Oh My God!

parte VI

di Naika

 

Allan aveva aspettato di sentire la figlia che rincasava prima di coricarsi. In qualche modo la sua visita doveva aver impedito al suo compagno di classe di togliersi la vita e di questo era felice.

Il leggero suono della maniglia che girava lo riscosse dai suoi pensieri.

Allungò la mano per accendere la lampada che stava sul suo comodino quando delle dita fresche intrappolarono il suo polso.

“Clavis?” mormorò riconoscendo quel tocco leggero.

Il Sovrano delle Due Maschere non gli rispose ma si stese accanto a lui poggiando il capo sulla sua spalla.

Allan trattenne il fiato per alcuni secondi incredulo prima di allungare una mano per accarezzargli il volto.

Si bloccò tuttavia quando sentì che le guance del Dio erano bagnate.

“Clavis?” lo chiamò dolcemente.

Le dita ferme sulla sua guancia furono accarezzate da qualcosa di liquido e caldo.

“Clavis...” lo chiamò nuovamente mentre la preoccupazione gli attanagliava lo stomaco.

 

Possibile?

Clavis stava piangendo?

 

Un sospiro affranto fuoriuscì dalle labbra sottili del Dio tra le sue braccia che si rannicchiò contro di lui cercando di soffocare il proprio dolore contro il suo petto. Allan lo strinse a sé con dolcezza cullandolo piano mentre il cuore gli batteva furiosamente in petto.

 

Perché piangeva?

 

“Tesoro che cosa c’è?” gli chiese preoccupato.

Aveva paura.

Che cosa poteva averlo sconvolto fino a quel punto.

“Clavis per favore parlami così mi spaventi...” mormorò stringendolo più forte a sé.

Clavis emise un lamento tra le sue braccia.

“Non posso...” gemette

“Non posso...” ripeté piano e la sua bella voce profonda parve ad Allan così carica di dolore.

Allungò in fretta una mano verso la luce.

Doveva vederlo.

Doveva guardarlo in viso per capire che cosa diamine stava succedendo.

Ma ancora una volta Clavis lo bloccò sollevandosi poi piano sulle braccia per allungare il capo e poggiarli un bacio sulle labbra.

 

Erano salate.

 

“Perdonami...” sussurrò prima di alzarsi lentamente per andarsene.

Ma Allan allungò in fretta una mano afferrandolo e ritirandolo accanto a se.

“Resta qui.” gli sussurrò dolcemente stringendolo a sé.

“Non importa se non te la senti di dirmi che cosa c’è, ma non andartene in questo stato.” mormorò accarezzandogli con dolcezza i lunghi capelli neri. Clavis rimase rigido tra le sue braccia alcuni secondi prima di arrendersi con un sospiro e affondare di nuovo il capo nella sua spalla. Allan gli accarezzò le guance dolcemente asciugando le tracce delle lacrime rimaste.

“Andrà tutto bene Clavis vedrai” gli assicurò posando le labbra su quella pelle fresca in tanti piccoli baci.

Il dio si strinse a lui cercando la sua bocca soffocando le proprie preoccupazioni in quelle labbra dolci che avevano il pregio di fargli dimenticare qualsiasi cosa.

Il Dio dell’Amore gli fece scorrere le mani sulla schiena stringendolo a se mentre la sua bocca assaporava con passione quella dell’altro avvertendo il suo disperato bisogno di annullamento.

Gli fece scivolare le mani sotto il maglione di cashimire accarezzando la pelle candida, fresca e delicata al tocco. Lo sentì tendersi tra le sue braccia ma a differenza del giorno prima Clavis non si tirò indietro soffocando un sospiro contro i profumati riccioli biondi del suo amante. Gli fece alzare le braccia e lo liberò del maglione mentre scendeva ad accarezzare il collo del Signore dalle due Maschere con la bocca.

Il suo respiro leggermente affannoso gli accarezzava l’orecchio spedendogli violenti brividi di piacere lungo la schiena.

