La signorina Natsuki Takaya non ce la racconta giusta. Tra il maestro Kazuma e Kyo non c’è il rapporto padre-figlio di cui la sensei ci vuole convincere! Tra loro c’è molto di più e io ve lo dimostrerò con questa fic! >_<

Takaya sensei, prendo in prestito i Suoi personaggi di Furuba per un attimo: è per una buona causa!!

Dedico la fanfic a tutte le fan del maestro Kazuma (sempre che io non sia l’unica...!!), esortandole ad uscire allo scoperto e a non lasciarmi sola in un mondo in cui tutte hanno occhi solo per quel rammollito di Yuki!



 


Ojiya

di Cily


 

/“Maestro... mi abbandonerai anche tu?”

Silenzio. Gli occhi di un bambino supplicano. Un sorriso nasce sulle labbra di un adulto.

“Starò sempre con te, Kyo”

Un abbraccio accoglie il pianto liberatorio del bambino. Una lacrima brilla anche sulla guancia dell’adulto.

Le paure si dissolvono lentamente.../

 

Aprì gli occhi e si portò una mano al viso, filtrando la luce che lo infastidiva. Una volta abituatosi, aspettò qualche secondo e si levò a sedere. Scosse la testa, liberandosi del ricordo affiorato durante il sonno. Si guardò intorno e, sorpreso, scoprì un futon disfatto accanto al suo. Mentre ancora si chiedeva di chi fosse, una voce alle sue spalle lo fece voltare.

“Ben svegliato, maestro”

Kyo era fermo sulla soglia e lo fissava accigliato.

“Pensavo che avresti dormito per una settimana intera” borbottò, avvicinandosi.

“Kyo, ma che...”

Si chinò su di lui, gli posò una mano sulla fronte e, con aria seria, decretò: “Sembra che la febbre sia scesa”. Notando l’espressione confusa del maestro, Kyo gli spiegò quanto successo: “L’altro giorno mi sono sorpreso di non vederti al dojo, così Kunimitsu mi ha detto che te n’eri stato a casa perché non ti sentivi tanto bene. Quando sono arrivato eri a letto e avevi la febbre altissima. Hai dormito per due giorni: mi hai fatto preoccupare!” 

“Scusami. Ricordo di essermi sentito male dopo...” il maestro Kazuma si bloccò. Gli era venuta in mente una possibile causa del suo malessere. Non poteva dirlo a Kyo: si sarebbe arrabbiato da morire!

“Dopo? Che cosa avevi fatto, maestro?” domandò sospettoso Kyo. Forse aveva intuito qualcosa...

“Ehm...ecco...mi era venuta fame in piena notte e il servizio a domicilio di ramen era già chiuso, così ho preparato qualcosa da mangiare...”

“Maestrooo!! Quante volte te l’ho già ripetuto?! Non devi MAI mangiare qualcosa preparato da te!”

Di fronte al sorriso di Kazuma, Kyo non riuscì a mantenere un’aria imbronciata, così, borbottando una frase simile a “sei riuscito ad avvelenarti da solo”, si alzò e si avvicinò alla porta. “Maestro, che cosa hai tentato di cucinarti l’altra sera?”

“Ojiya!”

“Se fossi in te non lo direi con quel sorriso soddisfatto!” commentò il ragazzo. “Beh, adesso ti preparerò qualcosa di commestibile”

“Vuoi una mano?”

“Meglio di no, maestro. Rimani a letto a leggere qualcosa”

Così, mentre Kyo scompariva in cucina, Kazuma si alzava per prendere un volume dalla libreria. La sua mano indugiò su due romanzi (di cui uno di Shigure), ma non ne scelse nessuno dei due. Infatti la vista del maestro era stata attirata dalla copertina rossa di un album fotografico. Lo estrasse dallo scaffale e si sedette avvolto dal calore del futon. Lo aprì e, sfogliandolo lentamente, ripercorse momenti della sua vita a cui non pensava spesso - li aveva sempre considerati bui, tristi -, fino ad arrivare alla luce che, da un giorno all’altro, aveva invaso la sua esistenza: immagini di Kyo riempivano più della metà dell’album, una vicino all’altra e con accanto una scritta che ricordava il luogo o la circostanza in cui era stata scattata la fotografia, oppure riportava semplicemente l’età del bambino al momento dello scatto. Kazuma, però, non aveva bisogno di leggere quegli appunti per contestualizzare le immagini: ricordava quei momenti con assoluta precisione. Non aveva voluto perdere nemmeno un respiro del suo adorato Kyo.

