Note: I personaggi sono miei ... al di là di qualche nome rubato a Saint Seiya ... e anche di qualche descrizione fisica ... va beh .. cmq restano personaggi che non c'entrano niente con la serie di Kurumada-Araki-Hymeno


Occhi verdi

di Aphrodite

PROLOGO

Io sono Lori, Lori Burdach e sono un guerriero, un mercenario al servizio del migliore acquirente. Quanto ho odiato il mio mestiere dopo quello che è successo, ma dovevo pur vivere! Inoltre ci sono tante altre persone che, pur mantenendo il nome immacolato, hanno il mio stesso senso degli affari. E' triste la vita quando si è orfani di padre e di madre e il tuo genitore, prima di morire, ti ha consegnato ad un gruppo di mercenari.  Il tuo destino è segnato se loro ti hanno considerato il loro portafortuna e ti hanno insegnato a combattere con l'intimo desiderio di vederti lottare al loro fianco un giorno, per ingrossare la borsa comune.
Sin da quando ero bambino ho imparato a vivere "tra uomini", le presenze femminili mancavano nella mia vita e mi mancava mia madre. La sua assenza presto per me divenne un'ossessione. Borarch, il mio maestro, un uomo freddo e spietato, solido come un macigno, affermava sempre che il ricordo di mia madre sarebbe stato una malattia, mi avrebbe consumato l'anima se non avessi trovato un motivo valido per continuare a vivere. Ed era stato il mio terribile insegnante a donarmene uno. La battaglia.
Il sangue che correva sulla piana. Il silenzioso cameratismo dei soldati raggruppati intorno al fuoco da campo dopo lo scontro. I viaggi. Per questo io avevo deciso di continuare a vivere e per questo non mi ero lasciato andare al dolce torpore della notte.
Ancora prima che la barba apparisse sul mio volto glabro di ragazzo, maneggiavo a perfezione ogni arma, avevo imparato tutti i segreti del mercenario, sapevo contrattare e potevo già mostrare una serie di ferite sulle mie braccia e sulle mie gambe muscolose. Conoscevo a memoria, inoltre, la conformazione del terreno di tutti i territori del nord dove ero nato, sapevo chi tra i sovrani era più generoso ed ero ormai immune a qualsiasi dolore sia esso morale o fisico. Muto come la roccia se un compagno moriva, indifferente alla mia stessa morte, se mai fosse arrivata.
Fu dopo l'ennesima battaglia al servizio dei soliti signorotti locali che io e i miei compagni, bevendo birra rancida attorno ad un ennesimo fuoco in compagnia di un gruppo d'uomini dell'esercito regolare del nostro "padrone comune", venimmo a conoscenza della guerra scoppiata all'estremo sud tra Leary McLouis, sovrano dei confini orientali, e Mark McDaman, re dei territori occidentali.
Una battaglia nel pacifico sud! E poi i damerini delle terre temperate accusavano noi di essere gelidi attaccabrighe! Mi sarebbe piaciuto scendere nei territori meridionali ed entrare al servizio di uno dei due signori.
Così avrei potuto dimostrare loro come si combatteva! Ma i miei compagni non vollero ascoltarmi e se io non fossi stato sordo alle loro parole, ora sarei ancora lo spietato Lori,colui che beveva e cantava con loro attorno alla legna ardente.
Ma decisi di partire, accusandoli di essere dei codardi. Il mio maestro, per premiare la mia intraprendenza (o la mia baldanza), mi regalò un'armatura con uno splendido scudo che sarebbe stato il mio segno di riconoscimento.
Sull'arma era ritratta una donna vestita di nero, dalle guance incavate e gli occhi vitrei: la morte.
Lo ringraziai e mi sentivo quasi emozionato, egli mi trattava come se fossi  suo figlio! Quando ripartii lasciai il noioso Nord a quei vecchi guerrieri stanchi e mi diressi verso una nuova vita, avevo scelto di presentarmi a quel McLouis e chiedere di essere accolto tra le file dei suoi uomini. Il viaggio nel Sud si svolse senza troppi problemi e arrivai in meno di tre mesi di fronte al grande castello delle terre orientali. Dovevo aver impressionato le guardie del palazzo perché, quando chiesi di essere presentato al re come un mercenario che voleva entrare al suo servizio, mi portarono subito dall'uomo.
Anche il sovrano, un uomo basso e bruno di una quarantina d'anni, dagli occhi porcini e piccoli, mi guardò come se avesse visto un dio.
Nel meridione è difficile trovare uomini biondi e dagli occhi azzurri, inoltre avevo indosso l'armatura del mio maestro e sfoggiavo il mio scudo con tracotanza. Alto e muscoloso dovevo essere impressionante!
Avevo quasi venticinque anni, dieci anni fa. Maledico quel giorno ancora oggi.


