Questa è una delle mie prime ficci, scritta l’anno scorso. Vorrei dedicarla a quella persona che l’anno scorso era vicina a me e i cui litigi sono serviti in parte a scrivere questa ficci ^__-. Un pensiero anche a tutti coloro che mi conoscono e che forse passeranno di qui a leggere…un bacetto sul naso ^*^.

 


Notte d'estate

di Tameki


 

“Per oggi può bastare!” la voce di Anzai arriva alle mie orecchie come una benedizione. Mi accascio a terra, stravolto. Era solo il secondo giorno dell’allenamento speciale che Anzai mi costringeva a seguire ed ero già ridotto ad uno straccio. Sono davvero stanco, mi sorprendo a fissare la mia immagine riflessa sul parquet cercando di riprendere fiato: decisamente non sono in forma, dalla partenza della squadra per il ritiro pre-campionato ero in uno stato psicologico davvero pessimo. L’immagine di Rukawa che si allontanava verso il pulmino senza neanche voltarsi…quella mattina avevamo litigato per una faccenda talmente banale che non ricordo neanche più cosa fosse e quando lui se ne è andato non mi ha neanche salutato. Non volevo far arrabbiare la volpe, forse dovrei imparare ad essere meno egoista. Ma io sono un tensai non posso certo mettere da parte il mio orgoglio e no…non ti chiederò mai scusa, maledetta kitsune!

All’improvviso una mano invade il mio campo visivo e una voce mi riscuote dai miei pensieri.

E’ Yohei, che mi tende la mano per farmi alzare, “Hana guarda che sta sera non possiamo uscire con te, dobbiamo andare a lavorare, ce la fai a rientrare da solo?”, distrattamente annuisco e afferro la sua mano. Se non ci fossero amici come lui cosa ne sarebbe di me?Mi metto in piedi e con la mia faccia più strafottente gli dico “Ceeerto che riesco a tornare a casa da solo…credi forse che il grande tensai possa perdersi e non tornare a casa?Ci vediamo domani!” e rido, come uno stupido. Yohei mi fissa con sguardo preoccupato, credo che abbia capito tutto, però gli sono grato del fatto che non ne abbia fatto parola.

Mi giro ridacchiando e canticchiando mi dirigo verso gli spogliatoi, mi sento falso, ma non voglio che gli altri credano che questi allenamenti sono una vera tortura per me perchè sono stancanti fisicamente e perchè mi tengono lontani da Rukawa…

 

Lascio che l’acqua scorra sulla mia pelle, è così piacevole che un brivido corre lungo la mia schiena. Lascio che i pensieri mi invadano, vorrei ragionare, vorrei capire che cosa ho sbagliato questa volta. Maledetto Rukawa e la sua mania di non dire quello che gli passa per la testa, ma quegli occhi solitamente così colmi d’amore quando eravamo insieme quella mattina erano gelidi come il ghiaccio. Chissà cosa sta facendo ora?Chissà se anche lui sta pensando a me?

 

Esco dalla doccia dopo una buona ventina di minuti “Sta sera non c’è nessuno ad aspettarmi né i miei amici né tanto meno lui…” penso con una punta di tristezza. Mi vesto lentamente e mentre chiudo la palestra mi fermo a guardare il campo da gioco con le luci spente, chiudo gli occhi e per un attimo lo rivedo allenarsi sui canestri anche molto dopo che gli allenamenti pomeridiani erano finiti. Mi accorgo che mi manca da impazzire e che non so cosa darei per  poterlo vedere, vorrei…vorrei potergli chiedere scusa…

 

Esco dal cortile buio della scuola, finchè Yohei e gli altri erano con me potevo impedirmi di pensare…ma ora vago solo nelle strade buie e silenziose, alzo gli occhi verso un cielo stellato e lontano e la sua lontananza si fa ancora più intensa, quante volte siamo tornati insieme dagli allenamenti?Decidendo cosa mangiare la sera e discutendo di tattiche…mi manca il calore lieve del suo corpo di fianco a me anche in questa calda notte estiva.

 

Arrivo a casa, tutto è buio nella palazzina, non riesco a sopportare questo posto, ogni giorno che passa desidero sempre di più andarmene. Entro nella casa silenziosa e mi accoglie un caldo soffocante, mi sembra di non riuscire a respirare, il mio futon è ancora sfatto sul pavimento, accanto al suo…mi butto così, vestito come sono, sul suo e lascio che sia il suo profumo a cullarmi finchè non mi addormento.