Si perse a sfiorare la superficie delle fotografie e non si accorse dello scorrere del tempo attorno a lui. Infatti, quando Kyo comparve di fronte a lui in carne ed ossa, gli sembrò che fossero passati solo pochi minuti da quando era scomparso in cucina.

“Che stai facendo, maestro?”

“Niente, niente. Mi rinfrescavo la memoria su quanto eri carino da bambino” rispose Kazuma, girando l’album in modo da mostrare al ragazzo le fotografie.

“Mettile via, maestro!” esclamò, rosso d’imbarazzo. Appoggiò un vassoio accanto al futon e sottrasse il raccoglitore al suo legittimo proprietario, per poi posarlo con malagrazia su uno scaffale qualsiasi.

“Perché fai così, Kyo? Dovresti guardare anche tu quanto eri grazioso da piccolo” sorrise il maestro. Il ragazzo sbuffò e gli spinse davanti il vassoio, sul quale era posato un piatto fumante di minestra.

“Wow! L’ojiya! Grazie mille, Kyo!” esclamò contento Kazuma. “Mmh...è buonissimo!”

“Veramente è solo un ojiya normale: non è niente di speciale”

“Anche quello che hai preparato a Toru era squisito: me l’ha detto lei stessa”

“Sarà...” borbottò il ragazzo.

“Sai, sono contento che tu abbia dei nuovi amici e che ti preoccupi per loro: sei sempre stato un bambino generoso!” disse il maestro, portandosi alla bocca un cucchiaio di riso.

“Non sono così bravo, maestro. In realtà sono un egoista...se una persona a cui voglio bene sta male, mi preoccupo per lei perché non voglio che mi lasci da solo...Anche adesso è così, maestro. Sei stato male e io voglio che tu ti rimetta in forze per poter stare con te”

Kazuma appoggiò il cucchiaio sul vassoio e gli fece un sorriso.

“Devi sapere, Kyo, che l’amore è egoista. Nel momento in cui amiamo una persona, vogliamo che ci faccia sentire bene e ciò accade quando questa persona sta bene, così ci sforziamo di renderla felice, per poter essere felici a nostra volta. Se ci pensi è come hai detto tu: è un comportamento egoista. Ma non trovi che sia un egoismo molto dolce?”

Kyo rimase in silenzio per un attimo, per poi borbottare: “Non metterti a parlare di queste cose, maestro! Quando fai il sentimentale mi spaventi!”

Kazuma ridacchiò e terminò il suo pranzo. Mentre Kyo lavava i piatti, ripensò a quanto aveva detto e si accorse di poterlo applicare perfettamente al suo caso. Adorava Kyo e, per essere felice, aveva bisogno che Kyo lo fosse. Era per questo che gli permetteva di vivere con Shigure, perché potesse stare a contatto con i ragazzi della sua età e si divertisse senza dover badare a un adulto distratto e maldestro. Kazuma non poteva non ammettere di sentire terribilmente la sua mancanza e trovò che il fatto di trattenerlo al dojo con la pretesa di fargli fare allenamenti supplementari fosse una scusa per poterlo avere vicino. Gli mancavano i momenti di intima confidenza che avevano insieme e si ritrovò a sperare che il suo malessere durasse ancora per qualche giorno per poter godere ancora un po’ della compagnia di Kyo.

“Kyo, da quanto tempo hai detto di essere qui?” domandò il maestro, ricordandosi di un dettaglio.

“Oggi è il terzo giorno. Perché me lo chiedi?”

“Non starai per caso marinando la scuola, vero?”

Il ragazzo fece spallucce. “Che vuoi che me ne importi?”

Kazuma sospirò. “La scuola è importante, Kyo”

“Ma tu lo sei di più, maestro”

Kazuma non potè non sorridergli. “Se ora che mi hai detto questo, ti spedissi a scuola, sarei proprio un ingrato, vero?”

“Sì, maestro, lo saresti” ridacchiò Kyo.

“Allora ti permetterò di restare qui con me. Ma domani, volente o nolente, andrai a lezione”

Kyo sbuffò ma non replicò. Ripose il suo futon e si sedette sul tatami accanto al maestro.