                                                CAPITOLO PRIMO
                                                      L'incontro

McLouis sembrava un idiota, uno di quegli uomini che si lasciavano sopraffare dalla rabbia quando non riuscivano a comprendere. Ma il suo aspetto nascondeva benissimo il carattere ponderante del sovrano.
Egli osservava il giovane del Nord con occhio attento, scrutava il suo fisico perfetto, il gelo dei suoi occhi chiari e pensò che un simile guerriero doveva trovarsi nelle sue fila al momento dello scontro con McDaman. Sorrise a quei pensieri assaporando la visione dei soldati d'occidente che fuggivano via impauriti di fronte all'uomo biondo. Dopo aver fantasticato abbastanza si costrinse a trovare il coraggio di parlare a quel mercenario che un po' intimidiva anche lui.
"Come ti chiami, giovane coraggioso" scandì come meglio poteva nella lingua comune a tutti i territori del Land.
Il guerriero lo guardò dritto negli occhi prima di parlare poi disse utilizzando la stessa lingua: "Sono Lori Burdach e sono giunto dalle terre del Nord per chiederle di essere accolto tra i suoi soldati. Previo compenso, naturalmente!"
Il sorriso di McLouis si accentuò pensando che nelle terre meridionali non vi erano uomini tanto sfacciati da rivolgersi con queste parole ad un re. 
Bene, era proprio l'uomo che aveva sempre cercato.
"Lori Burdach sono disposto ad accondiscendere il tuo desiderio, ma prima di pattuire il compenso voglio che tu mi dimostri la tua abilità. Ti terrò per un periodo di prova." Così il re metteva bene in chiaro la sua autorità "Se non ti considererò un buon soldato, ti lascerò senza soldi, altrimenti sarai ricompensato profumatamente".
Lori guardò l'uomo, senza parole: quell'idiota metteva in dubbio la sua forza! Ma come osava?! Eppure, ripensandoci, la proposta del re appariva come una sfida e a lui piacevano le sfide.
"Accetto, signore" rispose quindi con un sorriso enigmatico sul volto.
"Sei fortunato, guerriero, ordinerò che ti vengano consegnate le chiavi di una buona stanza".
Dicendo questo si alzò dal trono che aveva occupato fino a quel momento e chiamò il suo consigliere con un campanello.
Mentre attendevano in silenzio, entrò nella stanza una donna bellissima seguita da due giovani fanciulle, almeno questo parve a Lori che osservò a bocca aperta una di loro. La ragazza che aveva attirato la sua attenzione aveva, come la donna che era entrata per prima, i capelli e gli occhi verdissimi, dello stesso colore della foresta, e un volto ovale e perfetto.
Tutte erano vestite con larghi pantaloni, ma Lori non si meravigliò.
Attraversando la cittadina che circondava il castello, aveva notato che le donne portavano gli stessi costumi degli uomini, solo che le prime vestivano stretti corpetti. Il giovane fu attratto dalla ragazza più giovane che, però, non indossava un corpetto, ma una larga casacca.
"Allora, marito mio, perché non chiami tua moglie per delle decisioni importanti?" Chiese la regina dando un bacio sulla guancia del re.
L'uomo rosso di rabbia "Quante volte devo dirti di avvertirmi del tuo arrivo, Kajara" si trovava a disagio con quella donna e Lori pensò che il sovrano era veramente buffo.
Ma quando la donna indirizzò il suo sguardi indagatore su di lui, comprese il comportamento del re.
"Giovane guerriero, io sono Kajara, la regina delle terre d'oriente Conviene che mi presenti da sola, visto che mio marito se ne dimentica sempre!"
affermò guardando il povero sovrano con fare sprezzante. "Questi sono i miei figli: la primogenita Maya e Shun".
Maya arrossì. Era una ragazza di diciotto anni, non affascinante, assomigliava a suo padre con quei capelli scuri e ricciuti e gli occhi nerissimi. Lori si inchinò di fronte alla regina e alla principessa poi si girò verso la ragazza dai capelli verdi. La sua pelle chiarissima risaltava perché il vestito che indossava era blu notte. Lori si sentiva irretito dai suoi occhi verdi. Egli si inginocchiò di fronte a   lei, le prese la mano e la baciò; se avesse ascoltato bene il presentazione fatta dalla madre dei due, non si sarebbe comportata così. Infatti, con una voce molto chiara Shun esclamò: "Non pensavo che nel Nord tra uomini ci si salutasse in questo modo!".
Lori alzò lo sguardo, Shun lo squadrò con un sorriso dipinto sulle labbra perfette, poi prese la mano del guerriero, la posò sul suo petto. Il mercenario arrossì e pensò: "Questa ragazza è spregiudicata!", ma poi si
riebbe dallo stordimento iniziale.
Le sue mani non toccavano seni di donna, ma un petto piatto. Lori si alzò e si allontanò di qualche passo. Sentì la risata dei sovrani, essa aveva rotto il silenzio che si era condensato nella stanza durante la strana indagine.
"Anche se il mio volto è quello di una donna, io sono un ragazzo" Shun sembrava divertito.
Lori sentiva ancora il volto in fiamme, era la prima volta che gli succedeva di non riconoscere un ragazzo, ma quel volto era così effeminato e attraente che aveva perso la testa. Quel viso era "magico"!
Il re intanto gli si era avvicinato e gli diede una pacca sulla spalla.
"Tranquillizzatevi, non siete il primo che si sente attratto da mio figlio" rideva ancora di lui, ciò irritava il mercenario, poi McLouis disse, rivolto al ragazzo: "Shun, figliolo, visto che Moran non si fa vivo, accompagna il nostro ospite in una delle stanze migliori dell'ala del castello in cui alloggiano i soldati di ruolo".
Shun sorrise e prese per mano Lori portandolo fuori dalla stanza. Il guerriero avrebbe voluto lasciare la mano del principe, ma stranamente non lo fece. Prima di uscire il giovane del Nord notò lo sguardo irrisorio della regina e l'espressione di gelosia dipinta sul volto di Maya.
Come avevo fatto ad essere così stupido? Perché mi sentivo innaturalmente attratto da quel ragazzo? Mentre attraversavo i corridoi oscuri della parte bassa del castello al fianco di Shun, mi sentivo strano. Egli era molto loquace.
Mi parlava della sua terra, del regno di suo padre, ma a me non interessava. 
Ad un tratto gli chiesi quello che volevo sapere veramente; con un po' di vergogna sbottai: "Chi siete, principe? Non potete essere il figlio di quell'idiota di McLouis!".
Il ragazzo si mise a ridere e la sua risata risuonò e la sua risata risuonò nel corridoio e riecheggiò nel mio corpo, facendomi tremare in tutte le membra.
Mi osservò e poi cominciò a parlarmi: "Io somiglio molto di più a mia madre ed è per questo che mi avete scambiato per una ragazza! Inoltre, mia madre è una donna fuori del comune. E' una donna dei boschi".
Rimasi interdetto. Non avevo mai sentito parlare di una simile razza, ma Shun mi spiegò che le donne dei boschi erano ninfe che conoscevano la magia e la usavano per irretire gli uomini. Sua madre lo aveva fatto con McLouis ed ora era la regina di quei posti. In realtà non aveva agito per amore, ma per difendere le sue compagne dagli esseri umani.
Era un piacere stare a sentire parlare il ragazzo, la sua voce fluiva in me come un ruscello dalle acque limpide. Intanto eravamo arrivati alla stanza che il re mi aveva assegnato. Shun aprì la porta e mi fece entrare. Nonostante la stanchezza accumulata durante il viaggio e la voglia pressante di riposare, chiesi al ragazzo di rimanere ancora un po' con me. Egli fu contento di fare ciò e si sedette sul letto e io al suo fianco. La sua vicinanza mi rendeva stranamente euforico. Parlammo per parecchio tempo.
Shun era curioso di sapere qualcosa del mio passato e della mia terra.
Sicuramente era incuriosito dal mio aspetto fisico imponente e dai miei occhi simili al ghiaccio, ma non ne era intimorito.
Alla fine, però, i muscoli cominciarono a dolermi. Avevo bisogno di dormire.
Shun se ne accorse, chiese scusa per avermi importunato e stava per andare via, ma lo bloccai, trattenendolo per un braccio. Un'ultima domanda prima di lasciarlo andare.
"Principe, voi quanti anni avete? Come faccio a sapere se quello che mi avete raccontato riguardo vostra madre e le vostre origini è vero? Sapete, non vorrei fare figuracce quando parlo con gli altri soldati. Inoltre per me è solo una grossa favola." Doveva essere stata una mossa stupida, ma il ragazzo mi si fece più vicino, mi sorrise e rispose: "Ho sedici anni e ora vi fornirò una prova delle mie origini".
Mi prese la testa tra le sue mani e la guidò fino al suo collo, poi lasciò che io poggiassi il mento sulla sua spalla destra e affondai il viso tra i suoi capelli.
"Inspirate profondamente, abbassate le palpebre e ditemi cosa sentite" mi ordinò.
Io feci come mi aveva detto. Un odore di muschio invase le mie narici. Felci bagnate dalla rugiada si materializzarono nella mia testa. Era un incantesimo?! No, erano le sue origini, impregnate nella pelle morbida.
Sentii l'eccitazione salire in me e le mie braccia, che fino a quel momento erano rimaste inerti lungo il mio corpo, si mossero per abbracciare quel giovane perfetto.
Cominciai a passare le mie dita tra i suoi capelli serici e... e fu allora che capii di essere andato troppo lontano. Shun si ritrasse da me guardandomi senza capire; mi squadrava con il dubbio negli occhi grandi. Era così giovane come poteva capire il mio comportamento?!
Chiesi scusa e dissi che volevo rimanere solo, egli mi lasciò augurandomi un buon riposo. Ma, sdraiato sul letto, pensavo ancora a quel volto fine e delicato e pregai, silenziosamente, di rivederlo presto.





