Note: tra #...# quello che non ho potuto mettere in corsivo


Nucleo

parte IX

di Naika



Nucleo: parte vitale, centrale, di qualcosa, di cui in genere ha costituito... l'origine.

La brezza serale accarezzò i volti dei presenti, silenziosi e increduli.
"Lasciate che io inizi dal principio" mormorò Key, chiudendo gli occhi come se questo l'aiutasse a ricordare.
Prese un profondo respiro prima di cominciare a narrare con voce lontana quella che aveva più gli echi di una leggenda che di una verità.
"L'universo come noi lo consociamo oggi non è il primo e forse non sarà nemmeno l'ultimo." Mormorò piano sollevando il capo a fissare le stelle scintillanti nel manto scuro.
"Secondo una teoria che studiai all'università stellare, il Cosmo stesso, non è che un immenso essere vivente le cui cellule sono formate dalle galassie, dalle stelle, dai pianeti e infine da noi stessi." disse tornando a posare lo sguardo sui ragazzi che lo ascoltavano increduli e immobili.
"Ogni pianta, animale o fiore, ma anche ogni pietra, ogni particella d'aria, ogni scintilla del fuoco è un piccolo frammento di quest'enorme, antica, creatura." sussurrò accarezzando quasi distrattamente le foglie di una piccola felce accanto a lui.
Il vento scivolò leggero tra i rami degli alberi scompigliandone affettuosamente le chiome scure producendo suoni leggeri e delicati che per un momento ai ragazzi presenti nella radura parvero antichi canti.
O il respiro di quel mondo su cui avevano vissuto finora senza soffermarsi mai, nemmeno un momento, per alzare lo sguardo e meravigliarsi.
Meravigliarsi nel fissare la perfezione di una piccola venatura su una foglia smeraldina.
La leggera, effimera, bellezza di una farfalla.
La possente, silenziosa presenza delle montagne.
"E come tutte le creature anche l'universo nasce e muore." Disse lentamente Key allontanando la mano dalla pianta per tornare a fissare il cielo.
Quella sera c'erano andati davvero molto vicini.
Quando Hanamichi aveva allargato le braccia richiamando il Cosmo a se...
Le stelle avevano cominciato a cadere.
La terra a tremare.
Gli animali da sempre in maggior sintonia con l'universo stesso avevano avvertito il suo dolore.
La sua disperazione.
E avevano urlato con lui, impotenti.
Se Edmond non avesse sparato ad Hanamichi, fermandolo, probabilmente ora...
Non sarebbe rimasto più niente.
"Solamente l'arco di vita dell'universo è molto, molto, più lungo di quello di qualsiasi altra creatura." continuò il suo racconto cercando di allontanare i suoi timori.
"Quando io.... noi..." si corresse indicando Akira, Ayako e Rukawa "...venimmo al mondo per la prima volta, il cosmo era già giunto nella sua ultima fase." mormorò.
"Era malato."
"Un cancro scuro lo stava divorando, consumandone le energie e le forze." Sussurrò scuotendo mestamente il capo.
Se solo nella sua fame di conoscenza, nella sua foga di diventare un grande scienziato si fosse fermato a riflettere su quelle cose che, ORA, gli erano così chiare!!!
"Quel cancro eravamo noi." Disse cupo guardandoli.
"Gli uomini." specificò passandosi una mano tra i capelli castani.
"Avevamo continuato a sfruttare le forze terresti e le risorse stellari a nostro piacimento, con puro egoismo, portando la vita a livelli critici. Da tempo le uniche forme esistenti in grado di respirare, muoversi e mangiare eravamo noi." Sospirò mestamente.
"Le altre creature erano state lentamente sterminate o ingabbiate in allevamenti con il mero scopo di fornirci utensili e alimentazione." Scosse piano il capo ripensando alle colonie così come le aveva conosciute lui.
"Le città erano enormi alveari che sorgevano in mezzo al deserto." Raccontò, ricordando.
"Gli uomini vivevano all'interno di giganteschi complessi dove l'aria doveva essere continuamente purificata dai generatori.
L'acqua doveva essere continuamente depurata per poter essere bevuta.
