveva perduto la vista, ma gli restava pur sempre quello destro ed era più che sufficiente. Era stato comunque fortunato e si era salvato grazie all'intervento di Riza. Le era grato, ma non l'amava, aveva provato con tutto se stesso, sarebbe stata la cosa migliore, ma il suo cuore, capriccioso e ribelle, aveva deciso di continuare a battere solo per Fullmetal.
"Ma non posso unirmi per la vita ad una donna solo per gratitudine. Le farei torto e Riza non lo merita."
Concluse con una sfumatura d'amarezza nella bella voce.
"Certo... scusami..."
Sussurrò Al, ma aveva bisogno di capire la causa del baratro oscuro che quella notte aveva visto che si celava in Roy... Voleva trovare una causa che non fosse Ed... Vedendolo così tranquillo e padrone di se, gli sembrava impossibile che fosse lo stesso uomo distrutto dall'assenza di suo fratello.
"Non devi scusarti... piuttosto dovrebbero quei tutti che parlano alle mie spalle e non hanno mai osato chiedermi niente... ma soprattutto dovrebbero tacere per Riza..."
Aggiunse contro la propria volontà, ma Riza era stata la vera vittima di quella triste situazione. Lui si era appoggiato a lei, che aveva sostenuto il peso delle sue ferite fisiche e psicologiche, approfittando del suo amore, per poi fuggire come un vile. Avrebbe voluto amarla, anche per egoismo, per riuscire a fuggire la letale ossessione che si nutriva della ragione e della sua stessa vita... Per poter soffocare il sentimento che l'aveva reso la reliquia di se stesso.
"Sicuramente il tenente Hawkaye deve aver sofferto molto..."
Considerò Al, trovando il coraggio d'incontrare lo sguardo di Roy e concludere la frase.
"... ma anche tu, Roy."
Roy si passò una mano nei capelli di tenebra ed il suo sguardo si perse oltre Al, a scrutare qualcosa di visibile a lui soltanto. Sembrò che stesse per rivelare una scheggia della sua anima, ma tornò al presente e sorrise brevemente.
"Sei troppo giovane per porti questo genere di quesiti."
Con quell'affermazione Roy liquidò l'argomento. Godendo intimamente del disappunto che si dipinse sul volto di Al. Un'espressione intensa, tipica di Fullmetal, come la nota di rabbia ferita che permeò la sua voce.
"Non sono un bambino! Ho dimenticato quattro anni della mia vita, ma essi, anche se perduti, esistono! Il mio corpo sta riconquistando il tempo perduto! Sono stanco che tutti continuano a vedermi e trattarmi come un bambino! Ho quasi diciotto anni!"
Concluse Al alzandosi di scatto, mentre il petto si alzava ed abbassava, in un respiro ansante. Quanto gli ricordava dolorosamente Fullmetal... anche il desiderio di provocarlo risorse come se fosse il maggiore dei fratelli ad affrontarlo e non il pacato e razionale Al.
"Quasi diciotto? Certo, anagraficamente parlando. Ma quando ti sei svegliato nel tuo corpo, quasi tre anni fa, i tuoi ricordi erano fermi a quando avevi poco più di dieci anni... In teoria hai l'esperienza di un quasi quattordicenne..."
Lo provocò Roy, cercando di scorgere quanto di Fullmetal fosse presente in Al.
Al abbassò lo sguardo e fuggì dalla cucina, chiudendosi in camera. Roy sospirò mestamente, Al era sempre così sensibile, l'antitesi di Fullmetal.
"Chi sarebbe il piccoletto?! La pulce che non si vede neanche al microscopio?! Colonnello dei miei stivali!"
"Sarebbe stata quella la tua risposta... Ed io avrei gridato e tu più di me, fino a giungere alle minacce e, se non ci avesse fermato nessuno, alle vie di fatto..."
Povero Al, quanta angoscia si celava dietro il suo sorriso. Doveva scusarsi con lui...

 
Per andare a dormire passò di fronte alla porta chiusa della camera di Al, sostò un istante e la sua voce attraversò la porta di legno scuro.
"Mi dispiace Al... Ho un pessimo carattere."
