Note: I personaggi sono
miei ... al di là di qualche nome rubato a Saint Seiya ... e anche di
qualche descrizione fisica ... va beh .. cmq restano personaggi che non
c'entrano niente con la serie di Kurumada-Araki-Hymeno
Occhi verdi
di Aphrodite
PROLOGO
Io sono Lori, Lori Burdach e sono un guerriero, un mercenario al servizio
del migliore acquirente. Quanto ho odiato il mio mestiere dopo quello che
è successo, ma dovevo pur vivere! Inoltre ci sono tante altre persone
che, pur mantenendo il nome immacolato, hanno il mio stesso senso degli
affari. E' triste la vita quando si è orfani di padre e di madre e il tuo
genitore, prima di morire, ti ha consegnato ad un gruppo di mercenari.
Il tuo destino è segnato se loro ti hanno considerato il loro
portafortuna e ti hanno insegnato a combattere con l'intimo desiderio di
vederti lottare al loro fianco un giorno, per ingrossare la borsa comune.
Sin da quando ero bambino ho imparato a vivere "tra uomini", le
presenze femminili mancavano nella mia vita e mi mancava mia madre. La sua
assenza presto per me divenne un'ossessione. Borarch, il mio maestro, un
uomo freddo e spietato, solido come un macigno, affermava sempre che il
ricordo di mia madre sarebbe stato una malattia, mi avrebbe consumato
l'anima se non avessi trovato un motivo valido per continuare a vivere. Ed
era stato il mio terribile insegnante a donarmene uno. La battaglia.
Il sangue che correva sulla piana. Il silenzioso cameratismo dei soldati
raggruppati intorno al fuoco da campo dopo lo scontro. I viaggi. Per
questo io avevo deciso di continuare a vivere e per questo non mi ero
lasciato andare al dolce torpore della notte.
Ancora prima che la barba apparisse sul mio volto glabro di ragazzo,
maneggiavo a perfezione ogni arma, avevo imparato tutti i segreti del
mercenario, sapevo contrattare e potevo già mostrare una serie di ferite
sulle mie braccia e sulle mie gambe muscolose. Conoscevo a memoria,
inoltre, la conformazione del terreno di tutti i territori del nord dove
ero nato, sapevo chi tra i sovrani era più generoso ed ero ormai immune a
qualsiasi dolore sia esso morale o fisico. Muto come la roccia se un
compagno moriva, indifferente alla mia stessa morte, se mai fosse
arrivata.
Fu dopo l'ennesima battaglia al servizio dei soliti signorotti locali che
io e i miei compagni, bevendo birra rancida attorno ad un ennesimo fuoco
in compagnia di un gruppo d'uomini dell'esercito regolare del nostro
"padrone comune", venimmo a conoscenza della guerra scoppiata
all'estremo sud tra Leary McLouis, sovrano dei confini orientali, e Mark
McDaman, re dei territori occidentali.
Una battaglia nel pacifico sud! E poi i damerini delle terre temperate
accusavano noi di essere gelidi attaccabrighe! Mi sarebbe piaciuto
scendere nei territori meridionali ed entrare al servizio di uno dei due
signori.
Così avrei potuto dimostrare loro come si combatteva! Ma i miei compagni
non vollero ascoltarmi e se io non fossi stato sordo alle loro parole, ora
sarei ancora lo spietato Lori,colui che beveva e cantava con loro attorno
alla legna ardente.
Ma decisi di partire, accusandoli di essere dei codardi. Il mio maestro,
per premiare la mia intraprendenza (o la mia baldanza), mi regalò
un'armatura con uno splendido scudo che sarebbe stato il mio segno di
riconoscimento.
Sull'arma era ritratta una donna vestita di nero, dalle guance incavate e
gli occhi vitrei: la morte.
Lo ringraziai e mi sentivo quasi emozionato, egli mi trattava come se fossi
suo figlio! Quando ripartii lasciai il noioso Nord a quei vecchi guerrieri
stanchi e mi diressi verso una nuova vita, avevo scelto di presentarmi a
quel McLouis e chiedere di essere accolto tra le file dei suoi uomini. Il
viaggio nel Sud si svolse senza troppi problemi e arrivai in meno di tre
mesi di fronte al grande castello delle terre orientali. Dovevo aver
impressionato le guardie del palazzo perché, quando chiesi di essere
presentato al re come un mercenario che voleva entrare al suo servizio, mi
portarono subito dall'uomo.
Anche il sovrano, un uomo basso e bruno di una quarantina d'anni, dagli
occhi porcini e piccoli, mi guardò come se avesse visto un dio.
Nel meridione è difficile trovare uomini biondi e dagli occhi azzurri,
inoltre avevo indosso l'armatura del mio maestro e sfoggiavo il mio scudo
con tracotanza. Alto e muscoloso dovevo essere impressionante!
Avevo quasi venticinque anni, dieci anni fa. Maledico quel giorno ancora
oggi.
CAPITOLO PRIMO
L'incontro
McLouis sembrava un idiota, uno di quegli uomini che si lasciavano
sopraffare dalla rabbia quando non riuscivano a comprendere. Ma il suo
aspetto nascondeva benissimo il carattere ponderante del sovrano.
Egli osservava il giovane del Nord con occhio attento, scrutava il suo
fisico perfetto, il gelo dei suoi occhi chiari e pensò che un simile
guerriero doveva trovarsi nelle sue fila al momento dello scontro con
McDaman. Sorrise a quei pensieri assaporando la visione dei soldati
d'occidente che fuggivano via impauriti di fronte all'uomo biondo. Dopo
aver fantasticato abbastanza si costrinse a trovare il coraggio di parlare
a quel mercenario che un po' intimidiva anche lui.
"Come ti chiami, giovane coraggioso" scandì come meglio poteva
nella lingua comune a tutti i territori del Land.
Il guerriero lo guardò dritto negli occhi prima di parlare poi disse
utilizzando la stessa lingua: "Sono Lori Burdach e sono giunto dalle
terre del Nord per chiederle di essere accolto tra i suoi soldati. Previo
compenso, naturalmente!"
Il sorriso di McLouis si accentuò pensando che nelle terre meridionali
non vi erano uomini tanto sfacciati da rivolgersi con queste parole ad un
re.
Bene, era proprio l'uomo che aveva sempre cercato.
"Lori Burdach sono disposto ad accondiscendere il tuo desiderio, ma
prima di pattuire il compenso voglio che tu mi dimostri la tua abilità.
Ti terrò per un periodo di prova." Così il re metteva bene in
chiaro la sua autorità "Se non ti considererò un buon soldato, ti
lascerò senza soldi, altrimenti sarai ricompensato profumatamente".
Lori guardò l'uomo, senza parole: quell'idiota metteva in dubbio la sua
forza! Ma come osava?! Eppure, ripensandoci, la proposta del re appariva
come una sfida e a lui piacevano le sfide.
"Accetto, signore" rispose quindi con un sorriso enigmatico sul
volto.
"Sei fortunato, guerriero, ordinerò che ti vengano consegnate le
chiavi di una buona stanza".
Dicendo questo si alzò dal trono che aveva occupato fino a quel momento e
chiamò il suo consigliere con un campanello.
Mentre attendevano in silenzio, entrò nella stanza una donna bellissima
seguita da due giovani fanciulle, almeno questo parve a Lori che osservò
a bocca aperta una di loro. La ragazza che aveva attirato la sua
attenzione aveva, come la donna che era entrata per prima, i capelli e gli
occhi verdissimi, dello stesso colore della foresta, e un volto ovale e
perfetto.
Tutte erano vestite con larghi pantaloni, ma Lori non si meravigliò.
Attraversando la cittadina che circondava il castello, aveva notato che le
donne portavano gli stessi costumi degli uomini, solo che le prime
vestivano stretti corpetti. Il giovane fu attratto dalla ragazza più
giovane che, però, non indossava un corpetto, ma una larga casacca.
"Allora, marito mio, perché non chiami tua moglie per delle
decisioni importanti?" Chiese la regina dando un bacio sulla guancia
del re.