                           CAPITOLO SECONDO
                          Il banchetto e l'errore


Lori Burdach aveva dormito come un sasso e si svegliò soltanto nella tarda mattinata del giorno dopo il suo arrivo nel sud. Non aveva voluto mangiare. La stanchezza era piombata su di lui e aveva preso possesso delle sue membra, ma ora aveva una fame da leone e uscì dalla sua stanza dopo essersi accuratamente vestito utilizzando degli abiti (alquanto bizzarri per lui a dire la verità!), che aveva trovato nell'armadio: una casacca rossa accompagnata da un largo pantalone verde come quello di Shun. 
Ah, il principe Shun! Chissà se avrebbe potuto rivederlo! Mentre avanzava nel lungo corridoio, sul quale si affacciavano le camere dei soldati, indugiò sui ricordi della giornata precedente.sul volto del giovane principe che aveva parlato con lui per molto tempo. Eppure si conoscevano appena!
Indugiò sul ricordo del volto fine, dei capelli morbidi e di quegli occhioni dolci e grandi.
Lori non si era mai ritenuto una persona affabile; eppure con quel ragazzo era stato loquace e gentile, non vedeva l'ora di rivederlo. Perso nei suoi pensieri non si accorse di essere arrivato ai piedi della scalinata che 
ricordava di aver percorso il giorno prima. Cominciò a salire le scale e sbucò sul cortile del castello, ampio e illuminato dal sole. I suoi occhi chiari fecero fatica a adattarsi alla luce diretta dell'astro luminoso, ma fu felice di assaporare l'aria calda del sole, così diversa dal freddo glaciale delle sue terre di origine. Lì, uno smunto fratello di quella palla di fuoco, che ora ardeva all'infinito nel cielo limpido, brillava di luce malsana e grigiastra.
Osservò a dritta e a manca, cercando di trovare un uomo fidato cui chiedere informazioni su dove andare e scorse il re in persona, intento a parlare con un uomo alto e ben vestito. Il basso sovrano era molto buffo. Portava una bizzarra armatura, che lo rendeva pesante e sgraziato. Quando vide il suo biondo soldato, McLouis fece un cenno di saluto e cominciò a spostarsi, cigolando, verso Lori che rispose al re con un inchino elegante.
"Allora, giovanotto!!" lo interpellò l'uomo "Ti sei rifocillato? Un giorno e mezzo di sonno ti hanno rimesso a nuovo, spero!"
"Sì, signore" rispose con un sorriso Lori "però ho una terribile voglia di mangiare!"
"Anche tu, guerriero, senti la morsa della fame?!" ritorse, incredulo, il re "Pesavo che fossi di legno!"
Il mercenario lo guardò senza capire, ma prima che potesse ribattere McLouis aggiunse: "Tra mezz'ora ci sarà un banchetto di commiato dalle donne e voglio che tu sieda tra i miei soldati. Domani partiremo per la guerra, andremo contro quel mostro di McDaman. Ci vediamo, ragazzo!"
E si allontanò. Lori avrebbe voluto chiedere dove si trovasse la sala dei banchetti, ma non poteva correre urlando dietro al suo signore, sarebbe stato scortese! Così rimase nel dubbio, aggirandosi per il cortile.
Notò che c'era molta attività. Gli uomini si preparavano alla partenza e tutti, anche le donne, davano una mano. Chi assestava un carro, chi controllava le maglie della propria cotta. Dei bambini correvano ridendo e
portavano sul capo gli elmi dei loro padri. Nel nord nessuno aveva mai preso così alla leggera la guerra. Ad un tratto sentì una voce alle sue spalle:
"E questo sarebbe il guerriero biondo?! Non mi sembra così eccezionale!" 
"Sì, è lui" rispose un'altra voce "dovresti conoscerlo prima di giudicarlo".
Lori non conosceva il primo uomo , ma l'altra voce lo fece sussultare.
Si girò e vide Shun seguito da un uomo dai capelli e dalla carnagione scura, grosso e massiccio che indossava un'armatura nerissima. Al contrario il principe portava un'armatura chiara, fine ed elegante. Non sembrava fatta per combattere!
Lori in un attimo fu accanto al ragazzo che gli sorrise e lo salutò con un inchino. Il mercenario fece lo stesso, imbambolato di fronte agli occhi profondi di Shun. Il terzo uomo osservava divertito lo sguardo perso del nordico e chiese con una punta di sarcasmo nelle sue parole:
"Shun, hai avvertito il nostro ospite che sei un uomo? Dal suo modo di guardarti sembra proprio che arda di desiderio per il tuo corpo, cuginetto!"
Lori, rosso di vergogna, guardò con fare truce l'uomo. Ma Shun, per niente imbarazzato, si avvicinò di più a lui e gli strinse il braccio.
"Mio cugino, Ikki, sta scherzando. E' il suo modo di comportarsi purtroppo!" disse e lanciò un'occhiata in tralice al parente, poi cambiò discorso:
"Siamo venuti a prenderti per guidarti al banchetto. Ho pensato che tu non avessi idea del posto dove si terrà."
Era terribile, pensò Lori, come quel ragazzo riuscisse a leggere nei suoi pensieri!

Io e Shun sedevamo uno accanto all'altro, ma non sentivo il suo sguardo su di me e ciò mi rattristava. Eravamo nella sala dei banchetti attorno ad uno dei grandi tavoli apparecchiati. Non conoscevo i piatti che venivano serviti, ma la mia fame non mi dava tregua e io gradii tutto. Gli uomini chiacchieravano allegramente e io sentivo le donne parlare di me, del mio aspetto fisico, le loro occhiate fisse nella mia direzione. Anche la principessa Maya era lì vicino. L'unico sguardo che mi interessava era costantemente rivolto verso un'altra persona, quel maledetto cugino che non la piantava mai di parlare di cose inutili. Ma ad un tratto il principe si voltò, mi sorrise e mi chiese perché non partecipassi al loro discorso. Io non sapevo cosa rispondere, ma Maya con voce cristallina disse al fratello:
"Tu e Ikki siete noiosi con i vostri discorsi. Egli ha bisogno di stare fra donne! Vieni qui bel biondone ti faremo divertire"
E mi offrì un posto accanto a lei e alla sua amica. Il principe gettò un'occhiata alla sorella. Un odio innaturale crepitò tra i due, poi Shun si volse verso Ikki, come se non fosse successo nulla. Io presi posto, con mio grande dispiacere, tra Maya e la sua compagna, Mia. Non so se si accorsero di tutte le volte che cercai di carpire almeno un sorriso da parte di Shun.

                                                        * * *
Nonostante le giornate fossero lunghe lì nel sud, era quasi notte quando il banchetto terminò. Dovevo aver bevuto molto e non mi reggevo in piedi. Maya si era offerta per accompagnarmi in camera mia, ma io avevo vivamente rifiutato il suo sostegno. Ce l'avrei fatta da solo e poi la presenza della principessa mi innervosiva. Era chiaro che aveva delle mire su di me, ma io la odiavo. Assomigliava troppo a suo padre!
Ma rifiutare il suo appoggio era stato un errore. Mi tenevo fermo di fronte alla scalinata, pregando che fosse quella giusta e sperando che Shun mi aiutasse. Non avevo avuto modo di parlargli durante la festa e, inoltre, egli era andato via dal banchetto molto presto. Dove potevo trovare il coraggio per...
"Stai bene o hai bisogno d'aiuto?" chiese Shun guardandomi con il sorriso sulle labbra, si teneva di fronte a me, sugli ultimi gradini. Di nuovo sentii il mio cuore sobbalzare e sorrisi a mia volta. Era come se lo conoscessi da anni.
"Ho bisogno d'aiuto" risposi senza cerimonie.
Il principe mi sorresse fino alla mia stanza, poi entrò con me e mi lasciò cadere sul letto. Tornò in dietro e stava per uscire augurandomi la "Buonanotte" come il giorno precedente, quando gli chiesi di restarmi accanto. Shun all'inizio sembrò esitare, ma poi chiuse la porta a chiavi e si avvicinò al mio letto, si sedette accanto a me e chiese:
"Cosa vuoi?"
L'alcool mi annebbiava la mente e rallentava i miei movimenti, ma prima che Shun potesse sottrarsi alla mia forza, afferrai le sue braccia e lo spinsi verso di me. Nell'impeto del mio gesto e della sua reazione, finimmo entrambi sul letto e mi bastò un balzo per serrarmi contro il suo corpo. Ero ubriaco e speravo che lo fosse anche Shun, così poi avremmo dimenticato, ma egli era savio e si dibatteva sotto di me per liberarsi e fuggire. Non si rendeva conto che così accresceva solo il mio desiderio di possederlo, mentre strisciava contro di me. Mi sentivo caldo, molto caldo. Shun mi scongiurò di lasciarlo, urlando che era un uomo, ma non potevo permettergli di attirare i miei vicini di camera, così premetti la mia bocca contro la sua, facendo penetrare prepotentemente la mia lingua per giocare con la sua e per leccargli il palato. Intanto mi strusciavo contro di lui e cominciai a strappargli i vestiti. La casacca. la cintura. poi i pantaloni. A mano a mano che scoprivo quel magnifico corpo, mi sentivo in dovere di continuare, di farlo mio definitivamente! La sua pelle morbida e fresca, ad ogni mio tocco, sembrava farsi più dolce e cedevole. Lo accarezzavo violentemente e il mio compagno era quasi inerte.La mia lingua continuava a giocare con le sue labbra, la mia bocca le mordeva delicatamente. Ormai eravamo entrambi nudi e io continuavo a baciarlo e a sfregare il mio corpo contro il suo, a penetrare in lui.
Shun aveva smesso di respingermi, ma potevo sentire le lacrime correre sul suo volto. Eppure dovevo continuare, avevo desiderato fare ciò fin da quando lo avevo incontrato la prima volta. Ora ero lì e volevo arrivare fino alla fine.
Un altro colpo piacevole e profondo, un altro ancora. fino a che non gioii.
L'orgasmo fu dolce e prolungato, caddi esausto sul corpo del ragazzo che gemette per il dolore. Io rimasi serrato a lui, eravamo entrambi ansimanti, sorrisi pensando a quello che avevo fatto.
Soltanto il mattino dopo, però, compresi quale terribile crimine avevo commesso.