Si girò per proseguire il suo cammino, ma inaspettatamente la porta si aprì e Al comparve sulla soglia, trafelato.
"Roy..."
Esordì con impeto, ma perse forza e la sua voce divenne pacata.
"Non importa, sono io che sono particolarmente suscettibile riguardo all'argomento... Tu volevi solo scherzare... Buona notte."
Concluse, tornando dentro.
"A domani."
Rispose Roy, non riuscendo ad interpretare gli slanci di Al.
Al si chiuse la porta alle spalle e si diede mentalmente dello stupido. Cosa stava per dirgli?! Che se ci fosse stato Ed al suo posto, lui avrebbe saputo affrontarlo e rendergli il sorriso? Era conscio che Roy scrutasse nei suoi occhi, che contemplasse i suoi gesti, le sue reazioni per scorgere anche un blando riflesso di Ed. E allora? Anche lui si era infiltrato nella sua casa, con l'unico scopo di vedere proiettata su di lui l'immagine di Ed. Di scorgerlo nella mente di Roy, per ritrovarlo anche se in quella misera forma.
"Ed, io ti ricordo ancora bambino... ma mi manchi, senza te non riesco a sopravvivere... Nii-san!"
Sussurrò al buio di fronte a lui, rischiarato dal pallido riflesso della luna, che filtrava attraverso le tende della finestra.

 
Come dimentichi dell'accaduto proseguirono la convivenza, stando attenti a non urtare la suscettibilità l'uno dell'altro, divennero più guardinghi anche se, in un certo senso, meno estranei.
Quella notte Al non sarebbe rincasato, avrebbe dormito da un compagno di corso, con il quale avrebbe studiato fino a tardi per prepararsi per una verifica molto importante. Non gli aveva mai chiesto che corso frequentasse e Al non glielo aveva mai detto... Roy sospirò mestamente, mentre il whisky invadeva la sua bocca, per scivolare come fuoco fuso e bruciargli lo stomaco. Fuoco. Il fuoco era il suo elemento. Lui era l'Alchimista di Fuoco. Fuoco. Fuoco e Acciaio. Fullmetal...
"Avrei voluto forgiarti nel fuoco della mia passione, renderti temprato e forte... Fullmetal..."
Sussurrò seguendo ad alta voce il filo dei suoi pensieri. Un lieve scricchiolio attirò la sua attenzione. Roy distolse lo sguardo dalle fiamme e lo portò alla porta che dava sul corridoio. Lentamente si alzò e la raggiunse, l'aprì di scatto, e sorprese solo il buio ed il silenzio. Aveva bevuto parecchio, ma non era ubriaco, era certo di aver udito...
"Che cosa Roy?... Sei patetico."
Si derise, tornando in salone. Chi poteva spiarlo in casa sua? Al non c'era e non sarebbe di certo rimasto come un ladro a spiare la sua follia. Sperava di incontrare Fullmetal? O il suo fantasma almeno... come in quel meraviglioso sogno ad occhi aperti di qualche notte prima.

 
Dopo molto tempo Al strisciò fuori da sotto il letto, il battito del suo cuore finalmente regolare. Per poco Roy non lo aveva sorpreso, era riuscito a fuggire giusto per una frazione di secondo. Doveva essere impazzito per mettersi in quella assurda situazione. Ma quella sofferenza così estrema era molto simile a quella che lui celava nel proprio cuore, desiderava placarla. Come? Ma soprattutto perché?
Guardingo e silenzioso come uno spettro, Al tornò dietro la porta del salone e sbirciò con circospezione all'interno. Roy era disteso sul divano, come la volta precedente, indossava solo i pantaloni e la camicia aperta sul petto dalla pelle diafana. Con l'occhio socchiuso fissava le fiamme, come se esse potessero mostrargli qualcosa capace di accarezzargli le labbra con un sorriso tristissimo.
"Il giorno sogno solo di te e la notte sei sempre tu a tenermi sveglio... Sei il peccato che mi consuma... Edward..."
La sua voce estranea, un sussurro nel silenzio permeato dal crepitare delle fiamme e dalla densa penombra.
"Non so se esisto o se sopravvive solo questo sentimento letale... che credo sia amore, ma non ne sono certo perché mi lacera in un dolore estremo... mi distruggerà e di me scomparirà anche questo poco che resta..."