L'uomo rosso di rabbia "Quante volte devo dirti di avvertirmi del tuo
arrivo, Kajara" si trovava a disagio con quella donna e Lori pensò
che il sovrano era veramente buffo.
Ma quando la donna indirizzò il suo sguardi indagatore su di lui,
comprese il comportamento del re.
"Giovane guerriero, io sono Kajara, la regina delle terre d'oriente
Conviene che mi presenti da sola, visto che mio marito se ne dimentica
sempre!"
affermò guardando il povero sovrano con fare sprezzante. "Questi
sono i miei figli: la primogenita Maya e Shun".
Maya arrossì. Era una ragazza di diciotto anni, non affascinante,
assomigliava a suo padre con quei capelli scuri e ricciuti e gli occhi
nerissimi. Lori si inchinò di fronte alla regina e alla principessa poi
si girò verso la ragazza dai capelli verdi. La sua pelle chiarissima
risaltava perché il vestito che indossava era blu notte. Lori si sentiva
irretito dai suoi occhi verdi. Egli si inginocchiò di fronte a
lei, le prese la mano e la baciò; se avesse ascoltato bene il
presentazione fatta dalla madre dei due, non si sarebbe comportata così.
Infatti, con una voce molto chiara Shun esclamò: "Non pensavo che
nel Nord tra uomini ci si salutasse in questo modo!".
Lori alzò lo sguardo, Shun lo squadrò con un sorriso dipinto sulle
labbra perfette, poi prese la mano del guerriero, la posò sul suo petto.
Il mercenario arrossì e pensò: "Questa ragazza è
spregiudicata!", ma poi si
riebbe dallo stordimento iniziale.
Le sue mani non toccavano seni di donna, ma un petto piatto. Lori si alzò
e si allontanò di qualche passo. Sentì la risata dei sovrani, essa aveva
rotto il silenzio che si era condensato nella stanza durante la strana
indagine.
"Anche se il mio volto è quello di una donna, io sono un
ragazzo" Shun sembrava divertito.
Lori sentiva ancora il volto in fiamme, era la prima volta che gli
succedeva di non riconoscere un ragazzo, ma quel volto era così
effeminato e attraente che aveva perso la testa. Quel viso era
"magico"!
Il re intanto gli si era avvicinato e gli diede una pacca sulla spalla.
"Tranquillizzatevi, non siete il primo che si sente attratto da mio
figlio" rideva ancora di lui, ciò irritava il mercenario, poi
McLouis disse, rivolto al ragazzo: "Shun, figliolo, visto che Moran
non si fa vivo, accompagna il nostro ospite in una delle stanze migliori
dell'ala del castello in cui alloggiano i soldati di ruolo".
Shun sorrise e prese per mano Lori portandolo fuori dalla stanza. Il
guerriero avrebbe voluto lasciare la mano del principe, ma stranamente non
lo fece. Prima di uscire il giovane del Nord notò lo sguardo irrisorio
della regina e l'espressione di gelosia dipinta sul volto di Maya.
Come avevo fatto ad essere così stupido? Perché mi sentivo
innaturalmente attratto da quel ragazzo? Mentre attraversavo i corridoi
oscuri della parte bassa del castello al fianco di Shun, mi sentivo
strano. Egli era molto loquace.
Mi parlava della sua terra, del regno di suo padre, ma a me non
interessava.
Ad un tratto gli chiesi quello che volevo sapere veramente; con un po' di
vergogna sbottai: "Chi siete, principe? Non potete essere il figlio
di quell'idiota di McLouis!".
Il ragazzo si mise a ridere e la sua risata risuonò e la sua risata
risuonò nel corridoio e riecheggiò nel mio corpo, facendomi tremare in
tutte le membra.
Mi osservò e poi cominciò a parlarmi: "Io somiglio molto di più a
mia madre ed è per questo che mi avete scambiato per una ragazza!
Inoltre, mia madre è una donna fuori del comune. E' una donna dei
boschi".
Rimasi interdetto. Non avevo mai sentito parlare di una simile razza, ma
Shun mi spiegò che le donne dei boschi erano ninfe che conoscevano la
magia e la usavano per irretire gli uomini. Sua madre lo aveva fatto con
McLouis ed ora era la regina di quei posti. In realtà non aveva agito per
amore, ma per difendere le sue compagne dagli esseri umani.
Era un piacere stare a sentire parlare il ragazzo, la sua voce fluiva in
me come un ruscello dalle acque limpide. Intanto eravamo arrivati alla
stanza che il re mi aveva assegnato. Shun aprì la porta e mi fece
entrare. Nonostante la stanchezza accumulata durante il viaggio e la
voglia pressante di riposare, chiesi al ragazzo di rimanere ancora un po'
con me. Egli fu contento di fare ciò e si sedette sul letto e io al suo
fianco. La sua vicinanza mi rendeva stranamente euforico. Parlammo per
parecchio tempo.
Shun era curioso di sapere qualcosa del mio passato e della mia terra.
Sicuramente era incuriosito dal mio aspetto fisico imponente e dai miei
occhi simili al ghiaccio, ma non ne era intimorito.
Alla fine, però, i muscoli cominciarono a dolermi. Avevo bisogno di
dormire.
Shun se ne accorse, chiese scusa per avermi importunato e stava per andare
via, ma lo bloccai, trattenendolo per un braccio. Un'ultima domanda prima
di lasciarlo andare.
"Principe, voi quanti anni avete? Come faccio a sapere se quello che
mi avete raccontato riguardo vostra madre e le vostre origini è vero?
Sapete, non vorrei fare figuracce quando parlo con gli altri soldati.
Inoltre per me è solo una grossa favola." Doveva essere stata una
mossa stupida, ma il ragazzo mi si fece più vicino, mi sorrise e rispose:
"Ho sedici anni e ora vi fornirò una prova delle mie origini".
Mi prese la testa tra le sue mani e la guidò fino al suo collo, poi lasciò
che io poggiassi il mento sulla sua spalla destra e affondai il viso tra i
suoi capelli.
"Inspirate profondamente, abbassate le palpebre e ditemi cosa
sentite" mi ordinò.
Io feci come mi aveva detto. Un odore di muschio invase le mie narici.
Felci bagnate dalla rugiada si materializzarono nella mia testa. Era un
incantesimo?! No, erano le sue origini, impregnate nella pelle morbida.
Sentii l'eccitazione salire in me e le mie braccia, che fino a quel
momento erano rimaste inerti lungo il mio corpo, si mossero per
abbracciare quel giovane perfetto.
Cominciai a passare le mie dita tra i suoi capelli serici e... e fu allora
che capii di essere andato troppo lontano. Shun si ritrasse da me
guardandomi senza capire; mi squadrava con il dubbio negli occhi grandi.
Era così giovane come poteva capire il mio comportamento?!
Chiesi scusa e dissi che volevo rimanere solo, egli mi lasciò augurandomi
un buon riposo. Ma, sdraiato sul letto, pensavo ancora a quel volto fine e
delicato e pregai, silenziosamente, di rivederlo presto.
CAPITOLO SECONDO
Il banchetto e l'errore
Lori Burdach aveva dormito come un sasso e si svegliò soltanto nella
tarda mattinata del giorno dopo il suo arrivo nel sud. Non aveva voluto
mangiare. La stanchezza era piombata su di lui e aveva preso possesso
delle sue membra, ma ora aveva una fame da leone e uscì dalla sua stanza
dopo essersi accuratamente vestito utilizzando degli abiti (alquanto
bizzarri per lui a dire la verità!), che aveva trovato nell'armadio: una
casacca rossa accompagnata da un largo pantalone verde come quello di Shun.
Ah, il principe Shun! Chissà se avrebbe potuto rivederlo! Mentre avanzava
nel lungo corridoio, sul quale si affacciavano le camere dei soldati,
indugiò sui ricordi della giornata precedente.sul volto del giovane
principe che aveva parlato con lui per molto tempo. Eppure si conoscevano
appena!
Indugiò sul ricordo del volto fine, dei capelli morbidi e di quegli
occhioni dolci e grandi.
