One Wild Night

parte I

di Amberyl


-No, non farlo!-
Mi accarezza dappertutto. Le sue mani sono così calde, eppure mi gelano.
-Fermati, ti prego.-
Ma lui non si ferma. Forza con tutto il suo peso per incunearsi tra le mie gambe.
-Lasciati andare- mi dice -fidati, sarà bello-
Nella sua voce qualcosa non mi convince. Ho paura!
-Lasciami.-
La mia resistenza è talmente fiacca che invece di farlo smettere riesco solo ad incoraggiarlo ad andare avanti.
Ce l'ha fatta! Ha forzato la morsa delle mie cosce. Lo sento sistemarsi contro di me.
-Basta, non voglio!-
-Non fare il difficile, tanto lo so che ti piace.-
Contrae i muscoli preparandosi a spingere.
-No, ti prego, nooo.

Apro gli occhi di scatto.
Un sogno. Era solo un fottutissimo sogno.
Dove sono? Riesco a guardare la stanza per un attimo prima che una fitta alla testa mi costringa a serrare di nuovo le palpebre, ma mi basta per rendermi conto che non è la mia camera, non sono nel mio letto e non sono le mie lenzuola che mi si sono appiccicate addosso da quanto sono sudato. Non bastasse il mal di testa, mi viene su una nausea coi fiocchi che m'inchioda al materasso.
Il primo contatto con la realtà lo riprendo quando sento una tapparella abbassarsi e subito dopo una mano accarezzarmi la fronte. Stavolta la luce non mi da fastidio, distinguo chiaramente quello che mi sta intorno: l'armadio in frassino un po' vecchiotto, le tende dai disegni astratti alle finestre, il copriletto di un azzurro intenso, i miei vestiti su di una sedia e il proprietario della mano seduto accanto a me.
<<Sacha.>>
<<Come stai Alex?>> mi sorride materno.
<<Da schifo! Ho un mal di testa che la metà basta e mi viene da vomitare neanche aspettassi due gemelli>>
<<Ci credo, con la sbornia che ti sei preso, se ti cremano, tre giorni di fiamme>> se la ride.
<<Ma vaffanculo, va'! Sfotti, tanto mica ci sei tu in queste condizioni>>
Pacifico come suo solito, si alza in piedi. <<Vado a farti un caffè>>
Devo stare proprio male per parlargli così.
Sacha lo conosco da poco tempo, saranno sì e no due mesi, anzi, un mese e ventiquattro giorni. Me la ricordo bene la sera che c'incontrammo: presi a pugni Paolo perché credevo mi mettesse di nuovo le corna.lo avesse detto prima che erano cugini non lo avrei certo scambiato per il suo amante. E andò a finire che litigai con Paolo, lui mi mandò al diavolo e Sacha, che si sentiva in colpa, si fece in quattro per farci fare pace. Mi ha tirato su nei momenti bui, mostrandomi che miracoli si possono operare con le parole giuste al momento giusto e ha convinto Paolo ad incontrarmi in modo da chiarire tutto, qualche giorno fa', in un bar dalle parti di casa sua. Aveva una faccia più scura della notte quando mi ha visto al tavolo; io ero disperato e l'ho scongiurato di perdonarmi, di credermi che mi dispiaceva da matti e che lo amavo. Paolo ha abbozzato un sorriso, mi ha preso la mano e ha deposto un bacio sul palmo prima di accostarsela alla guancia e dirmi:
<<Va bene, ti perdono, ma non dubitare mai più, per nessuna ragione, del mio amore. Sei la cosa più preziosa che ho.>>
Non credo mi scorderò mai di quelle parole e nemmeno che è grazie a Sacha se siamo tornati insieme. Per farla breve, siamo diventati grandi amici; una di quelle amicizie che nasce spontanea dal nulla, appena conosciuti ci s'intende subito alla perfezione, il tempo passato a parlare vola e ti accorgi che usarsi a vicenda come valvola di sfogo delle ansie quotidiane non è mai un peso. Naturale quindi, che se ieri sera ero ubriaco fradicio mi abbia portato qua invece di consegnarmi in quelle condizioni a mia madre.
L'odore del caffè mi distoglie dai miei pensieri. E' amaro, ma almeno la nausea passa. Prova a farmi mangiare qualcosa, anche se gliel'ho spiegato che alla sola idea del cibo mi viene da vomitare e in ogni modo non ho fame, che non insistesse, e lui, dopo aver mormorato qualche parola imbarazzata di scusa porta via la scodella col brodo di pollo. Lo sento armeggiare per mettere a posto in cucina. Spero faccia presto a tornare qua in camera con me, a riempire il vuoto che avverto da quando mi sono svegliato.
Non ricordo quasi niente di ieri sera e di come sono finito da Sacha, però non è questo il problema. Il resto ho come l'impressione non di averlo dimenticato, ma di non voler ricordare. Quando torna da me non so come affrontare l'argomento. Dovrei scusarmi per come l'ho trattato poco fa' e poi chiedergli di spiegarmi tutto quanto, ma me ne resto zitto a guardarlo. 