Aggiunse posando il bicchiere sul tavolo ed affondando il volto tra le mani, le spalle curve, piegate dal peso di una sofferenza che aveva combattuto, ma che l'aveva sconfitto. Le mani scivolarono via dal viso e le dita della mano destra indugiarono sulle morbide labbra in una carezza sensuale, mentre le lunghe ciglia ottenebravano l'iride scuro, capace di riflettere il bagliore delle fiamme.
"Avrei voluto scaldarti con il fuoco della mia passione, plasmare il tuo corpo e farlo ardere di desiderio... Spingerti ad amarmi, come io amo te... Edward..."
Concluse abbandonandosi tra i cuscini del divano ed all'immaginazione dove Fullmetal era reale e poteva accettare il suo sentimento, con quel suo sorriso capace di fermargli il cuore per un istante, per poi farlo battere fortissimo.

 
Al distolse lo sguardo da Roy, chiuse gli occhi e, solo in quel momento, fu conscio delle lacrime che scivolavano silenziose sul suo volto. Voleva alleviare la sofferenza di Roy, come se con essa potesse estinguere anche il sordo dolore che gli stringeva il cuore, dal giorno che si era risvegliato senza Ed al suo fianco, la prima volta nella sua vita, ma non l'ultima. Quante volte si era svegliato da solo ed affrontato tutti i suoi giorni con quell'assenza che gli rubava il respiro... giorni, mesi che erano diventati anni... Doveva credere con tutto se stesso, combattere fino allo sfinimento e, se necessario, all'estinzione per riavere la sua aria, il suo sangue, la sua vita... per riavere Ed.
Al spostò lo sguardo all'interno del salone ed accarezzò il profilo di Roy, il naso diritto e delicato, le belle labbra riscaldate dal bagliore delle fiamme, l'occhio dal taglio felino e dalle lunghe ciglia. Il petto si abbassava e sollevava ritmicamente, come se fosse stato finalmente vinto dal sonno.
"Sogni di Ed? O solo un velo oscuro, ovattato, ti accoglie nel suo tepido abbraccio, sottraendoti all'angoscia?... Sembri un ragazzino, innocente ed indifeso, spogliato dall'orgoglio che ti sostiene quando sei sveglio... Sei come Ed, sei forte, determinato, duro... ma così fragile. Un cuore di cristallo celato in una corazza d'acciaio..."
Sussurrò Al, sporgendosi all'interno del salone, spasmodicamente attratto da Roy, avrebbe voluto stringerlo tra le braccia, come aveva stretto Ed tante volte, finché lui non lo aveva allontanato, imbarazzato dai suoi slanci d'affetto... Anche Roy l'avrebbe allontanato... Perché lui non era, e non poteva sostituire, Ed. Mai.

 
Roy, dischiuse l'occhio e, attraverso la rete delle ciglia, scorse la sagoma di Ed, fermo sulla soglia della porta che immetteva sul corridoio. Era immobile e silenzioso, come uno spettro. Roy non si mosse, ne aprì completamente l'occhio per paura di vederlo scomparire. Gli bastava solo che ci fosse, anche così, senza chiedersi se la sua ombra fosse realtà o illusione. Un velo offuscò la sua vista, facendo tremare l'immagine di Ed, lentamente una lacrima scivolò sul volto pallido, permettendogli di scorgere nuovamente il ragazzo. Era ancora la, ma non era più certo che si trattasse di Fullmetal... sembrava più alto, meno rigido, più simile ad Al. Roy si alzò di scatto, ma sulla porta non c'era nessuno. Stava proprio impazzendo...

 
Di fronte alle lacrime di Roy, Al era fuggito, non sopportava di vederlo annientato e poi gli era parso che qualcosa nella sua posa e nel suo respiro fosse cambiato, come se stesse per svegliarsi. Non voleva che lo sorprendesse, così si era rifugiato nella sua camera. Ma il sonno non fu clemente.

