Oh My God!

parte VIII

di Naika

Valery osservava stupita il comportamento dei suoi amici.

Non riusciva a capire perchè Sefire e Raily sussultassero tutte le volte che Clavis entrava nella stanza in cui erano loro.

Bhe, il dottore era decisamente un po’ troppo silenzioso ed era innegabile che la sua figura fosse spettrale, aveva già notato che sia Zenan che suo padre portavano un profondo rispetto, se non addirittura un leggero timore, nei suoi confronti e anche Victor seguiva il suo passaggio con una certa inquietudine, ma da quello a guardarlo come se si trattasse della Morte in persona... le sembrava che Sefire e Raily stessero davvero esagerando!!

Anche se, quello che, decisamente, le dava più fastidio, era che tutti sembravano sapere qualcosa sul loro silenzioso ospite tranne lei.

E poi c’era un’altra cosa che doveva appurare.

 

Aveva notato una strana elettricità tra suo padre e il medico.

 

Non capiva che cos’era successo.

Due giorni prima, quando Raily si era trasferito da loro, aveva notato un sospetto sguardo scintillante negli occhi del padre, e le scintille sembravano aumentare ogni volta che i due si avvicinavano.

Il mattino successivo però Clavis era rimasto tutto il giorno in giardino e suo padre aveva l’aria di qualcuno che aveva appena perso qualcosa di importante.

Non riusciva a capire che diamine stava succedendo ma non le piaceva vedere il genitore in quello stato.

Così, dopo due giorni di quegli strani atteggiamenti da parte di un po’ tutti gli abitanti della casa, Valery si decise ad appurare le sue teorie e lasciati Raily e Sefire davanti alla playstation si diresse in giardino alla ricerca del medico.

Suo padre era uscito con Zenan per fare delle ricerche sugli uomini che avevano tentato di rapire Raily mentre Victor stava riordinando la cucina.

 

Aveva campo libero.

 

Sgattaiolò sulla veranda fino a raggiungere l’angolo dietro cui aveva visto sparire Clavis, poco prima.

L’uomo stava in piedi, appoggiato alla lunga balaustra di legno chiaro che separava la veranda dal giardino e fissava, apparentemente perso nei suoi pensieri, la notte calare silenziosa sulla città.

“Signor Clavis...” lo chiamò, avvicinandosi.

Il moro si voltò lentamente verso di lei, come se sapesse perfettamente che sarebbe andata da lui.

“Che cosa vuoi sapere Valery?” le chiese tranquillamente fissandola da dietro le lenti scure dei suoi immancabili occhiali da sole.

Quando la ragazza aveva chiesto al padre perchè il loro ospite li portasse anche di notte le era stato risposto che gli occhi del moro erano molto delicati e che soffrivano se esposti alla luce, per quanto tenue essa fosse.

Nonostante questo la biondina continuava a trovare un po’ inquietante il non poterlo mai a guardare negli occhi.

“Come fai a sapere che voglio chiederti qualcosa?” chiese perplessa.

Il dio le sorrise tranquillamente scuotendo le spalle. “Altrimenti perchè saresti qui?” chiese con un lieve sorriso.

Valery si mordicchiò le labbra, a disagio, un po’ in soggezione ora che si ritrovavano soli e circondati dalla semi oscurità.

“In effetti c’è una cosa che ti devo domandare...” disse vincendo l’improvviso timore che si era impadronito di lei, avvicinandoglisi e appoggiandosi a sua volta alla balaustra.

Clavis annuì dandole cenno di continuare.

“Hai litigato con papà?” chiese Valery, affrontando la questione che più le stava a cuore.

Il moro sospirò, passandosi una mano tra i capelli scuri, portando indietro qualche ciocca lucente, sfuggita alla lunga coda di cavallo.

“Sì, in un certo senso....” le confermò cupo.

“Ed è colpa tua o sua?” chiese ancora la ragazza che intendeva vederci chiaro e possibilmente sistemare il guaio.

“Temo sia colpa mia...”  le rispose il dio ricevendo un’occhiata torva dalla ragazza.

“E non puoi fare qualcosa per rimediare?” lo rimproverò, infatti, lei.

Amava profondamente suo padre, anche se sapeva che non avevano lo stesso sangue lui era comunque la persona che l’aveva salvata e cresciuta strappandola ad una morte quasi certa o ad una vita sulla strada.

Le aveva dato amore, sicurezza, gioia.

Clavis sorrise dolcemente alla biondina “Se tuo padre ti chiedesse di fare qualcosa di cui non sei capace, per farlo felice, tu come ti comporteresti?” le chiese cercando di mettere la questione in termini semplici.