Il cibo doveva essere riassimilato e rigenerato dalle macchine per poter essere mangiato.
Il corpo umano nutrito di sostanze che avevano ormai solo un decimo della forza nutriente di un tempo s'indeboliva troppo velocemente costringendo i più a complicati interventi chirurgici.
Il novanta per cento della popolazione era per un terzo cyborg." Si interruppe per un momento, guardandosi le mani, aprendole e chiudendole un paio di volte ricordando quel giorno in cui, in laboratorio, un'ampolla di acido gli era caduta sulle dita senza procurargli alcun dolore.
Certo, anche lui come gli altri aveva tanto ferro in corpo quanto quasi, se non di più, era la carne.
"E tutto questo richiedeva energia." Proseguì mestamente.
"Una mostruosa quantità di energia che ormai non poteva più essere estratta dal suolo desertico.
Non c'era acqua il cui scorrere producesse elettricità.
Non c'era vento.
Le stelle da tempo si erano spente obbligando gli uomini a vivere nella luce artificiale dei gas..."
Ora si chiedeva perchè.
Perchè avessero lottato con tanto accanimento per il mantenimento di quella loro non vita.
"Le guerre imperversavano ovunque, i potenti avrebbero venduto l'anima pur di avere una briciola di energia in più rispetto al loro avversario diretto." Scosse piano il capo.
"La verità era che ormai non ce n'era più per nessuno." Sussurrò.
"Avevamo bruciato tutte le nostre risorse." asserì tristemente.
"Vennero praticati dei veri e propri stermini. Chi non era importante consumava energia inutilmente quindi andava eliminato per il bene della comunità." Rabbrividì ricordando quegli anni di terrore e morte a cui aveva dovuto assistere.
Eppure neppure allora si era fermato a riflettere.
Lui come tutti gli altri.
"Ubriachi della quasi immortalità che i nostri corpi per buona parte meccanici ci donava credevamo di poter fare tutto, di poter sopravvivere a tutto.
Ci sentivamo degli Dei!" sospirò.
"Nel corso di quegli anni nacquero le prime sette che gridavano alla sciagura." Continuò piano, la parte più dolorosa della loro storia si stava avvicinando e non era sicuro di riuscire a ripeterla a voce alta.
"Nelle varie colonie, nei pianeti più sperduti le voci dei profeti si sollevavano per gridare il dolore del nostro universo senza tuttavia essere ascoltati." Scosse il capo.
I profeti.
Li aveva sempre creduti una manica di pazzi.
Finchè non aveva visto per la prima volta il potere di Hanamichi all'opera.
"Fu allora che nacquero i Purificatori, il braccio armato dell'universo morente. Totalmente disgustati dagli esseri umani, proclamavano la loro distruzione per riportare l'equilibro nel cosmo e permettere così ad una nuova vita, migliore, di ricominciare."
Una setta di pazzi che aveva come unico scopo la 'purificazione' dell'universo.
Ossia la distruzione, totale e assoluta di tutto.
Così li avevano sempre definiti.
Ma erano davvero i purificatori i folli?
O i pazzi erano loro che avevano tentato di salvarlo quell'universo malato e corrotto?
"Tuttavia queste voci venivano prontamente messe a tacere." Continuò il proprio racconto Key, sotto lo sguardo immobile e silenzioso dei ragazzi presenti nella radura, avvolta dal protettivo abbraccio delle tenebre.
"Profeti fittizi, pagati dai governanti, cominciarono a spargere nuove leggende tra la gente." Disse storcendo il volto.
"L'universo ci amava." Proclamò fintando il tono entusiastico di quei vaneggiatori.
"Per questo aveva concesso agli uomini di prevaricare su tute le altre creature.
Per questo, nel momento in cui non ce l'avremo più fatta con le nostre sole forze, esso stesso, ci avrebbe fornito una nuova, miracolosa, fonte di energia pulita che avrebbe potuto far risorgere la nostra civiltà e ci avrebbe permesso di continuare a fare i nostri porci comodi con il nostro Cosmo stanco." Mormorò correggendo con ironia i messaggi euforici e speranzosi che in quegli anni martellavano la mente di tutti gli abitanti delle colonie, giorno e notte, fino a fare loro un vero e proprio lavaggio del cervello.