“Quando sei stato male, ho subito chiamato Hatori. Quando è venuto a visitarti mi ha detto che non sarebbe stata necessaria nessuna medicina perchè probabilmente avevi mangiato troppo...ma se hai male da qualche parte posso darti un’aspirina. La vuoi?”

“No, grazie. Mi sento molto meglio. Il tuo ojiya è miracoloso. Anche Toru mi ha detto di essersi sentita meglio dopo averlo mangiato...dovresti brevettarlo!” commentò allegro.

“Ma che stupidaggini dici, maestro?” gli sorrise Kyo. “Però sono contento che tu abbia riacquistato le energie. Sei pimpante ed è un buon segno”

“Sto bene adesso! Ma ho una richiesta”

“Dimmi, maestro” Kyo era un po’ sorpreso: era raro che il maestro gli chiedesse un favore.

“Mi passeresti l’album che sfogliavo prima?”

Kyo si sentì deluso per un attimo: pensava di poter fare qualcosa per il maestro...ma tutto ciò che gli chiedeva era di alzarsi e portargli un album di fotografie! Tuttavia, scuotendo la testa, fece come gli era stato chiesto e si accomodò vicino a lui, appoggiando il viso alla sua spalla e sbirciando da quella posizione le fotografie.

Vide che Kazuma esitava sulle prime pagine, che contenevano i frammenti di vita precedente al loro incontro. Il ragazzo osservò nelle fotografie il viso serio del suo maestro e, nonostante lo cercasse, non riuscì a trovare un sorriso sul suo volto adolescente. Eppure ora sorrideva così spesso! Con la coda dell’occhio sbirciò il profilo del maestro e si sentì rassicurato nel vederlo sereno. Tornò con lo sguardo alle fotografie della giovinezza di Kazuma e si domandò come mai l’espressione catturata appariva sempre così seria. Da quando lo conosceva, il maestro era sempre sembrato sereno ed era pronto a rivolgergli un sorriso o a regalargli una carezza in ogni momento. Ripensò alla prima volta in cui il maestro aveva allungato la mano verso di lui per accarezzargli i capelli. Si era ritratto, temendo che volesse picchiarlo. Dopotutto era una reazione comprensibile: suo padre aveva alzato le mani su di lui solo per schiaffeggiarlo. Non conosceva delle mani che non fossero quelle di sua madre. Chiunque avesse assistito al comportamento di quel bambino maledetto, si sarebbe offeso e l’avrebbe abbandonato a sé stesso, disfacendosene in fretta. Invece il maestro aveva disteso le labbra in un sorriso dolcissimo (il più dolce che gli occhi tristi di Kyo avessero mai visto) e gli aveva sussurrato: “Non ti preoccupare. Non ti farò del male. D’ora in poi ti proteggerò sempre. Perché io ti capisco, Kyo”. In quel momento il bambino non era più riuscito a trattenersi e si era gettato tra le sue braccia, singhiozzando di stanchezza, di sollievo.

Kyo sospirò a quel ricordo e, ritornando alla realtà, si accorse che Kazuma stava staccando delle fotografie dall’album. “Maestro, cosa fai?”

“Penso che sia meglio togliere queste foto” rispose, senza alzare lo sguardo dal suo lavoro.

“Perché?”

“Vedi, non credo sia giusto tenere le foto di quando ero ragazzo nello stesso album in cui sono raccolte quelle che ho scattato insieme a te”

“Maestro, non ti capisco”

Kazuma si interruppe, ma non alzò lo sguardo.

“Kyo, prima di incontrarti ero diverso. Detesto ciò che ero e non voglio mischiare i momenti felici con i ricordi di una vita che ho odiato” spiegò in tono serio, riprendendo a staccare le fotografie.

Il ragazzo non disse niente, rispettando la scelta del maestro. Non sapeva molto della vita di Kazuma precedente al loro incontro, ma aveva capito che preferiva non parlarne. Gli importava che adesso fosse felice.

Una volta finito di staccare le foto, Kazuma le fissò per un attimo. “Kyo, ti va di darmi una mano?”

“A fare cosa?”

“A strapparle” disse con sicurezza.

Kyo rimase zitto per un attimo, per poi chiedergli se fosse sicuro di quanto stava facendo.

“Certo, sono convinto. Non voglio niente che mi ricordi una vita senza di te” gli sorrise il maestro.