Lori non si era mai ritenuto una persona affabile; eppure con quel ragazzo
era stato loquace e gentile, non vedeva l'ora di rivederlo. Perso nei suoi
pensieri non si accorse di essere arrivato ai piedi della scalinata che
ricordava di aver percorso il giorno prima. Cominciò a salire le scale e
sbucò sul cortile del castello, ampio e illuminato dal sole. I suoi occhi
chiari fecero fatica a adattarsi alla luce diretta dell'astro luminoso, ma
fu felice di assaporare l'aria calda del sole, così diversa dal freddo
glaciale delle sue terre di origine. Lì, uno smunto fratello di quella
palla di fuoco, che ora ardeva all'infinito nel cielo limpido, brillava di
luce malsana e grigiastra.
Osservò a dritta e a manca, cercando di trovare un uomo fidato cui
chiedere informazioni su dove andare e scorse il re in persona, intento a
parlare con un uomo alto e ben vestito. Il basso sovrano era molto buffo.
Portava una bizzarra armatura, che lo rendeva pesante e sgraziato. Quando
vide il suo biondo soldato, McLouis fece un cenno di saluto e cominciò a
spostarsi, cigolando, verso Lori che rispose al re con un inchino
elegante.
"Allora, giovanotto!!" lo interpellò l'uomo "Ti sei
rifocillato? Un giorno e mezzo di sonno ti hanno rimesso a nuovo,
spero!"
"Sì, signore" rispose con un sorriso Lori "però ho una
terribile voglia di mangiare!"
"Anche tu, guerriero, senti la morsa della fame?!" ritorse,
incredulo, il re "Pesavo che fossi di legno!"
Il mercenario lo guardò senza capire, ma prima che potesse ribattere
McLouis aggiunse: "Tra mezz'ora ci sarà un banchetto di commiato
dalle donne e voglio che tu sieda tra i miei soldati. Domani partiremo per
la guerra, andremo contro quel mostro di McDaman. Ci vediamo,
ragazzo!"
E si allontanò. Lori avrebbe voluto chiedere dove si trovasse la sala dei
banchetti, ma non poteva correre urlando dietro al suo signore, sarebbe
stato scortese! Così rimase nel dubbio, aggirandosi per il cortile.
Notò che c'era molta attività. Gli uomini si preparavano alla partenza e
tutti, anche le donne, davano una mano. Chi assestava un carro, chi
controllava le maglie della propria cotta. Dei bambini correvano ridendo e
portavano sul capo gli elmi dei loro padri. Nel nord nessuno aveva mai
preso così alla leggera la guerra. Ad un tratto sentì una voce alle sue
spalle:
"E questo sarebbe il guerriero biondo?! Non mi sembra così
eccezionale!"
"Sì, è lui" rispose un'altra voce "dovresti conoscerlo
prima di giudicarlo".
Lori non conosceva il primo uomo , ma l'altra voce lo fece sussultare.
Si girò e vide Shun seguito da un uomo dai capelli e dalla carnagione
scura, grosso e massiccio che indossava un'armatura nerissima. Al
contrario il principe portava un'armatura chiara, fine ed elegante. Non
sembrava fatta per combattere!
Lori in un attimo fu accanto al ragazzo che gli sorrise e lo salutò con
un inchino. Il mercenario fece lo stesso, imbambolato di fronte agli occhi
profondi di Shun. Il terzo uomo osservava divertito lo sguardo perso del
nordico e chiese con una punta di sarcasmo nelle sue parole:
"Shun, hai avvertito il nostro ospite che sei un uomo? Dal suo modo
di guardarti sembra proprio che arda di desiderio per il tuo corpo,
cuginetto!"
Lori, rosso di vergogna, guardò con fare truce l'uomo. Ma Shun, per
niente imbarazzato, si avvicinò di più a lui e gli strinse il braccio.
"Mio cugino, Ikki, sta scherzando. E' il suo modo di comportarsi
purtroppo!" disse e lanciò un'occhiata in tralice al parente, poi
cambiò discorso:
"Siamo venuti a prenderti per guidarti al banchetto. Ho pensato che
tu non avessi idea del posto dove si terrà."
Era terribile, pensò Lori, come quel ragazzo riuscisse a leggere nei suoi
pensieri!
Io e Shun sedevamo uno accanto all'altro, ma non sentivo il suo sguardo su
di me e ciò mi rattristava. Eravamo nella sala dei banchetti attorno ad
uno dei grandi tavoli apparecchiati. Non conoscevo i piatti che venivano
serviti, ma la mia fame non mi dava tregua e io gradii tutto. Gli uomini
chiacchieravano allegramente e io sentivo le donne parlare di me, del mio
aspetto fisico, le loro occhiate fisse nella mia direzione. Anche la
principessa Maya era lì vicino. L'unico sguardo che mi interessava era
costantemente rivolto verso un'altra persona, quel maledetto cugino che
non la piantava mai di parlare di cose inutili. Ma ad un tratto il
principe si voltò, mi sorrise e mi chiese perché non partecipassi al
loro discorso. Io non sapevo cosa rispondere, ma Maya con voce cristallina
disse al fratello:
"Tu e Ikki siete noiosi con i vostri discorsi. Egli ha bisogno di
stare fra donne! Vieni qui bel biondone ti faremo divertire"
E mi offrì un posto accanto a lei e alla sua amica. Il principe gettò
un'occhiata alla sorella. Un odio innaturale crepitò tra i due, poi Shun
si volse verso Ikki, come se non fosse successo nulla. Io presi posto, con
mio grande dispiacere, tra Maya e la sua compagna, Mia. Non so se si
accorsero di tutte le volte che cercai di carpire almeno un sorriso da
parte di Shun.
* * *
Nonostante le giornate fossero lunghe lì nel sud, era quasi notte quando
il banchetto terminò. Dovevo aver bevuto molto e non mi reggevo in piedi.
Maya si era offerta per accompagnarmi in camera mia, ma io avevo vivamente
rifiutato il suo sostegno. Ce l'avrei fatta da solo e poi la presenza
della principessa mi innervosiva. Era chiaro che aveva delle mire su di
me, ma io la odiavo. Assomigliava troppo a suo padre!
Ma rifiutare il suo appoggio era stato un errore. Mi tenevo fermo di
fronte alla scalinata, pregando che fosse quella giusta e sperando che
Shun mi aiutasse. Non avevo avuto modo di parlargli durante la festa e,
inoltre, egli era andato via dal banchetto molto presto. Dove potevo
trovare il coraggio per...
"Stai bene o hai bisogno d'aiuto?" chiese Shun guardandomi con
il sorriso sulle labbra, si teneva di fronte a me, sugli ultimi gradini.
Di nuovo sentii il mio cuore sobbalzare e sorrisi a mia volta. Era come se
lo conoscessi da anni.
"Ho bisogno d'aiuto" risposi senza cerimonie.
Il principe mi sorresse fino alla mia stanza, poi entrò con me e mi lasciò
cadere sul letto. Tornò in dietro e stava per uscire augurandomi la
"Buonanotte" come il giorno precedente, quando gli chiesi di
restarmi accanto. Shun all'inizio sembrò esitare, ma poi chiuse la porta
a chiavi e si avvicinò al mio letto, si sedette accanto a me e chiese:
"Cosa vuoi?"
L'alcool mi annebbiava la mente e rallentava i miei movimenti, ma prima
che Shun potesse sottrarsi alla mia forza, afferrai le sue braccia e lo
spinsi verso di me. Nell'impeto del mio gesto e della sua reazione,
finimmo entrambi sul letto e mi bastò un balzo per serrarmi contro il suo
corpo. Ero ubriaco e speravo che lo fosse anche Shun, così poi avremmo
dimenticato, ma egli era savio e si dibatteva sotto di me per liberarsi e
fuggire. Non si rendeva conto che così accresceva solo il mio desiderio
di possederlo, mentre strisciava contro di me. Mi sentivo caldo, molto
caldo. Shun mi scongiurò di lasciarlo, urlando che era un uomo, ma non
potevo permettergli di attirare i miei vicini di camera, così premetti la
mia bocca contro la sua, facendo penetrare prepotentemente la mia lingua
per giocare con la sua e per leccargli il palato. Intanto mi strusciavo
contro di lui e cominciai a strappargli i vestiti. La casacca. la cintura.
poi i pantaloni. A mano a mano che scoprivo quel magnifico corpo, mi
sentivo in dovere di continuare, di farlo mio definitivamente! La sua
pelle morbida e fresca, ad ogni mio tocco, sembrava farsi più dolce e
cedevole. Lo accarezzavo violentemente e il mio compagno era quasi
inerte.La mia lingua continuava a giocare con le sue labbra, la mia bocca
le mordeva delicatamente. Ormai eravamo entrambi nudi e io continuavo a
baciarlo e a sfregare il mio corpo contro il suo, a penetrare in lui.