"Vennero finanziati viaggi stellari alla ricerca, disperata, della salvezza.
Molti partirono in cerca di fama e gloria per non fare più ritorno finchè un bel giorno, dando incredibilmente ragione ai potenti, uno degli astronauti tornò su Pianeta Uno con un ragazzo dai capelli rossi e dalla pelle dorata."
Quello era stato l'inizio della fine.
Se non avessero da tempo sostituito i loro cuori con delle mere pompe metalliche avrebbero guardato quel volto gentile e curioso e si sarebbero resi conto che non potevano salvare loro stessi sacrificando l'unica cosa che era rimasta innocente nell'intero universo.
Ma gli uomini ormai avevano dimenticato il significato di parole quali purezza.
Esisteva il potere.
Esisteva la gloria.
Esisteva il denaro.
Nient'altro.
"Era un alieno proveniente da un piccolo pianeta lontano, mai segnato sulle carte.
Una creatura con due grandi, lucenti, occhi dorati.
Un ragazzino."
Scosse il capo mestamente.
Come avevano potuto essere così folli?
"Lui fu il primo Nucleo." Mormorò piano.
"Sì, perchè quel ragazzino dimostrò di essere in grado di sviluppare un'enorme quantità di energia pulita e potente." Volse il capo verso i ragazzi notando di avere la loro piena attenzione.
Il suo poteva sembrare un racconto folle.
Eppure nessuno di loro dubitava delle sue parole.
Nei loro cromosomi, nel loro dna, quella storia era ancora impressa a lettere di fuoco.
Quelle lettere che ora le sue parole stavano riportando alla luce.
Perchè, quando il Cosmo era rinato, aveva fatto sì che tutte le sue creature portassero impresso, sigillato, quel ricordo di dolore.
Per non commettere ancora lo stesso errore.
"Venne costruita un'apposita capsula in grado di prelevare l'energia dal Nucleo e incanalarla per i nostri scopi.
Con una sola seduta il potere di una di quelle creature riusciva a fornire tutta la galassia di luce per un intero anno.
La soluzione a tutti i problemi, insomma." Mormorò mestamente.
"Le navi spaziali partirono a frotte per quel pianeta lontano facendo incetta dei suoi abitanti, rapendoli alla loro terra senza criterio. Come un agricoltore ignorante che strappa dall'albero i suoi frutti senza curarsi di portare via interi rami e pezzi di tronco facendo morire, così, l'albero stesso." Sussurrò.
"Questo accadde al pianeta dei nuclei.
I reattori nucleari delle navicelle spaziali bruciarono il suo territorio, gli scarichi dei loro motori inquinarono le sue acque, l'aria venne avvelenata dai gas residui. Ben presto ne sterminarono la vegetazione, la fauna e infine anche gli abitanti." Mormorò mestamente.
"Ma agli uomini non importava.
I più importanti signori dell'universo avevano ora il loro piccolo allevamento di nuclei personale, tutto il resto non aveva rilevanza." Disse con una smorfia disgustata.
"Solo che, lontani dal loro pianeta i nuclei divennero sterili." Mormorò.
"Nessuno di loro era più in grado di procreare.
Inoltre le sedute nelle capsule per la trasformazione dell'energia li indebolivano al punto che, i più, non resistevano che uno o due anni prima di morire, già debilitati dalla lontananza dal loro pianeta natale.
I potenti si ritrovarono dunque nuovamente alle strette.
La loro gallina dalle uova d'oro era spirata troppo in fretta per soddisfare i loro comodi." Disse con sarcasmo.
"In verità avevano bruciato la preziosa possibilità che l'universo aveva concesso loro" sussurrò scuotendo il capo con commiserazione.
"Cominciarono così a fare esperimenti sui pochi rimasti, ad usare le bioingegneria, perseverando nella loro convinzione che il cosmo ancora una volta li avrebbe aiutati in quanto loro erano i prescelti." Key si fermò a riprendere fiato.
Giungeva dunque il pezzo di storia tanto temuta.
La sua colpa.