Kyo gli rispose distendendo le labbra e allungò la mano verso una foto. La strappò in quattro e abbandonò i pezzi sul tatami. Kazuma lo imitò e, in cinque minuti, ebbero finito. Il ragazzo si alzò e, raccolti tutti i pezzi, li gettò nel bidone. Una volta risedutosi accanto al maestro, rimase in silenzio a guardarlo mentre, con il viso sereno, accarezzava con l’indice la plastica che ricopriva le immagini. Kyo appoggiò nuovamente il volto alla spalla del maestro e, con la coda dell’occhio, vide un frammento di colore sul futon bianco. Allungò la mano e raccolse il pezzo di una fotografia che evidentemente gli era sfuggito. Lo girò per vederne l’immagine. Sussultò. Il maestro se ne accorse e sbirciò il pezzetto che aveva in mano, ma non disse niente.

“Maestro...perché hai strappato anche questa?”

“Te l’ho già detto: non voglio niente che mi ricordi una vita triste senza di te”

Kyo rimase un attimo in silenzio, guardando il volto della ragazza nella fotografia. “Ma tu eri felice con Aiko. Le volevi bene”

“Il tempo cambia molte cose” rispose tranquillo.

“Ma non i sentimenti profondi come l’amore, maestro!”

“Allora questo significa che non era amore, no?” sorrise.

Il ragazzo fece una pausa, prima di aggiungere qualcos’altro, quasi in un sussurro. “È stata colpa mia”

Kazuma gli alzò il viso e, costringendolo a guardarlo negli occhi, disse: “Non è vero. Tu non c’entri niente”

“Maestro, non mentirmi! Io...so perché Aiko se n’è andata!”

 

/Una mano si posa sul capo di un bambino. Un viso amico gli sorride. “Kyo, puoi aspettare qui un attimo mentre parlo con Aiko?”

Il bambino annuisce e segue con lo sguardo l’adulto che, insieme a una ragazza, si chiude la porta scorrevole di un’altra stanza alle spalle. Il bambino rabbrividisce: ha visto lo sguardo carico d’odio lanciatogli dalla ragazza. Sente le voci degli adulti. Non vorrebbe origliare, ma sente la ragazza dire il suo nome. Si avvicina alla porta scorrevole e tende l’orecchio.

“Kazuma, per quanto tempo hai intenzione di andare avanti così? Non puoi continuare a trascurarmi a causa sua!”

“Ti prego, Aiko, non urlare”

“Io urlo quanto mi pare!”

“Così spaventerai Kyo”

“Devi smetterla di parlare sempre di Kyo! Non fai altro che stare con lui! L’unico nome che hai sulle labbra è il suo! Non ci pensi a me?!”

Il bambino si morde le labbra. Sente la tensione tra i due adulti anche se non è nella stanza insieme a loro. Sente la rabbia della ragazza. Ma anche tanta tristezza.

“Aiko, ti...”

“Non pensi che io stia soffrendo?!”

“Aiko, quel bambino ha bisogno di me. Lo hanno abbandonato tutti e...”

“Ma anche io ho bisogno di te!! Perché non lo capisci?!”

Il bambino sente il sapore salato di una lacrima sulle labbra. Sa come andrà a finire. Sa che anche il maestro, che si è dimostrato così gentile con lui, lo abbandonerà. Gli dirà: “Mi dispiace” e si volterà. E lui potrà solo vedere la sua schiena che si allontana. Un’altra lacrima gli riga la guancia. E anche il volto della ragazza è bagnato di pianto.

“Ti prego di capire, Aiko...”

“Io non voglio capire un bel niente!! Devi scegliere, Kazuma! Io non posso continuare a vivere così! Non puoi chiedermi di vivere con...con quel mostro!”

Il rumore di uno schiaffo soffoca la voce della ragazza. Il bambino conosce molto bene quel suono e, istintivamente, si tocca una guancia. Ma questa volta non è stato lui ad essere colpito. Eppure...eppure piange lo stesso. Perché quella parola (mostro!)...gli ha fatto più male di uno schiaffo. Tenta di fermare le lacrime e i singhiozzi gli fanno male in petto. Lo sa. Sa che cosa succederà. Sa che il maestro lo caccerà.

