Oh my God!!
parte
XVI
di
Naika
L’ideuccia di Allan si rivelò essere una cosa piuttosto semplice.
Il Dio dell’Amore mise al lavoro Zenan perchè gli preparasse un composto che
avrebbe mandato i loro coinquilini in un ‘particolare’ mondo dei sogni,
appositamente creato per loro.
La cena dunque si svolse in un clima tranquillo e rilassato e, solo al momento
del caffè, il biondo somministrò ai due agenti la bevanda ‘corretta’.
“Ha funzionato magnificamente..” commentò allegramente il biondo, osservando i
due addormentati sul tavolo.
“Li porto di sopra” si offrì Victor, caricandosi sulle spalle come se fossero
privi di peso.
“Bene... e ora come ci muoviamo...?” chiese Zenan rivolto all’amico lanciando un
ultimo sguardo ai due.
Il Dio dell’Amore si fece pensieroso “Andremo tu, Victor ed io... Clavis sta
ancora dormendo e Sefire è troppo giovane verrebbe notato subito..” disse
meditabondo, incontrando immediatamente l’approvazione del Dio della Sapienza
che preferiva sapere l’angelo a casa, al sicuro, “Sono certo che in caso di
problemi loro basteranno a difendere i ragazzi..” mormorò “...a buon conto
possiamo stendere una barriera sulla casa..” continuò a riflettere a voce alta.
Zenan sollevò un sopracciglio sorpreso “Non credo che Sefire e tanto meno
Clhavishineriyas avrebbero dei problemi a sistemare due killer da strapazzo,
no?” chiese.
Allan si mordicchiò le labbra “Non lo so..” ammise “Clavis mi sembra ancora un
po’ frastornato e la sua aura qualche volta oscilla...” disse preoccupato.
“Davvero?” chiese il Dio della Sapienza corrucciandosi immediatamente “Credi che
abbia dei problemi a dominare i due poteri fusi insieme?” domandò allarmato ma
il biondo si affrettò a scuotere il capo in segno di diniego. “No, questo no.. è
perfettamente padrone di se...” lo rassicurò “... è solo che.. mi da
l’impressione di stancarsi molto in fretta...” mormorò confuso.
Zenan gli sorrise, sollevato, posandogli una mano sulla spalla “E’ logico Allan,
deve ancora abituarsi ad alimentare una simile energia, ha già del miracoloso il
fatto che non sia morto!” gli fece notare “Gli ci vorrà del tempo per recuperare
le forze...”
Il biondo annuì, la pensava allo stesso modo, Clhavishineriyas era tranquillo,
sereno, non sembrava affatto preoccupato di quella sua strana condizione. Aveva
probabilmente solo bisogno di un po’ di riposo, come diceva il signore di Saphe,
e lui non aveva certo intenzione di lamentarsi, il suo bellissimo compagno era
incredibilmente arrendevole in quello stato per non parlare del fatto che,
quella sua momentanea fragilità, lo spingeva spesso a cercare calore e sicurezza
tra le sue braccia.
“Gli agenti sono a letto!” comunicò loro Victor rientrando in cucina.
“Bene..” disse Allan tornando alla questione presente “...allora direi che è il
caso che anche noi ci preparaiamo”.
...
Sefire osservò le lancette dell’orologio affondando nuovamente il cucchiaio nel
barattolo del gelato.
Erano le due di notte.
E non erano ancora tornati.
Raily e Valery erano andati a letto da un pezzo, i due poliziotti dormivano
profondamente e, per quel che ne sapeva, Clavis non si era alzato da quel
pomeriggio.
Sospirò infilando in bocca un’altra cucchiaiata di cioccolato.
Era assurdo preoccuparsi, e lo sapeva, però....
Avrebbe voluto andare con loro.
Zenan era stato categorico al riguardo, nonostante le sue insistenze.
Il Broken non era posto per lui.
A volte lo trattava ancora come un bambino!
Aveva quasi sessant’anni ormai!
Certo, per un angelo erano pochi, però...
Un tintinnio argenteo lo strappò dai suoi pensieri spingendolo a voltarsi di
scatto.
Ringraziò mentalmente Valery per la sua idea, se si fosse ritrovato Clavis alle
spalle, in quel momento, come minimo avrebbe lanciato il gelato sul soffitto!
