Nucleo
parte XIV
di Naika
Nucleo: parte
vitale, centrale, di qualcosa, di cui in genere ha costituito... l’origine.
Rukawa si richiuse delicatamente la porta della stanza alle spalle, per non
correre il rischio di svegliare il suo amante che si era nuovamente assopito,
prima di seguire Ayako nella stanza attigua.
Era ormai l’alba e dovevano decidersi sul da farsi.
Seduti chi a terra, chi sul letto, nella camera di Key, anche gli altri erano
svegli, vestiti e pronti a decidere il loro destino.
Il guardia boschi attese che Ayako si chiudesse la porta alle spalle lanciando
uno sguardo a Rukawa.
“Hana?” chiese.
Il moretto scosse le spalle “Dorme” mormorò.
Akira emise un flebile risolino che venne prontamente stroncato da una gomitata
nelle costole da parte del suo ragazzo.
“Non è pericoloso lasciarlo da solo?” si preoccupò Yohei.
“Per il momento siamo al sicuro qui” lo rassicurò l’ex scienziato con un
sospiro.
“Già...” constatò Mitsui mesto “Ma solo per il momento...” sottolineò “...come
ci comportiamo ora?” chiese.
“Abbiamo cancellato tutti i dati e le prove che hanno raccolto su Hanamichi”
fece il punto della situazione Ryota.
Ayako annuì “Però ora loro sapranno chi siamo, fuggendo non abbiamo più badato
alle telecamere” commentò con una smorfia.
Key annuì “Inoltre ci sono ancora gli scienziati ed Edmond che sono a conoscenza
dell’esistenza del Nucleo” constatò.
“E finchè loro saranno in vita non avremo pace...” sussurrò Rukawa.
Un brivido scivolò lungo la schiena dei presenti.
Era chiara quale fosse la sua proposta.
Ucciderli tutti.
D’altronde dopo che avevano visto le cicatrici sul corpo del loro amico e
conoscendo il sentimento che li legava... nessuno ebbe il coraggio di
biasimarlo.
“Noi non siamo assassini” mormorò, tuttavia, Koshino cercando di farli
rinsavire.
Yohei e Key sembravano d’accordo con la proposta di Rukawa.
E
non aveva il coraggio di guardare Akira.
Kaede si volse a fissarlo senza ribattere ma il ghiaccio che scricchiolava in
quelle iridi blu gli ricordò, non solo, che l’asso dello Shohoku aveva già
ucciso senza esitazione, ma che sarebbe stato pronto a rifarlo per proteggere la
persona che amava.
“E se fingessimo la nostra morte?” propose Ayako pensierosa.
“Come?” chiese Key aggrottandosi, anche lui ci aveva pensato ma non aveva
trovato nessuna idea abbastanza buona da funzionare.
La ragazza scosse le spalle “Non lo so, ma se credessero che siamo morti di
sicuro la smetterebbero di darci la caccia” borbottò.
“Ci avevo pensato anch’io” mormorò “Ma tu li sottovaluti...” disse con una
smorfia l’ex scienziato “...vorrebbero sicuramente recuperare le salme per
controllarle o quanto meno per trarne qualche dato utile” le fece notare.
“E se non ci fosse niente da recuperare?” propose Mitsui riflettendo ad alta
voce.
Key si voltò a guardarlo sollevando un sopracciglio sorpreso “A cosa pensi?”
chiese.
“A qualcosa tipo un incendio o un’esplosione” disse il ragazzo massaggiandosi il
mento.
“Facciamoci trovare, li attiriamo verso la gola oltre il bosco che delimita la
strada meridionale.” cominciò a spiegare “Facciamo loro vedere il nostro mezzo
che si schianta e precipita...” disse elaborando la sua teoria a voce alta e
mostrando loro sulla cartina spiegata sul letto il percorso che potevano fare.
“In fondo alla gola scorre il fiume quindi anche quel che resta del furgone si
perderebbe nella corrente” disse abbastanza soddisfatto della sua proposta.
“E’ una buona idea.” approvò Key “Pericolosa.. ma buona” aggiunse.
“E noi come facciamo a saltare dal furgone senza che loro ci vedano?” chiese
però Ryota.