Il mercenario si svegliò che era ancora molto presto. Aveva un terribile cerchio alla testa e non ricordava gran che della serata. Si mosse e si accorse che sotto il suo corpo nudo vi era un'altra persona. Nell'oscurità della stanza non la riconobbe e poi, chiunque fosse, cosa ci faceva lì?
Si alzò e si avvicinò al tavolo, accese una candela e avvicinò la fiamma al letto.
Per poco la luce non cadde dalla mano tremante, quando si accorse che la persona nuda sul suo letto era il principe Shun. Ad un tratto ricordò tutto con orrore. Il banchetto. Maya. Il vino. Shun che lo accompagnava. Il suo gesto impetuoso. I baci sulle labbra del giovane. Egli che.faceva l'amore?!
con il principe.
Posò la candela sul comodino e si chinò in avanti per scuotere il suo giovane compagno. Aveva paura di perderlo, sentì le sue guance bagnate.
"Shun! Shun!" urlava "Ti prego, parlami, svegliati, ti prego"
Il ragazzo si mosse e aprì gli occhi. Lori se ne accorse e lo abbracciò teneramente piangendo.
"Perdonami, non volevo, ero ubriaco. Mi perdoni, Shun?" Il principe non rispose, ma accennò ad un sì con il capo, poi lo respinse dolcemente e si diresse verso l'armadio. Si vestì senza dire una parola e uscì dalla stanza.
Lori rimase solo maledicendo la sua balordaggine!


                                   CAPITOLO TERZO
                                    La riconciliazione

La marcia dei soldati di Mclouis cominciò a mattino inoltrato. C'erano tanti uomini ognuno provvisto di un'arma ben scelta. I fanti camminavano davanti a tutto l'esercito, seguiti dai cavalieri, mentre l'avanguardia comprendeva esperti genieri e nelle retrovie si trovavano i lanciatori con pesanti macchine da guerra. Lori marciava in compagnia di un gruppo di uomini che aveva conosciuto prima di partire. Egli si sentiva euforico come tutte le volte che andava in battaglia, ma i suoi compagni non parlavano da guerrieri e continuavano a discutere delle loro mogli e famiglie. Così presto il mercenario ne ebbe abbastanza di loro e la sua attenzione si concentrò sul paesaggio del sud.
Dalle sue parti era difficile trovare un po' di terra senza neve, ma quando l'aveva vista non aveva osservato altro che ciuffi di erba secca sparsi, una vista orribile.
Lì, invece, campi verdi, adorni di molti alberi alti e forti, attraversavano la sua visuale e le sue narici assaporavano il profumo della primavera del meridione. Gli mancava soltanto una persona per essere felice. Shun cavalcava poco lontano da lui. Nonostante tentasse di dimenticare quello che era successo durante la notte, non aveva molto successo e continuava a sentire sul suo corpo le mani del mercenario. Era molto imbarazzato. Non era la prima volta che un uomo lo scambiasse per una ragazza, ma mai nessuno era stato così ardito come il nordico e, poi, con un certo fastidio, il principe doveva ammettere che, nonostante il dolore, quel trattamento gli era piaciuto e che era stato attratto dal forte Lori Burdach sin dal momento in cui l'aveva visto per la prima volta.
"Ehi, Shun, mi stai ascoltando?" il giovane si scosse di dosso i pensieri e guardò suo cugino, che gli parlava senza interruzione da quando erano partiti.
"Scusami, ero assorto" rispose incerto il principe.
"Ma che diavolo ti è successo, hai dormito male?" chiese preoccupato Ikki. 
- Se tu sapessi come e dove ho dormito.- pensò Shun, ma rise e disse "Sì, ho dormito male, ma non ti preoccupare tanto tra un po' ci accamperemo per il pranzo e potrò riposare"
Ikki non era molto convinto, ma lasciò suo cugino meditare, tentò di stare zitto il più possibile per non disturbarlo 
Era la settima notte che passavamo intorno ai fuochi. Il campo di battaglia era molto distante dalla cittadina. Ma come facevano ad organizzare le guerre in quel modo? Noi, nel nord, attaccavamo senza ritegno, combattevamo senza pudore, saccheggiavamo i villaggi. Loro no. Per molti di quei soldati la guerra era una passeggiata, ma avevo la spiacevole sensazione che McDaman avesse intenzioni molto più serie.
Quella notte mi allontana dai soldati. Non volevo bere, da quel triste banchetto non l'avevo più fatto. Mi sdraiai su una zolla verde, guardando le stelle nel cielo. Nel nord era difficile osservare le piccole fiaccole luminose, la volta celeste era sempre coperta. Chiusi gli occhi assaporando il fresco vento notturno che mi alitava sul volto. Ero così assorto e mi godevo la frescura notturna che non sentii il fruscio dell'erba accanto al mio orecchio destro. Eppure capii di non essere solo, ma non volevo sapere chi fosse il mio vicino. Pensai subito ad uno dei soldati ubriachi che si insultavano intorno alle fiamme, ma poi ebbi l'impressione che fosse una donna quella sdraiata accanto a me. -Strano- pensai divertito - non ci sono ragazze al seguito dell'esercito, ma solo vecchie guaritrici!-
Chiunque fosse si distese a metà su di me e cominciò ad accarezzarmi le guance, tenendo la testa sulla mia spalla. Un odore di muschio mi stordì, come la prima volta.
Spalancai gli occhi sorpreso "Shun!!" Esclamai incredulo.
Il ragazzo mi guardò con aria truce : "Come osate" disse "rivolgervi ad un principe con questo tono?!" gettò il capo indietro, mettendo in evidenza la linea perfetta del suo collo e scoppiò in una risata sonora.
Mi scossi dallo stadio di torpore che mi aveva catturato, lo scrutai senza comprendere. Non lo vedevo da quando eravamo partiti e non speravo ormai di poterlo rincontrare, almeno non in quelle circostanze. Mi abbracciò, non sapevo come reagire. Dopo quello che gli avevo fatto, dove aveva trovato il coraggio di tornare da me? Io, meccanicamente, lo strinsi forte, lo sguardo  perso nel verde intenso dei suoi occhi. Eravamo abbastanza lontani dal campo, ma se ci avessero visti? Gli accarezzavo i capelli morbidi, ma cosa me ne importava degli altri!
"Non tornerai nel nord, vero?" mi chiese il principe interrompendo il dolce silenzio della notte.
"Perché me lo chiedi?" ritorsi io, sospettoso.
"Perché." silenzio, cercava le parole giuste "Perché ti... ti voglio bene, Lori!"
Per le orecchie di Glok! Come faceva a parlare in quel modo, era così giovane! - E' colpa tua! E' colpa tua!- continuava a ripetermi la mia coscienza. Ma non rifiutai l'abbraccio di quel ragazzino, anche se mi sentivo colpevole di qualcosa che solo in seguito avrei compreso.
"Shun" Dissi "anche io ti voglio bene... ti amo e non voglio tornare subito a casa, prima devo guadagnare un bel gruzzolo. Non posso presentarmi dai miei compagni mercenari senza un soldo!"
Shun si allontanò da me e mi gettò una strana occhiata. Era rimasto ferito dalle mie ultime parole?! No, era stata una mia impressione perché mi sorrise e si strinse di muovo contro il mio corpo dicendo "Sì, hai ragione".
Rimanemmo così per tutta la notte. Io ero padrone di me stesso e mi sentivo felice. Se solo avessi compreso le mie stesse parole. Se mi fossi reso conto della mia vera identità, non proverei tutto questo rimorso per quello che feci in seguito, non dovrei ogni notte fermarmi di fronte allo specchio e ripetermi, come se fosse la formula di un incantesimo "Sono un mercenario! Sono un uomo di mondo! Sono un mostro!"

