Lago: Scusate se questa fic non è come la volevate. La storia che racconta è vera, e sarà unica nel suo genere, perchè non mi piace essere triste. Preferisco fare casino e nascondere tutto. Se vi va, scrivetemi cosa ne pensate. Come diceva sempre lui alla fine dei msg... "Va bé, ci sentiamo, ciao."

 



Non mi riguarda più...

di Lago

 

Cammino...



Piove.

Finisco in una pozzanghera, ho perso il conto ormai, ma chissenefrega, sono fradicio, non cambia niente. Un lampo squarcia il buio. La pioggia aumenta ancora d'intensità, quasi non distinguo più le gocce, solo un grigio e freddo muro d'acqua che m'intrappola, attorno a me, mi schiaccia, mi stordisce...

Cammino. A vuoto, senza una meta. Da ore, ormai, o forse da anni. Forse da sempre.

Forse sono solo uno spettro, il fantasma di un sentimento che ormai non ha più significato, che è rimasto scolpito nell'aria di questo posto, dove ho conosciuto l'ebbrezza e la disperazione. Sì, potrebbe essere. Essere solo un negativo sbiadito di ciò che sono stato in questi mesi. Sorretto da un'assurda e consapevole illusione. Il ricordo nebuloso di una parentesi, una piccola bolla di sensazioni, a cui tornare, per cui tornare, trincerato dietro un sorriso fasullo e una nube di chiacchiere sciocche. Per non far capire. Per non far vedere il dolore sordo che presagivo, che covavo dentro.

Ma era stato commesso un errore. Mi ero legato. Legato a loro. Tutti. Erano diventati ciò che mi sorreggeva, ciò che mi dava la forza di affrontare il freddo, sapendo di avere qualcuno da cui tornare. Dando loro il potere di farmi del male.

Volendo credere, ingannando me stesso, di essere lo stesso per loro.

Non proprio lo stesso, magari solo qualcosina... mentre in fondo, il nocciolo scuro della verità veniva sommerso da una bambagia di bugie, e solo a volte emergeva. Ora è doppiamente doloroso, perché l'avevo sempre saputo. Ma ho voluto ingannarmi. Faceva parte della bolla, da cui ormai ero diventato dipendente, come da una meravigliosa ed effimera droga. Lo sapevo mi si sarebbe ritorto contro, che un ago avrebbe scoppiato la bolla.

Ma non mi aspettavo che l'ago fosse quello di uno di loro.

O forse sì. Sì, da te me l'aspettavo. Non credere che non lo sapessi che sarebbe finita così, prima o poi. Solo, era meglio "poi". Continuavo a cercare un modo, un appiglio qualsiasi, a cui potermi aggrappare, per prolungare l'illusione ancora un po', per rimandare ancora il momento in cui avrei dovuto affrontare la realtà.

O forse, per rimandare il momento in cui mi sarei dovuto arrendere.

Odio chi si arrende, perché odio doverlo fare. Odio rinunciare. Odio smettere di lottare, e capire che non posso, non posso davvero fare niente. Lo odio.

Ci metterò un po', a capire che è davvero finita. Che non mi riguarda più cosa fai, con chi stai, cosa fate insieme. Non mi riguardano più gli sguardi che vi lanciate, le mani che vi stringete, le tenerezze che vi scambiate.

Davanti ai miei occhi.

Eppure non mi deve riguardare. E' dura capirlo. La mia mente lo sa. Ma il mio cuore non fa altro che urlare ogni volta che posi su di lei quegli occhi scuri che adoro.

Ma tu non lo sai. Non sai come è andata.

Ci siamo visti ogni settimana, per due anni. Senza rivolgerci parola, neanche ti vedevo, eri solo una zona d'ombra. Non ho un solo ricordo legato a te. Come un sinistro buco nero, che noto solo ora. Quanto ci hai messo, a renderti trasparente agli altri, a scivolare nelle loro vite senza lasciare traccia?

Non voglio saperlo. Non mi riguarda.

Un singolo momento... La luce del sole che inonda il campetto. Una voce che mi chiede qualcosa su tua cugina, la mia amica. L'inizio di tutto, credo.

E oggi mi chiedo perché non ho conservato il ricordo di ogni singolo momento passato con te. Pomeriggi interi passati con te, magari perfino a parlare, e tu non significavi niente per me, era tutto così semplice. Eravamo tutti insieme, amici, come ora non siamo più, e come non saremo mai di nuovo. Un altro tempo, quasi un'altra vita. E mi chiedo perché sono stato così stupido, perché ho lasciato che tutto cambiasse, in peggio. Mi chiedo perché non ho avvolto nell'oro quelle parole, che mi sarebbero così preziose, le uniche a cui non ti ho forzato io con una domanda.