 
Roy guardò il grande orologio posato sulla mensola del camino, erano quasi le quattro, ancora troppe ore lo separavano dalla luce del giorno e dal ritorno di Al, che riusciva a tenere a freno la sua follia. Si concesse per la prima notte dalla scomparsa di Ed di pensare a qualcun altro. L'immagine di Al prese forma nella sua mente, così simile, così diverso da Edward. Condividevano lo stesso sangue, per tanto tempo, lo stesso destino, gioie, dolori, per poi essere crudelmente divisi. Eppure Al, dietro quell'aspetto dolce, era forte, determinato come Edward. Forse per questo nel dormiveglia aveva sovrapposto la loro immagine... ma non sembrava un sogno.

 
Al aveva sbattuto la porta d'ingresso fingendo di rientrare, mentre Roy si trovava sotto il getto scrosciante della doccia.
"Sono a casa."
Gridò, per farsi udire, Roy lo salutò dal bagno. Al si recò in cucina e preparò la colazione per entrambi, poi sedette aspettando l'uomo per consumare il pasto insieme. Roy non si fece attendere a lungo, entrò in cucina e prese posto a tavola, di fronte ad Al. Avvolto nel pesante accappatoio blu, come la divisa militare, il colore metteva in risalto il suo splendido incarnato, considerò tra se Al. Era proprio bello...
Roy contemplò la sfumatura rosata colorire il volto di Al, che abbassò lo sguardo, fingendosi intento a servire il latte nelle tazze. Roy non riuscì a dare un senso al comportamento del ragazzo, che iniziò a snocciolare una serie di frasi, quasi senza senso, giusto per colmare il silenzio o evitare qualche domanda, ma soprattutto minimizzare l'imbarazzo che l'aveva colto.
"Sei sovreccitato stamattina... cosa hai combinato stanotte?"
Considerò Roy all'improvviso, divertito, ma anche spiazzato da Al. Al lo fissò, ed una nota di panico s'insinuò nel suo sguardo e gli fece tremare lievemente la voce.
"Stanotte?... Stanotte ero da ... a casa di Gilbert... Abbiamo studiato e ...beh, sono felice che abbiamo fatto a tempo a finire..."
Balbettò Al terminando con difficoltà la spiegazione stentata. L'ombra di un sorriso incurvò le labbra di Roy. Al gli appariva proprio strano quella mattina, ma ognuno aveva il diritto di celare i propri segreti, se non gli andava di parlarne con lui, non poteva certo obbligarlo.
"Invece la mia notte è stata veramente pessima, ho riposato malissimo e credo di aver sognato te e tuo fratello..."
Aggiunse Roy posando la tazza sul tavolo e prendendo atto del pallore che spense l'incarnato sul volto di Al. Al fuggì il suo sguardo, come troppe volte quella mattina. Lui affamato di ogni riferimento a Fullmetal, cercò di evadere l'argomento, disorientando Roy, che si chiese se avesse tradito qualche emozione compromettente riferendosi alla propria ossessione.
"E' stato... è stato un incubo allora... mi dispiace..."
Balbettò Al, tormentando il tovagliolo, rendendo palese il proprio disagio.
"Perché ti stai scusando?"
Lo incalzò Roy, sempre più confuso, spinto dal desiderio di comprendere cosa e quando si era frapposto tra loro.
"Mi dispiace di essere responsabile... anche se indirettamente, dei tuoi incubi..."
Mormorò, sempre incapace d'incontrare il suo sguardo.
"Non ho detto che fosse un incubo. Era un sogno... forse perfino bello. Ma non lo ricordo."
Mentì, non poteva certo dirgli che desiderava tanto Fullmetal da scorgerlo tra le ombre del salone, anche da sveglio o quando si riteneva tale.
"Non riesco più a capire se dormo o se son desto..."
Concluse il filo dei suoi pensieri ad alta voce, inorridendo nell'udire la propria voce, aveva parlato inconsciamente e la sua mente perse un attimo di lucidità cedendo al panico alla prospettiva di aver rivelato qualcosa di compromettente. Roy temette che Al chiedesse delucidazioni riguardo le sue strane affermazioni, ma Al si alzò per sparecchiare, evitando di dar peso a quello che aveva udito. Al deglutì a fatica, sapeva benissimo a cosa alludesse Roy, lui conosceva il motivo della sua confusione. Sapeva che non era un sogno, ma un inganno ordito da sentimenti che lui stesso non riusciva a comprendere.