“Imparerei!” esclamò candida la ragazza.

Il dio la fissò per un momento perplesso “E se non potessi imparare?” chiese.

“Impossibile!” disse la ragazza con un largo sorriso “Per il mio papà imparerei qualsiasi cosa!!” sancì convinta.

“E se ti chiedesse di volare?” la sfidò il moro dopo un lungo istante di silenzio.

Valery ci riflettè sopra un momento “Bhe potrei sempre usare un deltaplano, un paracadute, un aereoplano, un elicottero... in qualche modo farei! Potrei anche rompermi l’osso del collo provando a buttarmi dal tetto se per lui fosse davvero così importante!” borbottò arrossendo.

“Perchè?” sussurrò Clavis colpito dalla semplice determinazione di quelle parole.

“Perchè gli voglio bene, no?” disse la ragazza scuotendo le spalle.

 

La cosa più semplice del mondo.

 

Per amore di Allan, Valery, sarebbe riuscita anche a volare.

La ragazza lo guardo sorridendogli dolcemente “Io lo so che anche tu vuoi bene al mio papà, si vede!!” esclamò “Per cui vedete di fare pace!!” disse decisa.

Clavis spalancò gli occhi incredulo, gelato da quelle parole.

 

Si vedeva?

Lei riusciva a vedere il suo affetto per Allan?

Quelll’affetto che lui stesso non sapeva se poteva provare?

Com’era possibile?

 

Eppure Valery non stava mentendo.

Era convinta delle sue parole.

Il suo sguardo era limpido e determinato.

 

“Signor Clavis?” lo richiamò la ragazza.

Il dio si girò verso di lei, ancora sconvolto dalle sue parole, quando un suono sordo, poco lontano, lo avvertì del pericolo.

Si volse in fretta, sondando le tenebre con gli occhi scuri, spingendo lo sguardo tra le ombre che avvolgevano il giardino.

Nascosto dietro un pino un uomo stava caricando il suo fucile.

“Valery entra in casa...” sussurrò con un lieve sorriso sul volto austero “...tra poco avremo ospiti”.

 

Il piano era semplice.

Entrare in casa, prendere il figlio di Fisher, uccidere tutti gli altri e far passare il tutto come una rapina finita male.

Due degli uomini erano usciti poco prima con la macchina, in casa restavano solo i tre ragazzi, la figura in nero e il gorilla che aveva steso Jack.

Quell’uomo dalla forza tremenda era l’unico problema.

Il killer ridacchiò tra se mentre scivolava silenzioso sulla veranda.

Per quanto forte anche lui sarebbe morto se gli avessero piantato una pallottola in petto.

Scivolò all’interno dell’abitazione guardandosi attorno un po’ sorpreso.

La cucina era illuminata ma vuota.

“Lotor sei in posizione?” sussurrò nell’auricolare.

Un piccolo sfrigolio e poi la risposta affermativa del compagno.

“Jack?” chiamò ancora, cambiando sintonia.

“Li ho localizzati, sono tutti e cinque in salotto...” lo informò l’altro cecchino.

“Si sono messi in trappola da soli, andiamo!” sussurrò l’uomo, inforcando il suo fucile.

 

I tre banditi piombarono in salotto con le armi puntate.

Raily e Valery, nonostante le rassicurazioni di Victor, sussultarono alla vista dei fucili mentre quest’ultimo si limitò a consultare ostentatamente il suo orologio.

“Ci hanno messo una vita...” commentò fissando Clavis che, seduto su una poltrona, accanto al divano dove stavano i tre ragazzi, intenti in un torneo di calcetto prima di venire interrotti, scosse le spalle con indifferenza, fissando tranquillamente l’uomo che puntava il fucile verso di loro, ignorando completamente quello che era fermo alle sue spalle.

Quest’ultimo, deciso a farsi notare, puntò la canna della propria arma contro la testa del dio moro.

“Fate meno gli spiritosi!” tuonò.

Clavis emise un leggero sospiro “Non dovresti agitarti così...” mormorò con la bella voce profonda, calma e rilassata come se stesse discutendo del tempo “...lo sai che il maggior numero di infarti si verifica a causa dello stress?” gli fece notare candido.

“Ti faccio passare io la voglia di scherz...” gridò l’uomo dietro di lui prima di divenire cinereo in volto e crollare a terra serrandosi entrambe le mani intorno al petto, con un rantolo.