Gettò il maglione oltre il letto prendendo ad accarezzare quel petto liscio con delicatezza mentre la sua bocca scendeva ad esplorare la pelle candida fino a trovare un capezzolo. Vi passò sopra la lingua strappando un gemito al Dio. “A....Allan” mormorò Clavis senza fiato.

Si sentiva andare a fuoco.

Era una sensazione piacevole e spaventosa allo stesso tempo.

 

Stava perdendo il controllo.

 

Inarcò la schiena offrendosi inconsciamente a lui mentre avvertiva tutto il suo essere tendersi verso quelle mani calde che lasciavano scie roventi sulla pelle delicata. Allan soffocò le sue deboli proteste tornando ad occuparsi delle sue labbra mentre una mano scivolava sinuosa sempre più in basso. Clavis sussultò quando l’avvertì armeggiare con la cerniera dei pantaloni. Si contorse spaventato tra le braccia del Dio dell’Amore che sembrava non avere nessuna intenzione di lasciarlo andare mentre si spingeva su di lui, accarezzandogli i fianchi con i propri e il bacio che si stavano scambiavano diventava quasi violento. Clavis perse completamente cognizione di se mentre il compagno lo liberava dei pantaloni e dei boxer. Tuttavia si riscosse violentemente quando avvertì la mano del biondo scivolare tra le cosce. Un’improvvisa ondata di calore lo travolse mentre il respiro gli si mozzava in gola.

Allan staccò la bocca da quella del Dio moro quando avvertì il lamento di questi contro le proprie labbra.

“Ti ho fatto male?” gli chiese piano interrompendo la sua carezza.

Lo sentiva respirare affannosamente.

Gli baciò uno zigomo avvertendo il leggero tremore di quel corpo sottile sotto il suo.

“Non aver paura...” gli sussurrò dolcemente tornando a baciarlo con delicatezza sulle labbra.

Clavis emise un flebile sospiro stringendosi di più a lui.

Allan aveva ragione, era spaventato.

Il calore, il piacere, il bisogno, lui che non aveva mai provato niente se non indifferenza ora si trovava travolto, soffocato da quei sentimenti prepotenti che non aveva mai avvertito.

 

Aveva paura.

 

Aveva una paura terribile di tutto ciò e del fatto che, per contro, ora che li aveva assaggiati non sarebbe riuscito a farne a meno. Allungò il capo e poggiò un bacio incerto sulle labbra del Dio dell’Amore.

Allan non gli avrebbe mai fatto volontariamente del male questo lo sapeva, ma, inconsciamente, anche la persona più gentile del mondo può uccidere.

Doveva rischiare? Il suo cuore non era allenato, non era preparato, non sapeva che fare.

La mente e l’anima gridavano due cose completamente differenti.

“Vuoi che smetta?” gli chiese dolcemente Allan allontanandosi un po’ da lui scostandogli una ciocca scura dal bel volto.

Nella penombra della stanza, ora che i suoi occhi si erano abituati al buio, riusciva a scorgere i lineamenti tormentati del suo amante.

 

Vuoi che smetta?

 

La domanda di Allan lo aveva gelato.

 

Smettere...

Smettere con tutta quella pazzia.

Smettere di credere che avrebbe potuto avere...

 

Avere... cosa?

Un’anima?

Un cuore?

 

Amore?

 

Ma lui poteva amare?

O stava scambiando una cosa che non conosceva con un altra di cui conosceva altrettanto poco?

 

Non riusciva a capire.

Non gli era stato insegnato come comportarsi in un caso simile.

Lui non era stato creato per amare.

Nel suo destino non c’era nulla se non silenzio.

 

Lui stesso... non era nulla se non... vuoto e silenzio.

 

Eppure ora...

 

Che cosa doveva fare?

 

Smettere... era la cosa più logica, la più giusta da fare eppure.... quando Allan si era allontanato aveva avvertito una sensazione di freddo.

Di perdita.

“Io.... non so cosa devo fare” mormorò, la bella voce profonda tormentata.