"E l'universo parve dare ancora una volta ragione a loro quando, da un ovulo ricreato artificialmente copiando quello di un nucleo, nacque.... Hanamichi." Mormorò.
Si morse le labbra serrando gli occhi.
Come aveva esultato quel giorno.
L'ultimo nucleo era morto da poco meno di un anno.
Le sue ricerche erano le uniche che ancora davano una speranza all'umanità.
Finora nessun campione era sopravvissuto.
Tutti gli ibridi erano deceduti.
Però lui sapeva che ce quel suo nuovo bimbo ce l'avrebbe fatta.
L'aveva chiamato Hanamichi per questo.
La strada dei fiori di ciliegio.
Gli avevano detto che molto, moltissimo tempo prima, la patria dei suoi avi ne era piena.
I fiori.
Nemmeno sapevano più che cos'erano i fiori, in quell'epoca maledetta.
Quel feto che portava un nome così carico di speranza... della speranza di tornare a quei tempi antichi e splendenti...
Lui sì, ce l'avrebbe fatta, ne era convinto.
E così era stato.
La sua piccola creazione aveva aperto gli occhi per la prima volta nel suo laboratorio e aveva lanciato un vagito potente.
Ce l'aveva fatta.
Key scosse il capo odiando quel suo se stesso.
Aveva provato tanta gioia allora?
Per cosa?
Aveva costretto quel bimbo nato sfidando tutte le leggi della natura, a crescere, a vivere, solo perchè potesse essere la loro vittima sacrificale.
"Hanamichi aveva tutte le caratteristiche di un nucleo ma mille volte potenziate.
Era perfetto per i loro scopi." Mormorò piano, odiandosi come non mai.
"A chi importava della sua sofferenza?
Il potere di Hanamichi rischiava in continuazione di collassare.
Lui stesso passava intere settimane di agonia dopo una sola seduta nella capsula.
Ma non importava.
Usciva vivo dalla bara.
Si poteva utilizzare praticamente all'infinito.
Tanto a loro bastava.
Tanto a noi bastava" sussurrò con un filo di voce.
Ayako si era coperta il volto con le mani e Akira fissava il suolo.
Rukawa aveva chiuso gli occhi.
Anche loro ricordavano.
La loro colpa.
"Le falci lo 'proteggevano' incarcerandolo al centro.
La dottoressa faceva in modo che sopravvivesse.
Io ne studiavo le caratteristiche per permettere all'Organizzazione di usarlo meglio."
Si passò una mano tra i capelli stancamente.
"Il problema era risolto." mormorò con un filo di voce.
"E tutti ripresero a vivere la loro vita, egoisticamente felice, sul dolore di un ragazzo che non aveva mai visto nient'altro che il laboratorio e la sua cella..." scosse il capo con una smorfia "...o camera se preferite" sbottò con ironia dolorosa.
"Continuammo così per tanto, tantissimo, tempo" sussurrò pensando a quegli anni di crudeltà.
Che cosa avevano avuto al posto del cuore?
Che cosa avevano davanti agli occhi che permetteva loro di essere ciechi alla sua sofferenza?
Sordi alle sue urla di dolore?
"Il Nucleo era in grado di controllare il suo invecchiamento bloccando o rallentando la sua crescita su nostra richiesta per permetterci ancora una volta di usarlo a nostro piacimento, sembrava che tutto andasse a meraviglia..." Continuò Key con voce roca, rotta dai sensi di colpa.
"Invece non era così. Molti anni dopo la sua nascita fui io stesso a scoprire la falla nella sua perfezione.
Il suo potere continuava a crescere, divenne così grande che se lasciato libero al di fuori della costrizione della bara avrebbe generato quello che noi oggi chiamiamo: buco nero.
La sua energia sarebbe collassata su se stessa creando un frammento di vuoto che avrebbe risucchiato e distrutto tutto."
Allora, solo allora, aveva cominciato a porsi delle domande....
"E se l'universo non ci avesse affatto amato?
Se Hanamichi fosse nato, non per risolvere i nostri problemi, ma per mettere la parola fine alla nostra pazzia?
C'era qualcosa nel suo potere che non era previsto dagli esperimenti.