Raily passò incredulo lo sguardo dall’killer che gemeva a terra, al sorriso leggero che sfiorava le labbra del Dio della Morte, con un brivido.

Victor, invece, approfittando di quel momento di distrazione, allungò velocemente una mano afferrando per la canna il fucile dell’uomo vicino a se, sfilandoglielo con uno strattone dalle mani prima di usare il calcio del l’arma stessa per tramortirlo con un colpo in piena fronte.

“Rimani solo tu...” fece notare con tranquillità Clavis, voltandosi verso l’unico uomo rimasto in piedi che passava freneticamente lo sguardo dal compagno svenuto a quello cinereo, che ormai respirava a malapena.

“Non muovetevi o ammazzo i ragazzi!” tuonò puntando il fucile contro i tre.

“Lo sistemi tu o lo faccio io?” chiese Victor senza scomporsi, ignorandolo come se nemmeno avesse parlato.

Clavis scosse le spalle con indifferenza.

“Se permettete...” mormorò Sefire alzandosi “...io avrei una questione in sospeso con lui...” disse sfiorandosi quasi distrattamente il labbro graffiato.

“Prego...” disse Victor facendosi da parte.

Prima che il killer avesse anche soltanto modo di avvedersi di quel che stava accadendo Sefire, incurante del fucile, piroettò su se stesso colpendolo in pieno volto con un calcio che lo fece volare a terra senza dargli il tempo di premere il grilletto.

Jack sbatté violentemente la testa perdendo i sensi pochi secondi più tardi.

“Sembra che abbiamo finito.” disse Victor un po’ deluso, guardandosi attorno.

“Chiamiamo la polizia?” propose l’angelo osservando soddisfatto l’uomo che aveva tramortito.

Clavis si alzò lentamente facendo il giro della poltrona prima di chinarsi verso il killer stramazzato dietro di lui e afferrarlo per la gola, costringendolo a sollevare il volto ansimante.

“Chi vi ha mandato?” chiese gelido.

L’uomo tossicchiò con difficoltà che non lo sapeva.

Un sopracciglio scuro scivolò ironicamente verso l’alto, sul volto androgino del dio mentre le dita candide affondavano nella gola dell’umano, strappandogli un gemito di dolore.

“Prova di nuovo?” gli sussurrò con falsa dolcezza.

“Ci... ci fa trovare i soldi e gli ordini al Broken, non l’abbiamo mai visto in faccia...” balbettò a fatica il killer.

“Broken?” chiese perplesso Clavis.

“E’.. è un pub...” ansimò l’uomo a corto d’aria “... po.. poco lontano dal porto...”.

Il Sovrano dalle Due Maschere mollò la presa lasciandolo cadere a terra dove l’uomo si accasciò con un ansimo prima di perdere i sensi a causa della mancanza d’aria.

“Inutile...” commentò gelido.

Victor scosse le spalle, dirigendosi verso il telefono per avvertire le autorità.

 

Allan e Zenan ritornarono pochi minuti dopo l’arrivo della polizia.

Il commissario stava interrogando Victor mentre alcuni poliziotti  raccoglievano i corpi dei tre uomini svenuti.

Il Dio dell’Amore cercò velocemente con lo sguardo la figlia che sembrava un po’ pallida ma incolume.

Clavis appoggiato al caminetto osservava tutta quella confusione con malcelato nervosismo.

“Tutto bene?” chiese Allan alla ragazza, avvicinandosi a lei e Raily, che aspettavano il loro turno per essere interrogati dal commissario.

L’uomo aveva tassativamente vietato loro di abbandonare la stanza.

La ragazza annuì prima di gettare una veloce occhiata a Sefire che stava rassicurando un alquanto apprensivo Zenan.

“Papà chi sono Sefire e Victor... ma soprattutto chi è il Signor Clavis?” gli chiese a bruciapelo lanciando uno sguardo al moro, immobile e più spettrale del solito.

Persino i poliziotti gli giravano alla larga.

Allan le sorrise mestamente scuotendo il capo “Ne parliamo quando se n’è andata la polizia...” la rassicurò passandole una mano tra i capelli chiari con dolcezza.

 

“C’è qualcosa che non va commissario Derek?”

L’uomo sulla cinquantina si passò una mano tra i capelli prematuramente ingrigiti dalle preoccupazioni, rileggendo per l’ennesima volta le deposizioni.

Era assurdo.

Come potevano due semplici uomini e un ragazzo essersi sbarazzati con tanta facilità di tre killer professionisti armati fino ai denti?

Non riusciva a comprendere.