Allhanirayas gli baciò le labbra.

“Lasciati andare...” gli sussurrò piano accarezzandogli il lobo candido con la bocca.

Gli fece scivolare nuovamente la mano destra lungo la coscia tornita, lentamente, prima di accarezzare piano la virilità tesa del Dio. Clavis sussultò violentemente a quel contatto e Allan si fermò nuovamente.

“Ssshhh...” gli sussurrò tornando a baciarlo sulle labbra mentre con delicatezza la sua mano prendeva a massaggiare il corpo del compagno sotto il suo. Sentì Clavis tendersi e allargare leggermente le gambe per lui.

Trattenne il fiato mentre si imponeva di non perdere la calma.

Il moro si stava fidando di lui, gli stava concedendo il suo corpo e lui non aveva intenzione di farlo pentire di quella scelta. Tornò ad accarezzargli le labbra con le proprie mentre la mani del Dio della Vita scivolavano silenziose e fresche sulla sua pelle bollente, esplorando la sua schiena tornita.

Le sentì contrarsi quando fece pressione con le dita intorno al suo sesso. Clavis si inarcò sotto di lui mentre dalle labbra sottili gli sfuggiva un gemito strozzato.

Così dolce, così innocente e provocante.

I capelli neri sparsi sulle lenzuola pallide, le labbra sensuali socchiuse, il respiro affannoso.

Si concentrò sui suoi lineamenti tracciandone i contorni con la lingua mentre sentiva il proprio corpo esplodere di desiderio, il proprio sesso ancora rinchiuso nel tessuto dei boxer.

“Allan..., Allan ba..... basta ti prego” gemette il moro cercando di divincolarsi sotto di lui.

Non riusciva a sopportare quella tortura era troppo, troppo piacevole, quasi doloroso.... doveva farlo smettere.....

 

Doveva ...

 

Sentì tutto il suo corpo gridare quando il Dio dell’Amore infilò una gamba tra le sue accarezzandogli le cosce con le proprie. Il cuore gli pulsava violentemente in petto, il rombo del sangue nelle vene gli ottenebrava l’udito mentre dalle labbra sottili sfuggivano gemiti spezzati e singhiozzi.

“Va tutto bene” lo rassicurò Allan con voce roca sfiorandogli le labbra dolcemente.

Clavis gemette mentre una lacrima silenziosa scivolava lungo lo zigomo appuntito.

“Non... non....” balbettò con il respiro ormai così spezzato da rendergli persino impossibile parlare.

Allan strinse con delicatezza la mano attorno al suo sesso cominciando a spingere con forza su e giù.

“Allan!” gridò il suo prigioniero inarcandosi con violenza sotto di lui.

Il Dio dell’Amore gli chiuse la bocca con la propria mentre sotto di lui sentiva Clavis tremare sempre più forte fino a che con un lungo gemito non venne contro di lui.

Si portò la mano alle labbra leccando il suo seme dalle proprie dita ma Clavis gliela allontanò dalle labbra arrossendo violentemente.

Il Dio dell’Amore gli sorrise posandogli un bacio casto sulla fronte ampia. “Hai un buon sapore sai?” gli sussurro piano scivolando con la bocca lungo il naso appuntito per poi poggiare un bacio leggero sulle labbra socchiuse.

Clavis ringraziò il buio della stanza che impediva al compagno di scorgere il suo volto in fiamme.

Si sentiva completamente sotto sopra.

“Che... che cosa mi hai fatto?” balbettò confuso dalle miriadi di emozioni che gli si attanagliavano dentro, più rivolto a se stesso che a lui.

Allan lo strinse dolcemente a se. “Ti ho amato” mormorò accarezzandogli il capo per tranquillizzarlo. Il moro emise un flebile sospiro appoggiando la fronte contro la sua spalla prima che un pensiero improvviso attraversasse la sua mente.  

“Tu non...” mormorò piano, imbarazzato.

Allan gli sorrise scostando le lenzuola per coprire entrambi.