Mi secca riconoscere che sono combattuto tra il timore e la curiosità di quello che è stato irrazionalmente rimosso dalla mia mente.
<<Alex, vorrei scusarmi con te per ieri sera>> Sacha tiene gli occhi bassi, segno che è veramente dispiaciuto, ma per cosa?
<<Avrei potuto fermare Paolo subito>> aggiunge come se mi avesse letto nel pensiero.
Ieri sera.Paolo.cosa sta cercando di dirmi? Cosa?
Le immagini mi attraversano la mente come dei flash che illuminano per un attimo una scena buia: la casa di Paolo nel bel mezzo della festa, si ride e si scherza; il mio bicchiere che si vuota e si riempie; rimaniamo soli, tutti se ne sono andati tranne noi due; mi porta in camera, sul letto, mi bacia, mi spoglia, mi tocca dappertutto e.
No.non può essere! Non il mio Paolo!
Per un secondo non sento più il mio cuore battere. Non posso credere che sia successo davvero.non posso o non voglio? Veramente Paolo ha potuto essere così meschino? Eppure mi sforzo di trovare una spiegazione, una scusante, un qualcosa di recondito che possa giustificare il suo comportamento. Ma
certo.come ho fatto a non pensarci prima?
<<Paolo era ubriaco. Eravamo entrambi ubriachi>> ammetto, tanto Sacha non è uno che si formalizza; insomma, abbiamo alzato un po' il gomito, mica siamo andati in giro a scippare le vecchiette.
<<Alex, rispondimi con la massima sincerità>> mi ordina con un tono cupo che non preannuncia nulla di buono <<Preferisci una bella bugia o una brutta verità?>>
<<Vada per la brutta verità>> ma non sono tanto sicuro di volerla sapere.
<<Paolo era pienamente in sé quando ho lasciato la festa. Gli sono stato dietro tutta la sera e ti giuro che non gli ho visto bere un goccio d'alcool. Certo, è rimasto di sasso quando mi ha visto tornare, non si aspettava che qualcuno gli piombasse in camera a disturbarlo. M'ha detto subito senza mezzi termini di levarmi di torno, poi ha cambiato idea e mi ha invitato ad unirmi a lui, -Ma la prima botta è mia- ha chiarito. Dio, non c'ho visto più.forse sta ancora steso sul pavimento, tante che gliene ho date>>
Non serve che aggiunga altro. Ho capito adesso. Ho capito tutto quello che finora mi ero rifiutato di capire.e i ricordi tornano.
Paolo, che mi riempiva in continuazione il bicchiere; già, per essere sicuro che fossi innocuo, nel caso che non apprezzassi le sue attenzioni; Sacha, che esitava a fine festa, che non voleva andarsene, voleva a tutti i costi riaccompagnarmi subito a casa; Paolo, che glielo ha impedito, trascinandomi verso il letto col pretesto che dovevo sdraiarmi.oh, sì che "dovevo", così poteva mettermi meglio le mani addosso e lo ha fatto, mentre mi spogliava, restando insensibile alle mie proteste; Sacha, che spalancava la porta e rimaneva impietrito davanti alla scena che si stava consumando sotto i suoi occhi, che senza aprire bocca mi toglieva di dosso Paolo a suon di pugni.mi rivestiva.mi portava alla macchina.
Non so se sia normale in questi casi avere voglia di piangere. Quello che so di per certo è che mi vergogno a farlo davanti agli altri. Il guaio è che non riesco a trattenermi. Un attimo prima che una lacrima sfugga al mio controllo mi infilo sotto le coperte per nascondermi e così faccio la figura dello stupido due volte, perché Sacha se ne accorge, si china su di me in un abbraccio e mi chiede di perdonarlo per non essere riuscito ad evitarmi questa brutta esperienza.
Lo so, Sacha, lo so che daresti qualsiasi cosa per tornare indietro e portarmi via, infatti, non è con te che ce l'ho: il mio pianto di rabbia è per me stesso, perché l'unico in grado di salvarmi da Paolo ero io, ma, invece di dar retta al mio istinto e mollare quel verme su due piedi la prima volta che l'ho beccato a pomiciare con un altro, ero perso dietro ad un assurdo sogno d'amore, quando era evidente che quel sogno era soltanto mio.
Anche quando mi calmo le sue braccia continuano ad avvolgermi. Per quanto tempo rimaniamo così? Non ne ho idea e non mi importa neanche. Mi importa solo che ora mi sento al sicuro e sto bene, troppo bene, e basta, perché con un solo e semplice gesto è riuscito a darmi tutto il calore di cui avevo bisogno e che non ho mai ricevuto. E un istintivo "grazie" mi esce dalla bocca. Chissà se ha capito cosa voglio dire; penso di sì visto che posa le labbra sulla mia fronte e respira forte l'odore dei miei capelli.
<<Te lo giuro, Alex, la prossima volta che ti molli con qualcuno mi faccio i cazzi miei!>>



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