Una volta giunti sul posto si erano aspettati di trovare i civili terrorizzati e i killer pronti alla rivolta invece gli abitanti della casa erano il ritratto della tranquillità mentre i tre malviventi per poco non si erano buttati in lacrime tra le loro braccia.

Da quando aveva cominciato a fare quel lavoro non gli era mai successa una cosa simile.

E poi quei tre non erano certo delinquenti qualunque.

Erano tutti già schedati per reati legati alla mafia, erano conosciuti come dei freddi e infallibili esecutori e invece...

Erano stati fermati da due civili e un ragazzo che faceva ancora le superiori!!!

Victor Force gli aveva detto di aver un passato da lottatore e la sua muscolatura ne era certamente testimonianza ma aveva pur sempre affrontato un uomo armato di fucile a mani nude.

Per non parlare del ragazzino che aveva abbattuto Jack Random con un calcio.

“State pensando ancora a quell’uomo?” interruppe i suoi pensieri il suo sottoposto, rabbrividendo mentre accendeva l’auto di pattuglia.

Derek non gli chiese a chi si riferiva.

Tutti i suoi uomini avevano avuto la stessa impressione.

Loro che erano abituati a lavorare a stretto contatto con la morte, erano tutti in egual misura impalliditi di fronte a lui.

Se ripensava alla gelida freddezza con cui Clavis Dealif aveva risposto alle sue domande, a quegli occhiali neri, dietro le cui lenti scure quell’uomo sinistro nascondeva lo sguardo, lo stesso brivido saettava anche lungo la sua schiena.

Aveva avuto a che fare con molti tipi di persone nella sua vita, aveva imparato a riconoscere l’odore della morte.

E quell’uomo ne sembrava l’essenza stessa.

Eppure, al contempo il suo istinto gli diceva che non era un nemico.

Scosse la testa mentre un agente allontanava i curiosi per permettere alla loro auto di passare.

Avrebbe fatto dei controlli molto attenti sul suo passato, c’era qualcosa che non gli tornava.

 

Victor chiuse la porta alle spalle dell’ultimo poliziotto prima di tornare in salotto.

Avrebbe voluto chiedere ad Allan e Zenan se avevano scoperto qualcosa ma era evidente a tutti che padre e figlia dovevano parlare.

Il dio della Sapienza aveva indicato la porta a Sefire e Raily che erano usciti silenziosamente, Victor si diresse invece in giardino deciso a fare un controllo del perimetro in caso ci fossero in agguato altre sorprese.

Clavis lanciò un occhiata ad Allan che era visibilmente nervoso e a Valery sempre più corrucciata.

Senza una parola sparì nella stanza accanto dopo aver lanciato un’ultimo sguardo al suo amante.

“Allora?” chiese Valery che non riusciva a spiegarsi il nervosismo del padre, ma che se ne sentiva ugualmente contagiata.

“Sediamoci.” sussurrò il biondo indicandole il divano.

Lei vi si accomodò mentre il genitore le prendeva posto accanto.

Allan rimase pesantemente in silenzio per alcuni secondi prima di fare un profondo respiro.

“Valery c’è una cosa su di me che non ti ho mai detto...” sussurrò.

La ragazza lo fissò perplessa e spaventata mentre le ipotesi più assurde facevano capolino nella sua mente.

E se fosse stato un criminale?

O una spia?

O...

“Il mio vero nome non è Allan Godman ma Allhanirayas” mormorò e la ragazza sollevò un sopracciglio sorpresa.

Che razza di nome era?

Russo?

“E sono il Dio dell’Amore...” disse serio suo padre, tutto d’un fiato, senza attendere che lei gli facesse domande.

Valery lo fissò incredula per mezzo minuto prima di cominciare a ridere.

Il dio la fissò corrucciato, non si era aspettato quella reazione.

“Valery non sto scherzando.” la reguardì seriamente.

 

Molto seriamente.

 

E la ragazza lo fissò corrugando la fronte.

Non aveva mai visto suo padre così serio.

Ma stava dicendo delle assurdità!

 

Comprendendo che le parole non sarebbero bastate Allan si sollevò lentamente dal divano chiudendo gli occhi mentre richiamava il suo potere.

I capelli biondi scintillarono attorno al volto mentre la sua pelle prendeva tonalità, diventando d’oro fuso.

Gli occhi verdi scintillarono mentre socchiudeva le palpebre.

Gli abiti scomparvero, sostituiti dalla lunga veste candida, da cerimonia, mentre l’aria attorno al loro diveniva tiepida, profumata.

