Oh My God!

parte XII

di Naika

“No!! Non lo lascerò sparire così!” tuonò Allhanirayas stringendo i pugni con forza.

“Allhanirayas calmati...”  mormorò Ascarot.

“Cerca di ragionare non possiamo nemmeno entrare a Morvit...” cercò di calmarlo Plesea ma il Dio dell’Amore aveva una luce nello sguardo che Zenan conosceva fin troppo bene.

 

Non sarebbero riusciti a fermarlo.

Aveva in mente qualcosa.

Una pazzia probabilmente!

 

Allan scomparve dalla grande sala con uno sbuffo di fumo irritato e Victor sospirò pesantemente.

“Lasciamo che si sfoghi un po’...” mormoro incontrando il consenso degli altri Dei che, uno dopo l’altro, ritornarono silenziosamente ai rispettivi castelli mentre Zenan rimaneva in silenzio chiedendosi se era davvero saggio lasciare il Dio dell’Amore solo, in quello stato.

 

...

 

Allan emerse dal pavimento della biblioteca districandosi con stizza dai rimasugli del suo incantesimo di teletrasposrto.

Non avrebbero fatto niente!!

Il Consiglio non voleva muoversi.

 

Non osava muoversi.

 

Si diresse a grandi passi verso l’enorme libreria di legno scuro.

Quanti di quei libri aveva letto?

Su quanti di essi aveva studiato.

 

Tra loro ce n’era uno.

 

Uno solo che gli avrebbe permesso di appigliarsi ad un’ultima, assurda, speranza.

Spalancò la leggera vetrina che proteggeva i preziosi manoscritti cominciando a scorrere con lo sguardo smeraldino i titoli riportati sul loro dorso.

 

Doveva trovarlo.

E doveva farlo in fretta!

 

Il temporale ruggiva il suo cupo dolore oltre le grandi vetrate che illuminavano della nervosa luce dei fulmini la biblioteca.

 

Era tardi.

Molto tardi.

 

Sentiva il vento gemere ormai senza fiato.

Sentiva la pioggia lasciarsi cadere ormai priva di forza.

Il tuono rantolava a fatica.

Solo il fulmine ancora gridava.

Gridava con la sola forza della disperazione, straziando le tenebre scure con le sue pugnalate di luce.

 

Le imposte sbatterono con forza come se il temporale tentasse di scuotere il castello e i suoi abitanti.

Come se volesse distruggere tutte le finestre ed entrare lì, per obbligarli a sentire il suo dolore.

 

“Hai freddo vero Clhavishineriyas?” sussurrò perdendo, per un momento, il proprio sguardo oltre le nuvole scure.

Accarezzò il vetro gelido con dita leggere osservando la pioggia rigarlo.

Quelle gocce che scivolavano silenziose oltre il vetro trasparente, che rifletteva la sua immagine spaventata, tracciavano lacrime inesistenti sulle sue gote asciutte, lì, oltre la finestra.

“Verrò presto da te amore...” sussurrò voltandosi deciso verso la libreria prendendo un libro d’incantesimi, sfogliandolo in fretta prima di gettarlo sull’ampia scrivania che occupava un angolo della biblioteca.

Ne afferrò un’altro ripetendo velocemente l’operazione.

E poi un altro e un altro ancora.

Sapeva che era lì, lì da qualche parte, l’incantesimo di cui aveva bisogno.

Prese un grosso tomo dalla copertina di cuoio nero accarezzandone con cura le rune dorate.

 

Era lui, era quello il libro che cercava!

 

Si diresse a grandi passi al tavolo, facendosi un po’ di spazio tra le carte e i libri che vi aveva gettato, prendendo a sfogliare le pagine leggere e ingiallite dal tempo, con cura.

La scrittura minuta ed elegante dell’indice correva veloce sotto il suo sguardo finchè i suoi occhi non incontrarono ciò che stava cercando.

 

L’unico modo che aveva di andare da lui.

 

Se lui non lo avesse tirato fuori, a forza, da Morvit...

Se lui non se ne fosse innamorato...

Se non avesse agito così impulsivamente, decidendo di baciare Zenan...

 

Sefire aveva perso la vista.