“Bhe, dato che la zona è fitta di alberi potremo cercare un punto abbastanza
riparat...” Key interruppe a metà la sua affermazione quando il suo cellulare,
posato poco lontano sul comodino, prese ad emettere un suono allarmante.
“Che cavolo succede ora?” chiese Mitsui preoccupato mentre il guardia boschi
controllava il display.
“Il radar sul furgone!” esclamò “Ha rilevato cinque jeep in avvicinamento!”
riferì pallidissimo.
“Ci hanno trovati!” gridò Akira balzando in piedi.
La Falce Nera saltò su come una saetta, uscendo dalla porta della stanza mentre
anche gli altri si dirigevano verso le loro per recuperare le armi e prepararsi
a mettere in atto il piano di Mitsui senza averlo nemmeno provato.
Rukawa spalancò la porta della camera trafelato.
Doveva svegliare Hanamichi, vestirlo e poi...
....rimase di ghiaccio.
La finestra della camera era spalancata e da essa l’aria mattutina entrava
leggera e sottile ad accarezzargli il volto, facendo ondeggiare le tende bianche
e le lenzuola accasciate accanto al letto.
Vuoto.
Il letto era vuoto.
Nessuna traccia di Hanamichi.
Una veloce occhiata alla porta del bagno aperta gli riconfermò il suo terrore.
Non c’era!
“Kuso Hana dove ca**o sei!?” tuonò con rabbia cercando invano di mantenere la
calma.
Non poteva essere stato rapito dagli uomini dell’E.T.C non erano ancora giunti
al motel.
E
allora?
Il suo sguardo cadde su una macchia bianca appoggiata sul comodino, accanto al
letto.
Un tovagliolo di carta.
Un tovagliolo su cui anche da quella distanza poteva scorgere delle parole.
“No... Hana... no!” supplicò avvicinandosi a grandi passi al comodino per
prendere il messaggio con mani tremanti.
Poche righe scritte velocemente.
Poche, terribili, parole.
Kaede... perdonami.
Lo so che ti arrabbierai tantissimo quando
leggerai questo messaggio e scoprirai ce me ne sono andato.
E’ sempre stato nelle mie intenzioni.
Per questo ti ho chiesto di fare l’amore con me
ieri sera.
Non volevo avere nessun rimpianto prima di
affrontare... loro.
Il ricordo del tuo primo bacio mi ha salvato
dalla follia durante la prigionia.
Il calore del tuo amore mi darà la forza per
distruggere l’E.T.C.
Sono un’egoista Ru.
Non voglio perderti.
Ho perso mia madre e ho visto morire mio padre.
Non potrei sopportare di vedere i tuoi occhi
chiudersi per sempre.
Impazzirei.
E allora sarebbe la fine.
Per tutto.
Non ce la farei a ricominciare di nuovo.
Perdonami.
Perchè ben sapendo che cosa si prova nel perdere
chi si ama probabilmente ti condannerò a questo destino.
Non credo che tornerò indietro Ru.
Non so nemmeno se ho la forza di annientarli ma
devo provarci.
Una cosa sappi.
Anche se non dovessi tornare, se loro riuscissero
a ferirmi in modo tale da non lasciarmi speranza, farò in modo di sciogliere la
mia energia rimasta in questo universo così che egli possa vivere anche senza di
me.
Proteggerò questo tempo in cui ho conosciuto per
la prima volta la vera felicità.
Questo mondo in cui ci sei tu.
Vivi Kaede.
Vivi anche per me.
Perchè in ogni albero, nel soffio del vento,
nella pioggia... io sarò con te.
Per sempre.
Ti amo.
Hana.
Rukawa rimase immobile.
In silenzio.
Incredulo.
“Rukawa siete pronti? Dobbiamo andare!” lo pressò Yohei facendo capolino nella
stanza dalla porta lasciata aperta.
Rimase però immobile nel vedere il volpino esplodere in un’imprecazione paurosa
prima di sfondare con un calcio le ante dell’armadio.
“Che... che cosa?” chiese preoccupato.
E
poi anche lui notò lo strano silenzio che permeava la stanza.
“Do.. dov’è Hana?” balbettò.
E
Rukawa non potè trattenere un altro grido di rabbia che sfogò contro l’ammasso
di detriti che una volta era stato un armadio.
“Se n’è andato!” ringhiò.