Sotto gli occhi increduli della figlia Allhanirayas liberò il suo potere in tutta la sua magnifica, possente, bellezza, lasciandola senza fiato.

 

Quell’uomo maestoso che era di fronte a lei era suo padre?

Quella creatura sovrannaturale dalla luce calda e dorata come il sole e dallo sguardo così, infinitamente, dolce, era davvero l’uomo con cui aveva vissuto tanto a lungo?

 

Poteva avvertire la sua luce, avvolgente, scintillante, liberarsi dolcemente nell’aria attorno a loro.

 

Valery..” la voce del dio era profonda e dolce, antica ma al contempo musicale e melodiosa.

La ragazza scosse la testa incredula, alzandosi lentamente dal divano per avvicinarsi a lui.

Sollevò una mano lentamente sfiorando con dita leggere una manica della lunga veste lucente.

Non riusciva a capacitarsi che ciò che vedeva fosse reale.

Allan allungò le braccia e la strinse dolcemente a se.

“Mi dispiace di averti mentito finora Valery” sussurrò dolcemente.

La ragazza rimase immobile tra le sue braccia, rigida e Allan la lasciò andare con tristezza prima di riprendere il suo aspetto normale.

Solo allora Valery si riebbe dallo stato di shock in cui era caduta.

Solo allora capì ciò che significava quello a cui aveva appena assistito.

 

Per tutti quegli anni suo padre le aveva nascosto la verità.

 

Quella verità che tutti gli altri sapevano!!

 

Serire, Zenan, persino Raily probabilmente...loro sapevano!

L’unica all’oscuro era stata lei.

SUA FIGLIA!

 

“Mi hai ingannato...” sussurrò con un filo di voce.

“Valery...” mormorò il dio facendo un passo avanti.

Ma la ragazza scosse con forza il capo.

“Tu, per tutto questo tempo, mi hai preso in giro!” tuonò fissandolo con occhi carichi di dolore e di rabbia.

“Volevo solo che tu avessi una vita il più normale possibile..” cercò di giustificarsi il dio.

“Lo sapevano tutti tranne me!!” esplose la ragazza che non lo stava ascoltando.

“Quando pensavi di dirmi una cosa del genere, eh?” gridò “Per quanto tempo ancora mi avresti ingannato se stasera non ci avessero aggredito?” disse furiosa.

“Valery cerca di capire...” mormorò Allan sempre più preoccupato.

“No!” tuonò la ragazza scuotendo con forza la testa.

“Non ti voglio più vedere!” grido correndo verso l’ingresso “Ti odio! Come hai potuto farmi una cosa del genere!!” gridò sull’orlo delle lacrime prima di uscire di casa sbattendosi con furia la porta alle spalle.

Victor che aveva sentito le urla dal giardino vide la ragazza correre fuori dal cancello e poi lungo la strada ma non fece nulla per fermarla, si avvicinò invece ad Allan che fissava preoccupato il punto in cui era sparita.

“Ha solo bisogno di un po’ di tempo...” gli disse posandogli una mano sul braccio con fare comprensivo.

Allan annuì, poco convinto, lanciando uno sguardo preoccupato verso la direzione presa dalla figlia.

 

Valery si fermò, ansimante, quando giunse al parco.

Seguì distrattamente i viottoli deserti, illuminati dalla luce dei lampioni, per diversi minuti prima di fermarsi e sedersi a riposare le gambe stanche su un’altalena abbandonata.

Rabbrividì ricordando di non aver preso nemmeno una giacca, nonostante il clima non fosse decisamente dei migliori.

Si spinse dolcemente con i piedi prendendo a dondolarsi lentamente cercando di riflettere.

Si sentiva tradita e ingannata.

Suo padre le aveva mentito.

E non su una cosa qualunque.

Un dio.

Scosse il capo incredula e confusa.

Era tutto così assurdo.

 

“Hai fatto fuoco e fiamme...” sussurrò una voce conosciuta emergendo dalle ombre davanti a lei.

Valery sussultò alzando il capo di scatto incontrando lo sguardo enigmatico del loro ospite, ancora una volta nascosto dietro gli occhiali da sole.

“Signor Clavis...” sussurrò, poi sul suo viso si tese un sorriso ironico “Immagino che nemmeno tu sia chi credevo fossi...”

Il moro scosse le spalle “No, in effetti...” disse tranquillamente.

“E sentiamo tu chi saresti?” chiese ormai preparata a tutto.

 

Clavis le sorrise lievemente prima di andare a sedersi sull’altalena accanto alla sua.