E Clhavishineriyas stava morendo...

Da solo..

 

In quella maledetta sala vuota e fredda.

 

No.

Non l’avrebbe permesso.

Non poteva fare molto...

In verità non poteva fare nulla... se non aiutarlo a cercare una forza che non era nemmeno certo che possedesse.

Una forza che, fino al giorno prima, avrebbe giurato, non esistesse.

 

Ma avrebbe fatto tutto quello che era in suo potere.

Avrebbe rischiato tutto ciò che aveva da rischiare.

 

Trovò la pagina e scorse  le poche, antiche, parole.

“Non ti lascerò solo...” sussurrò.

“In un modo o nell’altro... non ti lascerò solo Clhavishineriyas...” promise a se stesso e al compagno prima di allontanarsi di pochi passi dal grande tavolo e cominciare a recitare l’incantesimo.

 

...

 

Zenan sospirò accomodandosi sulla poltrona scura, di fianco al letto matrimoniale.

Sefire dormiva tranquillo tra i guanciali candidi.

Gli passò delicatamente una mano tra i capelli azzurri, leggermente arricciolati sulla fronte pallida e il ragazzo si mosse piano aprendo gli occhi in un gesto usuale quanto, ormai, inutile.

Il Dio della Sapienza fissò quelle iridi candide con dolore prima di chinarsi a sfiorargli le labbra con un bacio.

“Scusa tesoro non volevo svegliarti...” sussurrò piano.

Sefire scosse il capo sui cuscini allungando una mano a tentoni sulla coperta.

Zenan la prese dolcemente nella sua sorridendogli anche se sapeva che l’altro non poteva più vederlo.

“Che... che cosa ha deciso il Consiglio?” gli chiese con voce ancora stanca, il ragazzo.

Zenan sospirò pesantemente.

“Non c’è molto che possiamo ‘decidere’ Sefire. Non possiamo fare niente per lui...” mormorò mestamente.

L’angelo sussultò mettendosi a sedere sul grande letto.

“Lo lascerete morire!!” esclamò incredulo “Zenan abbiamo vissuto sulla sua sofferenza finora!! E adesso... adesso... lo lasceremo morire!?”  sussurrò pallido.

Il dio della Sapienza scosse il capo, piano.

“Questa è la sua battaglia Sefire... noi non possiamo fare nulla... solo Clhavishineriyas potrebbe salvarsi...” gli spiegò cupo.

L’angelo corrugò la fronte “Non capisco...” mormorò.

“Dovrebbe usare lo stesso incantesimo della prima volta...” disse mesto il dio, ben conoscendo quale sarebbe stata la reazione del ragazzo a quell’idea.

L’angelo divenne cinereo spalancando gli occhi “Ma ti rendi conto di quello che dici?” esclamò arrabbiandosi.

“Dovrebbe sacrificare di nuovo la sua anima?” chiese incredulo “Rinunciare ai suoi sentimenti e ricominciare tutto da capo? Un’altra volta?!” gridò.

“E’ l’unica via Sefire. O libera Vita e Morte, lasciandosi distruggere da loro o le incatena di nuovo a se, separandole ancora una volta con la sua anima.” Sussurrò Zenan con un sospiro rassegnato.

“Non potrebbe...” balbettò l’angelo, senza il coraggio di portare a termine la frase, ben sapendo che quello che stava per dire era considerato non solo impossibile ma persino assurdo.

“Cosa?” chiese stancamente il dio, comprendendo il suo pensiero, “Contenerle una volta fuse?”

Sefire annuì in silenzio, speranzoso, ma il suo signore scosse il capo.

“No, non potrebbe... nessuno può.” mormorò con voce stanca.

L’angelo scosse il capo con forza “Ma non è giusto!” ansimò sollevando una mano per asciugare una lacrima sfuggitagli lungo la guancia.

“Lo so...” disse Zenan tristemente.

“Lo so..” ripetè, allungando le dita per raccogliere con i polpastrelli quel piccolo cristallo salato.

Sefire reclinò il capo appoggiando la guancia a quella mano grande e calda, lasciando che le palpebre scivolassero a velare il suo sguardo vuoto ed affranto.

“Allan cosa farà...?” chiese dopo un lungo momento di silenzio.