Shun aprì gli occhi alle prime luci dell'alba. Si mise a sedere e inspirò a pieni polmoni l'aria mattutina. Si tolse dagli occhi una ciocca di capelli verdi e rise dolcemente. Lori dormiva ancora, avvolto nel mantello che avevano condiviso.
Il principe si alzò e si lavò il volto con la rugiada raccolta su una larga foglia. Poi si chinò ad osservare il mercenario. Aveva pensato molto, prima di prendere quella decisione, nessuno era al corrente del suo amore blasfemo verso un altro uomo. Era la prima volta che agiva andando contro alle regole sacre per il suo popolo, ma, dopotutto, egli era in parte un abitante dei boschi e, come tale, libero da norme e pregiudizi.
Sebbene suo padre avesse tentato di tenere alla larga i propri figli dalle cattive abitudini materne, la donna, Kajara, era riuscita almeno ad influenzare negativamente (secondo quanto affermava il re) suo figlio. D'altra parte, lei non si rispecchiava nella figlia maggiore, troppo patetica  e stupida, ma Shun era il suo pupillo. Gli aveva insegnato a parlare con gli animali, a conoscere e separare le erbe medicinali, a scegliere i fiori più belli. Il principe era stato un alunno attento e Kajara ne era felice perché aveva lasciato una parte di sé in quel ragazzo. La parte migliore. Gli aveva anche consigliato di dare ascolto al suo istinto e Shun in quel caso l'aveva ascoltata alla lettera. Voleva quell'uomo, lo desiderava e, anche se non aveva la spregiudicatezza per saltargli addosso e non aveva l'età per comprendere appieno quei sentimenti, poteva conquistarlo. Ecco perché provava rabbia nei confronti di Maya, che aveva avuto più coraggio di lui!
Però non pensava che le cose potessero precipitare soltanto il giorno dopo il suo arrivo. Il corpo del mercenario premuto contro il suo, aveva procurato piacere in quella fatidica notte, ma Shun aveva sperato in un rapporto meno...  meno "volgare", come diceva sua madre.
E così lo aveva raggiunto. Se avesse scoperto che il comportamento dell'uomo aveva come unico scopo il suo corpo, non solo l'avrebbe abbandonato, ma sarebbe anche stato capace di farlo giustiziare da suo padre! Ma per fortuna non fu così. Lori aveva confessato di amarlo e l'amore non era da prendere alla leggera. Era felice di aver agito in questo modo. Forse, per una volta, non aveva sbagliato.
Scosse dolcemente il guerriero che aprì gli occhi chiari e gli sorrise.
"Buongiorno! Dormito bene?" chiese Shun.
"Sì" rispose lui, levandosi e stringendolo contro il suo petto "Torniamo al campo" disse "Ormai si saranno accorti della tua assenza!" 
Shun fece cenno di si. Si alzarono e tornarono al campo, ma senza fretta.


                       CAPITOLO QUARTO
                              Il nemico

Io non saprò mai che cosa mi spinse ad adorare quel ragazzo e ad amarlo. L'incidente che avevamo avuto dopo il banchetto non ci aveva separati, ma uniti. Ora, all'insaputa di tutti gli altri, ci incontravamo di notte o nella sua tenda o, come succedeva il più delle volte, sotto le stelle in punti appartati lontani dal campo. Non ero mai stato con altri uomini, anche se ho sempre provato una certa attrazione verso i ragazzini effemminati, proprio come Shun. Dopotutto nel nord gli uomini sono temprati al peggio e già a 18 anni hanno l'aspetto di adulti corazzati. Da quando ero nato avevo visto al massimo una dozzina di quelle esili creature. Inoltre nessuno era stato propenso ad assecondarmi nelle mie fantasie.
Il principe, invece, l'aveva fatto. Sicuramente aveva trovato la forza in quel suo strano carattere, ereditato dalla madre, che tutti nel campo temevano ".Ma Shun è il figlio del re." dicevano "e l'unica speranza di successione e di questi tempi, meglio tenercelo!"
Se soltanto avessi saputo che McDaman la pensava allo stesso modo, non me ne sarei mai andato, nonostante quello che McLouis mi fece!

Finalmente l'esercito si accampò vicino alla valle ampia scelta per il combattimento, su una delle colline che circondavano il Largospiazzo. Erano strani rialzamenti del terreno che avevano il punto più alto, piatto ottimo per posizionare le truppe. C'era una bellissima vista da lassù. All'orizzonte si ergevano le montagne Nere e tutti i colli che le separavano dalla vallata nella quale scorreva un piccolo fiume dalle acque limpide attorno a cui crescevano molti alberi. Lori guardava lo spettacolo intontito. "Peccato" pensò "che tra qualche giorno questo posto sarà devastato dalla battaglia!".
Infatti le truppe di McDaman arrivarono dopo tre giorni e si posizionarono su un'altra collinetta. I vessilli neri sventolavano al vento primaverile.
Lori seppe dopo che quelle insegne venivano assegnate, secondo l'usanza del paese, all'esercito che attaccava, mentre gli uomini di McLouis, che dovevano difendersi, alzavano stendardi bianchi. Con suo profondo disappunto il nordico notò che i loro nemici erano molto agguerriti e c'era poco da scherzare con loro. Lori continuava a scrutare il campo maledicendosi per aver accettato con troppa facilità le proposte del sovrano orientale, quando una mano fresca gli sfiorò il volto "Preoccupato?", chiese Shun con un
sorriso.
Il guerriero gettò intorno un'occhiata per accertarsi che non ci fosse nessuno, poi abbracciò il principe e lo baciò sulle labbra. Shun rise ricambiando l'abbraccio "Pensi che possano farci del male?" chiese ancora il ragazzo poggiando il capo sul petto di Lori.
"Sono, molto più organizzati di Noi" rispose secco Lori, passando le mani tra i capelli verdi del principe: "Inoltre c'è un intero plotone di mercenari nordici. Vedi le tende rattoppate di renna? Sono quelli e ti assicuro che sono guerrieri forti. Abbatteranno le difese dell'esercito di tuo padre in poco tempo. Potranno resistere massimo una settimana. E poi, questa idea di organizzare la guerra..!" Tacque guardando di nuovo le file di uomini. Fu Shun a rompere il silenzio: "Ma noi abbiamo te!" esclamò guardandolo negli occhi.
"Shun! Tu non mi conosci." Disse sconsolato Lori prendendo tra le sue mani il volto del ragazzo "Io sono un mercenario. Combatto per denaro e sono legato a questo esercito soltanto perché tuo padre me ne ha promesso un bel po', se dimostrerò la mia abilità in battaglia".
Il guerriero non aggiunse altro e il principe sembravano deluso dalle sue parole. Poi Lori continuò: "Vorrei che tu tornassi al castello, Shun. E' troppo pericoloso per un giovane soldato come te! Vorrei saperti al sicuro quando comincerà la guerra".
"Mi dispiace, ma non posso" disse il ragazzo guardandolo tranquillamente "Ho promesso a mio padre che sarebbe stata la mia prima battaglia e non posso deluderlo. Andiamo!".
Shun si avviò, Lori prima di seguirlo gettò l'ultimo sguardo dubbioso ai nemici, poi voltando le spalle alla minaccia pregò in cuor suo che quelle tende nordiche non appartenessero ai vecchi compagni d'infanzia.