Shun aveva smesso di respingermi, ma potevo sentire le lacrime correre sul
suo volto. Eppure dovevo continuare, avevo desiderato fare ciò fin da
quando lo avevo incontrato la prima volta. Ora ero lì e volevo arrivare
fino alla fine.
Un altro colpo piacevole e profondo, un altro ancora. fino a che non
gioii.
L'orgasmo fu dolce e prolungato, caddi esausto sul corpo del ragazzo che
gemette per il dolore. Io rimasi serrato a lui, eravamo entrambi
ansimanti, sorrisi pensando a quello che avevo fatto.
Soltanto il mattino dopo, però, compresi quale terribile crimine avevo
commesso.
Il mercenario si svegliò che era ancora molto presto. Aveva un terribile
cerchio alla testa e non ricordava gran che della serata. Si mosse e si
accorse che sotto il suo corpo nudo vi era un'altra persona. Nell'oscurità
della stanza non la riconobbe e poi, chiunque fosse, cosa ci faceva lì?
Si alzò e si avvicinò al tavolo, accese una candela e avvicinò la
fiamma al letto.
Per poco la luce non cadde dalla mano tremante, quando si accorse che la
persona nuda sul suo letto era il principe Shun. Ad un tratto ricordò
tutto con orrore. Il banchetto. Maya. Il vino. Shun che lo accompagnava.
Il suo gesto impetuoso. I baci sulle labbra del giovane. Egli che.faceva
l'amore?!
con il principe.
Posò la candela sul comodino e si chinò in avanti per scuotere il suo
giovane compagno. Aveva paura di perderlo, sentì le sue guance bagnate.
"Shun! Shun!" urlava "Ti prego, parlami, svegliati, ti
prego"
Il ragazzo si mosse e aprì gli occhi. Lori se ne accorse e lo abbracciò
teneramente piangendo.
"Perdonami, non volevo, ero ubriaco. Mi perdoni, Shun?" Il
principe non rispose, ma accennò ad un sì con il capo, poi lo respinse
dolcemente e si diresse verso l'armadio. Si vestì senza dire una parola e
uscì dalla stanza.
Lori rimase solo maledicendo la sua balordaggine!
CAPITOLO TERZO
La riconciliazione
La marcia dei soldati di Mclouis cominciò a mattino inoltrato. C'erano
tanti uomini ognuno provvisto di un'arma ben scelta. I fanti camminavano
davanti a tutto l'esercito, seguiti dai cavalieri, mentre l'avanguardia
comprendeva esperti genieri e nelle retrovie si trovavano i lanciatori con
pesanti macchine da guerra. Lori marciava in compagnia di un gruppo di
uomini che aveva conosciuto prima di partire. Egli si sentiva euforico
come tutte le volte che andava in battaglia, ma i suoi compagni non
parlavano da guerrieri e continuavano a discutere delle loro mogli e
famiglie. Così presto il mercenario ne ebbe abbastanza di loro e la sua
attenzione si concentrò sul paesaggio del sud.
Dalle sue parti era difficile trovare un po' di terra senza neve, ma
quando l'aveva vista non aveva osservato altro che ciuffi di erba secca
sparsi, una vista orribile.
Lì, invece, campi verdi, adorni di molti alberi alti e forti,
attraversavano la sua visuale e le sue narici assaporavano il profumo
della primavera del meridione. Gli mancava soltanto una persona per essere
felice. Shun cavalcava poco lontano da lui. Nonostante tentasse di
dimenticare quello che era successo durante la notte, non aveva molto
successo e continuava a sentire sul suo corpo le mani del mercenario. Era
molto imbarazzato. Non era la prima volta che un uomo lo scambiasse per
una ragazza, ma mai nessuno era stato così ardito come il nordico e, poi,
con un certo fastidio, il principe doveva ammettere che, nonostante il
dolore, quel trattamento gli era piaciuto e che era stato attratto dal
forte Lori Burdach sin dal momento in cui l'aveva visto per la prima
volta.
"Ehi, Shun, mi stai ascoltando?" il giovane si scosse di dosso i
pensieri e guardò suo cugino, che gli parlava senza interruzione da
quando erano partiti.
"Scusami, ero assorto" rispose incerto il principe.
"Ma che diavolo ti è successo, hai dormito male?" chiese
preoccupato Ikki.
- Se tu sapessi come e dove ho dormito.- pensò Shun, ma rise e disse
"Sì, ho dormito male, ma non ti preoccupare tanto tra un po' ci
accamperemo per il pranzo e potrò riposare"
Ikki non era molto convinto, ma lasciò suo cugino meditare, tentò di
stare zitto il più possibile per non disturbarlo
Era la settima notte che passavamo intorno ai fuochi. Il campo di
battaglia era molto distante dalla cittadina. Ma come facevano ad
organizzare le guerre in quel modo? Noi, nel nord, attaccavamo senza
ritegno, combattevamo senza pudore, saccheggiavamo i villaggi. Loro no.
Per molti di quei soldati la guerra era una passeggiata, ma avevo la
spiacevole sensazione che McDaman avesse intenzioni molto più serie.
Quella notte mi allontana dai soldati. Non volevo bere, da quel triste
banchetto non l'avevo più fatto. Mi sdraiai su una zolla verde, guardando
le stelle nel cielo. Nel nord era difficile osservare le piccole fiaccole
luminose, la volta celeste era sempre coperta. Chiusi gli occhi
assaporando il fresco vento notturno che mi alitava sul volto. Ero così
assorto e mi godevo la frescura notturna che non sentii il fruscio
dell'erba accanto al mio orecchio destro. Eppure capii di non essere solo,
ma non volevo sapere chi fosse il mio vicino. Pensai subito ad uno dei
soldati ubriachi che si insultavano intorno alle fiamme, ma poi ebbi
l'impressione che fosse una donna quella sdraiata accanto a me. -Strano-
pensai divertito - non ci sono ragazze al seguito dell'esercito, ma solo
vecchie guaritrici!-
Chiunque fosse si distese a metà su di me e cominciò ad accarezzarmi le
guance, tenendo la testa sulla mia spalla. Un odore di muschio mi stordì,
come la prima volta.
Spalancai gli occhi sorpreso "Shun!!" Esclamai incredulo.
Il ragazzo mi guardò con aria truce : "Come osate" disse
"rivolgervi ad un principe con questo tono?!" gettò il capo
indietro, mettendo in evidenza la linea perfetta del suo collo e scoppiò
in una risata sonora.
Mi scossi dallo stadio di torpore che mi aveva catturato, lo scrutai senza
comprendere. Non lo vedevo da quando eravamo partiti e non speravo ormai
di poterlo rincontrare, almeno non in quelle circostanze. Mi abbracciò,
non sapevo come reagire. Dopo quello che gli avevo fatto, dove aveva
trovato il coraggio di tornare da me? Io, meccanicamente, lo strinsi
forte, lo sguardo perso nel verde intenso dei suoi occhi. Eravamo
abbastanza lontani dal campo, ma se ci avessero visti? Gli accarezzavo i
capelli morbidi, ma cosa me ne importava degli altri!
"Non tornerai nel nord, vero?" mi chiese il principe
interrompendo il dolce silenzio della notte.
"Perché me lo chiedi?" ritorsi io, sospettoso.
"Perché." silenzio, cercava le parole giuste "Perché ti...
ti voglio bene, Lori!"