Zenan scosse il capo mestamente.

“Non lo so...” stava per dire quando sbiancò, sbarrando gli occhi, nell’avvertire l’aura dell’amico liberarsi in biblioteca.

“Ma cosa...?” mormorò incredulo prima di sussultare violentemente.

“Santo cielo è impazzito!” ansimò smaterializzandosi in fretta.

 

....

 

Victor osservò con occhio clinico villa Godman, velocemente risorta dalle sue stesse macerie, prima di sgranchirsi le braccia stancamente.

Aveva lasciato il Dominio Celeste su richiesta di Zenan per andare a sistemare le cose.

Non potevano certo dimenticare che c’erano degli uomini intenzionati a rapire Raily e, anche se il tempo scorreva in maniera diversa da quello terrestre, nel loro mondo, era meglio sistemare le cose prima che qualche vicino si accorgesse che al posto della casa c’era una specie di cratere fumante.

Valery e Raily fortunatamente erano al club di teatro e non avevano dovuto assistere al ‘disastro’.

Anche perchè se fossero stati in casa, probabilmente non sarebbero sopravvissuti.

Scosse il capo e raggiunta la macchina si avviò verso scuola.

 

....

 

“Allhanirayas!!” Zenan piombò in biblioteca pallido come un cencio ritrovandosi di fronte alla realizzazione dei suoi timori.

Il Dio dell’Amore era in piedi davanti al grande tavolo di legno scuro, il libro degli incantesimi spalancato dinanzi, sopra il quale fluttuava una boccetta elegante, ricolma di un liquido dorato e luminoso.

“Che cosa hai fatto...” ansimò il Dio della Sapienza quando l’amico gli rivolse un sorriso, ripiegando le grandi ali bianche sul corpo dorato.

“Non lo lascerò solo Zenan..” mormorò prendendo la boccetta e avvicinandosi all’amico.

Gliela porse ma il Dio moro scosse il capo, rifiutandola.

“Prendila...” mormorò Allan “...e se non dovessi tornare dalla a Sefire sono sicuro che, con il tuo aiuto, diventerà un Dio dell’Amore perfetto...” sussurrò.

“Allan è una pazzia...” esclamò il moro “...è vero, come angelo riuscirai ad entrare nel castello, ma.. senza i tuoi poteri... morirai anche tu!” disse “Quando lui imploderà, morirai anche tu!” cercò di farlo ragionare.

Ma il biondo scosse il capo deciso.

“Non morirà Zenan, non lo permetterò...” disse serio “...Clhavishineriyas ha una forza straordinaria, ha contenuto per millenni Vita e Morte tenendole separate, riuscirà a dominarle anche ora che la sua anima non le divide!”

“E’ una follia Allan, non esiste un potere in grado di fare una cosa simile!!” cercò di spiegargli il moro.

DEVE tenerle separate.” mormorò tristemente, sapendo che questo avrebbe comportato due sole soluzioni.

 

“Imploderà perchè esse rinascano come due unità a se stanti o relegherà di nuovo la sua anima tra loro rimandando l’inevitabile.”

 

In ogni caso, Allan l’avrebbe perso, per sempre.

 

“Non lo permetterò Zenan!” fu la cocciuta risposta del biondo.

“Cerca di ragionare maledizione!” esplose il Dio della Sapienza “Se non le tiene separate fonderanno inevitabilmente una nell’altra! Capisci che cosa vuol dire?” chiese agitandosi.

“Il loro potere decuplicherà una volta unite! Niente può contenere una potenza simile Allhanirayas!! NIENTE!” gridò.

“E’ come pretendere che possa esistere qualcosa che vive anche nella morte, capisci?” cercò disperatamente di farlo ragionare.

“Ti sacrificherai inutilmente per non lasciarlo solo nella fine?” mormorò con voce stanca “Non pensi a Valery... a noi...?” chiese piano, cercando un qualsiasi appiglio per farlo ritornare sulla sua suicida decisione.

 

Eppure sapeva che se al posto di Clavis ci fosse stato Sefire... lui avrebbe fatto lo stesso.

