Note: tra #...# quello che non ho
potuto mettere in corsivo
Nucleo
parte
XII
di
Naika
Nucleo: parte
vitale, centrale, di qualcosa, di cui in genere ha costituito... l’origine.
“Che cosa facciamo
ora?” chiese Rukawa con voce spessa, stanca.
Si sentiva vuoto.
Inutile.
Ora che l’avevano
trovato, che tutti i loro problemi dovevano essere risolti, scoprivano che
non potevano muoverlo.
“Hana non si è ancora
arreso....” mormorò Key esaminando con attenzione i dati che scorrevano sul
computer accanto al letto “...altrimenti si sarebbe lasciato semplicemente
morire...” disse.
“Nonostante tutto
questo...” sussurrò, parlando a se stesso più che agli altri “...non si è
lasciato andare del tutto.” mormorò con una nota d’incredulità “...non
possiamo arrenderci nemmeno noi!” sbottò.
Hanamichi ancora
cercava di proteggerli nel l’unico modo che gli era consentito.
Se si fosse lasciato
morire con lui sarebbe perito l’Universo.
E questa volta nessuno
avrebbe dato loro una seconda possibilità.
Il Nucleo lo sapeva.
E dimostrava tutta la
sua fiducia in loro, la forza del suo disperato coraggio, aggrappandosi
ancora ad un presente fatto di sofferenza pur di lasciar loro un futuro.
“Sono sicuro che se
sapesse che siamo qui lotterebbe contro l’oblio e si sveglierebbe...” spiegò
lo scienziato.
Anche se questo, per
lui, avrebbe voluto dire ancora dolore.
“...in fondo tutto
dipende dalla sua volontà...” disse mesto.
Ancora una volta
tutto dipendeva solo dalla sua volontà.
Con che diritto avevano
posto quel peso sulle spalle di quel ragazzo dai capelli rossi?
Per quale folle ragione
si erano arrogati il potere di incatenarlo ad una simile esistenza?
Il suo sguardo scivolò
su Rukawa che teneva delicatamente tra le sue la mano di Sakuragi.
Eppure in quella nuova
epoca avevano la chiave per renderlo felice, forse per la prima volta,
davvero felice, in tutta la sua lunghissima vita.
Doveva tentare.
Lo doveva al Nucleo, ad
Hanamichi e a se stesso.
“Kaede tu continua a
chiamarlo io comincio a staccarlo dai macchinari...” lo avvertì il guardia
boschi allungando una mano verso la consolle accanto al letto ma Mitsui
l’afferrò per un polso, bloccandolo.
“Ma così non rischi di
ucciderlo?” chiese preoccupato.
Key spostò lo sguardo
da lui al rossino per poi ritornare a fissare il tiratore da tre punti.
“Sì è vero così rischio
di ucciderlo...” confermò “...ma non abbiamo alternative o azzardiamo o lo
lasciamo qui...” sussurrò, tornando a fissare i macchinari, “...nelle loro
mani.”
Nitide e violente le
immagini degli strumenti che si erano lasciati alle spalle, nel laboratorio,
tornarono a farsi vive nella mente di Mitsui.
Hisashi fissò il
ragazzo in coma per un momento e i suoi occhi colsero tutta la fredda
crudeltà di quelle cicatrici sul suo volto.
Poteva capire che
Hanamichi avesse preferito l’oblio del coma.
Chi al suo posto
avrebbe fatto altrimenti?
Chi dopo quanto aveva
passato il rossino avrebbe scelto consapevolmente di soffrire ancora?
Eppure in un certo
senso era esattamente ciò che Sakuragi stava facendo.
Continuava a
soffrire per loro.
Non si era lasciato
morire.
Aveva sempre ammirato
la forza e la determinazione, un po’ folle a volte, con cui Hanamichi
affrontava le sfide.
Ricordava l’ostinazione
con cui aveva affrontato ogni partita senza arrendersi mai.
Quella sua prerogativa
speciale che lo faceva una persona diversa da tutte le altre.
Che ora lo spingeva a
non arrendersi nonostante lo scempio che avevano fatto sul suo corpo, sulla
sua anima.