“Non importa” lo rassicurò.

Clavis tuttavia allungò le braccia e si strinse a lui facendo aderire il corpo tornito a quello abbronzato coperto solo dal tessuto leggero dei box.

Poteva chiaramente avvertire l’eccitazione di Allan contro le cosce.

Come aveva fatto poco prima il Dio dell’Amore fece scivolare piano una mano nei boxer del compagno.

Il biondo trattene il fiato avvertendo quelle dita curiose sfiorarlo incerte. “Cl.. Clavis” balbettò.

Rischiava davvero di perdere il controllo. Gli sfuggì un gemito quando avvertì la mano sottile accarezzare la sua virilità.

Lo aiutò a liberarlo dei boxer mentre Clavis esplorava il suo sesso.

Quel tocco leggero, inesperto, era una tortura.

Una piacevolissima tortura.

Si morse le labbra per non gridare quando l’amante, imitandolo, cominciò a far scivolar la mano su e giù.

Il Dio della Vita e della Morte affondò il capo nella sua spalla mentre anche il suo respiro diventava nuovamente affannoso. Sentire Allan tendersi in quella maniera verso di lui gli dava una sensazione di potere mai provata eppure si sentiva anche terribilmente in imbarazzo.

Cercava di accarezzarlo come aveva fatto lui poco prima ma aveva paura di sbagliare, di fargli male.

Allan allungò una mano e la poggiò su quella candida che lo stava facendo impazzire accompagnandola sul proprio sesso.

“Così...” gli sussurrò piano, insegnandogli che cosa doveva fare.

Clavis assecondò i movimenti del Dio dell’Amore avvertendo in lui quell’urgenza che aveva attanagliato il suo corpo poco prima che cominciava a scorrergli nuovamente nelle vene.

Assaggiò la pelle calda del suo collo con le labbra mentre sollevava il bacino, strofinandosi contro di lui, allargando inconsciamente le gambe alla ricerca di un contatto più intimo e profondo.

Allan gemette quando Clavis allontanò la mano dal suo sesso per alzare i fianchi e strofinarsi contro di lui.

“Cla... clavis non tentarmi...” mormorò, con voce così roca da essere irriconoscibile, afferrandogli con forza i fianchi, spingendolo contro il materasso, sotto di se, allontanando quella pelle di seta così invitante dalla sua.

Clavis allungò il volto per cercare le sue labbra, ormai in preda al disperato bisogno di un contatto con lui piegando le gambe per permettergli di sistemarcisi nel mezzo e il Dio dell’Amore perse completamente il controllo di se.

Si avventò su quella bocca sottile prendendola con violenza, con impazienza mentre le sue mani scendevano ad accarezzare le natiche del Dio.

Clavis si tese sotto di lui con un gemito più forte e Allan non riuscì a trattenersi.

Attirò i suoi fianchi contro di lui e con  un movimento deciso lo penetrò con forza.

Il grido del compagno lo riportò brutalmente alla realtà.

Si fermò immobile dentro di lui abbassandosi per fissare il suo volto.

“Amore mi dispiace!” sussurrò piano accarrezzandogli il volto con dolcezza.

Clavis ansimò gli occhi serrati, le labbra socchiuse.

“La... lasciami andare per favore...” balbettò.

Ma Allan scosse il capo chinandosi a sfiorargli le labbra con le proprie.

“No Clavis, non ora.” Fece scivolare una mano tra i loro corpi fino all’inguine.

“Calmati, tesoro, lascia che t’insegni...” sussurrò dolcemente prima di spingere piano i fianchi contro i suoi.

Il moro emise un lamento di dolore puntandogli le mani sul petto.

“Allan, no... per favore...” gemette cercando di allontanarlo.

Il Dio dell’Amore gli accarezzò piano le labbra con la lingua prima di scendere a baciargli il collo mentre la sua mano prendeva a muoversi su di lui.

“Rilassati, Clavis, fra poco andrà meglio” lo rassicurò dolcemente.