Per le orecchie di Glok! Come faceva a parlare in quel modo, era così
giovane! - E' colpa tua! E' colpa tua!- continuava a ripetermi la mia
coscienza. Ma non rifiutai l'abbraccio di quel ragazzino, anche se mi
sentivo colpevole di qualcosa che solo in seguito avrei compreso.
"Shun" Dissi "anche io ti voglio bene... ti amo e non
voglio tornare subito a casa, prima devo guadagnare un bel gruzzolo. Non
posso presentarmi dai miei compagni mercenari senza un soldo!"
Shun si allontanò da me e mi gettò una strana occhiata. Era rimasto
ferito dalle mie ultime parole?! No, era stata una mia impressione perché
mi sorrise e si strinse di muovo contro il mio corpo dicendo "Sì,
hai ragione".
Rimanemmo così per tutta la notte. Io ero padrone di me stesso e mi
sentivo felice. Se solo avessi compreso le mie stesse parole. Se mi fossi
reso conto della mia vera identità, non proverei tutto questo rimorso per
quello che feci in seguito, non dovrei ogni notte fermarmi di fronte allo
specchio e ripetermi, come se fosse la formula di un incantesimo
"Sono un mercenario! Sono un uomo di mondo! Sono un mostro!"
Shun aprì gli occhi alle prime luci dell'alba. Si mise a sedere e inspirò
a pieni polmoni l'aria mattutina. Si tolse dagli occhi una ciocca di
capelli verdi e rise dolcemente. Lori dormiva ancora, avvolto nel mantello
che avevano condiviso.
Il principe si alzò e si lavò il volto con la rugiada raccolta su una
larga foglia. Poi si chinò ad osservare il mercenario. Aveva pensato
molto, prima di prendere quella decisione, nessuno era al corrente del suo
amore blasfemo verso un altro uomo. Era la prima volta che agiva andando
contro alle regole sacre per il suo popolo, ma, dopotutto, egli era in
parte un abitante dei boschi e, come tale, libero da norme e pregiudizi.
Sebbene suo padre avesse tentato di tenere alla larga i propri figli dalle
cattive abitudini materne, la donna, Kajara, era riuscita almeno ad
influenzare negativamente (secondo quanto affermava il re) suo figlio.
D'altra parte, lei non si rispecchiava nella figlia maggiore, troppo
patetica e stupida, ma Shun era il suo pupillo. Gli aveva insegnato
a parlare con gli animali, a conoscere e separare le erbe medicinali, a
scegliere i fiori più belli. Il principe era stato un alunno attento e
Kajara ne era felice perché aveva lasciato una parte di sé in quel
ragazzo. La parte migliore. Gli aveva anche consigliato di dare ascolto al
suo istinto e Shun in quel caso l'aveva ascoltata alla lettera. Voleva
quell'uomo, lo desiderava e, anche se non aveva la spregiudicatezza per
saltargli addosso e non aveva l'età per comprendere appieno quei
sentimenti, poteva conquistarlo. Ecco perché provava rabbia nei confronti
di Maya, che aveva avuto più coraggio di lui!
Però non pensava che le cose potessero precipitare soltanto il giorno
dopo il suo arrivo. Il corpo del mercenario premuto contro il suo, aveva
procurato piacere in quella fatidica notte, ma Shun aveva sperato in un
rapporto meno... meno "volgare", come diceva sua madre.
E così lo aveva raggiunto. Se avesse scoperto che il comportamento
dell'uomo aveva come unico scopo il suo corpo, non solo l'avrebbe
abbandonato, ma sarebbe anche stato capace di farlo giustiziare da suo
padre! Ma per fortuna non fu così. Lori aveva confessato di amarlo e
l'amore non era da prendere alla leggera. Era felice di aver agito in
questo modo. Forse, per una volta, non aveva sbagliato.
Scosse dolcemente il guerriero che aprì gli occhi chiari e gli sorrise.
"Buongiorno! Dormito bene?" chiese Shun.
"Sì" rispose lui, levandosi e stringendolo contro il suo petto
"Torniamo al campo" disse "Ormai si saranno accorti della
tua assenza!"
Shun fece cenno di si. Si alzarono e tornarono al campo, ma senza fretta.
CAPITOLO QUARTO
Il nemico
Io non saprò mai che cosa mi spinse ad adorare quel ragazzo e ad amarlo.
L'incidente che avevamo avuto dopo il banchetto non ci aveva separati, ma
uniti. Ora, all'insaputa di tutti gli altri, ci incontravamo di notte o
nella sua tenda o, come succedeva il più delle volte, sotto le stelle in
punti appartati lontani dal campo. Non ero mai stato con altri uomini,
anche se ho sempre provato una certa attrazione verso i ragazzini
effemminati, proprio come Shun. Dopotutto nel nord gli uomini sono
temprati al peggio e già a 18 anni hanno l'aspetto di adulti corazzati.
Da quando ero nato avevo visto al massimo una dozzina di quelle esili
creature. Inoltre nessuno era stato propenso ad assecondarmi nelle mie
fantasie.
Il principe, invece, l'aveva fatto. Sicuramente aveva trovato la forza in
quel suo strano carattere, ereditato dalla madre, che tutti nel campo
temevano ".Ma Shun è il figlio del re." dicevano "e
l'unica speranza di successione e di questi tempi, meglio tenercelo!"
Se soltanto avessi saputo che McDaman la pensava allo stesso modo, non me
ne sarei mai andato, nonostante quello che McLouis mi fece!
Finalmente l'esercito si accampò vicino alla valle ampia scelta per il
combattimento, su una delle colline che circondavano il Largospiazzo.
Erano strani rialzamenti del terreno che avevano il punto più alto,
piatto ottimo per posizionare le truppe. C'era una bellissima vista da
lassù. All'orizzonte si ergevano le montagne Nere e tutti i colli che le
separavano dalla vallata nella quale scorreva un piccolo fiume dalle acque
limpide attorno a cui crescevano molti alberi. Lori guardava lo spettacolo
intontito. "Peccato" pensò "che tra qualche giorno questo
posto sarà devastato dalla battaglia!".
Infatti le truppe di McDaman arrivarono dopo tre giorni e si posizionarono
su un'altra collinetta. I vessilli neri sventolavano al vento primaverile.
Lori seppe dopo che quelle insegne venivano assegnate, secondo l'usanza
del paese, all'esercito che attaccava, mentre gli uomini di McLouis, che
dovevano difendersi, alzavano stendardi bianchi. Con suo profondo
disappunto il nordico notò che i loro nemici erano molto agguerriti e
c'era poco da scherzare con loro. Lori continuava a scrutare il campo
maledicendosi per aver accettato con troppa facilità le proposte del
sovrano orientale, quando una mano fresca gli sfiorò il volto
"Preoccupato?", chiese Shun con un
sorriso.
Il guerriero gettò intorno un'occhiata per accertarsi che non ci fosse
nessuno, poi abbracciò il principe e lo baciò sulle labbra. Shun rise
ricambiando l'abbraccio "Pensi che possano farci del male?"
chiese ancora il ragazzo poggiando il capo sul petto di Lori.
"Sono, molto più organizzati di Noi" rispose secco Lori,
passando le mani tra i capelli verdi del principe: "Inoltre c'è un
intero plotone di mercenari nordici. Vedi le tende rattoppate di renna?
Sono quelli e ti assicuro che sono guerrieri forti. Abbatteranno le difese
dell'esercito di tuo padre in poco tempo. Potranno resistere massimo una
settimana. E poi, questa idea di organizzare la guerra..!" Tacque
guardando di nuovo le file di uomini. Fu Shun a rompere il silenzio:
"Ma noi abbiamo te!" esclamò guardandolo negli occhi.
"Shun! Tu non mi conosci." Disse sconsolato Lori prendendo tra
le sue mani il volto del ragazzo "Io sono un mercenario. Combatto per
denaro e sono legato a questo esercito soltanto perché tuo padre me ne ha
promesso un bel po', se dimostrerò la mia abilità in battaglia".