Lentamente lasciò
andare il polso di Key e questi prese a sfilare delicatamente la flebo dal
braccio del rossino mentre Rukawa ne stringeva la mano.
Lo scienziato staccò
tutti gli elettrodi prima di fissare il respiratore.
Hanamichi non dava
segno di ripresa e se gli avesse tolto l’ossigeno, in quello stato, sarebbe
sicuramente morto.
Che cosa doveva fare?
Fissò Rukawa che con
dolce lentezza non aveva smesso un secondo di accarezzare il compagno,
chiamandolo piano.
Ma sembrava che la sua
voce non sortisse effetto.
Forse era davvero
troppo tardi.
Forse Hanamichi aveva
davvero sofferto troppo.
Fissò il respiratore
sconsolato.
Se non potevano
portarlo via potevano almeno concedergli il conforto della morte ma... non
aveva il coraggio di farlo.
Non aveva la forza di
assassinarlo.
Era un vigliacco,
ancora una volta, un egoista.
Amava troppo vivere per
decidere consapevolmente di morire, uccidendolo.
Perchè nel momento in
cui il cuore del Nucleo si sarebbe fermato anche il Cosmo avrebbe smesso di
pulsare e la vita si sarebbe esaurita inesorabilmente.
Da prima sarebbero
morte le piante e gli animali.
Poi si sarebbero
prosciugati i fiumi e l’aria sarebbe diventata velenosa.
Infine anche l’uomo
sarebbe scomparso mentre i pianeti diventavano sassi grigi in un universo
spento che si sbriciolava nel nulla.
Che cosa doveva fare?
Ora come un tempo,
avrebbe sacrificato il Nucleo per salvare se stesso e tutti gli altri?
Ancora una volta
avrebbero deciso impunemente che, in fondo, il dolore di Hanamichi, non era
un prezzo così alto da pagare?
Fu Rukawa che con
delicatezza tolse il respiratore al ragazzo privo di sensi.
Sfilò la mascherina al
rossino sollevandosi poi lentamente a sfiorargli gli occhi chiusi con un
bacio scendendo piano ad accarezzargli le labbra.
Si allontanò dal volto
dell’amato osservandone l’immobilità spettrale mentre sentiva la
disperazione avvolgerlo.
Non era riuscito a
salvarlo ma almeno nessun altro gli avrebbe fatto del male.
Questo non l’avrebbe
permesso.
A costo di rinunciare
alla propria vita.
A costo di portare
con se l’Universo intero.
Si chinò a sfiorargli
un’ultima volta le labbra con dolcezza, ormai l’aria doveva scarseggiare nei
polmoni del rossino, presto anche il suo cuore si sarebbe fermato.
“Addio piccolo” mormorò
con voce ormai vuota, solamente stanca.
Stava per sollevarsi
quando un soffio leggero gli sfiorò la guancia, facendolo sussultare.
Reso quasi sordo dal
battere convulso del suo cuore, Rukawa avvicinò l’orecchio al volto del
compagno.
“Respira!” constatò
incredulo.
Key rimasto immobile,
gelato, ad osservare la scena, gli si precipitò accanto controllando a sua
volta, prima che un sorriso gli incurvasse le labbra.
“Ce l’ha fatta!” esultò
“Respira da solo! Possiamo portarlo via!” disse felice.
“Allora diamoci una
mossa sono stufo di questo posto!” esclamò Mitsui con voce burbera per
nascondere il sollievo e la gioia.
Rukawa avvolse
delicatamente il corpo del ragazzo ferito nel lenzuolo candido prima di
sollevarlo e stringerselo contro.
Forse era il potere
della Falce che lo rendeva più forte, forse erano le privazioni che avevano
reso Hanamichi più leggero, ma non ebbe alcuna difficoltà a trasportarlo
attraverso i silenziosi corridoi della base.
Erano quasi giunti al
laboratorio quando un grido li fece sussultare.
“Merda lo sapevo che
era andato tutto troppo liscio!!” sbottò Mitsui.
“Corrette!” gridò Key.
Evidentemente anche la
notte c’era qualcuno che monitorava i dati vitali del Nucleo e che si era
accorto della cessata attività delle macchine.