"Non è necessario che lavi i piatti, tra poco arriverà la signora delle pulizie... Io vado a prepararmi per andare al Quartier Generale... Sicuramente l'autista mi sta già aspettando."
Affermò Roy cercando di non cedere alla spasmodica necessità di fuggire, per ritrovare la sua maschera infranta dalle proprie parole. Lasciò la cucina con passi misurati, ma giunto in camera si concesse un istante di smarrimento, prima di indossare la divisa del colonnello Mustang.

 
Per l'ennesima volta, Roy riprese a leggere il rapporto dall'inizio, cercando di concentrarsi, ma perse nuovamente il filo. Inevitabilmente i suoi pensieri tornavano allo strano comportamento di Al, ma soprattutto al suo palese imbarazzo ed al suo sguardo esitante. In fondo era ancora un ragazzino e a quell'età poteva accadere di sentirsi strani... ma Al aveva vissuto delle esperienze così terribili e dolorose, da essere adulto, nonostante i suoi anni. Era forse accaduto qualcosa capace di turbarlo?
Senza rendersene conto Roy strinse il fascicolo nel pugno, rovinando i fogli. Considerando che aveva iniziato a scorgere Fullmetal, come una presenza tangibile da quando Al era giunto nella sua casa... prima del suo arrivo erano stati esclusivamente dei sogni a mitigare il suo dolore e non gli erano mai apparsi diversi da ciò che erano. Possibile che l'ombra che aveva scorto dietro la porta fosse in realtà Al? Al che, per un qualsiasi motivo, era rimasto in casa ed aveva assistito alla sua disperazione... Al, nascosto e silenzioso come un ladro, a carpire il segreto che custodiva gelosamente. Al? Stava diventando paranoico... Al non lo avrebbe mai spiato era troppo corretto e...
"Colonnello! Cosa è successo? C'è qualcosa nel rapporto che può portarci sulla strada giusta?..."
Chiese il tenente all'improvviso, senza che Roy ne fosse conscio si era avvicinato a lui e lo scrutava con un'espressione allarmata dipinta sul volto. Roy seguì lo sguardo del giovane ed inorridì nel prendere atto dello stato pietoso in cui aveva ridotto il fascicolo del rapporto, che doveva visionare. Lasciò la presa e lisciò i fogli, respirando a fondo. Era proprio senza speranza...
"Sto ancora riflettendo tenente... E' stato solo un moto di frustrazione il mio,"
Disse alludendo alla morsa d'acciaio in cui aveva stritolato i fogli.
"per una situazione troppo scura."
Concluse, invitando con lo sguardo il tenente a tornare alla sua scrivania, posta in un angolo dell'ufficio. Il tenente abbassò lo sguardo impallidendo, prendendo atto della propria impulsività, fuori luogo, il colonnello non era tenuto a condividere con lui le proprie intuizioni.
"Vi porgo le mie scuse colonnello."
Nutriva una stima autentica e sconfinata per il grande Alchimista di Fuoco, per lui era un onore essere suo sottoposto.
"Il vostro zelo è encomiabile ed il vostro entusiasmo degno di lode, ma un maggiore autocontrollo vi gioverebbe."
Lo ammonì Roy, senza severità, ma come se desse un consiglio ad un amico.
"Certo colonnello. Farò tesoro dei vostri insegnamenti."
Mormorò il giovane prima di tornare al proprio posto.
Maggiore autocontrollo... da che pulpito giungeva la predica... Lui che perso nei propri pensieri non riusciva a fare il proprio lavoro e che spesso finiva con il parlare ad alta voce e compiere gesti inconsci. Con uno sforzo di volontà e concentrazione tornò a leggere il rapporto, sperando fosse la volta buona.

 
Nei giorni che seguirono tutto sembrava tornato alla normalità, anche se lo sguardo di Al indugiava su di lui quando lo credeva distratto e fuggiva quando il suo lo incontrava. Chissà, forse era lui, vittima delle proprie paranoie, che lo guardava in modo strano e lo metteva in soggezione. Allora Roy decise di fare più attenzione al comportamento di Al, cercando un motivo che placasse i suoi dubbi. Forse Al aveva deciso di tornare a Resembool, in fondo il corso che frequentava sarebbe terminato prima o poi, no? Ma lui non voleva neanche prendere in considerazione quella possibilità, non voleva ritrovarsi nuovamente esclusivamente in compagnia di se stesso e della propria ossessione. Non voleva ritrovare la casa vuota e fredda al suo rientro, non voleva che Al lo abbandonasse...