Il campanellino invece lo aveva avvisato dell’arrivo del Signore della Vita e
della Morte dandogli il tempo di prepararsi.
Non aveva più parlato con lui da quando...
Da quando lo aveva... visto.
Aveva visto il suo vero aspetto.
La sua duplice, dolorosa, natura.
Quando Allan gli aveva detto chi era il moro, era rimasto gelato.
Aveva avuto paura di lui.
Dal suo potere.
Dalle leggende che gli avevano raccontato sul suo conto.
E poi, quando a Morvit era andato a cercarlo...
Si era aspettato di tutto... di fronte a lui... di tutto tranne quella
purissima... totale... assoluta... sensazione di... pace.
Sono a casa.
Questo aveva pensato.
Era ritornato al principio.
Aveva chiuso il cerchio.
Nella stessa Essenza da cui era nato si sarebbe sciolto, restituendo ciò che
aveva avuto solo in prestito.
L’aveva compreso.
Solo in quel momento, quando quel pensiero era sbocciato in lui, di fronte
all’aura incandescente del dio.
Da quella luce lui era venuto al mondo.
Quella forza gli aveva concesso il primo, flebile, respiro.
“Clhavishineriyas...” lo mormorò sommessamente ma il dio lo udì e senza chiedere
nulla, quasi sapesse che quel momento sarebbe arrivato, lo raggiunse, sedendosi
sul divano al suo fianco.
Un tempo... prima di perdere e poi riacquisire la vista, Sefire si sarebbe
scostato da lui, terrorizzato.
Ora invece... gli porse la confezione di gelato e un cucchiaio.
Il moro lo osservò perplesso prima di attingere al dolce, infilandolo in bocca
con quella sua innocente curiosità che lo faceva sembrare un bambino.
“E’ freddo...” constatò stupito, smentendo il tono quasi distratto delle sue
parole affondando nuovamente il cucchiaio nel dolce.
“E’ gelato.. gelato al cioccolato..” gli spiegò l’angelo osservandolo gustare il
dolce per un lungo momento prima di trarre un profondo respiro.
Voleva una risposta alla sua domanda.
Anche se ‘domanda’ non era il termine giusto.
Lui conosceva già la verità.
Voleva solo la certezza e, al contempo, far sapere all’altro che sapeva.
“Tu sei... sei mio padre...?” mormorò con un filo di voce.
Clavis si volse a fissarlo, sollevando un sopracciglio, sorpreso, ma non più di
tanto.
Anche lui sapeva.
Sapeva che Sefire aveva visto e... capito.
“Non avrei posto così la domanda..” ammise tranquillamente “...gli angeli
nascono dalla volontà degli Dei per il bisogno degli Uomini..” mormorò “..non
hanno ne padre ne madre...” disse “..come d’altronde non ce l’hanno gli dei
stessi...” spiegò.
“Ma l’energia degli Dei è antica e unica. Viene direttamente dal Cosmo.” mormorò
l’angelo ripetendo quanto Zenan gli aveva insegnato “Mentre per gli angeli...
per loro è diverso... gli Dei racchiudono l’energia magica in una pergamena che
depositano sulla soglia di casa...” sussurrò “...è il Vento della sera che porta
con se la pergamena e riconduce a casa l’angelo, neonato, qualche giorno più
tardi...” mormorò Sefire.
Clavis sospirò riponendo il cucchiaio, sul tavolino di cristallo “..il Vento vi
portava da me...” ammise in un soffio, quasi a se stesso, “...e una volta che vi
avevo dato vita... vi restituiva a chi si sarebbe preso cura di voi...” mormorò
senza riuscire a nascondere una nota di antica tristezza.
Sefire ripose il gelato e, tratto un respiro per farsi coraggio, gli si avvicinò
ancora, appoggiandosi a lui, allungando una mano per passarla sotto il suo
braccio, appoggiando il capo sulla sua spalla.
Il moro sgranò gli occhi, sorpreso, prima che nelle iridi viola si sciogliesse
qualcosa, una luce liquida, tenera, dalle sfaccettature dorate.
Una luce così... familiare...
L’aveva già vista una volta.
Una volta soltanto.
Quel giorno in cui, per le prima volta, il suo cuore aveva dato un battito.