A riprova della sua
teoria un uomo in camice bianco spuntò dal corridoio che avevano appena
lasciato, gridando per richiamare la sorveglianza.
I ragazzi si
precipitarono a rotta di collo lungo i corridoi non preoccupandosi più di
passare inosservati o schivare le telecamere, mentre le guardie accorse alle
grida dello scienziato si davano all’inseguimento.
Fortunatamente gli
uomini dell’ETC erano troppo preoccupati di poter ferire l’alieno per
sparare loro alla schiena.
Incontrarono Ayako,
Akira, Koshino e Ryota ad un bivio tra i due corridoi, Sendoh li fece
passare cominciando a sparare ai loro inseguitori, per dar loro il tempo di
scappare, indietreggiando a sua volta.
Riuscirono
miracolosamente a giungere al furgone mentre dall’edificio, illuminato a
giorno dai fari accesi dalla sorveglianza, cominciavano a fluire gli agenti.
Key tenne alzata la
rete metallica per farli passare mentre Mitsui si precipitava ad aprire a
porta del furgone per far entrare Rukawa con il suo prezioso carico.
Yohei, che li aveva
attesi con il motore acceso, pronto alla fuga, si inerpicò sul tetto della
vettura afferrando saldamente la sua mitragliatrice e cominciando a sparare
per permettere anche ad Akira, che era rimasto indietro, di salire sul
mezzo.
Quando la porta del
furgone si chiuse definitivamente Key balzò al posto di guida, partendo a
razzo, mentre Yohei aperta la piccola botola sul tetto del mezzo si calava
al suo interno richiudendosela alle spalle giusto in tempo per far si che i
colpi di fucile vi rimbalzassero sopra.
“Per fortuna che è
blindato!” esclamò Ryota, con il fiatone per la corsa, mentre si sistemava
accanto ad Ayako per controllare la situazione dei loro inseguitori sui
monitor dei pc.
Gli uomini dell’ETC
erano saliti a bordo di jeep militari e si erano lanciati all’inseguimento.
“Ce li abbiamo alle
costole!!” avvertì allarmata la manager dello Shohoku.
“Ancora per poco”
sbottò Key sterzando bruscamente per lasciare la strada principale e
dirigersi a tutta velocità verso la periferia.
Mito che era scivolato
sul posto accanto a quello del guidatore lo fissò sgomento mentre lo vedeva
dirigersi a tutta velocità verso l’argine del fiume.
“Che stai facendo sei
impazzito!!” tuonò quando il ragazzo non accennò minimamente a frenare.
“Tenetevi forte!” gridò
Key nel momento esatto in cui il mezzo volava oltre il terrapieno affondando
con un boato d’acqua nelle profondità del fiume.
Per un momento vi fu
solo silenzio e buio all’interno del mezzo poi i pc si riaccesero e così le
spie sul cruscotto.
“Ma cosa....?” chiese
incredulo Mitsui osservando le acque scure che s’intravedevano al di là del
parabrezza.
“Qui sicuramente non ci
troveranno mai!” disse gongolante Key mentre il mezzo procedeva lentamente
sul melmoso letto del fiume, sotto diversi metri d’acqua scura che li
proteggevano dagli occhi delle guardie al loro inseguimento.
“Questo è il mio più
grande successo...” disse soddisfatto “...il furgone oltre ad essere
corazzato e anche a completa prova d’acqua quindi possiamo correre sul letto
del fiume allontanandoci senza farci vedere” spiegò felice.
“Incredibile...”
mormorò Koshino sconvolto.
Key sorrise contento
che, per una volta, la sua scienza avesse portato alla salvezza e non alla
distruzione prima che quel pensiero lo portasse inevitabilmente a spostare
lo sguardo sul ragazzo privo di sensi che ancora giaceva tra le braccia di
Rukawa.
Il silenzio tornò
nuovamente ad avvolgere il mezzo che procedeva a passo d’uomo, accompagnato
solo dal fruscio della corrente e dal borbottio del motore, mentre anche gli
altri occupanti dell’abitacolo non potevano che fissare Hanamichi.