Sollevò il capo ad osservare le stelle, le lunghe dita candide intrecciate agli anelli delle catene che sostenevano l’altalena, lo sguardo lontano, perduto in quell’oscurità profonda che sembrava avvolgerlo nel suo abbraccio nero.

La brezza notturna gli fece ondeggiare i lunghi capelli corvini, sospingendoli delicatamente a fondersi con le ombre attorno a lui, donando loro fugaci scintillii quando la luna vi traeva riflessi argentei.

Nel buio del parco, a malapena illuminato dalla luce dei lampioni che a sprazzi tagliava l’oscurità, la sua pelle assumeva sfumature quasi turchine mentre, sullo spigoloso volto austero, la lunga ombra degli occhiali da sole si tendeva a sfiorargli le guance.

 

Magnifico e spaventoso, al contempo.

 

“Io sono il dio della Vita e della Morte...” sussurrò Clhavishineriyas, la bella voce profonda permeata dell’antica potenza della sua carica.

 

Bhe preparata a quasi tutto...

 

Valery scattò in piedi con gli occhi dilatati, fissando il moro che la guardava tranquillamente da dietro gli occhiali scuri.

Ora capiva il comportamento di Sefire e Raily!!

E lei che aveva pensato che esagerassero.

Clavis era davvero la Morte!!!

Ora capiva perchè il killer quella sera aveva avuto un infarto per le semplici parole del moro.

“Tutto questo è assurdo!” ansimò.

Clavis si alzò lentamente, con eleganza felina.

“Parli tu che dovresti essere morta già da un bel po’...” mormorò con noncuranza facendo alcuni passi tra l’erba scura, affondando quasi, un’ombra più scura tra le altre, nell’abbraccio della notte.

Valery impallidì violentemente “Che...che vuol dire?” chiese cinerea in volto.

“Alcune settimane fa tu ti ammalasti, ricordi?” le chiese il Dio, abbassando il capo per tornare a fissarla.

Valery annuì lentamente prima di spalancare gli occhi, comprendendo.

“Tu...tu mi hai...”

“Resuscitato?” chiese Clavis, finendo la frase per lei.

Sorrise in modo vago, spingendo indietro una ciocca scura “In un certo senso...”

Valery rabbrividì stringendosi le braccia intorno al petto “Perchè?” chiese.

Non era uno sciocca, era certa che quella non era la prassi normale.

Clavis scosse le spalle con indifferenza “Allhanirayas venne da me supplicandoti di salvarti.” mormorò fissandola.

 

“Mi offrì in cambio la sua vita, la sua anima e il suo potere.”

 

Valery sussultò incredula.

Suo padre....

 

“Ti rendi conto di che cosa voglia dire?” le chiese Clavis lentamente “Sacrificare la propria anima per un mortale che avrebbe comunque vissuto al massimo per altri novant’anni” disse quasi con disprezzo.

Valery strinse la mascella con forza.

 

Suo padre... suo padre avrebbe dato la vita per lei.

 

“Io...io...” balbettò.

Clavis le si avvicinò lentamente posandole una mano candida, sul volto, in una leggera carezza ma Valery sussultò a quel contatto freddo e liscio, ritraendosi di scatto, prima di mordersi le labbra rammaricata.

“Scusa..” sussurrò ma il moro scosse il capo con indifferenza “La tua è una reazione molto comune...” disse e Valery ricordò immediatamente come Sefire e Raily girassero alla larga da lui.

Lentamente tornò accanto al dio e allungata una mano la fece scivolare nella sua.

Clavis sollevò un sopracciglio sorpreso e la ragazza gli sorrise.

“Torniamo a casa...” sussurrò “...abbiamo tutti e due delle scuse da fare.”

Il Sovrano dalle Due Maschere annuì stringendo la mano della mortale tra le lunghe dita candide prima di avvolgere entrambi nelle maglie del suo incantesimo.

Quando ricomparirono in giardino Valery si guardò attorno incredula.

“WOW!!” esclamò provocando una bassa risata divertita, da parte del dio.

“Le sa fare anche mio padre queste cose?” chiese guardandosi attorno.

Clavis annuì con un sorriso mentre la ragazza scuoteva il capo ancora sconvolta.

“Mi ci vorrà una vita per abituarmici...” borbottò lasciando la mano del moro per dirigersi verso la veranda che li avrebbe riportati in casa, si fermò tuttavia sul primo gradino voltandosi verso il dio che era rimasto immobile.

“Perchè sei venuto a dirmelo?” chiese riflettendo su quella stranezza.