Una mutazione che per quanto studiassi non riuscivo a fermare o comprendere.
Come se in lui si stesse sviluppando qualcosa non progettato da noi ma dall'universo stesso.
Qualcosa che era impossibile controllare..." sussurrò piano.
"Provai ad avvertire l'Organizzazione ma i miei consigli non furono ascoltati.
Anzi.
Se il ragazzo era tanto potente forse egli poteva venir ancora più sfruttato.
Chiesero di moltiplicare gli esperimenti.
Pretesero che creassimo una serie di Nuclei, cloni del primo" scosse il capo mestamente ricordando quegli ultimi mesi.
I bambini nati dalle cellule di Hanamichi non sopravvivevano che pochi giorni, in più, per un motivo che non era riuscito a spiegarsi sembrava che il Nucleo riuscisse a tessere una specie di legame, empatico, con loro.
Come se quelle cellule che venivano prelevate da lui per crearli non lo avessero mai davvero lasciato.
Come se fossero figli generati da lui e non dai loro esperimenti.
E ogni volta che una di quelle piccole creature innocenti spirava Hanamichi si spegneva un po' di più.
Il Nucleo aveva sopportato in silenzio che l'usassero.
Gli avevano detto che avrebbe salvato migliaia di vite con il suo sacrificio e lui aveva in qualche modo accettato il suo destino.
Ma quando cominciarono quegli esperimenti...
Quando cominciarono a far nascere e a veder morire i suoi figli...
... qualcosa cambiò.
"L'organizzazione non tenne conto del fattore umano." Continuò lasciando cadere il discorso su quei terribili mesi di incubi.
Il pallore sul volto delle falci e i singhiozzi appena trattenuti della dottoressa erano chiaro segno che loro ricordavano.
Ricordavano gli occhi di Hanamichi spegnersi.
Ricordavano la sua forza esaurirsi.
Ricordavano il suo pianto straziante sui piccoli corpi privi di vita.
"Hanamichi era cresciuto solo, nei confini del laboratorio, aveva contatto unicamente con cinque persone." Mormorò.
La loro colpa.
"Le due falci, i suoi carcerieri.
Io, il suo carnefice
E la dottoressa, colei che lo incatenava a quella vita."
Scosse piano il capo.
L'aveva letto.
Nei suoi occhi dorati, in quegli ultimi mesi, aveva letto il desiderio di smettere con tutta quella sofferenza.
"Infine c'eri tu, Yohei" disse voltandosi verso il moretto che aveva ascoltato tutta la storia con gli occhi serrati e la mascella contratta.
Sulle sue guance scivolavano silenziose, lacrime amare.
Lui, forse lui era stato l'unico che davvero aveva amato il Nucleo.
L'unico che aveva fatto qualcosa per tentare di salvarlo.
"Eri il servitore personale del Nucleo. Con lui passavi più tempo di tutti noi. Era tuo compito somministrargli i sedativi quando si svegliava in piena notte in preda al dolore. Era compito tuo ripetergli in continuazione quanto fosse giusto che lui soffrisse per il bene di tutti noi."
Yohei nascose il capo tra le mani ormai sommerso dai ricordi di quella vita lontana miliardi di anni.
Era stato addestrato per non provare affetto.
Gli era stato ripetuto fino alla nausea che era inutile affezionarsi al Nucleo.
Eppure quel ragazzo dai capelli rossi era speciale, lo sapeva.
Aveva un'innocenza, un candore e al contempo una forza, così grande, nell'affrontare quel tormento che non meritava.
"C'era quella profezia." Mormorò piano Yohei con voce rotta.
"Quella in cui io credevo ciecamente." Sussurrò.
"Diceva che un giorno sarebbe nato un Nucleo diverso dagli altri.
Un Nucleo che avrebbe liberato la sua energia fuori della capsula avvolgendo il cosmo intero, permettendogli di ritornare ai suoi iniziali splendori." Mormorò affranto.
Key annuì voltandosi verso Sendoh.
"Ricordi Akira il nostro dialogo prima dell'attacco..." chiese.