“Io quello l’ammazzo!” sbottò Mitsui quando Yohei riferì loro che Hanamichi era
partito, deciso a risolvere la questione senza coinvolgerli ulteriormente.
Possibile che loro avessero rischiato la vita per salvarlo e lui andava ad
attaccare, da solo, gli uomini dell’E.T.C?
“Non si rende conto che se lo fanno fuori è la fine?” imprecò Ryota.
“No” mormorò Rukawa.
Ma sembrava che più che rispondere alla domande retorica del playmaker volesse
negare la sua affermazione.
“In che senso?” chiese Ayako perplessa.
Il volpino ripetè loro quanto Hanamichi gli aveva comunicato nel suo messaggio.
“Così anche se li sconfiggerà....” sussurrò piano Ayako.
Key scosse con forza il capo “Non può farcela da solo!” esclamò.
“E anche se ce la facesse non gli resterebbe energia sufficiente che per
sciogliersi...” constatò Akira.
“Ha deciso di sacrificarsi...” comprese Ryota pallidissimo “... di sacrificarsi
per noi...” ansimò.
“No!” disse Rukawa gelido “Non glielo permetterò!”
Key annuì deciso “Non questa volta!” disse “Non devi ripetersi di nuovo quello
che è accaduto su Vega Uno” sussurrò piano “Abbiamo cominciato insieme, finiremo
insieme!” decretò e gli altri annuirono decisi.
Hanamichi non si volse indietro nemmeno una volta.
Sapeva che se lo avesse fatto la sua decisione sarebbe vacillata.
Non poteva permettere che loro corressero ancora dei rischi.
Non voleva più vedere nessuno morire.
Avrebbe fermato l’E.T.C da solo.
Poteva farlo.
Anche se avrebbe significato bruciare anche l’ultima scintilla di energia che
gli rimaneva in corpo.
E
nella peggiore delle ipotesi se Edmond l’avesse visto morire... bhe avrebbe
rinunciato alla sua caccia.
Almeno poteva sperarlo.
Il vento gli accarezzò il volto leggermente accaldato.
Sentiva il suo potere bruciare nel sangue, montare e fremere nell’attesa di
essere liberato.
Scivolò tra gli alberi accanto alla strada diretto verso il punto indicatogli
dal piccolo passero che frullava le ali poco più avanti a lui.
Nonostante il terreno accidentato del sotto bosco non aveva paura d’inciampare.
Le radici degli alberi si scostavano per lasciarlo passare.
Le piante reclinavano le foglie in un muto inchino al suo passaggio.
“Avrò bisogno di voi ancora una volta...” sussurrò al bosco che si andava
risvegliando, accarezzato dai primi raggi di sole.
Il suo piano era molto semplice.
Si sarebbe fatto vedere dagli uomini dell’E.T.C e si sarebbe fatto inseguire
sino al centro della foresta.
Il falco gli aveva assicurato che c’era un ampio spiazzo, lì al centro, che gli
avrebbe permesso di usare il suo potere in modo ottimale.
I
passi felpati di un lupo grigio si affiancarono ai suoi per un momento prima che
la creatura tornasse nuovamente a scomparire tra le ombre, anche loro erano
pronti.
Il passerò trillò avvertendolo e Hanamichi si preparò a recitare la sua parte.
Edmond a bordo della prima delle cinque jeep armate scrutava impaziente le prime
luci dell’alba.
Tra pochi minuti sarebbero giunti a destinazione e, allora, non avrebbe lasciato
scampo agli alieni!!
La sua jeep sbandò bruscamente quando una piccola ombra scura si abbattè contro
il cruscotto presto seguita da migliaia di altre.
“Ma cosa...?” chiese Edmond spalancando, incredulo, gli occhi quando si rese
conto che le piccole creature, che oscuravano loro la visuale con le ali scure,
erano pipistrelli.
L’auto frenò, fermandosi definitivamente, incapace di proseguire data la
visibilità praticamente nulla.
Dal terreno, che conservava la frescura della notte, una leggera nebbiolina
argentea spiraleggiava, avvolgendo la strada deserta, lambendo la foresta e i
mezzi fermi accanto ad essa.