Il Dio della Vita scosse le spalle con indifferenza “Ti dovevo un favore...” sussurrò la brezza serale per lui, trasportando le sue parole fino alla ragazza, prima che egli si voltasse e svanisse tra le ombre del giardino.

 

Allan passeggiava nervosamente avanti e indietro nello studio riflettendo su come comportarsi con la figlia.

Forse era il caso che andasse a cercarla.

Insomma erano appena stati aggrediti non poteva certo lasciarla andare in giro da sola!

Era anche pur vero che se fosse stata in pericolo lui se ne sarebbe accorto dato che tutti i suoi sensi ora erano catalizzati su di lei.

Stava ancora rimuginando quando l’oggetto dei suoi pensieri infilò la testa bionda nella stanza.

“Papà...” mormorò mordicchiandosi le labbra “...possiamo parlare?” chiese.

Allan si affrettò ad annuire e la ragazza entrò nello studio avvicinandoglisi.

“Mi dispiace per quello che ti ho detto prima...” mormorò abbassando il capo ma il dio scosse la testa.

“Avevi tutte le ragioni Valery, io ti ho mentito” la scusò.

La ragazza fece un profondo respiro avvicinandoglisi ancora e abbracciandolo.

“Ti voglio bene papà!” sussurrò e Allan sentì il suo cuore perdere un colpo mentre dolcemente stringeva le sue braccia attorno al corpo sottile della figlia.

“Anch’io te ne voglio.” le disse piano, con un sorriso.

Rimasero così per alcuni momenti prima che lei si staccasse lentamente, per fissarlo con attenzione.

“Sai adesso capisco un sacco di cose...” mormorò aggrottandosi.

“Tipo?” chiese lui perplesso.

“Perchè sembra che tu abbia vent’anni invece di quaranta, perchè tutte le mie compagne di classe ti sbavano dietro...” elencò sulla punta delle dita.

Si fermò lanciandogli uno sguardo torvo “...anche il lavoro è una montatura?” chiese.

Allan sorrise sedendosi sul divanetto che occupava un angolo dello studio facendole cenno di accomodarsi accanto  a lui.

Valery si sedette, ascoltando il racconto del padre in silenzio.

Allan le parlò del Dominio dei Cieli, del suo ritrovamento e della vita che si era costruito per poterla allevare.

Le parlò di Fel e del veleno.

La ragazza annuì.

“Clavis me l’ha detto...” sussurrò allungando una mano per stringere quella del padre.

Allan sollevò un sopracciglio sorpreso.

“Clavis?” chiese incredulo.

La ragazza annuì spiegandogli ciò che era successo al parco mentre Allan l’ascoltava in silenzio.

 

Perchè?

Perchè Clavis aveva fatto una cosa simile per lui?

 

“Papà?” lo richiamò Valery.

Allan si voltò a fissarla aggrottandosi nel notare lo strano sguardo della figlia.

C’era una luce machiavellica nei suoi occhi chiari.

“Dimmi?”

“Tu adesso non mi mentirai più vero?” gli chiese seria.

Allan le sorrise dolcemente “No, non lo farò”.

La ragazza sorrise mentre quella luce che aveva già notato le accendeva lo sguardo mettendolo in guardia.

Temeva di non voler sentire la prossima domanda della figlia.

“Sei innamorato di lui vero?” gli chiese infatti la ragazza candida.

Allan non potè fare a meno di arrossire.

 

Accidenti alla sua perspicacia!

 

Sospirò prima di emettere un flebile “Sì”.

“E lui ti ricambia?” chiese lei sempre più attenta.

Allan scosse lentamente il capo “Ti ha detto chi è?” le chiese prima di rispondere alla sua domanda.

Valery fece un cenno affermativo del capo e il dio sospirò di nuovo.

“Lui non può amare. La Vita come la Morte devono essere assolutamente imparziali e, per questo, non gli è concesso alcun sentimento se non indifferenza....” sussurrò.

Ma Valery scosse il capo con forza “Non ci credo!” disse ricordando il dialogo che aveva fatto in giardino quel giorno stesso con il Dio della Vita e della Morte.

Ora comprendeva il significato delle sue strane domande!

“Deve solo imparare!” disse convinta.

Allan sospirò “Lo credevo anch’io ma ora... non lo so...” sussurrò.

La ragazza si alzò in piedi fissandolo torva, le mani sui fianchi.

“E tu saresti il Dio dell’Amore?” lo rimproverò “Dovresti essere esaltato da una sfida del genere...” lo provocò “...o forse pensi che il premio non valga lo sforzo??” chiese arrabbiata.