 

Allan scosse il capo piano “Affido mia figlia a te Zenan, ma solo finchè non ritorno... con lui...” mormorò spiegando le ali candide.

“Perchè ti sbagli...” mormorò.

Esiste qualcosa che può vivere anche nella morte...” sussurrò scomparendo.

 

....

 

“Cavoli...” mormorò Raily guardandosi perplessamente attorno.

“Questa sarebbe ‘casa’ tua?” chiese lanciando occhiate sospette ad un angelo che era passato velocemente, volando, sopra le loro teste.

“Sì, questo è il Dominio dei Cieli...” disse loro il Dio della Forza facendo strada verso le stanza di Sefire.

“Me lo immaginavo un posto più.. allegro..” sussurrò Valery lanciando un’occhiata preoccupata al cielo che lampeggiava con furia.

“Di solito lo è...” mormorò tristemente Victorgorth  riscuotendosi quando vide Zenan uscire dalla biblioteca.

“Zenan!” lo chiamò attirando la sua attenzione su di loro.

Il Dio della Sapienza sgranò gli occhi osservando Raily e Valery.

“Li hai portati qui?” chiese esterrefatto.

“Mica potevo lasciarli a casa da soli no?” disse il moro con una scrollata di spalle.

“Sì ma...” Zenan scosse il capo rassegnato.

 

Due mortali nel dominio celeste... era davvero la fine del mondo.

 

Lo sguardo gli si rabbuiò a quel pensiero facendogli scuotere il capo.

“Allan dov’è?” chiese invece Victor guardandosi attorno.

Stranamente non riusciva a percepire la sua aura.

 

“E’ andato da lui...” mormorò Zenan traendo dalla manica della veste l’ampollina dorata per mostrarla all’amico.

“Cielo..” ansimò questi impallidendo sotto l’abbronzatura.

“Che succede?” chiese immediatamente preoccupata Valery passando velocemente lo sguardo tra i due uomini.

“Venite... avete diritto a delle spiegazioni...” sussurrò il Dio della Sapienza avviandosi nuovamente verso la stanza di Sefire.

 

Allan lasciò che il vento e la pioggia sferzassero le sue ali con la loro furia per un lungo momento, prima di introdursi nella piccola crepa inferta alla barriera.

Sapeva di andare incontro ad un destino incerto.

Sapeva che con tutta probabilità Zenanhash aveva ragione.

D’altronde credere il contrario avrebbe voluto accettare che il potere di Clhavishineriyas fosse tale da riuscire a controllare Vita e Morte una volta che esse si fossero fuse.

 

Impossibile.

Una tale energia non poteva esistere.

L’universo stesso non sarebbe stata in grado di contenerla.

 

Eppure lui non voleva arrendersi.

Non poteva arrendersi.

 

Il suo passo risuonò sinistro, rimbombando nel lungo corridoio vuoto a lui così familiare, mentre avanzava verso la sala del trono.

Giunse infondo velocemente, il suo percorso illuminato soltanto dalla luce dei fulmini che straziavano il cielo senza sosta.

La grande porta della sala del trono gli parve enorme, molto più grande della prima volta che l’aveva vista.

Forse perchè in quel momento non aveva più i suoi poteri avvertiva su di se tutto il peso della potenza che quella soglia scura custodiva.

Spinse la maniglia lentamente, facendola scivolare piano.

Come in un dejavu ricordò la prima volta che aveva visto quella sala vuota.

La prima volta che aveva posato lo sguardo sul suo signore, magnifico e silenzioso.

Come allora la porta si aprì senza fare rumore ma la scena che si presentò ai suoi occhi era molto diversa da quella che lui rammentava.

 

....

 

Raily scosse il capo incredulo.

“Tutto questo è assurdo...” sussurrò al termine delle spiegazioni di Zenan.

Il Dio della Sapienza scosse il capo.

“E non è ancora tutto...” mormorò traendo di nuovo la boccetta dalla veste per posarla sul tavolino accanto a Sefire.

“Allan ha usato un incantesimo di retrocessione...” mormorò facendo sussultare l’angelo.

“Che vuol dire?” chiese, subito, Valery preoccupata.

“Ha rinunciato al suo grado di Dio rinchiudendo i suoi poteri in quell’ampolla, retrocedendo allo stato di semplice angelo...” spiegò.