Allora i suoi occhi si erano socchiusi per affondare in quegli specchi viola,
così antichi, così vuoti, vitrei, mentre il Vento lo sollevava tra le braccia
per portarlo via, lontano, da quella creatura solitaria e silente che era
rimasta lì, incatenata in quella stanza di pietra ad osservarlo scomparire
nell’aria azzurra.
Sefire si morse le labbra, chiudendo le palpebre per trattenere le lacrime che
quel ricordo improvviso gli aveva fatto salire agli occhi, così incredibilmente
nitido ora che era di nuovo tra le braccia di chi l’aveva generato.
E Clavis sorrise dolcemente, sollevando una mano candida per passarla tra i
capelli, tornati azzurri, dell’angelo, che aveva riassunto le sue sembianze
originarie senza neppure accorgersene.
Rimasero così.
In quello strano silenzio ovattato a lungo prima che l’angelo mormorasse “Allan
lo sa...?”
Clavis sospirò scuotendo il capo “No.. e non lo dovresti sapere nemmeno tu...”
ammise.
“Perchè?” chiese sollevandosi a fissarlo sorpreso.
Il moro si mordicchiò le labbra “Cambiamo discorso ti prego..” lo supplicò,
visibilmente turbato e Sefire ridacchiò nel vederlo arrossire, riprendendo il
barattolo di gelato ormai quasi sciolto offrendoglielo nuovamente.
Clavis recuperò il cucchiaio e ve lo affondò nuovamente, quella ‘cosa’ umana era
deliziosa.
“Com’è?” gli chiese l’angelo dopo un momento.
Il moro lo fissò perplesso.
Sefire era rosso come un peperone... dubitava che parlasse del gelato.
“Com’è.. cosa?” chiese perplesso.
L’angelo arrossì ancora di più “Allan.. ha detto che voi... avete fatto
l’amore...” mormorò.
Clavis sbatté un paio di volte le palpebre, annichilito, prima di ringhiare un:
“Allan dovrebbe imparare a tenere la bocca chiusa!!” per poi voltarsi verso il
ragazzo “Non sono la persona adatta a cui chiedere una cosa del genere, ti
pare?” gli disse.
“Sei l’unico che ho a disposizione..” gli fece candidamente notare l’angelo.
“E’ Zenan il problema?” domandò il moro disposto, nonostante tutto, ad ascoltare
la confidenza del figlio.
Sefire annuì con il capo e il dio si fece pensieroso per un momento.
“Hai paura?” gli chiese sommessamente.
“Sì..” ammise a malincuore.
“Lo odieresti se ti facesse del male?”
“Cosa?” chiese Sefire, sorpreso, voltandosi verso il moro.
“Lo odieresti se ti facesse del male?” ripetè questi, tranquillamente.
“Che razza di domanda è?” borbottò confuso.
“Tu prova a rispondermi..” lo invitò Clavis.
L’angelo si fece pensieroso per un lungo istante.
E se anche Zenan gli avesse fatto male?
Lui l’avrebbe odiato?
Odiare... Zenan?
Non lo credeva possibile “No...” sussurrò.
No decisamente, non poteva odiare Zenan.
Qualsiasi cosa fosse successa.
Clavis gli sorrise dolcemente “Pensaci un altro po’....” gli consigliò
facendogli aggrottare la fronte.
Non era quella la risposta che il moro si aspettava?
Che cosa avrebbe dovuto dirgli?
Quasi gli avesse letto nel pensiero l’altro mormorò “Vedrai che la risposta
arriverà e allora non avrai più paura...” gli disse sommessamente, alzandosi dal
divano, allungando le braccia sopra il capo per sgranchirsi.
“Sono quasi le tre e mezza..” mormorò fissando l’orologio e Sefire sussultò nel
notare che era vero.
Il tempo era voltato.
E come se quella consapevolezza avesse portato con se la stanchezza l’angelo
sentì la testa farsi pesante.
Clhavishineriyas gli sfilò delicatamente il gelato e il cucchiaio dalle mani
riponendolo sul tavolino “E’ ora che tu vada a letto..” gli disse dolcemente e
Sefire annuì confusamente, soffocando uno sbadiglio contro il suo petto, già
così mezzo addormentato da non accorgersi che l’altro l’aveva delicatamente
sollevato tra le braccia per portarlo al piano superiore.
...
Sefire socchiuse le palpebre emergendo dalle maglie di un sonno in cui non
ricordava di essere sprofondato.
Era nella stanza di Zenan.
Chi l’aveva messo a letto?