 

Mi sveglio di soprassalto, mi è sembrato di sentire la sua voce che mi sussurrava dolcemente tra i capelli…non ho la minima idea di che ore siano, mi giro assonnato e allungo la mano verso la sveglia, è da poco passata mezzanotte, provo a riaddormentami, cerco di nuovo il suo profumo perché mi faccia da guida nel sogno, premo il mio viso nel cuscino ma è inutile, il sonno non arriva, in compenso non riesco togliermi dalla mente i suoi occhi freddi come ghiaccio che mi fissano e l’angoscia morde il mio cuore come gelo, improvvisamente non riesco più a dormire. Il mio stomaco brontola, non ho toccato cibo da almeno un giorno, decido di uscire, restare lì in quella camera dove tutto mi ricorda lui mi da la nausea. Esco quasi di corsa e mi metto a vagare nelle vie. Nessun rumore, solo il dolce frinire dei grilli, la luce delle stelle così intensa da ferirmi gli occhi e il dolce profumo delle notti estive che lentamente leniscono il mio cuore. Adesso mi accorgo di avere davvero una fame da lupi…da queste parti ci sarà pure un posto in cui mangiare…

 

Decido di entrare in un piccolo chiosco sul lungomare, sono il solo cliente, mi siedo e do una scorsa al menù. Spaghetti cinesi,si, credo che mi mangerò degli spaghetti, ordino e mi metto ad aspettare mentre l’uomo di fronte a me si mette a saltare le verdure canticchiando qualche vecchia canzone. Quest’atmosfera  quasi familiare calma la mia anima turbata, forse dovrei chiedergli scusa…scusa…ma x che cosa se non ricordo neanche per che cosa abbiamo litigato?Da qualche parte avrò pure sbagliato ma a dire il vero non riesco proprio a capire, mi sento solo molto confuso e dannatamente solo…

 

“Ecco i suoi spaghetti” mi dice l’uomo porgendomi una porzione abbondante di soba con le verdure ”Ha davvero un buonissimo profumo” dico incoraggiato, lui mi guarda e sorride. Lo assaggio ed è veramente notevole “Sono gli spaghetti migliori che abbia mai mangiato!” gli dico. Ad ogni boccone sento qualcosa di caldo che mi avvolge e quando ormai ho l’ho finito mi accorgo che ho gli occhi pieni di lacrime. Quando tornerà dal ritiro lo porterò qui a mangiare. Faccio per aprire il portafoglio per pagare quando da questo esce un foglietto. E’ la scrittura di Rukawa, è l’indirizzo della pensione in cui alloggia con gli altri. Un’idea mi balena nella mente”Mi dia un’altra porzione di soba per favore, da portare a casa”.

 

Non so neanch’io cosa sto facendo mentre corro verso la stazione con il pacchetto di spaghetti ancora caldo stretto tra le mani. Compro il biglietto e prendo il treno proprio al volo. Quando si dice fortuna, mi dico sorridendo, era un po’ che non sorridevo. Lo scompartimento è quasi vuoto, solo un uomo con lo sguardo assente e il controllore, mi incanto a guardare fuori dal finestrino, la città che corre veloce sotto i miei occhi con le sue luci, il mare scuro che si agita in lontananza ha lo stesso colore dei suoi occhi.

 

Credo di essermi addormentato e di aver fatto un sogno dolcissimo: noi due, seduti su una veranda di una casa con un enorme giardino, in lontananza i fiori di ciliegio che sfioriscono in un turbine di petali, mentre parliamo di tattiche e mangiamo una granita, all’improvviso, senza una ragione particolare Rukawa aveva sorriso, non il solito sorriso ironico e sprezzante, ma un vero sorriso aveva illuminato il suo volto, qualcosa di insolitamente raro e prezioso, qualcosa che ha sfiorato il mio cuore. Con questa sensazione meravigliosa mi sveglio quando la voce gracchiante dell’altoparlante ha annunciato la mia fermata. A pensarci bene non l’ho mai visto sorridere.