I
pipistrelli si alzarono in volo, sbatacchiando le ali scure, zizzagando
scompostamente nell’aria rosa e oro dell’alba, per ritornare sugli alberi ed
Edmond stava per ordinare di rimettersi in marcia quando si accorse che in mezzo
alla strada c’era un giovane.
I
suoi capelli rossi ondeggiarono, lentamente, accarezzati dal respiro leggero
della brezza.
Con dita delicate l’aria scostò i ciuffi carminio dal suo volto, accarezzandogli
gli occhi chiusi, sul viso rilassato.
La tenue luce del mattino si aprì una via tra le coltri bianche, avvolgendolo
delicatamente nel suo abbraccio mentre la nebbia si tendeva, disegnando
arabeschi delicati, che salivano, lievi, attorno a lui, per poi fondersi nella
luce rosata del sole.
Lentamente, senza fretta, il silenzio scivolò tra loro acquietando lo stormire
sussurrante delle foglie.
Gli uccelli si posarono sui rami degli alberi in tranquilla attesa mentre il
sole fermava il suo salire verso il cielo e il tempo cessava il suo scorrere.
In quella crisalide di perfetta immobilità il Nucleo sollevò lentamente le
palpebre per fissare i suoi occhi, dorati, lucenti, su di loro.
“L’alieno...” sussurrò Edmond, incapace di proferire quelle parole a voce alta.
Incapace di vincere quel silenzio riverente.
Il Cosmo tratteneva il respiro.
Aspettando.
Attendendo un ordine della sua anima.
Una sola parola di quel giovane dai capelli rossi, immobile in mezzo alla
strada.
E
Richard, a sua volta parte di quello stesso Cosmo, a sua volta essere vivente
nato e cresciuto nutrendosi di quella forza....
Anche lui.....
Per un momento...
Un momento soltanto...
... trattenne il fiato.
In attesa...
In riverente ammirazione.
Di Lui.
“E’ l’alieno! E’ vivo!” gridò riscuotendosi con forza.
Allontanando con rabbia quel calore che gli era nato nel petto nel vederlo
così...
... a piedi nudi, in mezzo alla strada nera, con la sola camicia e un paio di
jeans sdruciti....
“Prendetelo!” tuonò nella radio, con rabbia, facendo sussultare i suoi agenti
che, al pari suo, non avevano potuto fare nulla se non restare a guardare.
Hanamichi sentì quel momento spezzarsi e seppe che era giunta l’ora di
combattere.
Il sole riprese la sua lenta salita verso il cielo e il vento scosse con forza
le foglie, facendole gridare, mentre gli uccelli si lanciavano in volo lanciando
i loro richiami.
Tese la mano destra davanti a se catalizzando in essa il calore presente
nell’aria attorno a lui, tramutandola in una piccola sfera di fuoco che crebbe
nel suo palmo, ruggendo, finchè egli non la liberò contro la prima delle auto
dinanzi a lui.
Gli uomini a bordo della jeep ebbero a malapena il tempo di balzare fuori
dall’auto prima che essa si tramutasse in un semplice ammasso di lamiere
liquefatte.
“Crede di poterci eliminare!” scattò Richard furioso “Sparate!!!” tuonò nella
radio.
Hanamichi ansimava pesantemente.
Quel primo colpo gli era costato più energia di quel che credeva.
Era ancora troppo debole.
“Dovrò giocare d’astuzia” sussurrò tra sé, richiamando nuovamente il suo potere,
ma questa volta fu il vento a venire in suo aiuto attorcigliandosi attorno a
lui, sollevandolo nell’aria.
Lanciò loro uno sguardo di sfida e poi si lanciò, in volo, tra le alte fronde
dirigendosi veloce verso il luogo che aveva scelto.
“Inseguitelo presto!!”
Le jeep scattarono in avanti, gli uomini privi di vettura salirono su quelle
dei colleghi, gettandosi all’inseguimento, ma, mentre la passaggio di Hanamichi
le fronde si scostavano per sfiorarlo a malapena con una leggera carezza,
quand’erano le jeep a passare, le radici, i rami, i tronchi comparivano a
migliaia sul piccolo sentiero per bloccare loro il passaggio, costringendo gli
uomini a zizzagare pericolosamente.
Una delle vetture sbandò troppo, schiantandosi contro un grosso pino, gli agenti
al suo interno scesero in fretta dall’auto temendo che esplodesse e non si
accorsero dello sciame di vespe che emerse ronzando dalle fronde di quello
stesso albero, catapultandosi su di loro.