Un paio di occhi viola saettarono velocemente nella sua memoria e l’angelo
sorrise dolcemente ripensando al dialogo con il Signore di Morvit.
Si chiese se il Dio della Sapienza fosse tornato dalla sua indagine al Broken,
allungandosi per spiare il display luminoso dell’orologio quando la porta della
loro stanza si aprì con un lievissimo ‘clack’ e l’oggetto dei suoi pensieri
scivolò nella penombra della stanza prima di arrestarsi, con lo sguardo fisso
sul letto.
“Ti ho svegliato?” mormorò sommessamente avvicinandoglisi ma Sefire non udì
nessuna delle sue parole.
Zenan doveva aver appena fatto una doccia.
Indossava solo un accappatoio candido sulla pelle ancora umida, i capelli
castani, arruffati, gli occhiali da lettura dimenticati chissà dove.
Sembrava più giovane.
Ed era... innegabilmente bellissimo.
“Sefire?” lo chiamò l’uomo avvicinandosi, sorpreso dal prolungarsi del suo
silenzio.
Il ragazzo lo osservò venire da lui, chinarsi, per scrutargli l’espressione
nascosta dalla penombra e, tratto un piccolo sospiro allungò entrambe le
braccia, cingendogli il collo per attirarlo a se e posare le labbra sulle sue.
Il Dio della Sapienza sbarrò gli occhi per pochi secondi prima di allungare a
sua volta le braccia e cingere quel corpo caldo, avvolto solo dalla stoffa
leggera del pigiama, contro di se.
L’angelo gli concesse ben presto il dominio del bacio lasciandosi guidare
dolcemente all’indietro finchè non si ritrovò nuovamente disteso, di traverso,
sul materasso, con il compagno sopra di lui.
“Questo è decisamente il più bel ‘ben tornato’ che potessi aspettarmi..” mormorò
Zenan con voce leggermente roca quando lasciò le labbra dolci del compagno per
fargli riprendere fiato.
Il ragazzo arrossì ringraziando le tenebre che gli concedevano la loro intimità,
facendolo sentire un po’ meno in imbarazzo.
“Zenan..” lo chiamò piano facendo scivolare una mano sottile sul collo del
compagno e poi sul suo petto ampio, lasciato scoperto dall’accappatoio, che si
era generosamente aperto quando si erano semi sdraiati sul letto.
Quasi con curiosità scientifica Sefire permise alla punta delle dita di saggiare
quella pelle liscia e compatta sentendo sotto di essa il battito del suo
proprietario accelerare considerevolmente.
“Tesoro..” sospirò il signore di Saphe, allungando una mano per intrappolare il
polso di quella piccola vagabonda che rischiava di mandare in pezzi il suo
autocontrollo “...se continui così non garantisco di potermi fermare.. dopo...”
lo avvertì.
Aveva aspettato troppo a lungo.
Si era detto che poteva controllarsi.
E l’avrebbe fatto.
Se Sefire non si fosse messo a provocarlo però!
“Io..” sussurrò l’angelo tra le sue braccia.
La mano nella sua tremò lievemente mentre il ragazzo piegava il volto di lato,
mordicchiandosi le labbra.
<Lo odieresti se ti facesse del male?>
Che strana domanda da porre.
Si era aspettato il solito: “Lo ami?”
Invece Clavis gli aveva chiesto “Lo odieresti se ti facesse del male?”
Gli aveva detto che no, non sarebbe riuscito ad odiarlo.
Nemmeno se gli avesse fatto del male.
Ma era stata una risposta stupida.
Perchè ora se ne rendeva pienamente conto, Zenan non gli avrebbe MAI fatto del
male.
Perchè lo amava.
Così come lui lo amava.
E la paura... semplicemente... scomparve.
“Io..” ripetè e questa volta la sua voce suonò tranquilla, serena, la sua mano
non ebbe tremiti e i suoi occhi tornarono a cercare quelli del compagno “... non
voglio che tu ti fermi...” sussurrò stroncando definitivamente il respiro del
moro.
Zenan aprì bocca, boccheggiando per un momento, mentre le implicazioni di quell’affermazione
si facevano strada dentro di lui e Sefire ridacchiò divertito, compiaciuto, nel
notare il potere che quelle poche parole avevano sul compagno.
“Sembri un pesciolino..” gli sussurrò allungando il capo per scoccargli un bacio
giocoso sulla punta del naso.