 

Esco dalla stazione e solo allora mi accorgo di non avere la benché minima idea della direzione da prendere, mi volto sperando di vedere qualcuno ma attorno a me solo silenzio e stradine vuote e buie, provo a tirare fuori  il biglietto e con sollievo scopro che sul retro c’è una piccola mappa per arrivare alla pensione, adorata volpe, pensi proprio a tutto. Devo sbrigarmi, mi dico mentre imbocco una stradina male illuminata, se non voglio che mangi questa soba fredda.

 

Eccomi di fronte alla pensione, l’involucro stretto tra le mani e nessuna idea di come arrivare alla sua stanza, scavalco senza difficoltà il cancelletto e mi dirigo verso l’entrata, logicamente a quest’ora di notte è tutto chiuso e tutti gli ospiti dell’albergo sono rientrati, mi dirigo verso il giardino, forse se faccio il giro della pensione riuscirò a capire dov’è la sua camera, intanto mi maledico, ma che razza di idea mi è venuta?

 

 

Mi muovo cercando di fare il minor rumore possibile, neanche il vento tra le piante a coprire il rumore dei miei passi mentre avanzo sul vialetto che porta al retro, la pensione è in stile giapponese perciò nel caso in cui la stanza di Rukawa fosse al primo piano non so proprio come riuscirò ad issarmi sulla grondaia. Incrocio le dita speranzoso, raggiungo il laghetto con le carpe dove si riflette il pallido chiarore delle stelle, mi siedo su una pietra che lo delimita e cerco di riprendere fiato perchè, forse la tensione o il fatto di essere così vicino a lui, mi accorgo di avere il fiatone. Fisso le carpe immobili sul fondo del laghetto mentre cerco di fare mente locale: sono in un giardino di una pensione, in piena notte, con della soba tra le mani e nessuna idea di come trovare il destinatario del pacchetto che reggo tra le mani, nonostante tutto mi scappa un risolino, la situazione è quanto meno assurda.

 

Sollevo la testa e guardo la facciata silenziosa e buia che ho davanti, da una finestra filtra il chiarore ad intermittenza di una televisione, sobbalzo, non c’avevo fatto caso ma davanti alle porte scorrevoli del primo piano ci sono posate delle scarpe, delle scarpe da basket. Con un tonfo al cuore mi rendo conto di conoscere quelle davanti alla finestra debolmente illuminata dalla tv. Rukawa.

 

Mi avvicino alla porta cercando di non far scricchiolare né ghiaia né legno, salgo sulla veranda e mi accosto alla fessura lasciata appena aperta nella speranza che entri un po’ di aria fresca.

 

Rukawa, il mio cuore batte così forte che ho paura che il suo battito possa svegliare la persona che giace addormentata a pochi centimetri da me…Rukawa sta dormendo, è sdraiato così vicino a me che riesco quasi a sentire il suo profumo. Non mi va di svegliarlo subito, quasi vorrei fermare il tempo per permettermi di saziarmi della sua vista: sdraiato sul futon, il leggero lenzuolo arrotolato su una gamba nuda, dorme con l’innocenza di un bambino, la pelle chiara che gareggia con il pallore della luna, una luce che segna appena i muscoli delle sue lunghe membra, tutto il suo corpo sembra levigato come quello di una statua, solo il leggero respiro che gli solleva il petto coperto da una canottiera fa di lui un essere umano e non un essere di un altro mondo. Mi soffermo sul suo volto coperto in parte dai capelli nerissimi che ci ricadono scompigliati, ha un’espressione serena ma un luccichio che brilla su una sua guancia mi incuriosisce.Decido di avvicinarmi.

 

Apro lentamente la porta e mi infilo nella stanza, avanzo lentamente verso il mio angelo sdraiato così vicino a me, allungo una mano verso il luccichio sulla guancia e lo sfioro appena, è una lacrima. Rukawa sta piangendo nel sonno. Una tenerezza infinita mi invade. Al mio tocco lui però sembra svegliarsi. Osservo i suoi occhi tremare dietro le palpebre e poi aprirsi ancora pieni di sonno.“E’ davvero bello” penso. Lentamente si mette a sedere sul futon con sguardo perso, mentre le lacrime del sogno rigano ancora le sue guance. Gli occhi assonnati e lucidi per le lacrime, i capelli scomposti sul viso, la canottiera scivolata dal suo petto “Dio com’è bello!” e allungo una mano a sfiorargli il volto. Solo allora lui parla con la voce ancora impastata dal sonno “Hanamici…” chiaramente pensa ancora di sognare, allora per sfatare ogni dubbio lo prendo dolcemente tra le braccia e con tutta la delicatezza possibile le mie labbra sfiorano le sue, come se ogni gesto brusco potesse romperlo “Ciao volpino…” sussurro in un suo orecchio.