“Così potrà raggiungere Clavis...” sussurrò Sefire annuendo.

 

Un Dio non avrebbe mai potuto valicare la barriera ma un angelo...

Un semplice angelo...

 

Zenan annuì.

“E’ una pazzia...” mormorò Victor pallido “...Clavis morirà comunque e l’esplosione ucciderà anche Allan!!” sussurrò. “E invece ti sbagli!” lo riprese, sorprendentemente, Valery.

I due uomini si voltarono a fissarla stupiti e la ragazzina sorrise loro, sicura.

“Sono certa che papà ce la farà.” Disse incrociando le braccia sul petto.

“Non lo lascerà andare....” sussurrò spingendo lo sguardo oltre la tenebra che ricopriva il cielo.

“Non lo lascerà andare...” ripetè piano.

 

....

 

I sandali dell’ex Dio dell’Amore scricchiolarono sui frammenti di vetro mentre avanzava nella sala, con passo incerto, osservando sconvolto la pioggia e il vento fare a pezzi qualunque cosa capitasse sulla loro strada.

“Clavis...” chiamò piano.

 

Non ottenne risposta.

 

Il vento schiaffeggiò con rabbia la sua veste pallida ma Allan procedette deciso, verso il trono.

Era lì, lo sapeva.

Quella era la sua prigione.

 

Raggiunse lo scranno di pietra fredda, a malapena illuminata dal gioco violento di luci che squarciavano il cielo e allungò una mano sfiorandone piano il bracciolo.

Sussultò nell’incontrare sotto le sue dita la consistenza conosciuta della veste scura dell’amante, fredda e liscia come ghiaccio sottile.

“Clavis mi senti...?” mormorò prendendo la sua mano elegante tra le proprie.

Se l’era aspettata fredda e invece la trovò bollente, come se avesse la febbre altissima.

“Clavis sono io... forza... apri gli occhi...” lo chiamò piano.

 

“A... Allan...?” mormorò Clhavishineriyas riscuotendosi a fatica dal suo torpore.

La sua voce era roca e grave, irriconoscibile, tanto era distorta.

 

“Che.. che cosa ci fai...” le sue parole si spezzarono con un gemito di dolore e Allan si fece avanti in fretta prendendolo tra le braccia.

“Vattene..” ansimò il dio, a fatica, “...vattene Allan ormai manca poco e non voglio... che... non...” ansimò pesantemente e l’angelo lo strinse a se, dolcemente, accomodandosi a terra, le spalle posate al sedile del trono, facendo accoccolare l’amante tra le sue braccia.

“Non ti lascerò morire Clavis...” sussurrò con voce affranta.

 

Il Sovrano dalle Due Maschere era pallido.

Mortalmente pallido.

E tremava piano nel supplicarlo di andarsene mentre stringeva in una presa spasmodica un lembo della sua veste chiara.

“Non ti lascerò morire...” ripetè Allan senza sapere se lo diceva per convincere il compagno o se stesso.

 

Clhavishineriyas  poteva davvero farcela?

Poteva davvero lasciare che Vita e Morte fondessero?

Poteva pretendere di dominarle una volta unite?

 

Forse era un’utopia.

Forse non esisteva davvero una creatura con un potere simile.

 

“Allan... è inut... ti... va via...” ansimò il moro tendendosi tra le sue braccia.

“No, Clavis, non me ne andrò, non ti lascio solo! Se morirai io verrò con te!” disse deciso.

Il moro si districò con rabbia dal suo abbracciò voltandosi per fissarlo con occhi furenti.

Due pozzi viola in cui fulmini argento e artigli neri lottavano senza esclusione di colpi striando quelle iridi incredibili di rosso.

“Non capisci! Questa è l’ultima cosa che voglio!” gridò con rabbia, ansimando per lo sforzo e il dolore che gli dilaniava le carni.

“Va via...!” supplicò.

 

“No.” fu la quieta risposta.

 

“Allan malediz...” Clavis si piegò in avanti e l’angelo allungò le braccia, afferrandolo, impedendogli di cadere tra i cocci di vetro.

 

Troppo debole.

Era troppo debole anche solo per parlare.