Era conscio che lo stava praticamente violentando, ma sapeva anche che se l’avesse lasciato andare in quel momento l’avrebbe perso per sempre.

“Fidati di me amore...” lo pregò dolcemente affondando piano.

Il moro emise un lamento ma fece comunque scivolare le braccia attorno al suo collo aggrappandosi a lui.

Il Dio dell’Amore riprese a spingere facendo attenzione ad ogni suo gemito finchè non lo sentì tendersi sotto di lui.

Lo baciò con dolcezza e Clavis spinse titubante il bacino contro il suo.

“Ancora..” ansimò e Allan non se lo fece ripetere.

Il Sovrano dalle Due Maschere cominciò ad ansimare e a sollevare il bacino alla sua ricerca mentre le spinte divenivano sempre più profonde e intense finchè non avvertì il proprio corpo venir invaso dal seme dell’amante e inarcandosi a sua volta anch’egli venne nuovamente nella sua mano.

Rimasero così, immobili, uno dentro l’altro per alcuni secondi, i respiri affannosi che si fondevano uno nell’altro finchè Allan non si mosse piano lasciandolo andare.

Clavis emise un flebile lamento e il Dio dell’Amore lo attirò dolcemente tra le sue braccia stringendolo a se.

“Mi dispiace...” sussurrò piano tempestandogli il volto di piccoli , teneri, baci.

Clavis gli avvolse il viso con le mani cercando la sua bocca.

“Non scusarti...” mormorò con la bella voce profonda ancora un po’ affannosa.

Allan scosse il capo “Era la tua prima volta, avrei dovuto fare piano e invece ho perso la testa...” confessò.

Clavis arrossì violentemente “Vorrà dire che farai più attenzione la prossima volta” mormorò.

Allan gli cinse la vita possessivamente “Agli ordini mio signore”

Il Dio della Vita e della Morte emise un sospiro tranquillo accoccolandosi meglio tra le sue braccia mentre Allan quasi distrattamente gli accarezzava la vita candida.

Scostò una ciocca sudata dal volto del l’amante che si era addormentato con il capo appoggiato sul suo petto, che si alzava e abbassava al ritmo finalmente tranquillo dei suoi respiri.

“Ti amo” sussurrò piano per non svegliarlo, sentendo tuttavia la necessità di dirlo ad alta voce, prima di addormentarsi cullato dal suono regolare del suo respiro.

 

Clavis emise un sospiro flebile emergendo dalle maglie del sonno esausto in cui era caduto.

“Buongiorno” mormorò una calda voce conosciuta accanto a lui. Allan stava legando i riccioli biondi ancora umidi per la doccia appena terminata in una corta coda di cavallo quando lo aveva sentito svegliarsi e gli si era seduto accanto. Gli posò un bacio delicato sulle labbra. Clavis inspirò il profumo leggero, fruttato che emanava quella pelle dorata mentre i ricordi di quella notte tornavano vividi nella sua mente.

“Buongiorno” mormorò mentre sentiva la pelle del viso accaldarsi.

Probabilmente era arrossito.

Chissà che cosa pensava Allan di lui ora.

Alla fine non aveva resistito ed era andato da lui.

Tra le sue braccia era riuscito a sfogare, addirittura a dimenticare, quel dolore che gli dilaniava le carni.

Si alzò dirigendosi verso il bagno.

Aveva bisogno di riflettere.

Dopo quello che era successo, dopo quello che aveva provato...

 

Allan lanciò un’occhiata al letto sfatto e tesa una mano, con un solo gesto, cambio le lenzuola e lo rifece prima di concedersi uno sguardo alla porta del bagno.

Sentiva lo scroscio dell’acqua oltre l’uscio chiuso. Poteva immaginare lo spettacolo che avrebbe visto se fosse entrato.

Sospirò imponendosi di pensare ad altro.

Era preoccupato.

Che cosa aveva sconvolto Clavis al punto di portarlo alle lacrime?