“Lasciami controllare
come sta...” mormorò Ayako rompendo l’immobilità del momento, avvicinandosi
all’asso dello Shohoku e scostando delicatamente il lenzuolo che avvolgeva
il ragazzo tra le sue braccia.
Sussultò nel notare le
cicatrici mentre Koshino si voltava altrove con un’imprecazione e Akira lo
stringeva tra le braccia serrando la mascella e i pugni con rabbia.
Il respiro del rossino
risultava particolarmente lento ma abbastanza saldo.
“La sua pelle è
caldissima...” constatò la donna posandogli una mano sulla fronte dove le
cicatrici più piccole andavano sparendo lentamente.
“Sta usando il suo
potere per guarire il suo corpo...” spiegò Key dal suo posto “...è una
capacità che gli abbiamo dato perchè i primi Nuclei artificiali morivano
quasi subito a causa dei traumi subiti dentro la capsula...” disse affatto
orgoglioso di quella particolarità di cui, egli stesso, l’aveva dotato.
Un modo come un’altro
di non concedergli via di fuga.
Di incatenarlo ad una
sofferenza perenne.
“Vediamo di dargli una
mano allora...” sussurrò dolcemente Ayako poggiando entrambe le mani sul
petto del ragazzo e chiudendo gli occhi.
Prima le dita, poi
lentamente tutte le palme s’illuminarono mentre il potere di guarigione
scivolava dolcemente nel corpo del rossino alimentandolo con la sua forza.
Hanamichi si mosse
piano, con un lamento, tra le braccia di Rukawa, socchiuse gli occhi per un
momento e poi perse i sensi nuovamente.
Ayako esausta scivolò
all’indietro, afferrata prontamente da Myaghi che la fece sedere con
delicatezza, ricevendo in cambio un’occhiata di ringraziamento, mentre
cercava di rendere meno affannoso il suo respiro.
Si sentiva
completamente esausta ed era a malapena riuscita a fargli socchiudere le
palpebre.
A che cosa l’avevano
sottoposto per ridurlo in quello stato?
Ebbe almeno la piccola
soddisfazione di notare che la maggior parte delle cicatrici era scomparsa
dal corpo del rossino e che il suo respiro era più regolare.
Sembrava crollato in un
sonno profondo.
“Ora è meglio se lo
lasciamo riposare” mormorò Ayako stancamente.
Rukawa lo avvolse
nuovamente nel lenzuolo facendolo accoccolare meglio contro il suo petto
intrecciando la propria mano con la sua.
Hanamichi si mosse
impercettibilmente tra le sue braccia stringendo la sua mano e Kaede sospirò
chiudendo gli occhi stancamente.
“Abbiamo tutti bisogno
di riposare...” mormorò Key con uno sbadiglio “....cercate di dormire un po’
qui siamo al sicuro e abbiamo autonomia d’ossigeno per un paio d’ore...”
spiegò “...dopo di che dovremmo tornare sulla strada normale e allora
cercheremo un posto decente dove passare la notte” borbottò concentrandosi
sul sonar che era l’unico strumento che gli permetteva di seguire le anse
del fiume senza far arenare il furgone.
“Come sarebbe a dire
scomparsi!” tuonò Edmond livido di rabbia.
Il tenente di fronte a
lui si rimpicciolì su se stesso di fronte alla furia cieca che animava gli
occhi del loro comandante.
“Mandate gli elicotteri
in perlustrazione, DOVETE trovarli! Non possono essersi volatilizzati nel
nulla!!” tuonò dando un sonoro pugno sulla scrivania di mogano.
Il sottoposto scattò
sull’attenti sparendo a velocità supersonica dalla stanza per mettere in
atto le disposizioni del loro capo mentre Richard cominciava a passeggiare
velocemente avanti e indietro per la stanza, con fare nervoso.
Un gruppo di maledetti
ragazzini!
Un solo gruppo
di maledetti ragazzini era riuscito ad intrufolarsi nella sua base e a
rapire l’alieno praticamente sotto il naso dei suoi uomini!
Com’era possibile?