 

 

Una leggera brezza entra dalla porta ora leggermente più aperta e scompiglia i suoi capelli, facendolo rabbrividire, questo sembra scuoterlo dal sogno e fargli realizzare che è tutto vero, allunga una mano e accarezza il mio viso, gli sorrido “Ehi volpe…sei sveglio?” il suo sguardo non cambia di molto, mi fissa incredulo, effettivamente posso capire che sia sbalordito.”Ti ho portato una cosa” dico allungando il pacchetto nonostante tutto ancora tiepido anche se piuttosto malconcio. Senza una parola allunga una mano a prenderlo e lo apre “Spaghetti cinesi…” mi fissa con aria interrogativa “Siccome sta sera ho mangiato gli spaghetti migliori del mondo ho pensato che ti avrebbe fatto piacere assaggiarli” dico come se fosse la cosa più normale del mondo a quest’ora della notte.

 

Non dice una parola e come ipnotizzato si mette a mangiarli, dopo il primo boccone mi fissa sorpreso “Sono incredibilmente buoni! Ma allora non è un sogno” “No che non lo è baka kitsune!” gli rispondo sorridendo “Fino ad adesso ho pensato che quando avrei cercato di assaggiare questa soba tutto sarebbe svanito e mi sarei svegliato, invece è tutto vero” dice fissandomi con gli occhi sgranati e il boccone a mezz’aria “Certo, dubiti forse che il genio abbia preso una porzione di soba, sia salito al pelo sull’ultimo treno, abbia cercato la pensione e la tua stanza solo per vederti?”, mi sorride, un sorriso timido e dolce come  solo i sorrisi regalati di notte possono essere. Poi riprende a mangiare mentre io mi siedo con le gambe tra le braccia godendomi il mio ragazzo che mangia soba ad un’ora imprecisata della notte illuminato solo dalla luce pallida della luna e dal chiarore della tv.

 

“Ru-chan…senti...io…ecco” dico guardandolo di sottecchi lui mi fissa mentre risucchia uno spaghetto “Che buffo che sei volpe” dico e rido, forse è meglio non accennare alla litigata, non voglio che un’ombra cali su quel momento così prezioso. Sorride anche lui, che strano…pensavo si sarebbe arrabbiato.

 

“Questa soba è davvero buona!”  ormai il cartone è quasi vuoto il suo sguardo è sereno, le lacrime si sono asciugate sulle guance “Sai prima stavo facendo un sogno orribile” e sui suoi occhi di un blu profondo passa un ombra mentre abbassa la testa “E’ tutto finito” dico io “Non vuoi che ti racconti cos’ho sognato?” non posso credere che voglia regalarmi una parte di sé così intima “Se ti può fa sentire meglio”. “Eravamo così felici, seduti su una veranda di una casa con un grandissimo giardino e riuscivo a vedere degli alberi di ciliegio alle tue spalle” sobbalzo d’istinto ma lui non mi vede perchè si è rannicchiato su se stesso con la soba ancora da finire di fianco “Ridevamo mangiando una granita e ad un certo punto ho allungato una mano per scostarti dalla testa un petalo di ciliegio, ma dove dovevano esserci i tuoi capelli la mia mano è passata attraverso, come se tu non esistessi, ho urlato e mi sono ritratto, tu non smettevi di sorridermi, ho provato ad afferrare una tua mano ma la mia riusciva solo a toccare il pavimento sotto di essa, stavi svanendo, a guardare bene riuscivo a vedere il candore intenso dei fiori di ciliegio attraverso il tuo viso, non riuscivo a trattenerti ma tu continuavi a sorridere con un sorriso così disarmante, allora ho cominciato a piangere e tu, mentre mi fissavi con quegli occhi sorridenti hai allungato una mano per asciugare una lacrima e..” “..E così ti sei svegliato” concludo  “Se non fosse incredibile ti direi che hai sentito la mia presenza mentre ero qui fuori che cercavo di capire in che stanza eri” dico io cercando di sorridere, in realtà sono davvero scosso.