Il guerriero non aggiunse altro e il principe sembravano deluso dalle sue
parole. Poi Lori continuò: "Vorrei che tu tornassi al castello, Shun.
E' troppo pericoloso per un giovane soldato come te! Vorrei saperti al
sicuro quando comincerà la guerra".
"Mi dispiace, ma non posso" disse il ragazzo guardandolo
tranquillamente "Ho promesso a mio padre che sarebbe stata la mia
prima battaglia e non posso deluderlo. Andiamo!".
Shun si avviò, Lori prima di seguirlo gettò l'ultimo sguardo dubbioso ai
nemici, poi voltando le spalle alla minaccia pregò in cuor suo che quelle
tende nordiche non appartenessero ai vecchi compagni d'infanzia.
Quanto rimpiansi l'aver scelto il campo sbagliato! Quelle tende, rozze e
robuste, scure e consunte per essere state troppo tempo a contatto con le
intemperie nordiche, gridavano un solo motto : "Casa!!"
Durante i tre giorni che separarono l'arrivo dei nemici dalla prima
battaglia, mi ero sorpreso più di una volta ad osservare (con
nostalgia?!) i padiglioni mangiucchiati che portavano tanti ricordi!
"Chissà se si sono accorti della mia assenza nel campo di McDaman?"
mi chiedevo curiosamente.
Ma c'era sempre la possibilità che quei mercenari non fossero i miei
compagni e allora non avrei dovuto avere tutti questi dubbi sul campo che
avevo scelto. Ma superai le mie incertezze. La mattina del 4° giorno dopo
la loro venuta.
Shun, bellissimo nella sua armatura chiara, quella mattina mi era venuto a
svegliare baciandomi sulle labbra. Era splendido. Le placche lucide e
brillanti aderivano perfettamente al suo esile corpo. Inginocchiato al mio
fianco, mi guardava con un sorriso, aspettando che mi riprendessi dal
sonno che ancora annebbiava il mio cervello. La sua vicinanza mi eccitava
un poco e mi costrinsi a calmare il fuoco che mi ardeva dentro. Mi limitai
a contraccambiare il sorriso e passai una mano sulle piastre che gli
proteggevano il petto.
"Sono proprio uno sfortunato dormiglione!" dissi "credo che
sia inutile chiederti di togliere il pesante fardello?! Oppure sei tentavo
di."
Shun arrossì e rise divertito, poi mi rispose:
"Non posso toglierla. Ho impiegato tutta la mattinata per tentare di
indossarla!"
Strinsi il suo volto contro il mio petto, nudo. Il principe doveva essere
eccitato dall'odore della mia pelle perché gemette, godendo del passaggio
delle mie mani tra i suoi morbidi capelli.
"Dispiace anche a me di aver indossato così presto l'armatura!"
disse Shun "Ma ora non c'è tempo per quelle cose!"
Si allontanò da me e attese in silenzio che mi preparassi per l'incontro
diplomatico con il nemico, McLouis aveva voluto che ci fossi anche io.
La visita degli uomini più forti del campo di McDaman era attesa da
tutti.
Il sovrano d'occidente avrebbe dovuto spiegare i motivi per cui aveva
superato i confini armato e avrebbe dettato delle condizioni da accettare
o da modificare da parte degli orientali. Forse così la guerra sarebbe
stata scongiurata. Per me era solo una farsa. Era logico che la battaglia
sarebbe arrivata, eppure nel campo ancora nessuno ne era convinto a parte
me!
Non mi era piaciuta affatto quella storia dell' "armistizio stipulato
prima della guerra" di cui parlavano quegli imbecilli dell'esercito
di McLouis, ma in cuor mio speravo che avessero ragione, almeno Shun non
avrebbe rischiato.
Ancora non riuscivo a credere che mi ero innamorato. Perché mi
preoccupavo tanto per il giovane principe? Dopotutto, cosa me ne
importava, io non ero di certo legato a lui. Eppure i miei atti, le parole
che pronunciavo testimoniavano il contrario. Ma , allora, Shun era
importante per me, valeva molto la sua vita per me? No, non era possibile.
Invece si. Perché stavo ripudiando i miei sentimenti? Mentre camminavo in
silenzio al suo fianco, ci muovevamo verso la tenda di suo padre, io
dovevo respingere il desiderio di tenerlo per mano, di stringerlo a me, di
baciarlo di fronte a tutti. Ero un idiota, non valevo niente come
mercenario e neanche come "fidanzato" altrimenti avrei portato
via Shun da quel maledetto campo, seguendo i miei desideri e il mio cuore.
In questo risiedeva il mio errore. Non ero mai riuscito, fino a quel
momento, a concretizzare ciò che voleva il mio cuore, c'era sempre il
lato freddo e calcolatore che mi impediva di essere un uomo. Come mai quei
pensieri affiorarono solo in quel frangente? Allora pensai di essere
pazzo!
CAPITOLO QUINTO
Sangue versato
Nella valle il vento spazzava le cime degli alberi; quella mattina faceva
molto freddo. Un alto pioppo, cresceva sulle rive del fiume, brillava
nell'aria fresca quando le sue foglie argentate erano baciate dai raggi
solari.
Attorno all'albero, ciuffi bianchi, trasportati dal vento, riempivano
tutto il paesaggio.
"Sembra che quel pioppo stia piangendo!" Sospirò Lori e osservò
Shun.
Il suo compagno sembrava assaporare l'aria primaverile e aveva le palpebre
semichiuse, il volto rivolto verso l'astro luminoso. Stavano tutti
attendendo l'arrivo di McDaman. Gli ambasciatori orientali erano pronti.
Il re, l'idiota, osservava il campo nemico, sperando che presto il galoppo
delle bestie cavalcate dagli avversari si sarebbe fatto sentire.
Probabilmente l'uomo pensava già al banchetto di ritorno!
Vicino al sovrano si ergeva fiero il consigliere di palazzo, un essere
enigmatico.
Poi Ikki, allegro come sempre anche se meno loquace; Shun, assopitosi
mentre osservava il pioppo e Lori, perso nell'osservare Shun. C'erano poi
tre guardie.
"Aiuto! Aiuto! Non voglio restare qui... Vedo... vedo.. .il futuro!
Il mio tronco, il mio fusto chiaro è spezzato, contorto.!"
Un gemito strappò l'aria fresca in tanti magici, piccoli frammenti di
sogno.
Shun aprì gli occhi, incredulo. Chi si lamentava in un modo simile?!
"Aiuto, vi prego, portatemi via, vedo qualcosa di inenarrabile nel
mio futuro!!"
Il principe sgranò gli occhi. "Il pioppo mi chiama?!"
Scese da cavallo e si diresse verso l'albero dalle fronde oscillanti.
Lori lo seguì con lo sguardo, poi scese da cavallo e, incurante
dell'occhiata torva di Ikki, si affiancò a Shun che aveva allungato un
braccio e sfiorava, con le dita sottili, il tronco liscio e bianco.
"Tranquillizzati, non succederà nulla!" la voce dolce e
rassicurante del giovane cullava il pioppo disperato. e Lori notò e
desiderò tutta per sé quella tenerezza sovrumana. Di nuovo, come ogni
volta che sentiva il calore del corpo di Shun accanto al suo, represse il
desiderio di abbracciarlo. Si limitò solo a posare una mano sulla spalla,
coperta dall'armatura, del giovane principe.
Nel momento in cui posai la mia mano sulla spalla di Shun, una vibrazione
viva attraversò il corpicino del mio compagno e arrivò fino a me. Il
tremito si trasformò in una voce vibrante "Aiuto! Giovane principe,
portami via... lontano, lontano! In un luogo che la guerra non vedrà!!"
Mi staccai, intimorito dalla voce. Shun aveva sentito quel richiamo?!
Quelle parole silenziose mai pronunciate da essere umano?!
L'albero piangeva. Shun si avvicinò di più al vegetale angosciato dal
suo futuro e l'abbracciò, continuando a rassicurarlo con amore. La sua
figura era appoggiata contro il fusto, ancora il mio desiderio mi face
sentire.
Immaginavo il principe lì, stretto tra il mio corpo e l'albero, in
procinto di fare quello che occupava ormai quasi tutte le nostre notti.