Ma non vuole sentire la voce dolce che lo ha invitato ad abitare insieme, che gli ha ripetuto  “non è colpa tua”...non la vuole sentire mentre dice “domani lo manderò via, Aiko”. Così si alza e, in punta di piedi, con le labbra strette per trattenere i singhiozzi, sgattaiola sul balcone.

Il bambino aspetta e il suo pianto soffocato si spegne a poco a poco. Rimane seduto con la schiena contro la ringhiera, esausto. Con gli occhi socchiusi vede la ragazza infilarsi le scarpe e uscire di casa, sbattendo la porta con violenza. Per minuti lunghissimi il silenzio si impossessa della casa e l’unico rumore che il bambino riesce a percepire è il battito del proprio cuore. Poi l’uomo compare dietro la portafinestra che dà sul balcone e l’apre, facendo un passo verso il bambino. Il bambino si era detto che avrebbe accettato in modo maturo l’abbandono, se n’era convinto. Ma è sempre stato difficile comandare al cuore.

“Maestro... mi abbandonerai anche tu?”

Silenzio. Gli occhi del bambino supplicano. Un sorriso nasce sulle labbra dell’adulto.

“Starò sempre con te, Kyo”

Un abbraccio accoglie il pianto liberatorio del bambino. Una lacrima brilla anche sulla guancia dell’adulto.

Le paure si dissolvono lentamente.../

 

“Se n’è andata per colpa mia!”

Kazuma scosse la testa. “No. Sai bene che non è così”

“Maestro, tu mi hai preso con te quando tutti mi allontanavano. Ti sei attirato addosso le calunnie di tutti e hai perso la donna che amavi...come puoi dire che non è colpa mia?! Io ho rovinato la tua vita!!”

Un abbraccio improvviso impedì alle emozioni di Kyo di riversarsi in parole. Il maestro lo strinse, per poi parlargli a bassa voce, all’orecchio. “Ti prego, Kyo, non dire mai più una cosa simile. Non pensarla nemmeno. Tu mi hai dato una vita, non l’hai rovinata”

Il ragazzo si sentì sciogliere in quel calore e non disse più niente. Premette il viso contro il petto di Kazuma, come faceva da bambino. Rimasero ad abbracciarsi per lunghi minuti e a Kyo venne in mente ancora una volta il momento del litigio tra il maestro ed Aiko. Si ricordò del suono dello schiaffo che lo aveva spaventato. Si ricordò che nel momento in cui Aiko lo aveva chiamato “mostro”, il maestro l’aveva zittita. E si ricordò che fu la prima e ultima volta che vide o sentì Kazuma schiaffeggiare qualcuno. Non l’aveva mai fatto nemmeno con lui, quando, da bambino, combinava qualche pasticcio. Era sempre stato rimproverato con un sorriso, con un “non farlo più”. Ma le mani del maestro lo avevano sempre e solo accarezzato, abbracciato. E invece, quella volta, non si era potuto controllare e l’aveva difeso, anche a rischio di perdere per sempre la sua donna. Kyo si sentì meschino, ma fu felice di ricordarsi di essere stato messo al primo posto. Fu felice di ricordarsi che il maestro non gli aveva mai voltato le spalle.

“Grazie, maestro. Grazie”

“Tu mi hai salvato da una vita buia, Kyo. Sono io a essere in debito con te”

“Non dire stupidaggini, maestro” borbottò, sciogliendosi dall’abbraccio. “L’unica cosa di cui potresti essermi debitore è la quantità di volte che ti ho salvato dall’avvelenamento, impedendoti di cucinare!”

Kazuma rise, scompigliandogli i capelli. “Sai, Kunimitsu mi ha suggerito di pagare una cuoca. Dice che non è salutare mangiare sempre cibi precotti comprati al minimarket” 

“Certo che non è salutare, maestro! Alla tua età dovresti saperlo!”

“Beh, ma se non ricorro ai cibi precotti, non posso sopravvivere! Hai visto anche tu che mi avveleno, se cucino io!” rise il maestro.

“Veramente non trovo che cosa ci sia di tanto divertente nel rischiare di morire ammazzati da un ojiya!”

“Dai, Kyo, non continuiamo a rivangare questo episodio vergognoso! Ora sto molto meglio, come vedi. Domani tornerò al dojo”

Kyo lo guardò perplesso.

“Che c’è, non sei contento di riprendere gli allenamenti?” gli chiese Kazuma.

“Non è questo, maestro. Stavo pensando che forse è meglio che tu riposi per un altro giorno...”