Il Dio della Sapienza lo guardò lasciarsi ricadere sul materasso, annegando nei
suoi occhi azzurri, cercando nelle loro sfaccettature luminose qualche dubbio.
Ma non ne trovò alcuno.
C’erano soltanto fiducia e amore.
Con un sospiro tremulo Zenan si alzò dunque e slacciata velocemente la cintura
dell’accappatoio lo lasciò scivolare a terra, con un suono dolcemente ovattato,
prima di tornare a stendersi, al fianco del compagno.
Sefire allungò nuovamente le braccia e l’uomo accolse la sua silenziosa
richiesta attirandolo a se, cercando nuovamente le sue labbra mentre le mani del
ragazzo vagavano sul suo petto e le sue scivolavano sotto la leggera maglia del
pigiama.
L’angelo mugolò contro la sua bocca spingendo istintivamente i fianchi contro i
suoi e Zenan dovette staccarsi da quelle labbra ammaliatrici per liberare un
ansimo.
Approfittando del fatto che Sefire si era scostato un poco, a quel suono, per
fissarlo con occhi sorpresi, il moro gli sorrise maliziosamente afferrando tra
le mani i lembi della maglia.
“Solleva le braccia..” gli ordinò dolcemente e il ragazzo fece quanto gli veniva
chiesto permettendo all’altro di liberarlo dall’indumento che finì a far
compagnia all’accappatoio, sul pavimento.
“A..adesso..?” chiese il ragazzo maledicendo il proprio respiro accelerato e il
battito martellante del suo cuore che lo avevano fatto balbettare.
Zenan gli fece scorrere una mano sul petto, proprio come aveva fatto lui prima,
accarezzandolo delicatamente, seguendo le linee dei muscoli, lentamente,
osservando il compagno socchiudere le palpebre e mordicchiarsi le labbra nel
tentativo di trattenere piccoli mugolii.
Sefire dovette arrendersi e inarcare la schiena, con un gemito, quando le mani
del compagno arrivarono all’elastico dei pantaloni “Adesso togliamo queste cose
inutili...” si chinò Zenan, a sussurrargli nell’orecchio, facendolo rabbrividire
violentemente.
Il ragazzo dovette aggrapparsi alle sue spalle quando il moro allungò la lingua
per leccargli il collo mentre, le sue dita, infilatisi oltre l’orlo del pigiama
e dei boxer, cominciavano a tirare entrambi verso il basso.
Il Dio della Sapienza si staccò momentaneamente da lui per completare il lavoro,
facendogli sollevare un po’ il bacino prima di riuscire a gettare l’ultimo
strato di stoffa che li separava e Sefire lo fissò, immobile, il respiro
spezzato nel petto, mentre l’uomo tornava verso di lui facendo scorrere le mani
sulle sue gambe, dal basso verso l’alto, facendole pericolosamente scivolare
verso l’interno più si avvicinava al ventre.
“Ze..zenan..” pigolò con voce rauca quando l’altro lo costrinse a divaricarle un
po’, per lui.
“Sì amore?” lo interrogò maliziosamente il dio nel giungere al suo sesso teso.
Qualsiasi cosa Sefire avesse voluto dire si perse in un sussulto e in un’ondata
di calore che gli azzerò la mente.
Zenan sorrise nel vederlo così sconvolto per quella semplice carezza e
stendendosi al suo fianco spinse di nuovo la mano tra le sue gambe allungando il
viso per mordicchiargli il lobo dell’orecchio “Che cosa c’è tesoro?” gli soffiò
dolcemente nel padiglione, accompagnando quelle parole al suo interno con la
lingua.
Sefire inarcò la schiena gemendo rumorosamente “Non.. non..” cercò
disperatamente di connettere “Non toccarmi lì...” riuscì a rantolare
faticosamente, alla fine, la mano sinistra spasmodicamente stretta sul lenzuolo,
la destra serrata sulla spalla del compagno.
Nonostante le sue parole nessuno dei due arti si era mosso per fermare quello
del compagno.
E Zenan se ne accorse.
“E’ proprio ‘lì’ che volevo arrivare..” gli sussurrò all’orecchio, facendo
scorrere il palmo verso l’alto per poi strofinarlo contro la punta umida del suo
sesso.