Mi tirai indietro. Volevo evitare sciocchezze, soprattutto di fronte al re
e al cugino. Rimasi fermo a guardarlo, mentre rassicurava quel pioppo. Era
bellissimo. Il vento, delicatamente, gli scompigliava i capelli.
L'armatura bianca brillava di riflessi chiarissimi. Ad un tratto. un
riflesso rosso si disegnò sullo spallaccio del ragazzo. Una macchia
scarlatta, poi un'altra... e un'altra ancora.
Era un'impressione?! Che stava succedendo?!
Shun si voltò, lo sguardo perso. Una profonda e silenziosa disperazione
velava i suoi occhi verdissimi. Una goccia di sangue colò lungo la sua
guancia e, pesantemente, scivolò lungo il collo, lasciando dietro di sé
una scia rossa.
"Shun!!" urlai inorridito e lo sorressi mentre cadeva privo di
sensi.
"Che è successo?" sentii urlare suo padre, Ikki era già al mio
fianco e strappò il corpo di Shun dalle mie braccia.
"Non so!" borbottai confuso, ma nessuno mi ascoltava, il
cavaliere in armatura nera cominciò a strappare i pezzi di corazza dal
corpo esile di Shun per lasciarlo respirare meglio. Intanto le gocce di
sangue bagnavano la terra. Alzai gli occhi al cielo. Non era Shun ad
essere ferito, ma da dove.?! O sacra Asren!
Le foglie argentate. Erano.erano arrossate! L'albero stava stillando
sangue!
Brutto presagio.il mio piccolo Shun.
"Ikki!" ordinò con tono imperioso il sovrano "Riporta mio
figlio all'accampamento!"
"Lo faccio io, signore!" Mi offrii, avvicinandomi al corpo di
Shun. Ero scosso e angosciato , volevo fuggire via da quell'orrore e
portare via il principe con me. Non volevo che gli accadesse qualcosa. Ma
forse cominciavo ad interessarmi troppo alla sua salute.
"Va bene, Burdach. Riaccompagnate Shun al posto di Ikki!"
Il nipote del re mi guardò con rabbia. "Perché stai sempre intorno
a mio cugino?"
"Diavolo, Ikki, tra qualche secondo potrebbero essere qui gli
ambasciatori e tu discuti? Burdach, riaccompagnatelo voi!"
Lo ringraziai silenziosamente. Portai il mio cavallo e presi Shun tra le
mie braccia, delicatamente. Una guardia si occupò dell'armatura.
Il mio bambino! Sorrisi; sembrava calmo e tranquillo. Spronai la bestia che
cavalcavo e mi allontanai, proprio mentre il gruppo degli ambasciatori si
ricomponeva.
In ritardo mi resi conto che il sangue l'avevamo visto solo io e Shun.
Voleva dire che quello che sarebbe successo, avrebbe riguardato noi due?!
* * *
"Dannato McDaman!! Dannati tutti!" Si sentiva sbraitare per il
campo. I soldati, in preda a vere e proprie crisi di rabbia, prendevano a
calci le scodelle lasciate accanto al fuoco e attendevano tesi la
presentazione dei piani di battaglia.
Era pomeriggio inoltrato e McLouis era rientrato poco tempo prima portando
la brutta notizia. "Niente armistizio! Niente condizioni. Si
combatte" Era stato così categorico da far male persino a me.
Non che me ne importasse poi molto della guerra, io vivevo con la guerra,
i soldi che mi davano li ricavavo dalle mie abilità di guerriero.ma Shun.
Ancora a preoccuparmi per lui?! Da quando eravamo tornati dalla valletta,
non facevo altro che occuparmi di lui. Anche adesso, mentre ascoltavo le
parole di quei falsi combattenti, mi recavo alla tenda del principe,
sorreggendo tra le mani un piatto pieno di zuppa fumante.
Volevo vederlo mangiare, rimettersi in forza. Era ancora così debole!
I guaritori, che lo avevano assistito quando ero entrato nel campo
sostenendo il suo corpo esanime tra le mie braccia, avevano detto che lo
svenimento era dovuto, probabilmente, all'emozione della prima battaglia o
al sole caldo, fattori che io avevo escluso a priori. erano quelli più
ovvi e scontati, però non mi sembrava che avessero la priorità assoluta
in quel caso.
Avevo ancora stampata nella mente la goccia di sangue che rigava il volto
del mio amore. Scossi il capo. Volevo dimenticare tutto quello che era
successo la mattina.
Arrivato di fronte alla tenda spostai dolcemente il drappo che fungeva da
entrata e penetrai nella semioscurità.
Shun era seduto sui cuscini disposti sul pavimento coperto da una stuoia
marrone. Il principe muoveva con delicatezza le dite sottili sulle corde
di una lira, era perduto in qualche sogno e non si accorse della mia
presenza.
Poggiai la scodella da un lato, mi accostai a lui, mi sedetti al suo
fianco e gli sfiorai la guancia con un bacio leggero. Shun sorrise e mise
da parte lo strumento (ma allora si era accorto di me!!). Si voltò verso
di me e, con un gesto impetuoso, mi baciò appassionatamente. Io serrai le
mie braccia intorno a lui.
Il principe si staccò da me e mi guardò severamente:
"Dove sei stato?" chiese "non mi lasciare mai più, ti
prego."
"Ero andato a prenderti qualcosa da mangiare." ribattei io, ma
Shun mi interruppe "Ho paura, se non sei al mio fianco."
Lo strinsi più forte "Io rimarrò sempre con te!"
In condizioni normali non lo avrei illuso, ma era molto triste e non
volevo abbatterlo ancora di più. E poi, le parole sono solo gusci, il
contenuto delle nostre frasi sfugge sempre alle nostre capacità.
"Shun..." sussurrai dopo qualche tempo.
"Mmm?!" rispose lui, perso nel mio caldo abbraccio.
"... che è successo stamattina?"
Ci fu un po' di silenzio, poi il giovane mi confessò di non sapere nulla.
Si era sentito molto leggero e poi.più niente. Non era stata una novità,
per lui, parlare con un albero, ma per la prima volta aveva sentito un
pioppo lamentarsi e chiedere aiuto.
In ogni modo mi meravigliai perché Shun cambiò subito discorso e mi pregò
di cantargli qualcosa della mia terra.
Io cominciai un canto dolce, cullandolo tra le mie braccia. Il giovane si
addormentò tranquillamente, come era affascinante! Lo poggiai tra i
cuscini morbidi. Sembrava un mojad, uno spirito delle nevi, un essere
etereo e spendente. Sdraiato al suo fianco, con un dito seguii il contorno
dei suoi occhi, delle sopracciglia fini, del naso sottile, delle labbra
perfette, lisce, rosse. Il sangue sul suo volto, quella goccia densa e
terribile, che scendeva. Le mie dita si spostarono sulla sua guancia
pallida, quasi volessi cancellare, con un solo gesto, quei ricordi
mostruosi.
"Mio piccolo mojad, rimani qui, domani" lo supplicai
silenziosamente "non voglio vederti morire così giovane. La
battaglia sarà orribile"
Come sempre.avevo ragione! Avevo visto giusto!
CAPITOLO SESTO
Il dìonas
"Non voglio. No!"
I lamenti dell'albero bianco risuonavano ancora nella mente del giovane
principe. Dormiva, un sonno agitato e freddo. Le lenzuola erano intrise di
sudore e lacrime. Il ragazzo si era rivoltato tra le coperte e i cuscini
pomposi, per tutta la notte aveva dormito penosamente. Quando Lori era
andato via, il mercenario doveva prepararsi per la battaglia, Shun, nel
gelo della notte, era rimasto solo.solo e in preda a terribili incubi. Il
pioppo, le sue parole eteree, il sangue e la figura tra i rami. il dìonas,
lo spirito del pioppo!
Il giovane sbarrò gli occhi e si mise a sedere con un gemito di dolore.
Si strinse la mano al petto, tremava come una foglia nel manto di oscurità
che lo copriva.