“Non ce n’è bisogno, mi sento benissimo” sorrise il maestro.

Kyo lo squadrò da capo a piedi, per poi decretare: “Va bene, fai come vuoi, ma non sforzarti troppo, intesi?”

“Intesi”

Dopo una breve pausa, Kyo aggiunse: “Sono contento che domani riprenderemo gli allenamenti al dojo”

“Anche io. E sono contento che la tua passione per le arti marziali sia sempre la stessa!”

Il ragazzo parve rifletterci su. “Sai, si dice che una disciplina piaccia anche perché il metodo dell’insegnante piace”

“Ti piace il mio modo di insegnare?” domandò Kazuma, sinceramente interessato alla risposta.

Il viso di Kyo si illuminò all’istante. “Certo, maestro! Sei bravissimo! Non c’è nessuno che possa batterti! E non sei solo forte, ma ci sai fare con le persone! Penso che anche gli altri allievi direbbero lo stesso...anzi, ne sono sicuro!”

Kazuma sorrise nel vedere Kyo prendersi così a cuore l’argomento. Si stava prendendo a cuore lui. E quella era la cosa che più gli scaldava il petto.

“Ti ringrazio, Kyo, ma questi complimenti non ridurranno gli allenamenti!” scherzò il maestro.

“Argh, e io che ci avevo sperato!”

“A parte gli scherzi, devo ammettere che sei diventato forte, Kyo” osservò Kazuma.

“Ma non abbastanza per battere Yuki” rispose in tono serio.

“Io sono convinto che riuscirai a sconfiggerlo. Forse ci vorrà ancora del tempo, ma sono certo che ce la farai. Magari potremmo andare ancora in montagna ad allenarci, che ne dici?”

“Dici davvero, maestro?”

“Certo, Kyo”

“Grazie mille, maestro” sorrise il ragazzo.

‘Ti prego, non ringraziarmi. Lo faccio per me. Per starti vicino. Non ringraziarmi...’ Kazuma non rispose. Mantenne i suoi pensieri per sé e si limitò a rivolgergli uno sguardo dolce.

Sentirono la voce di Kunimitsu che chiamava il maestro, annunciando la propria presenza. Kyo gli gridò di entrare e comparve nella stanza l’assistente di Kazuma, che, dopo aver salutato entrambi e dopo essersi informato sulle condizioni del maestro, consegnò una borsa a Kyo.

“Sono andato a fare la spesa e vi ho portato qualcosa”

“Grazie, Kunimitsu, ma non avresti dovuto disturbarti. Per ringraziarti ti preparerò un the!” sorrise Kazuma, alzandosi. Ma nel momento in cui terminò la frase, calò un silenzio ghiacciato sulla stanza. Il maestro li guardò senza capire e fece per raggiungere la cucina, ma Kyo lo afferrò per una manica, dicendogli di sedersi.

“Non ti preoccupare, maestro, ci penso io al the. Tu sta’ qui a far compagnia a Kunimitsu” sentenziò Kyo, non dando spazio ad alcun tipo di repliche e scomparendo in cucina.

“Sono contento che lei stia meglio, maestro. Kyo mi ha raccontato perché è stato male...gliel’ho ripetuto mille volte di non mangiare mai qualcosa cucinato da lei”

“Kunimitsu, non insistere anche tu con questa storia. Ho imparato la lezione e ho pensato a ciò che mi hai detto: assumerò una cuoca”

“Mi sembra un’idea ragionevole, maestro. Ma...”

“Che cosa c’è, ora? Sei stato tu a suggerirmelo!” esclamò Kazuma.

“Sì, maestro, me lo ricordo bene. Mi chiedevo solo come la prenderà Kyo”

“Kyo?”

“Sì, insomma, non crede anche lei che potrebbe diventare...come dire, geloso?”

“Pensi che potrebbe esserlo?”

“Io credo proprio di sì, maestro”

Kazuma non rispose niente, rimanendo sovrappensiero fino al momento in cui Kyo tornò dalla cucina portando un vassoio su cui erano posate tre tazze fumanti di the. Bevvero chiacchierando del più e del meno e, dopo una decina di minuti, Kunimitsu si congedò da loro, dicendo di dover sbrigare alcune faccende.

Kazuma si alzò insieme a Kyo e insistette per aiutarlo a lavare le tazze. Mentre le sciacquavano sotto il getto del lavandino, Kazuma domandò: “Non hai nostalgia di casa?”