Quanto rimpiansi l'aver scelto il campo sbagliato! Quelle tende, rozze e robuste, scure e consunte per essere state troppo tempo a contatto con le intemperie nordiche, gridavano un solo motto : "Casa!!"
Durante i tre giorni che separarono l'arrivo dei nemici dalla prima battaglia, mi ero sorpreso più di una volta ad osservare (con nostalgia?!) i padiglioni mangiucchiati che portavano tanti ricordi! "Chissà se si sono accorti della mia assenza nel campo di McDaman?" mi chiedevo curiosamente.
Ma c'era sempre la possibilità che quei mercenari non fossero i miei compagni e allora non avrei dovuto avere tutti questi dubbi sul campo che avevo scelto. Ma superai le mie incertezze. La mattina del 4° giorno dopo la loro venuta.
Shun, bellissimo nella sua armatura chiara, quella mattina mi era venuto a svegliare baciandomi sulle labbra. Era splendido. Le placche lucide e brillanti aderivano perfettamente al suo esile corpo. Inginocchiato al mio fianco, mi guardava con un sorriso, aspettando che mi riprendessi dal sonno che ancora annebbiava il mio cervello. La sua vicinanza mi eccitava un poco e mi costrinsi a calmare il fuoco che mi ardeva dentro. Mi limitai a contraccambiare il sorriso e passai una mano sulle piastre che gli proteggevano il petto.
"Sono proprio uno sfortunato dormiglione!" dissi "credo che sia inutile chiederti di togliere il pesante fardello?! Oppure sei tentavo di."
Shun arrossì e rise divertito, poi mi rispose:
"Non posso toglierla. Ho impiegato tutta la mattinata per tentare di indossarla!"
Strinsi il suo volto contro il mio petto, nudo. Il principe doveva essere eccitato dall'odore della mia pelle perché gemette, godendo del passaggio delle mie mani tra i suoi morbidi capelli.
"Dispiace anche a me di aver indossato così presto l'armatura!" disse Shun "Ma ora non c'è tempo per quelle cose!"
Si allontanò da me e attese in silenzio che mi preparassi per l'incontro diplomatico con il nemico, McLouis aveva voluto che ci fossi anche io.
La visita degli uomini più forti del campo di McDaman era attesa da tutti.
Il sovrano d'occidente avrebbe dovuto spiegare i motivi per cui aveva superato i confini armato e avrebbe dettato delle condizioni da accettare o da modificare da parte degli orientali. Forse così la guerra sarebbe stata scongiurata. Per me era solo una farsa. Era logico che la battaglia sarebbe arrivata, eppure nel campo ancora nessuno ne era convinto a parte me!
Non mi era piaciuta affatto quella storia dell' "armistizio stipulato prima della guerra" di cui parlavano quegli imbecilli dell'esercito di McLouis, ma in cuor mio speravo che avessero ragione, almeno Shun non avrebbe rischiato.
Ancora non riuscivo a credere che mi ero innamorato. Perché mi preoccupavo tanto per il giovane principe? Dopotutto, cosa me ne importava, io non ero di certo legato a lui. Eppure i miei atti, le parole che pronunciavo testimoniavano il contrario. Ma , allora, Shun era importante per me, valeva molto la sua vita per me? No, non era possibile. Invece si. Perché stavo ripudiando i miei sentimenti? Mentre camminavo in silenzio al suo fianco, ci muovevamo verso la tenda di suo padre, io dovevo respingere il desiderio di tenerlo per mano, di stringerlo a me, di baciarlo di fronte a tutti. Ero un idiota, non valevo niente come mercenario e neanche come "fidanzato" altrimenti avrei portato via Shun da quel maledetto campo, seguendo i miei desideri e il mio cuore.
In questo risiedeva il mio errore. Non ero mai riuscito, fino a quel momento, a concretizzare ciò che voleva il mio cuore, c'era sempre il lato freddo e calcolatore che mi impediva di essere un uomo. Come mai quei pensieri affiorarono solo in quel frangente? Allora pensai di essere pazzo!


                                CAPITOLO QUINTO
                                  Sangue versato

Nella valle il vento spazzava le cime degli alberi; quella mattina faceva molto freddo. Un alto pioppo, cresceva sulle rive del fiume, brillava nell'aria fresca quando le sue foglie argentate erano baciate dai raggi solari.
Attorno all'albero, ciuffi bianchi, trasportati dal vento, riempivano tutto il paesaggio.
"Sembra che quel pioppo stia piangendo!" Sospirò Lori e osservò Shun.
Il suo compagno sembrava assaporare l'aria primaverile e aveva le palpebre semichiuse, il volto rivolto verso l'astro luminoso. Stavano tutti attendendo l'arrivo di McDaman. Gli ambasciatori orientali erano pronti.
Il re, l'idiota, osservava il campo nemico, sperando che presto il galoppo delle bestie cavalcate dagli avversari si sarebbe fatto sentire.
Probabilmente l'uomo pensava già al banchetto di ritorno!
Vicino al sovrano si ergeva fiero il consigliere di palazzo, un essere enigmatico.
Poi Ikki, allegro come sempre anche se meno loquace; Shun, assopitosi mentre osservava il pioppo e Lori, perso nell'osservare Shun. C'erano poi tre guardie.
"Aiuto! Aiuto! Non voglio restare qui... Vedo... vedo.. .il futuro! Il mio tronco, il mio fusto chiaro è spezzato, contorto.!"
Un gemito strappò l'aria fresca in tanti magici, piccoli frammenti di sogno.
Shun aprì gli occhi, incredulo. Chi si lamentava in un modo simile?!
"Aiuto, vi prego, portatemi via, vedo qualcosa di inenarrabile nel mio futuro!!"
Il principe sgranò gli occhi. "Il pioppo mi chiama?!"
Scese da cavallo e si diresse verso l'albero dalle fronde oscillanti.
Lori lo seguì con lo sguardo, poi scese da cavallo e, incurante dell'occhiata torva di Ikki, si affiancò a Shun che aveva allungato un braccio e sfiorava, con le dita sottili, il tronco liscio e bianco. "Tranquillizzati, non succederà nulla!" la voce dolce e rassicurante del giovane cullava il pioppo disperato. e Lori notò e desiderò tutta per sé quella tenerezza sovrumana. Di nuovo, come ogni volta che sentiva il calore del corpo di Shun accanto al suo, represse il desiderio di abbracciarlo. Si limitò solo a posare una mano sulla spalla, coperta dall'armatura, del giovane principe.