 

Allora allunga una mano come credo abbia fatto nel sogno e prende la mia, sorride “No, tu sei qui davvero” dice quasi con sollievo.”Finisci la soba finchè è calda” dico cercando di tranquillizzarlo, lui obbedisce e riprende lentamente a magiare, fisso la televisione che sta trasmettendo un video di Gackt “Ehi!Questa canzone mi piace!”esclamo “Non ti sembra incredibile?Sono qui lontano da casa, mentre tu mangi una soba celestiale e alla tv c’è la mia canzone preferita” soggiungo sorridendo.

 

“Ma come pensi di tornare a casa?” mi domanda ad un certo punto, mentre si porta alla bocca l’ultimo boccone.”Ehm veramente non ne ho idea, è stata una cosa così improvvisa che non c’ho proprio pensato”effettivamente tornare a casa era il mio ultimo pensiero”Sempre il solito Do’hao!” faccio finta di non aver sentito, decisamente la volpe si è svegliata.

“Se rimanessi qui e prendessi domani mattina il primo treno?Non posso mancare agli allenamenti di Anzai” e gli racconto quello che ho fatto in quei due giorni della sua assenza sorvolando sul fatto che lui mi è mancato come l’aria. Mi guarda con sguardo indagatore, perchè i tuoi occhi capiscono sempre quello che non voglio dire?

 

Si avvicina lentamente e mi abbraccia posando la sua testa sulla mia spalla, rimango sorpreso, non si eri mai comportato così, quasi esitando porto le mie mani sulla sua schiena calda, mentre le sue accarezzano la mia “Scusa,scusami davvero, sono stato davvero un idiota l’altro giorno, non volevo farti soffrire”sussurra sul mio collo facendomi rabbrividire, rimango sbalordito per quelle parole, non è possibile che siano dirette a me, non è possibile che lui mi stia chiedo scusa per una cosa che non ha fatto “Kaede…” sussurro a mia volta, le parole rimangono strozzate nella gola, a volte il silenzio può dire molto più di molte parole, a volte il silenzio può guarire.

Così stava male anche lui, così si sentiva in colpa, così ha sofferto anche lui in questi giorni come ho sofferto io, lo stringo più forte e gli passo una mano tra i capelli “Kaede non sai quanto sei importante per me, non sai quanto desideravo vederti, mi mancavi, il mio mondo era morto senza di te” sussurro tutto questo velocemente cercando di non arrossire, sento la sua testa che si sposta sul mio petto “Ti amo Hanamici” le parole sono rotte come qualcuno che si sta addormentando ma il loro significato raggiunge la parte più profonda del mio animo e lo stringo più forte, so che queste parole sono preziose sia per lui che per me, che non torneranno facilmente alle sue labbra e forse questo è un bene perchè il loro significato così bello non verrà logorato come le parole che compaiono spesso sulla bocca della gente diventando lettere come tutte le altre.

 

Abbasso lo sguardo per guardare ancora una volta i suoi occhi blu velluto ma scopro che si è  addormentato, il suo respiro tranquillo e caldo sul mio petto, i capelli scivolati sul viso e l’espressione finalmente serena. Si è addormentato sul mio petto come un bambino che si addormenta tra le braccia di suo padre, sorrido teneramente mentre con tutta la delicatezza possibile e sperando di non svegliarlo lo stendo sul futon, mi allontano un attimo e mi svesto velocemente, poi mi infilo nel futon accanto a lui cercando di non toccarlo per non turbare il suo sonno, mi giro su un fianco ad osservare il suo viso così vicino al mio che posso sentire il suo respiro sulla mia pelle. E’ così vicino che non riesco a trattenermi dalla voglia di baciarlo e sfioro le sue labbra con un bacio leggero come un petalo “Buona notte angelo mio” sussurro, poi mi giro sulla schiena e cerco di dormire, ma con mia grande sorpresa sento un suo braccio cingermi il petto, il suo corpo si stringe al mio e sento la sua testa che si posa sul mio cuore. Sorpreso mi accorgo che sta ancora dormendo e questo gesto così infantile mi intenerisce, passo dolcemente il mio braccio sulla sua schiena finchè non lo accolgo in una abbraccio delicato e protettivo, poso un bacio sui suoi capelli profumati e reclino la mia testa sulla sua. Anche questa volta sarà il suo profumo a indicarmi la via dei sogni, penso mentre scivolo lentamente nel sonno.