Così preziose ora che non mi parlerai più.

Così preziose ora che in quel campetto non ci riuniremo più, chi vive ormai lontano, e forse ha dimenticato. Chi vive ancora qui, ma con cui non vi è più umanità. Chi si riduce ad una conoscenza. Chi non saluta nemmeno più.

L'inizio di tutto. La mia amica che mi parla di te, mi chiede di conoscerti, di diventare tuo amico. Dice che sei sempre solo.

Ma non pensare che io l'abbia fatto per questo. Non lo pensare nemmeno per un istante.

Abbiamo iniziato a parlare per caso.

E, non so esattamente quando, mi sono trovato incapace di starti lontano. Ci ho messo mesi a capire che non era un'infatuazione, una cottarella, qualcosa di passeggero.

Amore.

Il primo amore non si scorda mai. E come scordarti dopo le emozioni travolgenti che mi hai fatto provare. Come scordare i tuoi occhi, le tue labbra, il tuo viso. Per me eri un dio. Per quello che possa contare, ora, non riuscivo a trovare nessuno migliore di te. Nessuno. Come scordarti dopo quei pochi gesti che hai fatto, dopo la nostra passeggiata, che mi aveva lasciato stravolto di gioia. Due settimane prima della fine.

Come scordarti ora che ogni mattina ti vedo seduto vicino a lei, a tenerle la mano, e guardarla dolcemente. Come scordarti, mentre a cinquanta chilometri di distanza mi scrivi uno sterile messaggio per dirmi che la ami, e che ti dispiace.

Come scordare il mio cuore che si spezza, e i miei occhi che rimangono asciutti come la sabbia del deserto, troppo svuotato perfino per piangere.

Come scordare la rabbia, sbandierata ai quattro venti con il mio solito modo di fare chiassoso ed irruento, per proteggermi dal dolore. Per esorcizzarlo.

"Non vedi? Ne parlo, ne rido. E' stato solo un gioco, non mi importa, non soffro affatto."

Ma non è così.

Ho perso te. E ho perso lei... sì, lei era una del gruppo. E chi l'avrebbe mai detto.

Ma voi non siete tutto. Lei non è niente. TU non sei tutto. Ora capisco quanto valevate come amici. Capisco che andavo bene per fare numero, quasto sì.

E capisci che non ti chiederò di restare amici, per il semplice fatto che tu ed io non lo siamo mai stati. Siamo stati compagni di gioco, questo sì, ma amici mai. AMICI MAI.

“Non m’importa niente.” E' questo che ti urla tutto il mio corpo ogni singola volta che mi vedi, ogni singola volta che ti saluto, che VI saluto, sorridente e fuori come al solito. E' questo che ti urlo fra le migliaia di parole insulse che escono a fiumi dalle mie labbra mentre cerco disperatamente di NON pensare a perché mi stai fissando in quel modo, di NON fissarti a mia volta, di NON illudermi, solo per non soffrire più, solo per proteggermi, solo per questo.

Non voglio più illudermi. Non voglio che altri mi illudano credendo di farmi un favore. Non voglio più pensarti, non voglio più soffrire, non voglio più bruciarmi, non voglio più volare alto e non voglio più schiantarmi contro il suolo, in poche parole, io non voglio più amarti.

Vorrei poterti dire che ti aspetterò sempre. Ma non lo farò. Per me stesso, non lo farò. E, se sarai tu a cercarmi, ti rifiuterò. Ti dirò "no", hai capito, ti dirò "no" e "no" all'infinito, per la mia salvezza, perché non mi farò prendere in giro di nuovo da te. Perché non voglio che tu mi volti di nuovo le spalle.

Non voglio più amarti.

Perché ormai lo so come sei fatto.

Troverò la forza.

Resterò senza di te, camminerò senza di te. Se ti incrocerò sulla mia strada ti scavalcherò. Se dirai di volermi mi volterò dall'altra parte.

E il mio sorriso sarà sempre il solito sorriso sereno, e io sarò sempre il solito fottuto Hanamichi che non sta mai fermo e che non chiude mai il becco. Continuerò a parlare a sproposito e dire cazzate a vagoni.

Perché tutto ciò che sei, Kaede, e tutto ciò che è stato, non mi riguarda più.




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