 “Non sei andato a lavoro?” gli chiese il sovrano dalle Due Maschere riscuotendolo dai suoi pensieri.

 

Non l’aveva sentito rientrare.

D’altronde Clavis era silenzioso come un gatto.

 

Si voltò verso di lui per rispondergli con una battuta ma tutti i suoi pensieri vennero completamente annullati quando i suoi occhi si posarono su di lui.

La pelle candida leggermente arrossata dalla doccia appena fatta, i capelli neri sciolti sulle spalle, la luce soffusa che entrava dalla finestra, socchiusa, avvolgeva quella figura regale e delicata al contempo, in un’aura dorata che si rifrangeva in mille scintille di luce sulle goccioline d’acqua che scivolavano sinuose sul corpo nudo.

Allan seguì una di esse scendere sensualmente nell’incavo del collo del Dio, sul petto e poi lentamente scivolare giù seguendo la linea degli addominali scolpiti, in una languida, intima, carezza.

Deglutì a fatica imponendosi di trattenersi dal raccogliere con la lingua quel piccolo cristallo insolente.

Credeva che dopo quanto era accaduto quella notte il suo desiderio si sarebbe quanto meno sedato... come si era sbagliato!! Adesso che aveva assaggiato il sapore della sua pelle, ora che le sue mani conoscevano la consistenza del suo corpo non poteva che desiderare di stringerlo nuovamente a sè.

E Clavis non migliorava certo la situazione andandosene in giro nudo!!

“Dì che lo fai apposta!!” borbottò lanciandogli un accappatoio preso dall’armadio.

 Il Dio moro corrugò la fronte senza capire ma lo indossò stringendo la cintura in vita.

Allan emise un sospiro di sollievo prima di tornare serio.

“Non volevo lasciarti solo oggi” gli disse rispondendo alla sua domanda di prima.

“Allan io....” sussurrò Clavis a disagio.

“Shhh...” mormorò il Dio dell’Amore prendendolo protettivamente tra le braccia e posandogli un bacio leggero sulle labbra “Me ne parlerai soltanto quando ti sentirai pronto”

Clavis scosse il capo stringendosi un po’ di più a lui.

Il suo calore era quasi intossicante.

 

Avrebbe dovuto odiarlo.

 

Se Allan non fosse mai andato al castello, se non avesse infuso il suo potere dentro di lui per fargli comprendere..... eppure da quella comprensione era giunta anche la felicità.

Quel calore che sentiva quando era accanto a lui aveva riempito la sua anima vuota colmandola di luce.

Aveva bisogno di lui, disperatamente bisogno di lui.

Era dunque quello l’amore?

 

 

Raily sbadigliò, stiracchiandosi con un sorriso sul volto.

Non ricordava più da quanto tempo gli capitava di svegliarsi sorridendo.

Aveva dormito benissimo si sentiva riposato.

Anzi la parola giusta era rinato.

Sorrise tra sè e sè, ripensando agli avvenimenti della sera precedente, non riusciva a credere che fosse tutto vero. Eppure era nel suo letto, il plaid posato sulle spalle. Mosse piano il polso, gli faceva male, ma era un dolore sopportabile che gli era utile a ricordare. Si alzò sbadigliando e scese al piano di sotto seguendo il profumo di caffè fino ad arrivare in cucina. La Signora Offsar stava preparando la colazione come tutte le mattine ma quel giorno invece di ignorarla come faceva di solito il ragazzo la salutò con un allegro ‘Buongiorno’ che fece voltare la donna sorpresa.

 

Quel ragazzino sempre cupo e silenzioso le aveva raramente rivolto la parola. Si comportava in modo educato ma freddo. Proprio come quel pezzo di ghiaccio del padre. Aver perso la madre quand’era molto giovane non aveva certo aiutato quel ragazzo introverso ad aprirsi e il successivo matrimonio del padre con una donna se possibile ancora più fredda di lui aveva segnato il distacco definitivo. Padre e figlio si parlavano a malapena e vivevano per la maggior parte dell’anno in case separate. Gli sorrise guardandolo sedersi al tavolo di cucina e versarsi una tazza di caffè.