“Quel maledetto bastardo!” tuonò Richard osservando i suoi uomini contorcersi a
terra o correre nella foresta per cercare di sfuggire agli insetti, finendo così
per cadere contro le rocce che sembravano spuntare dal nulla, nel terreno, solo
per far si che, gli agenti, potessero spezzarcisi il collo.
E
chi fuggendo evitava di venir punto e di cadere, veniva attaccato da un
serpente, da un lupo o da qualche altra creatura comparsa dal nulla, che tornava
nel nulla, dopo aver compiuto il suo dovere.
La sua jeep sbandò ancora ma riuscì a rimanere sulle ruote ed Edmond sospirò di
sollievo quando evitarono l’ultimo albero, ritrovandosi in un’ampia radura
erbosa.
Al centro di essa, immobile, l’alieno li attendeva.
“Sono passati di là!” gridò Key notando la jeep carbonizzata sulla strada e le
tracce di pneumatici che s’inoltravano nella foresta.
Le seguirono a rotta di collo sobbalzando all’interno del furgone per gli
scossoni mentre Yohei, seduto ancora una volta accanto al guidatore, osservava
sgomento la vettura schiantata contro un albero e i corpi privi di vita accanto
ad essa.
“Li sta attirando al centro del bosco per poi attaccarli...” constatò stupito
Koshino.
“E’ un buon piano” mormorò Mitsui “Ma non può comunque farcela da solo” gli
ricordò Yohei preoccupato.
Key passò tra due alberi che mossero i rami, per bloccare loro la via, prima di
fermarsi a metà del loro movimento.
“A quanto pare sanno che noi siamo i buoni” constatò Ryota, felice di non
doversela vedere con le forze della natura per riuscire a raggiungere Hanamichi.
L’ex scienziato scosse il capo ma si astenne dal dire a voce alta il suo
pensiero.
L’unico motivo per cui la foresta non li attaccava era Rukawa.
La Falce Nera portava ancora con se il messaggio di Hanamichi con i sentimenti
che in esso vi erano racchiusi e, in qualche modo, la natura attorno a loro lo
percepiva.
Fermò il furgone poco lontano dalla radura, scesero velocemente dal mezzo
armandosi prima di correre verso il punto poco lontano da cui si sentivano
provenire gli spari.
Nel piccolo spiazzo circolare le tre jeep rimaste avevano circondato Hanamichi.
O
almeno ci avevano provato.
Una di esse era malamente rovesciata e, sulla carrozzeria, erano ancora evidenti
i tagli profondi di grandi artigli.
Gli agenti poi se la dovevano vedere, ancora una volta, con gli animali
richiamati dal Nucleo.
Edmond riuscì ad uccidere il lupo che l’aveva attaccato e puntò la pistola al
petto del ragazzo dai capelli rossi che, al centro della radura, avvolto da
un’instabile aura dorata, respirava a fatica cercando di richiamare ancora una
volta il fuoco con cui aveva appena fatto saltare un’altra delle auto.
Rukawa si lanciò in avanti, gettandolo a terra, facendo partire il colpo a
vuoto, mentre anche i suoi compagni, prendendo gli agenti, di sorpresa si
lanciarono all’attacco.
In pochi minuti fu il caos.
Il fuoco scatenato da Hanamichi, i colpi dei fucili degli uomini dell ETC, il
laser delle Falci, le pistole degli altri ragazzi.
La foresta rimbombava dei colpi di arma da fuoco mentre la luce di Hanamichi
ondeggiava infrangendosi su quella scena apocalittica rendendo il tutto irreale
e sfuggente.
“Kaede...” sussurrò il rossino quando, nel attendere un momento, per riprendere
fiato, notò i ragazzi che si erano aggiunti ai suoi sforzi.
“Stupida volpe non dovevi venire!” ansimò preoccupato vedendolo lottare a suon
di pugni e calci con il capo dell’E.T.C, che, persa la sua arma, si dimostrava
però un ottimo combattente rispondendo con la tecnica alla forza della Falce
Nera.