"Sei pensieroso Roy..."
Considerò Al, ignorato di fronte a lui.
"Si..."
Rispose Roy, mentre un triste sorriso gli accarezzò le labbra.
"... al Quartier Generale ci sono dei problemi... ma niente di così grave da doverlo portare a casa."
Concluse, posando il suo sguardo sul viso di Al, che lo percepì conturbante come una carezza. Al si alzò dalla poltrona, fuggendo le sensazioni che Roy riusciva a risvegliare in lui con un solo sguardo, con la sua voce sensuale ed i suoi gesti...
"Bene, io vado a dormire... Domani mattina devo svegliarmi presto... E poi, dimenticavo di dirti che non rincaserò la sera, ma dormirò ancora da Gilbert... Abbiamo ancora tanto da studiare... veramente troppo e... beh... buona notte..."
Perché la sua parlata era così stentata? Non voleva insospettire Roy, ma quando lui lo fissava, come stava facendo in quel momento, gli sembrava che intuisse che lo stava ingannando... Aveva bisogno d'ingannarlo, ancora una volta, doveva spiare il suo dolore, per nutrirsi di quella sofferenza, simile a quella prigioniera nel suo cuore, ma che lui non riusciva ad esternare... e che lo stava consumando dall'interno, mentre all'esterno sembrava tranquillo e magari sereno.
"A domani Al. Riposa bene."
Rispose Roy, contemplando Al, fermo nel vano della porta, come l'ombra apparsa nei suoi sogni...

 
Sarebbe stata l'ultima volta... ripeteva Al a se stesso. Non c'era più niente da comprendere. Roy amava Ed, con tutto se stesso, al punto da essere ossessionato ed annientato dalla sua assenza. Lui non aveva il diritto di appropriarsi del suo dolore. Voleva vederlo un'ultima volta privo di quella maschera che celava la sua umanità, posare il suo sguardo sul suo volto, dall'espressione che tradiva tutta la sua vulnerabilità, per imprimerselo nella mente e non dimenticarlo mai... per custodirlo nel proprio cuore, per continuare a vivere quando sarebbe tornato a Resembool.
L'avrebbe contemplato da lontano, celato nel buio e poi si sarebbe rifugiato nella propria camera.
Scivolò dietro la porta del salone e scrutò l'interno. Come le altre volte, solo le fiamme diradavano le tenebre quel poco che bastava per permettergli di stupirsi ancora della bellezza di Roy, abbandonato sul divano. La camicia aperta sul torace marmoreo, dalla pelle chiarissima, luminosa contro il nero dei cuscini. Era supino, mentre il bicchiere che reggeva mollemente con la mano destra posava al suolo, versando parte del contenuto sul pavimento. Al lo fissò a lungo, nutrendosi di quella visione che avrebbe ritrovato solo nei propri ricordi.
Senza rendersene conto si ritrovò a pochi passi da Roy, che dormiva con un'espressione affranta dipinta sul viso. Avrebbe voluto sfiorare le sue labbra per l'ultima volta, rubarne il calore, il sapore per rievocarlo nella solitudine della sua vita e trovare il coraggio di andare avanti senza di lui...
Si chinò lentamente, esitò un istante contemplando le lunghe ciglia di tenebra di Roy, poi chiuse gli occhi e posò le labbra su quelle del giovane addormentato, mentre una lacrima sfuggiva al suo controllo e scivolava sul viso di Roy in una disperata carezza.