“Quale casa?” chiese il ragazzo, strofinando un asciughino su una delle tazze.

“Quella di Shigure”

“Non è casa mia, maestro. Ci dormo e ci mangio, ma non è niente di più” rispose senza alzare lo sguardo dalla sua occupazione.

“Non ti trovi bene con Shigure?”

“Lo sai il perché. È per quel maledetto topo”

“E Toru? Non ti piace stare con lei?” tentò di porre la domanda trattenendo l’ansia che provava. Sapeva che Toru era importante per lui. Ne era consapevole ed era felice che una ragazza meravigliosa come lei stesse accanto a Kyo. Era felice che lo avesse aiutato ad aprirsi di più con gli altri, a maturare. Ma, allo stesso tempo, una fitta di gelosia gli tormentava il cuore. Era stata lei a fare tutto questo per Kyo. Lui non aveva fatto niente. Non aveva saputo aiutarlo. Era davvero gelosia quella che provava? O era dolore? Non sapeva rispondersi.

“Sì, maestro. Mi piace stare con lei, però, anche se lei è così buona e gentile...io non sono ancora riuscito a dirle tutto di me. Non riesco ad essere completamente sincero con lei: ho paura che, se scoprisse qualcosa di terribile su di me, possa cambiare opinione su di me...”

“È normale che tu abbia paura di deludere le persone a cui vuoi bene: il giudizio delle persone amate è molto importante per tutti, quindi non devi...”

“Maestro, però con te non è così!” lo interruppe Kyo, abbandonando l’asciughino e voltandosi verso di lui. “Io sento di poterti dire tutto! Io...ho una completa fiducia in te...e so che mi vorrai bene comunque, qualunque cosa tu possa scoprire sul mio conto! Me lo hai detto tu e io...io ti credo, maestro!”

 

/”Perché?”

Il bambino ha fermato le lacrime e fissa l’adulto.

“Che cosa vuoi sapere, Kyo?”

La voce dell’adulto è sempre calma, carezzevole. Il bambino non ricorda nessun altro che si sia mai rivolto a lui con quel tono. Nemmeno la sua mamma, che lo amava talmente tanto da essere dovuta morire per poter sopravvivere al troppo amore.

“Perché mi hai portato qui con te?”

La voce del bambino non vuole tremare, vuole sembrare ferma, decisa. Ma non ci riesce.

“Perché io ti capisco”

Gli occhi del bambino si fanno lucidi, ma le lacrime esitano. Non sanno che cosa fare, se accarezzare le guance morbide che conoscono alla perfezione o se trattenersi, infastidendo le ciglia scure. Per il momento scelgono di rimanere al loro posto, di pizzicare ancora per un po’ gli occhi grandi del bambino.

“Davvero tu mi puoi capire?”

Una mano grande, gentile, si posa dolcemente sul suo capo.

“Certo. E ti posso promettere che non ti giudicherò mai. Lo sai che cosa vuol dire “giudicare”, Kyo?”

La gola del bambino è secca, ma non vuole scuotere il capo: ha paura che l’adulto sollevi la mano appoggiata tra i suoi capelli. Quindi si sforza e risponde.

“No, non lo so”

“Vuol dire che non ti dirò mai “hai sbagliato” o “dovevi fare così”, perché da oggi avrai una vita tutta tua e potrai scegliere ciò che vuoi. Se ti sembrerà giusto fare qualcosa, falla. Se ti sembrerà giusto non farla, non farla. Io non ti prenderò mai in giro per le tue scelte, nemmeno quando non sarò d’accordo con te. Però ti starò sempre vicino, così se vorrai un consiglio io cercherò di aiutarti. Pensi che possa andare bene così, Kyo?”

“Sì”

Le lacrime hanno preso la loro decisione: il viso del bambino è troppo bello per non volerlo accarezzare. Così, mentre gocce salate scorrono lungo le guance, un patto viene suggellato.