“Avete dormito bene?” gli chiese tanto per non sprecare quell’occasione di dialogo.

Il ragazzo incredibilmente le sorrise nuovamente. “Sì” disse allegramente prima di allungare il braccio per prendere il burro.

A quel gesto però la donna notò la garza e sussultò “Vi siete ferito?” chiese preoccupata.

Raily arrossì abbassando il capo. “Sì e in maniera molto stupida...” alzò lo sguardo sorridendo nuovamente “...ma non è niente di grave e poi mi ha medicato Valery.”

La donna lo fissò confusa “Valery?” chiese non riuscendo a comprendere.

Non le risultava che il ragazzo conoscesse nessuna Valery a dir la verità da quando si era trasferito lì poche settimane prima non aveva ancora stretto nemmeno un’amicizia.

“Valery Godman è la mia compagna di banco. Ieri sera è venuta qui con Sefire Know. Abitano poco distante da qui” la donna annuì conosceva la famiglia Godman. Quando il giovane Signor Godman si era trasferito nella piccola villa poco distante dal centro, una quindicina di anni prima, aveva sollevato un bel vespaio. Sorrise ricordando quante persone, o meglio signore, erano andate a portare i loro saluti al nuovo vicino nella speranza di fare conoscenza. Ma l’uomo sembrava troppo impegnato ad occuparsi della figlioletta per badare alle loro avance. E chi prima, chi dopo, si erano arrese seppur ancora oggi fosse uno degli argomenti preferiti di discussione in paese. Ricordava di aver sentito dire dalla parrucchiera che presso villa Godman si erano trasferite delle persone nuove. A detta della ragazza che le stava tingendo i capelli si trattava di un medico e di un professore con il suo allievo tuttavia la ragazza si era dilungata più sulla descrizione dei due uomini che non sul motivo del loro trasferimento. Sembrava che anche gli altri due fossero molto avvenenti.

“Sono felice che abbiate fatto conoscenza” disse, e lo era davvero. Valery Godman era una ragazza allegra e piena di vita, l’amica ideale per Raily.

Infondo l’unico problema di quel ragazzo era la solitudine se qualcuno fosse riuscito a vedere oltre il suo guscio di timidezza avrebbe imparato ad apprezzarlo ne era sicura. “Adesso devo andare se no faccio tardi.” disse il ragazzo alzandosi e dirigendosi verso il salotto per prendere la cartella. Stava giusto uscendo quando il suono del telefono lo fece tornare indietro. “Casa Fisher” disse alzando la cornetta. Il sorriso scomparve improvvisamente dalle labbra del ragazzo quando riconobbe la voce dall’altro capo della cornetta.

Suo padre.

“Raily c’è una cosa importante che devo dirti!” il ragazzo lanciò un’occhiata fulminante alla cornetta.

“Non me la puoi dire più tardi sto andando a scuola”.

Suo padre ignorò il tono freddo del ragazzo continuando il suo discorso.

“Oggi pomeriggio giungeranno a casa delle persone che si trasferiranno lì con te.”

Raily fissò la cornetta accigliato.

Che storia era quella?

“Si fermeranno fino al giorno delle elezioni sono degli agenti di una società privata...”

“Aspetta un secondo...” lo interruppe Raily impallidendo “...guardie del corpo?” chiese stupito, non era mai successo che suo padre arrivasse a tanto eppure era in politica da un bel po’.

“Ultimamente c’è un’aria molto tesa qui in parlamento. E’ solo per precauzione sono sicuro che non corri alcun rischio” gli disse prima di riagganciare dopo aver salutato frettolosamente il figlio.

Raily riappoggiò la cornetta sul telefono molto lentamente.

Delle guardie del corpo.

Ma che diavolo stava combinando suo padre? Forse la vecchiaia lo rendeva più apprensivo pensò con un  sorriso cinico prima di avviarsi verso scuola pensieroso.

Continua....


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