L’angelo sbarrò gli occhi arcuando la schiena con un lungo lamento che si spezzò
a metà quando tuttavia, senza nessun preavviso, il dio acconsentì alla sua
richiesta, spostando la mano.
Sefire lo fissò senza sapere che dire e Zenan gli sorrise sornione prima di
spostarsi sopra di lui facendo allargare gli occhi azzurri a dismisura nel
fargli avvertire i loro corpi scivolare uno sull’altro, la sua eccitazione che
stuzzicava quella del compagno.
“Come va?” ebbe il coraggio di chiedergli il moro, osservando divertito il volto
in fiamme e gli occhi liquidi dell’amante, sotto di se.
“Sei sicuro che sono immortale?” ebbe la forza di ansimare il ragazzo, con voce
irriconoscibile.
L’altro ridacchiò, divertito, passandogli una mano tra i capelli castani
“Quasi..” scherzò “...vuoi che facciamo una prova?” mormorò con una luce
incandescente nello sguardo grigio.
Non gli lasciò comunque il tempo per cercare una risposta, cominciando a
tracciare con le labbra il profilo del suo viso, la linea dolce del collo,
scivolando sul petto a rinchiudere i capezzoli tra le labbra.
Sefire chiuse gli occhi concedendosi a quelle carezze, le mani affondate tra le
lenzuola alla ricerca di un appiglio che lo salvasse dall’annegare in quel mare
di sensazioni che l’altro gli stava procurando.
Inarcò la schiena con un lieve lamento quando la bocca del compagno scivolò
all’altro capezzolo mordicchiandolo delicatamente per poi lambirlo con la lingua
e trasse un mezzo sospiro di sollievo quando il moro lo liberò delicatamente
dalla sua presa per scivolare sul petto.
Le labbra socchiuse, la lingua allungata tra esse, il dio prese a disegnare con
quel pennello umido un unica linea precisa che, seguendo lo sterno, si spingeva
sempre più giù.
Troppo giù.
Sefire fece scattare entrambe la mani a serrargli i capelli quando avvertì il
suo respiro caldo sfiorargli il membro teso.
“Che.. che vuoi fare?” chiese con una vocina che non riconobbe come propria.
Il moro sollevò il volto per fissarlo, lì, a pochi centimetri dal suo sesso, “Mi
hai chiesto di non toccarti... qui..” gli ricordò sottolineando l’ultima parola
con una lieve lappata sulla punta fremente.
Sefire boccheggiò incapace persino di gemere, rimasto completamente senza fiato.
“Ebbene..” mormorò il Dio della Sapienza “... non ti sto toccando...” gli fece
candidamente notare prima di abbassare il viso e accogliere il sesso del ragazzo
tra le labbra.
L’angelo inspirò bruscamente scattando quasi a sedere ma le mani del moro lo
tennero saldamente contro il materasso senza permettergli di ritrarsi.
“Zenan..” gemette, nella voce una punta di panico che si perse in un grido
quando il moro si mosse, ritraendosi un poco per poi accoglierlo dentro di se,
nuovamente.
“Zenan!” supplicò ma l’altro riprese a muoversi lentamente salendo e scendendo
mentre l’angelo ripeteva il suo nome tra gli ansimi e i gemiti con voce sempre
più incerta e fragile.
Sefire si tese spasmodicamente contro di lui artigliando i capelli castani con
tutte le sue forze, ormai prossimo all’orgasmo e il moro si scostò
delicatamente, lasciandolo incredulo e senza fiato.
“Ze..ze...na..n?”
La voce del ragazzo era quasi un rantolo.
Il moro scivolò sul suo corpo, facendo ben attenzione a strofinare il membro
ormai allo spasimo del compagno sulla propria pelle, prima di riportare il viso
di fronte al suo cercandogli le labbra in un bacio appassionato, quasi violento.
Solo nel momento in cui i loro corpi combaciarono completamente la confusione
del ragazzo si dissipò.
Anche il compagno ormai era al limite.
Le mani del moro lo accompagnarono dolcemente ad aprire un po’ di più le cosce e
Sefire trattene il fiato quando la sinistra scivolò ad accarezzargli il membro
mentre l’altra scivolava sulle sue natiche, ad affondare un dito nella sua
carne.
Zenan cercò il suo sguardo trovandolo liquido ma sereno e, delicatamente, al
primo ne aggiunse un secondo, osservandolo preoccupato quando il ragazzo si tese
con un mugolio non proprio di piacere.