“Hiro attento!” il grido di Akira fece voltare di scatto Hanamichi, solo per
permettergli di vedere Sendoh gettarsi sul corpo del compagno che, tentando di
disarmare uno degli agenti, non si era accorto di quello che si preparava a
sparargli alle spalle.
La Falce Bianca fece appena in tempo a gridare e a porsi fra il suo amante e il
colpo di pistola, prima di accasciarsi con un rantolo a terra.
“Akira!!!!” gridò il playmaker del Ryonan atterrando il suo aggressore con un
pugno per poi precipitarsi accanto al compagno mentre Hanamichi, seppure oramai
al limite delle sue forze, richiamava ancora il suo potere, aprendo una piccola
voragine che inghiottì l’uomo che aveva sparato.
“Akira...” singhiozzò Koshino, spaventato, osservando la macchia di sangue che
si andava allargando a velocità vertiginosa sul petto del suo compagno.
“Akira non morire!” ansimò stringendogli con forza la mano nelle sue.
“Mi disp...” ansimò l’asso del Ryonan con un singulto.
La sua frase rimase a metà mentre le iridi ormai vuote venivano celate dalle
palpebre.
“Noooooooo!”
Il grido carico d’angoscia di Hiroaki fece tremare il Nucleo che strinse con
forza i pugni mentre calde lacrime gli scivolavano sulla pelle luminosa.
“E’ colpa mia...” ansimò con un singhiozzo.
Non poteva....
Non doveva...
...succedere di nuovo.
“Non distraetevi!” gridò Key notando come, alla vista di Koshino in lacrime sul
corpo di Sendoh, i suoi compagni si fossero bloccati.
Ma ormai era tardi.
Rukawa si era voltato nel sentire il singulto disperato del suo amato e Edmond
ne aveva approfittato per estrarre un coltello dallo stivale, lanciandosi contro
colui che, ancora una volta, distruggeva i suoi piani.
Key vide la lama scintillare e gli occhi di Hanamichi allargarsi di terrore.
Non poteva permettere che Rukawa morisse.
Aveva fatto una promessa a se stesso.
Hanamichi sarebbe stato felice.
Felice almeno in quella vita.
Si frappose tra i due, afferrando il coltello per la lama, ignorando il sangue
che gli colava dalle palme tagliate.
Ma lui non aveva ne la forza, nell’agilità della Falce ed Edmond presto riuscì a
buttarlo a terra, piantandogli il pugnale nella gola.
Rukawa si avventò contro l’americano scagliandolo lontano con un calcio in pieno
viso, mandandolo ad accasciarsi, privo di sensi, contro un albero, chinandosi
poi, preoccupato su Key.
Era chiaro che al ragazzo non restassero che pochi minuti di vita.
L’ex scienziato boccheggiò alla ricerca d’aria, artigliando la mano di Rukawa e
tirandoselo vicino.
Il suo sguardo cercò la sagoma immobile, avvolta dalla luce, del Nucleo.
Aveva gli occhi sbarrati e il volto rigato di lacrime.
Tremava.
“Fallo felice...” ansimò, tornando a fissare Rukawa, prima di emettere un debole
sibilo con cui anche l’ultimo soffio di vita lasciò il suo corpo.
“No...” sussurrò piano il Nucleo.
“No...” ansimò disperato.
Si stava ripetendo.
Stava succedendo di nuovo...
Come allora.
Uno sparo secco eccheggiò nell’aria e poi ancora.
Grida di dolore.
Grida di morte.
Sangue.
Yohei cadde a terra con un tonfo, senza avere nemmeno il tempo di mettere un
gemito, colpito alle spalle.
L’erba verde macchiata di sangue rosso.
Hanamichi si portò le mani al volto.
Non voleva vedere.
Non voleva sentire.
Era tutto sbagliato, tutto dannatamente sbagliato.
Stavano morendo.
Di nuovo.
I
ricordi e la realtà si stavano fondendo dentro di lui dilaniandogli l’anima,
liberando il suo potere in maniera incontrollata.
Gli animali smisero di attaccare contorcendosi impazziti su se stessi, trafitti
dalla sofferenza del Nucleo mentre il vento spazzava la radura privo di
controllo.
“Hana!!”
Attraverso le maglie dell’incubo, il rossino, sentì solo vagamente quella voce
familiare mentre la sua luce cresceva, dilatandosi.