Avevano adottato i più
moderni e sofisticati sistemi d’allarme eppure si erano accorti degli
intrusi solo quando questi avevano liberato dalle macchine l’alieno!
Imprecò furiosamente.
Quello era un’altro
grosso problema!
Quei cretini che
avevano rapito il ragazzo non dovevano essersi accorti del suo stato di
salute, risultato: la sua preziosissima cavia probabilmente, ora, era già
bella che morta!
Colpì con forza il
porta penne mandandole a spargersi con violenza su tutto il tappeto del suo
ufficio.
Eppure era un lavoro
fatto con troppa cura e perizia perchè si trattasse davvero di quel
gruppetto mal’assortito di sedicenni che le telecamere interne avevano
ripreso mentre fuggivano.
Non solo i bastardi
avevano portato via il suo preziosissimo alieno ma si erano anche premurati
di cancellare ogni dato che avevano raccolto sul suo conto, nel corso dei
molteplici esperimenti.
“Maledizione!” tuonò
furioso.
Con tutta la fatica che
aveva fatto per trovarlo e catturarlo ora non gli restava in mano che un
pugno di appunti scritti a mano da qualche scienziato meno coscienzioso
degli altri e pochi campioni di sangue e pelle!
E ora, come se non
bastasse, i suoi addestratissimi uomini gli avevano comunicato che il mezzo
su cui i ragazzi erano fuggiti era scomparso nel nulla!
C’era qualcosa che non
gli tornava.
Un tassello importante
che non combaciava.
Come potevano un gruppo
di ragazzini organizzare una cosa simile!?
Che avessero
un’organizzazione alle spalle?
Forse lavoravano per il
governo giapponese.
O forse erano stati
ingaggiati da qualche società segreta.
Avevano usato delle
armi incredibilmente sofisticate.
Osservò il fermo
immagine preso da una telecamera di servizio che ritraeva un ragazzo coi
capelli a punta sbaragliare i suoi uomini con quello che aveva, solo
vagamente, l’aria di un fucile.
Non sembrava un’arma
dell’esercito.
Non sembrava nemmeno
un’arma terrestre a dirla tutta...
Il suo avanti e
indietro si bloccò di scatto mentre spalancava gli occhi incredulo.
Gli alieni erano più
d’uno!!
Rukawa non sapeva da
quanto stesse dormendo ma improvvisamente un suono basso, soffocato lo
spinse ad abbandonare il confortevole abbraccio del sonno per socchiudere le
palpebre.
Si guardò attorno con
attenzione ma tutti gli abitanti del furgone sembravano profondamente
addormentati, a parte Key che era concentrato sulla guida.
Il suono si ripeté
nuovamente e questa volta Rukawa si accorse con un sussulto che veniva dal
ragazzo che teneva tra le braccia.
Lo scostò delicatamente
da se e lo vide rattrappirsi su se stesso con un mugolio di dolore.
“Hana...” lo chiamò
piano costringendolo a sollevare il viso bagnato di lacrime.
Stava piangendo.
Nel sonno, Hanamichi
stava piangendo, e il suono soffocato e debole dei suoi singhiozzi lo
avevano svegliato.
Lo strinse dolcemente a
se cullandolo piano “Shhh... non piangere tesoro” sussurrò passandogli una
mano tra i capelli rossi.
Il compagno parve
tranquillizzarsi un po’, strofinando il viso contro il suo petto,
nascondendo il capo contro la sua spalla in cerca di un rifugio dall’incubo
che probabilmente lo stava tormentando.
“Falli smettere...”
ansimò con voce flebile, rovinata, gelando il sangue nelle vene della Falce.
“Falli smettere ti
prego...” pigolò piano, il corpo scosso dai tremiti e dai singulti sempre
più forti.
Kaede strinse la
mascella trattenendo la rabbia, stringendolo protettivamente a se, prima di
chinarsi e porgli un bacio leggero sul capo, facendo scorrere piano una mano
sulla sua schiena.
“E’ tutto finito
Hana...” sussurrò con voce arrochita dal dolore “Sei al sicuro adesso...”
gli mormorò all’orecchio, continuando a cullarlo dolcemente finchè il
ragazzo non si acquietò del tutto rilassandosi tra le sue braccia.