Era arrivato troppo tardi?

 

“Salvami Clavis... salvaci...” sussurrò stringendolo contro di se, cullandolo dolcemente mentre una mano abbronzata saliva a scostare una ciocca nera e bianca dalla sua fronte sudata.

“Non posso... non posso...” singhiozzò il Dio tremando con forza.

 

Sentiva le energie venirgli meno, quel poco di autocontrollo che gli rimaneva si stava affievolendo insieme ai suoi ultimi respiri e Allan era ancora vicino... troppo vicino.

 

“Va via... ti supplico Allan... va via...” lo pregò con voce spezzata dalla sofferenza.

 

“Puoi farlo Clavis... dominale!” lo incitò il biondo percependo l’energia tra le sue braccia affievolirsi.

“Non arrenderti!!” sussurrò accorato, stringendolo con forza a se.

Clavis gemette in maniera straziante e Allan si chiese se era giusto ancorarlo ancora a quell’agonia in virtù di un’assurda speranza.

 

La sua era follia.

Un’assurda, disperata, follia.

 

Pazzia dettata dal dolore e dall’amore che provava per la creatura che stava morendo tra le sue braccia.

 

“Non andare Clavis... non arrenderti...” mormorò spalancando le grandi ali bianche per avvolgerlo nel loro candido abbraccio.

“Esiste qualcosa che può vivere anche nella morte... Clavis...” sussurrò cercando di sovrastare il grido dei fulmini e il pesante ansimare del dio accasciato contro di lui.

“Sei stato tu a chiedermi di insegnarti a conoscere questo potere, ricordi?” cercò di scuoterlo.

 

Lo stava perdendo.

Sentiva la sua coscienza cedere.

Sbrindellarsi tra gli artigli del Demone, perire sotto i colpi dell’Angelo.

Clhavishineriyas stava pericolosamente scivolando nell’oblio.

 

“Usa quella forza!”

“La nostra forza Clavis!”

“Dominale!!” lo pregò lasciando che le lacrime scivolassero lungo le guance abbronzate, precipitando in piccole, scintillanti gocce calde, sul volto dell’amante.

Clhavishineriyas cercò la sua mano stringendola con forza.

“Allan...” riuscì a malapena ad ansimare per l’ultima volta prima di tendersi tra le sue braccia, spalancando gli occhi viola, lanciando un urlo terrificante di dolore.

 

....

 

Il cielo si spezzò in due con forza, il manto nero delle nubi venne squartato dalla furia impazzita delle folgori che esplosero una dopo l’altra in un boato di luce elettrica e assordante.

Zenan ebbe a malapena il tempo di gettarsi su Sefire per fargli da scudo e Victor di tendersi per proteggere Valery e Raily, che tutte le finestre della stanza esplosero in milioni di acuminati frammenti di vetro.

 

Il rumore fu assordante.

Assoluto.

Devastante.

 

Ci vollero parecchi secondi prima che Zenan si arrischiasse a sollevare il capo per fissare il cielo oltre le finestre distrutte.

“Che... che cosa...?” balbettò Raily pallidissimo.

 

E’ morto...” sussurrò Zenan incredulo.

 

Era davvero enorme la potenza di Clhavishineriyas.

Mastodontica.

Ma ugualmente insufficiente.

 

L’aveva detto ad Allan.

Non esisteva un potere simile.

Non poteva esistere.

 

 

Clhavishineriyas era morto e con lui... Allhanirayas.

 

 

“Non è giusto..” mormorò Victor pallido.

“Non ci credo!! Non è possibile!” sussurrò Valery incredula osservando il cielo nero farsi via via terso finchè i primi raggi di sole bucarono le coltri divenute sottili, bagnando con i loro raggi dorati la terra martoriata.

“L’universo ha corretto l’errore...” sussurrò Zenan affranto “...è finita.”

 

“Zenan...” la voce stupita di Sefire distolse la loro attenzione dal cielo azzurro per portarla sul volto del giovane angelo immobile, i grandi occhi sgranati.

“Zenan...” ripetè l’angelo posando lo sguardo ceruleo sul volto del Dio della Sapienza.

 

... riesco a vederti...

 

Continua....


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