“Hana torna in te!” gridò Rukawa cercando disperatamente di farsi sentire.
“Ayakooooo!” il grido di Ryota fece voltare di scatto il volpino.
La moretta giaceva a terra, morente.
Era dunque davvero destino che si ripetesse tutto, ancora?
Prima la Falce Bianca, poi lo scienziato, il purificatore e ora la dottoressa.
Rimaneva solo lui.
Solo lui per impedire alla storia di ripetersi.
Sono un’egoista Ru.
Non voglio perderti.
Ho perso mia madre e ho visto morire mio padre.
Non potrei sopportare di vedere i tuoi occhi
chiudersi per sempre.
Impazzirei.
E allora sarebbe la fine.
Per tutto.
Non ce la farei a ricominciare di nuovo.
Le parole del messaggio di Hanamichi.
Doveva restare vivo.
A
tutti i costi.
“Ryo...” mormorò la ragazza febbricitante appoggiandosi al play maker.
“Aya non parlare!” si preoccupò il moretto stringendola a se con le lacrime agli
occhi.
“Baciami...”
“Co...cosa?” sussurrò il ragazzo pallido.
“Ba...” la voce della dottoressa si spezzò mentre il suo corpo tremava.
“Ayako...” sussultò lui stringendola forte e chiudendole le labbra con passione.
La sentì ricambiare il bacio per un momento che gli sembrò interminabile e poi
la ragazza scivolò a terra staccandosi dalle sue labbra.
“Ayako?” la chiamò piano.
“Ayako?” singhiozzò.
Ma non ebbe risposta.
“Hana merda torna in te!” gridò Rukawa cercando di richiamare il compagno,
attorno a cui la luce stava pericolosamente crescendo d’intensità.
Mitsui uccise l’ultimo degli agenti rimasti in piedi prima di accasciarsi sulle
ginocchia, stanco e ferito.
Koshino ancora piangeva, insensibile a tutto, sul corpo di Akira.
Yohei era steso di traverso sull’erba macchiata, un espressione sorpresa sul
volto pallido.
Ayako sembrava addormentata tra le braccia di Ryota che non riusciva nemmeno a
piangere, il capo chino sul petto di lei.
Key era piantato a terra, il coltello che gli aveva tolto la vita che lo
ancorava a terra.
E
Hanamichi...
...Hanamichi era sospeso a mezz’aria, avvolto da quella luce dorata che
sussultava la ritmo dei suoi singhiozzi, mentre Rukawa a pochi metri da lui
cercava di ricondurlo alla ragione.
Ormai non restava più nessun uomo dell’E.T.C.
“E’ finita Hana...” mormorò il volpino “..e io sono ancora qui... con te...” lo
chiamò piano.
“Vieni da me Hana...” lo pregò.
Hanamichi sollevò lentamente il capo fissandolo.
Rukawa era vivo.
E
gli tendeva una mano.
Poteva farcela?
Poteva ricostruirsi una vita nonostante quelle andate perdute?
Nonostante il dolore di chi era rimasto?
Aveva ancora lui.
Con lui... per lui... ce l’avrebbe fatta.
La luce si attenuò e lentamente Hanamichi scivolò verso terra.
Rukawa fece un passo esitante avvicinandoglisi, e poi un altro mentre anche
Hanamichi si muoveva piano per andargli incontro.
Le loro mani si sfiorarono, Rukawa gliele strinse delicatamente e il rossino
sollevò il volto per perdersi in quegli occhi blu.
“E’ tutto finito Amore” sussurrò la Falce Nera.
“Rukawaaa!”
Il grido di Mitsui arrivò troppo tardi.
Edmond era riuscito faticosamente ad alzarsi e aveva raccolto il suo fucile.
Il colpo rimbombò secco nel silenzio del bosco, colpendo in pieno petto il
moretto.
A
pochi centimetri da Hanamichi.
Con ancora le loro mani legate, il Nucleo vide la persona che più di ogni altra
amava, inarcarsi con un gemito di dolore, spalancare gli occhi e accasciarsi a
terra.
L’ultimo pensiero di Rukawa, prima di spegnersi, furono quelle parole...
Non potrei sopportare di vedere i tuoi occhi
chiudersi per sempre.
Impazzirei.
E allora sarebbe la fine.
Per tutto....
Continua....
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