“La pagheranno...”
sussurrò una voce poco lontana distogliendo la sua attenzione dal ragazzo
nuovamente addormentato.
Kaede sollevò il volto
incontrando lo sguardo assassino della Falce Bianca.
Le sue labbra si tesero
in un piccolo, crudele, sorriso “Oh sì...” promise al compagno d’armi
“....la pagheranno molto cara...” sussurrò mentre gli occhi blu si
accendevano di lampi argentei.
Rukawa fu svegliato
nuovamente poche ore più tardi da Ayako che lo informava che presto
sarebbero ritornati sulla strada normale.
Mito era già vigile
accanto a Key nel controllare il sonar mentre Akira stava sbadigliando
sonoramente poco intenzionato a lasciare le gambe dell’amante che aveva
abbracciato, usandole a mo’ di cuscino.
Questo, almeno finchè
Hiroaki non gli tirò un pugno sul capo in perfetto stile “gorilla punch”.
Il moretto dai capelli
a punta si massaggiò la testa fissando offeso il suo ragazzo brontolando
qualcosa sul fatto che solo un masochista come lui poteva scegliersi un
compagno del genere.
Rukawa li osservò
battibbeccare, divertito dal contrasto tra il tono con cui i due si
lanciavano gli insulti e lo sguardo carico d’amore con cui lo facevano.
Il suo sguardo scivolò
inesorabilmente al ragazzo rannicchiato tra le sue braccia.
Anche lui e Hanamichi
avrebbero raggiunto quell’intimità fatta di qualcosa che andava ben oltre
gli sguardi e le parole?
Quella sintonia
perfetta?
Sperava vivamente di
sì.
Non appena si
sveglierà, si ripromise, non appena si sveglierà gli dirò quello che provo
per lui.
I suoi pensieri vennero
interrotti dall’avvicinarsi della manager dello Shohoku che voleva
accertarsi circa le condizioni di Hanamichi. Questi, tuttavia, nel momento
in cui lei tentò di scostare il lenzuolo emise un gemito spaventato,
rannicchiandosi contro il petto di Rukawa, stringendo con forza tra le mani
il tessuto della sua maglia.
“Lascialo stare per
ora” mormorò piano il volpino, passando con fare rassicurante una mano tra i
capelli rossi del ragazzo, mentre nelle sue orecchie risuonava quel
disperato “Falli smettere...” che gli aveva spezzato il cuore.
La manager annuì
rimboccandogli nuovamente il lenzuolo.
“Ora che facciamo?”
chiese Mitsui perplesso “Non possiamo certo tornare dalle nostre squadre e
sperare che quel bastardo si dimentichi di noi...” borbottò cupo.
Key annuì “Poco più
avanti su questa strada c’è un motel...” spiegò “...prenderemo delle stanze,
Hana ha bisogno di riposare su un letto vero e anche noi abbiamo bisogno di
un buon sonno e di mangiare qualcosa, a mente riposata decideremo meglio sul
da farsi.” mormorò.
“Non è pericoloso
fermarci?” chiese Koshino cupo.
Key scosse le spalle
“Nasconderemo il furgone e daremo nomi falsi, conosco quel posto non fanno
molte domande” spiegò con una scrollata di spalle.
Giunsero al motel poche
ore più tardi.
Key parcheggiò il
furgone in modo che fosse nascosto da una macchia d’alberi mentre Ayako e
Ryota andarono a prendere le stanze facendosi passare per una coppietta
d’innamorati che con altrettante coppie si erano dati alla fuga da casa.
Il proprietario non
pose comunque domande, proprio come aveva anticipato loro Key, soprattutto
dopo che la ragazza gli disse che avrebbe pagato in contanti, il guardia
boschi era stato abbastanza provvidente da portarsi appresso una discreta
somma di denaro.
Rukawa adagiò il
rossino ancora privo di sensi sul grande letto matrimoniale guardandosi
attorno nella piccola stanza.
Depose la propria borsa
su una sedia e andò a controllare il bagno.
Tirò un sospiro di
sollievo quando vide la vasca.