Nel momento in cui posai la mia mano sulla spalla di Shun, una vibrazione viva attraversò il corpicino del mio compagno e arrivò fino a me. Il tremito si trasformò in una voce vibrante "Aiuto! Giovane principe, portami via... lontano, lontano! In un luogo che la guerra non vedrà!!" Mi staccai, intimorito dalla voce. Shun aveva sentito quel richiamo?! Quelle parole silenziose mai pronunciate da essere umano?!
L'albero piangeva. Shun si avvicinò di più al vegetale angosciato dal suo futuro e l'abbracciò, continuando a rassicurarlo con amore. La sua figura era appoggiata contro il fusto, ancora il mio desiderio mi face sentire.
Immaginavo il principe lì, stretto tra il mio corpo e l'albero, in procinto di fare quello che occupava ormai quasi tutte le nostre notti.
Mi tirai indietro. Volevo evitare sciocchezze, soprattutto di fronte al re e al cugino. Rimasi fermo a guardarlo, mentre rassicurava quel pioppo. Era bellissimo. Il vento, delicatamente, gli scompigliava i capelli. L'armatura bianca brillava di riflessi chiarissimi. Ad un tratto. un riflesso rosso si disegnò sullo spallaccio del ragazzo. Una macchia scarlatta, poi un'altra... e un'altra ancora.
Era un'impressione?! Che stava succedendo?!
Shun si voltò, lo sguardo perso. Una profonda e silenziosa disperazione velava i suoi occhi verdissimi. Una goccia di sangue colò lungo la sua guancia e, pesantemente, scivolò lungo il collo, lasciando dietro di sé una scia rossa.
"Shun!!" urlai inorridito e lo sorressi mentre cadeva privo di sensi.
"Che è successo?" sentii urlare suo padre, Ikki era già al mio fianco e strappò il corpo di Shun dalle mie braccia.
"Non so!" borbottai confuso, ma nessuno mi ascoltava, il cavaliere in armatura nera cominciò a strappare i pezzi di corazza dal corpo esile di Shun per lasciarlo respirare meglio. Intanto le gocce di sangue bagnavano la terra. Alzai gli occhi al cielo. Non era Shun ad essere ferito, ma da dove.?! O sacra Asren!
Le foglie argentate. Erano.erano arrossate! L'albero stava stillando sangue!
Brutto presagio.il mio piccolo Shun. 
"Ikki!" ordinò con tono imperioso il sovrano "Riporta mio figlio all'accampamento!"
"Lo faccio io, signore!" Mi offrii, avvicinandomi al corpo di Shun. Ero scosso e angosciato , volevo fuggire via da quell'orrore e portare via il principe con me. Non volevo che gli accadesse qualcosa. Ma forse cominciavo ad interessarmi troppo alla sua salute.
"Va bene, Burdach. Riaccompagnate Shun al posto di Ikki!"
Il nipote del re mi guardò con rabbia. "Perché stai sempre intorno a mio cugino?"
"Diavolo, Ikki, tra qualche secondo potrebbero essere qui gli ambasciatori e tu discuti? Burdach, riaccompagnatelo voi!"
Lo ringraziai silenziosamente. Portai il mio cavallo e presi Shun tra le mie braccia, delicatamente. Una guardia si occupò dell'armatura.
Il mio bambino! Sorrisi; sembrava calmo e tranquillo. Spronai la bestia che cavalcavo e mi allontanai, proprio mentre il gruppo degli ambasciatori si ricomponeva.
In ritardo mi resi conto che il sangue l'avevamo visto solo io e Shun.
Voleva dire che quello che sarebbe successo, avrebbe riguardato noi due?!

                                                *      *      *

"Dannato McDaman!! Dannati tutti!" Si sentiva sbraitare per il campo. I soldati, in preda a vere e proprie crisi di rabbia, prendevano a calci le scodelle lasciate accanto al fuoco e attendevano tesi la presentazione dei piani di battaglia.
Era pomeriggio inoltrato e McLouis era rientrato poco tempo prima portando la brutta notizia. "Niente armistizio! Niente condizioni. Si combatte" Era stato così categorico da far male persino a me.
Non che me ne importasse poi molto della guerra, io vivevo con la guerra, i soldi che mi davano li ricavavo dalle mie abilità di guerriero.ma Shun.
Ancora a preoccuparmi per lui?! Da quando eravamo tornati dalla valletta, non facevo altro che occuparmi di lui. Anche adesso, mentre ascoltavo le parole di quei falsi combattenti, mi recavo alla tenda del principe, sorreggendo tra le mani un piatto pieno di zuppa fumante. 
Volevo vederlo mangiare, rimettersi in forza. Era ancora così debole!
I guaritori, che lo avevano assistito quando ero entrato nel campo sostenendo il suo corpo esanime tra le mie braccia, avevano detto che lo svenimento era dovuto, probabilmente, all'emozione della prima battaglia o al sole caldo, fattori che io avevo escluso a priori. erano quelli più ovvi e scontati, però non mi sembrava che avessero la priorità assoluta in quel caso.
Avevo ancora stampata nella mente la goccia di sangue che rigava il volto del mio amore. Scossi il capo. Volevo dimenticare tutto quello che era successo la mattina.
Arrivato di fronte alla tenda spostai dolcemente il drappo che fungeva da entrata e  penetrai nella semioscurità.
Shun era seduto sui cuscini disposti sul pavimento coperto da una stuoia marrone. Il principe muoveva con delicatezza le dite sottili sulle corde di una lira, era perduto in qualche sogno e non si accorse della mia presenza.
Poggiai la scodella da un lato, mi accostai a lui, mi sedetti al suo fianco e gli sfiorai la guancia con un bacio leggero. Shun sorrise e mise da parte lo strumento (ma allora si era accorto di me!!). Si voltò verso di me e, con un gesto impetuoso, mi baciò appassionatamente. Io serrai le mie braccia intorno a lui.
Il principe si staccò da me e mi guardò severamente:
"Dove sei stato?" chiese "non mi lasciare mai più, ti prego."
"Ero andato a prenderti qualcosa da mangiare." ribattei io, ma Shun mi interruppe "Ho paura, se non sei al mio fianco."
Lo strinsi più forte "Io rimarrò sempre con te!"
In condizioni normali non lo avrei illuso, ma era molto triste e non volevo abbatterlo ancora di più. E poi, le parole sono solo gusci, il contenuto delle nostre frasi sfugge sempre alle nostre capacità.
"Shun..." sussurrai dopo qualche tempo.
"Mmm?!" rispose lui, perso nel mio caldo abbraccio.
"... che è successo stamattina?"
Ci fu un po' di silenzio, poi il giovane mi confessò di non sapere nulla. Si era sentito molto leggero e poi.più niente. Non era stata una novità, per lui, parlare con un albero, ma per la prima volta aveva sentito un pioppo lamentarsi e chiedere aiuto.
In ogni modo mi meravigliai perché Shun cambiò subito discorso e mi pregò di cantargli qualcosa della mia terra.
Io cominciai un canto dolce, cullandolo tra le mie braccia. Il giovane si addormentò tranquillamente, come era affascinante! Lo poggiai tra i cuscini morbidi. Sembrava un mojad, uno spirito delle nevi, un essere etereo e spendente. Sdraiato al suo fianco, con un dito seguii il contorno dei suoi occhi, delle sopracciglia fini, del naso sottile, delle labbra perfette, lisce, rosse. Il sangue sul suo volto, quella goccia densa e terribile, che scendeva. Le mie dita si spostarono sulla sua guancia pallida, quasi volessi cancellare, con un solo gesto, quei ricordi mostruosi.
"Mio piccolo mojad, rimani qui, domani" lo supplicai silenziosamente "non voglio vederti morire così giovane. La battaglia sarà orribile"
Come sempre.avevo ragione! Avevo visto giusto!

                             CAPITOLO SESTO
                                  Il dìonas

"Non voglio. No!"
I lamenti dell'albero bianco risuonavano ancora nella mente del giovane principe. Dormiva, un sonno agitato e freddo. Le lenzuola erano intrise di sudore e lacrime. Il ragazzo si era rivoltato tra le coperte e i cuscini  pomposi, per tutta la notte aveva dormito penosamente. Quando Lori era andato via, il mercenario doveva prepararsi per la battaglia, Shun, nel gelo della notte, era rimasto solo.solo e in preda a terribili incubi. Il pioppo, le sue parole eteree, il sangue e  la figura tra i rami. il dìonas, lo spirito del pioppo!
Il giovane sbarrò gli occhi e si mise a sedere con un gemito di dolore. Si strinse la mano al petto, tremava come una foglia nel manto di oscurità che lo copriva.
"Perché non ho detto a Lori la verità?!" Shun singhiozzava "Perché?! ."
La risposta fu spontanea.
"Perché non voglio dargli altre preoccupazioni."
Il principe fissava un punto imprecisato di fronte a lui, le lacrime erano tornate, copiose, a scivolare lungo le sue guance morbide. Il ragazzo si nascose il volto tra le mani.
La faccia rugosa e ghignante tornò ad assalirlo e beffeggiarlo.
Shun riaprì gli occhi e si sdraiò di nuovo, ma stavolta non serrò le palpebre. Se avesse visto ancora quel mostro meschino e ingrato, avrebbe potuto perdere definitivamente il senno.

