DEDICHE: questa fic è il primo seguito di “Non credo nei miracoli”, e la dedico con tutto il cuore alla mia seconda sys, Lucy, che dati i miei problemi col pc ha pensato che l’avessi dimenticata u_u ma come hai potuto, scema?! O_O ti voglio troppo bene… DISCLAIMERS: i personaggi sono di Takehiko Inoue, le idee malsane solo mie e la canzone è “Non piangere” di Daniele Stefani. NOTE 01: tra gli asterischi i flash back, in corsivo il testo delle canzoni/poesie, i cambi di POV sono segnalati...tutto come sempre insomma! NOTE 02: come sempre è tutto buttato a caso, non cercate riferimenti né temporali né di luogo né di nessun altro tipo!!! NOTE 03: POV Hana. Come per l’altra fic, il testo ispirava troppo.
Non piangere di Marty
Dopo qualche passo fatto di corsa, rallento fino a fermarmi. Respiro a fondo. Finalmente ci sono riuscito. Ho chiuso con te. Non sono sicuro di aver fatto la cosa giusta, ma d’altro canto non sono mai sicuro di niente quindi niente di nuovo sotto il sole. Certo, è innegabile che mi manchi già, da impazzire oltretutto, però lo sapevo. Avevo già messo in conto il dolore lancinante che mi pulsa da un lato del petto, come se mi fossi strappato il cuore, ma voglio credere a quella teoria di mia madre secondo cui la ruota gira e quindi se oggi mi getta nella disperazione domani mi concederà qualcosa per cui sorridere. Ci spero tanto. Prendo la strada per casa mia, con le mani in tasca, ed è così strano camminare da solo senza averti al mio fianco! Senza accorgermene arrivo al campetto dove ci alleniamo sempre e rimango a fissare il canestro per qualche istante, fino a che mi sento tirare la maglia. Abbasso lo sguardo e vedo il visetto sporco di Hiroshi, il figlio dei tuoi vicini di casa. “Come mai oggi sei da solo? Hai litigato con Kaede?” mi domanda con un acume ammirevole per un bimbo di sette anni. “Beh, ecco…” non so bene che rispondergli, ma lui annuisce comprensivo. “Vedete di fare pace” mi intima prima di sgambettare a casa. La notte è scesa rapidamente, e io che non me ne ero reso conto vengo preso dal panico all’idea che sarà la prima che passerò da solo dopo tanto tempo; così inizio a correre verso casa tua. Quando sono già davanti al tuo portone, mi fermo. Ma che diavolo sto facendo?! Non va bene così, non sarebbe giusto. Né per me né tantomeno per te. Ho detto che ti avrei lasciato tempo, che mi sarei messo da parte e dopo poche ore torno da te? Gran bella forza di volontà, Hanamichi, complimenti! Io so che ci hai provato, Kaede, ce l’hai messa tutta. Non è colpa di nessuno se non sei riuscito, come non ci sono riuscito io, a tenere in piedi questo rapporto. E capire che non potevamo continuare così non vuol dire dichiararsi sconfitti, ma solo crescere. Scuoto la testa e me ne andrei se tu non aprissi la porta di scatto. Io sono sotto il cono di luce del lampione, e tu sei quasi tutto in ombra. Non riesco a vederti finché non mi raggiungi. Mi afferri per una manica, le tue dita tremano appena, e guardi a terra. Credo di capire: sono stato il primo amico che tu abbia mai avuto, per la prima volta ti sei reso conto che la tua solitudine non poteva riempirti la vita ed hai paura di ricaderci. “Io ci sarò, quando vorrai” ti sussurro. “dato che non sono più il tuo ragazzo, non ti cercherò, ma tu invece puoi farlo quando ne hai bisogno. Non ho nessuna intenzione di abbandonarti. Quello che non voglio è che il rapporto si logori facendoci diventare vittime di una schiavitù che un tempo invece ci faceva sentire