E tutto diventa un ricordo prezioso.../

 

“Maestro, io credo ancora a ciò che mi hai detto quando ci siamo conosciuti”

Kazuma gli rivolse un sorriso. “Sì, Kyo. Io non potrò mai smettere di volerti bene, qualunque cosa accada”

Il viso di Kyo reagì immediatamente, tingendosi di rosso. Borbottò qualche frase senza senso, poi, riacquistata un po’ di calma, riuscì a dire: “Maestro, mi hai chiesto se ho nostalgia di casa...come potrei averne? Questa è la mia casa. È il luogo in cui ci sei tu”

Kazuma sentì il petto scaldarsi, mentre la voce di Kyo gli penetrava la pelle, le ossa e gli scorreva nelle vene, raggiungendo il cuore. 

“Anche se Toru è entrata nella mia vita...ancora adesso penso che tu sia l’unico che possa capirmi. Soltanto tu, maestro”

Gli occhi si fissarono e qualcosa dentro Kazuma si ruppe. Un freno si disinserì, la forza di volontà crollò, i sentimenti presero il sopravvento e lo guidarono. La sua voce pronunciò quel nome così dolce, così caro (“Kyo...”), le sue braccia si posarono sulle spalle che, nel corso degli anni, aveva visto irrobustirsi, le sue labbra si posarono su quella bocca ben disegnata, di cui non aveva mai osato immaginare il sapore, ma che aveva sempre adorato.

Il suo cervello gli gridò di allontanarsi immediatamente, che avrebbe perso per sempre Kyo, che si stava rovinando con le sue stesse mani. Ma il freno era stato disinserito, la forza di volontà era crollata e i sentimenti avevano già preso il sopravvento...non poteva più farci niente. Così Kazuma non potè far altro che baciare le labbra di Kyo, sentendo che non esistevano resistenze, che anche la bocca di Kyo lo stava baciando. E fu meraviglioso quando le loro lingue si sfiorarono, quando entrambi furono percorsi da un brivido lungo la spina dorsale, quando scoprirono che non c’era mai stato niente di così bello prima.

Si allontanarono senza aprire gli occhi e rimasero a respirare profondamente, mentre il cuore di entrambi batteva ancora all’impazzata. Nello stesso istante sollevarono le palpebre e si trovarono l’uno negli occhi dell’altro.

Come se fosse stato colpito da un fulmine, come se solo in quell’istante avesse compreso cos’era accaduto, il maestro si voltò dandogli le spalle. “Kyo, perdonami. Ti prego, dimentica quanto...”

“No!” le braccia di Kyo si strinsero attorno alla vita di Kazuma. Il viso si appoggiò contro la schiena del maestro, lasciando che la guancia destra venisse accarezzata dal tessuto liscio del kimono. “No, maestro! Non chiedermi di dimenticare! Non chiedermelo!”

“Kyo, io non posso...”

“Maestro, se tu mi dirai che non mi vuoi bene, io non ti darò mai più fastidio! Me ne tornerò a casa di Shigure e ti lascerò in pace per sempre. Però...maestro, se mi vuoi bene, non chiedermi di andare via! Io voglio restare qui con te”

“Io...”

L’abbraccio che lo tratteneva si fece più stretto, mentre il viso venne premuto con più forza contro la schiena di Kazuma.

“Kyo...”

Il maestro riuscì a girarsi e, con un movimento veloce, sollevò il ragazzo. Lo baciò nuovamente, lasciando che gli passasse le braccia attorno al collo e allacciasse le gambe dietro la schiena, stringendosi a lui. Si baciarono ancora, ancora e ancora, senza che Kazuma avvertisse il peso di Kyo, senza che le loro menti pensassero a qualcosa di diverso dal piacere che provavano. Quando le labbra si fecero gonfie e i polmoni minacciarono di scoppiare se non avessero ricevuto aria, le bocche si allontanarono l’una dall’altra, ma i loro sguardi rimasero incatenati, mentre Kyo appoggiava la fronte a quella del suo maestro. Kazuma gli sorrise e venne ricambiato da un forte abbraccio.

“Maestro, abbracciami per sempre” sussurrò Kyo al suo orecchio.

“Starò sempre con te, Kyo”

Un bacio coprì nuovamente le labbra di Kazuma, mentre tutti i dubbi scivolavano via lentamente, insieme alle paure di un bambino che temeva di essere abbandonato.

Il bambino è cresciuto e ha capito che qualcuno lo ha sempre amato e lo amerà sempre.

 

Owari

 

Allora, Takaya sensei, ha visto? L’ho smascherata! Adesso non ha più bisogno di mentire! Ora può ammettere di aver creato il maestro Kazuma e Kyo per farli stare insieme! ^^