Quando entrai nella tenda all'alba, prima della partenza, Shun  era rannicchiato nel letto. Aveva lo sguardo fisso sul fascio di luce chiara che penetrava nella stanza attraverso un piccolo strappo, granelli di polvere
giocavano con gioia tra i fasci dorati.
Il piccolo mojad era, invece, triste e sconsolato, avvinghiato alle coperte calde. Si vedeva che non aveva dormito per la maggior parte della notte.
Shun mi guardò e accennò ad un sorriso, io ricambiai, ma mi sentivo così male a lasciarlo lì, in quello stato.
Era stato già un bene che suo padre avesse deciso di lasciarlo all'accampamento.
Shun allungò un braccio verso di me, senza dire una parola. Voleva che mi sdraiassi al suo fianco?!
"Tesoro!" sussurrai con affetto avvicinandomi.
"Lo.Lori!" balbettò il principe "devo parlarti."
Fuori si sentiva il brusio dei preparativi.
"Allora soldati?! Mi sembrate una massa di scalmanati." il generale Devis, della guardia reale, forse l'unico vero uomo da guerra tra tutti i sudditi di McLouis, tuonava comandi bestemmiando furiosamente! "Per la lingua di un Moniak, che fai, imbecille! Vuoi soffocare quella povera bestia?! Vieni qui che ti imbastisco io per bene!."
Mi venne da ridere, che simpatico quell'uomo! Era tardi, avrei dovuto prendere posto tra gli altri combattenti.
Presi la mano di Shun, la baciai. La sua pelle era fresca, anzi, fredda!
"Shun, ma sei gelato!" esclamai. Solo allora mi accorsi che la sua mano, il suo volto erano arrossati come se fossero stati esposti a temperature molto basse. Sfregai i miei palmi contro le dita fini del principe, lo baciai dolcemente sulla fronte.
Le sue labbra erano sbiadite. Cominciavo a preoccuparmi.
"Mio piccolo mojad."
Shun mi interruppe.
"Ha fatto molto freddo stanotte fuori."
Era un affermazione.
"Nella valle del pioppo, dal ruscello saliva un'aria gelida."
Accarezzai delicatamente il suo volto. "E tu cosa ne sai?! Hai sognato la valle, Shun?" Aveva detto che doveva parlarmi "Dimmi.ti ascolto, piccolo!"
"Lori!" la sua voce era solo un flebile sussurro, lo sorressi. Quello che era successo nella valle lo aveva sconvolto eppure mi era parso che Shun, soltanto la sera prima, si fosse ripreso completamente!
Il giovane principe tremava, aspettavo che mi parlasse, intanto lo racchiudevo in un bozzolo caldo formato da coperte e lenzuola. Stavo per chiedergli come si sentisse, quando si decise a pronunciare qualche parola.
All'inizio formulò solo una domanda.
"Conosci la leggenda dei dìonas dei pioppi?"
Dìonas?! Ne avevo sentito parlare in qualche leggenda infantile, ma non ricordavo. Le leggende del Sud, inutili racconti! Scossi mestamente la
testa.
"Sono stato uno stupido ad avvicinarmi a quel pioppo!"
Shun mi abbracciò, singhiozzando, e nascose il volto contro il mio petto.
"Io... non capisco" In effetti era vero, mi trovavo spaesato, perché il mio compagno piangeva? Forse. lo tirai su con violenza "C'è qualcosa che non va?! Shun, maledizione, parla!"
"No... no... tu stai bene?"
"Certo perché me lo chiedi?"
Lo sentii più tranquillo. "Allora è toccato solo a me. Non avrei mai sopportato l'idea di avere qualcuno sulla coscienza e soprattutto te, amore mio!"
Continuavo a non comprendere, però decisi di tranquillizzarmi. Non avrei risolto nulla urlando penosamente!
La mia voce si addolcì.posai uno sguardo calmo e pacato negli occhi verdi e vitrei di Shun, accarezzai i suoi capelli morbidi mentre lo poggiavo di nuovo tra i cuscini.
Riuscivo a nascondere bene la mia preoccupazione.
"Shun, cos'è un dìonas?"
Egli sospirò e cominciò a parlare lentamente.
"L'indole degli alberi è malvagia. Ogni albero soffre per la sua condizione, dopotutto le piante sono ferme, immobili, il loro fusto è secco e riarso, le loro foglie, sempre esposte alla luce solare, sono dure e scurite.
Quanto odio scaturisce dalle loro membra, ma sono sempre riuscito a controllarlo, con la magia e con l'amore. Anche se il loro carattere è freddo e imprevedibile, possono essere resi gentili e premurosi. D'altra parte, gli stessi uomini sono così! 
Ma un albero posseduto da un dìonas è molto pericoloso."
Rimasi senza parole, avevo moltissimi dubbi . soprattutto mi chiedevo in che senso "pericolosi"!
"Il dìonas inganna, con un tranello avvicina gli animali e li bagna con il proprio sangue, rosso e denso. Tu non sei stato bagnato vero?!"
Feci cenno di sì.
"Grazie agli dei!"
"Ma io ho visto una goccia scivolare sul tuo viso."
Shun non ascoltò le mie parole e continuò:
"Il dìonas è il presente, il passato e il futuro. E' animale, vegetale,  minerale. Acqua, terra, aria. Luce, tenebra, crepuscolo. In lui sono racchiuse tutte le triadi che danno vita all'universo, o la rappresentano o gliela tolgono.
Per questo il dìonas passa di corpo in corpo e lascia, in ogni suo ospite, una piccola parte di sé, di quello che è stato in un altro essere. Si è servito del pioppo, si serve di me, si servirà di tutti quelli che verranno."
"Perché, Shun?" chiesi tristemente "Perché proprio tu?!"
"Non lo so, nel sud pensiamo che i movimenti dei dìonas siano regolati dagli dei"
L'espressione sulla mia faccia doveva essere apparsa impressionante. Shun, infatti, nonostante la terribile sofferenza che comporta l'essere posseduto da uno spirito mi sfiorò la guancia con una mano gelida.
"Non fare questa faccia. Mi rattristi! Ti prego non pensare a me, quando sarai in battaglia! Rischierai di farti male!"
"Shun, ma.?!"
"Ti amo tantissimo! Non è poi così grave quello che mi è successo, dovrò solo attendere che quest'essere scelga un minerale nel quale sgusciare! Ora vai, fuori ti attendono, fatti valere. Combatti anche per me."
Shun aveva ragione. Dovevo andare, ma dovevo lasciarlo lì?!
"Non potresti fare niente qui. Non ti preoccupare, anzi, scusami se ti ho spaventato per un nonnulla!"
Shun mi mentiva. Non era una cosa da niente. Ma io all'inizio gli credetti.
Il mio piccolo principe, invece, cercava solo di togliermi ogni preoccupazione.
"Allora vado!" esclamai con un sorriso teso dipinto sul volto. Mi chinai a baciarlo, ma stavolta l'abbraccio venne prolungato dalle nostre lingue.
"Buona fortuna, mercenario!"
"Riposa, tesoro!"
Uscii dalla tenda. Il sole mi accecò. Non era una giornata buona per combattere. Mi voltai ancora verso la tenda del principe, lottai contro il desiderio di tornare al suo fianco, quindi raggiunsi gli altri uomini di
McLouis.





continua?


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