Le labbra di Roy si mossero e la sua lingua scivolò nella bocca di Al, in un bacio ardente ed inebriante. Roy lasciò cadere il bicchiere e con la mano destra trattenne Al alla nuca, affondando le dita nei serici, lunghi capelli, perché non si ritraesse. Con il braccio sinistro abbracciò il ragazzo, facendolo aderire al proprio corpo. Al si perse nelle intense sensazioni, senza rendersi realmente conto di quanto stesse accadendo, ma spinto dall'irrefrenabile, spasmodico desiderio e bisogno che aveva di Roy. Le labbra di Al lasciarono quelle di Roy per posarsi sul collo dalla pelle serica e dal profumo ammaliante, scivolarono verso il basso nutrendosi del suo calore per fermarsi sulla gola e percepire il battito accelerato del suo cuore. Un sospiro sfuggì dalle labbra di Roy e la sua voce tradì un trasporto intenso, che dominò i sensi di Al ormai fuori controllo.
"Al..."
Roy sussurrò il suo nome, non quello di suo fratello. Al si destò all'improvviso dal sogno per risvegliarsi in un incubo. Con forza si strappò dalle braccia di Roy e fuggì dal salone, per rifugiarsi nella sua camera. Gli occhi sbarrati, il cuore gli batteva convulsamente nel petto ed il dolore intenso lo travolse, come un torrente in piena. Scivolò al suolo, rannicchiandosi su se stesso. Cosa aveva fatto? Come aveva potuto?
"Come?"
Gridò al buio di fronte a se.

 
Roy, incrociò le braccia sugli occhi, restando immobile per lunghi istanti. Poi si alzò e lasciò il salone. Aprì la porta della stanza di Al, senza esitare o bussare.
"Cosa stai facendo?"
Gli chiese con la morte nel cuore, mentre la rabbia gli permetteva di non cedere allo sconforto.
"Torno a Resembool."
Rispose Al senza voltarsi, ma continuando a buttare disordinatamente i vestiti nella valigia.
"Ti stai comportando come il bambino che sostieni di non essere. E' notte fonda... Aspetta almeno a domani mattina."
Lo esortò Roy, stringendo con la mano lo stipite della porta. Cercando il coraggio di varcarla senza cedere all'impulso di afferrare Al e scuoterlo con forza, per distoglierlo dal suo intento.
"Non posso... non dopo quello che ho fatto..."
Rispose sempre senza sollevare gli occhi su Roy, senza soffermarsi a riflettere o anche solo incontrare il suo sguardo, perché avrebbe perso l'effimera determinazione che lo sosteneva.
"Che abbiamo fatto."
Lo corresse Roy, muovendo un passo dentro la stanza, quasi annullando la distanza tra di loro.
"Tu sei ubriaco, ma io.."
Al lasciò la frase a metà incapace di proseguire senza cedere all'emozione.
" Questa sera non ho bevuto."
L'affermazione di Roy spinse Al a sollevare lo sguardo su di lui, mentre un velo oscuro incupiva gli occhi chiari.
"Mi hai ingannato..."
Constatò, impallidendo ulteriormente.
"Perché? Perché l'hai fatto?"
Chiese con voce tremante, ferito dall'ammissione di Roy.
"Perché, tu, l'hai fatto Al?" Perché hai cercato d'ingannarmi?"
"Non volevo ingannarti, io volevo essere Ed... Volevo restituirtelo dopo avertelo portato via. Sarei dovuto scomparire io, tutti amano Ed, Winry, Rose e perfino tu... Dovrebbe esserci lui ora, qui, al mio posto!..."
Gridò con voce roca, mentre le lacrima abbandonavano i suoi occhi scavando rivoli di sofferenza sul suo viso delicato.
"Cosa dici? Tu non ricordi. Quando i suoi occhi ti seguivano, senza che tu fossi conscio del suo sguardo, il dolore incupiva l'oro delle sue iridi. Colpa. Rimorso. Ed ha lottato contro di loro per quattro lunghi anni, con la forza estrema del suo amore."
Roy si avvicinò e strinse Al tra le braccia, cercando d'infondergli calore per scaldare quel giovane cuore, trafitto dalla gelida lama della sofferenza.
"Edward è stato egoista. Ha investito te del peso della sua scelta, del suo sacrificio. Lui non poteva vivere con il peso che ti opprime il cuore. Ha scelto di salvarti perché desiderava che tu vivessi più della propria vita..."