“Sefire..” lo chiamò dolcemente ma l’altro affondò il capo nella sua spalla
nascondendosi ai suoi occhi, e il dio stava quasi per ritrarsi quando lo sentì
soffiargli un: “Continua ti prego..” contro la pelle umida.
Delicatamente mosse le dita al suo interno violando quello scrigno caldo che gli
si concedette con fiducia, dopo pochi istanti, mentre il ragazzo prendeva a
leccargli la gola e a mordicchiargli il lobo dell’orecchio, assaggiando il suo
sapore.
Torturato da quelle labbra maliziose il Dio della Sapienza cominciò a spingere
nel corpo del compagno fino a che non lo sentì tendersi con un lamento più alto
degli altri. Allora fece scivolare fuori le dita ricevendo un morso, non proprio
gentile, alla base del collo.
“Ahi!” protestò e Sefire riemerse dalla sua spalla per lanciargli uno sguardo
incandescente “Così impari a fermarti sempre sul più bello!” gracchiò contrito.
Zenan rise sommessamente abbassandosi a baciarlo dolcemente “Adesso non mi
fermerò...” promise spingendo il ventre contro il suo.
Un lampo di panico saettò nelle iridi azzurre quando avvertì il membro del
compagno premere contro la sua apertura ma si disperse subito quando Zenan lo
baciò dolcemente, spingendo la mano sul suo sesso teso, per distrarlo
dall’intrusione.
Sefire lo sentì entrare e si abbandonò a lui, gli occhi chiusi e la testa
gettata all’indietro, lasciandosi sfuggire solo un sospiro spezzato quando
l’amante violò il suo corpo, scivolando delicatamente al suo interno.
“Zenan...” fu tutto quello che riuscì ad ansimare, la vista annebbiata dalle
lacrime.
“Sono qui.. va tutto bene..” lo rassicurò l’uomo baciandogli le gote piano,
restando immobile per concedergli il tempo di abituarsi a lui.
Poi, delicatamente cominciò nuovamente ad accarezzarlo prima di ritrarsi un po’
per poi affondare di nuovo.
Sefire gli artigliò le spalle con un ansimo e l’uomo ripetè il movimento,
lentamente, spingendosi un po’ più a fondo.
“Oh dio...” gemette il ragazzo, sconvolto dall’ondata di piacere che quel
movimento gli aveva rovesciato dentro.
“Sì?” chiese maliziosamente il dio in questione.
“Spingi!” lo supplicò, stringendosi quasi con disperazione a lui e il moro non
se lo fece certamente ripetere cominciando a muoversi dentro di lui, dapprima
lentamente poi, man mano che i gemiti e gli ansimi del compagno crescevano,
sempre più in fretta finchè non sentì il proprio seme esplodere nel ventre del
ragazzo.
L’ultima cosa che vide prima di accasciarsi su di lui furono gli occhi sgranati
e luminosi dell’angelo, le sue labbra socchiuse in un lungo lamento di piacere
mentre il suo calore bagnava i loro ventri, uniti.
Gli ci vollero parecchi minuti prima di riuscire a riprendere fiato e quando
sollevò il viso si trovò di fronte una visione magnifica.
Sefire giaceva sfinito sotto di lui, gli occhi chiusi, le guance arrossate, i
capelli arruffati sulle lenzuola, le labbra socchiuse nel tentativo di
riprendere fiato.
“Ora... ho la certezza di essere immortale..” sussurrò a fatica quando avvertì
l’uomo sfiorargli il viso in una dolce carezza, spingendolo così ad aprire gli
occhi per affondare lo sguardo in quello grigio.
“Esagerato..” lo blandì dolcemente Zenan prima di scivolare delicatamente fuori
da quell’antro caldo e accogliente.
Sefire si tese con un mugolio e il moro allungò le braccia per stringerlo a se,
recuperando qualche coperta per coprirlo e coprirsi.
L’angelo strofinò con un piccolo sospiro soddisfatto, il volto, contro il suo
petto candido prima di mormorare un fievole e già assonnato “Ti amo Zenan...” e
il Dio della Sapienza sorrise teneramente passandogli le dita tra le ciocche
arruffate.
“Ti amo anch’io piccolo..” mormorò prima di accompagnare l’amante
nel sonno.
continua....
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