liberi…lo capisci, questo?” Quando sollevi il tuo sguardo su di me, trasalisco: hai gli occhi rossi e gonfi, e stringi la mascella come per impedirti di piangere ancora. Non puoi piangere! Non tu! Ti prego! Altrimenti io non riuscirò più ad arginare le mie lacrime… “Non voglio perderti…” mi dici “non voglio che torniamo a litigare…” un singhiozzo ti scuote le spalle ed io, mentre ti stringo piano, mi rendo conto che sei dimagrito molto ultimamente. Sono davvero un perfetto imbecille a non aver notato prima quanto stessi soffrendo. “Non piangere, ti prego, Kaede… non è da te…tra noi due, per quanto possa sembrarti strano, sei sempre stato tu quello forte, con le idee chiare…e se ti lasci andare anche tu io come faccio a farmi forza?” Sembri confuso. “Ma Hana…tu mi hai lasciato…” “Non perché abbia smesso di amarti” tento di spiegarti di nuovo “ma solo perché volevo di più dalla nostra relazione. E né io né te siamo in grado di dare di più in questo momento.” Ti sistemi una ciocca di capelli dietro all’orecchio. “…non vuoi proprio ripensarci?” mi chiedi in un soffio. Scuoto la testa per la seconda volta, stasera. Ho deciso, e non ci torno sopra. Dobbiamo darci tempo. Se il nostro è destinato ad essere un amore infinito, ci ritroveremo. Mi sciolgo dall’abbraccio e indietreggio di due passi per guardarti meglio. Sei magro e triste, ma non mi sei mai sembrato così bello. Una vocina nella mia testa grida che sono pazzo a lasciar andare via un qualcosa di così meraviglioso in funzione di un futuro incerto e pericolante, però non mi lascio influenzare. Certo, mi sento perso in questo momento, e certo, nei prossimi giorni verrò assalito da mille dubbi, ma è normale: passerà. E la vita mi ricompenserà adeguatamente per il dolore che sto provando adesso. Ti sorrido, piegando il capo verso sinistra, e salutandoti con la mano me ne vado. Sento il tuo sguardo fisso sulla mia schiena, ma non devo voltarmi. Non posso. Ho provato tante volte a mettermi dei limiti, a porre dei confini, a stabilire i comportamenti che avrei dovuto tenere in determinate occasioni, ma è stato inutile. Tutti i miei propositi sono sempre stati spazzati via dalla tempesta delle tue iridi. Ed è per questo che non posso rischiare che tu mi faccia fare marcia indietro di nuovo. L’amore ha le sue ragioni che la ragione non comprende, d’altronde. Ciò non toglie, ripeto fra me e me, che se mi cercherai mi farò trovare. Sono felice che mi abbiano staccato la linea telefonica, così non avrò la tentazione di chiamarti. Non volevo che fossimo schiavi di questo amore, ma in questo momento, mentre mi butto a peso morto sul mio divano, mi rendo conto che sono già una vittima, e non ho scampo. Non devo piangere, non posso, già ho fatto piangere te, volpetta. Chissà quanto ti ha sconvolto la mia decisione per causarti una reazione così poco “da Rukawa”. Come non vuoi tu, neppure io voglio perderti, sai? Fai parte della mia vita, volente o nolente, a te devo successi e stimoli a migliorare. Le nostre risse… Quelle le abbiamo interrotte da un po’. Non è stata una decisione ponderata, ma spontanea. Mi rendo conto che sto piangendo solo quando mi pettino e mi guardo allo specchio del bagno. “Non piangere, cretino” mi dico con durezza “non è da te…tu sei forte!” E magari domani farà un po’ meno male, aggiungo mentalmente andando a dormire. OWARI Scusami ancora per averti fatto preoccupare, sys… Spero almeno ti sia piaciuta! Appuntamento a presto per la terza (e conclusiva) parte! Marty |