Lavare Hanamichi in una
doccia sarebbe stato difficile, soprattutto dato che il ragazzo continuava
ad essere profondamente addormentato.
Anche gli altri si
erano ritirati nelle rispettive stanze per regalarsi finalmente qualche ora
di riposo decente.
Rukawa lanciò uno
sguardo al ragazzo addormentato prima di tornare in bagno e aprire l’acqua
calda.
Tornato nella camera
cominciò a rovistare nella sua borsa alla ricerca d’abiti da prestare al
rossino, che indossava ancora soltanto il camice medico che gli avevano
messo al laboratorio.
“Ka...” quelle due
piccole lettere a malapena tossite con difficoltà lo distrassero dalla sua
attenta ricerca costringendolo a voltarsi stupito.
Hanamichi aveva gli
occhi aperti e si stava guardando debolmente attorno.
“Ka...e..” cercò
nuovamente di parlare senza molti risultati.
Rukawa si riscosse
precipitandoglisi a fianco.
“Hana sei sveglio!”
mormorò sollevato aiutandolo delicatamente a mettersi seduto.
Il rossino gli porse un
piccolo sorriso prima di tossire di nuovo.
“Aspetta...” mormorò il
moretto sparendo a tutta velocità nel bagno per ritornare pochi secondi più
tardi con un bicchiere colmo d’acqua.
Hanamichi lo prese
riconoscente tra le mani sorseggiando il liquido chiaro, aiutato dal
volpino.
“Dove siamo?” gli
chiese quando l’acqua fresca ebbe finalmente la meglio sulla sua gola
irritata.
Rukawa scosse il capo
sedendoglisi accanto, sfilando il bicchiere dalle sue mani per posarlo sul
comodino “E’ un motel poco fuori la città” gli spiegò.
Hanamichi annuì con un
sospiro chiudendo stancamente gli occhi, li riaprì arrossendo tuttavia
quando Rukawa gli cinse la vita con le braccia facendolo adagiare contro il
suo petto.
“Ru?” sussurrò piano,
la guancia appoggiata al tessuto della maglia del volpino, il rassicurante
battito del suo cuore contro l’orecchio.
“Hn?” chiese
semplicemente il ragazzo moro, prendendo ad accarezzargli dolcemente la
schiena.
Hanamichi emise un
flebile sospiro affondando il capo nella sua spalla “Perchè mi hai baciato?”
chiese piano.
Doveva sapere.
Doveva
disperatamente capire se si era illuso o meno.
“Do’hao!” lo rimproverò
dolcemente Rukawa costringendolo a sollevare il volto “Perchè si baciano le
persone?” gli chiese di rimando divertito.
Il rossino lo fissò
senza sapere che rispondere, incerto, se sperare o meno, quando Rukawa gli
sorrise.
Rimase così estasiato
da quel piccolo gesto che rendeva la volpe assolutamente magnifica che in un
primo momento non sentì nemmeno il: “Perchè ti amo” che uscì dalle labbra
del moro.
Lentamente, tuttavia,
la sua mente analizzò quelle tre semplici parole finchè il rossino non ne
comprese appieno il senso.
Sgranò gli occhi
arrossendo ma Rukawa non gli diede tempo di rispondere, chinandosi a
sfiorare le sue labbra con le proprie.
Sakuragi sollevò le
braccia mettendole al collo del compagno mentre questi spingeva
delicatamente la lingua tra le sue labbra chiedendo un accesso che gli venne
presto consentito.
Il volpino si staccò
pochi minuti più tardi, per consentirgli di riprendere fiato.
“Anch’io ti amo...”
sussurrò il rossino appoggiando la fronte sulla sua spalla.
Rukawa lo strinse
dolcemente a se e Hanamichi sospirò piano.
“Kaede...” sussurrò
alcuni minuti più tardi, spezzando il silenzio ovattato che li aveva
avvolti.
“Hn?” chiese il
volpino, piano, passandogli una mano tra i capelli rossi.
“Fa l’amore con me...”
Continua...
la lemon non ci stava,
veniva un capitolo troppo lungo, nel prossimo... forse... :p
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