Allan la fissò incredulo prima che sul suo volto si aprisse un largo sorriso.

“Ho sempre saputo che eri una persona speciale Valery eppure riesci ancora a sorprendermi!” le disse divertito.

La ragazza arrossì, ridendo “E che ti aspettavi dalla figlia del Dio dell’Amore!!” disse gioiosa.

Allan annuì alzandosi “Bene signora “figlia del Dio dell’Amore” è ora di andare a letto, è tardi, e domani devi andare a scuola.” le disse spingendola verso la porta.

La ragazza mise il broncio lasciandosi tuttavia sospingere senza fare troppa resistenza.

Erano in corridoio quando Allan si fermò per fissarla negli occhi. “Non ti da fastidio?”  le chiese dolcemente.

Lei sollevò un sopracciglio senza capire e Allan aggiunse “Perchè siamo due uomini”.

Valery scosse le spalle “Bhe è un po’ strano però.. no, non mi da fastidio. Così invece di avere un genitore dio ne avrò due!!” disse allegramente.

Allan le sorrise e la ragazza gli fece una linguaccia “E poi Clavis è così bello...” sospirò imitando Cleo quando parlava di suo padre.

“Grazie del complimento.” sussurrò una voce conosciuta, accanto a loro, facendoli sussultare entrambi.

“Accidenti Clavis devi perdere questo vizio!” sbottò Allan che si era ritrovato la figlia aggrappata addosso come un koala all’albero.

Il dio moro sorrise lentamente mentre la ragazza passava lo sguardo tra i due uomini.

“Bene, bene..” disse maliziosa “...vi lascio soli, non fate cose strane sul divano!”

“VALERY!!!” tuonò Allan incredulo.

La sua dolce, innocente bambina, che cosa ne sapeva di ‘cose strane’?????

Clavis trattenne una risata mentre la ragazzina spariva al piano di sopra ridacchiando.

 

Allan la seguì con lo sguardo finchè non scomparve lungo il corridoio che portava alla sua stanza prima di voltarsi verso Clavis.

“Sembra che io ti debba ringraziare di nuovo...” mormorò ma il moro scosse il capo con eleganza, facendo frusciare i capelli neri.

Attratto da quel lento movimento, Allan allungò una mano, passandola tra le ciocche di tenebra, rimirandone ancora una volta gli incredibili riflessi turchini prima di sollevare lo sguardo per incontrare quello nascosto dietro gli occhiali scuri.

La mano gli ricadde pesantemente lungo il fianco nel fissare la propria immagine riflessa nelle lenti nere.

 

Non poteva arrendersi, non quando Clavis era la posta in gioco.

Però...

 

“Mi dispiace...” sussurrò il moro strappandolo bruscamente dai suoi pensieri.

Allan lo fissò senza capire e Clavis emise un sospiro avvicinandoglisi, sollevando una mano candida per sfiorargli una guancia.

“La verità Allan è che non lo so se ho un’anima o meno..... e ho il terrore di scoprirlo” sussurrò.

Il Dio dell’Amore afferrò la sua mano tirandolo a se con forza, avvolgendolo nel suo abbraccio.

“Lo scopriremo insieme Clavis e nel caso tu davvero non ne avessi una...” mormorò con un sorriso, ad un soffio dalle sue labbra “...vorrà dire che te ne darò metà della mia.”

Clavis sbarrò gli occhi ma non ebbe modo di parlare perchè il biondo gli chiuse le labbra con le proprie.

 

“Sono ufficialmente arrabbiata con voi tre!” sancì il mattino successivo Valery piombando in cucina, puntando il dito accusatore contro Sefire, Zenan e Victor.

Poi ricordandosi di Raily gli lanciò un’occhiataccia aggiungendo “Anzi voi quattro!” esclamò, sventolando il dito a pochi centimetri dal volto del ragazzo che stava facendo colazione.

Allan le mise una mano sul capo scompigliandole i capelli con un sorriso e lei si addolcì immediatamente prima di guardarsi attorno.

“Clavis non c’è?” chiese controllando scherzosamente alle proprie spalle, prima di voltarsi verso il padre.

Non le sfuggì la scintilla che accese gli occhi verdi del genitore e sul suo volto si allargò un sorriso sornione.

Allan si affrettò a servirle la colazione prima che potesse fare qualsiasi commento e la ragazza cominciò a mangiare il suo toast tutta gongolante.

 

Ora era lei a sapere qualcosa che nessun altro conosceva!!

 

Continua....


Fictions Vai all'Archivio Fan Fictions Vai all'Archivio Original Fictions Original Fictions