La Falce Bianca annuì "Regola numero uno: non affezionarsi al Nucleo." Mormorò ripetendo quelle stesse parole di un tempo.
"Bruciano in fretta lo sai..." gli rispose Key, quasi stesse recitando un copione.
"Anche se.." mormorò Ayako a mezza voce.
Hanamichi era sopravvissuto per tanti anni alla capsula, agli esperimenti.
Eppure ora... ora anche lui si stava esaurendo.
"Lui potrebbe...?" mormorò Akira.
"Potrebbe..." sussurrò Key piano, prima affondare il viso tra le mani.
"Non volevamo credere alla profezia ma ognuno di noi sperava in cuor suo che si realizzasse" sussurrò Rukawa passandosi una mano tra i capelli scuri.
Si sentiva intontito e stanco.
Se pensava a quello che aveva dovuto passare Hanamichi il suo cuore rischiava d'impazzire.
A che cosa stava pensando all'ora, per non rendersi conto di quello che gli stavano facendo?
Inspirò lentamente.
Al termine del racconto di Key la sua mente si sarebbe liberata dei lacci in cui, ora, lui la teneva legata per permettersi di ascoltare tutta la loro storia.
Allora probabilmente sarebbe impazzito.
"Credevo ciecamente in quella leggenda che scivolava silenziosa nella rete." Riprese a parlare lentamente Mito.
"Come credevo che Hanamichi fosse quel Nucleo." mormorò
"Tu mi avevi detto che lui non poteva assolutamente uscire dalla capsula mentre il suo potere era attivo quando ti avevo parlato di quella storia." Continuò Yohei rivolgendosi a Key.
Il guardia boschi annuì "Io sapevo per certo solo che una volta libero dalle costrizioni della bara Hanamichi sarebbe stato incontrollabile e non volevo, non potevo, correre il rischio" spiegò.
"Per me Hana era il mio massimo successo scientifico. Qualcosa da sfruttare e basta. Però a differenza delle mie previsioni anche lui aveva cominciato lentamente a perire." Mormorò tristemente.
"Si stava lasciando morire e nessuno di noi ha voluto realmente accorgersene" mormorò Ayako affranta.
"Credevamo che si stesse bruciando come era accaduto ai nuclei prima di lui, infondo era già sopravvissuto molto più di qualsiasi originale" disse Akira piano passandosi una mano sul volto umido.
Ora sapeva perchè desiderava con tanta forza la felicità di Hanamichi.
In passato aveva provato pena per lui ma non aveva fatto nulla.
Aveva ricacciato l'affetto che provava nel vederlo indifeso e abbandonato dentro quella bara argentea dicendosi che lo faceva per il bene dell'umanità.
Era stato il suo aguzzino e il suo carceriere.
Quando poi avevano saputo di quella profezia.
Si era messo il cuore in pace.
Era quasi sicuro che Hanamichi fosse il Nucleo della leggenda.
Quindi un giorno tutto si sarebbe risolto per il meglio.
Lui doveva solo continuare a fare il suo lavoro in attesa di quel momento in cui anche Hanamichi sarebbe stato felice.
Come aveva potuto essere così crudele?
Per quanto la sua mente gli adducesse mille scusanti... l'epoca, l'addestramento ricevuto, il lavaggio del cervello continuo dei governanti... restava il fatto che lui era rimasto lì, fermo a guardare, mentre il Nucleo veniva macellato per loro.
"Eppure ero certo che se avessimo provato... se l'avessimo lasciato libero... Hanamichi avrebbe fatto rivivere quel nostro Cosmo malato." Mormorò Yohei piano.
"Fu allora che contattasti i Purificatori?" chiese Key, ma la sua più che una domanda la sua era un'affermazione.
Yoehi annuì piano.
"Non rammento molto dello scontro morii subito..." mormorò il guardia boschi.
"Dopo la tua morte toccò a me...." intervenne Ayako con voce spenta "...cercai di sigillare Hanamichi nella bara ma non ci riuscii e allora..." scosse il capo incredula mentre nuove lacrime le scivolavano sulle guance già segnate "...allora tagliai il cavo di areazione." Sussurrò.