La voce di Roy s'insinuava nei tortuosi labirinti di sofferenza che tenevano prigioniera la sua mente. Avrebbe voluto allontanarsi da lui, ma non poteva, perché sarebbe andato in frantumi come un cristallo. Aveva ceduto a quel dolore che aveva cercato di contenere per troppi anni e non era in grado di affrontarlo, senza esserne annientato. Roy gli accarezzò i capelli, stringendo gli occhi, cercando di dominare l'emozione.
"Tutti amano Edward... ma lui ama solo te. Se ora si trova in qualche luogo, anche in un altro mondo, lui riuscirà a tornare. Solo per te... Niente e nessuno può tenerlo lontano da te..."
Al sollevò il volto, nei suoi occhi lo sconfinato desiderio di credere alle sue parole. Il suo sguardo indugiò sul volto di Roy, cercando quella verità in cui aveva creduto solamente lui per tutti quegli anni.
"Si. Lui tornerà. Mi ero smarrito, ma ora ho ritrovato il sentiero che mi condurrà a lui."
Sussurrò, allontanandosi da Roy, affrontando coraggiosamente il gelo che lo avvolse lontano dalle sue calde braccia.
"Al, non partire. Al io ti..."
Al posò un dito sulle labbra di Roy, facendolo tacere prima che fosse troppo tardi, prima che non trovasse più la forza di opporsi.
"Ho preso la sua vita...non posso sottrargli il tuo amore. Il tuo cuore appartiene a Ed."
Alle parole di Al, Roy abbassò lo sguardo sconfitto.

 
Erano passati giorni, settimane, mesi... il suo soggiorno a casa di Roy era così lontano, custodito nei ricordi nei quali si perdeva e trovava conforto. Continuava a studiare l'Alchimia, con ferrea volontà e incrollabile determinazione. Avrebbe trovato il modo di trasmutare Ed.
"Devo farlo, capisci mamma... Ed deve tornare e vivremo insieme per sempre..."
Sussurrò Al, inginocchiato di fronte alla tomba di sua madre. Si era attardato a parlare con lei, il sole era tramontato e le nubi plumbee avevano oscurato il cielo in un momento. La pioggia iniziò a cade dal cielo, gelida e violenta. Al si strinse nelle spalle, sarebbe giunto a casa bagnato fino alle ossa. Si alzò e, nel momento in cui si voltò, scorse un uomo che indossava la divisa militare avvinarsi. Il suo cuore parve fermarsi per un istante e poi iniziò a battere forte.
"Colonnello... Roy Mustang..."
Sussurrò, incredulo di fronte all'uomo, che credeva non avrebbe più rivisto.
"Roy... Non ha più senso chiamarmi colonnello..."
Portò una mano alla fronte nel saluto militare.
"Soldato semplice Roy Mustang, per servirti."
Recitò, con un sorriso dipinto sulle belle labbra, mentre la pioggia lo investiva inclemente.
"Che cosa?"
Chiese Al incredulo, fissando allibito la divisa che indossava, priva delle mostrine che attestavano il grado.
"Ho rinunciato al grado e all'Alchimia. Il colonnello Roy Mustang, l'Alchimista di Fuoco, non esiste più...Ora mi sento un uomo, finalmente."
Al continuava a fissarlo, incapace di pronunciare una sola parola.
"Questa è la nuova vita che ho scelto per riscattarmi... per essere me stesso."
Tacque, poi all'improvviso afferrò Al per un braccio e lo tiro, lo strinse con forza al petto, impedendogli di fuggire.
"E questo nuovo Roy é libero di amarti, Alphonse Elric."
Sussurrò posando le labbra su quelle di Al, in un bacio delicato come un sogno. Al si perse in Roy, ma la ragione lo spinse a lasciare quelle labbra che aveva desiderato ogni istante.
"Quando... quando Ed tornerà... noi..."
Balbettò incapace di formulare una frase dal senso compiuto.
"Quando Fullmetal tornerà ci dirà che siamo due depravati, e forse sarà la volta buona che riuscirà ad uccidermi."
Rise Roy, la sua ilarità contagiò Al, che rise sinceramente dalla scomparsa di Ed.
Ritroviamoci presto Nii-san, perché devo raccontarti tutte le cose che sono accadute da quando sei scomparso...
 
Ciao a tutti.
Fairhen