"Perché non ho detto a Lori la verità?!" Shun singhiozzava
"Perché?! ."
La risposta fu spontanea.
"Perché non voglio dargli altre preoccupazioni."
Il principe fissava un punto imprecisato di fronte a lui, le lacrime erano
tornate, copiose, a scivolare lungo le sue guance morbide. Il ragazzo si
nascose il volto tra le mani.
La faccia rugosa e ghignante tornò ad assalirlo e beffeggiarlo.
Shun riaprì gli occhi e si sdraiò di nuovo, ma stavolta non serrò le
palpebre. Se avesse visto ancora quel mostro meschino e ingrato, avrebbe
potuto perdere definitivamente il senno.
Quando entrai nella tenda all'alba, prima della partenza, Shun era
rannicchiato nel letto. Aveva lo sguardo fisso sul fascio di luce chiara
che penetrava nella stanza attraverso un piccolo strappo, granelli di
polvere
giocavano con gioia tra i fasci dorati.
Il piccolo mojad era, invece, triste e sconsolato, avvinghiato alle
coperte calde. Si vedeva che non aveva dormito per la maggior parte della
notte.
Shun mi guardò e accennò ad un sorriso, io ricambiai, ma mi sentivo così
male a lasciarlo lì, in quello stato.
Era stato già un bene che suo padre avesse deciso di lasciarlo
all'accampamento.
Shun allungò un braccio verso di me, senza dire una parola. Voleva che mi
sdraiassi al suo fianco?!
"Tesoro!" sussurrai con affetto avvicinandomi.
"Lo.Lori!" balbettò il principe "devo parlarti."
Fuori si sentiva il brusio dei preparativi.
"Allora soldati?! Mi sembrate una massa di scalmanati." il
generale Devis, della guardia reale, forse l'unico vero uomo da guerra tra
tutti i sudditi di McLouis, tuonava comandi bestemmiando furiosamente!
"Per la lingua di un Moniak, che fai, imbecille! Vuoi soffocare
quella povera bestia?! Vieni qui che ti imbastisco io per bene!."
Mi venne da ridere, che simpatico quell'uomo! Era tardi, avrei dovuto
prendere posto tra gli altri combattenti.
Presi la mano di Shun, la baciai. La sua pelle era fresca, anzi, fredda!
"Shun, ma sei gelato!" esclamai. Solo allora mi accorsi che la
sua mano, il suo volto erano arrossati come se fossero stati esposti a
temperature molto basse. Sfregai i miei palmi contro le dita fini del
principe, lo baciai dolcemente sulla fronte.
Le sue labbra erano sbiadite. Cominciavo a preoccuparmi.
"Mio piccolo mojad."
Shun mi interruppe.
"Ha fatto molto freddo stanotte fuori."
Era un affermazione.
"Nella valle del pioppo, dal ruscello saliva un'aria gelida."
Accarezzai delicatamente il suo volto. "E tu cosa ne sai?! Hai
sognato la valle, Shun?" Aveva detto che doveva parlarmi
"Dimmi.ti ascolto, piccolo!"
"Lori!" la sua voce era solo un flebile sussurro, lo sorressi.
Quello che era successo nella valle lo aveva sconvolto eppure mi era parso
che Shun, soltanto la sera prima, si fosse ripreso completamente!
Il giovane principe tremava, aspettavo che mi parlasse, intanto lo
racchiudevo in un bozzolo caldo formato da coperte e lenzuola. Stavo per
chiedergli come si sentisse, quando si decise a pronunciare qualche
parola.
All'inizio formulò solo una domanda.
"Conosci la leggenda dei dìonas dei pioppi?"
Dìonas?! Ne avevo sentito parlare in qualche leggenda infantile, ma non
ricordavo. Le leggende del Sud, inutili racconti! Scossi mestamente la
testa.
"Sono stato uno stupido ad avvicinarmi a quel pioppo!"
Shun mi abbracciò, singhiozzando, e nascose il volto contro il mio petto.
"Io... non capisco" In effetti era vero, mi trovavo spaesato,
perché il mio compagno piangeva? Forse. lo tirai su con violenza "C'è
qualcosa che non va?! Shun, maledizione, parla!"
"No... no... tu stai bene?"
"Certo perché me lo chiedi?"
Lo sentii più tranquillo. "Allora è toccato solo a me. Non avrei
mai sopportato l'idea di avere qualcuno sulla coscienza e soprattutto te,
amore mio!"
Continuavo a non comprendere, però decisi di tranquillizzarmi. Non avrei
risolto nulla urlando penosamente!
La mia voce si addolcì.posai uno sguardo calmo e pacato negli occhi verdi
e vitrei di Shun, accarezzai i suoi capelli morbidi mentre lo poggiavo di
nuovo tra i cuscini.
Riuscivo a nascondere bene la mia preoccupazione.
"Shun, cos'è un dìonas?"
Egli sospirò e cominciò a parlare lentamente.
"L'indole degli alberi è malvagia. Ogni albero soffre per la sua
condizione, dopotutto le piante sono ferme, immobili, il loro fusto è
secco e riarso, le loro foglie, sempre esposte alla luce solare, sono dure
e scurite.
Quanto odio scaturisce dalle loro membra, ma sono sempre riuscito a
controllarlo, con la magia e con l'amore. Anche se il loro carattere è
freddo e imprevedibile, possono essere resi gentili e premurosi. D'altra
parte, gli stessi uomini sono così!
Ma un albero posseduto da un dìonas è molto pericoloso."
Rimasi senza parole, avevo moltissimi dubbi . soprattutto mi chiedevo in
che senso "pericolosi"!
"Il dìonas inganna, con un tranello avvicina gli animali e li bagna
con il proprio sangue, rosso e denso. Tu non sei stato bagnato
vero?!"
Feci cenno di sì.
"Grazie agli dei!"
"Ma io ho visto una goccia scivolare sul tuo viso."
Shun non ascoltò le mie parole e continuò:
"Il dìonas è il presente, il passato e il futuro. E' animale,
vegetale, minerale. Acqua, terra, aria. Luce, tenebra, crepuscolo.
In lui sono racchiuse tutte le triadi che danno vita all'universo, o la
rappresentano o gliela tolgono.
Per questo il dìonas passa di corpo in corpo e lascia, in ogni suo
ospite, una piccola parte di sé, di quello che è stato in un altro
essere. Si è servito del pioppo, si serve di me, si servirà di tutti
quelli che verranno."
"Perché, Shun?" chiesi tristemente "Perché proprio
tu?!"
"Non lo so, nel sud pensiamo che i movimenti dei dìonas siano
regolati dagli dei"
L'espressione sulla mia faccia doveva essere apparsa impressionante. Shun,
infatti, nonostante la terribile sofferenza che comporta l'essere
posseduto da uno spirito mi sfiorò la guancia con una mano gelida.
"Non fare questa faccia. Mi rattristi! Ti prego non pensare a me,
quando sarai in battaglia! Rischierai di farti male!"
"Shun, ma.?!"
"Ti amo tantissimo! Non è poi così grave quello che mi è successo,
dovrò solo attendere che quest'essere scelga un minerale nel quale
sgusciare! Ora vai, fuori ti attendono, fatti valere. Combatti anche per
me."
Shun aveva ragione. Dovevo andare, ma dovevo lasciarlo lì?!
"Non potresti fare niente qui. Non ti preoccupare, anzi, scusami se
ti ho spaventato per un nonnulla!"
Shun mi mentiva. Non era una cosa da niente. Ma io all'inizio gli credetti.
Il mio piccolo principe, invece, cercava solo di togliermi ogni
preoccupazione.
"Allora vado!" esclamai con un sorriso teso dipinto sul volto.
Mi chinai a baciarlo, ma stavolta l'abbraccio venne prolungato dalle
nostre lingue.
"Buona fortuna, mercenario!"
"Riposa, tesoro!"
Uscii dalla tenda. Il sole mi accecò. Non era una giornata buona per
combattere. Mi voltai ancora verso la tenda del principe, lottai contro il
desiderio di tornare al suo fianco, quindi raggiunsi gli altri uomini di
McLouis.
continua?
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