I ragazzi rimasero per un momento in doloroso silenzio mentre Rukawa s'imponeva di non pensare a nulla.
Di non immaginare come aveva dovuto sentirsi Hanamichi in quella capsula dove l'aria veniva a mancare lentamente.
Sarebbe impazzito lo sapeva.
Al termine di quel racconto, nel riavere tutti i suoi ricordi, sarebbe impazzito.
"Quando uccidemmo l'uomo che ti aveva sparato e ci rendemmo conto che si trattava di Yohei capimmo di non aver scampo.." aggiunse mestamente Akira "...tuttavia dovevamo impedire ai Purificatori di aprire la capsula" mormorò piano, odiando profondamente se stesso.
"Per questo quando uno dei Purificatori prese il lancia missili e mirò alla capsula io mi frapposi tra lui ed essa" sussurrò.
Quel ricordo terribile non provocò in lui molto dolore.
Forse era stata la, più che giusta, punizione per i suoi crimini.
"Dopo il sacrificio di Akira rimasi solo io e quattro purificatori" mormorò Rukawa, le unghie piantate a sangue nei palmi delle mani.
"Riuscii a tener loro testa ed ad ucciderli uno ad uno, tuttavia l'ultimo giunse fino alla capsula e tentò di aprirla" mormorò, ricordando.
Se allora avesse avuto nel cuore i sentimenti che portava dentro ora...
Lui stesso avrebbe aperto quella bara!
"Gli sparai e credetti di avercela fatta ma il corpo dell'uomo scivolando sul suo stesso sangue cadde a terra, il suo braccio toccò il pulsante di sgancio e la capsula si aprì" sussurrò piano.
Non gli dispiaceva di aver fallito nella sua missione.
Non gli dispiaceva che il purificatore fosse riuscito a liberarlo.
Almeno Hanamichi aveva smesso di soffrire.
Come?
Come aveva potuto restare indifferente al suo dolore?
Come?
Si ripetè, distrutto, per la millesima volta.
"Hanamichi era vivo, vivo e spaventato." Riprese a raccontare ricordando quegli occhi dorati carichi di dolore.
"Piangeva, fissando in silenzio quel lago di sangue mentre vedevo la sua energia crescere attorno a lui e poi..." s'interruppe scuotendo piano la testa "....poi il suo potere mi avvolse e tutto scomparve in quella calda luce dorata." Mormorò con un filo di voce a cui seguì un lungo silenzio.

Il punto adimensionale da cui era iniziato tutto.

"Vuoi dire che Hanamichi..." sussurrò piano Kogure interrompendo quel silenzio profondo "... l'Hanamichi del passato ha innescato il big bang?" chiese senza fiato.
Key annuì lentamente "Anche se c'è un errore nella tua affermazione. L'Hanamichi del passato e quello che ha vissuto con voi finora, sono la stessa persona, non si tratta di reincarnazione come nel nostro caso" sussurrò.
"Ma è impossibile!" obbiettò Akagi "Tu stesso hai detto che vi conoscete sin da bambini mentre l'Hanamichi del tuo racconto era un adulto."
"Aveva trentadue anni anche se ne dimostrava poco più di quindici..." confermò Key "....ma dimentichi che lui poteva controllare la sua crescita a proprio piacere." gli ricordò.
"Probabilmente l'utilizzare tutta la sua energia per la nuova creazione l'ha stremato, portandolo a riprendere le sembianze di un infante che ha vagato nel nuovo universo per miliardi di anni prima di risvegliarsi qui ed essere raccolto dai coniugi Sakuragi" ipotizzò il guardia boschi chiedendosi mentalmente se non fosse stato quel bimbo ancora in fasce, che la signora Sakuragi aveva trovato sotto un albero, a introdursi nella sua mente e a suggerirle quel nome che lui aveva scelto per l'ibrido tanti secoli prima.
"Ma se..." intervenne Koshino cercando di districarsi nella confusione che albergava nella sua mente "... se è vero tutto questo allora Sakuragi è... è una specie di... Dio?" chiese incredulo.
"No..." sussurrò Key fissandoli per un lungo momento.

"Hanamichi è l'essenza del Cosmo stesso..."

Continua.....


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